SCANDALO IN GERMANIA: LA GRANDE TRUFFA DEL TAMPONE di

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SCANDALO IN GERMANIA: LA GRANDE TRUFFA DEL TAMPONE di
SCANDALO IN GERMANIA: LA
GRANDE TRUFFA DEL TAMPONE di
F. William Engdahl

Questo documento, proveniente da una seria organizzazione e
redatto da un ricercatore pure serio, è significativo per
molti aspetti.

Innanzi tutto riguarda un paese che ci si ostina a considerare
sopra ad ogni sospetto, dimenticando suoi megascandali famosi
come quelli riguardanti ad es. Siemens, Volkswagen, Deutsch
Bank, e la cui voce fa testo per molti paesi.

Poi la serietà dei consulenti di cui si circondano molti
governi. Gioverebbe ricordare un altro caso, quello spagnolo
dove per mesi il governo ha giustificato le proprie politiche
anti-Covid con i pareri di una commissione fantasma che, alla
fine, ha dovuto dichiarare inesistente.
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E ancora: il mito delle riviste scientifiche “peer to peer”. E
l’equivoco talvolta dei loro nomi: in questo caso
Eurosurveillance, che è una rivista privata e non
ufficialmente legata all’Unione europea, anche se lo fa
credere.”Peer to peer” significa che gli articoli pubblicati
sono stati preventivamente analizzati e riconosciuti validi da
due scienziati la cui credibilità è almeno pari a quella
dell’autore dell’articolo.

Un’ultima considerazione: la pandemia è stata dichiarata
quando ancora nel mondo i morti erano solo una decina. Se le
prove. E una domanda: come si è proceduto a analizzare i
risultati sui volontari espostisi alla prova dell’efficacia
dei vaccini? Spero che almeno su questo venga fugato ogni
possibile dubbio. E ora alla denuncia di William Engdahl.

[Aldo Zanchetta*]

                             * * *

SCANDALO CORONAVIRUS SCOPPIATO NELLA GERMANIA DI MERKEL. FALSI
POSITIVI E IL TEST DROSTEN PCR

di F. William Engdahl**

   1. William Engdahl*, Global Research, 11 Dicembre 2020

https://www.globalresearch.ca/coronavirus-scandal-breaking-mer
kel-germany/5731891

Il modello tedesco del governo di Angela Merkel, ampiamente
elogiato per il modo di affrontare la pandemia di COVID-19 è
ora investito da una serie di scandali potenzialmente
devastanti che vanno al cuore dei test e dei consigli medici
utilizzati per ordinare chiusure economiche draconiane e
prossime vaccinazioni obbligatorie di fatto. Gli scandali
coinvolgono un professore al centro del gruppo consultivo sul
coronavirus di Merkel. Le implicazioni vanno ben oltre i
confini tedeschi fino alla stessa OMS e le sue raccomandazioni
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globali.

L’intero caso del lockdown imposto dall’OMS di aziende,
scuole, chiese e altre arene sociali in tutto il mondo si basa
su un test introdotto, in modo incredibilmente veloce, nella
saga del coronavirus di Wuhan, in Cina. Il 23 gennaio, 2020,
sulla rivista scientifica Eurosurveillance, del Centro dell’UE
per la Prevenzione e il Controllo delle malattie, il Dott.
Christian Drosten, insieme a diversi colleghi dell’Istituto di
Virologia di Berlino presso il Charite Hospital, insieme al
capo di una piccola società biotecnologica berlinese, TIB
Molbiol Syntheselabor GmbH, ha pubblicato uno studio
sostenendo di aver sviluppato il primo test efficace per
rilevare se qualcuno è stato infettato dal nuovo coronavirus
identificato pochi giorni prima a Wuhan. L’articolo di Drosten
era intitolato “Rilevamento del nuovo coronavirus 2019 (2019-
nCoV) in tempo reale” tramite RT-PCR[1] (Eurosurveillance
25(8) 2020[2]).

La notizia è stata accolta con appoggio immediato dal corrotto
direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom, il primo non
medico a capo dell’OMS. Da allora il test sostenuto da Drosten
per il virus, chiamato test in tempo reale o RT-PCR, è stato
diffuso attraverso l’OMS in tutto il mondo, come il modello di
test più utilizzato per determinare se una persona potrebbe
avere contratto il COVID-19, la malattia.

Il 27 novembre un gruppo molto rispettato di 23 virologi
internazionali, microbiologi e scienziati correlati ha
pubblicato un invito a Eurosurveillance a ritirare l’articolo
di Drosten del 23 gennaio 2020. La loro attenta analisi del
testo originale è demolitoria. La loro è una vera e propria
“revisione tra pari”. Accusano Drosten e compagni di
incompetenza scientifica “fatale” e difetti nel promuovere il
loro test.

Per cominciare, come rilevano gli scienziati critici, il
documento che ha indicato il test PRC di Drosten per il ceppo
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Wuhan del coronavirus, ed è stato subito adottato con fretta
indecente dal governo Merkel insieme all’OMS per impiego a
livello mondiale, con conseguenti lockdown a livello globale e
una connessa catastrofe economica e sociale, non è mai stato
valutato “peer to peer” prima della sua pubblicazione sulla
rivista Eurosurveillance.

I critici sottolineano che “il documento Corman-Drosten è
stato presentato a Eurosurveillance il 21 gennaio 2020 e
accettato per la pubblicazione il 22 gennaio 2020. Il 23
gennaio 2020 il documento era online.” Incredibilmente, il
protocollo operativo Drosten, che era già stato inviato
all’OMS a Ginevra il 17 gennaio, è stato ufficialmente
raccomandato dall’OMS come test mondiale per determinare la
presenza del coronavirus Wuhan, ancor prima di essere stato
pubblicato .

Come sottolineano gli autori del documento dei critici, per un
argomento così complesso e importante per la salute e la
sicurezza mondiale, non è possibile una seria “peer review” di
24 ore da parte di almeno due esperti del settore. I critici
sottolineano che Drosten e il suo co-autore Dr. Chantal
Reusken, non hanno reso noto un evidente conflitto di
interessi. Entrambi erano anche membri del comitato editoriale
di Eurosurveillance. Inoltre, come riportato da BBC e Google
Statistics, il 21 gennaio vi era un totale mondiale di 6 morti
attribuiti al virus Wuhan. Si chiedono: «Perché gli autori
hanno assunto una sfida per i laboratori di sanità pubblica
mentre all’epoca non c’erano prove sostanziali che indicassero
che l’epidemia era più diffusa di quanto inizialmente
pensato?».

Un altro coautore del documento Drosten che ha dato una
copertura di apparente credibilità scientifica alla procedura
PCR Drosten è stato il capo dell’azienda che ha sviluppato il
test commercializzato oggi, con la benedizione dell’OMS, in
centinaia di milioni di esemplari, Olfert Landt, di Tib-
Molbiol a Berlino, ma Landt non ha rivelato questo fatto
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pertinente neppure nel documento Drosten.

