Taglio dei parlamentari, raggiunto il numero minimo per il referendum: decisivo il contributo della Lega - L'Osservatore d'Italia

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Taglio dei parlamentari, raggiunto il numero minimo per il referendum: decisivo il contributo della Lega - L'Osservatore d'Italia
Taglio   dei  parlamentari,
raggiunto il numero minimo
per il referendum: decisivo
il contributo della Lega
Raggiunto e superato il numero minimo di 64 firme per
presentare il quesito del referendum contro il taglio dei
parlamentari. A contribuire al raggiungimento del numero anche
l’appoggio di alcuni senatori leghisti. “Abbiamo dato un
contributo per avvicinare la data delle elezioni – dice Matteo
Salvini – perchè prima va a casa questo Governo di incapaci e
meglio è, non per Salvini ma per l’Italia”.

I tre promotori del referendum sul taglio dei parlamentari,
Andrea Cangini (Fi), Tommaso Nannincini Pd) e Nazario Pagano
(Fi) hanno, dunque, depositato le 71 firme necessarie per la
richiesta. Ben 7 in più del numero minimo richiesta di 64.

Dopo la rinuncia di 7 senatori a sottoscrivere la richiesta di
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referendum per il taglio del parlamentari, sono 11 le new
entry che hanno deciso di aderire consentendo così la
possibilità di depositare il quesito in Cassazione. Hanno
aggiunto le loro firme: 5 senatori di Fi, 6 della Lega e 1 di
Leu.

M5s all’attacco del Carroccio. “Non hanno resistito alla
voglia di tenersi strette le poltrone e a quanto pare è
arrivato ‘l’aiutino’ della Lega” nella raccolta delle firme
per il referendum sulla riforma sul taglio dei parlamentari,
attaccano fonti M5s. “Non vediamo l’ora di dare il via alla
campagna referendaria per spiegare ai cittadini che ci sono
parlamentari che vorrebbero bloccare questo taglio, fermando
così il risparmio di circa 300mila euro al giorno per gli
italiani che produrrebbe l’eliminazione di 345 poltrone”.

“Stamattina – fa intanto sapere il senatore M5s Michele
Giarrusso – ho ritirato la firma sul referendum confermativo
sul taglio dei parlamentari. L’ho ritirata, perché la mia
posizione è stata strumentalizzata da alcuni e travisata da
altri”.

Anche i senatori del Pd Francesco Verducci e Vincenzo
D’Arienzo hanno ritirato le firme dalla proposta del
referendum sulla riforma costituzionale sul taglio dei
parlamentari. Fonti Dem spiegano che i due senatori lo
avrebbero fatto in conseguenza “di un fatto politico nuovo” e
cioè la presentazione di quella proposta di legge elettorale
proporzionale, che fin dall’inizio era stata chiesta dal Pd in
relazione al taglio dei parlamentari.
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Guidonia,  la   maggioranza
grillina  perde   un  pezzo
storico.  Zarro   passa  al
Gruppo Misto: “La misura è
colma”
GUIDONIA (RM) – Il Sindaco di Guidonia Montecelio, il
pentastellato Michel Barbet, perde un pezzo della maggioranza:
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il consigliere e storico attivista Claudio Zarro. “La misura è
colma, aderisco al gruppo misto”, spiega il diretto
interessato nel lungo messaggio postato nella sua pagina
Facebook. Una decisione, pesante, dovuta alla “reiterata
mancanza di condivisione di scelte per la città, inopportuni
personalismi e la totale assenza di ruoli e il rispetto degli
stessi”. Dunque, il dado è tratto.

Dai malumori
nazionali a quelli locali il passo è breve. E se a livello
nazionale si
cacciano i Senatori dissidenti, a detta dei probiviri, nei
piani bassi sono gli
eletti nelle file grilline, al contrario, che sbattono la
porta o minacciano di
farlo a stretto giro di posta. Come nel caso dei consiglieri
di maggioranza del
Municipio XII che, entrati in rotta di
collisione con la Sindaca Raggi per
aver individuato la nuova discarica a Monte
Carnevale, poco distante da Ponte
Galeria, sono pronti a dare le dimissioni in massa qualora
l’inquilina del
Campidoglio non riveda quella scelta. Segnali, questi, che se
analizzati nell’insieme,
danno una visione completa sulla crisi che sta attraversando
M5S. Tra l’altro
in continua discesa in termini di consensi elettorali.
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Il Consigliere Zarro

Al Comune di
Guidonia l’ultimo strappo, dei tanti registrati nell’alveo
pentastellato del
Lazio e in quella stessa Amministrazione, con l’uscita dalla
maggioranza del
consigliere Zarro. “Otto anni di M5S buttati al vento”,
esordisce rammaricato, “potrei,
come tantissimi miei colleghi nelle istituzioni, anche a
livelli più alti,
comunicare semplicemente la mia fuoriuscita e la mia adesione
al gruppo misto
in maniera scevra da spiegazioni. Ma non lo farò. No.
Spiegherò per filo e per
segno i motivi, tutti, che mi hanno costretto a lasciare un
gruppo di
sognatori, di persone utopiche, di gente perbene ma che ha
perso di vista i
valori che li univa”.

