C'È ANCORA POSTO PER GESÙ OGGI?

Pagina creata da Nicola Sabatini
 
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1° INCONTRO

C’È ANCORA POSTO PER GESÙ OGGI?

Dal Vangelo secondo Giovanni 1,5-10
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.

Nel Prologo l’evangelista Giovanni, a differenza dei racconti dei vangeli dell’infanzia,
descrive in forma poetica l’opera di Gesù, Verbo di Dio, nel vasto orizzonte della storia
della salvezza che Dio ha tracciato per l’uomo.
In questi versetti ci presenta un aspetto molto interessate della vicenda di Gesù: Lui è la
Vita, anzi, la fonte della vita, nel quale il mondo e la storia umana trovano la loro origine
e la strada da seguire. Infatti Gesù è anche la luce che illumina il cammino della vita.
Ogni uomo è posto davanti alla luce di vita di Gesù. Ogni uomo, anche colui che non ha
sentito parlare di Cristo come personaggio storico, è chiamato a intendere, almeno nel
profondo del cuore, questa parola di salvezza e a vivere delle stessa vita della Parola
presso il Padre.
Tuttavia, l’ambiente di male che si oppone alla luce di Dio e alla Parola di Gesù, e in cui
gli uomini possono essere immersi, non riesce ad avere il sopravvento e a vincere.
E’ il dramma tra luce e tenebre, tra amore e odio, tra fede e incredulità, tra Dio e il
mondo!
Eppure questa luce tende ad illuminare ogni uomo senza esclusioni. Egli ha rotto ogni
barriera e divisione, ha compiuto il primo passo verso l’umanità, ha teso la mano
all’uomo.
Benchè fosse nel mondo, il mondo non lo riconobbe, cioè gli uomini non hanno creduto
nel Verbo incarnato, anzi lo hanno rifiutato… perfino i suoi non lo hanno accolto. Si tratta
della non accoglienza da parte del popolo di Israele, ma anche della non accoglienza dei
suoi, e tra questi ci siamo anche noi.
Per il lavoro di gruppo

     Da una parte molti giovani oggi vivono come se Dio non esistesse. Non c’è più
      bisogno di ricorrere a Lui! Se proprio non riesco negli esami … c’è Cepu; e poi la
      felicità e il senso della vita è … solo questione di soldi! La strada della realizzazione
      di sé non passa dal ‘paradiso’. Dall’altra invece si nota una ricerca di ‘spiritualità’;
      molti giovani sentono il bisogno di andare oltre, non accontentandosi più delle solite
      risposte. Ci hanno detto che in molte discoteche si stanno diffondendo le ‘salette
      dello spirito’. Un luogo appartato, calmo, con una musichetta softh di sottofondo,
      luce tenue di candele, profumo d’incenso e possibilità di ritrovare se stessi. Forse ne
      conosci anche tu!. Domandatevi in gruppo: ma è autentica spiritualità? E’ desiderio
      di Dio? Qual è secondo te il cammino che un giovane oggi deve fare per arrivare ad
      incontrare Gesù?

     Mi domando: Il ‘Vangelo’ di Gesù è per me una novità? Sento quando lo leggo che
      Gesù sta entrando nella mia vita e la sta trasformando? Spesso invece capita di
      ascoltare il vangelo, come una parola tra le tante. E’ un gioioso messaggio, un
      annuncio radioso?
2° INCONTRO

SPERANZE E ATTESE DEI GIOVANI D’OGGI

Dal Vangelo secondo Luca
Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per
ottenere la vita eterna?”. Egli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è
buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ed egli chiese: “Quali?”. Gesù
rispose “ Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,
onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso”. Il giovane gli disse: “Ho
sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?”. Gli disse Gesù: “Se vuoi essere
perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni
e seguimi”. Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.

