Sanità, sono 400 i precari a rischio - Cronache ...

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Sanità, sono 400 i precari a
rischio
di Erika Noschese

Sono 400 i giovani a rischio, assunti presso l’azienda
ospedaliera universitaria Ruggi d’Aragona in piena emergenza
covid ma per loro ora sembra esserci uno spiraglio. Ieri
mattina si è infatti tenuto un presidio di protesta dinanzi la
palazzina amministrativa del nosocomio locale: gli operatori
sanitari precari dell’azienda hanno chiesto a gran voce la
proroga dei contratti in scadenza al 31 marzo e al 30 giugno,
e l’avvio dei processi di stabilizzazione per coloro che sono
in possesso dei requisiti della Legge Madia e dei 18 mesi al
30/06 per gli assunti durante l’emergenza Covid. “Il Presidio
ha dato i suoi primi frutti considerata la delibera pubblicata
dall’azienda che avvia la ricognizione del personale in
possesso dei 36 mesi al 30 marzo 2022. Ora ci aspettiamo
risposte immediate per i precari in scadenza al 31 marzo e a
giugno. Questi lavoratori continuano a garantire i servizi
presso i reparti e le strutture ospedaliere e sono essenziali
per il proseguimento degli stessi – hanno dichiarato i
sindacalisti della Rsu Cgil del Ruggi congiuntamente al
Segretario Generale Antonio Capezzuto – Privarsi di oltre 400
operatori sanitari significherebbe mettere a rischio la
garanzia dei Lea e fare un balzo indietro di anni, tornando ad
una condizione di carenza di personale che ha messo in
ginocchio la sanità per anni. Ad oggi, anche alla presenza di
questi precari, risulta ancora una forte carenza di personale,
pertanto non ci spiegheremmo la loro mancata proroga o
stabilizzazione”. In attesa di risposte certe, la
mobilitazione continuerà nelle prossime settimane per
richiamare l’attenzione della Direzione Strategica e delle
istituzioni su una vertenza che vede al centro non solo il
destino lavorativo di questi professionisti ma dell’intera
sanità provinciale. Molti dipendenti lavorano presso l’azienda
ospedaliera universitaria da circa 18 mesi, per lo più
impegnati presso il laboratorio per analizzare i tamponi.
Giorni di sacrificio, turni ordinari e straordinari ma per
loro la stabilizzazione sembra lontana. I lavoratori,
accompagnati dalle organizzazioni sindacali, chiedono
l’assunzione a tempo indeterminato grazie alla Legge Madia per
la stabilizzazione. Ora, si attende la decisione della Regione
Campania e dell’Asl per la proroga dei contratti sia per il 31
marzo sia per il 30 giugno. I sindacati, tra le altre cose,
chiedono di non chiudere i centri vaccinali: “l’emergenza non
è finita, le persone non possono abbassare la guardia perchè
questo resta un momento delicato per la popolazione.
“Sicuramente occorre rimodulare i centri vaccinali ma
chiuderli non è la scelta giusta”, ha infatti dichiarato
Capezzuto. Proprio nei giorni scorsi è stata annunciata la
chiusura del teatro Augusteo dopo oltre un anno di attività,
aperto in piena emergenza per i cittadini salernitani.

De Luca, usate mascherina
perche’ serve ancora prudenza
– “Dobbiamo avere ancora un elemento di prudenza perche’, da
una settimana, stanno aumentando i numeri delle occupazioni
nelle terapie intensive e anche i numeri dei ricoveri. Quindi,
perlomeno, l’uso della mascherina deve essere continuo. E’ un
piccolo sacrificio, ma e’ un elemento prezioso di prevenzione
al quale non dobbiamo rinunciare”. Cosi’ il ‘governatore’
della Campania, Vincenzo De Luca, a margine di un evento
a Salerno, ricordando che “il nostro obiettivo e’ sempre
quello di aprire tutto, aprire le attivita’ economiche, la
vita culturale, ma aprire per sempre. Non aprire e poi
chiudere fra due mesi”. Il presidente della Regione Campania
rammenta, poi, che “ci prepariamo ad accogliere anche
un’ondata di profughi dall’Ucraina. Dal punto di vista
sanitario, e’ un altro problema”. E spiega: “L’80% degli
ucraini non e’ vaccinato e, soprattutto, dobbiamo affrontare
un problema che riguarda i bambini perche’ in quel Paese non
c’e’ la vaccinazione obbligatoria e quindi dobbiamo stare
attenti a vaccinare tutti i bambini. Vi e’ una percentuale
elevata anche di patologie di tubercolosi e di epatite e
quindi, accanto al dovere di solidarieta’ e di accoglienza che
e’ un dovere assoluto, dobbiamo anche mettere in campo delle
iniziative di prevenzione, di vaccinazione di tutti per
evitare che si diffondano focolai di contagio nel nostro
Paese”. “Sono tempi complicati, pensavamo di essere usciti
dall’emergenza Covid – aggiunge – ovviamente ne stiamo
uscendo, non dobbiamo drammatizzare, i numeri sono sotto
controllo. Ma ne usciamo se siamo prudenti, perche’ a
primavera-estate ci sara’ normalmente un rimescolamento
sociale. La gente va in giro, le ferie, si esce, il bel tempo.
