UN ANNO ALLA BREXIT: ANALISI DEGLI SVILUPPI NEGOZIALI E DIMENSIONAMENTO DEGLI IMPATTI PER GUIDARE I BUSINESS LEADER NELLA TRANSIZIONE IN ATTO

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UN ANNO ALLA BREXIT: ANALISI DEGLI SVILUPPI NEGOZIALI E DIMENSIONAMENTO DEGLI IMPATTI PER GUIDARE I BUSINESS LEADER NELLA TRANSIZIONE IN ATTO
Cernobbio, aprile 2018

                                UN ANNO ALLA BREXIT:
           ANALISI DEGLI SVILUPPI NEGOZIALI E
               DIMENSIONAMENTO DEGLI IMPATTI
                PER GUIDARE I BUSINESS LEADER
                  NELLA TRANSIZIONE IN ATTO

                                                      Position Paper

Il presente documento è stato espressamente preparato da The European House - Ambrosetti
per la ventinovesima edizione del Workshop “Lo Scenario dell’economia e della finanza”,
Villa d'Este, 6 e 7 aprile 2018.
Per il quinto anno consecutivo, The European House - Ambrosetti è stata nominata - nella categoria
"Best Private Think Tanks" - 1°Think Tank in Italia, tra i primi 10 in Europa e nei primi 100 indipendenti
su 6.846 a livello globale nell’edizione 2017 del Global Go To Think Tank Index Report dell’Università
della Pennsylvania.
www.ambrosetti.eu
© 2018 The European House - Ambrosetti S.p.A.. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. Questo documento è stato ideato e preparato da
TEH-A per il cliente destinatario; nessuna parte di esso può essere in alcun modo riprodotta per terze parti o da queste utilizzata,
senza l’autorizzazione scritta di TEH-A. Il suo utilizzo non può essere disgiunto dalla presentazione e/o dai commenti che l’hanno
accompagnato.
Cernobbio, aprile 2018

Il presente documento è stato espressamente preparato da The European House - Ambrosetti
per la ventinovesima edizione del Workshop “Lo Scenario dell’economia e della finanza”,
Villa d'Este, 6 e 7 aprile 2018.
Per il quinto anno consecutivo, The European House - Ambrosetti è stata nominata - nella categoria
"Best Private Think Tanks" - 1°Think Tank in Italia, tra i primi 10 in Europa e nei primi 100 indipendenti
su 6.846 a livello globale nell’edizione 2017 del Global Go To Think Tank Index Report dell’Università
della Pennsylvania.
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senza l’autorizzazione scritta di TEH-A. Il suo utilizzo non può essere disgiunto dalla presentazione e/o dai commenti che l’hanno
accompagnato.
1. Introduzione
Il presente paper si propone di proseguire le riflessioni sul tema della Brexit e di
continuare il percorso di approfondimento iniziato nel settembre 2017 con il Paper
“A un anno dalla Brexit: principali implicazioni e proposte per governare la transizione in
atto” presentata in occasione della 43a edizione del Forum The European House -
Ambrosetti “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”1.
Come noto, il 23 giugno 2016 il 51,9% dei cittadini britannici aventi diritto al voto si è
espresso a favore dell’uscita dall’Unione Europea del Regno Unito dopo 43 anni dall’ingresso
del Paese nella Comunità Economica Europea. La portata dell’evento è vasta: ha di fatto
monopolizzato l’agenda del Governo britannico e avviato una riflessione tra i Paesi Membri
sull’indirizzo futuro dell’Unione Europea.
I negoziati per definire un accordo di separazione (c.d. Withdrawal Agreement) sono ancora
in corso e dovranno portare all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea il 29 marzo
2019.2 A questa data seguiranno 21 mesi di transizione, fino al 1° gennaio 2021, giorno in cui
il Regno Unito sarà ufficialmente un Paese Terzo nei rapporti con l’UE.
In questo contesto in rapido divenire, l’obiettivo del paper è quello di fornire un quadro
esaustivo e rigoroso, capace di inquadrare il fenomeno Brexit con chiarezza e
fornire una quantificazione delle principali dimensioni che potranno essere impattate
dall’uscita del Regno Unito dall’UE, aiutando così i business leader ad orientarsi nella
transizione in atto e a compiere scelte informate nel breve e medio periodo.

       Dimensione                                           Principali evidenze
                             Impatto maggiore per UK: la mancata crescita del PIL stimata dal Governo
                              UK va da -2% e -8% nei prossimi 15 anni. Per la Commissione Europea la
         Crescita
                             mancata crescita UE sarà tra lo 0,11% e lo 0,25% del PIL comunitario tra il
        Economica
                               2020 e il 2030. Nel 2017, la crescita del PIL UK è stata la più bassa dal
                                                2012 e la peggiore tra Paesi OECD.
                                 Svalutazione strutturale: nei 18 mesi post-referendum l’indice della
     Valore Sterlina          sterlina inglese è stato in media 12 punti percentuali inferiore rispetto ai
                                                          18 mesi precedenti.

                                L’inflazione UK è in crescita (da +0,8% nel giugno 2016 a +2,5% nel
    Inflazione e salari
                              febbraio 2018) e il potere d'acquisto degli inglesi è in calo in un contesto
           reali
                                 europeo caratterizzato da una crescita continuativa dei salari reali.

                        In calo: la migrazione netta di cittadini UE in UK ha raggiunto il picco nel
        Migrazione
                       giugno 2016 (190 mila individui), oggi (settembre 2017) è al livello minimo
    cittadini UE in UK
                                             da fine 2012 (90 mila individui).

                             L’impatto maggiore sarà per UK: oggi £ debole e permanenza nel Mercato
                              Unico trainano l’export, ma il Regno Unito rimane importatore netto (a
       Commercio
                                livello globale e UE), con l’UE-27 primo partner commerciale. Con la
                             Brexit il 15-27% dell'export britannico verso l’UE-27 rischia tariffe elevate.

1
 Svoltosi a Villa d’Este, Cernobbio, l’1,2 e 3 settembre 2017.
2
 Tutte le evidenze statistiche e le affermazioni contenute nel presente paper devono intendersi basate su dati e sviluppi
aggiornati al momento della stampa: 30 marzo 2018.

                                                                                                                       2
Relazione più equilibrata: UE è responsabile del 40,5% degli IDE in UK,
  Investimenti
                     viceversa UK è responsabile del 40,7% degli IDE in UE. Tuttavia, numerosi
  Diretti Esteri
                          studi attribuiscono un ruolo positivo alla permanenza nell'UE: la
     (IDE)
                      condizione di Stato Membro attiverebbe una crescita di IDE pari al 28%.

                         Il sistema produttivo UK e UE si è sviluppato in modo sempre più
                       interdipendente. Sono numerosi i settori articolati secondo catene del
                     valore pan-europee che rischiano di essere messe in crisi o generare extra-
Catene del Valore
                      costi a causa della Brexit. La maggior interdipendenza economica è con
                     Germania, Francia, Irlanda, Paesi Bassi e Italia. I settori a maggior rischio
                                  sono automotive, aeronautica, tessile e chimica.

                       4.6 mln. di individui interessati. Impatti limitati per i cittadini UE che
                      arriveranno entro il 1° gennaio 2021 e per i loro famigliari. Manca invece
    Cittadini                chiarezza su: libertà di movimento dei cittadini UK nell'UE,
                       riconoscimento delle qualifiche professionali, libertà di prestazione di
                                                        servizi.

                      L’incertezza provoca difficoltà nella pianificazione di investimenti e nella
                       possibilità di ottenere contratti di fornitura. Settori come automotive,
  Manifattura           tessile, food&beverage, aeronautica e farmaceutica saranno impattati
                       maggiormente. Ricadute occupazionali: oggi oltre il 10% degli occupati
                                         manifatturieri in UK è cittadino UE.

