RENDICONTO FINALE - La medicina rigenerativa nel trattamento delle patologie osteoarticolari - Istituto Ortopedico Rizzoli
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Programma di ricerca Regione-Università Regione Emilia-Romagna La medicina rigenerativa nel trattamento delle patologie osteoarticolari Coordinatore Scientifico Prof. A Facchini RENDICONTO FINALE
Programma di Ricerca Regione-Università 2007-2009 RENDICONTO FINALE Titolo Progetto La medicina rigenerativa nel trattamento delle patologie osteoarticolari Responsabile scientifico: Andrea Facchini AOU Istituto Ortopedico Rizzoli, IRCCS MODULO 1 Medicina Rigenerativa per la RIPARAZIONE DELLA CARTILAGINE 1 Unità Operativa: SC Laboratorio di Immunoreumatologia e Rigenerazione Tissutale, Istituto Ortopedico Rizzoli (Responsabile UO: Dott.ssa Brunella Grigolo) Unità Operativa: Dipartimento Di Scienze Anatomiche Umane e Fisopatologia dell’Apparato Locomotore, Università degli Studi di Bologna (Responsabile UO: Prof. Giovanni Mazzotti) Unità Operativa: SC Banca del Tessuto Muscolo-Scheletrico, Cell Factory, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna. (Responsabile UO: Pier Maria Fornasari) 2 Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica III, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Maurilio Marcacci) 3 Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica III, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Maurilio Marcacci) 4 Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica II, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Sandro Giannini) 5 Unità Operativa: SC Medicina Fisica e Riabilitativa, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Dott. Alessandro Zati) MODULO 2 Medicina Rigenerativa per la RIPARAZIONE DELL’OSSO 1 Unità Operativa: SC Laboratorio di Immunoreumatologia e Rigenerazione Tissutale, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Dott.ssa Gina Lisignoli) Unità Operativa: SC Laboratorio di Biologia Cellulare Muscoloscheletrica, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Nadir Mario Maraldi) Unità Operativa: SSD Chirurgia delle Deformità del Rachide, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna (Responsabile UO: Dott. Giovanni Barbanti Brodano) Unità Operativa: Dip. di Anatomia, Farmacologia e Scienze Medico-Forensi, Università di Parma (Responsabile UO: Marco Vitale) Unità Operativa: SC Laboratorio Fisiopatologia Ortopedica e Medicina Rigenerativa, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna (Responsabile UO: Nicola Baldini) Unità Operativa: SS Rigenerazione Tissutale Ossea, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna (Responsabile UO: Prof. Davide Maria Donati) 2 Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica I, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna (Responsabile UO: Dott. Dante Dallari) Unità Operativa SC Ortopedia e Traumatologia Pediatrica, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna (Responsabile UO: Dott. Onofrio Donzelli) 3 Unità Operativa: SS Rigenerazione Tissutale Ossea, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna (Responsabile UO: Prof. Davide Maria Donati) 4 Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica III, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Maurilio Marcacci) 5/6 Unità Operativa: Reparto di Chirurgia Orale e Maxillo-Facciale, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università degli Studi di Bologna (Responsabile UO: Prof. Claudio Marchetti) Unità Operativa: Dipartimento integrato di Neuroscienze, Testa – Collo e Riabilitazione Struttura complessa di Odontoiatria e Chirurgia Maxillo-Facciale Policlinico Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena (Responsabile UO: Prof. Ugo Consolo) Unità Operativa: DAI Testa-Collo, Programma di Parodontologia, Implantologia e Gnatologia, Azienda Ospedaliero- Universitaria di Parma, Sezione di Odontostomatologia, Università degli Studi di Parma (Responsabile UO: Guido M. Macaluso) 7 Unità Operativa: Clinica Ortopedica e Traumatologica, Università di Ferrara (Responsabile UO: Prof. Leo Massari). 