STORIA DELLA CRITICA D'ARTE - Rinascimento Manierismo Barocco 3 LEZIONE Anno Accademico 2019/2020 - UNITRE Torino
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STORIA DELLA CRITICA D'ARTE DOCENTE GIAN PIERO NUCCIO 3^ LEZIONE Rinascimento Manierismo Barocco Anno Accademico 2019/2020
IL RINASCIMENTO Con il Rinascimento inizia la stagione moderna (che finirà con metà Ottocento e primo Novecento). Fondamentale lo studio della natura. La religione concentra la sua attenzione sull’uomo. Si cerca l’interpretazione della natura ma manca ancora il metodo scientifico che arriverà con Galileo. Diventano fondamentali matematica e geometria. L.B. Alberti e Leonardo presentano una autonoma concezione della natura. Arte diventa il modo di conoscere la natura. Viene superato Aristotele (imitazione della natura), superato Plotino (emanazione divina), l’artista non si dissolve in Dio, ma diventa egli stesso quasi Dio e l’arte sostituisce la natura a Dio e la mente umana diventa l'origine dell’arte. I Commentari Lorenzo Ghiberti (1378-1455) Preannunzia il Rinascimento. Ghiberti considera la sua epoca un’epoca di decadenza, malgrado Masaccio, Donatello e sé stesso. L’età migliore è tra fine '200 e inizio ‘300, e al primo posto mette Giotto il quale ha ripreso un’arte rimasta sepolta per 600 anni. Giotto “arrecò l’arte naturale e la gentilezza con essa non uscendo dalle misure”. Ma allarga lo sguardo a Siena (Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti.
La storia della Trinità del Masaccio si svolge tra 1425 ed il 1427. Questa è una delle ultime opere di questo famoso artista che morirà l’anno successivo, nel 1428 a 26 anni. Si trova a Firenze, nella basilica di Santa Maria Novella: per essere precisi, sta proprio al centro del corridoio sinistro dell’edificio. Di fronte all’affresco c’era sicuramente un’antica entrata; in questo modo, quando l’osservatore entrava nella stanza, aveva la sensazione di trovarsi davanti ad un’opera in tre dimensioni. Negli anni successivi, poi, è stato inserito anche un altare che divideva (come una mensola) la parte superiore dell’affresco da quella inferiore, smascherando quest’effetto di tridimensionalità. I committenti sono incerti (forse della famiglia Berti a destra e della famiglia Lenzi a sinistra). Pare che abbiano collaborato con Masaccio anche Alessio Strozzi, un frate, e Filippo Brunelleschi, l‘ illustre architetto.
Di questo affresco dirà il Vasari, chiamato da Cosimo I a restaurare S. Maria Novella nel 1568 : “Ma quello che vi è bellissimo oltre alle figure, è una volta a mezza botte tirata in prospettiva, e spartita in quadri pieni di rosoni, che diminuiscono e scortano così bene, che pare che sia bucato quel muro.”Il Vasari lascia l’affresco così com’è. Trono di Grazia presenza di Dio padre che sorregge la croce del figlio, ma Masaccio fonde il modello del Trono di Grazia con elementi appartenenti ad altre tradizioni (Maria, san Giovanni e il sepolcro nella parte inferiore) e invece di rappresentare Dio seduto su un trono, lo rappresenta in piedi. Anche se il Padre sembra più grande ha le stesse dimensioni del Figlio, è solo un gioco prospettico. La prospettiva è stupefacente: sembra che ci sia un’altra cappella. I protagonisti formano un triangolo al cui vertice c’è il Padre.
Donatello realizza il David su richiesta di Cosimo de’ Medici per celebrare la vittoria ottenuta dai fiorentini sui milanesi nella battaglia di Anghiari del 1440. Dunque il David di Donatello ha anche un significato politico: la vittoria contro il gigante è il simbolo della vittoria di Cosimo sui suoi avversari. Il soggetto è David, il fanciullo ebreo vittorioso sul gigante filisteo Golia, ma secondo altri è forse Mercurio, dio presso i Romani, messaggero degli dèi. Secondo la mitologia Mercurio uccise Argo per liberare Io, la sacerdotessa amata da Giove e rinchiusa dalla gelosa Giunone in un giardino. Sia il David di Donatello che Mercurio, soggetti uno sacro, l’altro mitologico, possono comunque essere interpretati come affermazione dei nuovi valori rinascimentali. Il David di Donatello è la prima scultura a tutto tondo di una figura maschile nuda a grandezza naturale dai tempi dell’antichità. Diversamente da quanto avveniva per le statue medievali, solitamente legate a un architettura, il David è una statua autonoma, che lo spettatore può ammirare girandoci attorno da ogni lato, come se fosse una persona viva e reale. L’eroe è raffigurato con una lunga spada nella mano destra, mentre nella mano sinistra tiene il sasso usato per colpire Golia, la cui testa decapitata giace sotto i suoi piedi. È nudo e non ha bisogno di armatura perché è protetto dalla volontà di Dio.
La luce che scivola sulla superficie bronzea del David di Donatello scolpisce le forme e mette in risalto la varietà della lavorazione dei diversi materiali: le decorazioni dei gambali, la pelle liscia e levigata del corpo del giovane eroe, le ciocche ondulate dei capelli e la fisionomia del volto. La fisicità è evidenziata anche da effetti di chiaroscuro. Il David di Donatello è un nudo dalle proporzioni perfette, che rivela una profonda conoscenza della statuaria classica ma anche un attento studio dell’anatomia umana e dei modelli dal vero. La composizione della figura è impostata su due linee curve che si contrappongono tra loro equilibrandosi: quella ascendente, che dalla gamba sinistra sale verso il capo di David, e quella rivolta verso il basso disegnata dall’arco delle spalle e dalle braccia. La figura è attraversata da un senso di movimento grazie alla posa leggermente arcuata e al lieve sbilanciamento del corpo sulla gamba destra, ma anche dal sorriso ambiguo appena accennato del giovane eroe.
L.B. Alberti (1404-1472) Trattato della pittura (1453) E’ il trattato che segna l’inizio vero del Rinascimento. Brunelleschi, Donatello e Masaccio possono essere paragonati agli antichi. Ha un forte influsso sulla pittura fiorentina del tempo. Teorizza la pittura come visione prospettica (Panofskj) della natura, la visione sostituisce la tecnica. Prospettiva omologa con la stampa (1455 invenzione della stampa)dal punto di vista della percezione investiamo la pagina con una visione monoculare che ne rispetta la morfologia quadrangolare. Giustifica l’apparenza in pittura (che Platone condannava). Ama i colori chiari e freschi e le superfici tonde (colonne, sfere…). Disprezza (come il Petrarca) l’oro, perché non permette il chiaroscuro. E il realismo del mondo terreno caccia via l’oro dalla pittura dei fondi. Le composizioni non debbono essere affollate ma ripartite in zone belle per sé stesse, coordinate, segnate dal chiaroscuro e non dal contorno. Le figure vanno disegnate prima con ossa, poi i muscoli, poi le vesti.