                     UK è oggi baricentro dell'industria bancaria e dei servizi finanziari UE. La
                        decisione sul mantenimento del "passaporto bancario UE" per UK è
 Servizi/finanza     cruciale: se revocato le banche internazionali presenti nella City dovranno
                     valutare un cambio di sede o la duplicazione di funzioni. L'UE sconterà un
                          mercato finanziario più frammentato, meno efficiente e liquido.

                      50% spesa R&D in UK è fatta da imprese internazionali. Sono a rischio:
                         partecipazione UK a progetti di ricerca UE (Horizon 2020 escluso),
      R&D              riconoscimento di titoli accademici (studenti UE PhD in UK in calo nel
                     2017-2018) e flussi finanziari e investimenti per startup tech. In generale il
                                 sistema della ricerca UE rischia un indebolimento.

                        UK dovrà pagare 42 mld. € all'UE tra il 2019 e il 2064 come conto per
   Budget UE           l’uscita. Viene meno il 3o maggior contributore netto al bilancio UE-28
                            (contributo nazionale UK pari al 9,3% del totale UE nel 2016).

   Figura 1. Tabella riassuntiva delle principali dimensioni impattate della Brexit. Fonte:
             elaborazioni The European House - Ambrosetti su fondi varie, 2018

                                                                                                     3
2. A che punto sono i negoziati
Il 28 febbraio 2018 la Commissione Europea ha divulgato la bozza di accordo per la
separazione tra UE e Regno Unito (Withdrawal Agreement ex Articolo 50 del Trattato
di Lisbona). Le discussioni tra Bruxelles e Londra si erano fino a quel momento mantenute
piuttosto positive, in un crescendo di dichiarazioni concilianti, che avevano fatto sperare nel
successo delle negoziazioni in atto e in una possibile “soft Brexit” in vista del 29 marzo
2019, data concordata per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
Il momento di maggior ottimismo è stato toccato l’8 dicembre 2017, con la convergenza dei
negoziatori su un primo accordo di separazione di massima (Joint Report), che ha fissato in
modo generico alcuni termini preliminari alla base del Withdrawal Agreement (fase 1).
Le parti si impegnavano ad evitare la creazione di un confine fisico tra Irlanda del Nord
e Repubblica d’Irlanda3 nonostante l’uscita del Regno Unito dall’Unione Doganale.
Londra si impegnava inoltre a garantire ai cittadini europei residenti nel Regno Unito
pari trattamento rispetto alla loro attuale condizione.4 Un’intesa sembrava raggiunta anche
sul tema della contribuzione britannica al budget europeo fino al 2020 e sul
pagamento degli oneri dovuti.
La formalizzazione dei termini concordati veniva però lasciata alle parti, in vista di una
successiva approvazione. Sempre a fine 2017 iniziavano le discussioni tra Regno Unito e
Unione Europea sul c.d. periodo di transizione, un arco temporale di circa due anni - a
partire dal 29 marzo 2019 - in cui i termini della separazione (ancora da concordarsi) non
avrebbero dovuto trovare applicazione, permettendo così alla pubblica amministrazione
inglese e alle aziende di adattarsi alla Brexit.
La bozza di accordo di separazione presentata dall’Unione Europea il 28 febbraio ha svelato
come le difficoltà fossero tutto fuorché risolte, al punto che il premier britannico Theresa
May ha inizialmente dichiarato tale bozza irricevibile.
Un punto di rottura era relativo alla questione Irlandese. Sul tema, la proposta di
Bruxelles cercava di coniugare una doppia esigenza: non reintegrare confini fisici tra Irlanda
del Nord e del Sud e permettere l’uscita del Regno Unito dall’Unione Doganale.
L’intesa di dicembre assegnava ai negoziatori britannici il compito di formulare proposte
concrete circa un accordo commerciale omnicomprensivo, che permettesse di non apportare
nessun cambiamento nella gestione della frontiera tra Irlanda del Nord e Sud o circa
l’implementazione di controlli doganali “seamless”, grazie a soluzioni tecnologiche
innovative. Nessuna proposta è però arrivata da Londra, lasciando ai negoziatori UE il
compito di elaborare una soluzione alternativa nel senso di un’armonizzazione della
regolamentazione tra Irlanda del Nord e del Sud.5

3
  Da qui in avanti Irlanda.
4
   Lo stesso varrà per i cittadini britannici residenti in uno stato europeo, tuttavia non sarà possibile garantire
automaticamente per loro la libertà di movimento e altre libertà strettamente connesse alla permanenza nel mercato
unico.
5
  Il Draft Withdrawal Agreement propone di mantenere l’Irlanda del Nord all’interno del mercato unico e dell’Unione
Doganale. Questo richiederebbe l’accettazione, da parte dell’Irlanda del Nord, di standard e regolamenti comunitari,
nonché della potestà normativa di Bruxelles, per un vasto numero di materie e settori. La Corte di Giustizia Europea
manterrebbe inoltre la giurisdizione sull’Irlanda del Nord su un ampio numero di tematiche.

                                                                                                                  4
Il testo proponeva inoltre di mantenere, per un periodo di tempo indeterminato, la
giurisdizione vincolante della Corte di Giustizia Europea per i contenziosi futuri
legati al Withrawal Agreement e alla sua applicazione. In caso di mancato adempimento
britannico, il testo prevedeva l’ipotesi di sospensione dell’accesso al mercato unico o di altri
benefici per il Regno Unito, anche durante il periodo di transizione.
Un passo in avanti è stato fatto il 19 marzo 2018, con il raggiungimento di un testo
di accordo condiviso, che recepisce alcuni dei punti precedentemente oggetto di
discussione. Viene innanzitutto concesso al Regno Unito il c.d. Periodo di
Transizione, della durata di 21 mesi (fino al 31 dicembre 2020). In questo arco
temporale il Regno Unito continuerà a rimanere nel mercato unico e sarà soggetto ai
regolamenti comunitari, avendo però un limitato margine di decisione all’interno dei
processi UE.
Londra ha inoltre accettato di pagare circa 42 miliardi di Euro circa tra il 2019 e il
2064. Il calcolo comprende 18,6 miliardi di Euro che Londra dovrà versare a Bruxelles nel
periodo 2019-2020 per garantirsi lo status quo nella fase di transizione. Altri obblighi
rilevanti ammonteranno a 20,6 miliardi di Euro da versare per il periodo 2021-28, con
residue passività nette pari a 2,8 miliardi di Euro.
I cittadini europei che si trasferiranno nel Regno Unito durante il periodo di transizione
godranno inoltre della stessa tutela dei cittadini comunitari arrivati pre-Brexit. Al tempo
stesso è stato deciso che, durante il periodo di transizione, Londra potrà negoziare e firmare
accordi commerciali con Paesi terzi. Questi potranno entrare in vigore prima del
gennaio 2021 soltanto con il consenso delle autorità comunitarie.
Un accordo definitivo non è stato invece trovato sulla questione irlandese, né sulla
giurisdizione futura della Corte di Giustizia Europea. Nulla viene inoltre definito circa
le future relazioni commerciali, tema da affrontare in un secondo momento (fase 2) e
che vede il Regno Unito favorire un accordo di libero scambio, sul modello canadese (CETA),
ma con concessioni ad hoc. Al contrario, l’opzione migliore per l’Unione Europea rimane
l’ingresso britannico nello Spazio Economico Europeo.
In questo senso, il capo negoziatore europeo, Michel Barnier, ha tenuto a precisare che
l’accordo raggiunto il 19 marzo è soltanto una tappa in un processo ben più lungo e
articolato, che nelle intenzioni europee dovrebbe portare entro ottobre 2018 ad
un’intesa su periodo di transizione e accordo di separazione definitivo, così da
permettere l'approvazione del Consiglio europeo, del Parlamento europeo e della Camera
dei Comuni inglese entro il 29 marzo 2019. Occorre insomma sempre tenere ben presente
come, analizzando lo stato di avanzamento dei negoziati sulla Brexit, “nulla è concordato
fino a quando non vi sarà accordo su tutti i punti in discussione”, “nothing is agreed until
everything is agreed”6.

