Quando da una ferita nasce un bene più grande: Annalisa Teggi "rilegge" Promessi Sposi con uno sguardo di speranza
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Quando da una ferita nasce un bene più grande: Annalisa Teggi “rilegge” Promessi Sposi con uno sguardo di speranza Esiste una singolare connessione tra il Vangelo in cui Gesù invita a porgere l’altra guancia e i Promessi Sposi di Manzoni. “Il male esiste da sempre eppure non deve essere accolto sempre e solo come obiezione”. Lo ha spiegato bene nella serata di domenica 16 giugno Annalisa Teggi, scrittrice e studiosa, al folto pubblico dell’Happening presente in piazza Stradivari. “Le vicende dei Promessi Sposi, romanzo al quale sono legata fin da piccolissima, hanno inizio con un intento malvagio, e cioè quello di don Rodrigo. Questo signorotto violento intraprende tutta una serie di azioni cattive per impedire il matrimonio tra i due giovani eppure nonostante questo, alla fine, il legame tra Renzo e Lucia ne esce enormemente rafforzato. Perché? Perché i due avevano programmato un matrimonio d’amore, avevano i loro bei progetti, la casa… e don Rodrigo sconvolge tutto. Don Rodrigo diventa l’obiezione – termine che deriva dal latino e significa “qualcosa che mi è gettato contro”, ha stessa radice di “oggetto”. Nel romanzo, spiega la Teggi, così come nella vita di ciascuno, bisogna decidere se quello che ci viene lanciato addosso è obiezione o se piuttosto non sia occasione per allargare gli orizzonti e il cuore. “Pensiamo a quanti matrimoni – io mi occupo di cronaca e di queste storie ahimè ne sento a decine – falliscono o degenerano in violenza perché la famiglia si è chiusa in se stessa, si è chiusa in casa. Se
Renzo e Lucia avessero portato subito a compimento il loro sogno di sposarsi e vivere nel paesello, sarebbero stati così felici? Forse sì, ma in questo romanzo incentrato sulla Provvidenza abbiamo visto che se non fossero accadute tutte quelle cose, i due protagonisti non avrebbero avuto un guadagno così grande. La cronaca oggi ci dice che una relazione che si chiude ammazza. Per questo l’esempio più facile che posso fare è quello di un abbraccio. Le braccia devono potersi aprire, allargare, per poter abbracciare l’altro prima di chiudersi. Anche le ferite sono così: aprono la pelle. Eppure un abbraccio che si apre contiene molto di più di quanto c’era all’inizio. La gioia ha radici nella ferita. E così la casa di Renzo e Lucia sarà molto più grande e viva e bella dopo tutte queste ferite. Anche per l’Innominato sarà così”. La giornalista ripercorre tanti piccoli episodi della vita quotidiana fatta di asili, difficoltà al lavoro, amiche malate di cancro, bancomat che non funzionano e farmacie che al momento opportuno non hanno i farmaci richiesti per dire che tutti noi ci imbattiamo in tanti “don Rodrigo” ogni giorno ma è soltanto accogliendoli non con il solo lamento quanto piuttosto un’occasione di bene che la vita può prendere un altro sapore. “Bisogna lasciarsi chiamare dalla realtà”, ha sottolineato riprendendo la bellissima lezione che un insospettabile Jovanotti ha tenuto pochi mesi fa all’Università Statale di Milano. Anche di fronte a cose dure come un padre che ti rifiuta. “Mio padre mi ha cresciuta con la frase: «Tu non sei mia figlia, e comunque io avrei voluto un maschio». Ci ho messo tanti anni a capire che non era una frase cattiva. Certo, da piccola non capivo, ed ero ferita a morte da quelle parole e vedere le altre famiglie con papà sorridenti e premurosi apriva in me una ferita dal dolore pungente. Ora mio padre gioca coi miei figli con una tenerezza che a me non ha mai riservato. Ci è voluto molto tempo per capire che il suo non
era distacco, né cattiveria, né cinismo, bensì paura; una gigantesca paura di voler bene a qualcuno che chiami figlio”. Racconta di aver incontrato la figura di una psicologa che l’ha accolta, e le ha insegnato a guardare quella ferita in modo nuovo. Perché in fondo, ha ricordato la Teggi, è proprio come diceva Chesterton: “Ogni avventura è solo un incidente considerato nel modo giusto, ogni incidente è un’avventura considerata nel modo sbagliato”. Alla luce di questo, anche la frase evangelica dell’inizio acquista una prospettiva nuova: accogliere le ferite non è segno di debolezza, ma di grandezza. Perché è apertura a una prospettiva molto più grande di quanto possiamo immaginare noi con le nostre sole forze: quella di Dio. Uno sguardo consapevole sul mondo che cambia, incontro con Lucio Caracciolo al Boschetto “Uno sguardo sui movimenti politico-economici globali per essere più consapevoli dei loro risvolti sul nostro piccolo territorio… che non è un’isola”. Con queste parole l’Ufficio diocesano Migrantes, il Centro Missionario diocesano e l’Unità pastorale Boschetto-Migliaro presentano l’incontro con il professor Lucio Caracciolo che si terrà il prossimo 11 settembre alle 21 presso l’Oratorio del Boschetto. Laureato in filosofia all’Università La Sapien-za di Roma, dirige la rivista italiana di geopolitica Limes che ha fondato