8 Unità Operativa: SC di Chirurgia della Mano e Microchirurgia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena (Responsabile UO: Prof. Antonio Landi) MODULO 3 Medicina Rigenerativa per la RIPARAZIONE DEL TENDINE 1 Unità Operativa: SC Laboratorio di Studi Preclinici Chirurgici, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna (Responsabile UO: Dott.ssa Milena Fini) Unità Operativa: SSD Chirurgia della Spalla e del Gomito, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna. Responsabile UO: Dott. Roberto Rotini. 2 Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica III, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Maurilio Marcacci) 1
Risultati raggiunti in relazione agli obiettivi Modulo 1. Medicina Rigenerativa per la riparazione della cartilagine WP1.1 Caratterizzazione di condrociti e cellule mesenchimali staminali per la riparazione del tessuto cartilagineo Unità Operativa: SC Laboratorio di Immunoreumatologia e Rigenerazione Tissutale, Istituto Ortopedico Rizzoli (Responsabile UO: Dott.ssa Brunella Grigolo) INTRODUZIONE E PRINCIPALE OBIETTIVO Le lesioni cartilaginee sono molto difficili da trattare a causa del limitato potenziale intrinseco di guarigione del tessuto cartilagineo dovuto sia alla mancanza di vascolarizzazione sia alla presenza di poche cellule specializzate in grado di promuovere la rigenerazione. Per tali ragioni le lesioni cartilaginee determinano l’alterazione irreversibile dell’anatomia del tessuto stesso e della sua funzionalità e, se non trattate correttamente, possono condurre ad una degenerazione di tipo artrosico. I trattamenti non chirurgici (controllo del peso, la dieta, le iniezioni intra-articolari) e la riabilitazione mirano al controllo della sintomatologia ed al potenziamento delle capacità funzionali del soggetto e non forniscono un rimedio a lungo termine. Pertanto, in presenza di un danno cartilagineo il più delle volte si ricorre agli interventi chirurgici. Questi hanno in linea generale lo scopo di indurre la rigenerazione del tessuto tramite la stimolazione dell’osso sub condrale e la migrazione delle cellule totipotenti contenute nel midollo osseo al fine di determinare la formazione di tessuto riparativo. Tali tecniche portano ad un miglioramento in termini di riduzione del dolore e di incremento della motilità, ma conducono alla formazione di tessuto di tipo fibroso che conferisce una minore resistenza meccanica. Risultati superiori, sia in termini di qualità di tessuto neoformato, sia da un punto di vista clinico, si sono ottenuti mediante il trapianto autologo di condrociti (ACI) effettuato inizialmente da Brittberg nel 1994. La strategia terapeutica consisteva nel prelievo artroscopico di tessuto cartilagineo sano da una zona di non carico, seguito da isolamento e coltura delle cellule condrocitarie in vitro. Tale tipo di intervento ha dato risultati molto interessanti sia per le caratteristiche del tessuto riformato sia per le buone condizioni cliniche dei pazienti trattati. Gli svantaggi sono legati però ai due tempi chirurgici necessari al prelievo di cartilagine sana e al reimpianto. Le recenti scoperte nel campo delle colture cellulari hanno fornito nuove ed interessanti alternative quali quelle relative all’utilizzo di cellule mesenchimali staminali (CMSs). Queste