Voglio avere vita piena, voglio una vita alla grande, non mi interessano le mezze misure,
non mi adatto al galateo con cui mi state ingessando la vita. Vivo una vita sola e la voglio
vivere al massimo. Non mi dire che bisogna tenere i piedi per terra, che devo cominciare a
mettere la testa a posto, che è finito il      tempo delle pazzie. Non voglio limiti, non
m’interessa se è una vita spericolata o piena di guai, io voglio vivere una vita piena.
Queste parole o simili, ma sicuramente questa decisione e questa radicalità ha espresso
quel giovane a quel Gesù che passava in uno dei tanti viaggi in giro per la Palestina. La
frase del vangelo: Maestro che devo fare per avere la vita eterna non traduce per noi oggi
questo bisogno di vita piena, anzi la parola vita eterna siamo abituati a sentircela dire solo
ai funerali, proprio quando la vita non c’è più e la fede nel futuro vacilla. Gesù dopo aver
scandagliato nel cuore di questo giovane, dopo aver chiarito che si tratta di una domanda
grossa che si può misurare solo con risposte altrettanto decise lo guarda. Uno sguardo che
ti denuda, che ti mette di fronte a te stesso. Uno sguardo che fa nascere in Gesù amore
tenerissimo. Come si fa a non voler bene a un giovane così deciso, che vede così chiaro
nella sua vita, che va al nocciolo della questione? Come si fa a rispondere in maniera
accomodante o addirittura a ingannare? Come si può trattare da pollo una aquila, mettere
occhiali neri a chi vuole e può guardare il sole.
E Gesù allora gli spara una raffica di verbi: Va’, vendi, regala, vieni e seguimi E lui? non
va, ma se ne torna indietro, gira i tacchi, non vende, ma si attacca ancora di più, non
regala, ma si seppellisce nella tristezza, non ritorna, ma s’allontana, non lo segue si gira,
ma resta tremendamente triste. Perché aveva il cuore fasciato da se stesso prima di tutto
prima di tutti e dai soldi.
La ricchezza ti inchioda sempre, ti toglie gli ideali, è comoda, ma toglie sapore alla vita.
Impossibile avere vita piena da ricchi. Solo Dio la può fare compiendo un miracolo.

Per il lavoro di gruppo

Facciamo un processo al giovane ricco, al perché della sua ritirata. Se fosse stato uno di
noi che cosa gli avremmo detto per convincerlo ad accettare? Concretamente uno di voi si
immedesima in quel rifiuto, tira fuori i suoi 50 motivi per voltar le spalle alla fede e cercate
di rintuzzarglieli se ci riuscite, altrimenti rileggete il vangelo.
3° INCONTRO

GESU’ SPERANZA DEL MONDO

Dal Vangelo secondo Luca 2,8-14
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro
gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse
di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi
annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide
un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto
in fasce, che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine
dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: ‚Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in
terra agli uomini che egli ama”.

La scena è suggestiva. La notte, il silenzio, la campagna aperta: l’apparente tranquillità è
densa di mistero e carica di anticipazione. E’ l’atmosfera di gestazione di novità, lo sfondo
da cui emerge la sorpresa. Gesù è la vera novità che supera ogni attesa dell’umanità.
Mettiamo in luce alcuni elementi del brano:
- L’annuncio della grande gioia. E’ necessario l’annuncio, perché la venuta di Dio in mezzo
a noi non è data per scontata, né può essere dedotta da un ragionamento o causata da
sforzo umano. Molte fedi parlano di un dio che ama l’umanità, ma solo il cristianesimo
parla di un     Dio diventato uomo. E da quella notte di Betlemme in poi, la catena
dell’annuncio continua a svilupparsi nel tempo e nello spazio, di generazione in
generazione. E’ un annuncio di speranza, un annuncio che porta gioia, non idee estratte o
norme di vita! E’ lo stile meraviglioso di Dio che vuol salvare l’umanità. Egli ha rinnovato il
mondo entrando nel mondo, salvare l’uomo diventando uomo. Con l’incarnazione l’infinito
Dio prende dimora in un piccolo luogo; l’eterno Dio si racchiude nel breve periodo di
tempo; l’invisibile Dio si rivela nella natura umana.
- La città di Davide. Da sempre l’uomo sente la distanza di Dio. Lui abita lassù, nei cieli! E
da sempre ha cercato di colmare questa distanza di propria iniziativa, con i propri mezzi.
Adamo ed Eva hanno ceduto alla tentazione di diventare come Dio ( cfr. Gen. 3,5) e i loro
discendenti hanno cercato di costruire la torre di Babele per toccare il cielo ( cfr. Gen.
11,3).
Con l’incarnazione Dio non è più lontano, e soprattutto è Lui che porta il cielo sulla terra e
solleva la terra al cielo. La terra pertanto è un riflesso della bellezza del cielo e tutto il
cosmo è un sacramento dell’amore divino. E Gesù ama profondamente questa terra,
osserva con stupore la sua crescita e tutto ciò che vi abita.
- Oggi. Il tempo non è solo la misurazione sofisticata di fatti e avvenimenti senza contenuto
e consistenza. Ma nel ‘tempo di Dio’ si realizza una missione, si attua un progetto, si
adempie ad una promessa. Visto dalla prospettiva di Dio il tempo non è mai vuoto, ma è
l’ambito dove Egli fa percepire la sua presenza e realizza il suo progetto. Con Gesù siamo
giunti al momento più denso e pieno della storia umana.