6
    Commissione Europea, TF50 (2017) 19 – Commission to EU 27, 8 December 2017.

                                                                                              5
3. Analisi dei principali impatti macroeconomici della Brexit
Le numerose stime di impatto sin qui elaborate da diverse fonti, pur differendo nella
quantificazione degli effetti economici dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea,
concordano su un elemento: le ricadute della Brexit saranno negative per entrambe
le parti e maggiori per il Regno Unito. Saranno invece marginali per le economie dei
Paesi Membri dell’Unione Europea.

     Figura 2. Schema di sintesi di diverse stime di impatto della Brexit sull'economia britannica
    (impatto% su PIL UK nell’arco temporale indicato a lato della fonte). Fonte: elaborazioni The
                         European House – Ambrosetti su fonti varie, 2018

Uno studio ufficiale del governo inglese ha per la prima volta tracciato una sintesi ufficiale
delle conseguenze della Brexit per l’economia britannica. Un accordo di libero scambio
– best option al momento per il Governo May – porterebbe ad una crescita del PIL più
bassa del 5% nei prossimi 15 anni rispetto alle previsioni attuali. In caso di
mancato accordo sulla Brexit – no deal con introduzione delle regole WTO - la crescita
britannica sarebbe dell'8% inferiore.
Se il Regno Unito dovesse mantenere l'accesso al mercato unico europeo, la crescita sarebbe
comunque più bassa del 2% rispetto alla piena appartenenza all'Ue. Secondo le stime del
Governo inglese, l’impatto economico in termini di mancata crescita per il Regno Unito
andrebbe quindi dai 40 ai 160 miliardi di Euro, cifra che non tiene in considerazione i costi
legati alla reintroduzione dei controlli doganali. 7
Considerando le stime della Commissione Europea, per i 27 Paesi rimasti nell’Unione
le perdite saranno comprese tra lo 0,11% e lo 0,25% del PIL nazionale, in un arco
di tempo che va dal 2020 al 2030.8 Allo stato attuale riteniamo che una quantificazione
precisa ed estensiva degli impatti economici della Brexit sia eccessivamente prematura, in

7
  Elaborazioni The European House – Ambrosetti su dati HM Government e OECD, 2018.
8
  Considerando gli effetti annuali, la perdita di PIL sarà compresa tra lo 0,011% e lo 0,052% del PIL. Sempre secondo lo
stesso studio, le stime per il Regno Unito parlano di una perdita che va tra l’1,31% e il 4,21% del GDP britannico tra il
2020 e il 2030.

                                                                                                                       6
quanto ancora non definito il quadro di riferimento in cui andranno ad inserirsi i futuri
rapporti commerciali e giuridici tra Regno Unito e Paesi dell’Unione Europea.

          "No deal" e regole WTO             Free Trade Agreement             Spazio Economico Europeo
     0

    -1

    -2

    -3

    -4

    -5                                                                     N.B. Sommatoria degli effetti
                                                                           negativi, al netto di un piccolo
    -6                                                                  effetto positivo legato ad accordi di
                                                                        libero scambio con USA e benefici
    -7                                                                          legati a una differente
                                                                         regolamentazione (max beneficio
    -8
                                                                              cumulato 0,3%, min. 0,2)
    -9
           Tariffe      Perdita di accesso     Divergenza regolatoria        Dogane        Migrazione

Figura 2. Brexit impact assessment da parte del Governo britannico (%, calo del PIL), prossimi 15
    anni, effetto cumulato. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati UK
                          Government, Exiting the EU Committee, 2018

È invece preferibile fornire un dimensionamento dell’impatto della Brexit su un insieme
eterogeneo di elementi e dimensioni. In alcuni di questi ambiti la scelta dei cittadini
britannici sta già avendo ricadute concrete. In altri casi è questo il momento di formulare
alcune ipotesi, rigorose e realistiche, che possano supportare imprenditori e capi azienda
nelle proprie scelte di investimento e business dei prossimi anni.
Come detto, l’impatto cumulato sarà maggiore per il Regno Unito che per i rimanenti Paesi
dell’Unione Europea. Proprio sull’economia britannica questo evento di portata
storica sta già producendo i primi effetti. Il PIL inglese è cresciuto dello 0,5% nel terzo
trimestre 2017 e dello 0,4% nel quarto, con una revisione al ribasso rispetto allo 0,5%
stimato dall’ONS9 a fine 2017. Il tasso di crescita del PIL per l’anno 2017 nel suo complesso
è stato il più basso dal 2012, essendo sceso dall’1,9% nel 2016 all’1,4% nel 2017.
In aggiunta, la performance del PIL britannico è la peggiore tra i Paesi OECD, con un
tasso di crescita annua inferiore rispetto a Italia e Giappone. Le stime per il futuro non
sembrano prospettare un sostanziale miglioramento: si prevede che l’economia del Regno
Unito sarà caratterizzata da tassi di crescita annui del PIL reale inferiori rispetto alla media
europea e tra i più bassi tra le economie sviluppate.10 Sia il Fondo Monetario Internazionale
che l’OECD imputano tale cattiva performance principalmente alle conseguenze della
Brexit.11

9
  Ufficio statistic britannico.
10
   Fonte: OECD Economic Outlook and Interim Economic Outlook, March 2018.
11
   Fonte: IMF, World Economic Outlook Update, January 2018.

                                                                                                                7
1,4
                                                                                                      Brexit Referendum
     1,2

     1,0

     0,8

     0,6

     0,4

     0,2

     0,0

 -0,2

           2014 Q2
           2014 Q3

           2016 Q1

           2016 Q4
           2015 Q1
           2010 Q1

           2010 Q4

           2014 Q1

           2014 Q4

           2015 Q4

           2016 Q2
           2015 Q2

           2016 Q3
           2010 Q2
           2010 Q3

           2015 Q3

           2017 Q2
           2017 Q3
           2013 Q1

           2013 Q4

           2017 Q1

           2017 Q4
           2012 Q1
           2011 Q2
           2011 Q3

           2012 Q4

           2013 Q2
           2013 Q3
            2011 Q1

           2012 Q2
           2011 Q4

           2012 Q3

                                  Quarterly
                                   Quarto su%Quarto
                                              change(var.%)              Moving Average(4(4periodi)
                                                                         Media Mobile       months)

    Figura 3. Variazione trimestrale del PIL inglese e media mobile su 4 periodi (var.% PIL su
trimestre precedente), 2010 - 2017. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati
                               Office for National Statistics, 2018

                                                2,50 2,50
                                                                                       2,20
           1,9    1,8    1,8                                                    1,90                     1,80 1,90
                                         1,40
                                                                         1,10                     1,00

                 2016                           2017                        2018(f)                   2019(f)
                                        UK             Eurozona                 Totale OECD

     Figura 4. Tasso di crescita annuo del PIL reale, previsioni OECD, (tasso di crescita annua %),
      2016 - 2019 (f). Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati OECD, 2018

Anche i dati relativi al valore della sterlina continuano a mostrare gli effetti del
referendum di giugno 2016. Dopo lo shock del 24 giugno 2016 (seduta immediatamente
successiva al referendum in cui il tasso di cambio effettivo della divisa inglese ha perso il
6.8% in una sola giornata )la sterlina ha continuato a muoversi attorno a valori nettamente
inferiori rispetto al periodo precedente il voto. Si tratta di un valore strutturalmente
inferiore, in media di oltre 12 punti percentuali nei 18 mesi successivi al referendum rispetto
ai 18 mesi precedenti.12

