C'È ANCORA POSTO PER GESÙ OGGI?
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
1° INCONTRO C’È ANCORA POSTO PER GESÙ OGGI? Dal Vangelo secondo Giovanni 1,5-10 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. Nel Prologo l’evangelista Giovanni, a differenza dei racconti dei vangeli dell’infanzia, descrive in forma poetica l’opera di Gesù, Verbo di Dio, nel vasto orizzonte della storia della salvezza che Dio ha tracciato per l’uomo. In questi versetti ci presenta un aspetto molto interessate della vicenda di Gesù: Lui è la Vita, anzi, la fonte della vita, nel quale il mondo e la storia umana trovano la loro origine e la strada da seguire. Infatti Gesù è anche la luce che illumina il cammino della vita. Ogni uomo è posto davanti alla luce di vita di Gesù. Ogni uomo, anche colui che non ha sentito parlare di Cristo come personaggio storico, è chiamato a intendere, almeno nel profondo del cuore, questa parola di salvezza e a vivere delle stessa vita della Parola presso il Padre. Tuttavia, l’ambiente di male che si oppone alla luce di Dio e alla Parola di Gesù, e in cui gli uomini possono essere immersi, non riesce ad avere il sopravvento e a vincere. E’ il dramma tra luce e tenebre, tra amore e odio, tra fede e incredulità, tra Dio e il mondo! Eppure questa luce tende ad illuminare ogni uomo senza esclusioni. Egli ha rotto ogni barriera e divisione, ha compiuto il primo passo verso l’umanità, ha teso la mano all’uomo. Benchè fosse nel mondo, il mondo non lo riconobbe, cioè gli uomini non hanno creduto nel Verbo incarnato, anzi lo hanno rifiutato… perfino i suoi non lo hanno accolto. Si tratta della non accoglienza da parte del popolo di Israele, ma anche della non accoglienza dei suoi, e tra questi ci siamo anche noi.
Per il lavoro di gruppo Da una parte molti giovani oggi vivono come se Dio non esistesse. Non c’è più bisogno di ricorrere a Lui! Se proprio non riesco negli esami … c’è Cepu; e poi la felicità e il senso della vita è … solo questione di soldi! La strada della realizzazione di sé non passa dal ‘paradiso’. Dall’altra invece si nota una ricerca di ‘spiritualità’; molti giovani sentono il bisogno di andare oltre, non accontentandosi più delle solite risposte. Ci hanno detto che in molte discoteche si stanno diffondendo le ‘salette dello spirito’. Un luogo appartato, calmo, con una musichetta softh di sottofondo, luce tenue di candele, profumo d’incenso e possibilità di ritrovare se stessi. Forse ne conosci anche tu!. Domandatevi in gruppo: ma è autentica spiritualità? E’ desiderio di Dio? Qual è secondo te il cammino che un giovane oggi deve fare per arrivare ad incontrare Gesù? Mi domando: Il ‘Vangelo’ di Gesù è per me una novità? Sento quando lo leggo che Gesù sta entrando nella mia vita e la sta trasformando? Spesso invece capita di ascoltare il vangelo, come una parola tra le tante. E’ un gioioso messaggio, un annuncio radioso?