“Qualcuno può pensare
che di questa scelta al sottoscritto non freghi nulla; eppure
al sottoscritto
pesa e peserà qualsiasi momento di quello che sta per fare. In
primis perché la mia vita per quasi 9
anni è stata scandita da infinite riunioni, gazebo, agorà e
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momenti di incontro
sul territorio locale, regionale e nazionale. In secondo luogo
perché ho
condiviso per quasi un decennio con delle persone un sogno che
non è possibile
e non si può raccontare umanamente in due righe. Chi mi
conosce lo sa, e non
sputerò mai nel piatto dove ho mangiato per anni. Ma il piatto
attuale ha un
sapore amaro e non si possono più mandare giù bocconi di
questo tipo”.

La sua è una
posizione sentita, sofferente. Sottolinea: “quando ho iniziato
questa
avventura, gli intenti volevano che in quanto rappresentante
eletto all’interno
di un’istituzione, l’assise della terza città del Lazio,
avremmo potuto
lavorare e portare avanti, seppur in tempi non celeri e con le
difficoltà note,
una costruzione    di   città   diversa,   così   come   paventato
all’interno del nostro
programma elettorale. Spesso invece, mi sono trovato a dover
avallare scelte
non condivise e le posizioni difformi non avevano modo di
esistere, neanche a
mo’ di critica costruttiva. Non è un giorno, bensì sono
svariati mesi che si
reiterano queste dinamiche: poche persone, tra l’altro non
sempre elette dai
cittadini, incidono sulle scelte e sulle linee politiche di
questa maggioranza.
Non mi aspettavo tutto ciò e soprattutto non mi aspettavo di
non poter
contribuire attivamente ai punti del programma che ci ha
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portato a vincere le
elezioni 2 anni e mezzo fa”.

il Sindaco Barbet alle prese con l’ennesima crisi

E ancora: “La
priorità era quella di orientare la nostra azione
amministrativa verso una
profonda ristrutturazione di se stessa, un far riavvicinare i
cittadini alle
istituzioni e far sentire il Comune come la casa di tutti.
Dove?? Ma dove?? Abbiamo
perso 2 anni solo per fare una macrostruttura, il primo atto
che si fa quando
una persona prende in carico un ente o un amministratore
delegato un’azienda
degna di chiamarsi tale. Tantissimi uffici non ricevono né
tramite il dirigente
né le p.o. d’area e la burocrazia che attanaglia il nostro
Comune è aumentata,
non snellita, come auspicato. È aumentata l’esternalizzazione
e non invertito
il trend tramite     internalizzazione     e   formazioni   dei
dipendenti; gli unici
assessori che hanno provato a puntare su questi aspetti sono
stati mandati via”.
Poi la bordata: “Abbiamo cambiato otto assessori nell’arco di
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2 anni e mezzo, e
solo nell’area di cui sono presidente di commissione
(commercio ed attività
produttive) si sono susseguiti i seguenti dirigenti: da
Simoncini alla Piseddu,
a Nardi, all’interim della Pasquali, all’interim del
Segretario Generale Livia
Lardo, alla Petricca ed ora al Dottor Lauro. Con quale faccia
un amministratore
locale che intenda dare una progettualità alla sua azione
legislativa può
andare in giro? Come possono esserci provvedimenti che vanno
portati avanti e
che vedono cambiare sempre e comunque l’interlocutore di
turno?”

“C’è bisogno
di dare una scossa”, prosegue il consigliere, “un qualcosa che
faccia capire
che non siamo solo 1/16 della maggioranza, bensì un valore
aggiunto da tenere
in considerazione. A chi mi chiederà le dimissioni dal mio
ruolo, per far
entrare un mio successore all’interno del gruppo consiliare
del MoVimento,
risponderò che non sono io ad esser mutato, ma è cambiato
totalmente
l’atteggiamento del Sindaco e di come egli si approccia al
rapporto col nostro
gruppo consiliare. Dimettermi per cosa? Per rispettare delle
regole mai
rispettate da nessuno? Dove sono le assemblee pubbliche
semestrali? Dove la
rendicontazione e la trasparenza di quei pochi nostri introiti
dei gettoni di
presenza come consiglieri comunali, dove la rotazione del
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capogruppo
semestrale? Dove la pubblicazione del lavoro fatto sul portale
delle liste
civiche del movimento E ancora: dov’è il rispetto (reale), di
una meritocrazia
paventata solo a parole e mai realmente messa in pratica!?
Sono stato il nono
consigliere per numero di preferenze nell’ultima tornata
elettorale, eppure
nessuno si è mai arrogato o non mi è mai balenata per la testa
la possibilità
di chiedere qualcosa in più o di diverso rispetto ai miei
compagni di
avventura. Questo perché credevo ed ho creduto, sempre, che il
valore di ognuno
di noi fosse uguale, sebbene i numeri dicessero altro”.

