Quando da una ferita nasce un bene più grande: Annalisa Teggi "rilegge" Promessi Sposi con uno sguardo di speranza

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Quando da una ferita nasce un bene più grande: Annalisa Teggi "rilegge" Promessi Sposi con uno sguardo di speranza
Quando da una ferita nasce un
bene più grande: Annalisa
Teggi   “rilegge”   Promessi
Sposi con uno sguardo di
speranza
Esiste una singolare connessione tra il Vangelo in cui Gesù
invita a porgere l’altra guancia e i Promessi Sposi di
Manzoni. “Il male esiste da sempre eppure non deve essere
accolto sempre e solo come obiezione”. Lo ha spiegato bene
nella serata di domenica 16 giugno Annalisa Teggi, scrittrice
e studiosa, al folto pubblico dell’Happening presente in
piazza Stradivari.

“Le vicende dei Promessi Sposi, romanzo al quale sono legata
fin da piccolissima, hanno inizio con un intento malvagio, e
cioè quello di don Rodrigo. Questo signorotto violento
intraprende tutta una serie di azioni cattive per impedire il
matrimonio tra i due giovani eppure nonostante questo, alla
fine, il legame tra Renzo e Lucia ne esce enormemente
rafforzato. Perché? Perché i due avevano programmato un
matrimonio d’amore, avevano i loro bei progetti, la casa… e
don Rodrigo sconvolge tutto. Don Rodrigo diventa l’obiezione –
termine che deriva dal latino e significa “qualcosa che mi è
gettato contro”, ha stessa radice di “oggetto”.

Nel romanzo, spiega la Teggi, così come nella vita di
ciascuno, bisogna decidere se quello che ci viene lanciato
addosso è obiezione o se piuttosto non sia occasione per
allargare gli orizzonti e il cuore. “Pensiamo a quanti
matrimoni – io mi occupo di cronaca e di queste storie ahimè
ne sento a decine – falliscono o degenerano in violenza perché
la famiglia si è chiusa in se stessa, si è chiusa in casa. Se
Quando da una ferita nasce un bene più grande: Annalisa Teggi "rilegge" Promessi Sposi con uno sguardo di speranza
Renzo e Lucia avessero portato subito a compimento il loro
sogno di sposarsi e vivere nel paesello, sarebbero stati così
felici? Forse sì, ma in questo romanzo incentrato sulla
Provvidenza abbiamo visto che se non fossero accadute tutte
quelle cose, i due protagonisti non avrebbero avuto un
guadagno così grande. La cronaca oggi ci dice che una
relazione che si chiude ammazza. Per questo l’esempio più
facile che posso fare è quello di un abbraccio. Le braccia
devono potersi aprire, allargare, per poter abbracciare
l’altro prima di chiudersi. Anche le ferite sono così: aprono
la pelle. Eppure un abbraccio che si apre contiene molto di
più di quanto c’era all’inizio. La gioia ha radici nella
ferita. E così la casa di Renzo e Lucia sarà molto più grande
e viva e bella dopo tutte queste ferite. Anche per
l’Innominato sarà così”.

La giornalista ripercorre tanti piccoli episodi della vita
quotidiana fatta di asili, difficoltà al lavoro, amiche malate
di cancro, bancomat che non funzionano e farmacie che al
momento opportuno non hanno i farmaci richiesti per dire che
tutti noi ci imbattiamo in tanti “don Rodrigo” ogni giorno ma
è soltanto accogliendoli non con il solo lamento quanto
piuttosto un’occasione di bene che la vita può prendere un
altro sapore. “Bisogna lasciarsi chiamare dalla realtà”, ha
sottolineato riprendendo la bellissima lezione che         un
insospettabile Jovanotti ha tenuto pochi mesi              fa
all’Università Statale di Milano. Anche di fronte a cose dure
come un padre che ti rifiuta.