Per il lavoro di gruppo

      Qual è la mia casa? La casa dov'è? In una canzone, Jovannotti si fa questa
       domanda che riassume tutte le domande della vita: da dove vengo? Chi sono? Qual
       è il luogo da cui provengo? Chi mi ha creato? Sono il flutto del caso o Qualcuno mi
       ha pensato? Dio esiste? E se esiste chi è? Qual è la strada per raggiungere la
       felicità? Cosa mi aspetta nel futuro? Chi riempirà il mio cuore fino in fondo?
       Sono molte le domande che potresti farti, sono interrogativi che emergono in
       maniera evidente soprattutto nei momenti difficili della vita, di fronte alla morte di un
       amico, di fronte all'immensità di un cielo stellato o nei momenti di cambiamenti come
       possono essere questi anni in cui stai camminando verso una giovinezza matura e
       da vivere in pienezza. Quali sono le tue risposte? Quali risposte stai cercando? Dove
       le stai cercando? Forse, come dice Jovanotti, le stai cercando "in zone pericolose ai
       margini di ciò che è convenzione dì ciò che è conformismo di ogni moralismo..."
      Cosa noi sappiamo di Gesù? Siamo anche noi, come tanti cristiani, insensibili a Lui
       da non provare più né spavento né gioia grande? Forse abbiamo inscatolato la
       venuta di Gesù tra le tante cose che abbiamo, che conosciamo, tra le formule da
       ripetere o i gesti da fare?
      Chi sei Tu, Signore, che hai la pretesa di rispondere ai miei più nascosti desideri?
       Cosa significa che tu sei la speranza dell’uomo? Come posso mettermi alla ricerca di
       te, incontrarti come risposta, come strada da percorrere?
      Percorrere il cammino di una speranza solida e serena non è facile. I segni che
       abbiamo davanti a noi spesso sono contraddittori. Di fronte ad un amico disperato,
       cosa ti senti di dire? Saresti capace di presentare Gesù come risposta vera, come
       fine ultimo di ogni speranza?
4° INCONTRO

PER UN MONDO MIGLIORE

Dalla lettera di S. Paolo Apostolo agli Efesini 2,14-18
Cristo infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro
di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua
carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo
uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per
mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia. Egli è venuto perciò ad
annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di
lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.