Non vorrei arrivare poi ad ottobre a ricominciare la vecchia
storia”.

Emergenza povertà a Salerno
le   utenze  pagate   dalla
Caritas
di Monica De Santis

Aumenta la povertà assoluta in Italia e aumentano anche gli
indigenti nel 2022. La causa è negli aumenti dei prezzi dei
prodotti nel carrello della spesa dovuti alla guerra e ai
rincari energetici. I dati forniti poche settimane fa
dall’Istat sono preoccupanti. Al Sud le situazioni più
critiche e anche Salerno rientra in questo contesto. A darne
conferma i volontari della Caritas, che ogni giorno si
ritrovano ad affrontare nuove emergenze e sono impegnati a
dare una mano, o meglio sostegno a chi non può permettersi
neanche di pagare una bolletta della luce o del gas. E così se
si va nella sede di via Bastioni della Caritas diocesana, ci
si rende conto come i volontari lavorano senza mai fermarsi e
come il telefono squilla di continuo, come anche le persone
attendono silenzione fuori, di poter ritirare un pacco con
generi alimentari o altre cose che possono servigli. Un via
vai continuo, ogni giorno sempre peggio, perchè le richieste
di aiuto aumentano. Nel sottoscala della sede di via Bastioni,
in quella sala dedicata al Cardinale Girolamo Seripando, i
volontari della protezione civile, si occupano di dividere
tutto ciò che viene donato. Cibo, medicinali, vestiti, giochi.
Una volta effettuata la divisione vengono preparati i pacchi
che poi successivamente vengono distributi alle famiglie
bisognose. Un lavoro diventato ancora più oneroso da quando
sono arrivati i profughi ucraini. Ora bisogna aiutare anche
loro, e bisogna aiutare anche chi non è ancora riuscito a
scappare e al momento si trova a vivere al freddo e senza cibo
e medicinali. Dunque si lavora su due fronti, l’assistenza ai
profughi arrivati dall’Ucraina e quello delle povertà dei
salernitani. Due emergenza che si sommano drammaticamente. I
numeri che vengono forniti dimostrano come la situazione sta
diventando sempre più critica. Negli ultimi mesi si è riuscito
ad erogare 50.000 euro per medicinali ed utenze, ed è proprio
l’aumento che c’è stato e ci sarà di quest’ultime a
preoccupare per il numero crescente di richieste d’aiuto che
stanno già arrivando, sono 40 quelle arrivare solo in questi
giorni, ma si teme che sia solo la punta di un iceberg. I
numeri che fornisce la caritas sono quelli di una guerra
silente che si sta combattendo sul fonte dell’idigenza, 5000
famiglie aiutate con pacchi alimentari a Salerno, oltre 20.000
nella diocesi che comprende anche Campagna ed Acerno. Migliaia
di pasti che le mense offrono quotidianamente e poi c’è tutta
quella solidarietà di chi fa del bene e non lo dice, i parroci
che aiutano economicamente i più bisognosi, le raccolte
spontanee, insomma un universo di povertà di cui è difficile
anche stabilire i confini e che purtroppo crescerà in questi
giorni per le conseguenze della guerra in ucraina con
l’aumento dei prezzi che riguardano anche generi di prima
necessità

Caccia alle strutture per
ospitare     i    rifugiati
provenienti dall’Ucraina
di Clemente Ultimo

In meno di dieci giorni sono oltre 250 i rifugiati di ogni età
arrivati dall’Ucraina nella sola città di Salerno, un rivolo
ininterrotto di umanità in fuga dalla guerra la cui
consistenza, con tutta probabilità, nei prossimi giorni andrà
aumentando. Ponendo nuovi problemi ad una macchina
dell’accoglienza che già oggi lavora non senza affanni, benché
con il concorso di tutte le realtà istituzionali,
ecclesiastiche e del terzo settore del nostro territorio.
