Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni

Pagina creata da Luigi Riva
 
CONTINUA A LEGGERE
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
Città Metropolitana di Roma
Capitale,           ennesima
sostituzione nella squadra
dei    pentastellati:   Dopo
Lorenzon e Anselmo si scalda
Sturni
Angelo Sturni subentra come Consigliere del M5s nella Città
Metropolitana di Roma Capitale al posto dell’ex sindaca di
Anguillara Sabazia Sabrina Anselmo.
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
La Anselmo, lo scorso 29 maggio 2019 era a sua volta
subentrata in Consiglio metropolitano al posto dell’ex sindaco
di Genzano di Roma Daniele Lorenzon dopo che quest’ultimo il
10 aprile del 2019 si era visto sciogliere il Consiglio
comunale dal Prefetto di Roma. Stessa sorte seguita dalla
Anselmo dopo che lo scorso 18 febbraio il Prefetto di Roma ha
disposto la sospensione del Consiglio Comunale di Anguillara
Sabazia nominando il Commissario.

La surroga di Angelo Sturni ora dovrà essere convalidata dal
Consiglio Metropolitano.
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
Assolto per insufficienza di
prove… ma non con formula
piena
L’assoluzione di un soggetto sottoposto a giudizio può, così,
a spanne, avvenire ’per non aver commesso il fatto’, quindi,
come si dice, ‘con formula piena’, o con formula dubitativa,
appunto, ‘per insufficienza di prove’.

Può anche essere intervenuta la prescrizione del reato: ma qui
non siamo di fronte ai rapporti di Andreotti con – a quanto si
disse all’epoca – la mafia di Totò Riina (famoso il ‘bacio’,
mai dimostrato in tribunale). Il divo Giulio, infatti, fu
rimandato a casa perché il reato – non l’unico, ma quello più
grave – relativo al di lui processo era stato prescritto.

Della prescrizione si sono giovati, nel
tempo, altri uomini politici. Fra i
tanti, anche il Berlusca

Ma non è questo il caso del nostro Guardasigilli Alfonso
Bonafede. Il quale, evidentemente, non ha dovuto affrontare i
rigori di una Corte d’Assise, ma il giudizio del Parlamento
della Repubblica. I fatti riscontrati obiettivamente dicono
che, approfittando dell’emergenza creata dalla pandemia del
virus (vi prego, risparmiatemi il ‘corona’, ne abbiamo già
abbastanza, come anche delle ‘droplets’ e del ’lockdown’), 376
persone condannate per mafia in via definitiva, o in attesa di
giudizio, sono uscite dalla ‘buia’, e sono state mandate a
casa. Fra queste, Francesco Bonura, definito mafioso
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
‘valoroso’ da Tommaso Buscetta, condannato a 23 anni, uno dei
primi condannati al maxi-processo a Cosa Nostra. Era al 41
bis. Come al 41 bis erano mafiosi e narcotrafficanti, fra cui
Leoluca Bagarella, i Bellocco di Rosarno, Pippo Calò,
Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Pasquale Condello, Raffaele
Cutolo, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico,
Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu
Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino Rotolo, Benedetto Santapaola
e Benedetto Spera, tutti al 41 bis, di età superiore ai 70
anni, oltre a Vincenzino Jannazzo, ritenuto un boss della
‘ndrangheta.

Insomma, un esodo biblico, anche dove le modalità relative
alla condanna hanno riguardato reati di mafia, il che, secondo
la nostra legislazione, escluderebbe i soggetti condannati dai
benefici di legge – come, appunto, gli arresti domiciliari:
cioè l’assoluzione de facto. Ci ha provato anche Cesare
Battisti, ma gli è andata male. E vorrei vedere, con i suoi
trascorsi di Primula Rossa! L’antefatto è importante.

Nel 2018 Bonafede pare avesse offerto a
Nino Di Matteo, magistrato poco gradito
alla mafia e dintorni, il posto di capo
del DAP, Dipartimento Amministrazione
Penitenziaria

Successivamente, il ministro della Giustizia aveva cambiato
idea, impegnando per quella stessa carica il Procuratore capo
di Potenza, Francesco Basentini. La persona che pare abbia
presentato a Bonafede il dottor Basentini sarebbe Leonardo
Pucci, vice capo di gabinetto del ministro nel 2018 e
riconfermato nel 2019. Leonardo Pucci sarebbe, secondo alcuni,
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
amico di Luigi Spina, già magistrato a Potenza e indagato per
rivelazione di segreto nella vicenda Csm-Palamara. Fatto sta
che per due anni Di Matteo, deluso dal cambio di programma di
Bonafede, s’è tenuto tutto in corpo, tranne poi a sbottare in
diretta tv nel programma di Giletti ‘Non è l’Arena’.

Un altro fatto determinante è che alla vigilia di Natale 2019
presso la Procura Nazionale Antimafia tutti i procuratori
antimafia riuniti davanti al capo del DAP si sono lamentati
per la gestione del 41 bis, per il quale il DAP, cosa mai
avvenuta prima, aveva dettato alcune linee guida. È risaputo
insomma che alla mafia non piace il 41 bis, né Di Matteo. Già
avevano tremato quando si vociferava che sarebbe stato lui il
nuovo ministro della Giustizia. Né avrebbero certo gradito che
divenisse il capo del Dipartimento da cui dipende, fra
l’altro, la gestione proprio del 41 bis, una condizione che i
mafiosi hanno più volte dimostrato di non gradire.