nel 1993 e la Eurasian Review of Geopolitics Heartland nata nel 2000. È considerato uno dei massimi esperti italiani di geopolitica. Ha partecipato, numerose volte, come inviato alle riunioni del Gruppo Bilder-berg ed è membro del comitato scientifico della Fondazione Italia USA. La sua esperienza e la sua conoscenza degli scenari globali, offriranno un’occasione per riflettere sul modo in cui i cambiamenti in atto nel mondo riguardino anche il nostro territorio, la quotidianità delle nostre scelte, delle nostre abitudini e del nostro modo di pensare, e dunque sulla necessità di conoscere e comprendere per affrontare tali cambiamenti con uno sguardo critico e consapevole, attraverso lo sguardo della fede. La locandina Latino: una lingua per il futuro? Potrebbe sembrare un nostalgico ritorno, ma non lo è. A tornare esattamente dove si era potrebbero attenderci delle delusioni, come sapeva Proust. In Vaticano sono ben coscienti di questo, e quando hanno deciso di ripristinare un notiziario settimanale in latino sulle attività di Papa Francesco, hanno semplicemente messo in atto ciò che da secoli molti sostengono, e con ragione, gli esperti. Il latino è una lingua unificante e quindi comunitaria. Ancora oggi in molti convegni internazionali oratori, danesi come cileni, preferiscono parlare in latino ad un pubblico
italiano come inglese o russo senza che nessuno sollevi il cipiglio, anzi. E non c’è molta circolazione di cuffie per la traduzione. Quando Dante segnò il passaggio “ufficiale” verso il volgare, lo fece sapendo che la base della lingua del popolo (questo significa volgare) era l’antica parlata di un Europa unita non solo dalle leggi romane, ma anche dalla lingua dei legionari. E il padre nobile della nostra cultura riteneva che questo latino portasse con sè la “traduzione” romana di un messaggio iniziato più di mille e duecento anni prima in Palestina. Se il Fiorentino ha tenuto conto della necessità di far leggere anche le fasce popolari, ha scritto però opere fondamentali, come il De vulgari eloquentia o il De monarchia, in latino, che rimaneva la lingua, allora già internazionale, dei dotti. Il sospetto di alcuni è che la lotta contro il latino abbia radici ideologiche -e ignoranti, nel senso (guarda caso) etimologico del termine- e che venga dalla convinzione che sia lingua dei preti e della Chiesa. Ma non solo questo. Se qualcuno pensasse che la lingua dei romani sia un fossile da riesumare solo nei musei linguistici (licei, e mica tutti, Lettere, magari solo quelle classiche) sbaglierebbe di grosso. Intanto serve tantissimo nelle facoltà linguistiche: le lingue cosiddette romanze, sviluppatesi con la trasformazione del latino a contatto con le lingue delle varie popolazioni, e quelle “indoeuropee” che provengono, come il latino da un ceppo linguistico comune, hanno ancora molto in comune: il loro studio all’università è facilitato dalla conoscenza del latino. Ma l’utilità della lingua non riguarda solo le materie umanistico-linguistiche. Quanti medici affermati ringraziano i genitori di averli iscritti ad un liceo, soprattutto classico? Tantissimi, e il motivo è che, conoscendo il latino e il greco, impieghi molto meno tempo a studiare, perché quasi tutti i nomi di organi e malattie provengono dal latino (suffissi, parole come “decubito”, “placebo”, “videat”,