Certamente niente di sospetto o improprio in questo, oppure?
Sarebbe importante sapere se Drosten, il principale consulente
scientifico della Merkel per il covid-19, il “Tony Fauci”
tedesco di fatto, ottiene una percentuale per ogni test
venduto da Tib-Molbiol nel suo accordo di marketing globale
con Roche.

Falsi positivi?

Dalla fine di gennaio 2020, i principali media mondiali ci
hanno inondato tutti di spaventosi aggiornamenti orari sul
“numero totale di infettati da coronavirus”. Di solito
aggiungono semplicemente ogni aumento giornaliero a un totale
globale di “casi confermati”, attualmente oltre 66 milioni.
Allarmante, ma per il fatto che, come appunto sottolineano
Pieter Borger e i suoi colleghi collaboratori scientifici,
“casi confermati” è un numero assurdo. Perché?

Il rapporto Borger identifica quelli che essi definiscono
“dieci problemi fatali” nel documento Drosten dello scorso
gennaio. Qui prendiamo il più eclatante che può essere
facilmente compreso dalla maggior parte dei lettori.

Drosten & co. hanno dato sequenze di primer e probe confuse e
non specificate.[3] I critici notano: «Questo alto numero di
variazioni non solo è insolito, ma è anche molto confondente
per i laboratori. Queste sei posizioni non specificate
potrebbero facilmente portare alla progettazione di diverse
sequenze di primer alternative che non si riferiscono alla
SARS-CoV-2 … la descrizione confusa e non specificata nel
documento Corman-Drosten non è accettabile come Protocollo
Operativo Standard. Queste posizioni non specificate avrebbero
dovuto essere indicate in modo inequivocabile. Aggiungono che
“RT-PCR non è raccomandato per la diagnostica primaria
dell’infezione. Questo è il motivo per cui il test RT-PCR
utilizzato nella routine clinica per il rilevamento del
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COVID-19 non è appropriato per la diagnosi del COVID-19 su
base normativa».

Cicli di amplificazione

Ma ancora più penalizzante per Drosten è il fatto che non ha
menzionato da nessuna parte che un test sia positivo o
negativo, o addirittura che cosa definisca un risultato
positivo o negativo! Il rapporto Borger osserva: “Questi tipi
di test virologici diagnostici devono essere basati su un SOP
(Standard Operational Protocol), incluso un numero convalidato
e fisso di cicli PCR (valore Ct) dopo di che un campione è
considerato positivo o negativo. Il valore Ct massimo
ragionevolmente affidabile è di 30 cicli. Al di sopra di un Ct
di 35 cicli, ci si deve aspettare un numero in rapida crescita
di falsi positivi… studi scientifici dimostrano che con valori
Ct di 35 vengono rilevati solo virus non infettivi (morti).
(vedi qui).

L’OMS e Drosten raccomandano un Ct di 45 cicli e, secondo
quanto riferito, attualmente è ciò che fanno anche i
funzionari sanitari tedeschi. Non c’è da stupirsi che man mano
che il numero di test aumenta nell’inizio della stagione
influenzale invernale, i “positivi” PCR in Germania e altrove
esplodono. Come sottolineano gli autori critici, se le
autorità sanitarie specificano al massimo 35 cicli, il numero
di coronavirus positivi sarebbe inferiore al 3% del numero
attuale! Notano, “un risultato analitico con un valore Ct di
45 è scientificamente e diagnosticamente assolutamente privo
di significato (un valore Ct ragionevole non deve superare i
30). Tutto ciò dovrebbe essere detto molto chiaramente. È un
errore significativo che il documento Corman-Drosten non
menzioni il valore massimo Ct per il quale un campione può
essere considerato inequivocabilmente come un risultato
positivo o negativo del test. Anche questo importante limite
di soglia di ciclo non è specificato in alcun documento
successivo presentato fino ad oggi. Gli autori aggiungono: «Il
fatto che questi prodotti PCR non siano stati convalidati a
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livello molecolare è un altro errore sorprendente del
protocollo, rendendo inutile qualsiasi test basato su di esso
come strumento diagnostico specifico per identificare il virus
SARS-CoV-2». (vedi ).

In poche parole, l’intero edificio della fondazione Gates, del
governo Merkel, l’OMS e il WEF[4], nonché il caso dei vaccini
approvati velocemente non testati adeguatamente, di fatto si
basa sui risultati di un test PCR per il coronavirus che non
vale un fico secco. Il test di Drosten e dell’OMS è più o meno
una schifezza scientifica.

Manca anche la prova del Dottore?

Questa critica devastante di ventitré scienziati leader a
livello mondiale, tra cui scienziati che hanno brevetti
relativi alla PCR, all’isolamento e al sequenziamento del DNA,
e un ex scienziato capo Pfizer, è schiacciante, ma non l’unico
problema che il professor Christian Drosten deve oggi
affrontare. Lui e i funzionari della Goethe University di
Francoforte, dove sostiene di aver conseguito il dottorato in
medicina nel 2003, sono accusati di frode in materia di
laurea. Secondo il Dott. Markus Kühbacher, specialista che
indaga su frodi scientifiche come il plagio delle tesi, la
tesi di dottorato del Dr. Drosten, per legge deve essere
depositata ad una certa data presso le autorità accademiche
della sua Università, che poi firmano un forma llegale,
Revisionsschein, verificata con firma, timbro dell’Università
e data, con titolo di tesi e autore, da inviare all’archivio
universitario. Con esso, vengono depositate tre copie
originali della tesi.

Kühbacher accusa la Goethe University di essere colpevole di
insabbiamento sostenendo, falsamente, che la Revisionsschein
di Drosten era in archivio. Il portavoce dell’Università in
seguito è stato costretto ad ammettere che non è stato
archiviato, almeno da loro non localizzabile. Inoltre, delle
tre copie obbligatorie del suo fascicolo medico, fortemente
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importanti data l’importanza a livello globale del ruolo di
Drosten nel coronavirus, due copie sono “scomparse” e la
restante unica copia è danneggiata dall’acqua. Kühbacher dice
che Drosten ora probabilmente dovrà affrontare accuse legali
per possesso di un titolo di dottorato fraudolento .

Se questo avverrà, è un dato di fatto che a Berlino è stato
avviato un altro procedimento legale contro due persone
responsabili di un sito di media tedesco, Volksverpetzer.de,
per calunnia e diffamazione, avviato da un noto e critico
medico tedesco, il dottor Wolfgang Wodarg. Il procedimento
giudiziario chiede agli imputati 250.000 euro di risarcimento
danni per diffamazione e danni materiali a Wodarg da parte
degli imputati sul loro sito online, così come su altri media
tedeschi, sostenendo che brutalmente e senza prove, hanno
diffamato Wodarg, definendolo un “covid-denier” (negazionista
del Covid), definendolo falsamente un estremista di destra (è
un ex membro del parlamento del Partito socialdemocratico per
tutta la vita) e numerose altre accuse false e dannose .