Da qui ad accusare Alfonso Bonafede di avere avuto una parte
nella scarcerazione di 376 tra ‘ndranghetisti, mafiosi e
simili, approfittando delle condizioni che consigliavano una
distanza sociale anche fra i carcerati, il passo è breve.
Direi anzi che Bonafede si è dimostrato inadeguato al suo
ruolo, se non altro per la grande ingenuità che ha dimostrato
in questo frangente. Essendo lui ministro, come si dice, ‘non
poteva non sapere’, e se non avesse davvero saputo, sarebbe
appunto stato inadeguato al compito che gli era stato
affidato.

Il suo è un ministero di veleni, e non è certo chi, come lui,
dimostra anche poca dimestichezza dialettica nelle interviste
che può reggerne il timone. Ma, si sa, questo governo ha
distribuite cariche e ministeri secondo una logica
schiettamente politica (vedasi anche il Ministero della
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
salute, in cui il vero protagonista, quello che conosce le
risposte, è il dottor Sileri, viceministro), denunciando
scarsa adeguatezza ad alcuni incarichi affidati con la logica
della spartizione numerica – leggasi: voti. In uno Stato
diverso da quello in cui viviamo, il Ministro della Giustizia
si sarebbe già dimesso, senza le forche caudine delle mozioni
di sfiducia – una poi, addirittura dalla Bonino! Ma siamo in
Italia: questo governo si regge con gli stecchini, e Renzi, in
penombra, ha capito la forza di un piccolo partito che può, in
alcuni casi – come in questo- essere l’ago della bilancia,
facendo sua la lezione di Craxi.

Italia Viva non ha appoggiato le mozioni
di sfiducia, che sono andate vane

Qualcuno ha scritto, oggi, che in cambio di questo ha chiesto
– e forse ottenuto – un ministero, o forse la sua promessa, o
forse altre cose. Comunque è lecito supporre che il suo
appoggio se lo sia fatto pagare. Se le due mozioni di sfiducia
fossero andate a segno (e ce n’erano tutte le potenzialità),
il governo sarebbe caduto, e il futuro di questa compagine che
ha una maggioranza solo parlamentare sarebbe stato molto
oscuro, visto che oramai gli Italiani si sono seccati persino
del presidente Conte, ai minimi nei sondaggi. Ma, dicevo,
siamo in Italia. Bonafede non s’è dimesso, tutto continua come
prima. Ma non è detto che tutto sia stato chiarito. Le due
mozioni sono cadute, e quindi il buon Alfonso è stato
‘assolto’: ma non con formula piena. Appunto, per
insufficienza di prove.
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
Lenola, il Comune stipula
accordo   con   laboratorio
analisi per test Covid-19 ma
il costo delle analisi è a
carico dei cittadini
LENOLA (LT) – Il Comune di Lenola, in provincia di Latina, ha
firmato una convenzione con un laboratorio di analisi per
effettuare il test sierologico per la diagnosi di Covid-19 al
costo di 18,90 euro che sarà a carico di quei cittadini che
intenderanno sottoporsi alle analisi e in caso di riscontro
diagnostico di positività, il secondo test di analisi
quantitativa degli anticorpi verrà effettuato gratuitamente
dal laboratorio di analisi.

Dall’amministrazione comunale fanno quindi sapere che è
possibile prenotarsi fin da ora per effettuare il test
domenica 31 maggio presso il Centro Studi ‘Renato Ingrao’ –
via Libero De Libero, 12.
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
E’ stato quindi attivato un servizio di prenotazione
telefonica presso il Centro Operativo Comunale della
Protezione Civile, al numero 0771.595860 (dalle ore 10 alle 13
e dalle ore 16 alle 18) dove è possibile prenotarsi per
concordare l’orario del proprio test personale fino a venerdì
29 maggio, alle ore 18.

“Sarà essenziale, – fanno sapere dal Comune – per evitare
problematiche di accesso o assembramenti, che ciascun
cittadino rispetti con puntualità l’orario assegnato. Nel caso
il numero di richieste dovesse richiedere tempo aggiuntivo
oltre a quello della giornata del 31 maggio, è stata valutata
l’opportunità di concordare ulteriori date per concludere con
successo l’effettuazione di tutti i test prenotati”.

“L’accordo stipulato con la ‘Galeno MED’ – sottolinea il
Sindaco di Lenola, Fernando Magnafico – consentirà a tutti i
cittadini che ne faranno richiesta, a un costo abbordabile, di
poter sapere se hanno contratto il virus senza registrare
particolari sintomi: una risposta utile per capire il livello
di rischio personale in caso di contagio. Inoltre, confidiamo
che questo screening possa fornirci, nel rispetto della
normativa sulla privacy, elementi di scenario importanti per
poter avere un quadro esauriente e realistico della presenza
del virus nella popolazione indagata. Per questo, da parte
nostra, auspichiamo che il test venga prenotato dal più ampio
numero di cittadini possibile”.