“trigemino” e migliaia di altri termini) e dal greco. E questo vale per la psicologia e la psicoanalisi, con parole che fanno parte ormai della parlata quotidiana come “libido”, “ego”, “super-ego”. Per non parlare dell’archeologia (si pensi ai siti romani sparsi in tutto il mondo di allora), della storia dell’arte, dove è necessario analizzare frasi inserite nel quadro stesso, iscrizioni e finanche libri di pagamento per far luce sull’attribuzione di alcune opere. Se si dà acqua alle radici, il tronco e la chioma ringraziano. Il “ritorno” di un latino piegato tra l’altro alle nuove necessità linguistiche è uno sguardo verso il futuro, per capire meglio, per migliorare se stessi e il mondo. Oltre che aprire la mente e lo spirito. “The Greatest Show”, quattro parrocchie della città unite dal teatro Trentasei attori, 2 cast, 4 oratori, 9 mesi di lavoro: ecco la formula vincente del concerto di canzoni realizzato dagli oratori San Francesco, San Bernardo, Maristella e Borgo Loreto. Ispirato al geniale, pluripremiato film “The Greatest Showman”, lo spettacolo riprende le scene, le canzoni ed i personaggi più celebri del lungometraggio, riproponendole e rivisitandole in forma di musical. I giovani e giovanissimi attori, dai 14 ai 29 anni, hanno unito le forze, destreggiandosi tra recitazione, danza e canto
accompagnati e sostenuti rispettivamente dall’associazione “Compagnia dei Piccoli”, dalla scuola di danza “Il Laboratorio” di Cremona e da una vocal coach. Una sinergia efficace che risulta in uno show energico, frizzante e travolgente. Non un semplice show: “The Greatest Show”. Una bellissima occasione di intrattenimento per il pubblico, che lascia tuttavia immaginare un percorso con un enorme potenziale educativo ed esperienziale. Non solo un bello spettacolo, quindi, ma anche un segnale intenso e incoraggiante dell’ambizione e dell’impegno dei giovani provenienti da quattro comunità diverse ma inserite in un percorso di unità pastorale. Insomma, in un mondo che sembra incitare all’individualismo e all’egoismo, “The Greatest Show” vuole invece sottolineare la necessità di giovani appassionati e convinti dei valori della condivisione e dell’aiuto dell’altro. Lo spettacolo è davvero un’occasione imperdibile per chi desidera passare una serata alternativa, all’insegna del divertimento e della musica, senza dimenticare la bellezza del progetto educativo come sfondo e base di tutto il lavoro. Il 28, 29 e 30 Giugno si prospettano come tre serate emozionanti, che vedono alternarsi due cast, per lasciare il pubblico sempre stupito. L’inizio dello spettacolo è previsto per le ore 21.30 presso l’oratorio San Francesco (Cremona), ma sarà anche attivo un servizio per la cena a partire dalle ore
19.00. Per informazioni e prenotazioni è possibile scrivere una email a: compagniadeipiccoli@gmail.com. La vita di padre Mourad, il cristiano d’Oriente che invita al dialogo con i musulmani “Era il 21 maggio 2015, ero nel mio convento di Mar Elian, due giovani uomini mascherati e armati fanno irruzione. Prendono me e Boutros, un giovane postulante, ci fanno salire in macchina, ci legano…”. Inizia così il calvario di padre Jacques Mourad, monaco siro-cattolico, rapito dai jihadisti in Siria e miracolosamente fuggito, dopo mesi di prigionia.
Quattro mesi e venti giorni di detenzione che rappresentano la straordinaria testimonianza di un religioso che non solo non ha mai perso la fede nei momenti più duri della sua prigionia, ma non l’ha nemmeno mai rinnegata in cambio della salvezza. “Mentre ero prigioniero aspettavo il giorno della mia morte ma con una grandissima pace interiore. Non avevo alcun problema a morire per il nome di nostro Signore” racconta il monaco della Comunità di Mar Musa. Un libro che invita ad essere umani e coraggiosi Una storia di fede che lui stesso ha trasformato in un libro che nasce “per invitare a essere coraggiosi, umani e cristiani”. Un messaggio che padre Jacques Mourad vuole lasciare con la sua autobiografia in cui, oltre a parlare dei mesi di prigionia, ripercorre tutta la sua vita. Nel libro: “Un monaco in ostaggio. La lotta per la pace di un prigioniero dei jihadisti”, il religioso siriano racconta la sua infanzia, la vocazione e la storia della sua comunità impegnata nell’amicizia con i musulmani. Inevitabile il ricordo di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita – anch’egli rapito – con cui padre Mourad ha fondato la comunità di Mar Musa e di cui non si hanno più notizie. La preghiera come dono Durante la sua prigionia il monaco siriano viene ripetutamente torturato e rischia più volte la morte, ma è proprio in quella drammatica situazione che riceve un dono particolare: “Dio – si legge nelle pagine del suo libro, edito da Effatà – mi aveva fatto la grazia di gustare la forza della preghiera nel momento in cui ne avevo maggiormente bisogno”. Queste pagine infatti, come evidenzia Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e autore della presentazione del volume, sono una testimonianza della forza della preghiera” perché “padre Mourad mostra come l’impegno per la pace, il dialogo, l’amicizia per l’altro siano impossibili senza”.