“Quella che ci troviamo ad affrontare in questi giorni –
spiega don Antonio Romano, Vicario alla Carità della Diocesi
di Salerno – è un’emergenza particolarmente complicata da
gestire, non sistemica: a differenza di quanto avvenuto in
passato, ora non abbiamo certezza su quante persone
arriveranno e questo rende difficile organizzare interventi di
assistenza. Il fenomeno con cui ci stiamo confrontando è
quello di arrivi alla spicciolata, con ogni mezzo, dal bus
all’auto privata. Ecco, l’impressione è chi arriva ora gode
tutto sommato di una certa possibilità economica ed ha una
meta precisa, principalmente parenti ed amici che già vivono a
Salerno o in provincia. Ma nei prossimi giorni quasi
certamente saremo chiamati a fare i conti con l’arrivo dei più
poveri, di coloro che hanno bisogno praticamente di tutto,
privi di punti di riferimento. Già ora, inoltre, c’è
incertezza sui tempi: riceviamo tanti messaggi di allerta, ma
spesso con tempi vaghi o addirittura senza nessuna indicazione
della data prevista per l’arrivo. Si comprenderà come questo
non aiuta il lavoro di chi è preposto alla prima accoglienza”.
L’impressione è che proprio la sistemazione fisica dei
rifugiati sia la difficoltà più grande con cui fare i conti.
“Sì. In tutta onestà va detto che non eravamo pronti, la
macchina si è messa in moto lentamente. In questo momento,
però, non è questo l’aspetto su cui dobbiamo concentrare la
nostra attenzione. Fortunatamente molti ucraini che vivono a
Salerno e nei comuni della provincia sono riusciti ad ospitare
autonomamente parenti ed amici, ma questo non basta. Come
Caritas siamo riusciti ad attivare diciotto posti presso il
convento di Fisciano, ma sono tutti già occupati. E poi c’è il
Covid a rendere tutto più difficile: tra i nuovi arrivati
abbiamo riscontrato un paio di casi di positivi, con tutte le
difficoltà di gestione che questo comporta”. In questo momento
lo sforzo è teso soprattutto ad individuare strutture presso
cui ospitare i rifugiati, presupposto per poter poi dare
concretezza a percorsi di inserimento scolastico per i più
piccoli e lavorativo per gli adulti. “Nel giro di un paio di
settimane contiamo di avere disponibili altri trenta posti
letto presso strutture ecclesiastiche, mentre qualche altro
spazio sarà possibile recuperarlo utilizzando un paio di
canoniche. Anzi, già dalla prossima domenica nella canonica di
Pellezzano riusciremo ad accogliere tre mamme con sei bimbi”.
Tutto senza ovviamente dimenticare coloro che già sono
quotidianamente ospiti presso le strutture Caritas del
capoluogo. “Questo è un aspetto che in questi giorni convulsi
qualcuno ha dimenticato. Tutto lo sforzo che stiamo mettendo
in campo per sostenere i rifugiati ucraini si aggiunge a
quello che facciamo per le circa cinquanta persone prive di
dimore che trovano accoglienza presso le tre strutture attive
a Salerno. Strutture che sono già al massimo della loro
capienza e non possono essere utilizzate per questa nuova
emergenza”. Che risposta hanno dato le associazioni e le
stesse famiglie salernitane ad un’emergenza umanitaria di così
vaste proporzioni? “Si è sviluppata una bella sinergia, dalle
istituzioni alle associazioni del terzo settore nessuno si è
tirato indietro. Noi come Caritas abbiamo creato una rete tra
le diocesi di Salerno, Cava-Amalfi e Teggiano-Policastro. In
questo momento stiamo raccogliendo anche la disponibilità
delle famiglie ad accogliere i rifugiati, ma su questo occorre
grande prudenza, non è facile né possibile affidare queste
persone a terzi. Proprio per questo stiamo lavorando per
affidare i rifugiati ucraini alla comunità, ovvero vogliamo
dare alle famiglie che li accoglieranno un legame forte e
diretto con le parrocchie, così che possano sostenerle nel
percorso di accoglienza”. In che modo si può contribuire allo
sforzo che si sta realizzando in questi giorni? “In queste
ultime ore abbiamo bloccato la raccolta di cibo e medicinali:
la risposta dei salernitani è stata forte ed immediata, ora
dobbiamo lavorare per realizzare il trasporto verso l’Ucraina.