Una bella ed utile iniziativa che sarebbe stata ancor più
bella se a pagare i test fosse stato il Comune e non i
cittadini.
Città Metropolitana di Roma Capitale, ennesima sostituzione nella squadra dei Dopo Lorenzon e Anselmo si scalda Sturni
Covid-19, la Regione Lazio
boccia l’uso della terapia
del plasma iperimmune nelle
aziende del SSR
La proposta di adozione di un protocollo regionale
straordinario semplificato di utilizzo della terapia del
plasma iperimmune nelle aziende del SSR e l’istituzione di una
Banca Regionale del Plasma per il Lazio proposta dal
Consigliere Davide Barillari è stata bocciata oggi in
Consiglio Regionale.
“Una proposta maturata a seguito degli incoraggianti risultati
in Italia negli Ospedali di Bergamo, Brescia, Pavia e Mantova
e nel mondo. – Dichiara il Consigliere regionale Davide
Barillari – L’utilizzo di plasma iperimmune, – prosegue
Barillari – contenente anticorpi contro il SARS-COV-2
proveniente dai guariti al COVID-19, è consolidato dalla
recente ricerca scientifica ed ha ridotto in Italia la
mortalità in terapia intensiva al 6 per cento, quando prima
era tra il 13 e il 20 per cento. Nonostante l’efficacia
dimostrata da questa terapia, la proposta contenuta
nell’ordine del giorno del 20 Maggio è stata rifiutata,
contraria tutta la maggioranza del PD e astenuto il M5S,
astensione che ha consentito la bocciatura dell’odg. Quando la
politica boccia una soluzione che salva le vite, non solo è
irresponsabile, diventa criminale. Ancora una volta gli
interessi economici sovrastano il bene comune. La Sanità del
Lazio è commissariata da tanti anni. La nostra proposta
rappresenta un passo verso un cambio di paradigma da questa
sanità intesa come somministrazione di servizi alla Sanità che
vorremmo, come cura della malattia e del malato, per cui la
salute è intesa come stato di benessere completo. Una Sanità
che il Consiglio Regionale del Lazio evidentemente non vuole.
Mentre la gente muore e mentre le altre Regioni, Lombardia e
Veneto in primis, si affidano a questa terapia ed istituiscono
le prime Banche del plasma, il Lazio rimane ostaggio della
cattiva politica dei rappresentanti eletti democraticamente
dai cittadini che rappresentano solo i propri interessi e
rinnegano la loro Responsabilità”.
Modern Warfare 2 campaign
remastered, il ritorno del
mito
Modern Warfare 2 rappresenta per tutti i giocatori di Call of
Duty uno dei capitoli più importanti del brand. Personaggi
come Ghost, Soap, il capitano Price e Roach sono delle vere e
proprie icone che hanno contribuito a rendere la serie di MW
una fra le più apprezzate di sempre. Le ambientazioni e la
trama poi, semplice ma a dir poco geniale, miscelata alla
colonna sonora del mitico Hans Zimmer hanno incoronato Modern
Warfare 2 come uno dei migliori giochi di guerra di sempre. Il
titolo, nel lontano 2009 fu criticato per via della campagna
violenta, coraggiosa e molto controversa, che ha causato una
serie di polemiche per il suo contesto narrativo e per alcune
rappresentazioni considerate politicamente scorrette. Nella
missione “Niente russo” infatti, un gruppo di terroristi russi
compie un massacro in un aeroporto uccidendo civili di ogni
età, poliziotti e forze speciali. Inoltre in questa
particolare missione un agente infiltrato della Cia viene
ucciso e il suo corpo viene lasciato sul posto. Tale mossa
darà il via a una serie di eventi che porteranno il mondo
molto vicino alla terza guerra mondiale, ma dietro questo
episodio, in realtà, c’è molto di più. A distanza di 11 anni
dall’uscita del gioco su Ps3, Xbox 360 e PC, Beenox propone
Call of Duty Modern Warfare 2 Remastered, una
rimasterizzazione della sola campagna, mantenendo i contenuti
intatti e migliorando solo e unicamente l’impatto visivo.
Peccato per la totale assenza della componente multigiocatore
e delle missioni coop, ma capiamo pienamente la scelta di
Activision, il quale sta puntando tutto sul suo nuovo Modern
Warfare (qui la nostra recensione) e sulla modalità battle
royale chiamata “Warzone” (qui la nostra recensione).
Fortunatamente quest’edizione rimasterizzata ha un costo
ridotto: 25 euro, e acquistandola, sarà possibile ricevere un
bundle per il nuovo Mw a tema Ghost (il personaggio icona di
Mw2) che se paragonato agli altri pacchetti operatori avrebbe
un prezzo di 20 euro. Quindi, tutto sommato il gioco vale la
candela. Specialmente se si è fan della saga o se non si ha
mai avuto l’occasione di giocare questo titolo.

Ma veniamo all’analisi di quest’edizione 2020 del classico di
11 anni fa. La campagna di Modern Warfare 2 remastered è
rimasta esattamente la stessa. Frenetica, cinematografica,
violenta e soprattutto incredibilmente avvincente. La storia
con protagonista Soap, Roach, Price, Ghost e tutti gli altri
membri della Task Force 141 offre tutta una serie di colpi di
scena e momenti che rimangono sorprendenti ancora oggi,
sottolineando la cura narrativa e la passione nel team di
sviluppo di dare vita a una vicenda tutt’altro che banale e
piuttosto matura. Non mancano inoltre momenti d’azione pura,
dove il ritmo e la velocità d’esecuzione riescono da subito a
incentivare il giocatore e non annoiarsi, grazie anche a un
susseguirsi di situazioni davvero esaltanti che coprono tutte
le 10 ore circa necessarie per concluderla al massimo della
difficoltà. Modern Warfare 2 funziona ancora dopo 11 anni:
riuscire a non emozionarsi davanti alla corsa forsennata sulle
motoslitte nella neve o durante l’inseguimento nelle favelas
di Rio, ma anche durante la riconquista della Casa Bianca è
davvero impossibile. In alcuni frangenti poi le emozioni sono
davvero forti e la voglia di arrivare fino in fondo si fa
sempre più forte. Insomma, questa edizione 2020 del gioco
porta con se una grandissima carica e negarlo sarebbe da
sciocchi. Call of Duty Modern Warfare 2 Remastered ha subito
lo stesso trattamento riservato in precedenza a Call of Duty
Modern Warfare remastered sviluppato da Raven Software.
Stavolta al timone di questa rivisitazione, come già
accennato, c’è Beenox, un team che ha saputo migliorare una
serie di caratteristiche che esaltano non di poco l’estetica
del   prodotto.     Sono   facilmente    notabili     infatti
un’illuminazione migliore e più realistica, poligoni e texture
aggiornati, oltre ad animazioni più complesse. Non solo
l’aspetto grafico ha subito un upgrade, ma anche tutto il
comparto relativo al sound design. Le armi hanno suoni più
realistici, così come tutta la componente sonora legata
all’ambiente intorno al giocatore. Nel complesso il lavoro è
assolutamente apprezzabile e siamo certi che anche i fan di
vecchia data rimarranno colpiti dal risultato finale.
Ovviamente i miracoli non si possono fare, la struttura è
rimasta la stessa e il gioco è ben lontano da Call of Duty
Modern Warfare del 2019, ma di sicuro Mw2 remastered non
sfigura dinanzi ad alcuni titoli attuali, riuscendo a essere
godibile in ogni sua parte. Il gioco, ricordiamo, è
disponibile su PlayStation 4 dal 1 aprile e su Xbox One e Pc
dal 1 maggio. La nostra prova è stata fatta sulla console di
casa Microsoft (motivo per cui la nostra recensione è uscita
solo adesso) e il risultato vi assicuriamo è veramente
grandioso. Tirando le somme, Call of Duty Modern Warfare 2
remastered, a nostro avviso, è un titolo che vale
assolutamente la pena di essere acquistato. Sia che si sia già
giocato nella versione 2009, sia che non si sia giocato mai,
questo videogame è uno degli sparatutto in prima persona più
importanti di sempre, quindi ignorarlo sarebbe un vero
peccato.