Con uno stile solenne Paolo celebra l’opera pacificatrice e riconciliatrice di Cristo.
La formula iniziale pone subito il protagonista e la sua opera a favore dei cristiani: Egli
infatti è la nostra pace. Il termine ‚pace‛ riferito a Cristo, richiama la grande speranza
messianica di giustizia e di liberazione concentrata nel simbolo pregnante del shalom. Il
discendente davidico, incaricato di instaurare la signoria e regalità storica di Dio, è
chiamato con il titolo protocollare ‚principe della pace‛. In che cosa consista questa pace si
precisa nei versi successivi in forma negativa (fine della divisione e discriminazione) e in
forma positiva (costituzione di un solo popolo e di un solo ‚uomo nuovo‛, riconciliazione
dei divisi in un solo corpo).
La pace storica realizzata da Gesù comporta l’eliminazione della barriera religiosa che
separava i giudei dai pagani: Gesù ha abbattuto il muro di separazione, cioè il tramezzo
che divideva gli uomini generando ostilità reciproca. Quel muro divisorio viene identificato
con la legge, più precisamente con quella precettistica giudaica che regolava i rapporti tra
il mondo giudaico e il resto del mondo e che faceva del popolo ebraico una specie di
apartheid religiosa e sociale. Gesù annulla la legge fonte di discriminazione e ostilità tra i
due gruppi umani.
In chiave positiva, l’opera di pacificazione di Cristo consiste nella riunione dei due mondi,
quello giudaico e quello pagano, nella creazione di una nuova umanità, nell’inserimento
dei due gruppi divisi in un solo organismo vitale, la comunità cristiana. Quello che va
sottolineato in questo dinamismo, è l’insistenza sul ruolo unico e centrale della persona di
Cristo: per due volte si dice che l’incontro dell’umanità divisa avviene ‚in Lui‛. E perché tutto
questo non suoni vuota retorica, l’autore precisa che lo spazio storico dell’unificazione è la
carne, l’umanità di Gesù, cioè la sua morte salvifica, la croce.
Il verso finale dell’inno riassume molto bene la meta ultima dell’opera rappacificatrice di
Gesù: l’incontro di tutti gli uomini con il Padre in un solo Spirito. Abbattute le barriere
religiose e sociali che separavano gli ebrei dai pagani, nella persona di Gesù si apre la
nuova via per accedere a Dio. Il tenore del testo suggerisce anche un'altra immagine
presente nella prima tradizione cristiana: Gesù è il nuovo tempio o santuario dove gli
uomini possono, senza discriminazioni, incontrare Dio.

Per il lavoro di gruppo

      Purtroppo si parla tanto di pace, ma molto spesso nelle relazioni tra di noi e nei
       rapporti tra gli stati, la violenza è all’ordine del giorno. Si fa fatica ad ascoltare
       l’altro, le sue ragioni, i suoi punti di vista. Eppure è l’unica strada da percorrere.
       Provate a raccontarvi qualche esperienza di riconciliazione vera, di superamento
       delle tensioni e divisioni.
      La pace è prima di tutto un dono da chiedere con insistenza al Signore, il principe
       della pace. Non sarebbe possibile un incontro di preghiera per la pace anche con
       altri giovani di differenti credo religiosi? Abbiamo ancora davanti agli occhi, anche
       se sono passati alcuni anni, le stupende immagini di Giovanni Paolo II che ad Assisi
       pregò per la pace.
      Ci si potrebbe informare meglio su qualche guerra ‘dimenticata’ e partecipare o
       promuovere qualche campagna di sensibilizzazione, scrivendo ai missionari del
       posto e invitando la comunità cristiana a porre più attenzione alle sofferenze
       dell’umanità.
5° INCONTRO
NELLA CROCE LA VITA

Dal Vangelo secondo Marco 14,32-42
Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli:
«Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a
sentire paura e angoscia. Gesù disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate
qui e vegliate».   Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse
possibile, passasse da lui quell'ora. E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te,
allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu». Tornato
indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare
un'ora sola? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la
carne è debole». Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole. Ritornato li
trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa
rispondergli. Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta
l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.            Alzatevi,
andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