2° INCONTRO SPERANZE E ATTESE DEI GIOVANI D’OGGI Dal Vangelo secondo Luca Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?”. Egli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ed egli chiese: “Quali?”. Gesù rispose “ Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso”. Il giovane gli disse: “Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?”. Gli disse Gesù: “Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”. Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze. Voglio avere vita piena, voglio una vita alla grande, non mi interessano le mezze misure, non mi adatto al galateo con cui mi state ingessando la vita. Vivo una vita sola e la voglio vivere al massimo. Non mi dire che bisogna tenere i piedi per terra, che devo cominciare a mettere la testa a posto, che è finito il tempo delle pazzie. Non voglio limiti, non m’interessa se è una vita spericolata o piena di guai, io voglio vivere una vita piena. Queste parole o simili, ma sicuramente questa decisione e questa radicalità ha espresso quel giovane a quel Gesù che passava in uno dei tanti viaggi in giro per la Palestina. La frase del vangelo: Maestro che devo fare per avere la vita eterna non traduce per noi oggi questo bisogno di vita piena, anzi la parola vita eterna siamo abituati a sentircela dire solo ai funerali, proprio quando la vita non c’è più e la fede nel futuro vacilla. Gesù dopo aver scandagliato nel cuore di questo giovane, dopo aver chiarito che si tratta di una domanda grossa che si può misurare solo con risposte altrettanto decise lo guarda. Uno sguardo che ti denuda, che ti mette di fronte a te stesso. Uno sguardo che fa nascere in Gesù amore tenerissimo. Come si fa a non voler bene a un giovane così deciso, che vede così chiaro nella sua vita, che va al nocciolo della questione? Come si fa a rispondere in maniera accomodante o addirittura a ingannare? Come si può trattare da pollo una aquila, mettere occhiali neri a chi vuole e può guardare il sole.
E Gesù allora gli spara una raffica di verbi: Va’, vendi, regala, vieni e seguimi E lui? non va, ma se ne torna indietro, gira i tacchi, non vende, ma si attacca ancora di più, non regala, ma si seppellisce nella tristezza, non ritorna, ma s’allontana, non lo segue si gira, ma resta tremendamente triste. Perché aveva il cuore fasciato da se stesso prima di tutto prima di tutti e dai soldi. La ricchezza ti inchioda sempre, ti toglie gli ideali, è comoda, ma toglie sapore alla vita. Impossibile avere vita piena da ricchi. Solo Dio la può fare compiendo un miracolo. Per il lavoro di gruppo Facciamo un processo al giovane ricco, al perché della sua ritirata. Se fosse stato uno di noi che cosa gli avremmo detto per convincerlo ad accettare? Concretamente uno di voi si immedesima in quel rifiuto, tira fuori i suoi 50 motivi per voltar le spalle alla fede e cercate di rintuzzarglieli se ci riuscite, altrimenti rileggete il vangelo.
3° INCONTRO GESU’ SPERANZA DEL MONDO Dal Vangelo secondo Luca 2,8-14 C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: ‚Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. La scena è suggestiva. La notte, il silenzio, la campagna aperta: l’apparente tranquillità è densa di mistero e carica di anticipazione. E’ l’atmosfera di gestazione di novità, lo sfondo da cui emerge la sorpresa. Gesù è la vera novità che supera ogni attesa dell’umanità. Mettiamo in luce alcuni elementi del brano: - L’annuncio della grande gioia. E’ necessario l’annuncio, perché la venuta di Dio in mezzo a noi non è data per scontata, né può essere dedotta da un ragionamento o causata da sforzo umano. Molte fedi parlano di un dio che ama l’umanità, ma solo il cristianesimo parla di un Dio diventato uomo. E da quella notte di Betlemme in poi, la catena dell’annuncio continua a svilupparsi nel tempo e nello spazio, di generazione in generazione. E’ un annuncio di speranza, un annuncio che porta gioia, non idee estratte o norme di vita! E’ lo stile meraviglioso di Dio che vuol salvare l’umanità. Egli ha rinnovato il mondo entrando nel mondo, salvare l’uomo diventando uomo. Con l’incarnazione l’infinito Dio prende dimora in un piccolo luogo; l’eterno Dio si racchiude nel breve periodo di tempo; l’invisibile Dio si rivela nella natura umana. - La città di Davide. Da sempre l’uomo sente la distanza di Dio. Lui abita lassù, nei cieli! E da sempre ha cercato di colmare questa distanza di propria iniziativa, con i propri mezzi. Adamo ed Eva hanno ceduto alla tentazione di diventare come Dio ( cfr. Gen. 3,5) e i loro discendenti hanno cercato di costruire la torre di Babele per toccare il cielo ( cfr. Gen. 11,3). Con l’incarnazione Dio non è più lontano, e soprattutto è Lui che porta il cielo sulla terra e solleva la terra al cielo. La terra pertanto è un riflesso della bellezza del cielo e tutto il cosmo è un sacramento dell’amore divino. E Gesù ama profondamente questa terra, osserva con stupore la sua crescita e tutto ciò che vi abita.