ultime costituiscono una affascinante sorgente per la medicina rigenerativa dal momento che possono essere isolate facilmente dal midollo osseo e/o da altre sorgenti, espanse in vitro e differenziate mediante l’aggiunta di appropriati fattori di crescita anche in cellule cartilaginee. Recentemente considerando che l’attività delle cellule staminali mesenchimali, non è dovuta soltanto alla loro multi-potenzialità, ma dipende dall’ interazione di queste ultime con il microambiente che le circonda, è stata presa in considerazione anche l’ipotesi di trapiantare il midollo in toto. Il midollo osseo, contiene non soltanto le CMSs ed i precursori quale fonte per la rigenerazione tissutale, ma anche cellule accessorie che supportano l’angiogenesi e la vasculogenesi attraverso la produzione di fattori di crescita. L’obiettivo della WP-1.1 è stato quello di caratterizzare fenotipicamente sia le cellule isolate dal midollo osseo sia il midollo osseo concentrato al fine di poter utilizzare una di queste popolazioni cellulari per la rigenerazione di difetti condrali ed osteocondrali. MATERIALI E METODI Dal 2007 al 2009 sono stati processati ed analizzati 60 campioni di midollo da pazienti con trapianto autologo a seguito di lesioni osteocondrali. Nel corso del primo e del secondo anno i campioni di concentrato midollare e di cellule isolate in seguito a separazione su gradiente di Ficoll, sono stati tutti caratterizzati fenotipicamente mediante valutazione al FACS con una serie di anticorpi monoclonali specifici: anti-CD45, - CD34, -CD54, -CD63, -CD90, -CD105, -CD106, -CD146, -CD271. Inoltre sono state identificate le migliori condizioni di coltura per le cellule ed è stata valutata la loro capacità clonogenica mediante il test CFU-F (Colony Forming Unit- Fibroblast). Al fine di analizzare la potenzialità di entrambi i tipi cellulari di differenziare in senso osteogenico (mediante l’aggiunta al terreno di coltura dei fattori differenziativi quali il β- glicerofosfato, il Dexametasone e l’Acido Ascorbico) ed in senso condrogenico (utilizzando il TGF-β1) sono state allestite delle colture a 28 giorni per la valutazione dell’Alizarin Red e dell’Alcian Blue. Inoltre sono state eseguite analisi di tipo molecolare per la valutazione delle proprietà osteo/condrogeniche delle cellule del 2
midollo e delle cellule isolate in seguito a stimolazione con opportuni fattori di crescita per 28 giorni. I geni valutati sono stati: Fosfatasi Alcalina, Bone Sialon Protein (BSP) ed Osteocalcina (OC) per le cellule differenziate in senso osteogenico mentre per le cellule indirizzate in senso condrogenico sono stati analizzati il Collagene 2, l’Aggrecano e la Sox-9. Nel corso del terzo anno del progetto, le sole cellule del concentrato midollare sono state seminate su un biomateriale a base di acido ialuronico (Hyaff®-11) già utilizzato in clinica per la riparazioni di lesioni osteocondrali. I costrutti sono stati quindi differenziati in senso osteogenico e condrogenico come precedentemente descritto e tenuti in coltura per 28 giorni. Ai tempi sperimentali di 0, 14 e 28 giorni i campioni sono stati valutati istologicamente mediante colorazione con Von Kossa per valutare la formazione di precipitati di calcio e quindi l’avvenuto differenziamento in senso osteogenico e con il Blu di Toluidina al fine di evidenziare la produzione di proteoglicani, proteine tipiche della matrice cartilaginea. Agli stessi tempi sperimentali, i costrutti sono stati analizzati anche mediante Real-Time PCR per la valutazione di geni coinvolti nel differenziamento osteo/condrogenico. Inoltre è stata quantificata la produzione di Alizarin Red e di Glicosamminoglicani sui campioni di midollo