La croce non è un optional nella vita del cristiano, ma un passaggio obbligato.
Dio stesso ha scelto di passare attraverso la morte (non l’ha cercata, ma nel momento in cui
diventava impossibile sfuggirle ha scelto di affrontarla). Vivere la croce e la morte da
cristiani significa affrontarla come Gesù, in Gesù e per amore suo. La scelta non è se
affrontare o meno la morte (con tutti i suoi sottoderivati) ma come affrontarla.
Il testo costituisce un momento decisivo del cammino di Gesù verso la croce. In prossimità
del suo sacrificio, Gesù dialoga con il Padre, mentre i discepoli sembrano non capire,
incapaci di parlare. Centrale è proprio il dialogo, la preghiera di Gesù. Gesù cade a terra,
quasi sotto il peso della terribile tragedia che si sta preparando a vivere e prega.
La richiesta è che venga tolta, messa da parte l’ora. Si tratta dell’ora della consegna di
Gesù alla morte, dell’ora della passione, e Gesù nella sua preghiera chiede che gli sia
risparmiata. In questa reazione di Gesù affiora tutta la sua angoscia, il rigetto, l'orrore di
fronte al dramma della morte e, nello stesso tempo la sua preghiera lascia intravedere la
faticosa preparazione ad accettare ciò che Dio gli chiede. Non è semplice, nemmeno per
Gesù l’accettazione della volontà del Padre! E lo vediamo ancora meglio nella preghiera
esplicita, nel dialogo tra Gesù e suo Padre. Pur davanti alla tragicità della propria morte,
non smette di invocare Dio come colui che gli è papà (Abbà), che gli è vicino, che sente
presente in un rapporto di confidenza e tenerezza.
A questo primo elemento segue l’altra espressione: ‘Tutto a te è possibile’. Non è tanto
l’affermazione di una onnipotenza magica, ma la professione di fede nella potenza di Dio,
nelle cui mani stanno la vita e la morte. Gesù, pur nel momento difficile, riconosce la sua
fede in questo papà, nelle cui mani stanno la vita, la morte e la storia degli uomini.
La richiesta è normale; di fronte alla prospettiva della morte violenta, la prima reazione di
Gesù è di essere liberato. Ma nel mentre Gesù avanza tale richiesta, subito sembra tornare
indietro, mostrando invece la sua sofferta ma reale disponibilità ad essere fedele alla
volontà del padre. ‘Non quello che voglio io, ma quello che tu vuoi’. Possiamo dire che ‘il
fare la volontà di Dio’ è il filo conduttore di tutta la vita di Gesù, è la motivazione ultima di
ogni sua scelta, è la proposta chiara che fa a chi lo vuole seguire.
Il dramma di Gesù di fronte alla morte, vissuto nella preghiera al Padre, è un dramma che
diventa esemplare per ciascuno di noi. Questa tensione tra rifiuto e fedeltà a Dio, permette
di intravedere come ciascuno di noi può vivere le proprie esperienze negative e anche il
proprio stesso morire. Una cosa è chiara: proprio nel momento massimo della difficoltà,
Gesù si rivolge filialmente al Padre. Nel momento di grave drammaticità, Gesù non si
dispera, ma nella preghiera e nel dialogo ritrova la consapevolezza della sovranità e della
affidabilità del Padre tale da fargli assumere con coraggio e piena libertà la morte. Dio è
sempre Abbà, Padre, e la vita e la morte sono ancora in suo potere.
A trasformare la morte in evento di salvezza non è stato un miracolo, ma la libertà di Gesù
che, facendone il luogo del dono libero della vita, la accetta fino in fondo.

Per il lavoro di gruppo

      La morte è un segno della povertà radicale che segna la condizione dell’uomo. La
       croce non è un bene, perché è privazione di qualcosa di necessario, è un'esclusione:
       in sé è un male. Fine della nostra vita cristiana non è la croce, ma la comunione, la
       gioia e l'amore. La croce è una strada, un cammino per giungere al fine della vita.
       La croce per noi non è un'opzione. Per essere cristiani è necessario accogliere la
       nostra croce personale. Vivere la croce come Gesù: non è scelta di un ideale di vita,
       ma inserimento per amore nel mistero di Dio.
       Prova a verificare in gruppo queste riflessioni.
      Morire per amore, è il significato ultimo della Croce. Ma non pensiamo solamente ai
       grandi gesti eroici. Proviamo a cercare nel nostro ambiente quotidiano persone che
       sanno dare la loro vita, che offrono la loro sofferenza per amore. Sarebbe bello
       anche incontrare e parlare con qualcuna di queste.
      Dedicare un incontro per conoscere quei giovani della nostra zona che hanno
       donanto un anno o più come missionari laici.
6° INCONTRO
OLTRE IL TUNNEL

Dal Vangelo secondo Marco 16,1-8
Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli
aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato,
vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il masso
dall’ingresso del sepolcro?”. Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via,
benché fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra,
vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi
cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano
deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo
vedrete, come vi ha detto”. Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene
di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.