- Oggi. Il tempo non è solo la misurazione sofisticata di fatti e avvenimenti senza contenuto e consistenza. Ma nel ‘tempo di Dio’ si realizza una missione, si attua un progetto, si adempie ad una promessa. Visto dalla prospettiva di Dio il tempo non è mai vuoto, ma è l’ambito dove Egli fa percepire la sua presenza e realizza il suo progetto. Con Gesù siamo giunti al momento più denso e pieno della storia umana. Per il lavoro di gruppo Qual è la mia casa? La casa dov'è? In una canzone, Jovannotti si fa questa domanda che riassume tutte le domande della vita: da dove vengo? Chi sono? Qual è il luogo da cui provengo? Chi mi ha creato? Sono il flutto del caso o Qualcuno mi ha pensato? Dio esiste? E se esiste chi è? Qual è la strada per raggiungere la felicità? Cosa mi aspetta nel futuro? Chi riempirà il mio cuore fino in fondo? Sono molte le domande che potresti farti, sono interrogativi che emergono in maniera evidente soprattutto nei momenti difficili della vita, di fronte alla morte di un amico, di fronte all'immensità di un cielo stellato o nei momenti di cambiamenti come possono essere questi anni in cui stai camminando verso una giovinezza matura e da vivere in pienezza. Quali sono le tue risposte? Quali risposte stai cercando? Dove le stai cercando? Forse, come dice Jovanotti, le stai cercando "in zone pericolose ai margini di ciò che è convenzione dì ciò che è conformismo di ogni moralismo..." Cosa noi sappiamo di Gesù? Siamo anche noi, come tanti cristiani, insensibili a Lui da non provare più né spavento né gioia grande? Forse abbiamo inscatolato la venuta di Gesù tra le tante cose che abbiamo, che conosciamo, tra le formule da ripetere o i gesti da fare? Chi sei Tu, Signore, che hai la pretesa di rispondere ai miei più nascosti desideri? Cosa significa che tu sei la speranza dell’uomo? Come posso mettermi alla ricerca di te, incontrarti come risposta, come strada da percorrere? Percorrere il cammino di una speranza solida e serena non è facile. I segni che abbiamo davanti a noi spesso sono contraddittori. Di fronte ad un amico disperato, cosa ti senti di dire? Saresti capace di presentare Gesù come risposta vera, come fine ultimo di ogni speranza?
4° INCONTRO PER UN MONDO MIGLIORE Dalla lettera di S. Paolo Apostolo agli Efesini 2,14-18 Cristo infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Con uno stile solenne Paolo celebra l’opera pacificatrice e riconciliatrice di Cristo. La formula iniziale pone subito il protagonista e la sua opera a favore dei cristiani: Egli infatti è la nostra pace. Il termine ‚pace‛ riferito a Cristo, richiama la grande speranza messianica di giustizia e di liberazione concentrata nel simbolo pregnante del shalom. Il discendente davidico, incaricato di instaurare la signoria e regalità storica di Dio, è chiamato con il titolo protocollare ‚principe della pace‛. In che cosa consista questa pace si precisa nei versi successivi in forma negativa (fine della divisione e discriminazione) e in forma positiva (costituzione di un solo popolo e di un solo ‚uomo nuovo‛, riconciliazione dei divisi in un solo corpo). La pace storica realizzata da Gesù comporta l’eliminazione della barriera religiosa che separava i giudei dai pagani: Gesù ha abbattuto il muro di separazione, cioè il tramezzo che divideva gli uomini generando ostilità reciproca. Quel muro divisorio viene identificato con la legge, più precisamente con quella precettistica giudaica che regolava i rapporti tra il mondo giudaico e il resto del mondo e che faceva del popolo ebraico una specie di apartheid religiosa e sociale. Gesù annulla la legge fonte di discriminazione e ostilità tra i due gruppi umani. In chiave positiva, l’opera di pacificazione di Cristo consiste nella riunione dei due mondi, quello giudaico e quello pagano, nella creazione di una nuova umanità, nell’inserimento dei due gruppi divisi in un solo organismo vitale, la comunità cristiana. Quello che va sottolineato in questo dinamismo, è l’insistenza sul ruolo unico e centrale della persona di Cristo: per due volte si dice che l’incontro dell’umanità divisa avviene ‚in Lui‛. E perché tutto questo non suoni vuota retorica, l’autore precisa che lo spazio storico dell’unificazione è la carne, l’umanità di Gesù, cioè la sua morte salvifica, la croce.