“Mi chiedo e
chiedo a coloro che leggono e leggeranno può un consigliere
comunale venire a
conoscenza di un cambio del dirigente di riferimento da un
articolo di
giornale, senza che nessuno gli abbia mai detto prima niente?
No. Può avallare
scelte che prevedono l’assunzione a tempo indeterminato
all’interno dell’ente
di persone prese da graduatorie di comuni limitrofi, senza che
venga spiegata
la genesi e gli input che sottintendono a tutto ciò? Vogliamo
parlare di chi c’è
all’interno di questa graduatoria? No, meglio stendere un velo
pietoso. Può relazionarsi
all’interno di una maggioranza dove porre i problemi
internamente, farlo
ripetutamente nel corso di quasi 3 anni, far uscire questi
problemi anche
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pubblicamente sperando che qualcosa cambi una volta per tutte,
comporta come
conseguenza solo una richiesta di dimissioni dagli altri suoi
colleghi? No, non
può. Può in continuazione giustificare
in commissione le parole del Sindaco, che dichiarava ad
ottobre 2018, con
l’apertura del sottopasso di Via Lucania, che il mercato di
Villalba sarebbe stato
pronto una settimana dopo? Può, in continuazione, fare
riunioni su riunioni con
lui, il Segretario Generale, il ViceSindaco ed il Presidente
del Consiglio,
portando avanti soluzioni concordate nelle stesse e poi vedere
quelle stesse
decisioni stravolte totalmente giorni dopo senza nessuna
spiegazione? Può, in
continuazione, nelle riunioni di maggioranza vedere a precise
domande, un muro
di gomma di non-risposte da parte del Sindaco, oppure un suo
non alzare nemmeno
lo sguardo usando il cellulare fregandosene totalmente? No,
non può”.

Il Consigliere
riferisce inoltri, con toni perentori, di essersi rifiutato di
partecipare alle
riunioni della maggioranza da due mesi “perché erano un
esercizio inutile e
sterile di perdita di tempo. Tolto alla famiglia ed a cose
molto più
importanti, come la salute persa”. Poi si toglie altri
sassolini dalle scarpe,
per non dire macigni. “Questa non è un’amministrazione a 5
stelle, questa è un
amministrazione Barbet, dove non c’è nulla di 5 stelle. Manca
la condivisione,
la trasparenza, gli atti vengono tenuti nei cassetti e se si
pongono delle
domande è un problema, perché più teste pensanti ci sono, più
problematico è
governare. Qua siamo al silenzio-assenso di una maggioranza,
dove la Giunta ed
altri attori non titolari a farlo (tranne sporadiche
eccezioni) agiscono
autonomamente, bypassando totalmente la volontà politica della
maggioranza,
anzi, gliela comunicano a cose fatte. Proseguirò il mio
impegno di consigliere
comunale”, conclude, “nel gruppo misto, sperando che le
persone che so esserci
in maggioranza e che la pensano come me, non abbiano il timore
di rimandare o
di non esprimere ciò che pensano, o di seguire il sottoscritto
in un percorso
arduo. Sono convinto che il tempo mi darà ragione e sono
convinto che seppur a
fatica, questa è la scelta giusta, senza nessun calcolo, né
politico, né di
sorta”.
Regione Lazio, coordinamento
Srsr: Consiglio di Stato
cancella   compartecipazione
socio sanitaria dei malati
psichiatrici
Con la sentenza n. 8.608 del 19 dicembre 2019 la Terza Sezione
del Consiglio di Stato ha scritto la parola fine sulla
compartecipazione socio sanitaria che dal 2017 ha gravemente
pesato sugli ospiti ricoverati nelle Strutture Socio
Riabilitative Psichiatriche (S.R.S.R.) H24 e H12 presenti
nella Regione Lazio e sui loro Comuni di residenza. A renderlo
noto è il Coordinamento delle Strutture Residenziali Socio
Riabilitative Psichiatriche del Lazio.
Il Supremo consesso amministrativo, sul ricorso promosso dal
Comune di Roma avverso la sentenza n°4769/2018 pronunciata dal
Tar del Lazio, contro la Regione Lazio e la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Commissario
per il Piano di Rientro dai Disavanzi Sanitari Regione Lazio
ha statuito l’annullamento degli atti che dal 2015 (DCA
562/2015 fino alla D.G.R. 395/2017) avevano scritto le regole
della compartecipazione socio sanitaria per gli utenti
ricoverati nelle S.R.S.R..
Il Consiglio di Stato, nel complesso iter motivazionale, ha
affrontato la questione fornendo una corretta interpretazione
dell’applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (c.d.
LEA) relativamente alle Strutture Socio Riabilitative
Psichiatriche, ritenendo erronea l’applicazione adottata dalla
Regione Lazio, dapprima con la DCA 562/2015 fino alla
successiva D.G.R. 395/2017, riguardo la compartecipazione
socio sanitaria per gli ospiti ricoverati nelle strutture a
bassa intensità terapeutica ma ad alta (H24) e media (H12)
intensità assistenziale, ritenendo che l’applicazione della
compartecipazione dovesse applicarsi solamente per le
strutture a bassa intensità terapeutica ed bassa intensità
assistenziale, ossia per le c.d. S.R.S.R. a fasce orarie.

“Con questa sentenza – commenta l’Avv. Marco Mampieri,
portavoce del Coordinamento delle S.R.S.R. del Lazio – la
Regione Lazio dovrà provvedere a correggere le storture
prodotte nel sistema psichiatrico a causa di una riforma
illegittima che ha prodotto solamente tantissimi disagi agli
utenti psichiatrici e ai loro familiari, ai comuni del Lazio e
alle strutture socio riabilitative”. Il Consiglio di Stato ha
inoltre ribadito che l’attuazione delle politiche di rientro
dal disavanzo non può che coniugarsi con la necessaria
salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza poiché, come
più volte chiarito da questa sezione, “.. la ratio profonda ed
essenziale che anima il procedimento del Piano di Rientro è
proprio la garanzia del rispetto dei livelli essenziali e la
loro sostenibilità nel futuro” (v. Cons. Stato, sez. III, nn.
3201 e 1244/2016).