Il legale del dottor Wodarg è un noto avvocato tedesco-
americano, il dottor Reiner Fuellmich. Nelle sue accuse contro
gli imputati, Fuellmich cita per intero le accuse contro il
test di Drosten per il coronavirus del Dr. Pieter Borger e
altri ricordato sopra. Ciò sta di fatto costringendo gli
imputati a confutare il documento Borger. È un passo
importante sulla strada per confutare l’intera frode del test
PCR COVID-19 dell’OMS. Già una corte d’appello a Lisbona, in
Portogallo, l’11 novembre ha stabilito che il test PCR di
Drosten e dell’OMS non era valido per rilevare l’infezione da
coronavirus e che non era una base per ordinare un lockdown a
livello nazionale o parziale.

Se la posta in gioco non fosse così mortale per l’umanità,
sarebbe tutto materiale per una commedia dell’assurdo. Lo zar
della salute mondiale, il capo dell’OMS Tedros, non è un
medico e la OMS è finanziata massicciamente da un manager di
computer miliardario, Gates, che è anche consigliere del
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governo Merkel sulle politiche per il covid-19. Il governo
Merkel usa il test PCR di Drosten e Drosten come “saggio”
esperto per imporre le conseguenze economiche più draconiane,
a parte le guerre. Il suo ministro della Salute, Jens Spahn, è
un ex banchiere che non ha una laurea in medicina, ma solo un
periodo come lobbista per Big Pharma. Il capo del CDC[5]
tedesco, chiamato Robert Koch Institute, Lothar Wieler, non è
un virologo ma un veterinario, Tierarzt. Con questa squadra i
tedeschi vedono le loro vite distrutte da blocchi e misure
sociali mai immaginate prima al di fuori dell’Unione Sovietica
di Stalin. C’è la scienza e poi c’è la scienza. Tuttavia, non
tutta la “scienza” è valida.

* Traduzione di Aldo Zanchetta. Il traduttore è un ingegnere
chimico e non un biologo e si scusa per eventuale improprietà
della traduzione di qualche termine. I neretti sono
nell’originale.

**F. William Engdahl è consulente strategico per il rischio e
docente; ha conseguito una laurea in politica presso
l’Università di Princeton ed è autore di best-seller sul
petrolio e la geopolitica, in esclusiva per la rivista online
“New Eastern Outlook” dove questo articolo è stato
originariamente pubblicato. È ricercatore associato al Centro
di ricerca sulla globalizzazione.

N.d.T. – Prime è un segmento di DNA o RNA che è complementare
a una data sequenza di DNA e che è necessario per iniziare la
replicazione in una operazione di polimerasi. Probe è una
sequenza di singolo filamento di DNA o RNA per la sua sequenza
complementare i un campione di genoma. Il probe viene posto in
contatto col campione esaminato in condizioni tali da
permettere alla sequenza del probe di ibridizzarsi con la sua
sequenza complementare. Il probe viene etichettato con un tag
radioattivo o chimico che consente al suo punto di
collegamento di essere visualizzato. In modo analogo,
anticorpi traghettati vengono usati per verificare in un
campione la presenza di una specifica proteina.
[1] N.d.T. – Lo rtPRC è un metodo di rilevamento in tempo
reale di tracce di una entità biologica tramite un processo di
polimerasi. Non sono in grado di spiegare in modo elementare
il funzionamento ma la sua veridicità è legata al numero di
“cicli” con cui viene effettuata. Lo stesso suo inventore,
Kari Mullis, deceduto un anno or sono, aveva precisato che
oltre un numero di cicli (30) il risultato era inattendibile.
Vedi   ad   es.   www.lantidiplomatico.it       ›  dettnews-
tamponi_e_tracciamento.

[2] N.d.T. – Eurosurveillance è una rivista settimanale
scientifica peer-reviewed dedicate all’epidemiologia,
sorveglianza, prevenzione e controllo di malattie infettive,
con un focus su quei temi che sono rilevanti per l’Europa.

[3] N.d.T.: Nel linguaggio scientifico medico queste due
parole hanno il seguente significato: N.d.T. – Prime è un
segmento di DNA o RNA che è complementare a una data sequenza
di DNA e che è necessario per iniziare la replicazione in una
operazione di polimerasi. Probe è una sequenza di singolo
filamento di DNA o RNA per la sua sequenza complementare i un
campione di genoma. Il probe viene posto in contatto col
campione esaminato in condizioni tali da permettere alla
sequenza del probe di ibridizzarsi con la sua sequenza
complementare. Il probe viene etichettato con un tag
radioattivo o chimico che consente al suo punto di
collegamento di essere visualizzato. In modo analogo,
anticorpi traghettati vengono usati per verificare in un
campione la presenza di una specifica proteina.

[4] N.d.T. – World Economic Forum.

[5] N.d.T.: Centro per il controllo delle malattie.
UE:    FEDERAZIONE     RUSSA
PUTINISTA PRIMO NEMICO di V.
D.

Riceviamo e pubblichiamo

Il Commissario europeo per l’energia, il tedesco Günther
Oettinger, il 26 agosto, a Minsk, in Bielorussia, al vertice
trilaterale Russia, Ucraina e Unione europea dichiarava che
l’ambizione dell’UE è evitare, nell’immediato futuro, problemi
relativi alla sicurezza dell’approvvigionamento per i paesi
membri.

Il 27 agosto, nella città moldava di Ungheni, il commissario
Oettinger, il primo ministro moldavo Ion Chicu e il premier
romeno Victor Ponta hanno inaugurato un link tra la rete
europea e la rete moldava in direzione ovest-est. Il gasdotto
è chiaramente un’alternativa al percorso russo per
estromettere Mosca e integrare Chisinau          nella   sfera
d’influenza di Berlino e Varsavia.

Il socialista Igor Dodon, presidente della Moldavia, ha posto
all’ordine del giorno l’abbassamento del prezzo russo da 170
dollari ogni mille metri cubici a 100 dollari; il primo
ministro, il già citato tecnocrate filosocialista Ion Chicu,
ha alzato il tiro in sostanziale complicità con Berlino, con
la richiesta di maggior gas rumeno sottolineando, tra le
righe, la necessità strategica di disconnettersi da Mosca.

Il gasdotto di collegamento tra la rete europea e quella
moldava, tra le città di confine di Iaşi e Ungheni, in
Romania, sarebbe costato 28,5 milioni di euro, solca circa 11
chilometri di terra moldava ed è stato finanziato dalla BERS e
dalla Romania.

La portata di cui dispone è di 500 milioni di metri cubi e a
regime si arriverà comunque, a quanto pare, a 1,4 miliardi di
metri cubi, un dato complessivo non di molto superiore
all’attuale fabbisogno moldavo. L’obiettivo è ora quello di
estendere la rete all’intera Moldavia, la cui struttura
interna è di proprietà Gazprom, ma secondo i dati diffusi già
da ora circa il 65% di fabbisogno medio di Moldavia e
Transnistria potrebbe essere soddisfatto dal nuovo impianto.

Va considerato che la crisi bielorussa è iniziata mesi fa
proprio sul prezzo del gas russo e, vista in una ottica un
poco differente da quella della rivoluzione colorata a Minsk,
come hanno giustamente sottolineato fuori dal coro Angelo
Vinco in questo sito e Stefano Zecchinelli ne
“L’Interferenza”, se non fossero scoppiati i recenti disordini
a agosto, non si sarebbe placata la diatriba sul prezzo.