L’invito alla non violenza Un libro che, narrando della resistenza pacifica di un monaco, è anche un invito a compiere un’irrevocabile scelta di non violenza, di perdono, di amore incondizionato, senza la quale il mondo rischia di sprofondare sempre di più nella violenza. Una violenza che, come ricorda Riccardi “non è mai collegata alla religione, ma agli uomini e al loro egoismo”. La possibile convivenza tra cristiani e musulmani Il religioso, nelle sue pagine, invita dunque tutti alla pace perché, nonostante la prigionia, è fermamente convinto che la convivenza tra cristiani e musulmani sia ancora pensabile. “Il dialogo – evidenzia – è sempre possibile perché Dio ci ha creati per vivere insieme”. La sua esperienza, sfatando l’idea di un islam tutto violento, testimonia l’esistenza di musulmani che hanno dato la loro vita per far uscire i cristiani dal controllo dell’Isis. Il cristiano d’Oriente Con la sua storia, padre Mourad testimonia dunque il valore di essere cristiano d’Oriente e discepolo di Gesù davanti al pericolo e non solo perché, come lui stesso ricorda, “un cristiano deve essere tale in tutte le situazioni”. Una testimonianza di fede che dà un messaggio a tutti i cristiani d’Europa. Venerdì 28 giugno concerto
bandistico e inaugurazione dell’impianto luci in Cattedrale Sarà inaugurato ufficialmente nella serata di venerdì 28 giungo il nuovo impianto di illuminazione della Cattedrale di Cremona. A presentarlo sarà il vescovo Antonio Napolioni, insieme con il responsabile diocesano dei Beni Culturali ecclesiastici che ha curato i lavori di rinnovamento dell’impianto luci . L’occasione è offerta dal concerto bandistico in memoria del cavalier Luigi Maschi che quest’anno vedrà come protagonista il complesso bandistico Città di Cremona. La serata in Cattedrale si aprirà alle ore 21. Forum Internazionale dei Giovani, un cammino tra testimonianze e preghiera Il Forum Internazionale dei Giovani è una iniziativa, promossa dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che intende proseguire il cammino intrapreso durante l’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, svoltosi in Vaticano dal 3 al 28 ottobre scorsi. Al Forum partecipano 246 giovani provenienti da 109 Paesi. Sono giovani delegati delle Conferenze episcopali e dei principali movimenti e comunità ecclesiali.
I giovani e il cammino sinodale La giornata odierna, dedicata al tema “Il cammino sinodale e il suo impatto nelle Chiese locali”, si è aperta con i saluti del cardinale Kevin Farrel, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e con l’intervento di padre Giacomo Costa, segretario speciale del Sinodo per i giovani. La giornata, scandita anche all’ascolto di giovani ed esperti, si concluderà con la Santa Messa celebrata dal cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale della Segreteria del Sinodo dei vescovi. A Vatican News padre Giacomo Costa ricorda alcuni momenti della giornata odierna a partire dall’intervento del cardinale Farrel: https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/06/19/13/1350 93520_F135093520.mp3 «Il cardinale Farrell ha aiutato i giovani, li ha invitati ad entrare in questo processo post sinodale, per cercare di fare sì che quanto si è sperimentato in questo percorso, possa vivere. Ha invitato veramente i giovani a fare la loro parte». Come, in concreto, rendere attuativo il cammino sinodale? «Sicuramente non è solo un