Il verso finale dell’inno riassume molto bene la meta ultima dell’opera rappacificatrice di Gesù: l’incontro di tutti gli uomini con il Padre in un solo Spirito. Abbattute le barriere religiose e sociali che separavano gli ebrei dai pagani, nella persona di Gesù si apre la nuova via per accedere a Dio. Il tenore del testo suggerisce anche un'altra immagine presente nella prima tradizione cristiana: Gesù è il nuovo tempio o santuario dove gli uomini possono, senza discriminazioni, incontrare Dio. Per il lavoro di gruppo Purtroppo si parla tanto di pace, ma molto spesso nelle relazioni tra di noi e nei rapporti tra gli stati, la violenza è all’ordine del giorno. Si fa fatica ad ascoltare l’altro, le sue ragioni, i suoi punti di vista. Eppure è l’unica strada da percorrere. Provate a raccontarvi qualche esperienza di riconciliazione vera, di superamento delle tensioni e divisioni. La pace è prima di tutto un dono da chiedere con insistenza al Signore, il principe della pace. Non sarebbe possibile un incontro di preghiera per la pace anche con altri giovani di differenti credo religiosi? Abbiamo ancora davanti agli occhi, anche se sono passati alcuni anni, le stupende immagini di Giovanni Paolo II che ad Assisi pregò per la pace. Ci si potrebbe informare meglio su qualche guerra ‘dimenticata’ e partecipare o promuovere qualche campagna di sensibilizzazione, scrivendo ai missionari del posto e invitando la comunità cristiana a porre più attenzione alle sofferenze dell’umanità.
5° INCONTRO NELLA CROCE LA VITA Dal Vangelo secondo Marco 14,32-42 Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Gesù disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora. E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu». Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole. Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». La croce non è un optional nella vita del cristiano, ma un passaggio obbligato. Dio stesso ha scelto di passare attraverso la morte (non l’ha cercata, ma nel momento in cui diventava impossibile sfuggirle ha scelto di affrontarla). Vivere la croce e la morte da cristiani significa affrontarla come Gesù, in Gesù e per amore suo. La scelta non è se affrontare o meno la morte (con tutti i suoi sottoderivati) ma come affrontarla. Il testo costituisce un momento decisivo del cammino di Gesù verso la croce. In prossimità del suo sacrificio, Gesù dialoga con il Padre, mentre i discepoli sembrano non capire, incapaci di parlare. Centrale è proprio il dialogo, la preghiera di Gesù. Gesù cade a terra, quasi sotto il peso della terribile tragedia che si sta preparando a vivere e prega. La richiesta è che venga tolta, messa da parte l’ora. Si tratta dell’ora della consegna di Gesù alla morte, dell’ora della passione, e Gesù nella sua preghiera chiede che gli sia risparmiata. In questa reazione di Gesù affiora tutta la sua angoscia, il rigetto, l'orrore di fronte al dramma della morte e, nello stesso tempo la sua preghiera lascia intravedere la faticosa preparazione ad accettare ciò che Dio gli chiede. Non è semplice, nemmeno per Gesù l’accettazione della volontà del Padre! E lo vediamo ancora meglio nella preghiera esplicita, nel dialogo tra Gesù e suo Padre. Pur davanti alla tragicità della propria morte, non smette di invocare Dio come colui che gli è papà (Abbà), che gli è vicino, che sente presente in un rapporto di confidenza e tenerezza.