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 9

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise
Galaxy    A41,   il                               nuovo
smartphone Samsung
Samsung annuncia l’ampliamento della famiglia Galaxy A con
l’approdo sul mercato italiano di Galaxy A41, disponibile in
vendita su Samsung.com e presso i negozi, online e offline,
delle principali insegne di elettronica di consumo e degli
operatori telefonici. Galaxy A41 sfrutta al massimo il suo
form factor compatto con un display Infinity-U Super AMOLED da
6,1 pollici, offrendo un’esperienza di visione coinvolgente
che si adatta comodamente al palmo della mano. Dotato di una
batteria a lunga durata da 3.500 mAh, il nuovo smartphone è
progettato per garantire la massima autonomia. Quando è
necessario caricare il dispositivo, la Ricarica Rapida a 15 W
consente di mantenere il dispositivo collegato per meno tempo.
Galaxy A41 offre un potente comparto fotografico. Sul retro,
infatti, è disponibile un versatile tripla fotocamera:
l’obiettivo principale da 48 MP offre la possibilità di
catturare immagini dettagliate di giorno e luminose con scarse
condizioni di luce, la fotocamera Ultra-grandangolare da 8 MP
permette di scattare foto panoramiche di grande impatto e la
fotocamera di profondità da 5 MP, grazie agli effetti di Fuoco
Live, mette in risalto il soggetto principale della foto.
Nella parte anteriore è presente una fotocamera da 25 MP, che
consente di realizzare selfie perfetti, nitidi e luminosi e
videochiamate di alta qualità. Galaxy A41 colpisce anche nel
design: con soli 7,9 mm di spessore e una superficie
posteriore ergonomicamente curva, sta comodamente nel palmo
della mano per una presa confortevole, mentre la finitura
lucida e la nuova vivace gamma di colori con un motivo
ripetuto sul retro rendono il dispositivo davvero unico. Lo
smartphone è disponibile nelle colorazioni Prism Crush Black,
Prism Crush White e Prism Crush Blue al prezzo di 299,90 euro.
F.P.L.

World    of   Warcraft,   da
videogame a gioco da tavolo
Mostrato in anteprima alla BlizzCon 2019, Small World of
Warcraft è il gioco da tavolo ambientato nel fantastico mondo
di Azeroth, dove le razze di Orda e Alleanza, tra cui Orchi,
Nani, Troll e Worgen, si affrontano in un conflitto che logora
il mondo. In Small World of Warcraft, i giocatori scelgono
combinazioni di poteri speciali e razze dell’universo di
Warcraft, come Maghi del Portale Pandaren o Erbalisti Goblin,
contendendosi il controllo di Azeroth. Per raggiungere il
dominio, i giocatori occuperanno terreni leggendari e
cercheranno di prendere il controllo di potenti manufatti.
Tuttavia, prima o poi ogni impero deve cadere: i giocatori
dovranno essere pronti a fare entrare in Declino una razza
ormai sul viale del tramonto e a guidarne una nuova alla
conquista di Azeroth. Days of Wonder ha lavorato a stretto
contatto con Blizzard per creare un gioco che riunisce
perfettamente entrambi gli universi. Small World of Warcraft
presenta una varietà di illustrazioni nuove ed esclusive che
catturano l’atmosfera del colorato e vibrante universo di
Warcraft, con razze e poteri speciali progettati per essere
familiari ai milioni di giocatori di WoW® in tutto il mondo
che hanno esplorato i confini più remoti di Azeroth. Small
World of Warcraft è un gioco standalone progettato per 2-5
giocatori, con partite della durata media di 40-80 minuti.
Include 6 tabelloni a due facce, 16 vessilli Razza Warcraft,
182 segnalini Razza e 15 segnalini Murloc, 20 tessere Potere
Speciale, 5 schede riassuntive dei giocatori, 12 segnalini
Manufatti e Luogo Leggendario, 10 Montagne, 9 Mura di Fuochi
Fatui, 4 segnalini Armonia, 12 Bombe, 1 Campione, 10
Guarnigione, 2 Obiettivi Militari, 5 Bestie, 6 Torri di
Guardia, 110 Monete Vittoria, 1 Dado dei Rinforzi, 1 percorso
Round di Gioco, 1 segnalino Round di Gioco, 1 regolamento e 1
Regolamento Variante a Squadre. La pubblicazione è prevista
per l’estate 2020 in Nord America ed Europa, a un prezzo
suggerito di 59,99 $/59,99 €, e sarà disponibile nelle
seguenti lingue: inglese, francese, tedesco, spagnolo,
italiano, polacco, portoghese brasiliano, ceco, slovacco,
cinese semplificato e cinese tradizionale.