“Quello che lascia l’amaro in bocca – continua l’Avv. Mampieri
– è che in questi anni più volte abbiamo chiesto
un’interlocuzione con la Regione Lazio, tanto alla parte
politica che a quella tecnica, perché avevamo palesato
l’evidente illegittimità della normativa regionale. In questa
ricercata interlocuzione, da parte della Regione Lazio ha
sempre prevalso una logica di chiusura e di mera
interpretazione ragionieristica delle norme, leggasi piano di
rientro, che ha rischiato di compromettere qualsiasi progetto
terapeutico, snaturando di fatto il diritto dei pazienti
psichiatrici ad avere, al pari delle altre persone, il diritto
alle cure tutelato dall’art. 32 della nostra Carta
Costituzionale”.

“La Regione Lazio – conclude Mampieri – in conseguenza
dell’annullamento delle disposizioni sulla compartecipazione
dovrà prontamente inserire nel budget sanitario, in favore
degli utenti psichiatrici, le risorse che aveva loro tolto.
Come Coordinamento monitoreremo e faremo pressione perché la
Regione Lazio, nella persona del suo Presidente e Commissario
ad Acta per la Sanità, provveda con solerzia a porre fine a
questa situazione di illegittimità”.

Lo comunica in una nota il Coordinamento delle Strutture
Residenziali Socio Riabilitative Psichiatriche del Lazio.

COSA SONO LE S.R.S.R.

Le Residenze sanitarie psichiatriche sono strutture destinate
al ricovero di persone con disturbi psichiatrici. In queste
strutture vengono assicurate attività di diagnosi, attività
terapeutiche e riabilitative di esclusiva competenza
psichiatrica.
Le SRSR si collocano nella nuova organizzazione data dalla
Regione Lazio nell’ambito dei trattamenti psichiatrici
residenziali. Il concetto di residenzialità individua una
differente modalità di gestire il disagio psichico. In questo
caso l’intervento è multidisciplinare. L’utente non viene più
collocato, quindi, in una prevalente dimensione medica ma,
questa, si costruisce attraverso un progetto individuale, in
accordo con altre figure professionali, come tecnici della
riabilitazione psichiatrica, tecnici di psicologia, educatori,
psicologi, psicologi clinici e psichiatri. Il concetto di
terapia viene allargato a includere un percorso evolutivo dove
la terapia farmacologica trova una costante rispondenza e
confronto con l’analisi delle risorse individuali dell’utente.
Tutto ciò permette di sviluppare le diverse autonomie di chi
ha da tempo sperimentato, nella propria esistenza, le varie
espressioni del disagio psichico.

I NUMERI NEL LAZIO (FONTE REGIONE LAZIO ANNO 2017)

I pazienti in Srsr h24 sono 549, di cui 498 in strutture
private accreditate

I pazienti Srsr h12 sono 118, di cui 76 privati in strutture
private accreditate

Le Srsr h24 prevedono una retta giornaliera pari a 108 euro.
Le Srsr h12 prevedono una retta giornaliera pari a 81 euro.

La compartecipazione delle rette fino alla recente sentenze
del CdS era mediamente per il 40% a carico del Sistema
Sanitario Regionale e per il restante 60% a carico dell’utente
e dei Comuni.

Con la sentenza del Consiglio di Stato, che ha valore
retroattivo, la Regione Lazio dovrà rimborsare agli utenti e
ai Comuni oltre 11.5 milioni di euro, oltre a stanziare
l’importo per l’annualità 2020 di 108 euro giornalieri per gli
utenti in S.R.S.R H24 ed 81 euro giornalieri per gli utenti in
S.R.S.R. H12.
“Scrivo nell’aria che vivo”:
l’aria   che   tira  a   Roma
(spesso un’ariaccia) nella
raccolta di poesie di Roberto
Ciavarro
Un’intervista con il poeta Roberto Ciavarro per parlare di
poesia e romanità.

Ciavarro ha presentato il suo ultimo libro “Scrivo nell’aria
che vivo” una raccolta di poesie dove il poeta narra della
Roma vissuta tutti i giorni e dell’aria che tira in città,
un’aria che a volte, come si sente dire spesso è un’ariaccia.
CLICCARE SULLA FOTO PER GUARDARE LA VIDEO INTERVISTA

L’intervista al poeta romanesco Roberto Ciavarro trasmessa il
9/1/2020 a Officina Stampa
Roma,    operaio    esposto
all’amianto:     la    Corte
d’Appello condanna l’Enel
ROMA – La sezione lavoro della Corte di Appello di Roma,
Presidente Maria Antonia Garzia, riformando parzialmente la
sentenza di primo grado che aveva negato il diritto al
risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali per
esposizione ad amianto del lavoratore M.B., ha condannato
l’Enel S.p.A. e l’Enel Produzione S.p.A. al pagamento della
somma di 16.644 euro, oltre gli accessori di legge, le spese
processuali e di C.T.U.

La consulenza tecnica d’ufficio, espletata nel corso del
processo di appello dal Dott. Andrea Cavalli, ha confermato
che il lavoratore è affetto da placche pleuriche bilaterali e
disturbo dell’adattamento con ansia e tono dell’umore
moderatamente depresso, rappresentando che tali patologie sono
etiologicamente riconducibili all’esposizione prolungata a
polveri e fibre di amianto.