A questo primo elemento segue l’altra espressione: ‘Tutto a te è possibile’. Non è tanto l’affermazione di una onnipotenza magica, ma la professione di fede nella potenza di Dio, nelle cui mani stanno la vita e la morte. Gesù, pur nel momento difficile, riconosce la sua fede in questo papà, nelle cui mani stanno la vita, la morte e la storia degli uomini. La richiesta è normale; di fronte alla prospettiva della morte violenta, la prima reazione di Gesù è di essere liberato. Ma nel mentre Gesù avanza tale richiesta, subito sembra tornare indietro, mostrando invece la sua sofferta ma reale disponibilità ad essere fedele alla volontà del padre. ‘Non quello che voglio io, ma quello che tu vuoi’. Possiamo dire che ‘il fare la volontà di Dio’ è il filo conduttore di tutta la vita di Gesù, è la motivazione ultima di ogni sua scelta, è la proposta chiara che fa a chi lo vuole seguire. Il dramma di Gesù di fronte alla morte, vissuto nella preghiera al Padre, è un dramma che diventa esemplare per ciascuno di noi. Questa tensione tra rifiuto e fedeltà a Dio, permette di intravedere come ciascuno di noi può vivere le proprie esperienze negative e anche il proprio stesso morire. Una cosa è chiara: proprio nel momento massimo della difficoltà, Gesù si rivolge filialmente al Padre. Nel momento di grave drammaticità, Gesù non si dispera, ma nella preghiera e nel dialogo ritrova la consapevolezza della sovranità e della affidabilità del Padre tale da fargli assumere con coraggio e piena libertà la morte. Dio è sempre Abbà, Padre, e la vita e la morte sono ancora in suo potere. A trasformare la morte in evento di salvezza non è stato un miracolo, ma la libertà di Gesù che, facendone il luogo del dono libero della vita, la accetta fino in fondo. Per il lavoro di gruppo La morte è un segno della povertà radicale che segna la condizione dell’uomo. La croce non è un bene, perché è privazione di qualcosa di necessario, è un'esclusione: in sé è un male. Fine della nostra vita cristiana non è la croce, ma la comunione, la gioia e l'amore. La croce è una strada, un cammino per giungere al fine della vita. La croce per noi non è un'opzione. Per essere cristiani è necessario accogliere la nostra croce personale. Vivere la croce come Gesù: non è scelta di un ideale di vita, ma inserimento per amore nel mistero di Dio. Prova a verificare in gruppo queste riflessioni. Morire per amore, è il significato ultimo della Croce. Ma non pensiamo solamente ai grandi gesti eroici. Proviamo a cercare nel nostro ambiente quotidiano persone che sanno dare la loro vita, che offrono la loro sofferenza per amore. Sarebbe bello anche incontrare e parlare con qualcuna di queste. Dedicare un incontro per conoscere quei giovani della nostra zona che hanno donanto un anno o più come missionari laici.