12
     Si consideri l’indice della sterlina britannica. Fonte: IMF, 2018

                                                                                                                          8
95
                                                                              Brexit
                                                                              Referendum
 90
                          Media: 89,8

 85

                                                                                                                           Media: 77,5
 80

 75

 70
          Maggio 2015

          Maggio 2016

                                                                                             Dicembre 2017
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                                                                                               Ottobre 2017
       Dicembre 2015

                                                                                              Gennaio 2018
        Febbraio 2015

                                                                                                Agosto 2017
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        Febbraio 2016

          Agosto 2016
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       Novembre 2015

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                                                                                                 Luglio 2017
           Aprile 2015

         Ottobre 2015

                                                                                                Giugno 2017
          Giugno 2015

           Aprile 2016

                                                                                              Febbraio 2017

                                                                                                 Aprile 2017

                                                                                             Settembre 2017
           Luglio 2015

          Giugno 2016
           Luglio 2016

     Figura 5. Calo dell'indice della Sterlina inglese (UK Pound Sterling Currency Index), Gennaio
     2015 - Gennaio 2018. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati FT, 2018

La svalutazione della sterlina, secondo i sostenitori della Brexit, avrebbe reso le esportazioni
inglesi più competitive. Questo nei fatti si è verificato: l’export britannico è cresciuto
mensilmente dello 0,9% tra il luglio 2016 e il dicembre 2017. La Gran Bretagna continua
tuttavia ad essere un importatore netto: nel solo 2017 la bilancia commerciale del Paese
è stata negativa per quasi 100 miliardi di Euro (quasi 70 miliardi se si considera l’UE-28
come partner, rendendo l’effetto complessivo della svalutazione della sterlina negativo.13
            2000

                                                                       2008
                                                         2006

                                                                               2009
                                           2004
                             2002

                                    2003

                                                  2005

                                                                2007
                   2001

                                                                                      2010

                                                                                                                                2016
                                                                                                                  2014
                                                                                                    2012

                                                                                                           2013

                                                                                                                         2015

                                                                                                                                       2017
                                                                                             2011

       0

     -20

     -40

     -60

     -80

 -100

 -120
                                                         EU-27         Resto del Mondo

     Figura 6. Bilancia commerciale britannica, commercio di beni, bilancio totale (miliardi di €),
        2000-2017. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ONS, 2018

13
     Fonte: ONS, Statistical Bulletin, UK trade, gennaio 2018.

                                                                                                                                              9
L’aumento dei prezzi delle importazioni si è tradotto nell’aumento dell’inflazione. Tra
gennaio 2015 e giugno 2016 l'indice dell’inflazione segnava un incremento mensile dello
0,5%, senza superare mai lo 0,8%. Dopo il referendum, tra luglio 2016 e gennaio 2018, tale
valore è stato in media del 2,2%, superando, a partire da agosto 2017, il 2,7%. Questo è
avvenuto in un quadro europeo di bassa inflazione,14 ma soprattutto, in un contesto di
scarsa crescita salariale, con i salari reali britannici che, a causa dell’aumento dei prezzi,
hanno registrato prima un rallentamento e poi una flessione marcata.

     3,0
                                                      Brexit Referendum
     2,5
     2,0
      1,5
      1,0
     0,5
     0,0
     -0,5
     -1,0

               Maggio 2017
            Dicembre 2015

                Agosto 2016
              Gennaio 2016

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               Maggio 2016

                Agosto 2017
            Dicembre 2016
              Gennaio 2017
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             Dicembre 2017
                Marzo 2015

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            Novembre 2016
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            Settembre 2017

            Novembre 2017
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               Ottobre 2017

              Gennaio 2018
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               Giugno 2016
             Febbraio 2015

             Febbraio 2016

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             Febbraio 2018
                 Aprile 2015

            Settembre 2015

            Settembre 2016

               Giugno 2017
                Luglio 2017
Figura 7. Andamento dell'inflazione e dei salari reali nel Regno Unito e in Zona Euro (aumento %
dei prezzi al consumo e variazione % dei salari reali, media mobile trimestrale), Gennaio 2015 –
 Febbraio 2018. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ONS e BCE, 2017

A gennaio 2017 le retribuzioni reali erano solo lo 0,6% (in termini di media mobile
trimestrale) più alte rispetto a un anno prima. A febbraio l'incremento si era arrestato,
mentre ad aprile tale flessione appariva consolidata. Nell’ultimo semestre oggetto di analisi
tale trend sembra essersi stabilizzato, ma i salari reali rimangono in calo, su base mensile,
dello 0,4% circa. Si è così ridotto il potere di acquisto dei britannici. 15 Paradossalmente,
l’area meno colpita dall’aumento dell’inflazione è quella londinese, mentre la parte
settentrionale (Scozia, Galles e Nord Irlanda) è la più colpita.

I primi effetti del referendum sembrano riscontrabili anche sul fronte migratorio. Nei
mesi precedenti il voto, il numero di cittadini dei paesi dell’Unione Europea che avevano
scelto di trasferirsi nel Regno Unito era ai massimi storici. Subito dopo il referendum tale
valore ha iniziato a diminuire e nel settembre 2017 (ultima rilevazione disponibile) la
migrazione netta di cittadini comunitari verso il Regno Unito ha raggiunto il livello più basso
dal quarto trimestre 2012.

14
  Il tasso di crescita mensile dei prezzi per l’Eurozona rimane al di sotto dell’1,5%.
15
  Un lavoratore con un salario di 1.900€ a giugno 2016 avrebbe avuto un potere d’acquisto pari a 2.070€ a gennaio
2017, ma di soli 1.970€ a gennaio 2018.

                                                                                                              10
200

     180

     160

     140

     120

     100

      80

      60                                                                                     Brexit
      40                                                                                     Referendum

               Marzo 2013

               Marzo 2016

               Marzo 2017
               Marzo 2011

               Marzo 2014

               Marzo 2015

           Settembre 2016
               Marzo 2012

              Giugno 2016

           Settembre 2017
              Giugno 2010

              Giugno 2012

              Giugno 2013
           Settembre 2011

           Settembre 2014
            Dicembre 2011

           Settembre 2012

           Settembre 2013

           Settembre 2015
            Dicembre 2015

              Giugno 2017
           Settembre 2010
           Dicembre 2010

              Giugno 2011

            Dicembre 2012

              Giugno 2014

              Giugno 2015
            Dicembre 2013

            Dicembre 2016
            Dicembre 2014
     Figura 8. Immigrazione netta nel Regno Unito di cittadini comunitari (migliaia di individui),
         2010-2017. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati ONS, 2017

Anche i prezzi degli immobili, almeno sul mercato londinese, hanno risentito della
Brexit. Nella capitale britannica, tra il giugno 2016 e il dicembre 2017, i prezzi delle case
sono calati del 15%.16 A livello nazionale, anche l’output del settore delle costruzioni continua
ad essere in calo: -3,9% tra gennaio 2017 e gennaio 2018.17

 105
                                                            Brexit
                                                            Referendum
 100

     95

     90

     85

     80

     75
           2016-02
           2016-03

           2016-05

           2016-08
           2016-06

           2016-09
           2015-01

           2015-03

           2015-06
           2015-07

           2015-09

           2016-01

           2016-07
           2015-04

           2016-04

           2017-10

            2017-12
           2015-02

           2015-05

           2015-08

            2017-11
           2017-01

           2017-04

           2017-07
           2017-05
           2017-02

           2017-08
            2016-11
            2015-11

           2017-06

           2017-09
           2017-03
           2016-12
           2015-10

           2015-12

           2016-10

      Figura 9. Prezzi degli immobili, City of London local authority (prezzo medio, valore indice,
     giugno 2016 =100), Gennaio 2015 - Dicembre 2017. Fonte: elaborazione The European House -
                                     Ambrosetti su dati ONS, 2018.