Leonardo (1452-1519) Con Raffaello, Michelangelo, Correggio e Tiziano segna il passaggio al ‘500. Però più si conosce la natura più la fede in Dio viene meno. Nel ‘400 si conosceva la natura attraverso l’arte, adesso si ricorre alla scienza per fare arte. Leonardo: il pittore deve rappresentare tutti gli aspetti della natura (pioggia, nebbia…), la sua prospettiva non è più lineare, ma di colore. Ombre non nere ma azzurre. Luminosità dei colori. La figura è unita alla natura circostante dall’ombra. Bellezza è la gradazione dell’ombra. Oltre l’ombra Leonardo ama il movimento: è la fonte di vita, la spiegazione scientifica della natura. Ama il paesaggio. Porta all’estremo la necessità di nascondere il contorno che deve nascere dal contrasto fra figura e sfondo. La scienza prevale sullo spirito.
L'arte di Leonardo. si manifesta sin dai suoi inizî come cosciente rielaborazione della tradizione quattrocentesca e insieme opposizione a essa, in uno sforzo che a prima vista sembrerebbe quello di infondere vita alle immagini, immettere aria nelle rappresentazioni, ma che, a un esame più approfondito, si dimostra come quello di rendere nell'arte lo spirito cosmico dell'universo, anzi di ritrovare per essa le "regole" della multiforme natura, in una continua tensione che mira a provare quale sia la "potenza" dell'arte. Per Leonardo si tratta di "comprendere ogni forma secondo l'apparenza e la sua causa interna": donde la straordinaria novità grafica delle sue ricerche scientifiche, l'interesse per il fenomeno naturale o per i moti dell'animo. Nella raccolta postuma di appunti di Leonardo che va sotto il nome di Trattato della pittura e in altri scritti si ritrovano efficaci testimonianze del suo pensiero estetico. Sostenne la superiorità della pittura sulla scultura appunto in nome delle straordinarie possibilità evocatrici, simili a quelle della poesia, che egli riconosceva alla prima. Eccezionale per il suo tempo è il peso che nel corpus complessivo delle opere hanno i disegni, intesi non più, come voleva la tradizione, come opere in sé, apprezzabili per l'eleganza del delineare, ma come tracce di idee e di problemi inseguiti in maniera persino ossessiva, e quindi pieni di pentimenti, seppure, molte volte, carichi di una capacità espressiva prima intentata.
Prevalente, nel gruppo non grande di dipinti sicuramente suoi pervenutici, il numero delle opere non finite; fosse, talora, l'ansia della ricerca che lo induceva a interrompere il lavoro per l'insorgere di nuovi problemi; fosse, talaltra, la convinzione di aver raggiunto appieno il risultato estetico propostosi allo stadio cui l'opera era stata condotta; fosse, ancora, l'insofferenza per la mera esecuzione. Già nelle prime opere si avverte l’ applicazione dello "sfumato" che disperde la linea, e ottiene con lo sgranare dei contorni l'atmosfera. Al 1481 risale l'Adorazione dei Magi , incompiuta, opera profondamente nuova per l'esaltazione messianica che ne agita i particolari e che ne anima la composizione, quasi a vortice, spalancata su infinite lontananze. Le figure si piegano, si attorcono variando con il variare delle luci, accomunate in un'unità compositiva superiore, ma nello stesso tempo acutamente differenziata nelle varie espressioni dell'animo. La tavola della Vergine delle Rocce. Secondo uno schema piramidale, la Vergine con Gesù, il Battista e un angelo si dispongono entro una grotta, fantastico scenario d'ombre, aperta da squarci verso la luce lontana del tramonto. I contorni dei lineamenti si smarriscono, sfumano; il rilievo velato sboccia dove la luce sfiora le cose, svanisce dove l'ombra le inghiotte; la gamma dei colori va sempre più limitandosi a poche tinte. Di questa tavola si posseggono due redazioni.
Leonardo – Adorazione dei magi - Leonardo – La Vergine delle rocce 1481
Seconda grande opera pittorica del periodo milanese è il Cenacolo nel refettorio di S. Maria delle Grazie, purtroppo giunto a noi in stato alterato dai molteplici e talora improprî interventi di consolidamento del colore, poiché era stato dipinto da Leonardo non a buon fresco ma a tempera. Un restauro condotto a partire dal 1979 (durato 12 anni) ha cercato di liberare l'opera dalle varie ridipinture e ha posto come condizione primaria per la sopravvivenza del dipinto la climatizzazione dell'ambiente. Nell'ampia sala, alla cui architettura l'affresco si accorda con sottili accorgimenti e con un effetto illusionistico che va al di là delle ricerche prospettiche fiorentine, gli apostoli sono disposti, secondo un ritmo ternario, in modo che il Redentore appare dominante al centro: i gruppi si agitano di indignazione e di dolore alle parole "uno di voi mi tradirà", in un moto che si origina dal Cristo e converge di nuovo su di lui, lasciando isolato Giuda. Il Maggior Consiglio gli commissionò l’affresco di un episodio della Battaglia d'Anghiari (sulla parete opposta Michelangelo doveva affrescare la Battaglia di Cascina). Anche qui Leonardo tentò di affrontare un problema tecnico, con l'intento di restaurare l'antico procedimento dell'encausto, convinto che la tecnica tradizionale dell'affresco non gli avrebbe concesso gli effetti di profondità delle ombre, di sfumato e di luce che egli si proponeva. Ma il risultato fu disastroso e Leonardo abbandonò la pittura appena iniziata.
Leonardo - Il Cenacolo - 1498
Forse Leonardo eseguì in quel tempo il ritratto che va sotto il nome di Gioconda. Al celebre vago sorriso (un moto psichico colto al suo primo manifestarsi prima che divenga più determinato) s'accorda il velato paese, che dell'immagine è il commento ed eco nella mutabilità delle ombre, nelle brume che ci sottraggono le linee dei contorni; il paesaggio affonda di grado in grado in un tenebrore azzurrognolo di acque e cielo. L'arte di Raffaello non si sottrasse al fascino di Leonardo. Vasari pose risolutamente Leonardo come iniziatore della "maniera" moderna, ossia dell'arte del Rinascimento maturo, in contrasto con la "secchezza" di tutta la pittura precedente.