Il socialista moldavo Dodon sembra quindi quasi voler
ripercorrere la pregressa tattica di Lukashenko: mediare
amichevolmente con Berlino e con Pechino con il fine di
stremare e indebolire la controparte russa. Il gioco si svolge
però sul filo del rasoio: circondata da basi NATO la Russia
non può retrocedere più di troppo da Minsk, Belgrado,
Chisinau, che ne costituiscono il simbolico ultimo bastione
strategico prima della inevitabile “fase Kutuzov”.

Il Globalismo elitistico, irreligioso e nichilistico, ha da
tempo individuato nel Putinismo cristiano-ortodosso l’unico
concreto antagonista mondiale sul campo, politico, economico e
culturale, ma la UE, sino a pochi mesi fa, non era
particolarmente attiva sul fronte russofobo.

L’FSB russo, in collaborazione con l’intelligence bielorussa,
ha di fatto intercettato un dialogo che mostrerebbe la regia
del cancellierato di Berlino, in collaborazione con lo
spionaggio polacco, sul caso del falso avvelenamento di
Navalny:
Varsavia: L’avvelenamento è confermato, vero?
Berlino: Ascolta ……in questo caso non è poi questo fatto così
importante. Siamo in guerra e in guerra tutti i metodi vanno
bene…….
I popoli europei non sanno di essere in guerra con Putin, ma
le élite militari e politiche europeistiche si dichiarano in
guerra con la Federazione Russa e stanno di fatto battendosi
per una loro guerra contro il presidente russo. Il
responsabile di una frazione dell’intelligence all’estero,
Sergey Nayshkin, ha infatti genericamente parlato di
falsificazione dell’operazione Navalny e di falso
avvelenamento, senza puntare specificamente o ripetutamente il
dito   sui   tradizionali    avversari    dell’intelligence
angloamericana, come avveniva solitamente in un contesto
simile o come sarebbe avvenuto se vi fosse stato anche una
poco più minima certezza.

I maggiori partiti politici tedeschi, a eccezione di una
piccola frazione conservatrice della CDU e del movimento di
nuova destra Alternativa per la Germania, chiedono ora la
immediata sospensione del Nord Stream 2, una necessaria
vendetta politica e geopolitica contro il Putinismo che
avvelenerebbe gli oppositori. Heiko Maas , ministro esteri di
Berlino, ha dichiarato domenica 6 settembre che la Germania
bloccherà il Nord Stream 2 se la Russia non riconoscerà la
propria responsabilità nel caso Navalny.

Allo stesso tempo, però, si rafforza l’asse Modi-Putin sia sul
piano della collaborazione militare sia su quello della
collaborazione sanitaria, basata sulla produzione, da parte di
aziende indiane, dello “Sputnik V” che avrebbe superato tutti
i test del caso nel 100% dei casi, come testimonia la rivista
medica britannica, altamente indipendente, Lancet.

E la stessa mossa di Trump sul Kosovo-Metohija, un duro colpo
sferrato a UE e a Erdogan, di certo non può che andare
incontro ai desiderata di Mosca. Allison, in un recente saggio
su cui si è molto discusso, “Destinati alla guerra”,
paragonava sostanzialmente la Cina odierna alla Germania dello
scorso secolo, prevedendo come inevitabile un conflitto caldo
tra Stati Uniti e Cina, secondo la tradizionale logica della
“trappola di Tucidide”.

Viceversa, è a nostro avviso la Russia Putinista, non la Cina,
a subire ormai da anni la fase strategica di accerchiamento
(Einkreisung) sia da Occidente sia da Oriente; accerchiamento
fino a ieri soprattutto politico e ideologico, da pochi anni
anche economico.

C’è solo da augurarsi che cresca la fronda interna per far
tornare sui propri passi la signora Merkel, che recherebbe
gran danno a tutti i popoli europei nel persistere della sua
durezza di fatale contrapposizione ai popoli ortodossi, dal
Mediterraneo all’Europa centro- orientale.
IL GIOCO TEDESCO di Leonardo
Mazzei

Ci siamo già occupati della virulenta campagna politico-
mediatica a favore del Mes che imperversa ormai da settimane
nel nostro Paese. Abbiamo spiegato come la volontà di attivare
questo meccanismo niente abbia a che fare con le enormi
necessità economiche dell’Italia. Cosa c’è allora dietro a
tanta foga, a tante falsità diffuse a piene mani dalle forze
sistemiche? Ecco una domanda che può portarci lontano.

Ricapitoliamo anzitutto i termini della questione. Qualora
attivato il Mes può fornire all’Italia un prestito pari al 2%
del Pil, in soldoni 36 miliardi di euro. La propaganda
vorrebbe farci credere che, a differenza di quello “vecchio”,
il “nuovo” Mes sia privo di stringenti condizioni, ma – come
abbiamo spiegato qui – ciò è falso. Al “nuovo” Mes si accede
sì incondizionatamente, ma le regole statutarie di questa
trappola ammazza-Stati scatteranno per statuto subito dopo.
Il Mes non è però figlio unico. Esso fa invece parte di
un’allegra famigliola di tre pargoli generati dall’oligarchia
eurista. Gli altri due fratelli si chiamano Sure e Recovery
fund (adesso rinominato dalla fantasiosa anagrafe brussellese
come Next generation EU). Secondo la narrazione prevalente
delle èlite italiote, i tre fratelli (Mes compreso) sarebbero
ormai pura espressione del bene, manifestazione quasi ultra-
terrena di una solidarietà europea mai vista né conosciuta
finora. Ed anche per i più prudenti, la generosa natura
dell’ultimo nato, il Recovery fund, basterebbe comunque a
bilanciare il proverbiale cattivo carattere del primogenito.
Peccato che sia la solita menzogna, visto che il Recovery fund
altro non è che un Mes più grande, dove al posto delle
“condizionalità” ci sono le “riforme”. Il che, in linguaggio
eurista, se non è zuppa è pan bagnato.

All’Italia non viene dunque concesso alcunché, ma solo la
possibilità di generare nuovo debito, tramite prestiti da
restituire, benché a tassi bassi ed in tempi relativamente
lunghi. Il tutto però ad una precisa condizione: quella di
subordinarsi definitivamente ad un’Unione sempre più a
direzione tedesca. Una prospettiva che il blocco dominante
 italiano trova evidentemente non solo accettabile, ma per
certi aspetti perfino allettante.

Le ragioni di questa irresistibile attrazione le conosciamo.
Per i padroni del vapore, l’ordoliberismo di matrice teutonica
ben si sposa con il modello mercantilista, incentrato sul
binomio esportazioni/bassi salari, impostosi in particolare
dal governo Monti in avanti. Per la classe politica di governo
– comprendendo in essa anche i governi regionali, dunque tanta
e decisiva parte della Lega salviniana – la collocazione sotto
e dentro la cupola europea è tuttora la migliore assicurazione
sulla vita (politica) dei suoi membri.