concentrato seminati in piastra e differenziati (come precedentemente descritto) per 28 giorni. RISULTATI La caratterizzazione fenotipica eseguita al FACS, ha permesso di evidenziare come le cellule del concentrato midollare siano positive per il CD63, CD105, CD106 e per il CD146, mentre risultino negative per tutti gli altri marcatori analizzati (Fig 1A). Le cellule isolate mostrano la stessa espressione fenotipica delle cellule del concentrato midollare anche se in percentuale inferiore (Fig. 1B). Concentrato midollare Cellule isolate Concentrato midollare Cellule isolate B A Figura 1: A) Valutazione al citofluorimetro (FACS) dei marcatori di superficie sia nelle cellule del midollo concentrato, sia nelle cellule isolate. B) Valutazione in percentuale dell’espressione fenotipica dei marcatori di superficie nel midollo concentrato e nelle cellule isolate. Il saggio delle CFU-F dimostra come sia le cellule del concentrato midollare, sia le cellule isolate siano in grado di formare delle colonie una volta seminate in piastra, evidenziando la loro capacità clonogenica (Fig.2). Figura 2: Formazione di colonie (CFU-F) sia nei campioni di concentrato midollare (piastra a destra) sia nelle cellule isolate (piastra a sinistra). In fig.3 (A e B) si osserva l’analisi istochimica effettuata mediante colorazione con Alizarin Red e con Alcian Blue a 28 giorni sulle cellule di concentrato midollare e differenziate in monostrato. Queste colorazioni ci permettono di evidenziare mediante colorazione rossa l’avvenuta produzione di matrice ossea da parte delle cellule e mediante la tipica colorazione azzurra la presenza di proteoglicani della matrice cartilaginea. 3
A Ctr Diff Diff B Ctr Diff Diff Figura 3: Colorazione con Alizarin Red (A) e con Alcian Blue (B) al giorno 28. CTR= Controllo, DIFF:= campioni in cui è stato indotto il differenziamento. Per quanto riguarda i dati ottenuti in biologia molecolare, per il differenziamento osteogenico entrambi i tipi cellulari mostrano lo stesso tipo di andamento, la Fosfatasi Alcalina essendo un precursore precoce, viene prodotta essenzialmente intorno al D21, la BSP invece inizia ad esser espressa verso il D28 mentre l’ OC è presente al D0, cala intorno al D21 ed è nuovamente espressa al D28 (Fig.4A). Anche nel differenziamento condrogenico, le cellule del midollo e le cellule isolate hanno lo stesso andamento, il Collagene di tipo 2 e la Sox-9 sono espresse in particolare al D28, mentre l’ Aggrecano mostra un andamento più altalenante (Fig.4B). ALP ALP Collagene 2 Collagene 2 concentrato midollare cellule isolate concentrato midollare cellule isolate 15,00 20,00 0,040 0,040 15,00 10,00 0,020 0,020 10,00 5,00 0,000 0,000 5,00 D0 conc D21 conc D28 conc D0 mono D21 mono D28 mono 0,00 0,00 D0 conc D21 conc D28 conc D0 mono D21 mono D28 mono Aggrecano Aggrecano BSP BSP concentrato midollare cellule isolate concentrato midollare cellule isolate 2,00 15,00 12,00 2,00 10,00 1,50 1,50 10,00 8,00 1,00 1,00 6,00 5,00 4,00 0,50 0,50 2,00 0,00 0,00 0,00 0,00 D0 conc D21 conc D28 conc D0 mono D21 mono D28 mono D0 conc D21 conc D28 conc D0 mono D21 mono D28 mono Sox‐9 Sox‐9 OC OC concentrato midollare cellule isolate concentrato midollare cellule isolate 0,60 0,60 0,60 0,50 0,60 0,50 0,40 0,40 0,40 0,30 0,40 0,30 0,20 0,20 0,20 0,20 0,10 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 D0 conc D21 conc D28 conc D0 conc D21 conc D28 conc D0 mono D21 mono D28 mono D0 mono D21 mono D28 mono A B Figura 4: Analisi molecolare dei principali geni coinvolti nel differenziamento osteogenico (A) e condrogenico (B). Le colorazioni istologiche con Von Kossa e con il Blu di Toluidina effettuate sui biomateriali seminati con le cellule