Leonardo – La Gioconda - 1504
Rispetto a Leonardo, Michelangelo (1475-1564) è un reazionario: si concentra solo sulla forma. Niente paesaggi, solo figure. Michelangelo – Cappella Sistina – 1475/1481
Michelangelo: accolto nella cerchia degli eruditi Neoplatonici che ritenevano che la perfezione umana e la felicità fossero raggiungibili in questo mondo, senza attendere l'aldilà e che la bellezza fosse un elemento essenziale nel cammino verso questo obiettivo, Michelangelo, si lascia coinvolgere da Marsilio Ficino, Angelo Poliziano e Pico della Mirandola allo studio dell'antico ed alla fede nella bellezza umana, sintetizzando i due mondi apparentemente contrastanti della cristianità e del paganesimo, nella fusione della bellezza visibile con la bellezza spirituale, dell'anima. Non bisogna dimenticare che Michelangelo, mentre discuteva di cristianità, di paganesimo e di bellezza con i neoplatonici, non aveva ancora diciassette anni! Per comprendere l'arte dell’ultimo periodo occorre sottolineare una forma di misticismo che allontanava Michelangelo dal contatto diretto con la natura e gli faceva credere, come riferisce Francisco de Hollanda, che il pittore non dovesse essere soltanto esperto di soggetti religiosi ma «deve tener buona vita e, se possibile, essere santo». Questo aspetto avvicina Michelangelo al pensiero di Savonarola sull'arte religiosa (il frate era stato condannato e giustiziato per eresia nel 1498 a Firenze).
Michelangelo – La Creazione di Adamo
Gruppo del Laoconte – II sec. a.C. Michelangelo – La Pietà - 1499
Michelangelo – Mosè - 1515 Michelangelo – Schiavo morente - 1513
Per incarico di papa Leone X nel 1519 Raffaello inizia a dipingere la Trasfigurazione di Cristo che lascerà incompiuta morendo l’anno successivo. Viene completato, solo nella parte inferiore, dagli aiutanti e resta poi a Roma fino al 1797 quando viene portato in Francia da Napoleone dove viene studiato, fra gli altri, anche da Jacques-Louis David e da William Turner. Alla morte di Napoleone il quadro torna in Italia Nella parte superiore del dipinto c’è Cristo che sta ascendendo al cielo, esattamente sopra al Monte Tabor (dove secondo le fonti sarebbe avvenuta la trasfigurazione di Gesù) ed ai suoi lati ci sono Mosé ed Elia, 2 importanti profeti. Guardando da sinistra a destra, nella parte alta della scena ci sono Giacomo, Pietro e Giovanni, i quali sono anche i rappresentanti della fede, della speranza e dell’amore, ed anche i colori dei loro vestiti sembrano favorire questa identificazione (infatti sono abbigliati di colori accesi come il blu, giallo, verde e rosso). nella sezione inferiore del quadro, l’artista rappresenta alcuni degli Apostoli che stanno cercando di liberare il ragazzo dalla possessione del demonio, ma sembra che non riescano ad avere la meglio. Quando tutto sembra perduto, però, arriva Gesù e la situazione si ribalta: il ragazzo ormai allo stremo delle forze, ha la bocca aperta ed il demone sta finalmente abbandonando il suo corpo. Il vero centro delle 2 storie che Raffaello dipinge è il potere curativo e salvifico di Cristo.
Raffaello – Trasfigurazione di Cristo - 1519
Raffaello, oltre che rappresentare una scena estremamente complessa, decide di inserire dei piccoli indizi di un “conflitto” più grande: da una parte c’è l’uso dello stile del Manierismo (caratterizzato dalle pose contorte delle figure nella parte inferiore della scena) e del Barocco (che puoi notare nella tensione evidente in tutte le figure ed il palese chiaroscuro che domina tutto il quadro). Oltre lo stile, è il contrasto l’aspetto più importante di questo capolavoro: nella parte alta c’è Cristo, puro e perfetto; nella sezione inferiore, invece, c’è l’uomo con tutti i suoi difetti, circondato da caos e colori scuri. Sono proprio queste tonalità che conferiscono grande drammaticità alla scena; le poche tonalità chiare Raffaello le riserva soltanto alle vesti di Cristo e per qualche personaggio in primo piano nella parte bassa dell’opera.
Raffaello – Madonna del Belvedere Raffaello – La Resurrezione - 1501 1506
Stando alle fonti storiche ed agli studi effettuati, “Crocifissione Gavari” sarebbe stata richiesta su commissione della famiglia Gavari (da cui prende il nome) per la chiesa di San Domenico presso la Città di Castello. L’opera è stata successivamente venduta ai francesi, per poi giungere presso la collezione Fesch, poi presso quella del principe di Canino ed infine in varie collezioni inglesi, di cui ricordiamo in particolare la collezione Mond, dove infine venne lasciata in eredità presso la National Gallery di Londra nel 1924. Differentemente da altre opere del Sanzio, questa ha avuto una storia relativa alla sua trasmissione molto più semplificata, ma ciò non toglie che anche questa “Crocifissione Gavari” sia un’opera di prim’ordine e di notevole importanza artistica. Adesso procediamo all’analisi stilistica della scena rappresentata. Stando al titolo dell’opera, sulla croce è rappresentato Cristo, in alto a sinistra si trova il Sole, mentre in alto a destra la Luna; sotto i due astri si trovano due angeli vestiti con colori opposti, i quali stanno raccogliendo attraverso dei vasi, il sangue che sgorga dalle ferite di Gesù. Ai piedi della croce si trovano quattro santi, dove oltre alla tradizionale triade (Maria, San Giovanni Apostolo, Maria Maddalena) presente di solito alla Crocifissione, si aggiunge anche la figura di San Girolamo. Proprio la figura di San Girolamo riveste particolare importanza, poiché l’altare dove doveva giungere l’opera era intitolato proprio a lui. Dietro al gruppo di personaggi si nota un paesaggio naturale, con in estrema lontananza qualche accenno di edifici, che alcuni studiosi hanno identificato come uno scorcio di Firenze.
Raffaello – Crocifissione Gavari 1502
Concentriamoci sulle figure presenti nella composizione: l’inedita presenza del Sole e della Luna, tradizionalmente sembrano rimandare all’Alfa ed all’Omega, che rappresentano inizio e fine dell’Incarnazione divina; curiosamente questi due elementi sono presenti nella composizione di Raffaello anche se proprio durante il Concilio di Costantinopoli del 680, fu chiaramente proibito di utilizzare questi elementi perché potevano essere simboli anche di altri religioni non cristiane. Il primo storico dell’arte, Vasari, riporta all’interno dei suoi studi che ad una prima analisi, nessuno darebbe adito al fatto che questo quadro potesse essere di Raffaello, bensì verrebbe subito legato allo stile inconfondibile di Pietro Perugino: le figure sono rappresentate in una posa di contemplazione, l’inconfondibile rappresentazione del paesaggio naturale e anche la presenza dei due angeli in modo simmetrico e con i tradizionali nastri mossi dal vento. Nonostante tutti questi richiami al Perugino, il Sanzio si distingue particolarmente per l’innovativa posizione dei Santi presso la croce, che trasmette un senso di profondità e poi anche la rappresentazione di Cristo che sembra tendere verso sinistra e che lascia presagire una migliore veduta a sinistra da parte dello spettatore. I colori sono molto interessanti: cromie scure si alternano a quelle chiare, ponendo sfumature scure in primo piano e dando la possibilità di risaltare ai personaggi con delle vesti sgargianti e allo stesso modo anche il paesaggio in secondo piano, pregno di colori molto leggeri, sembra essere una veduta di un piccolo paradiso terrestre.