L’unione di questi soggetti, fatta di interessi ed intrecci di
vario tipo, spesso ben visibili nel famoso sistema delle
“porte girevoli”, è il nucleo duro di quel che chiamiamo
“blocco dominante”. Ormai da tempo, questo blocco non ha più
alcuna visione generale sul futuro della società italiana che
non sia l’interesse immediato e la mera conservazione del
potere. Obiettivi che oggi persegue saldandosi e
subordinandosi vieppiù all’oligarchia eurista che pretende di
comandarci da Bruxelles e Berlino.

La crisi del Covid 19 poteva essere l’occasione per una
frattura, almeno parziale, tra questo nostrano blocco
dominante e l’oligarchia unionista. Così non è stato, a
dimostrazione di un degrado crescente che andiamo segnalando
da tempo. Un decadimento che porta il segno di una borghesia
nazionale sempre più trasformata in borghesia compradora, e di
un ceto politico sempre più vile, servile e ricattabile,
figlio di quel processo di americanizzazione della politica
non a caso innescatosi proprio in contemporanea con
l’accelerazione del progetto eurista, all’inizio degli anni
’90 del secolo scorso.

Fin qui l’Italia e la sua classe dirigente. Ma qual è il gioco
tedesco?

Ecco un punto che va capito fino in fondo. Tra i sovranisti
italiani spuntano di tanto in tanto due assurde credenze: che
sarà proprio la Germania ad uscire dalla moneta unica; che
l’UE imploderà da sola, vittima della sua intrinseca
insostenibilità. Queste due credenze hanno lo scopo di
rassicurare, di far credere che sia in fondo aggirabile il
nodo dell’uscita. Che invece aggirabile non è.

Si tratta di due credenze disarmanti e perniciose. In fondo,
se se ne vanno loro (i tedeschi), perché lottare per
l’Italexit? Se la fortezza eurista verrà giù da sé, perché
accanirsi ad attaccarla? E’ anche da leggende come queste che
fioriscono le illusioni tecniciste sulle monete parallele, le
“monete fiscali”, le “monete di stato”, e via coniando. Tutto
cose positive, beninteso. Al momento opportuno cose pure
necessarie, ma semplicemente inattuabili finché si resta
nell’UE e nell’euro. Quel che certuni non comprendono, e che
spesso non vogliono comprendere, è che la battaglia per
l’uscita dalla gabbia in cui l’Italia è finita non è questione
tecnica, bensì eminentemente politica.

E qual è allora la politica di chi il gioco lo conduce?
Contrariamente a quel che capita di leggere, la Germania non
ha alcuna intenzione di far crollare l’UE, tantomeno quella di
tirarsene fuori. L’Unione europea parla sempre più in tedesco,
per quale motivo a Berlino dovrebbero essere così
autolesionisti da tagliare il ramo su cui sono seduti? Certo,
in assoluto nulla si può escludere. Nei tempi lunghi è
possibile che le contraddizioni insite nell’impianto eurista
ne determinino alla fine il crollo. Ma nei tempi lunghi, come
avrebbe detto Keynes, saremo tutti morti.

La politica non può mai fondarsi su discutibili profezie
riguardanti i tempi lunghi, ma solo su concreti obiettivi
riguardanti il breve ed il medio periodo. L’ordine di
grandezza della prospettiva politica – quando è lungimirante –
sono gli anni, non i secoli. Detto questo, è chiaro come oggi
l’obiettivo tedesco, e quello dell’intera oligarchia eurista,
è quello di traghettare l’UE fuori dalla crisi senza troppi
scossoni, per tornare poi quanto prima alle regole di bilancio
scolpite nella pietra dei trattati europei.

Passata ‘a nuttata, si tornerà ai santi vecchi. Su questo, chi
scrive non ha mai avuto dubbi. Ma chi scrive non conta nulla,
mentre l’altro giorno ha parlato (vedi il Sole 24 ore del 2
luglio) un certo signor Dombrovskis, una nostra cara vecchia
conoscenza che ha l’indiscusso merito di dire la verità. E
qual è questa verità che i nostrani europeisti al cubo proprio
non possono dirci? E’ che in autunno si comincerà a parlare di
quando riattivare il famigerato Patto di Stabilità, le cui
regole austeritarie sono state solo sospese durante il periodo
più critico dell’epidemia (vedi la lunga citazione nella
nota1). Se ne parlerà per riattivarle già nella primavera del
2021? Questo ancora non si sa, ma la spada di Damocle è già
legata al soffitto. Così almeno ci dice il lettone
Dombrovskis, che essendo il vice della signora Von der Leyen è
di certo persona informata dei fatti.

Come si vede, dire che l’UE è totalmente irriformabile non è
certo una frase estremista, ma solo la sobria constatazione
della realtà delle cose, che a volte vanno solo osservate.

Le regole ordoliberali sono dunque destinate a tornare. Ma il
governo tedesco non è folle. Ed a Berlino hanno un problema,
che per nostra sfortuna si chiama Italia. L’Italia però non è
la Grecia, e Merkel sa benissimo che un’uscita dell’Italia
dall’eurozona sarebbe l’inizio della fine dell’euro,
probabilmente della stessa Unione. E sarebbe perciò l’inizio
di una stagione di guai proprio per la Germania.

Chiaro dunque come i governanti tedeschi non vogliano affatto
lo strangolamento dell’Italia. Non per un’inesistente
solidarietà europea, che ovviamente non esiste, ma per la
salvaguardia del proprio stesso interesse. Detto en passant,
questo particolare peso del nostro Paese nella presente
congiuntura europea avrebbe dato – se opportunamente giocato –
una straordinaria forza negoziale al governo Conte. Il quale
però non se ne è avvalso, timorato com’è da ogni rischio di
frizione con il padrone tedesco.

Lo strangolamento dell’Italia non è nei programmi di Berlino
perché questo potrebbe portare, magari obtorto collo, alla
nostra uscita dall’euro. Non sia mai!

Ma l’alternativa allo strangolamento non è meno micidiale per
il nostro Paese. Il gioco tedesco consiste infatti nel tenere
l’Italia con l’acqua alla gola. Che respiri, ma che non possa
in alcun modo rialzare la testa. Tutte le scelte di questi
anni, dalla “flessibilità” concessa a Renzi, alle procedure
d’infrazione minacciate e poi ritirate, alle continue
trattative in occasione delle ultime Leggi di bilancio, vanno
in questa direzione. Da anni – almeno dal governo Monti –
l’Italia è un paese di fatto commissariato, la cui classe
politica va tutelata proprio perché servile, la cui economia
deve galleggiare ma senza mai venir fuori dall’infinità
stagnazione seguita alla recessione del 2008-2009.

Se tutto ciò era vero fino a ieri, a maggior ragione è vero di
fronte agli enormi rischi dell’oggi. La linea italiana di
Berlino è chiara, logica e senza vere alternative.

Cosa significa in concreto, oggi, l’applicazione di questa
linea? La mia non può essere altro che un’ipotesi, ma penso
che questa linea abbia già dato luogo ad un patto non scritto
tra Conte e Merkel, tra il governo italiano e l’intera cupola
eurista.