F.P.L.

Italia Viva salva capra e
cavoli: il ministro Bonafede
resta in poltrona
Dopo tre giorni di minacce Italia Viva non vota la mozione di
sfiducia al ministro Alfonso Bonafede.

L’Aula del Senato ha bocciato entrambe le mozioni di sfiducia
nei confronti del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Per quanto riguarda il documento presentato dal centrodestra i
voti a favore sono stati 131, 160 i contrari, un astenuto.
Mentre per quanto riguarda la mozione presentata da +Europa i
contrati sono stati 158 no, i sì 124 sì, 19 astenuti

Emma Bonino di +Europa attacca: ‘E’ il ministro del sospetto,
non giova all’Italia’. E da Twitter Matteo Orfini: ‘No alla
sfiducia ma la gestione è pessima’. Il leader di Italia Viva
Matteo Renzi sottolinea: ‘E’ l’intervento tra i più difficili
della mia vita’.

Il segretario della lega Matteo Salvini: ‘Voteremo anche la
mozione Bonino’. Bonafede nel suo intervento: ‘Sulla vicenda
Di Matteo sgomberati gli pseudo dubbi’. Matteo Renzi: ‘Votiamo
no, rifiutare cultura del sospetto’.

Nutrita la presenza del governo nell’Aula del Senato. Accanto
al Guardasigilli ai banchi del governo ci sono Roberto
Speranza, Luigi Di Maio, Dario Franceschini, Federico D’Incà,
Vito Crimi, Riccardo Fraccaro e Teresa Bellanova. Anche in
Aula ci sono numerosi senatori.

La vicenda che riguarda Nino Di Matteo “è stata ormai a dir
poco sviscerata in ogni sua parte”. E “sono stati ampiamente
sgomberati tutti gli pseudo-dubbi”. Lo ha detto al Senato il
Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ribadendo che la
scelta del capo del Dap fu discrezionale. Sulla scelta del
capo del Dap che portò il ministro della Giustizia a scegliere
Francesco Basentini invece di Nino Di Matteo non ci fu “nessun
condizionamento. Non sono più disposto a tollerare alcuna
allusione o ridicola illazione”. “E’ totalmente falsa
l’immagine di un governo che avrebbe spalancato le porte delle
carceri addirittura per i detenuti più pericolosi”, ha
sottolineato Bonafede. I giudici che hanno scarcerato i
detenuti in questi ultimi mesi lo hanno fatto in base a leggi
“in vigore da 50 anni e che nessuno aveva mai cambiato”.

“La Lega voterà anche la mozione di sfiducia di Più Europa.
Serve un ministro della giustizia che sia in grado di gestire
le carceri, che assicuri che i boss non escano di galera, che
ci sia certezza della pena”: così il segretario della Lega
Matteo Salvini.

“Una mozione di sfiducia va letta nel merito, credo che sia
giusto respingerla proprio perché non ci sono gli elementi di
merito. Accanto a questo ovviamente c’è una discussione sul
lavoro importante che il ministro Bonafede dovrà fare nei
prossimi mesi, sulla riforma di differenti ambiti del mondo
della giustizia e credo che la coalizione, pur nelle
differenze che ci sono su questi temi, possa lavorare insieme
in maniera coesa”: lo ha detto a ‘Start’, su Sky TG24, il
ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola parlando
della mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso
Bonafede in discussione oggi al Senato.

“Non c’è alternativa a respingere la sfiducia a Bonafede. Ma
non è obbligatorio farlo fingendo di condividerne le idee. Le
politiche per la giustizia di questo governo sono pessime e
devono cambiare radicalmente. E spetta al Pd chiederlo. Anzi
esigerlo”: lo scrive su twitter Matteo Orfini, parlamentare
del Partito Democratico.

“Ascolteremo il ministro della giustizia. Il ministro sa bene,
che ci sono temi sensibili sul giustizialismo, noi continuiamo
a pensarla in modo diverso come sulla prescrizione. Allora
aspettiamo che il ministro dia segnali importanti in questa
direzione. Sulla base di questo si esprimerà il nostro voto in
Senato”. Cosi la ministra delle Politiche agricole,Teresa
Bellanova, ospite della trasmissione ‘Circo Massimo’ su Radio
Capital in merito alle mozione di sfiducia contro il ministro
della Giustizia Alfonso Bonafede.

“Sulla mozione della Bonino, ci sono degli elementi che non
condivido, né utilizzerò i voti di FdI per far alzare la posta
a Renzi. Noi votiamo alla seconda chiama, vediamo prima se
l’ha votata Renzi”. Così Giorgia Meloni, leader di Fratelli
d’Italia, ad Agorà Rai Tre, sulla mozione Bonino di sfiducia a
Bonafede.

“Caro Matteo Renzi oggi hai la possibilità di essere coerente.
Vota la mozione Azione-Più Europa di sfiducia a Bonafede. Non
si può andare avanti a giravolte e penultimatum mentre
l’Italia affonda. L’ora delle chiacchiere è finita. Coraggio”.
Lo scrive su twitter Carlo Calenda, leader di Azione.
Coronavirus,      fase     2:
raddoppiano i contagiati in
24 ore. Se trend continua a
salire rischio ritorno a fase
1
Tornano a salire i contagi con l’incremento dei casi totali
che è quasi raddoppiato, passando dai 451 di lunedì – il
numero più basso dall’inizio del lockdown – agli 813 di
martedì.