Raffaello – Incoronazione della Raffaello – Le tre Grazie - 1504 Vergine - 1502
Raffaello – Stanza della Segnatura – Musei Vaticani - 1514
Raffaello – Stanza di Eliodoro – Musei Vaticani - 1514
Alla metà del ‘500 un'altra scuola pittorica nasce a Venezia, soprattutto con Tiziano e Tintoretto. La cultura scientifica non si sviluppò come a Firenze. Aretino promuove l’abbozzo contro la pedanteria dei grammatici. Ludovico Dolce: il rilievo è soggetto al colore (Tiziano) e non il colore al rilievo (fiorentini). Fuggire la troppa diligenza. Annuncio della crisi dell’umanesimo: l’immagine pittorica dell’uomo non è più isolata dall’universo. Giorgio Vasari (1511-1574)Vite dei pittori, scultori e architetti. Mette in relazione la teoria dell’arte con le biografie. Riduce il ruolo della scienza, più importante è l’immaginazione e l’imitazione dei maestri. Era scolaro di Michelangelo e fu un manierista di Michelangelo e Raffaello. Divide tre età a) l’antica, imperfetta e poco buona, due e trecento, Giotto, Cimabue, i senesi intrisa di spiritualità dopo l’eccesso di ornato e decorazione del Basso Medioevo; b) quella di mezzo, migliore, primo utilizzo della prospettiva non scientifica legata all’Umanesimo ancora legato al culto dell’antico (Piero d. Francesca, Mantegna); c) il periodo 1440-1460 (Perugino, Pinturicchio, Botticelli arrestano la corsa verso la prospettiva per concentrarsi sull’anatomia umana e utilizzando simbologie colte, filosofiche, letterarie con uno stile ermetico).
Più tardi, per influenza dell’Aretino, riconoscerà che Michelangelo è limitato alla figura e ammetterà l’importanza delle ombre e dei colori riconoscendo la pittura veneta. Raffaello invece lo riconosce abile in tutto ciò che non è nudo e si perde quando cerca di imitare il disegno michelangiolesco (critica confermata oggi). Quindi ognuno dovrebbe fare solo sé stesso, non imitare. Detto da un manierista… In questo terzo periodo nasce Leonardo (1452) che darà il suo contributo alla critica nel Trattato sulla pittura in cui codifica l’utilizzo della prospettiva: sfumato, chiaroscuro, diluizione della figura umana nell’ambiente… Anticipatore come Cezanne.
Tiziano – Assunta- 1518 Tiziano – Pala Pesaro - 1526
Tiziano – Il Concerto - 1508
Tiziano - Danae - 1553
Tiziano – La Venere - 1538
Giorgione – Venere dormiente - 1510
Tiziano – Pietro Bembo - 1540 Tiziano – Pietro l'Aretino - 1562
Tiziano – Paolo III con i nipoti - 1546 Tiziano – Autoritratto - 1562
Tiziano – Incoronazione di spine - 1544
IL MANIERISMO Finito il 1400, per tutto il 1500 si estende l’epoca del MANIERISMO (alla maniera di…) Ossia si prende spunto dall’arte classica del Rinascimento (particolarmente Raffaello e Michelangelo), si interiorizza fino a farne un concetto astratto, diventa un simbolo culturale da cui partire per fare altro, come avevano fatto i greci nell’epoca ellenistica. Il termine maniera è all’incirca quello che noi oggi chiamiamo “stile”. L'età della maniera inizia fra il 1520, anno della morte di Raffaello Sanzio, e il 1527, anno del Sacco di Roma che causa la fuga da Roma dei discepoli di Raffaello diffondendo il nuovo stile in tutta la penisola. Nel Seicento la parola Manierismo indica semplicemente la "vuota imitazione dell'ultimo cinquantennio del secolo precedente" erano Pittori di Maniera o Manieristi quanti non realizzavano uno stile proprio e si rifacevano allo stile del Cinquecento. Alla fine del Settecento, con l'affermarsi del Neoclassicismo, il termine Manierismo servì ad indicare un modo di dipingere legato ad uno stile perfezionato da altri, diverso dall'ideale proprio dell'artista. Nell'Ottocento il termine serve a definire, in modo sprezzante, l'arte italiana fra il Rinascimento e il Barocco. Storicamente è un periodo di grave degrado del papato, della riforma protestante, del richiamo all’ordine religioso della controriforma.
La vita non è più sicura e pacifica come prima per guerre, pesti, invasioni; gli artisti viaggiano di corte in corte in cerca di mecenati e protezione. L’artista si rende conte di non poter fare di meglio, per arrivare alla perfezione del Rinascimento, se non copiare o esagerare ed esasperare i vecchi stili. Lo studio della natura (la mimesi) è stato codificato da regole precise anche di tipo matematico (vedi prospettiva , sezione aurea ecc.) , la bellezza della natura è raggiunta. Si cerca perciò la novità nel concetto di BELLEZZA IDEALE, superiore alla natura, dove il più bel viso viene unito al più bel corpo, con le più belle gambe ecc. secondo un concetto fantastico dell’arte. Per tutto il periodo del Manierismo si ha una divisione fra la rappresentazione precisa della realtà e della natura (icastica = rappresentazione efficace), e la rappresentazione fantastica. L'opera manieristica doveva contenere, secondo Giorgio Vasari: "la varietà di tante bizzarrie, la vaghezza de' colori, la università de' casamenti, e la lontananza e varietà ne' paesi ", poi: "una invenzione copiosa di tutte le cose". Regole che furono applicate dai pittori manieristi in composizioni pittoriche molto studiate, talvolta con distorsioni della prospettiva, talvolta con eccentricità nella disposizione dei soggetti.