Un   patto   nel   quale   la   Germania   chiuderà   un   occhio
sull’acquisto dei Btp da parte della Bce, mentre l’Italia
accetterà l’intero pacchetto (ovviamente Mes incluso) che
servirà appunto ad impacchettarla ben bene.

Le stesse vicende politiche nostrane, se lette alla luce di
questo patto, diventano in effetti più comprensibili.
All’attuale ceto politico-istituzionale galleggiare basta e
avanza, e quel patto con la Germania gli consente appunto
(almeno così credono) di stare a galla. Che poi questo
ancestrale primum vivere della classe dirigente porti il Paese
al disastro, a lorsignori importa davvero poco.

Ma il disastro è già reale per milioni di persone, e peggio
ancora sarà nei prossimi mesi. Al gioco del dominio tedesco si
dovrà rispondere con la mobilitazione e la lotta, con la
determinazione a percorrere la via dell’Italexit.

In un’intervista al Corriere della Sera del 2 luglio, il
premier olandese Mark Rutte, leader dei rigoristi del Nord, ha
detto che l’Italia deve imparare a fare da sola. Bene,
prendiamolo in parola. L’Italia può farcela: ad uscire dalla
crisi, a venir fuori dalla gabbia europea. Avendo ben chiaro
che il primo obiettivo sarebbe pura illusione senza il
raggiungimento del secondo.

Non sarà certo una lotta facile. I processi di liberazione non
lo sono mai. Intanto cerchiamo di avere chiaro qual è il gioco
tedesco, che è poi quello della cupola eurocratica che vuol
riportare l’Italia ad essere quella mera “espressione
geografica” di cui scriveva il Metternich nel 1847.

*Leonardo Mazzei è membro del Cpt di Lucca

Nota

(1) Dombrovskis è tornato sul tema in un’intervista rilasciata
ieri alla Corriere della Sera. E più chiaro di così non
avrebbe potuto essere:

«Il Patto di stabilità non è sospeso. Abbiamo solo attivato la
“General Escape Clause”, la clausola generale di fuga, che
certo ha conseguenze importanti e infatti non stiamo indicando
ai governi obiettivi di debito e di deficit. Ma questa
clausola ha anche chiare condizioni di scadenza e si applica
in caso di una severa contrazione dell’economia. Quando poi
non saremo più in una fase di severa caduta dell’economia,
abbiamo detto che l’avremmo disattivata. Non possiamo dire
quando, data l’incertezza. Torneremo sul tema in autunno. Di
recente lo European Fiscal Board ha suggerito che la clausola
andrebbe rivista entro primavera prossima al più tardi».

Fonte: Liberiamo l’Italia

LA       SOVRANITÀ                  TEDESCA                di
Piemme

                                                     “Specchio
specchio delle mie brame, chi è il più sovrano nel reame?”

Che in seno all’Unione fosse la Germania non era un mistero.

Ha un nome impronunciabile la Corte costituzionale tedesca
(Bundesverfassungsgericht).
Si attendeva con ansia la sua sentenza in merito alla
ammissibilità, ovvero la compatibilità con la Grundgesetz
—ovvero la Costituzione tedesca — del “Quantitative easing”,
il programma di acquisto di titoli sovrani lanciato dalla Bce
governata da Mario Draghi nel 2015 per far fronte alla crisi
finanziaria post-2008

Com’è noto, una delle principali caratteristiche della
Costituzione tedesca è che essa, per quanto attiene alle
politiche economiche e di bilancio pubblico, incorpora i dogmi
dela dottrina ordoliberista e monetarista —— vedi in
particolare gli articoli 107-115.

La sentenza è puntualmente arrivata. Il “Quantitative easing”,
non è dichiarato apertamente illegale e/o anticostituzionale
— quindi non si intima alla Bundesbank, come chiedevano coloro
che hanno presentato ricorso alla Corte, di uscire dal
programma della Bce. Tuttavia la stessa Corte, come si legge
nelle note di agenzia, fissa “robusti paletti sui margini di
azione della banca centrale europea”.

Come dire, “quello che è stato è stato, ma d’ora in poi niente
furbate, basta con politiche monetarie espansive, ovvero con
acqisti futuri da parte della Bce di titoli degli stati con
alto debito pubblico”.

Le stesse agenzie informano della “profonda irritazione della
Commissione europea”. La ragione di questa “irritazione” è
presto detta: l’Alta Corte tedesca indica al decisore politico
germanico nonché alla Bundesbank che dovranno opporsi non solo
all’idea di “eurobond” o “coronabond” europei, dovranno dire
no anche al cosiddetto e pur aleatorio Recovery fund, cioè al
finanziamento agli stati garantito dal bilancio dei paesi
dell’eurozona.

Si dirà che la sentenza della Corte costituzionale tedesca non
si applica ai recenti programmi già adottati dalla Bce in
risposta alla crisi del coronavirus. Vale a dire al Pepp
(Pandemic Emergency Purchase Programme), il nuovo programma di
acquisto di titoli di Stato varato il 18 marzo come ‘scudo
anti-spread’ in tempi di pandemia: 750miliardi di euro di
acquisti. Ma è evidente che la decisione di Karlsrhue lega le
mani alla Bce.

Non si spiega altrimenti perché la settimana scorsa il board
della Bce ha evitato, come già annunciato, di potenziare il
Pepp di altri 500 miliardi di euro. Evidentemente a
Francoforte sapevano in anticipo quel che noi abbiamo saputo
solo ieri sera.

La decisione dell’Alta corte tedesca avrà serie conseguenze
sull’Eurogruppo che si riunirà venerdì prossimo, il summit dei
ministri delle finanze che dovrebbe indicare le linee guida
per l’accesso a nuove linee di credito per far fronte alla
gravissima crisi causata dalla pandemia. In poche parole il
Governo Conte si scordi che potrà accedere al Mes (Meccanismo
europeo di stabilità) senza accettare dure condizioni.

Morale della favola: è evidente non solo lo scollamento
dell’Unione europea. Viene a galla che davanti alla più grave
crisi della sua storia, l’Unione non è minimamente in grado di
adottare una risposta unitaria e potente. E senza questa
risposta la sua dissoluzione è posta all’ordine del giorno.

Ognuno per sé, Dio per tutti? Non tutto il male vine per
nuocere.
Si conferma quanto andiamo dicendo da tempo, che per il nostro
Paese, c’è un solo modo per evitare il baratro, l’Italexit.

IN  GERMANIA   IL                          CONTAGIO
AUMENTA. FALSO!!!
La
dittatura del “tutti a casa” è alla disperata caccia di “fake
news”. Siccome siamo effettivamente a casa, gliene forniamo
una fresca fresca.

Ore 13:30 del 28 aprile. Tutti i giornaloni sparano la
notiziona: “La Germania allenta il lockdown e il tasso di
contagio risale” (la Repubblica); “In Germania risale l”indice
di contagio R0: doccia fredda sulla ripartenza del Paese”
(Corriere della Sera); “E in Germania il contagio risale” (Il
Messaggero). Al pari delle schiere di virologi ed epidemiologi
televisivi, che hanno il sacro terrore di tornare nell’ombra
qualora l’epidemia (come in effetti sta avvenendo) declinasse,
tutti rapidi quando c’è da dare buone notizie…

Problema: quanto è fondato questo terrorismo? La fonte è il
“Robert Koch Institute”, ma in tutta evidenza si tratta solo
di stime, quanto attendibili ce lo dirà il futuro.