“Mio padre mi ha cresciuta con la frase: «Tu non sei mia
figlia, e comunque io avrei voluto un maschio». Ci ho messo
tanti anni a capire che non era una frase cattiva. Certo, da
piccola non capivo, ed ero ferita a morte da quelle parole e
vedere le altre famiglie con papà sorridenti e premurosi
apriva in me una ferita dal dolore pungente. Ora mio padre
gioca coi miei figli con una tenerezza che a me non ha mai
riservato. Ci è voluto molto tempo per capire che il suo non
era distacco, né cattiveria, né cinismo, bensì paura; una
gigantesca paura di voler bene a qualcuno che chiami figlio”.
Racconta di aver incontrato la figura di una psicologa che
l’ha accolta, e le ha insegnato a guardare quella ferita in
modo nuovo.

Perché in fondo, ha ricordato la Teggi, è proprio come diceva
Chesterton: “Ogni avventura è solo un incidente considerato
nel modo giusto, ogni incidente è un’avventura considerata nel
modo sbagliato”. Alla luce di questo, anche la frase
evangelica dell’inizio acquista una prospettiva nuova:
accogliere le ferite non è segno di debolezza, ma di
grandezza. Perché è apertura a una prospettiva molto più
grande di quanto possiamo immaginare noi con le nostre sole
forze: quella di Dio.

Uno sguardo consapevole sul
mondo che cambia, incontro
con  Lucio  Caracciolo   al
Boschetto
“Uno sguardo sui movimenti politico-economici globali per
essere più consapevoli dei loro risvolti sul nostro piccolo
territorio… che non è un’isola”. Con queste parole l’Ufficio
diocesano Migrantes, il Centro Missionario diocesano e l’Unità
pastorale Boschetto-Migliaro presentano l’incontro con il
professor Lucio Caracciolo che si terrà il prossimo 11
settembre alle 21 presso l’Oratorio del Boschetto.

Laureato in filosofia all’Università La Sapien-za di Roma,
dirige la rivista italiana di geopolitica Limes che ha fondato
nel 1993 e la Eurasian Review of Geopolitics Heartland nata
nel 2000. È considerato uno dei massimi esperti italiani di
geopolitica. Ha partecipato, numerose volte, come inviato alle
riunioni del Gruppo Bilder-berg ed è membro del comitato
scientifico della Fondazione Italia USA.

La sua esperienza e la sua conoscenza degli scenari globali,
offriranno un’occasione per riflettere sul modo in cui i
cambiamenti in atto nel mondo riguardino anche il nostro
territorio, la quotidianità delle nostre scelte, delle nostre
abitudini e del nostro modo di pensare, e dunque sulla
necessità di conoscere e comprendere per affrontare tali
cambiamenti con uno sguardo critico e consapevole, attraverso
lo sguardo della fede.

                         La locandina

Latino:            una       lingua            per         il
futuro?
Potrebbe sembrare un nostalgico ritorno, ma non lo è. A
tornare esattamente dove si era potrebbero attenderci delle
delusioni, come sapeva Proust. In Vaticano sono ben coscienti
di questo, e quando hanno deciso di ripristinare un notiziario
settimanale in latino sulle attività di Papa Francesco, hanno
semplicemente messo in atto ciò che da secoli molti
sostengono, e con ragione, gli esperti.

 Il latino è una lingua unificante e quindi comunitaria.

Ancora oggi in molti convegni internazionali oratori, danesi
come cileni, preferiscono parlare in latino ad un pubblico
italiano come inglese o russo senza che nessuno sollevi il
cipiglio, anzi. E non c’è molta circolazione di cuffie per la
traduzione. Quando Dante segnò il passaggio “ufficiale” verso
il volgare, lo fece sapendo che la base della lingua del
popolo (questo significa volgare) era l’antica parlata di un
Europa unita non solo dalle leggi romane, ma anche dalla
lingua dei legionari. E il padre nobile della nostra cultura
riteneva che questo latino portasse con sè la “traduzione”
romana di un messaggio iniziato più di mille e duecento anni
prima in Palestina. Se il Fiorentino ha tenuto conto della
necessità di far leggere anche le fasce popolari, ha scritto
però opere fondamentali, come il De vulgari eloquentia o il De
monarchia, in latino, che rimaneva la lingua, allora già
internazionale, dei dotti. Il sospetto di alcuni è che la
lotta contro il latino abbia radici ideologiche -e ignoranti,
nel senso (guarda caso) etimologico del termine- e che venga
dalla convinzione che sia lingua dei preti e della Chiesa. Ma
non solo questo. Se qualcuno pensasse che la lingua dei romani
sia un fossile da riesumare solo nei musei linguistici (licei,
e mica tutti, Lettere, magari solo quelle classiche)
sbaglierebbe di grosso. Intanto serve tantissimo nelle facoltà
linguistiche:

le   lingue     cosiddette   romanze,   sviluppatesi   con   la
trasformazione del latino a contatto con le lingue delle varie
popolazioni, e quelle “indoeuropee” che provengono, come il
latino da un ceppo linguistico comune, hanno ancora molto in
comune: il loro studio all’università è facilitato dalla
conoscenza del latino.

Ma l’utilità della lingua non riguarda solo le materie
umanistico-linguistiche. Quanti medici affermati ringraziano i
genitori di averli iscritti ad un liceo, soprattutto classico?
Tantissimi, e il motivo è che, conoscendo il latino e il
greco, impieghi molto meno tempo a studiare, perché quasi
tutti i nomi di organi e malattie provengono dal latino
(suffissi, parole come “decubito”, “placebo”, “videat”,
“trigemino” e migliaia di altri termini) e dal greco. E questo
vale per la psicologia e la psicoanalisi, con parole che fanno
parte ormai della parlata quotidiana come “libido”, “ego”,
“super-ego”.

Per non parlare dell’archeologia (si pensi ai siti romani
sparsi in tutto il mondo di allora), della storia dell’arte,
dove è necessario analizzare frasi inserite nel quadro stesso,
iscrizioni e finanche libri di pagamento per far luce
sull’attribuzione di alcune opere.

Se si dà acqua alle radici, il tronco e la chioma ringraziano.
Il “ritorno” di un latino piegato tra l’altro alle nuove
necessità linguistiche è uno sguardo verso il futuro, per
capire meglio, per migliorare se stessi e il mondo. Oltre che
aprire la mente e lo spirito.

“The Greatest Show”, quattro
parrocchie della città unite
dal teatro
Trentasei attori, 2 cast, 4 oratori, 9 mesi di lavoro: ecco la
formula vincente del concerto di canzoni realizzato dagli
oratori San Francesco, San Bernardo, Maristella e Borgo
Loreto. Ispirato al geniale, pluripremiato film “The Greatest
Showman”, lo spettacolo riprende le scene, le canzoni ed i
personaggi più celebri del lungometraggio, riproponendole e
rivisitandole in forma di musical.

I giovani e giovanissimi attori, dai 14 ai 29 anni, hanno
unito le forze, destreggiandosi tra recitazione, danza e canto
accompagnati e sostenuti rispettivamente dall’associazione
“Compagnia dei Piccoli”, dalla scuola di danza “Il
Laboratorio” di Cremona e da una vocal coach. Una sinergia
efficace che risulta in uno show energico, frizzante e
travolgente. Non un semplice show: “The Greatest Show”. Una
bellissima occasione di intrattenimento per il pubblico, che
lascia tuttavia immaginare un percorso con un enorme
potenziale educativo ed esperienziale.

Non solo un bello spettacolo, quindi, ma anche un segnale
intenso e incoraggiante dell’ambizione e dell’impegno dei
giovani provenienti da quattro comunità diverse ma inserite in
un percorso di unità pastorale. Insomma, in un mondo che
sembra incitare all’individualismo e all’egoismo, “The
Greatest Show” vuole invece sottolineare la necessità di
giovani appassionati e convinti dei valori della condivisione
e dell’aiuto dell’altro.

Lo spettacolo è davvero un’occasione imperdibile per chi
desidera passare una serata alternativa, all’insegna del
divertimento e della musica, senza dimenticare la bellezza del
progetto educativo come sfondo e base di tutto il lavoro.

Il 28, 29 e 30 Giugno si prospettano come tre serate
emozionanti, che vedono alternarsi due cast, per lasciare il
pubblico sempre stupito. L’inizio dello spettacolo è previsto
per le ore 21.30 presso l’oratorio San Francesco (Cremona), ma
sarà anche attivo un servizio per la cena a partire dalle ore
19.00. Per informazioni e prenotazioni è possibile scrivere
una email a: compagniadeipiccoli@gmail.com.