La luce fu usata per sottolineare le espressioni ed i movimenti, gli sguardi e le espressioni, alcune volte intense e dolorose, a volte assenti e metafisiche. Il drappeggio degli abiti diventa importante fino a risultare stucchevole, come i colori degli sfondi, tanto innaturali da dare a tutta l'opera un'aria artefatta. A differenza della pittura Rinascimentale nelle opere manieristiche non compaiono immagini prospettiche di paesaggi o di architetture; le immagini delle persone non sono disposte su piani rigidamente definiti dalle regole, spesso spostate dal centro dell'opera; passando dal primo piano allo sfondo i colori passano da tonalità naturali e reali a tonalità fantastiche, innaturali come la prospettiva, quando presente, era spesso distorta. Il pittore di Maniera e Manierista La preparazione richiesta ad un pittore nel Cinquecento, non si fermava all'abilità artistica, ma comprendeva anche una cultura ed una formazione universale e religiosa. Le norme di comportamento etico e sociale per rapportarsi correttamente alle istituzioni ed ai committenti entravano nelle regole della "maniera" e, per il Vasari, l'espressione più alta della "buona maniera" di essere e di dipingere era in Raffaello e Michelangelo. I principali pittori della maniera furono Giorgio Vasari, Jacopo da Pontormo, Rosso Fiorentino, Gaudenzio Ferrari, Andrea del Sarto , Parmigianino, Giuseppe Arcimboldi.
Vasari - Cosimo I de' Medici - 1563
A. del Sarto – Sacrificio di L.Giordano – Sacrificio di Isacco Isacco - 1529
Il veronese Paolo Caliari, detto il Veronese (1528-1588), è il più completo dei pittori manieristi. Attento a Giulio Romano, al Raffaellismo del Correggio, all'eleganza del Bronzino, alle architetture di Palladio, non affronta problemi che non siano di forma o di colore. Colorista eccelso capace di far brillare dello stesso incanto il dettaglio sfarzoso di un costume e la muscolatura di un cane da caccia, vertiginoso inventore di architetture dipinte, interpreta la gioia di vivere della Venezia cinquecentesca. Lascia, fra i suoi capolavori, uno stupendo ciclo di affreschi alla villa Barbaro di Masèr, le imponenti Cene, le tele nel palazzo Ducale e il prodigioso insieme delle opere a San Sebastiano, sempre a Venezia.
Il Veronese – Le Nozze di Canaa - 1563
Jacopo Robusti conosciuto come il Tintoretto (Venezia 1518-1594), è il grande maestro del Manierismo drammatico a Venezia. Pittore di stupefacente velocità e prolificità, influenzato dal Tiziano, influenza a sua volta il gusto barocco. Le sue opere più ricordate, sono quelle realizzate per la Scuola Grande di San Marco, per la Scuola Grande di San Rocco e quelle create per il Palazzo Ducale di Venezia. Le sue figure femminili, fra cui la Susanna ora a Vienna, rivelano una calda sensualità ed i suoi bei ritratti una grande forza d'introspezione psicologica.
Tintoretto – Susanna e i vecchioni - 1557
Nel 1591 il pittore milanese, diventato cieco, LOMAZZO (1538 1600) pubblicò “L’idea del tempio della pittura” dove auspicava una sintesi delle specialità dei più bravi artisti dell’epoca. Michelangelo per il disegno, Tiziano per il colore, Raffaello per le proporzioni e armonia, Correggio per le ombre ecc.. Questa operazione di unione fa sì che la natura e il reale venga accantonata per una pittura di tipo concettuale, intellettuale, filosofica. Altri intellettuali italiani scrivono di teoria durante il Manierismo: Paolo PINO (1548 ,” Dialogo di pittura”) o Lodovico DOLCE (1557 – “ L’Aretino”) con richiami anche contradditori fra arte-natura, creazione-imitazione e ciò si prolunga per una stagione lunghissima , fino ai nostri giorni, anche nel 1976 Achille Bonito Oliva scrive “ “ideologia del traditore” dove ribadisce la presenza moderna del Manierismo. Il Manierismo pone il dubbio che fare un quadro a partire dallo studio della natura costringe a usare artifici tecnici, perciò la riproduzione non sarà mai la realtà scientifica ma una costruzione dell’intelletto e bravura tecnica e stilistica. Il manierismo precede e introduce il Barocco in Italia, per estendersi poi all'Europa.
Fine del Manierismo La Maniera può dirsi conclusa, per quanto riguarda l'Arte Sacra, con la fine del Concilio di Trento nel 1563, quando si chiese ai pittori di rappresentare soggetti semplici e chiari, tutto il contrario dei soggetti manieristici, che erano sfociati in una tale complessità, da risultare composizioni profane. Il Manierismo nella sua nascita, evoluzione e superamento, rappresenta la crisi dell'arte che, dopo aver toccato le più alte cime, sfocia nello "scadente ed effimero barocchismo". Lo stesso scadente ed effimero barocchismo che verrà altamente glorificato soltanto nel Novecento. Il XVII secolo, attraverso la nascita delle Accademie, intese come sacrari di un fare artistico strutturato secondo un insieme di regole, esprime la volontà di recuperare quel naturalismo che il fenomeno manierista aveva abbandonato.
La rivalutazione del Manierismo Nei secoli, il termine Manierismo assunse un significato sempre più negativo. Solo negli anni 1910 - 1920 i pittori manieristi furono riabilitati e, sotto l'influsso dell' Espressionismo e del Surrealismo, si valutò positivamente la sua cultura, sottolineandone la capacità di distaccare l'arte dalla realtà. L'abbandono da parte dei Manieristi dell'idea che la bellezza della natura sia insuperabile e che l'imitazione della realtà non sia lo scopo dell'arte, fa sì che i pittori del primo Novecento vedano nei Manieristi i precursori dell'idea di un'arte "fine a se stessa" da loro molto apprezzata.
IL BAROCCO Nel 1600 , alla nascita del Barocco, Caravaggio si rende pienamente conto di questo problema e pone rimedio con uno scrupoloso verismo. Ma è l’unico. Per la maggior parte degli artisti c’è il ritorno al classico idealizzato , modernizzato e variato da forme ovali, asimmetriche, strutture portanti (in architettura) che non hanno più quella funzione ma sono solo a scopo decorativo, composizioni aperte e vastissime su paesaggi e cieli infiniti. Le figure si muovono tutte insieme, le espressioni sono esagerate e contorte. La prospettiva è di preferenza quella Aerea inventata da Leonardo, con visione dall’alto o dal basso. In questo periodo Copernico, Keplero e Galileo inventano la scienza moderna fondata su esperimenti certi e ripetuti che si separa totalmente dall’arte che è invece imitazione e fantasia.