Non proprio una passeggiata, considerati i rischi che
comporta. Adesso è possibile contribuire alla raccolta fondi,
con versamenti sull’iban della Fondazione Caritas di Salerno,
per sostenere lo sforzo logistico della consegna di quanto
raccolto e dell’accoglienza dei rifugiati. Voglio poi
ricordare che la Caritas ha attivato dei percorsi guidati per
aiutare chi ha accolto rifugiati ucraini nel disbrigo delle
necessarie pratiche burocratiche, non solo possiamo fornire la
modulistica necessaria, ma grazie ai due avvocati che
collaborano con noi, anche tutte le informazioni necessarie”.
Cento camion a metano fermi
nella Piana del Sele
di Monica De Santis

I rincari energetici di bollette, benzina e gasolio si
scaricano sui prezzi del carrello della spesa con aumenti
tendenziali che vanno dal 9% per la farina al 12% per la
pasta, al 6% per il pesce all’11% per il burro, dal 7% per la
frutta al 17 % per la verdura fino al 20% per gli oli di semi
come il girasole importato dall’Ucraina che ha dovuto
interrompere le spedizioni. E’ quanto emerge dall’analisi
della Coldiretti in riferimento all’ipotesi di un decreto
taglia prezzi alo studio del governo per contenere i rincari
con il petrolio in frenata, sulla base dei dati Istat a
febbraio. E sull’aumento dei prezzi e gli effetti dannosi che
sta avendo la crisi provocata dalla guerra ne hanno parlato
anche i vertici di Coldiretti Salerno che mettono in evidenza
il fermo dei mezzi agricoli, la difficoltà nella semina, ma
anche i prezzi schizzati per le coltivazioni in serra. Il
rincaro dei prezzi dei carburanti e delle materie prime,
stando a Coldiretti Salerno, strangola l’agricoltura. E non va
meglio per il comparto della pesca, dove ormai le barche
restano ferme in banchina a causa del caro gasolio. “La
situazione purtroppo non migliora – afferma il presidente Vito
Busillo – la crescita esponenziale dei costi si sta abbattendo
sull’agricoltura e sulla pesca, creando grossi problemi di
gestione alle imprese. Alcune aziende hanno deciso addirittura
di non seminare perché i semi hanno avuto un rincaro
insostenibile, per non parlare del gasolio che ormai ha
raggiunto prezzi insostenibili per il comparto”. Busllo ed i
suoi spiegano che sono oltre cento i camion a metano fermi
nella Piana del Sele… “Il prezzo del metano è arrivato a
sfiorare i quattro euro al chilo, quattro volte il valore
dello scorso ottobre quando il prezzo era poco meno di un
euro. Un grosso problema per le aziende che hanno puntato sul
metano per risparmiare: lo scorso autunno un pieno su un’auto
costava mediamente 15 euro. Oggi rifornire la stessa vettura
costa 55 euro. A farne le spese un’azienda della Piana del
Sele che ha acquistato cento mezzi a metano, attualmente
bloccati, senza immatricolazione, in attesa che la situazione
metano torni alla “normalità”. Mentre Enzo Tropiano direttore
di Coldiretti Salerno concentra la sua attenzione sull’aumento
stratosferico delle materie prime… “Il prezzo del mangime è
aumentato a dismisura ed oggi è poco reperibile sul mercato –
conferma il direttore di Coldiretti Salerno Enzo Tropiano – di
contro i prezzi di vendita del latte, alla stalla, sono
rimasti invariati. Oggi per produrre un litro di latte i
nostri allevatori spendono più di 40 centesimi al litro mentre
lo stesso litro viene pagato dalle imprese di trasformazione
in media 37-38 centesimi, dieci in meno rispetto ai contratti
in Campania. Il prezzo del mais ha fatto registrare balzi in
avanti tra il 50 e l’80 per cento, senza contare i costi
energetici. La filiera lattiero-casearia deve garantire una
quotazione equa agli allevatori, che non vada solo a coprire i
costi, ma offra la giusta redditività alle aziende, già
colpite dagli effetti della pandemia”. Ma il boom dei costi
energetici riguarda anche il riscaldamento delle serre con
rincari del 30% e i vivai che sono oggi costretti a produrre
praticamente in perdita. Nel giro di un anno la bolletta
mensile di un’azienda florovivaistica media è passata,
infatti, da 1700 euro a 6100 euro. E ad aumentare sono pure i
costi per la pesca, con la flotta nazionale costretta rimanere
in banchina.La psicosi cibo è dannosa – spiega ancora il
direttore Tropiano – il nostro consiglio è di non lasciarsi
trascinare in inutili nevrosi, programmare gli acquisti
privilegiando prodotti freschi e di stagione Made in Italy la
cui offerta è destinata a salire con l’arrivo della primavera.