Gli effetti macroeconomici di maggior rilevanza sembrano al momento causati dal clima di
incertezza e dalla paura di una possibile divergenza regolatoria futura. In questo
senso ci aspettiamo che, con il procedere del percorso negoziale in una direzione che eviti

16
   Con un calo del 5,3% tra dicembre 2016 e dicembre 2017. Fonte: HM Land Registry, Registers of Scotland and Land
and Property Services Northern Ireland, 2018.
17
   Fonte: ONS, 2018.

                                                                                                               11
eccessivi shock alle interdipendenze economiche (per esempio attraverso il mantenimento
di un’unione doganale) e permetta di mantenere omogeneità nella normativa, gli effetti
negativi sin qui registrati possano riassorbirsi. È invece prematuro indagare puntualmente
il manifestarsi di effetti della Brexit sui paesi dell’Unione Europea. Quel che è certo è che
l’UE perderà, con la Brexit, un elemento fondante del progetto comunitario. Nel 2019
verrà infatti meno un membro fondatore ed uno dei principali Paesi Membri, con una
dimensione economica oggi pari al 15% del PIL europeo e una popolazione pari al 13% del
totale UE.

                                                                                         UE-27
                                                UE-28                 UK                               Variazione %
                                                                                       (UK escluso)
PIL (mln. €, 2017)                              15.324.266,7         2.325.520,4       12.998.746,3          -15,2%
IDE (flusso, mln. €, 2016)                         509.610,6           228.443,4          281.167,2         -44,8%
Export extra-EU (mln. €, 2017)                    1.878.778,7          205.435,1        1.673.343,6          -10,9%
Popolazione (mln., 2017)                                513,2                   66,3           446,9         -12,9%
Occupati (mln. 2017)                                    236,7                   32,3          204,4          -13,6%
Under-30 (mln., 2017)                                   174,2                   25,1           149,1         -14,4%
Brevetti (2016)                                     99.418,0             14.867,0          84.551,0          -15,0%
Spesa in R&D (mln., 2016)                          296.677,8            39.254,8          257.423,0          -13,2%
Studenti terziari (mln., 2016)                           19,5                    2,3            17,2         -11,8%
Output agricolo (mln. €, 2017)                     427.414,2            30.939,4          396.474,8           -7,2%
Spesa militare (mln. €, 2017)                      200.747,9             44.184,9         156.563,0         -22,0%
Contributo budget UE (mld. €, 2016)                     144,1                   30,1           114,0        -20,9%

Figura 10. L'UE senza il Regno Unito, alcune evidenze, 2017 o ultimo dato disponibile. Fonte: The
                              European House - Ambrosetti, 2017

La Brexit ha inoltre già portato i leader europei a ridiscutere le basi e le logiche del loro
impegno comune, per evitare che in futuro cittadini di altri Paesi Membri decidano di
seguire l’esempio britannico. Nel marzo 2017 la Commissione Europea ha pubblicato un
Libro Bianco sul futuro dell’Unione Europea, che traccia cinque possibili scenari per
proseguire nel cammino comune.

Il primo scenario prevede di proseguire come sin qui è stato, completando il mercato unico
dell’energia e quello digitale. Il secondo ipotizza un’UE a due velocità, con i Paesi pronti a
cooperare maggiormente in nuovi ambiti affiancati da Paesi che invece preferiscono
mantenere un impegno condiviso minore. Il terzo scenario propone di concentrare gli sforzi
comuni esclusivamente sul mercato unico. Il quarto propone di fare meno insieme, in un
numero di ambiti ridotto, ma in modo più efficace. L’ultimo scenario propone una maggiore
integrazione, in un numero maggiore di ambiti, tutti insieme.18

18
     Fonte: Commissione Europea, “White Paper on the Future of the EU”, 2017.

                                                                                                                 12
4. Ricadute su commercio, investimenti e catene del valore

Al di là delle riflessioni strategiche, fondamentali per restituire al progetto di integrazione
comunitaria una visione e un orizzonte di lungo periodo condiviso, le ricadute per il
business e le imprese riguarderanno almeno tre dimensioni chiave, con conseguenze per
entrambe le parti. Queste sono: il commercio, l’attività produttiva articolata secondo catene
del valore e gli investimenti.

Per quanto riguarda il commercio, Regno Unito e Paesi Membri dell’Unione Europea (UE-
27) sono partner commerciali cruciali gli uni per gli altri. Il Regno Unito è oggi terzo
esportatore nell’UE (con un valore di 196.6 miliardi di Euro, il 10,6% di tutte le importazioni
europee da Paesi extra-UE). Il Regno Unito è inoltre la seconda destinazione per l’export
europeo (riceve il 17.1% di tutte le esportazioni UE in Paesi extra-europei, per un valore di
320.4 miliardi di Euro). Considerando il commercio totale, il Regno Unito è il terzo partner
commerciale dell’UE, con un valore di 516,9 miliardi di Euro (il 13.8% del commercio UE-
27 al netto degli scambi intra-UE).

      51,8%                          50,2%
                      47,8%

                                                                     17,1%
                                                                                    13,8%
                                                     10,6%

      Import         Export          Totale         Import          Export          Totale
           Peso UE sul commercio UK                       Peso UK sul commercio UE

Figura 11. Peso di Regno Unito e UE come rispettivi partner commerciali (% sul totale mondiale),
      2017. Fonte: elaborazioni The European House - Ambrosetti su dati COMEXT, 2018.

Per il Regno Unito l’Unione Europea rimane il primo partner commerciale considerando
l’import (295,5 miliardi di Euro, il 52% del totale), l’export (l’UE pesa per il 48% del totale,
188.5 miliardi di Euro), e il commercio nel suo complesso (483,9 miliardi di Euro, il 50,2%
del totale). I principali partner commerciali sono Germania, Paesi Bassi,
Francia, Belgio e Irlanda.

Mentre al momento il Regno Unito può sfruttare un tasso di cambio competitivo unito alla
temporanea permanenza nel mercato unico, una volta che la Brexit entrerà in vigore non
solo le aziende britanniche dovranno affrontare tariffe doganali maggiori, ma
saranno anche esposte a possibili misure anti-dumping che l’UE già oggi adotta
verso molte altre economie avanzate.

In generale, si stima che il 34% dell’export britannico verso l’UE rimarrà privo di tariffe,
anche in caso di un mancato accordo, grazie alla permanenza del Regno Unito nel WTO. Al
contrario, il 15%-27% di questo export è a rischio di tariffe particolarmente

                                                                                              13
elevate, soprattutto in caso di “no-deal”.19 . Il costo stimato per le imprese britanniche sarà
in questo caso pari a circa l’1,5% del valore aggiunto lordo totale, oltre 30 miliardi di Euro 20.
Il 70% di questi costi saranno sostenuti dai seguenti settori: servizi finanziari; automotive,
agricoltura, food&beverage; beni di consumo e prodotti chimici e plastiche.