La vita di padre Mourad, il
cristiano   d’Oriente   che
invita al dialogo con i
musulmani
“Era il 21 maggio 2015, ero nel mio convento di Mar Elian, due
giovani uomini mascherati e armati fanno irruzione. Prendono
me e Boutros, un giovane postulante, ci fanno salire in
macchina, ci legano…”. Inizia così il calvario di padre
Jacques Mourad, monaco siro-cattolico, rapito dai jihadisti in
Siria e miracolosamente fuggito, dopo mesi di prigionia.
Quattro mesi e venti giorni di detenzione che rappresentano la
straordinaria testimonianza di un religioso che non solo non
ha mai perso la fede nei momenti più duri della sua prigionia,
ma non l’ha nemmeno mai rinnegata in cambio della salvezza.
“Mentre ero prigioniero aspettavo il giorno della mia morte ma
con una grandissima pace interiore. Non avevo alcun problema a
morire per il nome di nostro Signore” racconta il monaco della
Comunità di Mar Musa.

Un libro che invita ad essere umani e coraggiosi

Una storia di fede che lui stesso ha trasformato in un libro
che nasce “per invitare a essere coraggiosi, umani e
cristiani”. Un messaggio che padre Jacques Mourad vuole
lasciare con la sua autobiografia in cui, oltre a parlare dei
mesi di prigionia, ripercorre tutta la sua vita. Nel libro:
“Un monaco in ostaggio. La lotta per la pace di un prigioniero
dei jihadisti”, il religioso siriano racconta la sua infanzia,
la vocazione e la storia della sua comunità impegnata
nell’amicizia con i musulmani. Inevitabile il ricordo di padre
Paolo Dall’Oglio, il gesuita – anch’egli rapito – con cui
padre Mourad ha fondato la comunità di Mar Musa e di cui non
si hanno più notizie.

La preghiera come dono

Durante la sua prigionia il monaco siriano viene ripetutamente
torturato e rischia più volte la morte, ma è proprio in quella
drammatica situazione che riceve un dono particolare: “Dio –
si legge nelle pagine del suo libro, edito da Effatà – mi
aveva fatto la grazia di gustare la forza della preghiera nel
momento in cui ne avevo maggiormente bisogno”. Queste pagine
infatti, come evidenzia Andrea Riccardi, fondatore della
Comunità di Sant’Egidio e autore della presentazione del
volume, sono una testimonianza della forza della preghiera”
perché “padre Mourad mostra come l’impegno per la pace, il
dialogo, l’amicizia per l’altro siano impossibili senza”.
L’invito alla non violenza

Un libro che, narrando della resistenza pacifica di un monaco,
è anche un invito a compiere un’irrevocabile scelta di non
violenza, di perdono, di amore incondizionato, senza la quale
il mondo rischia di sprofondare sempre di più nella violenza.
Una violenza che, come ricorda Riccardi “non è mai collegata
alla religione, ma agli uomini e al loro egoismo”.

La possibile convivenza tra cristiani e musulmani

Il religioso, nelle sue pagine, invita dunque tutti alla pace
perché, nonostante la prigionia, è fermamente convinto che la
convivenza tra cristiani e musulmani sia ancora pensabile. “Il
dialogo – evidenzia – è sempre possibile perché Dio ci ha
creati per vivere insieme”. La sua esperienza, sfatando l’idea
di un islam tutto violento, testimonia l’esistenza di
musulmani che hanno dato la loro vita per far uscire i
cristiani dal controllo dell’Isis.

Il cristiano d’Oriente

Con la sua storia, padre Mourad testimonia dunque il valore di
essere cristiano d’Oriente e discepolo di Gesù davanti al
pericolo e non solo perché, come lui stesso ricorda, “un
cristiano deve essere tale in tutte le situazioni”. Una
testimonianza di fede che dà un messaggio a tutti i cristiani
d’Europa.