M.B. è stato assunto alle dipendenze di Enel nel 1976 con
mansione dapprima di operaio e poi di elettricista manipolando
direttamente amianto per rimuovere e sostituire i componenti
usurati, sempre in amianto. Anche dopo la messa al bando del
minerale l’esposizione è continuata a causa della
contaminazione dell’ambiente lavorativa fino a quando, nel
2014, ha risolto      il   suo   rapporto   lavorativo,   con
pensionamento.

“Auspichiamo che l’Enel, quale datore di lavoro, nei casi di
insorgenza di patologie asbesto correlate da esposizione
all’amianto (mesotelioma, tumore del polmone, asbestosi,
placche ed ispessimenti pleurici, e altre malattie), che sono
riconosciute dall’INAIL, risarciscano integralmente i
lavoratori evitando di costringerli ad adire le vie
giudiziarie per il riconoscimento dei loro diritti” dichiara
l’Avv. Ezio Bonanni, difensore dell’operaio, componente della
Commissione Nazionale Amianto del Ministero dell’Ambiente, e
Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto che, a tutti i
livelli, lavora per incentivare le bonifiche e la messa in
sicurezza dei siti, la sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti ad amianto, e il riconoscimento dei loro diritti,
anche       attraverso        lo     sportello        amianto
https://www.osservatorioamianto.com/sportello-nazionale-amiant
o/ e il numero verde 800 034 294.

Saline di Tarquinia: visita
del Comandate regionale della
Guardia Costiera del Lazio
Il Comandante regionale della Guardia Costiera del Lazio,
Capitano di Vascello Vincenzo Leone ha visitato il Centro
Ittiogenico Sperimentale Marino ubicato all’interno della
Riserva Naturale di popolamento animale ‘Saline di Tarquinia’.
Il Centro, facente parte del Dipartimento di Scienze
Ecologiche e Biologiche dell’Università degli Studi della
Tuscia di Civitavecchia, nasce nel 2008 per la conservazione e
la gestione
razionale degli ecosistemi costieri, marini e di transizione
delle risorse biologiche del mare.
Il CISMAR si occupa dello studio e del monitoraggio della
biodiversità, con attività dedite all’analisi e ricerca
genetica degli stock ittici applicata anche alla riproduzione
controllata di specie target per il ripopolamento a mare.
Nella prima settimana dell’anno sono stati infatti liberati
ventimila piccoli astici nelle aree protette del litorale di
Tarquinia, aggiungendosi ai diecimila già rilasciati il mese
scorso davanti alle coste di Montalto di Castro.
Il Comandante Leone, accolto dal prof. Nascetti Giuseppe e
dagli altri ricercatori, ha avuto modo di conoscere da vicino
i programmi e i piani di protezione integrata della costa
portati avanti dal Centro e valutare tutte le possibili forme
di collaborazione che la Guardia Costiera del Lazio, in
sinergia con gli altri organi/enti istituzionalmente preposti,
nonché associazioni sportive/ricreative e operatori della
pesca professionale, potrà sviluppare per la salvaguardia
dell’ambiente marino e costiero e la tutela della
biodiversità.
Bruxelles, Ufficio Europeo
per la lotta alla Frode: il
ricordo    del   magistrato
tedesco Hermann Bruener

Generale  Butticè:  “Un                  ‘Grand
Monsieur’   dell’Europa                   della
legalità”

A cura del Generale Alessandro Butticè
BRUXELLES – Il 9 gennaio 2020, è stato decimo anniversario
della morte di Franz-Hermann Bruener, il magistrato tedesco
che è stato per quasi dieci anni, esattamente dal 1° marzo
2000 al 9 gennaio 2010, il primo direttore generale dell’OLAF,
l’Ufficio Europeo per la lotta alla Frode.

In buona parte di questi dieci anni, esattamente fino al 16
novembre 2009, ho avuto il privilegio e l’onore di esserne
stato il portavoce e il capo dell’Unità Comunicazione, ed
essere testimone del suo grande amore per l’Italia, cui, come
spiegherò in conclusione, ha fornito un contributo superiore a
quello di tanti italiani.

È stato quindi sempre con una certa emozione che ogni anno, in
occasione della consegna del Premio Argil “Uomo Europeo”,
aderivo alla richiesta del presidente del Premio, Gino Falleri
(storico vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio
e icona del giornalismo italiano, scomparso lo scorso anno),
di ricordare chi era Franz-Hermann Bruener, alla cui memoria
era dedicata la sezione “Comunicare l’Europa” del Premio
“Argil: uomo europeo”.

Commozione particolare nel ricordare, nel decennale della sua
scomparsa, un uomo che, chi ha avuto la fortuna di conoscere
veramente, penetrando la coltre di riservatezza e di
discrezione che spesso lo avvolgeva e dalla quale pensava di
difendersi, non poteva che stimare da vivo e rimpiangere da
morto.

Franz-Hermann era, innanzitutto, un uomo europeo. Era poi un
tedesco nato nel 1944 e quindi cresciuto e formatosi in piena
rinascita della Germania, uscita distrutta dalla Seconda
Guerra Mondiale, prima di diventare la locomotiva economica
dell’Unione Europea. Diplomatosi presso una delle più
prestigiose scuole tedesche, prestò il suo servizio militare
in un reggimento di artiglieria da montagna. Servizio militare
che gli fu prolungato a seguito dell’invasione sovietica della
Cecoslovacchia.

Nel 1968 iniziò una carriera nel campo commerciale, prima di
completare i suoi studi universitari in Diritto, Economia e
Scienze Politiche nel 1976, presso l’Università di Monaco di
Baviera.