Per quanto riguarda l’Unione Europea, i costi saranno maggiori: oltre 35 miliardi di Euro.
Saranno invece di gran lunga inferiori i costi totali in rapporto al valore aggiunto lordo
complessivo dell’economia: lo 0,4% del totale. I settori più impattati in termini relativi al
saranno aerospazio, automotive, chimica e plastica, metallurgia e scienze della vita. I costi
assoluti saranno maggiori per settore automobilistico, agricoltura, cibo e bevande, prodotti
chimici, materie plastiche e beni di consumo (insieme peseranno per circa il 70% dei costi
totali).21

                                                                                                                                                                     65%
                                 500

                                                                                                                                                                           Quota del commercio UK-UE-28 su
 Valore del commercio (mld. €)

                                                                                                                                                                     60%
                                 400

                                                                                                                                                                                 commercio UK-mondo
                                                                                                                                                                     55%
                                 300

                                                                                                                                                                     50%
                                 200

                                 100                                                                                                                                 45%

                                   -                                                                                                                                 40%
                                       2000

                                                     2002

                                                            2003

                                                                          2005

                                                                                 2006

                                                                                               2008

                                                                                                      2009
                                              2001

                                                                                        2007
                                                                   2004

                                                                                                                    2011

                                                                                                                                         2014

                                                                                                                                                              2017
                                                                                                                           2012

                                                                                                                                  2013

                                                                                                                                                2015

                                                                                                                                                       2016
                                                                                                             2010

                                                                   Import                      Export                      % sul totale

Figura 12. Commercio UK con l'UE (importazioni di prodotti UE in UK, esportazioni britanniche
in UE e peso dell'UE come partner commerciale del Regno Unito, miliardi di Euro e % sul totale),
   2000-2017. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati COMEXT, 2018

Il mantenimento di un’Unione Doganale sarebbe certamente uno scenario preferibile.
Questa opzione dimezzerebbe i costi legati alle ripercussioni commerciali post-Brexit per
l’UE e ridurrebbe di oltre il 30% quelli per il Regno Unito, rispetto all’assenza di un accordo.

Un altro aspetto che verrà impattato dalla Brexit è quello relativo agli investimenti diretti
esteri. L’Unione Europea è responsabile del 40,5% degli investimenti diretti esteri in
ingresso nel Regno Unito. Allo stesso tempo l’UE è la destinazione del 40,7% degli
investimenti diretti esteri in uscita dal Regno Unito.

19
   Fonte: G. Corsetti et al. “A granular analysis of the exposure of UK exports to EU tariffs, quotas and antidumping under
no-deal”, 2017.
20
   Tasso di cambio al 23 marzo 2018.
21
   Fonte: Clifford Chance, “The “Red Tape” Cost Of Brexit”, 2018.

                                                                                                                                                                                           14
IDE in entrata in UK        € mln.          (%) UE             IDE in uscita da UK        € mln.           (%) UE

Paesi Bassi                 131.380,5             28,8%        Paesi Bassi                 121.473,7             25,6%
Lussemburgo                  80.973,5             17,8%        Lussemburgo                  94.527,4             19,9%
Francia                      66.274,7             14,5%        Francia                      68.647,3             14,5%
Germania                     66.187,0             14,5%        Irlanda                      54.347,0             11,5%
Spagna                       37.054,4                8,1%      Spagna                       49.323,9             10,4%
Belgio                       33.016,8                7,2%      Germania                     18.345,9                3,9%
Irlanda                      12.689,9              2,8%        Svezia                       15.646,4                3,3%
Svezia                        8.622,4                1,9%      Belgio                       14.205,6              3,0%
Danimarca                     6.336,5                1,4%      Italia                       12.136,9                2,6%
Cipro                         4.207,1              0,9%        Danimarca                     6.999,1                1,5%
Altri                         8.806,7                1,9%      Altri                        18.370,8                3,9%

     Figura 13. Flussi IDE in UK da UE e flussi IDEUK in UE, principali partner (milioni di Euro
     e quota %), 2016. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati IMF, 2018
Ad oggi, l’impatto della Brexit sui flussi di investimento è ancora incerto. Non sono per il
momento riscontrabili variazioni significative da giugno 2016, né nei flussi in ingresso nel
Regno Unito, né in quelli in UE-27. Dal referendum, tuttavia, numerosi CEO e capi azienda
hanno denunciato i rischi legati all’incertezza e all’eccessiva durata del processo negoziale
come una possibile causa per una riduzione degli investimenti futuri. La preoccupazione è
che il processo legato alla Brexit monopolizzi inoltre l’attenzione del Governo britannico,
inficiando il perseguimento di altri obiettivi di governo necessari alla crescita, alla
competitività, alla promozione all’estero e all’attrazione di investimenti.22

Esistono inoltre numerose stime circa gli effetti positivi dell’appartenenza all’Unione
Europea come catalizzatore per l’attrazione di investimenti diretti esteri (IDE).
In media, si stima che l’appartenenza all’Unione Europea porti ad un incremento dei flussi
di investimento esteri tra il 14% e il 38% a seconda degli assunti statistici di partenza, e che
l’uscita dall’Unione Europea, una volta che sarà effettiva, costerà al Regno Unito un calo del
22% nell’attrazione di IDE nel prossimo decennio.23

Infine, per comprendere le effettive dimensioni in gioco, occorre considerare
l’interconnessione tra l’economia britannica e quella europea, che va ben oltre il commercio
di beni e servizi e i flussi di investimenti diretti esteri. Questa può essere compresa
analizzando l’interdipendenza delle catene del valore, così da misurare l’attivazione
economica diretta e indiretta delle economie UE grazie all’economia britannica e viceversa. 24

In questo senso, i Paesi con la maggior interdipendenza economica con il Regno Unito
risultano essere Germania, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Italia, che contano
assieme per il 70% del valore aggiunto attivato dall’economia britannica in Europa. 25 Il
rischio maggiore per l’interdipendenza produttiva articolata secondo value chain pan-
europee è quella di una Hard Brexit. Questa provocherebbe un effetto economico negativo

22
   Il 68% dei capi azienda britannici ritiene che la Brexit consumerà le energie del governo britannico e porterà fuori
dall’agenda lo sviluppo industriale. Fonte: EEF e AIG, “Executive Survey, manufacturers’ expectations for the year
ahead”, 2018.
23
   Fonte: London School of Economics, 2018.
24
   Fonte: H. Vandenbussche et al., “Global value chains, trade shocks and jobs: An application to Brexit”, 2017.
25
   Fonte: WIOD, 2018.

                                                                                                                     15
per le catene del valore europee quantificabile attorno all’1,5% del PIL comunitario, con 1,2
milioni di posti di lavoro a rischio in UE-2726.

Per il Regno Unito l’effetto sarebbe pari al 4,5% del PIL nazionale, mentre i posti di lavoro a
rischio sarebbero oltre 500 mila. Dal punto di vista regionale, la zona londinese sarebbe in
questo caso la meno esposta, mentre le regioni maggiormente colpite in UK sarebbero
Lancanshire, Leichestershire e East Riding/North Lincolnshire.27

                                                                       EU-27                                                                                 UK
 20%                                                                                                                                                              6%-8%

 18%                                                                                                                                                              8% - 10%
                                                                                                                                                                  10% - 12%
 16%
                                                                                                                                                                  12% - 14%
 14%                                                                                                                                                              14% - 16%

 12%                                                                                                                                                              16% - 18%

 10%

     8%

     6%

     4%

     2%

     0%
                     Francia
          Germania

                                                                                                                     Polonia

                                                                                                                                           Austria
                                                       Paesi Bassi

                                                                                       Spagna

                                                                                                                                                     Altri
                                                                              Belgio

                                                                                                Svezia

                                                                                                                               Finlandia
                               Irlanda

                                                                     Italia
                                         Lussemburgo

                                                                                                         Danimarca

   Figura 14. A sinistra: Impatto dell'economia britannica sulle catene del valore EU-27 (% del
Valore Aggiunto totale). A destra: impatto di una Hard Brexit sul reddito da lavoro nelle diverse
regioni UK (% totale), 2017. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati WIOD
                                          e VoxEU, 2018.

Alcuni di questi effetti sulle catene del valore sono già oggi riscontrabili, il 14% delle società
Europee con fornitori britannici ha già spostato parte del proprio business al di fuori del
Regno Unito. In aggiunta, oltre il 30% delle aziende britanniche con fornitori
europei ha già dovuto ricorrere ad un aumento dei prezzi come conseguenza delle
difficoltà di approvvigionamento o di operations conseguenti l’esito referendario. Il 22%
delle aziende britanniche con fornitori europei ha infatti già riscontrato difficoltà
nell’ottenere contratti da tali fornitori con data successiva al marzo 2019.28

26
   Da intendersi come Unione Europea al netto del Regno Unito.
27
   In UE ricadute si avrebbero su Irlanda, Germania meridionale e Benelux
28
   Fonte: Chartered Institute of Procurement and Supply, marzo 2018.