Caravaggio – La vocazione di S. Matteo - 1599
Caravaggio – Il bacchino malato - 1594
Caravaggio – Giuditta e Oloferne - 1597
Altro scrittore d’arte dell’epoca fu Marco Boschini (veneziano) con il suo “Carta del navigar pittoresco” che sostiene invece il forte colorismo, il sentimento gioioso, come nella pittura veneziana (per la verità l’area di Venezia persegue una strada tutta sua). All’inizio del ‘700: a) interpretazione della natura e b) distinzione delle maniere. Non più l’arte ma la scienza scopriva la natura (Galileo). Tutta la pittura fiorentina del ‘400 diventa inconcepibile. Tutto il ‘600 fece come Caravaggio e si liberò dal manierismo per attaccarsi con vigore alla natura: fiamminghi (Rubens, Van Dick), olandesi (Rembrandt, Vermeer), spagnoli (Velàzquez). In architettura si conservò il manierismo e si aggiunsero elementi passionali barocco (gusto corrotto e confuso) Distinzione delle maniere (es disegno di Michelangelo, colore di Tiziano):
L’attività autonoma dell’arte, che si farà nell’’800, si prepara nel ‘700 esasperando l’intellettualismo estetico (in omaggio al manierismo) e il sensualismo artistico. Concezione moralistica dell’arte riportata con il Concilio di Trento (1545-63) Le correnti critiche del ‘700 sono due: Bellori abate contro il manierismo (chi copia i maestri non fa opere figlie della natura). Il naturalismo piace al popolo che non capisce l’Idea che è cosa divina. Per questo Dio ha mandato in terra Raffaello, poi Agostino e Annibale Carracci. Però luci e ombre dei veneziani erano in funzione del colore, nel Correggio in funzione della forma. Bellori teorizza l’arte di Caravaggio come ribellione a Raffaello, ma ne condanna la mancanza di invenzione, di disegno, cioè di scienza. Rubens e Van Dick mancano di disegno. In Bellori manca l’elezione morale, sostituita dall’elezione sociale (Controriforma). La bellezza morale e plebea (Rembrandt) si afferma solo in terra protestante. Boschini, meno colto di Bellori, ma i suoi giudizi non dipendono dalle idee accettate dall’esterno, bensì dal suo modo di sentire la pittura che è un modo felice, quindi dall’esperienza empirica della pittura. Quindi senza rendersene conto, accompagna e anche anticipa quelle riflessioni sul carattere sensibile e immaginativo dell’arte che apriranno alla fondazione dell’estetica.
APPENDICE
Leonardo Paolo Giovio (vescovo, studioso) parla di Leonardo come di "meraviglioso creatore ... soprattutto dei dilettevoli spettacoli teatrali"; infatti l'idea di teatro si evidenzia in Leonardo fino dai suoi esordî fiorentini. Noti anche alcuni progetti di "teatri per udir messa", che contenevano delle novità nella tipologia delle chiese. Notevoli i suoi studî urbanistici in rapporto alla distribuzione del traffico, alla canalizzazione, all'igiene (specialmente nel primo periodo milanese).
L'opera scientifica Nella natura Leonardo scorge pitagoricamente una trama di rapporti razionali ("ragioni"), esattamente calcolabili e misurabili, che può essere colta dall'uomo per mezzo dell'esperienza e della ragione: l'esperienza, cui Leonardo dà grande rilievo soprattutto nella sua concreta attività di meccanico e di scienziato, apre la via a una conoscenza diretta della natura, libera dall'autorità della tradizione; la ragione coglie nei fenomeni la legge che li regola poiché "la natura è costretta dalla ragione della sua legge, che in lei infusamente vive". Nei confronti dell'attività scientifica contemporanea e posteriore, l'opera di Leonardo risulta però isolata: sia per le origini particolari della sua ricerca, che partiva da un'esigenza artistica cui costantemente s'intrecciava; sia perché essa si svolgeva al di fuori del tirocinio pratico accademico e degli itinerarî teorici della scienza contemporanea, e quindi né poteva profondamente influenzarla, né comprenderne appieno i problemi attuali e proporsi d'innovarla; sia infine perché le sue osservazioni, per quanto geniali, non furono da lui coordinate in organici sistemi scientifici, e d'altra parte restarono ignote ai contemporanei e agli studiosi di molti secoli successivi. Si può dire che la scoperta di Leonardo scienziato è avvenimento relativamente recente.
Anatomia e fisiologia Leonardo si dedicò con grande fervore anche a studî di anatomia e fisiologia, materie che egli considerava indissolubilmente connesse, proteso com'era a stabilire di ogni organo "l'uso, l'uffizio e il giovamento". I suoi disegni anatomici rappresentano il primo materiale iconografico scientificamente elaborato e aprono la serie dei validi e coraggiosi tentativi di disancoramento dell'anatomia umana dalle concezioni allora imperanti. Numerose furono le dissezioni operate da Leonardo nonostante le difficoltà di diversa natura. I contributi vinciani nell'anatomia e nella fisiologia sono imponenti. In campo osteologico sono particolarmente rilevanti: la scoperta del seno mascellare (detto anche antro di Highmore, dal nome del medico e anatomista inglese che lo descrisse nel 1651); la prima esatta raffigurazione della colonna vertebrale con le sue curve fisiologiche giustamente valutate; la corretta interpretazione dell'osso sacro, considerato come risultante dalla fusione di cinque vertebre (e non di tre, come voleva l'anatomia tradizionale); il riscontro della giusta inclinazione del bacino; ecc. Gli studî sull'apparato muscolare hanno portato Leonardo a compiere la prima rassegna iconografica dei muscoli dell'uomo; a studiare la funzione dei varî muscoli degli arti sostituendoli con fili di rame; a introdurre un originale metodo di studio degli elementi morfologici degli arti, con particolare riguardo ai muscoli, basato sull'impiego di tagli trasversali praticati a piani diversi: questo procedimento, che è usato anche dai moderni anatomisti, e quello della descrizione per strati, pure attuata da Leonardo, possono far considerare quest'ultimo come l'iniziatore dell'anatomia topografica.
All'apparato cardiocircolatorio Leonardo dedicò diligenti studî che, tra l'altro, lo portarono alla scoperta di quella formazione intracardiaca che oggi in suo onore è chiamata trabecola arcuata di Leonardo da Vinci. L'incorporamento dell'occhio in materiale coagulabile (albume d'uovo), per poterlo tagliare senza pregiudizio dei rapporti dei suoi costituenti, fa di Leonardo, in un certo senso, un precursore dei metodi di inclusione usati nella moderna istologia. Egli studiò anche la funzione visiva in quasi tutti i suoi aspetti fondamentali: la visione monoculare e binoculare, il senso stereoscopico, l'acuità visiva, la sensibilità cromatica, le modificazioni pupillari al variare dell'intensità degli stimoli luminosi, il fenomeno della persistenza delle immagini, le illusioni ottiche, la questione della grandezza delle immagini in rapporto all'angolo visivo, le leggi della prospettiva geometrica e aerea, l'applicazione delle leggi fisiche della rifrazione allo studio di alcuni fatti patologici, come la diplopia e la presbiopia. In anatomia artistica, infine, Leonardo pur attenendosi per lo più ai canoni di Vitruvio e di Varrone, formulò alcuni principî antropometrici; così, per esempio, egli faceva corrispondere la lunghezza del piede a 1/7 di quella dell'intero corpo ("piede leonardesco"), anziché 1/6, come aveva codificato Vitruvio.