del concentrato midollare, hanno permesso di evidenziare la presenza di precipitati di calcio di colore scuro nei campioni differenziati in senso osteogenico (Fig. 5A) e la presenza di proteoglicani nei costrutti differenziati in senso condrogenico (Fig. 5B). A B Figura 5: Colorazione con Von Kossa (A) e Blu di Toluidina (B). Entrambe le immagini si riferiscono ai campioni analizzati al giorno 28. I dati ottenuti in Real Time PCR sui costrutti analizzati confermano l’avvenuto differenziamento delle cellule. Nelle cellule differenziate in senso osteogenico si osserva un livello molto basso di messaggero per AP al giorno 0 e un aumento progressivo ai giorni 14 e 28 (Fig. 6A). Il messaggero per BSP risulta notevolmente 4
aumentato al giorno 14 mentre tende a diminuire al giorno 28 (Fig.6B). Per quanto riguarda l’OC si osserva un’espressione a livelli elevati già a partire dal giorno 0 con un graduale aumento fino al giorno 28 (Fig.6 C). Nelle cellule differenziate in senso condrogenico il messaggero per il collagene II che risulta poco espresso a 0 e 14 giorni inizia ad essere prodotto a partire dal giorno 28 (Fig.6D), mentre i messaggeri per l’aggrecano e per la Sox-9 che risultano quasi assenti al giorno 0, aumentano al giorno 14 e tendono a diminuire al Giorno 28 (Fig.6 E-F). A B D E C F Figura 6: Analisi molecolare dei principali geni coinvolti nel differenziamento osteogenico (A-B-C) e nel differenziamento condrogenico (D-E-F) su cellule del concentrato midollare cresciute su scaffold. La valutazione quantitativa della produzione di Alizarin Red e dei GAGs ha messo in evidenza la produzione di calcio da parte delle cellule del concentrato midollare differenziate in senso osteogenico e la produzione di glicosamminoglicani da parte delle cellule differenziate in senso condrogenico. Tale produzione inizia già al giorno 21 e tende ad aumentare al giorno 28. (Fig 7 A-B). GAGs 25 CTR 20 DIFF 15 mg/ml 10 5 0 D21 D28 A B Figura 7 A) Quantificazione spettrofotometrica della produzione di Alizarin Red. B) Quantificazione spettrofotometrica della produzione di Glicosamminoglicani. Ctr= controllo, Diff= campioni in cui è stato indotto il differenziamento. DISCUSSIONE Il campo della Medicina Rigenerativa ha compiuto molti progressi verso lo sviluppo di applicazioni in grado di migliorare le tecniche chirurgiche fino ad ora utilizzate per la rigenerazione di tessuti danneggiati. In campo ortopedico le ricerche attualmente in corso, sono incentrate sul perfezionamento delle strategie impiegate nella riparazione delle lesioni condrali ed osteocondrali e ad estenderne le applicazioni. La cartilagine articolare può subire una serie di alterazioni dovute ad eventi di tipo traumatico che sono responsabili della sua degenerazione. Per tale motivazione gli interventi di ricostruzione articolare sono da sempre oggetto di studio e negli ultimi anni si sono identificate strategie terapeutiche alternative che permettono la rigenerazione di nuovo tessuto. L’uso del concentrato midollare potrebbe rappresentare una valida alternativa alle tecniche tradizionali in quanto consente di trapiantare in un unico atto chirurgico “l’intero potenziale rigenerativo” espresso dalla componente cellulare che viene ad essere supportata anche dalla presenza di cellule accessorie necessarie al corretto mantenimento del microambiente circostante. La presente sperimentazione si è quindi proposta di caratterizzare fenotipicamente sia le cellule isolate dal midollo osseo sia il midollo osseo concentrato al fine di poter utilizzare una di queste popolazioni cellulari per la rigenerazione di difetti condrali ed osteocondrali. Le valutazioni sono state effettuate in vitro seminando le 5