Un dato su cui pesa sicuramente il maggior numero di tamponi
effettuati rispetto al giorno precedente e che rappresenta
comunque un monito, tanto che il ministro per le autonomie
Francesco Boccia è tornato a ribadire che, in caso la curva
riprendesse a salire, si dovrà necessariamente provvedere a
nuove chiusure localizzate.
Il bollettino quotidiano della Protezione Civile dice che 16
giorni dopo l’avvio della Fase due i casi totali sono saliti a
226.699.

Ma quel che conta è l’incremento, doppio
rispetto a ieri

Un dato su cui pesano i numeri della Lombardia: su 813 casi,
462 sono nella Regione più colpita, che rispetto a ieri fa
segnare anche una risalita delle vittime – 54 nelle ultime 24
ore, mentre lunedì l’incremento era stato di 24 – e degli
attualmente positivi: sono 27.291, 218 più di ieri mentre
lunedì c’era stato un calo rispetto al giorno precedente di
357 malati.

Tutte le regioni restano dunque al momento a rischio ‘basso’,
mentre è ‘moderato’ in Lombardia, Molise e Umbria. I dati dei
prossimi giorni, che terranno conto anche delle nuove
riaperture, diranno se il trend rimarrà quello attuale o se è
destinato a risalire. In questo caso, ha ripetuto ancora il
governo, si dovranno necessariamente richiudere aree del
paese.

E mentre il premier Conte mostra cauto ottimismo dicendo che
il sacrificio degli italiani ha dato i suoi frutti, si
conclude la prima fase di sperimentazione del Vaccino Oxford:
stanno bene i 510 volontari.

Il quadro regione per regione
Nel dettaglio – secondo i dati diffusi dalla Protezione Civile
-, gli attualmente positivi sono 27.291 in Lombardia (+218),
9.635 in Piemonte (-239), 5.330 in Emilia-Romagna (-195),
3.754 in Veneto (-250), 2.323 in Toscana (-250), 2.264 in
Liguria (-75), 3.786 nel Lazio (-40), 2.178 nelle Marche
(-137), 1.518 in Campania (-155), 204 nella Provincia autonoma
di Trento (-44), 1.941 in Puglia (-54), 1.524 in Sicilia
(-15), 600 in Friuli Venezia Giulia (-21), 1.389 in Abruzzo
(-24), 308 nella Provincia autonoma di Bolzano (-1), 66 in
Umbria (-11), 341 in Sardegna (-39), 49 in Valle d’Aosta
(-11), 382 in Calabria (-19), 84 in Basilicata (-9), 212 in
Molise (-5). Quanto alle vittime, sono in Lombardia 15.597
(+54), Piemonte 3.679 (+47), Emilia-Romagna 3.997 (+11),
Veneto 1.820 (+17), Toscana 992 (+3), Liguria 1.376 (+9),
Lazio 640 (+12), Marche 986 (+2), Campania 399 (+0), Provincia
autonoma di Trento 455 (+2), Puglia 473 (+2), Sicilia 268
(+1), Friuli Venezia Giulia 320 (+0), Abruzzo 389 (+1),
Provincia autonoma di Bolzano 291 (+0), Umbria 74 (+1),
Sardegna 126 (+0), Valle d’Aosta 143 (+0), Calabria 95 (+0),
Basilicata 27 (+0), Molise 22 (+0). I tamponi effettuati sono
3.104.524, con un incremento di 63.158 rispetto a ieri. Le
persone sottoposte a tampone sono 1.999.599.

“Col coronavirus bisognerà convivere e se ci dovessero essere
problemi in una singola regione, quest’ultima dovrà chiudere
perché non possiamo fermare le altre” dice Boccia ricordando
che il primo check – salvo dati particolarmente critici – ci
sarà il 3 giugno. Ripartirà, afferma il ministro, la mobilità
tra le regioni” ma per quelle “che hanno rischio medio o
basso”. Per chi, invece, avesse un “rischio alto, questo non
sarà ritenuto opportuno”. Per quella data dovrebbe però
finalmente essere pronta anche ‘Immuni’, la App per il contact
tracing. E’ tornato a parlarne in commissione Giustizia al
Senato il commissario Domenico Arcuri spiegando che
l’applicazione è in fase di test e “verrà messa a sistema e
fruibile per i cittadini a cavallo della fine di maggio”
Marino, cacciata democratica
di Marco Rapo: “Caro Astorre,
calma e gesso. Mi dimetto da
solo”
Una uscita dal Partito democratico. Questa la lettera di
dimissioni “spintanee” di Marco Rapo dal Pd:

“Sono stato deferito alla commissione di garanzia provinciale
del PD per – così recita l’iniziativa – alcune mie posizioni
espresse nell’ultimo consiglio comunale.Il provvedimento a
firma dei Segretari regionale e provinciale del Partito si
compone di quattro parti meritevoli di puntuale
riflessione.Nella prima, si legge: “Le posizioni espresse dal
consigliere comunale di Marino Marco Rapo non sono compatibili
con i valori del Partito Democratico. (…) la sua contrarietà
alla richiesta del gruppo consiliare … di revocare la
cittadinanza onoraria a Benito Mussolini e a concederla alla
senatrice Liliana Segrè.”.È la parte della mistificazione ad
hoc, quella che attiene al merito della vicenda per la quale
parla la mia storia fino alle ultime mie dichiarazioni che il
Partito ha potuto solo decontestualizzare per ribaltarne il
senso e, strumentalizzandole, creare il presupposto per la mia
espulsione. Un’operazione che si giudica da sola sulla base
della semplice contrapposizione del significato delle mie
parole, rispetto allo stravolgimento che ne ha fatto il
regionale che si è posto in termini di potenza e prepotenza,
con tutto quanto ne segue sulla riconducibilità ideologica ad
un siffatto uso della forza e sul carattere dei soggetti che
la personificano.La seconda parte è quella che introduce la
fase procedurale interna: “…abbiamo deciso di deferire il
consigliere alla commissione di garanzia provinciale del
partito che, siamo certi, interverrà con la massima celerità
e, speriamo durezza.”. Intanto, non sarà sfuggito a nessuno
che cronologicamente l’iniziativa non è affatto conseguente al
Consiglio comunale ma ad un mio successivo post nel quale
evidenzio la figura barbina fatta dai miei Colleghi PD
firmatari del comunicato sul Mamilio.it di domenica scorsa.