                                                                                                                                                                          16
5. Altri effetti della separazione

5.1.     Ricadute sui cittadini UE e UK

Adottando una chiave di lettura maggiormente pragmatica, la decisione del Regno Unito di
uscire dall’Unione Europea avrà ricadute su numerose dimensioni, che vanno al di là delle
sole variabili economiche. Ad essere impattati saranno certamente i cittadini europei che
risiedono, studiano e lavorano nel Regno Unito e, viceversa, i cittadini britannici che si
trovano negli Stati Membri dell’UE-27, dell’European Economic Area e della Svizzera. Si
tratta in totale di 4.6 milioni di individui che potranno subire impatti concreti e
condizionamenti sulle proprie scelte di vita e sui diritti di cui oggi godono.

Nel 2017, sono stati quasi 30.000 i cittadini europei che hanno lasciato il Regno
Unito e sono tornati a vivere in Unione Europea, invertendo un trend quasi
decennale. Sono anche più che raddoppiati i cittadini europei che hanno cercato di
assicurarsi un futuro stabile nel Regno Unito, attraverso la richiesta di documenti di
residenza permanente. Ad oggi29 Unione Europea e Regno Unito hanno trovato un accordo
su un periodo di transizione, che andrà dal 29 marzo 2019 al 31 dicembre 2020 e che
allontanerà il problema di quasi due anni.

Quello che sembra certo - pur non esistendo comunque al momento alcun accordo definitivo
e vincolante sul tema - è che i cittadini europei che arriveranno nel Regno Unito
prima del termine del periodo di transizione (dicembre 2020) subiranno
conseguenze limitate. I cittadini europei che prima del 29 marzo 2019 avranno risieduto
in modo continuativo e legalmente per 5 anni nel Regno Unito potranno richiedere lo stato
di residente nel Paese30, rimanendo liberi di risiedervi, accedere a fondi pubblici e servizi e
di richiedere la cittadinanza britannica.

Coloro che invece non avranno risieduto, entro il 29 marzo 2019, da 5 anni nel Regno Unito,
potranno comunque richiedere di rimanere nel Paese fino al raggiungimento di tale periodo.
Lo stesso si applicherà ai famigliari di cittadini UE che arriveranno nel Regno Unito entro il
29 marzo 2019. Coloro che arriveranno invece nel Regno Unito durante il periodo di
transizione potranno vivere, lavorare e risiedere nel Paese, ma dovranno registrarsi presso
l’Home Office britannico qualora dovessero rimanere oltre i 3 mesi.

Le stesse condizioni si applicheranno, con ogni probabilità, ai cittadini britannici residenti
in un Paese dell’Unione Europea. Non è invece al momento chiaro se sarà per loro possibile
spostarsi, lavorare e risiedere in un Paese europeo differente, qualora il Regno Unito dovesse
uscire dal mercato unico. Al tempo stesso non è chiaro se rimarrà in vigore il
riconoscimento delle qualifiche professionali e la possibilità di esercitare
professioni e fornire servizi liberamente.31

Al termine del periodo di transizione si applicheranno le regole vigenti oggi per cittadini non
appartenenti all’Unione Europea. Sarà quindi possibile richiedere un permesso per lavorare,
risiedere o studiare nel Regno Unito. Si cercherà inoltre di mantenere la possibilità di

29
   24 marzo 2018.
30
   Settled Status.
31
   L’accordo raggiunto il 19 marzo non chiarisce questi aspetti. Nella bozza di accordo scompare il riferimento all’Articolo
32, che è quello che governa il libero movimento di cittadini britannici residenti in un Paese dell’Unione Europea.

                                                                                                                         17
spostarsi da Regno Unito a Paesi UE e viceversa, per periodi di tempo limitati e per ragioni
turistiche, senza necessità di visti.

5.2.       Ricadute sulla manifattura

Dagli esiti dei negoziati dipenderanno anche gli impatti sul settore manifatturiero di
entrambi i Paesi. A partire dalla creazione del mercato unico, diversi settori europei si
sono strutturati attraverso catene del valore, filiere di fornitura, processi
produttivi, operations e network di distribuzione altamente integrati a livello
europeo.32 Questo ha permesso all’Unione Europea nel suo complesso e alla sua industria
di essere leader mondiale in un numero crescente di settori.

Ad oggi il 47,4% del valore dell’export manifatturiero britannico ha come destinazione
l’Unione Europea. Viceversa, il 6.5% dell’export manifatturiero europeo è diretto verso il
Regno Unito. Tale quota sale al 17.5% se non si considera l’export manifatturiero intra-
europeo.33

A seconda del tipo di accordo raggiunto con la Brexit, diversi settori manifatturieri potranno
essere più o meno impattati. Gli accordi fin qui raggiunti non chiariscono se a governare le
relazioni commerciali tra i due paesi saranno accordi ad hoc o, nel caso di un fallimento
negoziale, il semplice regolamento WTO. In questo secondo caso, i risultati attesi saranno
particolarmente severi (fino ad una contrazione dell’output manifatturiero britannico
attorno al 5%).

 55
 50
 45
 40
 35
 30
 25
 20
     15
 10
          Lussemburgo

               Slovenia
               Svizzera
              Romania

              Ungheria

              Finlandia

             Germania
             Rep. Ceca

                Austria
            Danimarca
                 Svezia

                Francia

                Islanda
                    UK

                Spagna
                  Cipro

                Estonia

               Bulgaria
                 Grecia

              Norvegia

                Polonia
                 Belgio
               Lettonia
             Sud Africa
            Paesi Bassi
            Slovacchia

               Lituania
                Irlanda
             Portogallo
                  Italia

                                           Ambito di studio            Qualifica
 Figura 15. Skills mismatch per Paese (OECD skills mismatch index score, 100 max. mismatch, 0
min. mismatch), 2016. Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati OECD, 2018

32
     Per ulteriori approfondimenti sul tema si consideri il paragrafo 4.
33
     Fonte: elaborazioni The European House – Ambrosetti su dati UNCTADstat riferiti al 2016.

                                                                                                18
In tal caso, a soffrire maggiormente saranno i settori a maggiore intensità di
R&D e altamente regolati.34 Nello specifico, tessile, food&beverage, aerospazio,
farmaceutica e automotive sono i settori attorno a cui si concentrano le maggiori
preoccupazioni. Ad oggi il 54% delle aziende manifatturiere britanniche ritiene che
l’industria inglese nel suo complesso sarà messa in seria difficoltà dalla Brexit, mentre il 67%
dichiara che l’incertezza legata agli esiti dell’uscita dal Regno Unito dall’Unione Europea sta
danneggiando le proprie prospettive di business.35

Occorre poi considerare le ricadute in termini occupazionali, dato che ad oggi il 10%
degli occupati manifatturieri britannici è cittadino europeo, con punte attorno al 30% per il
settore food and beverage (per cui le esportazioni verso Paesi UE contano per il 70% del
totale).36 In generale occorrerà evitare una eccessiva divergenza regolatoria e tutelare gli
accordi commerciali in essere, trovando un accordo sulla designazione delle cd “regole di
origine” dei prodotti, cruciali nella determinazione delle tariffe.

Un esempio dell’elevato grado di interconnessione messa a repentaglio dalla Brexit viene dal
settore dell’automotive. Il 54% dei veicoli prodotti nel Regno Unito sono esportati in UE.
Viceversa, l’UE esporta l’11,7% dei suoi autoveicoli oltremanica. In aggiunta, nel solo 2017,
l’industria automotive britannica ha importato da Paesi UE 14,4 milioni di parti e
componenti per un valore di 11,4 miliardi di Euro (78.8% del totale importato). L’UE ha
importato 21,7 milioni di parti e componenti dal Regno Unito per un valore di 4 miliardi di
Euro.37 Il Regno Unito conta inoltre per il 16% dei veicoli elettrici e per il 31% dei veicoli
plug-in venduti in Europa.