Da lì l’inizio della sua carriera giudiziaria, prima come
giudice istruttore, poi giudice, successivamente come pubblico
ministero, prima di divenire procuratore capo a Berlino, dove,
dopo la caduta del Muro, svolse anche la funzione di Pubblico
Ministero nei processi contro figure di primo piano dell’ex
DDR, tra i quali lo stesso leader della Germania Est, Erich
Honecker.

Franz-Hermann Bruener dimostrò sempre una spiccata attitudine
per le indagini contro la criminalità finanziaria ed economica
e nel 1998 assunse l’incarico di Capo dell’Unità Antifrode
dell’Alta Rappresentanza delle Nazioni Unite per la Bosnia and
Erzegovina.

Nel marzo del 2000 giunse a Bruxelles, quale primo direttore
generale dell’OLAF. Con la sua nomina, la stampa europea non
mancò di sottolineare la sua indipendenza di magistrato
equilibrato, dai modi sempre affabili e gentili, ma
irremovibile, quando necessario, e di uomo della legalità.

Avviando l’attività dell’OLAF in un delicatissimo periodo
istituzionale, che seguiva le prime dimissioni della
Commissione Europea, per sospette irregolarità, dispensò ogni
sua energia nella definizione della struttura organizzativa e
della strategia investigativa dell’OLAF.

Non fu immune anche da difficoltà, che affrontò sempre con
grande determinazione, ma con la forza della calma e del
rigore della sua indipendenza e della sua grande onestà e
integrità.

A seguito dei successi ottenuti nel suo primo mandato
quinquennale ottenne, nel febbraio del 2006, la conferma per
un secondo mandato da parte della Commissione, del Parlamento
e del Consiglio europei. Mandato che non riuscì però a
terminare, perché stroncato da un’incurabile malattia, che non
gli evitò però di dedicarsi sino alle ultime ore della sua
vita – e io ne sono stato testimone diretto – al mandato che
aveva ricevuto. Pur consumato dalla malattia, che trattava con
distacco e noncuranza, così come aveva trattato alcuni suoi
collaboratori non sempre leali, qualche settimana prima di
morire aveva presieduto una indimenticabile celebrazione
solenne del decennale dell’OLAF, alla quale aveva avuto la
squisitezza di invitare tutti i vecchi funzionari dal momento
della sua creazione. E fece un discorso sui prossimi dieci
anni dell’Ufficio, come se fosse stato certo, incurante della
malattia che lo stava consumando, che lui sarebbe ancora stato
lì, con i suoi investigatori.

I principali risultati che sono stati unanimemente
riconosciuti a Franz Hermann Bruener – soprattutto alla luce
degli anni che sono seguiti alla sua direzione – sono quelli
d’avere reso l’OLAF, seppure allora giovane servizio
investigativo europeo, conosciuto ed apprezzato in tutto il
mondo. Non è un caso che la sala magna dell’Accademia
Anticorruzione Europea di Vienna sia stata dedicata alla sua
memoria. Come non è un caso che Franz Hermann Bruener sia
considerato e ancora ricordato come un “Grand Monsieur” e non
solo a Bruxelles, ma anche a New York e Washington, sedi delle
Nazioni Unite e della Banca Mondiale, e nelle maggiori
capitali del mondo.

Dalla Cina al Sud Africa, dall’Atlantico al Mediterraneo, il
suo nome è stato sinonimo di Europa della legalità contro
l’internazionale del crimine.

Franz Hermann Bruener è stato anche un maestro della
trasparenza e dei rapporti con i media nel rispetto della
legalità. I rapporti con la stampa dell’OLAF, sotto la sua
guida, sono stati di grande apertura, sempre limitati però
dall’assoluto rispetto della legge, compreso quello del
segreto investigativo e dei diritti di tutti: tra i primi
quelli delle persone soggette a indagini.

La sua politica di comunicazione e dei rapporti con la stampa
– della quale chi scrive, quale suo portavoce, è stato il
principale esecutore – era quella della trasparenza, ma nella
legalità assoluta. Per un uomo di legge ed un Magistrato con
la M maiuscola come Franz Hermann Brüner, il fine non
giustificava mai i mezzi. I mezzi dovevano sempre essere
quelli consentiti dalla legge e nel rispetto dei diritti
fondamentali di tutti i cittadini. In questa politica non
c’era spazio per le fughe di notizie, che Bruener ha
combattuto duramente, e per un rapporto di complicità tra
investigatori e giornalisti. C’era invece lo spazio per la
creazione di una nuova politica di mutuo rispetto tra
giornalisti e investigatori. Con Franz Hermann Bruener l’OLAF
ha inaugurato un’inedita politica di comunicazione e
informazione come strumenti di lotta alla frode, coinvolgendo
i servizi investigativi di tutti gli Stati Membri dell’Unione
Europea e le associazioni nazionali della stampa, oltre la
Federazione Internazionale dei Giornalisti. Da questa nuova
politica è nata una tavola di discussione, prima al mondo, tra
giornalisti e investigatori europei, che è spesso stata presa
ad esempio dalle Nazioni Unite e da diversi Paesi oltre
Europa, dagli Emirati Arabi ad Honk Kong, dall’Algeria al
Qatar.