lavoro, ma una gioia. Si sente l’entusiasmo che si vive nelle varie conferenze episcopali, nelle varie parti del mondo. Quello che è già stato bello e che poi sicuramente crescerà nei prossimi giorni, è sentire come già alcune cose si sono mosse nei Paesi a partire dalle chiese, dalle comunità. Realtà che hanno già cercato di riattivare e approfondire, in vari ambiti, un modo di essere una Chiesa sinodale che partecipa. Questo sarà proprio l’obiettivo di questi giorni, di condividere quello che è stato fatto e cercare di fare concretamente dei passi avanti nel modo di vivere questo spirito di una Chiesa aperta, fraterna, accogliente, trasparente, impegnata: quella Chiesa che i giovani desiderano. La giornata di oggi è dedicata a
riprendere il processo sinodale, perché tanti non hanno partecipato. Si tratta soprattutto di entrare non solo nei testi, nei documenti, ma in quello che è lo spirito del cammino. E questo attraverso la testimonianza di coloro che cercano di comunicare la bellezza dell‘evento sinodale. Qualcuno ha detto: “Non potevo credere che la Chiesa volesse ascoltarmi e invece i cardinali, i vescovi, mi hanno chiesto cosa pensassi. Hanno veramente valorizzato il mio contributo». Dunque, anche attraverso l’esperienza di questi giovani che hanno partecipato al Sinodo e che stanno testimoniando della ricchezza ricevuta, c’è una trasmissione esperienziale. Una condivisione che parte dal Sinodo e arriva ai giovani del mondo. In questo Forum è infatti rappresentato tutto il mondo… «Ci sono tutti i Paesi. È veramente impressionante! All’inizio sono stati letti i nomi di tutti i ragazzi in rappresentanza dei loro Paesi. È impressionante la varietà e la quantità di Paesi rappresentati. In fondo è quello che il Sinodo e i padri sinodali avevano desiderato: “Vogliamo che la fiamma di quanto abbiamo vissuto possa diffondersi, propagarsi». Una fiamma alimentata dal confronto, dalla discussione tra i giovani stessi, dalle testimonianze ma anche dalla preghiera … «Il punto cruciale, l’esperienza, si radica nel rendersi conto di essere accompagnati dal Signore e di avere del tempo per ascoltarlo, per approfondire e lasciare che lo Spirito vada in profondità». Serata formativa all’ospedale
Caimi di Vailate Sarà don Natalino Tibaldini, parroco di Vailate, ad intervenire nella serata organizzata per martedì 16 luglio dall’ospedale Caimi nell’ambito della rassegna “Anziani insieme per le età 2019”, giunta alla 21ª edizione. Il tema della serata formativa sarà “Quando venne la pienezza del tempo…Le cinque priorità di Gesù”. L’incontro aperto a tutti avrà inizio alle ore 20.30 presso la struttura di via Caimi 21 a Vailate. La locandina Rapporto Unhcr “Global Trends 2018”: 70 milioni le persone in fuga nel mondo 70,8 milioni di persone in fuga, una cifra che supera due volte il dato di vent’anni fa e stimata per difetto, sottolinea l’agenzia Onu, perché la crisi in Venezuela, in particolare, è riflessa da questo dato solo per difetto. Rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni i tre gruppi principali. Nel 2018 una persona ogni 108 era rifugiata, si legge nel rapporto Global Trends, e un rifugiato su due era un minore. In particolare l’Uganda ha registrato 2800 bambini rifugiati sotto i 5 anni soli o separati dalla famiglia. I Paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale, mentre l’80% dei rifugiati vive in Paesi confinanti con quelli di origine.