6° INCONTRO OLTRE IL TUNNEL Dal Vangelo secondo Marco 16,1-8 Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?”. Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”. Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura. Una domanda ci viene spontanea: ‚Ma non sono pochi otto versetti di Vangelo per dare senso a tutta la vicenda umana di Gesù e per fondare la nostra speranza?‛. Possiamo dire che proprio questa sobrietà sconcertante fa parte delle intenzioni dell’evangelista Marco. Infatti Marco non vuole darci un resoconto cronologico, dal vivo, dell’evento ma ci vuole comunicare la fede viva di una comunità cristiana. E sappiamo bene che non è facile entrare nella comprensione di un evento di fede, perché prima che della curiosità ci vuole la fede, espressa molto bene nella professione del centurione ‘davvero quest’uomo era Figlio di Dio’ ( Mc. 15,39). Cerchiamo di evidenziare alcune parti interessanti del racconto. Prima di tutto l’evangelista ci presenta le protagoniste: le donne. Esse sono le testimoni oculari negli avvenimenti centrali della pasqua di Gesù: sepoltura e annuncio della resurrezione. Originale è il modo con cui Marco le introduce nel racconto: entrano in scena sotto la croce di Gesù, mentre i discepoli con la loro fuga interrompono la sequela. Esse sono sempre state presenti, fin dagli inizi in Galilea, anche se silenziosamente. Indicano una sequela continua e fedele al maestro, una fedeltà ininterrotta. Modello anche per ciascuno di noi! Ma il cammino della loro fede non è ancora completo. La preoccupazione di spostare la pietra dall’ingresso del sepolcro indica ancora l’intenzione di trovare un cadavere. Ma la pietra è stata rotolata via, non per favorire loro l’ingresso ma per liberare Gesù dalla morte. Di fronte alla visione e all’annuncio molto sobrio dell’essere celeste : ‚E’ risorto, non è qui”, Marco sottolinea ancora lo stupore delle donne, ma prima di tutto ci dà il primo e fondamentale annuncio (kerigma) della risurrezione. Evidente risulta la distanza assoluta tra il cercare delle donne e l’azione di Dio. Loro cercano un cadavere, Dio dona il Figlio risorto, un nuovo modo di presenza della persona
cercata. Il sepolcro vuoto diventa non la prova, ma un segno che aiuta a capire il messaggio proclamato. Nasce allora una nuova missione per le donne; non tanto quella di imbalsamare il corpo di Gesù, quanto di annunciare il fatto. Andate e dite, sono i due imperativi, i due compiti ricevuti. Sono i verbi della missione, che ripartendo dalla Galilea indicano la missione universale di annuncio del vangelo a tutte le genti. Ma la commissione affidata dall’angelo alle donne resta inascoltata: agli imperativi ‘andate e dite’, si contrappone il ‘fuggirono e non dissero niente a nessuno’. Gli interrogativi iniziali non si dissolvono, anzi il brano si conclude con tre termini molto emblematici: paura, tremore e stupore. E’ la necessaria reazione dal punto di vista umano al primo impatto con il punto di vista divino. Di fronte alla novità sconvolgente della risurrezione, il silenzio umano aiuta a penetrare ancora di più nel mistero di Dio e a non fidarsi delle sole forze, ma a maturare un profondo atteggiamento di fede per annunciare al mondo Gesù vivo!. Certamente tanta freddezza, anche oggi di noi cristiani di fronte al mistero della risurrezione è data certamente dal fatto che non abbiamo interiorizzato sufficientemente l’evento, che non lo abbiamo meditato profondamente. Una Chiesa che vuole annunciare anche al giorno d’oggi la resurrezione, che vuole parlare all’uomo contemporaneo, deve essere capace di fare silenzio. La Pasqua è un’esperienza che va continuamente rimeditata, perché l’annuncio non sia solo un insieme di vuote parole, una serie ripetitiva di formule, ma parli dal cuore, parta dalla nostra esperienza vitale di incontro con il Cristo risorto. Per il lavoro in gruppo Ma crediamo veramente che Gesù è risorto, che è vivo? Attorno a noi, i cristiani sono consapevoli che la Risurrezione di Gesù è il fatto centrale della loro fede? Si potrebbe organizzare una mini inchiesta in parrocchia, intervistando alcune persone (giovani e adulti) sul significato che riveste la Pasqua per Gesù e per i cristiani. Potrebbe anche essere fatta una ricerca sul valore e significato della morte e della vita dopo la morte nelle grandi tradizioni culturali del mondo e confrontarle con l’idea di risurrezione cristiana. Ripensare in gruppo e poi condividere liberamente ad una esperienza di ‘perdita’ che si è vissuta in qualche momento particolare della vita. Rilevare gli elementi di ‘dolore-rinuncia’ vissuti in questa perdita, e anche le novità che essa ha prodotto nella propria storia. Proporre alla tua la comunità cristiana un ‘segno di speranza-resurrezione’ Essere giovani aperti al mondo, giovani missionari, vuol dire essere capaci di alcuni segni e gesti profetici!