Non posso concludere il ricordo di Franz-Hermann Bruener senza
rammentare che è stato anche un grande estimatore dell’Italia
e della Guardia di Finanza, in particolare, sostenendo più
volte pubblicamente che la reputazione di capitale della frode
che l’Italia ha avuto per anni (e grazie a lui, oggi non è più
così) non rende giustizia né alla realtà delle cose né agli
sforzi, davvero esemplari, che l’Italia, anche e soprattutto
grazie alla Guardia di Finanza, che gli ho fatto scoprire ed
amare non meno di un vero finanziere, ha compiuto e continua a
compiere nella lotta alle frodi ai danni degli interessi
finanziari dell’Unione Europea.

In un’intervista ad un organo di stampa italiano, qualche mese
prima della sua scomparsa, ricordava come l’Italia sia uno dei
Paesi in cui si scopre annualmente un numero molto elevato di
frodi e irregolarità. “Non bisogna però dimenticare –
sottolineava all’intervistatore – che è anche il Paese che
dispone degli arsenali di protezione penale e investigativa
tra i più avanzati a livello europeo. E per noi è molto più
facile indagare in Italia che in altri Paesi. Gli strumenti
d’indagine utilizzati in Italia sono tra i più avanzati al
mondo. Nella lotta alle frodi comunitarie si usano strumenti
d’indagine avanzatissimi: si pensi alle intercettazioni
telefoniche e ambientali. Strumenti raramente utilizzati nella
maggior parte degli altri Paesi per tali tipi di illeciti. Le
forze di polizia e la magistratura italiane dispongono di
strumenti che spesso vengono invidiati dai colleghi di altri
Paesi. È quindi abbastanza naturale che i casi scoperti siano
superiori”.

È anche per questo che Franz-Hermann Bruener, un gentiluomo
dai tratti affabili e dai modi sempre gentili e rispettosi del
prossimo, è rimpianto da chi l’ha veramente conosciuto e sarà
ricordato, nella storia della costruzione europea, come un
“Grand Monsieur” dell’Europa della legalità. (alessandro
butticè per OsservatoreItalia)

Morte di Paolo De Sanctis,
fascicoli in Procura a Roma:
speranze sulla riapertura del
caso
Sono trascorsi 2 anni dalla morte di Paolo De Sanctis,
avvenuta la notte del 17 febbraio del 2018.

Il caso, trattato da alcuni magistrati della Procura di
Velletri, ha portato ad una prima archiviazione del 30 maggio
2018, dopo solo 3 mesi dal tragico incidente, quindi ad una
ulteriore richiesta di archiviazione, dello scorso 20
novembre, dopo che il papà di Paolo, il signor Gino De
Sanctis, il 28 dicembre del 2018 aveva presentato una denuncia
per far riaprire il caso.

CLICCARE SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO SERVIZIO

Il video servizio sulle novità giudiziarie sul caso della
morte di Paolo De Sanctis trasmesso a Officina Stampa del
9/1/2020

Gino De
Sanctis, infatti, ha sempre sostenuto che le indagini svolte
dalla Procura di
Velletri non fossero state sufficientemente approfondite
rispetto ad un
fascicolo ricco di documentazione relativo delle
responsabilità, da accertare,
da parte del personale sanitario del pronto soccorso
dell’ospedale di Albano
Laziale e di altri soggetti durante quella tragica notte del
17 febbraio 2018.

CLICCARE SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO SERVIZIO

Il video servizio che ripercorre i tragici fatti accaduti la
notte del 17 febbraio del 2018 trasmesso a Officina Stampa del
9/1/2020
I dubbi
sull’operato della Procura di Velletri, hanno quindi spinto il
papà di Paolo e
il suo legale, l’avvocato Alessandro Zottola, a presentare
istanza di
avocazione presso la Procura Generale di Roma, la quale,
secondo quanto
asserito dal sig. Gino De Sanctis, ha già richiesto tutta la
documentazione in
originale compresi filmati e foto alla Procura di Velletri.

Un atto
straordinario, quest’ultimo, che ribalterebbe totalmente le
direzioni
intraprese fino ad oggi. Un      atto   che   raramente   viene
intrapreso e tanto più viene
accolto.

Bari,             protezione                     a        un
imprenditore: in manette boss
dei clan Cipriano e Parisi
In Bari, Bitonto (BA) e Sannicandro (BA), i Carabinieri del
Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bari,
coadiuvati dai militari delle Compagnie di Molfetta e Modugno
hanno dato esecuzione a 4 ordinanze di custodia cautelare in
carcere, emesse dal GIP del Tribunale di Bari, su richiesta
della competente Procura della Repubblica — DDA, nei confronti
di DIGIACOMANTONIO Giuseppe, 30enne di Bitonto; MARCHELLO
Roberto, 43enne di Sannicandro di Bari, PARISI Michele, 52enne
di Bari, fratello del noto capo clan Parisi Savino di Bari
Japigia, e FIORE Fabio 37enne di Bari, ritenuti responsabili,
a vario titolo, di tentata estorsione aggravata dal metodo
mafioso.