Più nel merito, è evidente a tutti che se la richiesta di
condanna giunge dalla più alta carica regionale, con
sottolineata celerità e durezza del provvedimento invocato,
non c’è Commissione che possa tenere alla quale, comunque, non
mi sottoporrò sia per evitare l’imbarazzo di chi in coscienza
dovesse trovarsi d’accordo con la mia posizione, sia perché la
sentenza è stata già scritta.La terza parte è quella dove,
infatti, l’estensore della sentenza, il Senatore Bruno Astorre
in persona, da un lato non riesce a contenere tutto il suo
malanimo, dall’altro smentisce la democrazia di Partito di
cui, invero, sul territorio abbiamo già avuto più di una
dimostrazione ma che, anche per brevità, rinvio
all’occorrenza: “È nostro auspicio che l’avvocato Rapo possa
trovare quanto prima formazioni politiche più vicine ai suoi
valori.”.La quarta ed ultima parte, è dove il senatore esagera
e questo il mia pur modesta persona non lo permette neanche a
lui: “L’arco costituzionale ci offre purtroppo una certa gamma
di formazioni politiche che fanno del revisionismo storico
quando non addirittura dell’antisemitismo, un proprio tratto
identitario.”.

Intanto, il segretario regionale dimostra un disprezzo totale
delle regole e degli organismi del Partito che dirige, perché
– democrazia, libertà e quindi Astorre permettendo – nessuno
poteva escludere che la Commissione avrebbe potuto esprimersi
diversamente dai suoi desideri se non lui stesso indicando con
tanto livore una strada che difficilmente sarebbe ormai
smentibile; ma soprattutto non tiene conto di ciò che il
Partito Democratico, e non il Consigliere Rapo, hanno fatto di
quell’arco costituzionale sia nei territori sia nei vari
Governi fino all’ultimo con il M5S rispetto al quale il PD e
il Senatore si erano originariamente dichiarati contrari con
un netto: “Mai… senza se e senza ma”. Ed anche questa è storia
che non si presta a revisioni e manipolazioni.Purtroppo, il
Partito non ha colto nell’unico modo possibile la mia
richiesta di battere un colpo, vale a dire quella di porsi in
ascolto di ciò che da anni accade a Marino ed in generale in
quasi tutti i territori che puntualmente si sono persi e
ripersi. Eppure, ho fatto riferimento alle distorsioni locali
di una sezione che fa comunicati non condivisi; che non opera
il necessario raccordo del gruppo consiliare, solo perché la
maggioranza del Partito è in dissenso con la mia posizione.

Tutte situazioni che a parità di considerazione dei
consiglieri avrebbero necessitato l’intervento del Partito e
forse della Commissione ma con destinatari diversi. Tutti
fatti non smentibili, se non con la macchina del fango che
prontamente si è messa in moto.

Invece è intervenuto a chiamata papà Bruno ma con entrata
scomposta e non degna nemmeno del suo ecumenismo per il quale
se ti deve fare fuori – politicamente si intende – lo fa soft,
con democristiana maniera, anziché col machete. Ma,
soprattutto, la domanda è: perché cacciare Marco Rapo anziché
ammonire una Sezione che notoriamente non funziona?Infine,
davvero senza polemica ma per tornare all’unico elemento di
pregio della vicenda, ossia quello concettuale storico e
politico, merita un passaggio l’Anpi di Marino la quale è la
richiedente della ormai famosa mozione abbasso Mussolini e
viva Segre, al punto tale che i consiglieri nel loro
comunicato ne hanno quasi negato la paternità nonostante la
sottoscrizione. Intendiamoci, niente di male nel fatto che
l’Anpi possa avere trovato il proprio interlocutore per una
iniziativa in Consiglio comunale; solo che se adesso, come ha
fatto, trascrivendo integralmente il comunicato con il quale
il PD provinciale avvia il procedimento nei miei confronti,
compie, sì, un’azione partigiana ma di un parteggiare che
stride gravemente con gli incidenti di percorso del Partito
Democratico. Lo dico davvero a loro tutela, non avendo motivo
per essere in contrapposizione, affinché si premurino che con
lo stesso metodo piddino anche l’Anpi regionale o nazionale
non abbia a processarli. Anzi gli propongo di rimuoverlo
perché i partigiani di adesso non sono quelli impavidi di
allora.Giunto a questo punto del mio percorso in un Partito
che ha smesso da tempo di rappresentare l’unica speranza di
una politica riformista, è con decisione affatto difficile e
sofferta che rassegno le dimissioni da iscritto.

La mia distanza dal PD è divenuta incolmabile. Figuriamoci se
un domani, dopo il Governo con i 5S, dovesse tornare utile o
necessaria un’altra oscillazione verso destra anche a Marino.
No, troppo disinvolto revisionismo per essere quello di un
Partito sedicente di sinistra; non mi appartiene.