Venerdì 28 giugno concerto
bandistico e inaugurazione
dell’impianto   luci    in
Cattedrale
Sarà inaugurato ufficialmente nella serata di venerdì 28
giungo il nuovo impianto di illuminazione della Cattedrale di
Cremona. A presentarlo sarà il vescovo Antonio Napolioni,
insieme con il responsabile diocesano dei Beni Culturali
ecclesiastici che ha curato i lavori di rinnovamento
dell’impianto luci .

L’occasione è offerta dal concerto bandistico in memoria del
cavalier Luigi Maschi che quest’anno vedrà come protagonista
il complesso bandistico Città di Cremona. La serata in
Cattedrale si aprirà alle ore 21.

Forum   Internazionale   dei
Giovani,   un  cammino   tra
testimonianze e preghiera
Il Forum Internazionale dei Giovani è una iniziativa, promossa
dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che intende
proseguire il cammino intrapreso durante l’Assemblea generale
ordinaria del Sinodo dei vescovi, svoltosi in Vaticano dal 3
al 28 ottobre scorsi. Al Forum partecipano 246 giovani
provenienti da 109 Paesi. Sono giovani delegati delle
Conferenze episcopali e dei principali movimenti e comunità
ecclesiali.
I giovani e il cammino sinodale

La giornata odierna, dedicata al tema “Il cammino sinodale e
il suo impatto nelle Chiese locali”, si è aperta con i saluti
del cardinale Kevin Farrel, prefetto del Dicastero per i
Laici, la Famiglia e la Vita e con l’intervento di padre
Giacomo Costa, segretario speciale del Sinodo per i giovani.
La giornata, scandita anche all’ascolto di giovani ed esperti,
si concluderà con la Santa Messa celebrata dal cardinale
Lorenzo Baldisseri, segretario generale della Segreteria del
Sinodo dei vescovi. A Vatican News padre Giacomo Costa ricorda
alcuni momenti della giornata odierna a partire
dall’intervento del cardinale Farrel:

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/06/19/13/1350
93520_F135093520.mp3

«Il cardinale Farrell ha aiutato i giovani, li ha invitati ad
entrare in questo processo post sinodale, per cercare di fare
sì che quanto si è sperimentato in questo percorso, possa
vivere. Ha invitato veramente i giovani a fare la loro parte».

Come, in concreto, rendere attuativo il cammino sinodale?

«Sicuramente non è solo un lavoro, ma una gioia. Si sente
l’entusiasmo che si vive nelle varie conferenze episcopali,
nelle varie parti del mondo. Quello che è già stato bello e
che poi sicuramente crescerà nei prossimi giorni, è sentire
come già alcune cose si sono mosse nei Paesi a partire dalle
chiese, dalle comunità. Realtà che hanno già cercato di
riattivare e approfondire, in vari ambiti, un modo di essere
una Chiesa sinodale che partecipa. Questo sarà proprio
l’obiettivo di questi giorni, di condividere quello che è
stato fatto e cercare di fare concretamente dei passi avanti
nel modo di vivere questo spirito di una Chiesa aperta,
fraterna, accogliente, trasparente, impegnata: quella Chiesa
che i giovani desiderano. La giornata di oggi è dedicata a
riprendere il processo sinodale, perché tanti non hanno
partecipato. Si tratta soprattutto di entrare non solo nei
testi, nei documenti, ma in quello che è lo spirito del
cammino. E questo attraverso la testimonianza di coloro che
cercano di comunicare la bellezza dell‘evento sinodale.
Qualcuno ha detto: “Non potevo credere che la Chiesa volesse
ascoltarmi e invece i cardinali, i vescovi, mi hanno chiesto
cosa pensassi. Hanno veramente valorizzato il mio contributo».

Dunque, anche attraverso l’esperienza di questi giovani che
hanno partecipato al Sinodo e che stanno testimoniando della
ricchezza ricevuta, c’è una trasmissione esperienziale. Una
condivisione che parte dal Sinodo e arriva ai giovani del
mondo. In questo Forum è infatti rappresentato tutto il mondo…

«Ci sono tutti i Paesi. È veramente impressionante! All’inizio
sono stati letti i nomi di tutti i ragazzi in rappresentanza
dei loro Paesi. È impressionante la varietà e la quantità di
Paesi rappresentati. In fondo è quello che il Sinodo e i padri
sinodali avevano desiderato: “Vogliamo che la fiamma di quanto
abbiamo vissuto possa diffondersi, propagarsi».