Aritmetica e geometria L'aritmetica e la geometria, che trattano con "somma verità della quantità discontinua e della continua", sono per Leonardo fondamento di tutte le scienze naturali, in particolare della meccanica, "paradiso delle scienze matematiche". Tuttavia, le conoscenze matematiche di Leonardo restarono relativamente limitate, poiché si dedicò quasi esclusivamente allo studio di questioni geometriche. Ideò nuovi metodi per calcolare il volume di numerosi solidi, intuendo quei procedimenti geometrici di tipo infinitesimale che saranno più di un secolo dopo scoperti da B. Cavalieri ed E. Torricelli. Infine fu uno dei fondatori della prospettiva aerea, disciplina di natura prettamente artistica che studia le variazioni di intensità luminosa e di gradazione dei toni in rapporto alla distanza. Botanica Le conoscenze botaniche di Leonardo furono certamente notevoli, con osservazioni che vanno al di là dell'interesse iconografico. Studiò, oltre al resto, i movimenti delle linfe negli organismi vegetali e i loro effetti, infine per primo dedusse l'età e l'orientamento originario dei fusti dall'osservazione dei cerchi concentrici della sezione.
Geologia Oltre a riaffermare l'origine organica dei fossili, Leonardo indagò acutamente i processi di sedimentazione e di erosione e formulò le leggi delle acque correnti, dedusse il continuo mutare nel tempo dei limiti fra terra e mare, dimostrò infine la sufficienza delle cause attuali per spiegare i fenomeni geologici avvenuti in passato. Le sue geniali intuizioni non poterono però diffondersi ed essere conosciute tra i suoi contemporanei, poiché i codici leonardeschi che più da vicino riguardano questioni di geologia sono stati fatti conoscere solo in epoca recente. Idraulica e aerodinamica I lavori di ingegneria idraulica portarono Leonardo a occuparsi del moto dell'acqua. Oltre a intuire alcuni principî fondamentali dell'idrostatica, stabilì per il moto delle acque correnti il principio della portata costante, secondo il quale in un corso d'acqua uniforme a sezione variabile la velocità della corrente varia in ragione inversa della sezione (legge di Leonardo). I suoi studî sul volo degli uccelli e sul "volo strumentale" lo portarono a investigare le leggi dell'aerodinamica: egli osservò la compressibilità e il peso dell'aria e intuì l'importanza di questi elementi ai fini del volo, ai fini cioè del sostentamento nell'aria del più pesante.
Meccanica La meccanica può ben considerarsi la scienza prediletta da Leonardo, alla quale può dirsi che egli abbia portato il maggiore contributo di originalità. Infaticabile sperimentatore, non può stupire che fra tante intuizioni corrette ve ne siano anche di sbagliate, che poi altrove, nei suoi appunti, si trovano spesso modificate o rettificate sulla base di altri ragionamenti o esperienze. Le sue fonti maggiori d'informazione sono le opere di Aristotele e di Archimede. Riprendendo le loro ricerche sulla leva e la bilancia, gli si fa chiara la nozione del momento di una forza rispetto a un punto. Deriva il principio del parallelogramma delle forze e lo applica a risolvere il problema della determinazione delle tensioni nei due tratti di una fune fissata agli estremi e soggetta a un peso in un punto intermedio. La teoria delle macchine semplici è oggetto di molti appunti nei manoscritti vinciani. Notevoli sono anche gli studî di Leonardo sui baricentri, che segnano i primi reali progressi dopo la classica teoria di Archimede, e sulla resistenza dei materiali. Pure indubbiamente primo è Leonardo nel considerare in modo razionale l'attrito o "confregazione". Le conoscenze dinamiche di Leonardo derivano e si ricollegano a quelle della dinamica greca. Compaiono in Leonardo alcune precise idee sul concetto di forza e di percussione e sulla resistenza dell'aria che, in netto contrasto con la dottrina aristotelica, è correttamente considerata come un ostacolo che "impedisce e abbrevia il moto al mobile". Leonardo è così tra coloro che hanno maggiormente contribuito a porre i presupposti alla scoperta della legge d'inerzia. Leonardo sembra avere inoltre una precisa idea del principio di azione e reazione, e una convinzione non meno precisa circa l'impossibilità del moto perpetuo. Nonostante l'intralcio dovuto alla parziale adesione alla concezione aristotelica, l'intuizione di Leonardo riesce a cogliere profondi aspetti dei fenomeni dinamici, come, per es., gli effetti della rotazione della Terra sulla caduta dei gravi.
Ottica Seguendo generalmente le idee aristoteliche o quelle degli Arabi, Leonardo accetta in ottica la teoria delle specie emanate dai corpi luminosi; si occupa di problemi della visione semplice e di quella binoculare, della dispersione della luce, della teoria delle ombre. Perspicua la sua descrizione della camera oscura e della sua teoria. Zoologia Leonardo prospettò con chiarezza le affinità morfologiche e funzionali che corrono fra l'uomo "prima bestia infra gli animali" e varie specie di Mammiferi, specialmente le scimmie. Molti i disegni di animali. Invenzioni, opere, progetti Idee e invenzioni, progetti e disegni di macchine e dispositivi, nei varî rami della tecnica, molti dei quali attuati in seguito, sono in tal numero e di tal ricchezza da sbalordire. Non è facile, peraltro, attribuire con sicurezza la paternità di ciascuna di tali invenzioni e progetti a Leonardo: ciò che si può dire, è che si tratta di idee ed elaborazioni che compaiono per la prima volta nei manoscritti vinciani. Gli studî sul volo risalgono in parte al primo periodo del soggiorno a Milano, tra il 1486 e il 1490, e in parte al secondo periodo del soggiorno a Firenze, verso il 1505, e a Fiesole. Leonardo progettò macchine che, se pur oggetto oggi soltanto di un interesse storico, restano capolavori di ingegnosità. Tra queste macchine volanti sono il paracadute e l'elicottero, in cui viene impiegata come organo propulsore la vite. Resta dubbio peraltro se Leonardo abbia mai tentato di volare o di far volare, benché G. Cardano in De Subtilitate dica "Leonardus tentavit, sed frustra". Leonardo fu anche un espertissimo tecnico militare, studî per sottomarini, disegni di cannoni (con carrello e dispositivi per la rapida elevazione del fusto); dispositivi di accensione per armi da fuoco; cannoni a organo, e ancora norme di guerra terrestre e navale, ecc.