Nei nostri Mercati Campagna Amica il cibo non manca mai quindi
le corse allo scaffale non servono se non a creare distorsioni
nel comparto”.

Le scuole di Salerno unite
per aiutare le mense dei
poveri e i profughi
di Monica De Santis

C’è tempo fino al prossimo 26 marzo per aiutare le scuole
salernitane a raccogliere generi alimentari per le mense dei
poveri. L’iniziativa, fortemente voluta dalla consigliera
comunale Barbara Figliolia, presidente della commissione
politiche sociali, in collaborazione con l’assessore alla
pubblica istruzione Gaetana Falcone, ha visto l’adesione di
circa 20 istituti scolastici di ogni ordine e grado. Due gli
scopi del progetto, “Aggiungi un pasto a Tavola”, ovvero la
raccolta di pasta, riso, legumi, carne in scatola, passata,
latte, marmellata, biscotti, olio, cioccolata ed altro da
destinare alle mense dei poveri della città di Salerno e
“Povertà sociale ed emergenza Ucraina” ovvero la raccolta di
farmaci, giubbini, coperte, materiali sanitari, prodotti per
l’igiene, sapone, pannolini, rotoloni di carta, da destinare
al popolo ucraino che in questo momento storico sta
affrontando una guerra non cercata. Tanti gli istituti
scolastici che hanno aderito, come abbiamo detto, partendo
proprio dal Liceo Severi, diretto da Barbara Figliolia, e poi
ancora l’istituto comprensivo Barra, che conta tra l’altro i
plessi Abbagnano, Tafuri, Lanzalone e Poseidonia. L’istituto
comprensivo San Tommaso d’Aquino, la Matteo Mari, la don
Milani, il liceo artistico Sabatini – Menna, il liceo Regina
Margherita, l’istituto comprensivo di Ogliara, la scuola
Medaglie d’Oro, l’istituto comprensivo Rita Levi Montalcini,
il liceo Francesco De Sanctis, l’istituto d’istruzione
superiore Genovesi – Da Vinci, il liceo scientifico Da
Procida, l’istituto d’istruzione superiore Santa Caterina da
Siena, e gli istituti comprensivi Giovanni Paolo II, Alfano I,
Monterisi e Vicinanza e Torquato Tasso. Tutto ciò che sarà
raccolto nelle scuole della città sarà donato alla Caritas, ed
ancora alle mense di don Ciro e Conte

“A chiacchiere vogliono la
pace, ma fomentano la guerra”
I continui proclami alla ricerca della pace tra Mosca e Kiev
vengono smentiti dalle azioni del parlamento dell’Unione
Europea e del segretario della NATO, che decidono di inviare
armi in Ucraina per combattere l’invasore russo. Purtroppo
tutto questo non solo non ferma la guerra, ma inasprisce gli
animi. Infatti sono state già annunciate ritorsioni da parte
della Russia, sia sulle importazioni che sulle esportazioni di
materie prime, minacciando addirittura la chiusura del
gasdotto Nord Stream 1, condannando di fatto l’Europa a
fermare le produzioni industriali e lasciando al freddo
milioni di di cittadini. Con l’azione di oggi, i militanti del
Movimento Nazionale – la Rete dei Patrioti a Mercato San
Severino vogliono puntare il dito contro l’assurdità delle
azioni di NATO e UE, che a chiacchiere vogliono la pace ma nei
fatti inviano armi per continuare la guerra.