A noi pare, però, che le cose non quadrino. Se il tasso di
contagio fosse in risalita, anche il numero dei casi dovrebbe
crescere. Ma così non è.
Qui sotto le curve del contagio in Germania ed in Italia.

Curve   dei   casi   giornalieri   in   Germania   ed   in   Italia,
aggiornate al 27 aprile (fonte Worldometers)

Primo, non c’è alcun segnale di peggioramento della curva del
contagio in Germania. Secondo, la tendenza al calo è assai più
netta in Germania che non nell’Italia blindata dai cialtroni
del governo Conte. Che ci dicono in proposito i giornaloni?

In effetti circolano diverse fake news…

Fonte: Liberiamo l’Italia

ITALEXIT O AGONIA di Piemme
Ci
vuole una bella faccia tosta a presentare il vertice
dell’Unione europea come un successo. Non è quella che manca a
Conte.
Il lettore si aspetterà che spieghiamo quelle che, con gergo
liberista, vengono chiamate “tecnicalità” e/o “condizionalità”
dell’accordo raggiunto tra i capi di stato e di governo
dell’Unione europea. Immaginerà che entriamo nei dettagli
della tripletta Bei-Sure-Mes. Resterà deluso poiché è tutto
aleatorio, rimandato al prossimo vertice. Figuriamoci se
possiamo dare un giudizio sul cosiddetto “Recovery fund”, che
per aria stava e per aria resta, e ammesso che scenda a terra,
i suoi fondi sarebbero erogati a babbo morto, ovvero l’anno
prossimo.

Né, del resto, possiamo dire qualcosa sui tanto strombazzati
“eurobond”, che la Merkel ha chiesto e ottenuto che non
fossero nemmeno posti all’ordine del giorno.

Questa assenza di dettagli ed evidenze dice molto, anzi dice
tutto. Ci dice che ancora una volta s’è imposta la linea
tedesca: nessuna condivisione, non solo dei debiti pregressi,
nemmeno di quelli futuri.
Chi si illudeva che davanti al dramma del COVID-19 e alla più
grave crisi economica e sociale, i falchi dessero segni di
resipiscenza, che cioè fossero disposti ad allargare i cordoni
della borsa, ha preso l’ennesimo ceffone. Abbiamo avuto
l’ennesima dimostrazione che la Ue non è riformabile.

Ballano solo alcune cifre sull’ammontare che l’Unione europea
potrebbe devolvere per fare fronte all’inevitabile crollo
economico — la Lagarde proprio ieri ha detto che si prevede
per l’eurozona una caduta del Pil quest’anno del 15%, col che
si può facilmente immaginare che per l’Italia andrà ancora
peggio —, cifre spaventosamente insufficienti. La sproporzione
tra la gravità della malattia e l’inefficacia del farmaco è
abissale.

Del resto, anche ove la Ue, raschiando il fondo del barile,
giungesse a dare garanzie per 500-700 mld, essi non solo
sarebbero spalmati su tutta l’Unione, sarebbero in gran parte
a prestito, ed ogni singolo paese dovrebbe risponderne. Ci
diranno i cicisbei del governo, che sarebbero senza
“condizionalità” prescrittive. Si tratta di un trappolone. Le
“condizionalità”, verrebbero imposte dai mercati finanziari,
che agirebbero come spietato prestatore di ultima istanza.
Immaginiamo infatti cosa potrebbe accadere nei prossimi anni,
quando il debito pubblico italiano (per non contare quello del
settore privato) sarà salito alle stelle. I “mercati”
alzerebbero la posta, esigerebbero lauti interessi in cambio
del rischio e potreb

A quel punto un default — la qual cosa, ricordiamolo, non
significa bancarotta, che uno Stato non va in bancarotta, ma
sarebbe lo stato di insolvenza — sarebbe inevitabile, cosa che
implicherebbe, nel perimetro della Ue e in ambiente
globalizzato, non solo una draconiana austerità e la miseria
generale; significherebbe che la finanza predatoria andrebbe
all’incasso comprando a prezzi stracciati beni reali:
industrie, filiere produttive,     banche,   beni   pubblici   e
 demaniali. La Grecia insegna.

C’è chi, in questo contesto, pur di non prendere atto che
l’Unione non c’è più, che è un cadavere che cammina, pur di
evitare la decisione di uscire da questa gabbia di matti,
spera nell’intervento salvifico della Bce. Costoro — tra i
quali adesso si annovera anche Bagnai, che dal “fuori
dall’euro” è passato al “più euro” — chiedono che la Bce
svolga finalmente, come le altre banche centrali, la funzione
di prestatore di ultima istanza: acquisti tutti i titoli di
debito finanziando direttamente gli Stati, tra cui il nostro.
Vero è che questa mossa salverebbe l’Unione dal collasso
finale.

La Germania e i suoi segugi accetterebbero mai di affidare
alla Bce questa funzione? Ne dubitiamo. Il dilemma verrà forse
sciolto il 5 maggio dalla Corte costituzionale tedesca che si
esprimerà sulla liceità del “Quantitative easing” (Qe).
Azzardiamo un pronostico: essa sancirà che il Qe se non cozza
apertamente con la Costituzione tedesca, rappresenta tuttavia
una sostanziale deviazione dai suoi principi, con ciò
ribadendo il rifuto che la Germania debba ubbidire a poteri
sovraordinati, quindi ponendo una pietra tombale sulle
speranze di coloro che credono nell’intervento salvifico della
Bce.

Con ciò la palla, con un lungo cross, sarà gettata dalla
Germania al di sotto delle Alpi, nella metà italiana del
campo. E starà all’Italia decidere: tirarsi fuori dall’Unione,
riprendendosi la propria sovranità politica e monetaria allo
scopo di finanziare un grande piano di investimenti pubblici e
sostenere la domanda interna (contestualmente controllando il
movimento dei capitali per imperdirne la fuga), oppure
un’inesorabile agonia, accettando così di entrare in un
periodo di gigantesche tensioni sociali interne.

Gli attuali Gaulaiter al governo cesseranno di agire da ascari
e servi? Invertiranno, prima che sia troppo tardi, la rotta?
Ne dubitiamo.

Le   forze   patriottiche   debbono   prepararsi   ad   una   dura
battaglia, sapendo che molto probabilmente dovranno prendere
in mano un Paese in macerie.