Una fiamma alimentata dal confronto, dalla discussione tra i
giovani stessi, dalle testimonianze ma anche dalla preghiera …

«Il punto cruciale, l’esperienza, si radica nel rendersi conto
di essere accompagnati dal Signore e di avere del tempo per
ascoltarlo, per approfondire e lasciare che lo Spirito vada in
profondità».

Serata formativa all’ospedale
Caimi di Vailate
Sarà don Natalino Tibaldini, parroco di Vailate, ad
intervenire nella serata organizzata per martedì 16 luglio
dall’ospedale Caimi nell’ambito della rassegna “Anziani
insieme per le età 2019”, giunta alla 21ª edizione.

Il tema della serata formativa sarà “Quando venne la pienezza
del tempo…Le cinque priorità di Gesù”.

L’incontro aperto a tutti avrà inizio alle ore 20.30 presso la
struttura di via Caimi 21 a Vailate.

                         La locandina

Rapporto Unhcr “Global Trends
2018”: 70 milioni le persone
in fuga nel mondo
70,8 milioni di persone in fuga, una cifra che supera due
volte il dato di vent’anni fa e stimata per difetto,
sottolinea l’agenzia Onu, perché la crisi in Venezuela, in
particolare, è riflessa da questo dato solo per difetto.
Rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni i tre gruppi
principali. Nel 2018 una persona ogni 108 era rifugiata, si
legge nel rapporto Global Trends, e un rifugiato su due era un
minore. In particolare l’Uganda ha registrato 2800 bambini
rifugiati sotto i 5 anni soli o separati dalla famiglia. I
Paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su
scala mondiale, mentre l’80% dei rifugiati vive in Paesi
confinanti con quelli di origine.
Pochi i rientri nei Paesi di origine

Nel 2018 solo 92.400 rifugiati sono stati reinsediati, meno
del 7 per cento di quanti sono in attesa. Circa 593.800
rifugiati hanno potuto fare ritorno nel proprio Paese, mentre
62.600 hanno acquisito una nuova cittadinanza per
naturalizzazione. Nel 2018 sono state presentate 1,7 milioni
di nuove domande di asilo nel mondo. Gli Stati Uniti d’America
sono stati il Paese che ha ricevuto il maggior numero di nuove
domande individuali (254.300), seguito da Perù (192.500),
Germania (161.900), Francia (114.500) e Turchia (83.800).

Verso i rifugiati anche atti di generosità

“Se da un lato il linguaggio utilizzato per parlare di
rifugiati e migranti tende spesso a dividere, dall’altro, allo
stesso tempo, stiamo assistendo a manifestazioni di generosità
e solidarietà, specialmente da parte di quelle stesse comunità
che accolgono un numero elevato di rifugiati. Stiamo inoltre
assistendo ad un coinvolgimento senza precedenti di nuovi
attori, fra cui quelli impegnati per lo sviluppo, le aziende
private e i singoli individui, che non soltanto riflette, ma
mette anche in pratica lo spirito del Global Compact sui
Rifugiati”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario
delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

Conflitti e povertà all’origine della fuga dalla propria terra

“Quello dei rifugiati è un numero molto elevato e ciò è dovuto
ai conflitti e alle crisi umanitarie che purtroppo non
accennano a trovare una soluzione – afferma Federico Fossi,
uno dei portavoce di Unhcr ai microfoni di Radio Vaticana
Italia – l’impennata di questi numeri è stata registrata
all’inizio del 2011 con la crisi siriana, ma purtroppo si
aggiungono nuovi conflitti, come quello in Yemen, in Sud Sudan
e conflitti che non accennano a trovare una soluzione, come in
Afghanistan, Repubblica democratica del Congo e tanti altri.
E’ un numero alto che purtroppo continua a cresce – continua
Fossi – anche perché calano invece i ritorni a casa dei
rifugiati, proprio perchè le condizioni di sicurezza nei loro
Paesi non permettono un ritorno in sicurezza”.