Piano   straordinario  per
fronteggiare il covid e la
fuga dalla guerra
di Monica De Santis

Sono 954 le persone ucraine giunte nel salernitano, di queste
460 a Salerno città. A comunicare i dati è stato il dottor
Arcangelo Saggese Tozzi, referente dell’Asl di Salerno per
l’emergenza covid e profughi. Saggese ha anche comunicato che
l’Asl di Salerno ha predisposto un piano straordinario per
garantire l’assistenza sanitaria ai profughi in fuga dalla
guerra, dove potranno effettuare l’Stp, il tampone ed il
vaccino… “L’asl di Salerno ha messo a disposizione le
strutture già funzionanti abitualmente, sia per i tamponi, sia
per i vaccini e sia per le iscrizioni nel sistema di
assistenza sanitaria temporanea. Quindi in ogni distretto, ed
a Salerno con una struttura dedicata a Capitolo San Matteo ed
una a piazza Amendola effettuiamo alle persone che stanno
arrivando alla spicciolata prima l’iscrizione, poi il tampone
e poi ancora le vaccinazioni, da quella per il covid alle
altre obbligatorie in Italia”. Ad oggi di tutti i profughi
giunti in Italia solo una decina sono risultati positivi al
covid, segno questo che fortunatamente non vi è nessun rischio
di focolai all’interno della comunità “Molti di loro si sono
già recati presso i centri vaccinali e si stanno vaccinando, –
ha spiegato Arcangelo Saggese Tozzi – ad Angri abbiamo
attivato una struttura che contestualmente fa l’iscrizione, il
tampone e la vaccinazione. A 30 persone abbiamo fatto tutto
contemporaneamente”. Sul fronte covid il nuovo invito del
dottor Saggese a non abbassare la guardia. Negli ultimi giorni
infatti il referente dell’Asl conferma un aumento dei contagi,
ma spiega che questo non è una conseguenza dell’arrivo dei
profughi “E’ importantissimo continuare a rispettare le
regole. Dobbiamo prendere atto che negli ultimi giorni, e non
è correlato con l’arrivo degli stranieri, c’è un incremento
della positività. Siamo passati dal 10-12% al 17%. Questo ci
dice, lo ribadisco, che dobbiamo continuare a rispettare le
regole, a mantenere l’uso della mascherina ed il
distanziamento. Ma soprattutto – aggiunge Saggese – insistere
sulla vaccinazione nella fascia pediatrica, quella dove al
momento si sono registrati il minor numero di vaccini fatti.
Perchè non dobbiamo dimenticare che cluster più importanti
sono quelli in cui c’è aggregazione comunitaria, ovvero nelle
scuole, nelle palestre, nelle famiglie. Stare insieme 15/20
persone senza rispettare regole e procedure è un
rischio. Perchè nonostante si è vaccinati il virus, anche
grazie alle mutazioni che si stanno avendo continui a
circolare e colpisca anche chi ha le tre dosi. Il lato
positivo è che non abbiamo una pressione forte sugli ospedali
ma se i numeri aumentano rischiamo. È fondamentale, quindi,
fare un ultimo sforzo per la vaccinazioni. Noi stiamo notando
una certa flessione e, invece, è importantissimo completare il
ciclo vaccinale per aumentare la capacità di protezione della
popolazione. La somministrazione della quarta dose di vaccino
al momento resta solo per i soggetti fragili, ovvero quelle
con un sistema immunitario compromesso, ma in base
all’evoluzione della diffusione del virus, nei prossimi mesi
si potrebbe anche decidere di estendere la quarta dose per
tutti. Diciamo che tra ottobre e novembre ci dovremmo
aspettare o le quarte dosi o un nuovo vaccino, innovativo per
tutti, perchè sicuramente con l’inverno il virus tornerà a
circolare. Pertanto dobbiamo essere pronti ed agire per tempo,
onde evitare di ritrovarci in una situazione simile a quella
dello scorso inverno”.