Pochi i rientri nei Paesi di origine Nel 2018 solo 92.400 rifugiati sono stati reinsediati, meno del 7 per cento di quanti sono in attesa. Circa 593.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nel proprio Paese, mentre 62.600 hanno acquisito una nuova cittadinanza per naturalizzazione. Nel 2018 sono state presentate 1,7 milioni di nuove domande di asilo nel mondo. Gli Stati Uniti d’America sono stati il Paese che ha ricevuto il maggior numero di nuove domande individuali (254.300), seguito da Perù (192.500), Germania (161.900), Francia (114.500) e Turchia (83.800). Verso i rifugiati anche atti di generosità “Se da un lato il linguaggio utilizzato per parlare di rifugiati e migranti tende spesso a dividere, dall’altro, allo stesso tempo, stiamo assistendo a manifestazioni di generosità e solidarietà, specialmente da parte di quelle stesse comunità che accolgono un numero elevato di rifugiati. Stiamo inoltre assistendo ad un coinvolgimento senza precedenti di nuovi attori, fra cui quelli impegnati per lo sviluppo, le aziende private e i singoli individui, che non soltanto riflette, ma mette anche in pratica lo spirito del Global Compact sui Rifugiati”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Conflitti e povertà all’origine della fuga dalla propria terra “Quello dei rifugiati è un numero molto elevato e ciò è dovuto ai conflitti e alle crisi umanitarie che purtroppo non accennano a trovare una soluzione – afferma Federico Fossi, uno dei portavoce di Unhcr ai microfoni di Radio Vaticana Italia – l’impennata di questi numeri è stata registrata all’inizio del 2011 con la crisi siriana, ma purtroppo si aggiungono nuovi conflitti, come quello in Yemen, in Sud Sudan e conflitti che non accennano a trovare una soluzione, come in Afghanistan, Repubblica democratica del Congo e tanti altri. E’ un numero alto che purtroppo continua a cresce – continua
Fossi – anche perché calano invece i ritorni a casa dei rifugiati, proprio perchè le condizioni di sicurezza nei loro Paesi non permettono un ritorno in sicurezza”. Ascolta l’intervista a Federico Fossi https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/06/19/13/1350 93027_F135093027.mp3 La Giornata mondiale del rifugiato Il rapporto dell’Unhcr arriva a ridosso della Giornata internazionale del Rifugiato per commemorare l’approvazione, nel 1951, della Convenzione sui profughi da parte dell’Assemblea Generale. Una ricorrenza, ha detto il Papa domenica scorsa a Camerino, che “invita tutti alla solidarietà con gli uomini, le donne e i bambini in fuga da guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti fondamentali”. Il sostegno del Papa “Il Papa ha rappresentato davvero un faro nella comunicazione e nell’adozione di politiche in favore dei rifugiati”, ha affermato Andrea Pecoraro, rappresentante dell’Unhcr all’incontro “Migranti e rifugiati. Contributi e sfide del presente”, che si è svolto questa mattina nella sede di Radio Vaticana. “Il tema dei rifugiati nel suo pontificato è sempre al centro della sua azione”, spiega ancora Pecoraro, l’attenzione ai migranti forzati… La sua prima visita a Lampedusa per noi è stato un segnale evidentemente molto chiaro di quella che sarebbe stata la sua azioni. Il Papa nelle sue azioni, nelle sue parole e nei suoi gesti quotidiani ci ricorda di puntare l’attenzione sulla protezione dei rifugiati”. Ascolta Andrea Pecoraro dell’Unhcr https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/06/19/16/1350 94018_F135094018.mp3
Elvira Ragosta e Michele Raviart Appello vescovi europei: rispondere al grido della terra e dei poveri Quattro anni dopo la lettera enciclica di Papa Francesco “Laudato Si” sulla “cura della casa comune”, i partecipanti da tutta Europa – si legge in un comunicato della Comece – si sono riuniti per condividere iniziative concrete e buone pratiche con cui rispondere alla complessa crisi – sia sociale sia ambientale – che tutti stiamo affrontando. Chiara è emersa la necessità di una “conversione ecologica” che implica uno stile di vita diverso. Conversione ecologica richiede cambio di stile di vita e scelte politiche “Dal mio punto di vista – ha affermato mons. Jean-Claude Hollerich, l’arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione Europea) – una conversione ecologica include entrambi questi aspetti: da un lato, ci invita a un cambiamento profondo e duraturo nei nostri stili di vita in modo che diventino veramente sostenibili in senso pratico e materiale ma anche in senso spirituale, dall’altro richiede scelte politiche coraggiose che supportino questi sforzi per combattere il consumo eccessivo e ridurre drasticamente l’impronta ecologica a livello individuale e comunitario”. Durante l’incontro, esperti e studiosi hanno offerto i loro punti di vista e hanno
sottolineato che gli sforzi per proteggere e migliorare il creato implicano profondi cambiamenti negli stili di vita, nei modelli di produzione e consumo, nonché nelle strutture consolidate di potere che governano le società. Appello al ruolo fondamentale dell’Europa Confrontandosi con rappresentanti istituzionali, i partecipanti hanno proposto raccomandazioni all’Ue affinché fornisca un forte impulso a tali cambiamenti attraverso politiche che possano promuovere e sostenere le scelte di stili di vita sostenibili. Nello scenario rinnovato derivante dalle elezioni europee e in vista del Sinodo sull’Amazzonia che si terrà ad ottobre, la seconda Giornata di riflessione europea sulla Laudato Si’ ha rilanciato “un appello al ruolo fondamentale dell’Europa” perché la sua azione nel contesto mondiale “includa la cura per l’ambiente, la promozione dei diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la giustizia economica”.
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