            Ascolta l’intervista a Federico Fossi

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/06/19/13/1350
93027_F135093027.mp3

La Giornata mondiale del rifugiato

Il rapporto dell’Unhcr arriva a ridosso della Giornata
internazionale del Rifugiato per commemorare l’approvazione,
nel 1951, della Convenzione sui profughi da parte
dell’Assemblea Generale. Una ricorrenza, ha detto il Papa
domenica scorsa a Camerino, che “invita tutti alla solidarietà
con gli uomini, le donne e i bambini in fuga da guerre,
persecuzioni e violazioni dei diritti fondamentali”.

Il sostegno del Papa

“Il Papa ha rappresentato davvero un faro nella comunicazione
e nell’adozione di politiche in favore dei rifugiati”, ha
affermato Andrea Pecoraro, rappresentante dell’Unhcr
all’incontro “Migranti e rifugiati. Contributi e sfide del
presente”, che si è svolto questa mattina nella sede di Radio
Vaticana. “Il tema dei rifugiati nel suo pontificato è sempre
al centro della sua azione”, spiega ancora Pecoraro,
l’attenzione ai migranti forzati… La sua prima visita a
Lampedusa per noi è stato un segnale evidentemente molto
chiaro di quella che sarebbe stata la sua azioni. Il Papa
nelle sue azioni, nelle sue parole e nei suoi gesti quotidiani
ci ricorda di puntare l’attenzione sulla protezione dei
rifugiati”.

              Ascolta Andrea Pecoraro dell’Unhcr

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/06/19/16/1350
94018_F135094018.mp3
Elvira Ragosta   e Michele Raviart

Appello   vescovi  europei:
rispondere al grido della
terra e dei poveri
Quattro anni dopo la lettera enciclica di Papa Francesco
“Laudato Si” sulla “cura della casa comune”, i partecipanti da
tutta Europa – si legge in un comunicato della Comece – si
sono riuniti per condividere iniziative concrete e buone
pratiche con cui rispondere alla complessa crisi – sia sociale
sia ambientale – che tutti stiamo affrontando. Chiara è emersa
la necessità di una “conversione ecologica” che implica uno
stile di vita diverso.

Conversione ecologica richiede cambio di stile di vita e
scelte politiche

“Dal mio punto di vista – ha affermato mons. Jean-Claude
Hollerich, l’arcivescovo di Lussemburgo e presidente della
Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione Europea) –
una conversione ecologica include entrambi questi aspetti: da
un lato, ci invita a un cambiamento profondo e duraturo nei
nostri stili di vita in modo che diventino veramente
sostenibili in senso pratico e materiale ma anche in senso
spirituale, dall’altro richiede scelte politiche coraggiose
che supportino questi sforzi per combattere il consumo
eccessivo e ridurre drasticamente l’impronta ecologica a
livello individuale e comunitario”. Durante l’incontro,
esperti e studiosi hanno offerto i loro punti di vista e hanno
sottolineato che gli sforzi per proteggere e migliorare il
creato implicano profondi cambiamenti negli stili di vita, nei
modelli di produzione e consumo, nonché nelle strutture
consolidate di potere che governano le società.

Appello al ruolo fondamentale dell’Europa

Confrontandosi con rappresentanti istituzionali, i
partecipanti hanno proposto raccomandazioni all’Ue affinché
fornisca un forte impulso a tali cambiamenti attraverso
politiche che possano promuovere e sostenere le scelte di
stili di vita sostenibili. Nello scenario rinnovato derivante
dalle elezioni europee e in vista del Sinodo sull’Amazzonia
che si terrà ad ottobre, la seconda Giornata di riflessione
europea sulla Laudato Si’ ha rilanciato “un appello al ruolo
fondamentale dell’Europa” perché la sua azione nel contesto
mondiale “includa la cura per l’ambiente, la promozione dei
diritti umani,   lo   sviluppo   sostenibile   e   la   giustizia
economica”.
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