L’Augusteo chiude come Hub e
riaprirà a breve come teatro
“Il nostro ringraziamento va ai medici, ai paramedici e a
tutto il personale che ha svolto una funzione di altissimo
valore civile, con abnegazione e con capacità”. Così il
sindaco di Salerno Vincenzo Napoli, sulla chiusura, ieri
dell’Hub vaccinale presso il Teatro Augusteo “L’Asl ci ha
comunicato che intende dismettere il centro vaccinale
all’Augusteo, ne abbiamo preso atto, lo libereremo e
restituiremo in tempi brevi alla città anche il cinema –
teatro di grande importanza per manifestazioni importanti di
spettacolo. – ha detto ancora il sindaco di Salerno –
Naturalmente la pandemia ancora flagella la nostra nazione,
anche se si sono attenuati in un modo vistosissimo i ricoveri,
i decessi ed anche i contaggi, soprattutto grazie alle
vaccinazioni, che qui a Salerno abbiamo somministrato a gran
parte dei nostri concittadini. Queste hanno messo tutti noi a
riparo dagli esiti gravi della malattia. Ora abbiamo una
criticità, la guerra in Ucraina farà venire molti profughi sui
nostri territori. - ha concluso poi Napoli – Con l’Asl abbiamo
organizzato un track per verifiche e tamponi. Abbiamo problemi
abitati per il quale stiamo aspettando delle risposte. Stiamo
cercando di fare una rete che in qualche modo possa
corrispondere a quanto sta accadendo nel mondo”.

Patto semplificazioni, stop
alla burocrazia difensiva
“Se vogliamo davvero limitare gli effetti di una burocrazia
eccessivamente difensiva nel nostro Paese, bisogna lavorare a
una riforma che riporti definitivamente nei giusti ambiti le
responsabilità penali dei funzionari della Pubblica
Amministrazione. Distinguendo nettamente tra le fattispecie
penalmente rilevanti nel momento in cui si contravviene a
norme riconducibili a fonti primarie, e quelle riconducibili
alla discrezionalità dei funzionari per le quali deve
intervenire la stessa PA. Un percorso lungo e tortuoso che è
l’unica via d’uscita affinché la burocrazia difensiva ceda il
passo a quella consapevole”. Questa la proposta formulata da
Catello Vitiello (già presidente della Commissione Giustizia
della Camera e parlamentare di Italia Viva), nel corso del
webinar “Un macigno sulla PA: il peso delle responsabilità.
Non si semplifica se i dirigenti hanno paura di firmare”
promosso dalla Cassa di previdenza dei Ragionieri e degli
Esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca. “L’esempio
del reato di abuso d’ufficio contemplato dall’art. 323 c.p. è
molto esemplificativo. Nato come norma di chiusura per dare
dignità alla PA – ha proseguito Vitiello -, nel corso del
tempo è stato modificato al punto tale che non si è negato
davvero a nessuno diventando una fattispecie patologica della
pubblica amministrazione. Un messaggio profondamente sbagliato
parzialmente attenuato dalla recente riforma del 2020 che ha
portato un indubbio miglioramento slegando il momento della
rilevanza penale dalla violazione tout court della norma”. Ad
approfondire il tema sull’eccesso di burocrazia ci ha pensato
Gianluca Cantalamessa (deputato della Lega in Commissione
Finanze a Montecitorio): “Una delle più grandi storture della
PA in Italia è che potere e responsabilità dovrebbero
viaggiare di pari passo e invece ciò non avviene determinando
accentramenti di potere, da un lato, e decentramenti di
responsabilità dall’altro. La burocrazia difensiva rende il
Paese meno appetibile sia per gli investitori stranieri che
per le aziende di casa nostra. I problemi sono evidenziati da
numeri che si commentano da soli, partendo, ad esempio, dal
processo di digitalizzazione dei servizi. Il 45% degli enti
pubblici non ha un responsabile per la transizione digitale
mentre il 53% dei portali della PA sono solo siti vetrina.
Della parte restante – ha osservato Cantalamessa – solo il 13%
consente il pagamento on line. In questa situazione il ‘non
fare’ diventa premiante in un Paese dove negli ultimi 5 anni
le cosiddette semplificazioni hanno portato 53 nuovi obblighi.