7° INCONTRO INSIEME E’ PIU’ BELLO Dagli Atti degli Apostoli 2,1-13 Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”. Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: “Che significa questo?”. Altri invece li deridevano e dicevano: “Si sono ubriacati di mosto”. E’ nella forza dello Spirito che nasce la Chiesa come comunità profetica, in grado di annunciare la Parola di Dio e di proporla con franchezza in un clima di persecuzione. Ed è il medesimo dono dello Spirito che confermerà l’apertura di nuovi spazi missionari e guiderà i credenti verso nuove strade di evangelizzazione. Luca colloca l’effusione dello Spirito e gli effetti che esso produce nel giorno della festa ebraica della Pentecoste, festa delle Settimane o della mietitura, che ricordava in particolare il dono della legge sul Sinai. Iniziando il racconto con l’espressione ‘mentre stava per finire’, Luca non intende solo dare un significato temporale, ma parla di realizzazione delle Scritture. Il racconto della Pentecoste rappresenta pertanto la promulgazione della nuova legge, che è il dono della Parola di Dio. E tale dono si realizza nel contesto della nuova nascita della comunità cristiana attraverso l’effusione dello Spirito. Gli apostoli, insieme con Maria, riuniti non solo esteriormente, ma ancora di più dall’amore fraterno, richiamano lo stile della comunità credente. I fenomeni che accompagnano la Pentecoste sono descritti con un linguaggio particolare, desunto dalle narrazioni delle teofanie: rombo-tuono; lingue come di fuoco; parlare in altre lingue. La reazione dei presenti, che pur a Gerusalemme provengono da varie parti del
mondo, riunitisi a causa del forte rumore, è lo sbigottimento e l’incapacità di trovare una risposta adeguata al fenomeno a cui assistono. Come si vede, la comunità cristiana non nasce dalla preoccupazione di organizzare un gruppo di persone attorno ad un messaggio religioso, o di creare strutture o aggregazioni sociali, ma dalla capacità di uomini e donne di lasciar trasparire il senso della loro vita maturato nello sperimentare la presenza essenziale di Gesù Cristo come Signore. E’ essenzialmente accoglienza di un dono particolare del Signore risorto che fa a chi si rende attento e disponibile. L’apertura e la ricerca sincera, infatti, rimangono un primo passo verso l’accoglienza della Parola e dello Spirito. La missione allora non è esportazione di una dottrina, pur bella, ma il lasciar trasparire, come testimonianza di vita e come Parola, ciò che è diventato essenziale e decisivo per la nostra vita. La missione allora nasce nel momento in cui uno si è lasciato incontrare dalla parola di Dio, ne ha colto il senso per la propria vita e comincia a lasciarla trasparire nel suo modo di vivere, nei suoi gesti, nelle sue parole. Per il lavoro di gruppo Quali sono i momenti di festa preferiti oggi dai giovani? Favoriscono lo stare insieme, la conoscenza reciproca, l’amicizia o prevale la voglia dello sballo, dell’esagerare, del consumismo? Come vivi il tuo essere Chiesa? Sei solo uno spettatore oppure partecipi concretamente alla vita della tua comunità cristiana?. Provate a censire tutte le esigenze che ha una comunità cristiana e vedete quali sono le risposte che offre la comunità. Invitate una o più volte nel vostro gruppo alcune persone che nella Chiesa vivono vocazioni diverse: una coppia di sposi, un prete, una suora, un religioso, un missionario, un laico consacrato… Certamente sarà utile anche per rispondere ad una domanda fondamentale: ‘e io, che farò?’.
Puoi anche leggere