Leonardo scrittore Di una personale o quanto meno programmata coscienza letteraria di Leonardo sembra improprio parlare. I suoi testi, disseminati nelle carte dei codici sotto forma di abbozzi di trattato, notazioni a margine, appunti di letture e meditazioni, sentenze in rima, proverbî, enunciati gnomici, o brani di invenzione fantastica, configurano piuttosto un eterogeneo e personalissimo corpus di scritture. Definitosi, con espressione fin troppo esagerata dalla critica "omo sanza lettere", Leonardo attinge a una sua istintiva memoria culturale di maestro d'arte. Ortografia approssimativa e incoerente, l'impronta vernacolare toscana con tracce di fonetica lombarda, l'andamento sintattico semplificato, che procede per coordinazioni successive, insofferente alle mediazioni del dettato colto e mirante a fissare direttamente e in breve la sostanza del pensato. E se ciò rende estraneo Leonardo, ignaro per di più delle lingue classiche, alla civiltà letteraria dell'Umanesimo, viceversa ne riconferma la più ovvia appartenenza all'ambiente "illetterato" degli artisti e dei tecnici. Su questo fondo Leonardo innesta la personale dote di un linguaggio fortemente pregnante e lucido nel significare, alimentato, per un verso, da una inesauribile curiosità intellettuale e dall'esperienza concreta, e, per altro verso, esercitato all'astrazione e all'enunciazione assiomatica proprie dei trattati di geometria e dei teatri di macchine. Sull'analogo terreno delle formulazioni brevi ed emblematiche si colloca il gusto di Leonardo per le Facezie, le Favole, gli Indovinelli, le Profezie e il genere del Bestiario, mutuati dallo stile comico-burlesco o sentenzioso- moraleggiante della letteratura popolare e fantastica del Quattrocento, ma in cui più marcati persistono, diversamente che nella produzione alta e colta della filologia umanistica, elementi trecenteschi e del tardo enciclopedismo medievale.
Raffaello Raffaello Sanzio, nato a Urbino nel 1483, fu probabilmente il pittore più completo, celebre e amato del Rinascimento. Talento straordinario, senso squisito dell’ordine armonico e dell’equilibrio formale, raccolse i frutti della tradizione quattrocentesca, delle conquiste, proprie e altrui, e fu in grado di fonderli in una visione unitaria, assolutamente completa. Il percorso stilistico del maestro appare ben articolato in tre momenti distinti, tre fasi di sviluppo: il periodo umbro, fino al 1504, riguardò la sua prima formazione e il suo esordio, l’esperienza fiorentina, dal 1504 al 1508, che gli permise di arricchire la sua cultura e infine l’attività romana, dal 1508 al 1520, che prese forma attraverso vari stadi, dal pieno trionfo della sua arte matura ai primi sintomi di una precoce stanchezza. Il periodo giovanile lo vide apprendista innanzitutto alla scuola del padre Giovanni Santi e poi sotto la tutela di Evangelista di Piandimeleto. Per Raffaello, però, il primo vero maestro fu il Perugino. Tutta la sua produzione iniziale reca la viva impronta della pittura di quest’ultimo, della quale il giovane allievo andò a sviluppare con grande coerenza le tendenze all’armonia compositiva e alla semplificazione formale. Tracce che sono ben visibili nella Resurrezione, nella Crocifissione Mond (o Gavari) e nell’Incoronazione della Vergine.
La mano di Raffaello, già in questi primi dipinti, si dimostra sicura, i motivi e le forme tipiche del Perugino sono come purificati nel disegno e nel colore, una naturalezza di racconto che già rivela la particolare inclinazione del giovane artista per la pittura di storie. Il punto di arrivo di questa prima fase del maestro, nella quale perfezionò l’arte del Perugino, è la pala dello Sposalizio della Vergine, in una composizione accentrata dove il tempietto funge da perno e non più da sfondo della rappresentazione grazie alla perfetta resa prospettica in cui sia lo spazio che le figure circolano con libertà e si dispongono su curve concentriche e in gruppi perfettamente simmetrici. Nell’ottobre del 1504 Raffaello si recò a Firenze, dove proprio in quegli anni l’arte tornava a vivere una breve ma intensa stagione per la presenza soprattutto di Leonardo e Michelangelo. Un mondo talmente ricco e nuovo, quello toscano, dove acquisire un’esperienza tale da poter disorientare l’ingegno più pronto. Il grande maestro, tuttavia, riuscì a non abbandonarsi a tutte queste suggestioni e a selezionare con saggezza le esperienze che gli tornavano più congeniali.
Ogni nuovo elemento, conquista e arricchimento sembravano trovare nella sua arte una sistemazione precisa, una funzione chiara che pareva seguire un ordine quasi prestabilito di armonia formale creando un’ardita innovazione. Al suo periodo fiorentino vengono generalmente assegnati alcuni piccoli dipinti tra cui San Giorgio, Sogno del Cavaliere, Le Tre Grazie e altri. Agli stessi anni appartengono la Madonna Connestabile e la Dama con l’unicorno, numerose invece sono le serie di Madonne col Bambino e San Giovannino. Proprio in questa fase, l’artista nativo di Urbino creò quel tipo di bellezza femminile che unì in sé la grazia del Perugino e il sottile animismo di Leonardo, dall’aspetto devoto e soavemente umano. Diventato ormai un artista affermato e rinomato, Raffaello fu chiamato a Roma nel 1508 da Giulio II risultando poi l’anno successivo stipendiato come pittore di palazzo con l’incarico di dipingere o ridipingere le quattro stanze destinate ad abitazione privata del Papa. La decorazione di queste aree fu sicuramente l’impresa più impegnativa per il maestro che si risolse con la più alta affermazione del suo genio artistico.
Un ciclo grandioso, complesso, condotto in molti anni con interruzioni e riprese, in cui non fu seguito l’ordine di successione delle quattro stanze. Con incredibile chiarezza, Raffaello riuscì a dare alla rappresentazione un valore di vera e propria azione storica narrata con serena obiettività. Le figure risultano pienamente equilibrate tra loro in una perfetta fusione di disegno e di colore, concepite individualmente, quasi isolate, ma allo stesso tempo animate da un’incredibile mimica nei gesti e nelle espressioni. Nel 1514 Leone X, succeduto a Giulio II, riconoscendo gli straordinari meriti artistici del maestro, lo nominò architetto della nuova fabbrica di San Pietro, sostituendo il Bramante che morì in quel periodo. Un incarico davvero importante, al quale si aggiunse l’anno successivo anche la nomina a soprintendente alle antichità romane con il compito di eseguire una pianta monumentale della Roma antica. L’incredibile arte di Raffaello, però, si manifestava soprattutto nella pittura e furono tantissime le opere che ne esaltarono sempre più la maestria. La sua ultima opera, Trasfigurazione, anche se reca ancora il fascino irresistibile della sua mano, fu un quadro giudicato incoerente stilisticamente parlando e mancante di un’unità compositiva per la sovrapposizione di due episodi distinti: in alto la Trasfigurazione di Cristo e in basso la Guarigione dell’Ossesso.
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