La misura cautelare è stata adottata a seguito degli
accertamenti e riscontri investigativi eseguiti dal Nucleo
Investigativo del Reparto Operativo Bari, successivamente alla
denuncia presentata ai Carabinieri lo scorso 22 dicembre, da
parte di un imprenditore della provincia, titolare di un
centro scommesse ubicato nel Comune Grumo Appula (BA).
L’imprenditore ha riferito, fornendo anche elementi probatori
documentali, di aver ricevuto, al principio dello scorso
dicembre, la preliminare visita di parte di DIGIACOMANTONIO
Giuseppe, in quella circostanza accompagnato da MARCHELLO
Roberto, i quali avevano avanzato una preliminare pretesa
estorsiva di circa 15.000,00 euro mensili. Il DIGIACOMANTONIO,
elemento apicale del gruppo criminale “Cipriano”, operante su
Bitonto, si era presentato all’imprenditore quale attuale
referente delinquenziale in quel territorio.
Un tentativo di mediazione richiesto ed ottenuto a PARISI
Michele, per il tramite di FIORE Fabio, finalizzato ad eludere
la somma richiesta, era quindi fallito, atteso che i due
referenti del clan di Japigia erano solamente riusciti ad
abbassare (seppur sensibilmente) la somma richiesta, fissata
sui 3.000,00 euro mensili.

Da qui la decisione da parte dell’imprenditore di denunciare i
fatti. I quattro arrestati si trovano ora ristretti presso la
Casa Circondariale di Bari.

San Basilio,                      guerra agli
spacciatori                       di    droga:
carabinieri in azione
ROMA – Ieri mattina, nel corso di un’attività mirata a
contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere,
i Carabinieri della Stazione Roma San Basilio, con la
collaborazione del personale dell’Azienda Territoriale per
l’Edilizia Residenziale (Ater) del Comune di Roma, hanno
rimosso una recinzione in ferro, collocata abusivamente lungo
un’area adiacente piazza Aldo Bozzi, utilizzata dagli
spacciatori come barriera per agevolare la fuga in caso di
controlli delle forze dell’ordine, e 5 barili in lamiera,
utilizzati dagli stessi pusher come bracieri per ardere la
sostanza stupefacente e evitarne il rinvenimento.

L’operazione rientra nella più ampia attività di controllo che
i Carabinieri della Compagnia Roma Montesacro sta eseguendo
negli ultimi tempi proprio nel quartiere San Basilio, nota
piazza di spaccio della Capitale. Infatti, soltanto il mese
scorso, il 3 dicembre 2019, gli stessi Carabinieri della
Stazione Roma San Basilio hanno rinvenuto e rimosso, nelle
aree circostanti di via Corinaldo, altri 10 barili in lamiera,
oltre a tre tettoie e un cancello in ferro, installate
abusivamente, che i pusher del quartiere utilizzavano come
riparo e per eludere i controlli delle forze dell’ordine.
Pgs Genzano e Vis Pesaro,
accordo   raggiunto:   due
eccellenze nel mondo del
calcio  per  un  obiettivo
comune
Partita la collaborazione tecnica tra la Pgs Don Bosco di
Genzano di Roma e la Vis Pesaro 1898.

Una alleanza resa possibile grazie al progetto Academy ed
affiliazioni presentato lo scorso 13 settembre dalla società
biancorossa.

CLICCARE SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO SERVIZIO
Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 09/01/2020

E
lo scorso 3 gennaio sul campo della città dell’Infiorata i
giovani calciatori
della Pgs hanno iniziato gli allenamenti con il Responsabile
del Settore
Giovanile della Vis Pesaro Lucio Bove, un mister che vanta un
passato tra il
Gubbio e l’Atalanta dove era collaboratore tecnico e che ora
insieme al forte
team della Pgs avrà il compito di far crescere giocatori e
tecnici a livello
tecnico e logistico.

I
ragazzi della Pgs potranno dunque accrescere la loro
formazione attraverso
partite amichevoli, stage, camp e giornate dedicate e nello
stesso tempo i loro
giovani talenti saranno visionati in maniera costante dallo
scouting
biancorosso.

Soddisfazione
per l’accordo raggiunto da parte del Direttore Marketing e
Responsabile del
Progetto Affiliazioni della Vis Pesaro 1898 Enzo Pugliese che
ha parlato di
date da sviluppare insieme alla PGS Genzano, sia nelle
strutture di Pesaro sia
in quelle di Genzano di Roma, oltre ad aver annunciato il
progetto per un
torneo condiviso.

Giancarlo
Gabbarini, Presidente della Pgs Don Bosco Genzano di Roma,
oltre ad esprimere
soddisfazione per l’accordo raggiunto con la Vis Pesaro ha
messo in risalto
l’aspetto umano dimostrato dal grande entusiasmo dei piccoli
calciatori per le
tante novità che ora li attendono, come le trasferte che si
terranno a Pesaro.
Gabbarini ha poi definito la giornata inaugurale come la prima
di una serie
proficua di iniziative che verranno messe in campo dalle due
società.

Soddisfazione
anche da parte di Alessandro Varesi, Dirigente della scuola
Calcio Pgs Genzano,
che ha evidenziato il fatto grazie al quale le iniziative che
nasceranno
dall’affiliazione con la Vis Pesaro daranno la possibilità di
esportare fuori
regione quella che oggi rappresenta una delle eccellenze
territoriali, per
l’intera area dei Castelli Romani, nell’ambito delle scuole di
calcio.

L’obiettivo
principale per Lucio Bove, Responsabile Settore Giovanile e
Responsabile
Tecnico affiliazioni della Vis Pesaro 1898, passare dal
dilettantismo al
professionismo. E il mister non ha perso tempo iniziando
subito gli allenamenti
con i ragazzi della Pgs Genzano.

Una ventata di novità, dunque, per i
giovani calciatori della Pgs Don Bosco di Genzano di Roma e
un’alleanza, quella
tra il team Pgs e quello della Vis Pesaro che promette non
poche sorprese per
il futuro.
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