     22,7

            18,5

                      7,3

                                  4,7    5,2
         4,2
                                                     3,4   3,6
                            2,6
                                               1,8               1,7 1,9   1,5                 1,6 1,5         2 2,1
                                                                                 0,8 0,7
                                                                                                         0,1
                                                                                                                       -0,1
     Germania           Belgio            Spagna            Francia         Polonia           Paesi Bassi       Italia

                                  Esportazioni in UK        Importazioni da UK             Bilancia

Figura 16. Commercio di veicoli a motore e parti e componenti automotive (mld. €), 2017. Fonte:
             elaborazione The European House - Ambrosetti su dati ACEA, 2018.

34
   Fonte: UK Trade Policy Observatory, febbraio 2018.
35
   Fonte: EEF e AIG, “Executive Survey, manufacturers’ expectations for the year ahead”, 2018.
36
   Fonte: UK national farmers’ union. Le stime escludono le bevande alcoliche.
37
   Fonte: ACEA, Brexit and the auto industri: Facts and Figures, 2018.

                                                                                                                              19
Chiarificatore è il caso di Honda. La multinazionale giapponese importa ogni giorno 2
milioni di componenti nel Regno Unito dagli altri Paesi UE. Stime interne all’azienda
chiariscono che 15 minuti di ritardo nelle procedure doganali tra Unione Europea e Regno
Unito costano quasi 1 milione di Euro all’azienda e che il 40% dei lavoratori impiegati nel
Regno Unito nella produzione del modello Honda Civic sono cittadini europei.

Anhe nel settore dell’aerospazio - caratterizzato anch’esso da catene del valore altamente
integrate - un incremento delle procedure doganali e dei controlli migratori avrebbe
conseguenze rilevanti. Ad oggi Airbus, la principale compagnia manifatturiera nel settore,
impiega 15.000 persone nel Regno Unito, il 10% del totale della sua forza lavoro, e investe
oltre 5 miliardi di Euro all’anno nella supply chain britannica.

La competitività stessa dell’industria aerospaziale dipende dalla possibilità, per le aziende
britanniche, di partecipare a progetti di ricerca pan-europei. Si consideri che il settore
inglese ha ricevuto oltre 100 milioni di dollari dal programma Horizon 2020 e che i bandi e
le piattaforme di ricerca nell’aeronautica beneficiano di progetti multi-paese, in cui le
aziende britanniche ricoprono spesso un ruolo centrale.

5.3.    Ricadute sul settore dei servizi

Oltre alla manifattura, anche l’industria dei servizi verrà impattata dai cambiamenti
normativi legati alla Brexit. Mentre la manifattura e l’industria potranno in ogni caso
beneficiare della permanenza del Regno Unito all’interno del WTO, condizione che di fatto
pone un floor minimo alle conseguenze negative che industria e value chain pan-europee
potrebbero subire, il settore dei servizi è oggi integrato in virtù dell’esistenza del mercato
unico.

Professionisti e società di servizi britannici possono oggi fornire prestazioni
nei diversi Paesi UE proprio grazie all’esistenza di un impianto normativo
comune e condiviso. In futuro, non è chiaro se i professionisti britannici o le società
britanniche potranno continuare ad operare su scala europea anche dopo la Brexit. Molto
dipenderà dal tipo di accordi conclusi.

                                          IPO UE realizzate in UK     27%

    Attività wholesale banking riferite a UE-27 effettuate a Londra         35%

                  Attività di fund management UE condotte in UK                   50%

        Trading su derivati in tassi di interesse UE condotto in UK                     74%

                          Passporting MIFID2 fatto da banche UK                         76%

           Attività capital market nei Paesi UE-27 condotte in UK                        78%

                                Forex Trading UE condotto in UK                          78%

 Dipendenti UE di banche di investimento USA che lavorano in UK                                87%

Figura17. La rilevanza UK per il settore bancario e finanziario europeo (% totale, UE-27 riferito a
  UE-28 meno UK), 2017 o ultimo dato disponibile. Fonte: elaborazione The European House -
                          Ambrosetti su dati Bloomberg e altri, 2018.

                                                                                                     20
Un esempio chiave viene dell’industria bancaria e dei servizi finanziari, settore che
sarà probabilmente maggiormente impattato dall’esito dei negoziati in atto. Londra è infatti
oggi il baricentro dei servizi bancari e finanziari europei: il 78% del trading Forex, il 74% del
trading su derivati in tassi di interesse e il 50% delle attività di fund management europee
ha luogo sulla piazza londinese.38 In aggiunta, il 9% dei prestiti a cittadini europei viene dal
Regno Unito insieme a 1,2 trilioni di Euro di prestiti a società europee. Inoltre, l’87% dei
dipendenti delle cinque maggiori banche di investimento statunitensi che risiedono nella UE
lavorano nel Regno Unito. Infine, analizzando 10 istituzioni finanziarie di rilevanza globale,
2/3 del loro fatturato EMEA è generato nel Regno Unito.

A pesare sarà soprattutto la decisione sul mantenimento o la revoca del c.d.
“passaporto bancario europeo” alla Gran Bretagna, in virtù del quale le banche
presenti nel Regno Unito possono operare e fornire servizi anche negli altri stati membri e
viceversa. Ad oggi oltre 5.000 società britanniche usufruiscono di tale passaporto.

La perdita di tale beneficio connesso al mercato unico comporterà per alcune banche con
sede a Londra di valutare la necessità di un cambio di sede o, in alternativa, la
duplicazione di alcune funzioni. Secondo la Bank of England, 75.000 posti di lavoro sono
a rischio nel Regno Unito nel solo settore finanziario per cause direttamente riconducibili
alla Brexit.

L’Unione Europea nel suo complesso, sconterà invece un mercato finanziario meno
efficiente, con una maggior frammentazione di capitali, meno liquidità e
maggior rischio. A tal proposito, sarà particolarmente importante per entrambe le parti
riuscire a mantenere una coesione normativa ed evitare una eccessiva divergenza
regolatoria, anche se una delle ragioni che hanno portato alla Brexit è stata proprio la volontà
britannica di evitare lo stringente controllo sul settore finanziario britannico sotto il neonato
schema di supervisione bancaria unica.

E proprio il settore finanziario è sin qui stato in prima linea nella ricollocazione di
importanti parti di attività, o addirittura di intere sedi, al di fuori del Regno
Unito, come diretta conseguenza della Brexit. Citigroup, Morgan Stanley, Credit Suisse,
Goldman Sachs, UBS e Deutsche Bank hanno già annunciato o stanno considerando una
ricollocazione a Francoforte. Dublino è stata scelta da Barclays Bank, Bank of America, JP
Morgan e Aberdeen Standard Investments. Parigi è in fase di valutazione da parte di
Goldman Sachs e HSBC. A Parigi si trasferirà anche l’European Banking Authority (EBA), la
cui piena operatività nella capitale francese dovrà essere garantita entro gennaio 2019.
L’European Medicines Agency (EMA) sposterà invece la sua sede da Londra ad Amsterdam.

Al di fuori del mondo finanziario, Diageo ha scelto di spostare parte della produzione al di
fuori del Regno Unito. Easyjet ha creato nel 2017 EasyJet Europe, nuova compagnia con
sede a Vienna, voluta dal gruppo aereo britannico per tutelare i propri diritti di volo in vista
della Brexit. Unilever ha invece scelto Rotterdam per collocare parte delle proprie attività
prima basate a Londra. In generale, il 14% delle società Europee con fornitori
britannici ha dichiarato di aver spostato parte del proprio business al di fuori

38
     Fonte: TheCityUK, 2018.

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