I   TEDESCHI                          PIÙ          POVERI
D’EUROPA?
Vale la pena segnalare
                                     un’indagine della Bce
                                     del 2013. Essa prendeva
                                     in     considerazione
                                     anzitutto il tasso di
                                     proprietà immobiliare
                                     delle famiglie.
                                     Era già noto che esso è
                                     in Germania tra i più
bassi, mentre nei paesi mediterranei è decisamente più alto,
così noi, ma anche greci e spagnoli, risultavamo più ricchi
dei tedeschi. Per di più il tasso d’indebitamento dei
cittadini tedeschi era tra i più alti della Ue.
Di acqua ne è passata sotto i ponti. Una nuova indagine
mostrerebbe di sicuro che le politiche austeritarie adottate
per stampellare l’eurozona, hanno causato un impoverimento dei
paesi mediterranei (a cominciare dalla Grecia) a tutto
vantaggio della Germania.

                         *   *  *
Uno studio della Bce mostra che i tedeschi sono tra i più
poveri d’Europa
di Shai Ahmed*

I tedeschi sono una delle popoalzioni più povere d’Europa,
persino più povere di quelle nelle travagliate nazioni
periferiche di Grecia, Spagna e Italia, ciò secondo i
sorprendenti risultati di un sondaggio congiunto di diversi
dipeartkenti della Banca centrale europea.

L’indagine sulle finanze e i consumi delle famiglie (HFCS) ha
esaminato la ricchezza delle famiglie in alcuni paesi chiave
dell’area dell’euro.

Secondo il rapporto, “la composizione della ricchezza netta è
determinata principalmente da beni reali”, di cui la
componente principale è la ricchezza abitativa occupata dai
proprietari.
Per i paesi che non hanno alti tassi di proprietà della casa e
non hanno registrato aumenti significativi dei prezzi delle
case, la ricchezza netta appare più marcatamente ridotta, come
la Germania, che è “più povera” in termini di ricchezza netta
rispetto ad alcuni paesi che invece finanziano programmi di
salvataggio.

L’indagine ha identificato il tasso di proprietà in immobili
delle famiglie in cinque categorie: residenza principale,
altre proprietà immobiliari, veicoli, oggetti di valore e
attività di lavoro autonomo.

Rispetto a tutti i paesi indagati questo tasso è in Germania
il più basso.

La Germania ha infatti uno dei tassi di proprietà più bassi
quando si tratta di residenza principale ed anche uno dei più
bassi in termini di altre proprietà immobiliari.

Grecia, Cipro e Spagna hanno mostrato tassi più elevati e
quindi una maggiore ricchezza netta.

Un fattore, che avrebbe potuto distorcere i risultati, è che
il sondaggio ha esaminato la ricchezza delle famiglie e non
degli individui. Pertanto, quei paesi che hanno una tradizione
e una preferenza culturale per le famiglie più numerose,
prevalentemente nell’Europa meridionale, possono sembrare più
ricchi.

La ricchezza netta secondo i risultati è sostanzialmente più
elevata a Cipro a 671.000 euro rispetto ai 195.000 euro
alquanto irrisori per i tedeschi.

Anche la Spagna supera la Germania con una ricchezza netta
pari a 291.000 euro e l’Italia a 275.000 euro.

Alla luce dei fatti macroeconomici sul campo, potrebbe essere
sorprendente apprendere che la Germania, nel suo insieme, è
“più povera” di Cipro, un paese in ginocchio, o della Spagna
dove la disoccupazione si attesta al 26 percento, rispetto al
tasso della zona euro del 12 percento.

Scrive la BCE:

 «La misurazione della ricchezza è subordinata al fatto che la
 variazione della ricchezza è influenzata dalle istituzioni e
 da macrodinamiche che recentemente hanno differito
 sostanzialmente tra le varie famiglie, regioni e paesi sia
 con dell’eurozona che fuori».

L’idea che i cittadini delle nazioni periferiche abbiano
sperperato la loro ricchezza e siano stati frivoli, è stata
anche smentita dalla ricerca.

Gli italiani risultano essere i più parsimoniosi nello studio
con il tasso d’indebitamento più basso..

Il settantacinque percento delle famiglie italiane non ha
alcun debito, rispetto a circa il 53 percento in Germania e il
34 percento in Olanda.

* Fonte: CNBC
** Traduzione a cura della redazione

IL   MODELLO   TEDESCO   NON
FUNZIONA NEANCHE IN GERMANIA
di D. Moro
[ sabato 3 agosto 2019 ]

Da anni la Germania viene portata a esempio agli altri Paesi
europei, soprattutto a quelli meridionali. Eppure, il modello
tedesco, basato sull’export manifatturiero e su un ampio
surplus commerciale unito a forti attivi di bilancio pubblico,
appare in difficoltà, rivelandosi dannoso per la stessa
Germania. Malgrado l’export di maggio 2019, rispetto al maggio
2018, sia cresciuto del 4,5% e il surplus commerciale ammonti
a 20,6 miliardi contro i 20 dell’anno precedente, la
manifattura tedesca, secondo uno studio della KFW, la Cassa
depositi e prestiti tedesca, è in recessione. Una affermazione
confermata dall’indice di Ihs Markit e dai dati di eurostat,
che denotano un evidente calo della produzione manifatturiera.

L’indice di acquisto manifatturiero di luglio (PMI), elaborato
dalla Ihs Markit, è a 43,1, il minimo da 84 mesi, cioè da
sette anni. A pesare sarebbero soprattutto le prospettive del
settore auto. Per quanto riguarda la produzione manifatturiera
complessiva in volume, la Germania, dopo aver registrato una
crescita tra la metà del 2016 e la metà del 2018, risulta in
calo tra la metà del 2018 e il primo trimestre 2019. Inoltre,
se guardiamo a tutto il periodo dal quarto trimestre 2015 al
primo trimestre 2019 l’Italia fa meglio della “locomotiva”
tedesca (Graf. 1). Anche nell’indice Markit l’Italia (48,84) e
l’eurozona (46,4) si situano al di sopra della Germania.
Produzione manifatturiera di Germania e Italia in volume per
                          trimestre
 (indice 2015=100; dati destagionalizzati e corretti per gli
                    effetti di calendario)

   Fonte: Eurostat, Production in industry – quarterly data
                         [sts_inpr_q]

Le difficoltà della Germania nella manifattura, ma non solo in
essa, si manifestano anche negli esuberi di personale proprio
nelle grandi aziende che rappresentano i campioni tedeschi a
livello mondiale. Sono 85mila i dipendenti a tempo pieno che,
si prevede, verranno espulsi dalla produzione nel prossimo
futuro. Si parte dalle banche: Deutsche Bank ha annunciato
esuberi per 18mila unità e Commerzbank per 5.300. Nella
manifattura si annunciano tagli tra 5mila e 7mila unità in
Daimler, 4mila in Bmw, 6mila in Basf entro il 2021, 6000 in
ThyssenKrupp, 12.700 in Siemens, 3000 in Sap e 4500 in Bayer.

Il pericolo principale per l’economia tedesca, che già si
trova a far fronte a una riduzione dei titoli in borsa e degli
utili, è la contrazione del mercato mondiale, legata anche
alle guerre commerciali intraprese da Trump, che, dopo la Cina
potrebbe prendere di mira la Germania. Del resto, come abbiamo
detto, la manifattura tedesca è orientata all’export, come è
dimostrato dall’alta quota delle esportazioni di beni sul Pil,
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