Marino, 18 maggio 2020 Marco RapoConsigliere Comunale di
Marino”
Mozione sfiducia su Bonafede:
Governo a rischio di crisi
Governo alla prova, questa mattina alle 9,30 in Senato, sulla
mozione di sfiducia del centrodestra al Guardasigilli
Bonafede.

Pd e M5s avvertono Italia Viva: se voterà
la mozione si aprirà la crisi

In quel caso – ha insistito ieri sera il presidente della
Camera Roberto Fico – “si apre un problema politico e una
crisi di governo, quindi penso che non avverrà”. Ieri
pomeriggio la capogruppo Iv a Montecitorio Elena Boschi per
due ore a Palazzo Chigi. Questa mattina, prima del dibattito
parlamentare, l’assemblea dei senatori di Italia Viva.

Matteo Renzi tiene fino all’ultimo alta
la tensione

Non scioglie la riserva sulle mozioni di sfiducia ad Alfonso
Bonafede, nonostante un incontro a Palazzo Chigi di Maria
Elena Boschi con Giuseppe Conte. Il premier intende concedere
a Italia viva il “riconoscimento politico” chiesto, non per
paura di una crisi ma per poter andare avanti fino al 2023 –
dicono dal governo – senza frizioni. Rimpasto è l’ipotesi che
più circola in queste ore. Sarebbe stata respinta, secondo
fonti renziane, la proposta di un posto di sottosegretario
alla giustizia per Lucia Annibali o Gennaro Migliore. Mentre
circola il nome di Maria Elena Boschi per un ministero. Ma
dopo l’incontro con Boschi i renziani ribadiscono di attendere
ancora un “segnale” sui temi della giustizia. “Aspettiamo di
ascoltare Bonafede e poi parla Renzi”, è la linea della
vigilia. M5s fa scudo al ministro, così come il Pd che però
gli chiede un cambio di passo. Sia Vito Crimi che Graziano
Delrio, come il ministro Francesco Boccia, dicono che se
passerà la sfiducia, si apre la crisi di governo. In pochi
credono che Renzi arriverà fino a questo punto. Ma i numeri
risicati della maggioranza e il rischio di un incidente
contribuiscono ad agitare la vigilia.

Boschi entra a Palazzo Chigi due volte
nella stessa giornata

Prima incontra il capo di gabinetto del premier, Alessandro
Goracci, per consegnargli le proposte di Iv, poi viene
ricevuta da Conte. E, secondo fonti renziane, registra “passi
in avanti” sul piano shock per le infrastrutture (un tema su
cui la maggioranza concorda ma che gli alleati non vogliono
‘lasciare’ a Renzi in un decreto ad hoc) e sul Family act. Ma
sulla Giustizia, aggiungono, si attende ancora “un segnale”.
Il che vuol dire, secondo diverse fonti di maggioranza:
rimpasto.
Boschi al posto di Bonetti? E’ una delle ipotesi in
circolazione. Un ministero ad hoc, sarebbe la richiesta dei
renziani. In maggioranza c’è chi è contrario a concedere
tanto.

E nel M5s è opinione diffusa che, qualsiasi cosa si conceda,
Renzi non smetterà la sua guerriglia per logorare il governo e
farlo cadere. A riprova viene presa la quarta di copertina del
suo nuovo libro in uscita, “la Mossa del cavallo”, in cui si
torna a parlare di “riscrivere insieme le regole del gioco” e
di una nuova sfida politica. Ma Conte intende sminare un
percorso già di per sé irto di insidie e far proseguire la
legislatura, di qui la concessione di un riconoscimento
politico. Intanto però, mentre Bonafede scrive il suo
intervento e registra “attestati di stima”, non si smina la
vigilia del voto.

Iv si riunirà in assemblea per decidere, solcata da due
tendenze, una governista e una barricadera: “Saremo compatti”,
assicurano. Tra le ipotesi c’è anche l’uscita dall’Aula. Ma i
numeri sono talmente “corti”, che l’incidente è dietro
l’angolo.

Gli ultimi conteggi accreditano tra i 150 e i 151 voti per la
maggioranza senza Iv e 144 per la mozione presentata da Emma
Bonino per +Europa con Azione e Fi. E’ questo il voto che
impensierisce, più di quello sulla mozione unitaria del
centrodestra. Perché potrebbe attrarre, oltre ai 17 senatori
di Iv (ma nel gruppo ci sono opinioni diverse), anche 5 o 6
senatori del Misto considerati incerti, tra cui ex M5s come
Ciampolillo e Giarrusso, e poi nomi come Pier Ferdinando
Casini e Tommaso Cerno. I socialisti, rappresentati al Senato
da Riccardo Nencini (in quota Iv), chiedono le dimissioni del
ministro pena il voto di sfiducia. Secondo il renziano Roberto
Giachetti, anche alcuni senatori Dem e Leu sarebbero
“nervosi”, in dissenso sulla linea di Bonafede sulla
giustizia. In serata Andrea Marcucci riunisce i senatori Pd ed
emerge in effetti malcontento per come lavorano, senza
consultare gli alleati, sia Bonafede che la titolare della
scuola Lucia Azzollina. “Il metodo di Bonafede non ci piace”,
dice Marcucci. Ma da qui a votare la sfiducia ce ne passa.
“Non ci sono motivi né di merito né di metodo, ma superata
questa fase – dicono dal Pd – serve un cambio di passo con
riforme di giustizia penale, civile, del Csm e
dell’ordinamento penitenziario”. M5s intanto fa quadrato. Se
si apre la crisi, si va a votare, dicono dal Pd. Ma “la
mozione sarà largamente respinta”, dice il ministro M5s
Federico D’Incà. E Luigi Di Maio si spinge a parlare di
“maggioranza compatta”.
Puoi anche leggere