Non è un caso che tra le priorità indicate dall’Ocse si siano
proprio la riforma della PA, quella fiscale e quella della
giustizia. Carenza di infrastrutture, costi energetici e
incertezza del diritto sono le principali cause della perdita
di investimenti in Italia”. Secondo Vincenzo Presutto
(senatore del M5s in Commissione Bilancio di Palazzo Madama):
“La PA mai come in questo momento è osservata speciale.
Bisogna agire sulla ratio di base che alimenta la burocrazia
difensiva cambiando radicalmente impostazione. Ad una pubblica
amministrazione tutta incentrata su se stessa si sta
progressivamente perdendo il punto di vista fondamentale:
garantire i servizi essenziali ai cittadini. Quando si
concentrano le attività avendo come punto di riferimento i
dipendenti – ha aggiunto Presutto -, si ottiene un concentrato
di responsabilità individuali che esonera, al tempo stesso,
quella della struttura nel suo insieme. Nel settore privato,
quando si parla di digitalizzazione, si fa riferimento a una
riorganizzazione per processi e non per procedure. Portando
questo metodo nella PA i cittadini avranno maggiore
possibilità di vedere garantito il loro accesso ai servizi.
Se, al contrario, le amministrazioni non dialogano tra loro e
non hanno una interoperabilità si ottiene solamente la
proliferazione di centri di potere separati e in lotta tra
loro. La stratificazione normativa, poi, fa tutto il resto”.
Sulle responsabilità dei funzionari pubblici si è soffermato
Galeazzo Bignami (parlamentare di Fratelli d’Italia nella
Commissione Finanze della Camera dei Deputati): “Un approccio
eccessivamente spinto verso la burocrazia difensiva sta
causando un processo inarrestabile di deresponsabilizzazione
che viene scaricata puntualmente su cittadini e imprese. Se da
un lato bisogna agevolare i funzionari sburocratizzando
l’intero sistema, meno carta, meno passaggi e meno norme che
uno si può trovare a violare. D’altra parte è innegabile che
proprio in piena emergenza pandemica proprio questa categoria
ha usufruito di tante tutele in più rispetto agli imprenditori
e ai liberi professionisti e non può essere che le garanzie
non operino quando c’è da partecipare al rilancio del sistema
Paese. Va detto con chiarezza – ha rimarcato Bignami – che
nessuno ha costretto i funzionari pubblici a fare i concorsi,
ben sapendo che, insieme alle possibilità di prospettiva di
carriera, ci sono anche responsabilità da assumersi. Il
terrore della firma non può essere una giustificazione valida.
Il Pnrr può essere uno strumento adeguato a superare tutto
questo a patto che sia accompagnato da operatività verticali
che taglino le burocrazie”. Il punto di vista dei
professionisti è stato espresso da Claudio Cavallo
(commercialista e revisore legale dell’Odcec Cuneo) e Paolo
Longoni (consigliere d’amministrazione della Cnpr): “Il tema
delle semplificazioni deriva dalle tante sollecitazioni emerse
nel corso dei forum e degli incontri tecnici. Ci troviamo di
fronte a un vero e proprio mantra. Tuttavia di semplificazioni
si parla dal 2012 a far data dal quale ogni anno è stato
licenziato un testo diverso. Il risultato è stato un
affastellarsi di norme che frena la ripartenza dell’Italia e
la sua concorrenzialità con i competitor europei e mondiali,
alimentando il fenomeno della burocrazia difensiva per la
quale non facendo non si corrono rischi. Lo ‘sport’ principale
– hanno evidenziato – sembra essere diventato quello di
chiedere pareri infiniti prima di decidere e poi rimandare;
non fare nulla senza esplicite direttive superiori per evitare
di incorrere nelle trappole della iperproduzione di regole che
generano innumerevoli rischi di errori e violazioni. Pensiamo
alle incredibili vicissitudini del codice degli appalti: nel
2016 il legislatore promulgò questo testo unico composto da
222 articoli. Ad oggi ha già subito 818 modifiche. Il solo
articolo 36 è stato modificato già sedici volte, quattro in un
solo anno. E’ ovvio che l’operatore della PA resti ‘congelato’
dal timore di incorrere in violazioni di legge preferendo non
adottare alcun provvedimento. L’Italia è malata di burocrazia.
Lo sforzo enorme che va fatto è quello di riportare il
significato di questo termine, oggi dispregiativo, al suo
significato originale: una organizzazione di persone e risorse
destinata all’ottenimento di fini condivisi”.
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