cellule in monostrato e su un biomateriale noto per la sua capacità di promuovere il differenziamento sia condrogenico che osteogenico. I risultati ottenuti in monostrato dimostrano come entrambi i tipi cellulari analizzati abbiano un buon potenziale clonogenico e siano in grado di differenziare come evidenziato dalle immagini istologiche dell’ Alizarin Red e dell’ Alcian Blue, dati confermati dalle quantificazioni dell’Alizarin Red e dei GAGs. Anche le analisi eseguite in biologia molecolare confermano che le cellule del concentrato midollare così come le cellule isolate sono in grado di esprimere, dopo circa 28 giorni di coltura, i geni principalmente coinvolti nei processi di differenziamento osteogenici e condrogenici. Per quanto riguarda le cellule del concentrato midollare seminate sullo scaffold, anche in questo caso i risultati ottenuti indicano che le cellule del concentrato midollare sono in grado formare della matrice rispettivamente di natura ossea e di natura cartilaginea come evidenziato dalle colorazioni con Von Kossa e con il Blu di Toluidina. Mediante la Real Time PCR è stato possibile identificare l’espressione di alcuni geni legati al differenziamento ai diversi tempi sperimentali analizzati. I risultati ottenuti nei campioni indirizzati in senso osteogenico hanno evidenziato come l’ALP, marker precoce del differenziamento osseo, sia espressa precocemente così come la BSP, mentre l’OC è espressa già a partire dal giorno 0. Le cellule differenziate in senso condrogenico mostrato come il collagene di tipo II, marker riconosciuto del fenotipo condrocitario, e la Sox-9, suo fattore di trascrizione, presentino un incremento nel tempo, mentre l’aggrecano molto espresso al giorno 14 tende a diminuire a 28 giorni. Dai risultati fin qui ottenuti è quindi possibile ipotizzare l’uso del concentrato midollare come valida alternativa all’impiego di cellule adulte o di cellule progenitrici selezionate per le riparazioni di lesioni osteo-cartilaginee in quanto possiede tutte le potenzialità per la rigenerazione dei tessuti. Unità Operativa: Dipartimento Di Scienze Anatomiche Umane e Fisopatologia dell’Apparato Locomotore, Università degli Studi di Bologna (Responsabile UO: Prof.ssa Mirella Falconi) INTRODUZIONE E PRINCIPALE OBIETTIVO Lo studio condotto da questa Unità Operativa si è focalizzato sulla caratterizzazione morfologica ultrastrutturale di cellule MSC umane separate da midollo osseo e indotte al differenziamento condrogenico e osteogenico in-vitro. In accordo ai dati biomolecolari che dimostrano il differenziamento, lo scopo principale del progetto è stato quello di individuare delle caratteristiche ultrastrutturali di cellule MSC differenziate che possono essere utilizzate come parametri morfologici per la loro individuazione e classificazione. Inoltre, nell’ambito della medicina rigenerativa basata sull’utilizzo di scaffold e matrici 3D per la ricostruzione tussutale, lo studio effettuato sulla morfologia ultrastrutturale, ingombro tridimensionale, sui prolungamenti e sui contatti cellulari può rappresentare un elemento importante per comprendere l’interazione delle hMSC con altri tessuti o con gli scaffold artificiali. L’analisi ultrastrutturale è stata condotta con il microscopio elettronico a scansione ad alta risoluzione (FEISEM). Il vantaggio nell’utilizzo di questo microscopio è appunto quello di potere osservare i campioni biologici ottenendo immagini a risoluzione elevata senza ricopertura metallica e a basso voltaggio. Inoltre è possibile osservare i campioni anche dopo reazioni immunocitochimiche che consentano di localizzare e/o colocalizzare direttamente proteine di interesse sul campione. MATERIALI E