Una domanda ci viene spontanea: ‚Ma non sono pochi otto versetti di Vangelo per dare
senso a tutta la vicenda umana di Gesù e per fondare la nostra speranza?‛. Possiamo dire
che proprio questa sobrietà sconcertante fa parte delle intenzioni dell’evangelista Marco.
Infatti Marco non vuole darci un resoconto cronologico, dal vivo, dell’evento ma ci vuole
comunicare la fede viva di una comunità cristiana. E sappiamo bene che non è facile
entrare nella comprensione di un evento di fede, perché prima che della curiosità ci vuole la
fede, espressa molto bene nella professione del centurione ‘davvero quest’uomo era Figlio
di Dio’ ( Mc. 15,39). Cerchiamo di evidenziare alcune parti interessanti del racconto.
Prima di tutto l’evangelista ci presenta le protagoniste: le donne. Esse sono le testimoni
oculari negli avvenimenti centrali della pasqua di Gesù: sepoltura e annuncio della
resurrezione. Originale è il modo con cui Marco le introduce nel racconto: entrano in scena
sotto la croce di Gesù, mentre i discepoli con la loro fuga interrompono la sequela. Esse
sono sempre state presenti, fin dagli inizi in Galilea, anche se silenziosamente. Indicano
una sequela continua e fedele al maestro, una fedeltà ininterrotta. Modello anche per
ciascuno di noi! Ma il cammino della loro fede non è ancora completo. La preoccupazione
di spostare la pietra dall’ingresso del sepolcro indica ancora l’intenzione di trovare un
cadavere. Ma la pietra è stata rotolata via, non per favorire loro l’ingresso ma per liberare
Gesù dalla morte. Di fronte alla visione e all’annuncio molto sobrio dell’essere celeste : ‚E’
risorto, non è qui”, Marco sottolinea ancora lo stupore delle donne, ma prima di tutto ci dà
il primo e fondamentale annuncio (kerigma) della risurrezione.
Evidente risulta la distanza assoluta tra il cercare delle donne e l’azione di Dio. Loro
cercano un cadavere, Dio dona il Figlio risorto, un nuovo modo di presenza della persona
cercata. Il sepolcro vuoto diventa non la prova, ma un segno che aiuta a capire il
messaggio proclamato. Nasce allora una nuova missione per le donne; non tanto quella di
imbalsamare il corpo di Gesù, quanto di annunciare il fatto. Andate e dite, sono i due
imperativi, i due compiti ricevuti. Sono i verbi della missione, che ripartendo dalla Galilea
indicano la missione universale di annuncio del vangelo a tutte le genti.
Ma la commissione affidata dall’angelo alle donne resta inascoltata: agli imperativi ‘andate
e dite’, si contrappone il ‘fuggirono e non dissero niente a nessuno’. Gli interrogativi iniziali
non si dissolvono, anzi il brano si conclude con tre termini molto emblematici: paura,
tremore e stupore. E’ la necessaria reazione dal punto di vista umano al primo impatto con
il punto di vista divino. Di fronte alla novità sconvolgente della risurrezione, il silenzio
umano aiuta a penetrare ancora di più nel mistero di Dio e a non fidarsi delle sole forze,
ma a maturare un profondo atteggiamento di fede per annunciare al mondo Gesù vivo!.
Certamente tanta freddezza, anche oggi di noi cristiani di fronte al mistero della
risurrezione è data certamente dal fatto che non abbiamo interiorizzato sufficientemente
l’evento, che non lo abbiamo meditato profondamente.
Una Chiesa che vuole annunciare anche al giorno d’oggi la resurrezione, che vuole parlare
all’uomo contemporaneo, deve essere capace di fare silenzio. La Pasqua è un’esperienza
che va continuamente rimeditata, perché l’annuncio non sia solo un insieme di vuote parole,
una serie ripetitiva di formule, ma parli dal cuore, parta dalla nostra esperienza vitale di
incontro con il Cristo risorto.

Per il lavoro in gruppo
      Ma crediamo veramente che Gesù è risorto, che è vivo? Attorno a noi, i cristiani
       sono consapevoli che la Risurrezione di Gesù è il fatto centrale della loro fede? Si
       potrebbe organizzare una mini inchiesta in parrocchia, intervistando alcune persone
       (giovani e adulti) sul significato che riveste la Pasqua per Gesù e per i cristiani.
      Potrebbe anche essere fatta una ricerca sul valore e significato della morte e della
       vita dopo la morte nelle grandi tradizioni culturali del mondo e confrontarle con
       l’idea di risurrezione cristiana.
      Ripensare in gruppo e poi condividere liberamente ad una esperienza di ‘perdita’
       che si è vissuta in qualche momento particolare della vita. Rilevare gli elementi di
       ‘dolore-rinuncia’ vissuti in questa perdita, e anche le novità che essa ha prodotto
       nella propria storia.
      Proporre alla tua la comunità cristiana un ‘segno di speranza-resurrezione’ Essere
       giovani aperti al mondo, giovani missionari, vuol dire essere capaci di alcuni segni
       e gesti profetici!
7° INCONTRO
INSIEME E’ PIU’ BELLO

Dagli Atti degli Apostoli 2,1-13
Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.
Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì
tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si
posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a
parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi.
Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo.
Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare
la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: “Costoro che
parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra
lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della
Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti
della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo
annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”. Tutti erano stupiti e perplessi,
chiedendosi l’un l’altro: “Che significa questo?”. Altri invece li deridevano e dicevano: “Si
sono ubriacati di mosto”.

E’ nella forza dello Spirito che nasce la Chiesa come comunità profetica, in grado di
annunciare la Parola di Dio e di proporla con franchezza in un clima di persecuzione. Ed è
il medesimo dono dello Spirito che confermerà l’apertura di nuovi spazi missionari e
guiderà i credenti verso nuove strade di evangelizzazione.
Luca colloca l’effusione dello Spirito e gli effetti che esso produce nel giorno della festa
ebraica della Pentecoste, festa delle Settimane o della mietitura, che ricordava in particolare
il dono della legge sul Sinai.
Iniziando il racconto con l’espressione ‘mentre stava per finire’, Luca non intende solo dare
un significato temporale, ma parla di realizzazione delle Scritture. Il racconto della
Pentecoste rappresenta pertanto la promulgazione della nuova legge, che è il dono della
Parola di Dio. E tale dono si realizza nel contesto della nuova nascita della comunità
cristiana attraverso l’effusione dello Spirito.
Gli apostoli, insieme con Maria, riuniti non solo esteriormente, ma ancora di più dall’amore
fraterno, richiamano lo stile della comunità credente.
I fenomeni che accompagnano la Pentecoste sono descritti con un linguaggio particolare,
desunto dalle narrazioni delle teofanie: rombo-tuono; lingue come di fuoco; parlare in altre
lingue. La reazione dei presenti, che pur a Gerusalemme provengono da varie parti del
mondo, riunitisi a causa del forte rumore, è lo sbigottimento e l’incapacità di trovare una
risposta adeguata al fenomeno a cui assistono.
Come si vede, la comunità cristiana non nasce dalla preoccupazione di organizzare un
gruppo di persone attorno ad un messaggio religioso, o di creare strutture o aggregazioni
sociali, ma dalla capacità di uomini e donne di lasciar trasparire il senso della loro vita
maturato nello sperimentare la presenza essenziale di Gesù Cristo come Signore. E’
essenzialmente accoglienza di un dono particolare del Signore risorto che fa a chi si rende
attento e disponibile. L’apertura e la ricerca sincera, infatti, rimangono un primo passo
verso l’accoglienza della Parola e dello Spirito.
La missione allora non è esportazione di una dottrina, pur bella, ma il lasciar trasparire,
come testimonianza di vita e come Parola, ciò che è diventato essenziale e decisivo per la
nostra vita. La missione allora nasce nel momento in cui uno si è lasciato incontrare dalla
parola di Dio, ne ha colto il senso per la propria vita e comincia a lasciarla trasparire nel
suo modo di vivere, nei suoi gesti, nelle sue parole.

Per il lavoro di gruppo

      Quali sono i momenti di festa preferiti oggi dai giovani?       Favoriscono lo stare
       insieme, la conoscenza reciproca, l’amicizia o prevale la voglia dello sballo,
       dell’esagerare, del consumismo?
      Come vivi il tuo essere Chiesa? Sei solo uno spettatore oppure partecipi
       concretamente alla vita della tua comunità cristiana?. Provate a censire tutte le
       esigenze che ha una comunità cristiana e vedete quali sono le risposte che offre la
       comunità.
      Invitate una o più volte nel vostro gruppo alcune persone che nella Chiesa vivono
       vocazioni diverse: una coppia di sposi, un prete, una suora, un religioso, un
       missionario, un laico consacrato… Certamente sarà utile anche per rispondere ad
       una domanda fondamentale: ‘e io, che farò?’.
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