METODI Cellule mononucleate separate da midollo osseo (fornite dal Laboratorio di Immunoreumatologia e Rigenerazione Tissutale, IOR, Bologna, Responsabile Prof. Andrea Facchini) sono state fatte crescere in terreno DMEM supplementato con siero di vitello al 10% per diversi tempi (24h, 3, 6, 9, 12 e 15 giorni) su supporti di silicio di dimensioni 4X7 mm. Allo scadere di ogni tempo di incubazione, i campioni sono stati fissati in 2,5% glutaraldeide in tampone fosfato per 1 h a 4°C e post-fissati in una soluzione di 1% tetrossido di osmio per 1 h a temperatura ambiente (RT). Successivamente, i campioni sono stati disidratati in soluzioni crescenti di etanolo ed essiccati al punto critico della CO2 (CPD 30, Balzers, Liechtenstein). I campioni sono stati osservati al FEISEM JSM 890 (Jeol, Tokio, Giappone) con una tensione di accelerazione del fascio elettronico pari a 7kV. A 24 ore dalla separazione da midollo osseo, alcune cellule sono state indotte al differenziamento osteogenico e condrogenico sostituendo il terreno DMEM con nuovo terreno supplementato con opportuni fattori osteo e condroinduttivi secondo i protocolli messi a punto dal laboratorio di immunologia e genetica, IOR, Bologna. Il differenziamento è stato condotto per 1, 7, 14, 21 e 28 giorni in incubatore a 37° C e 5% di CO2. Dopo ogni tempo sperimentale, i campioni sono stati processati per l’analisi al microscopio a scansione FEISEM: fissazione in 2,5% glutaraldeide (Fluka, Sigma-Aldrich, St. Louis, USA) in tampone fosfato per 2 h, post-fissazione in 1% OsO4 in tampone fosfato per 1 h a temperatura ambiente, disidratazione con soluzioni crescenti di etanolo ed essiccamento al punto critico della CO2. L’osservazione è 6
stata condotta al FEISEM con una tensione di accelerazione del fascio elettronico pari a 7kV. Alcuni campioni differenziati in senso osteogenico e di controllo sono stati osservati al microscopio elettronico a scansione EDX-SEM (Philips, FEI Company, Olanda), per rilevare la presenza di fosforo, indicante la deposizione di fase minerale durante il differenziamento. Altri preparati di hMSC, destinati alla immunolocalizzazione per marker fenotipici osteogenici e condrogenici, al termine di ogni trattamento sono stati fissati in 10% formalina in tampone fosfato 0,1M per 15 minuti a 4°C e successivamenti trattati con 0,01% ialuranidasi in tampone fosfato 0,1M. Dopo un blocco di 1h a temperatura ambiente in 2%BSA /2% latte in tampone fosfato, i campioni sono stati incubati con l’anticorpo primario per 1h a 37°C. Sono stati usati i seguentii anticorpi primari: anti-collagene di tipo 1 (1:10) (Millipore, Billerica, MA, USA) e anti-condroitin solfato (1:30) (Sigma- Aldrich, St. Louis, USA) per le cellule differenziate in senso osteogenico e anti-collagene di tipo 2 (1:10) (Millipore, Billerica, MA, USA) e coindritin solfato (1:30) (Sigma-Aldrich, St. Louis, USA) per le cellule differenziate in senso condrogenico. Successivamente, i campioni sono stati lavati in tampone TBS ph 7.6 per 15 minuti e incubati con l’anticorpo secondario anti mouse coniugato a particelle di oro colloidale di 15 nm (anti mouse IgG) e 30 nm (anti mouse IgM), diluito 1 : 10 in tampone TBS ph 8.2. Al termine dell’incubazione, dopo lavaggio in tampone TBS ph 8.2 i preparati sono stati processati per l’osservazione al FEISEM seguendo il protocollo descritto precedentemente. L’osservazione al FEISEM è stata fatta utilizzando una tensione di accelerazione di 7kV. RISULTATI Dopo 24 h di incubazione, le hMSC non differenziate appaiono di forma ovoidale e/o irregolare completamente ricoperte da numerosi ondulopodi (figura 1a). Dopo 3 giorni, le cellule cominciano ad allargarsi, ad assumere forma rotondeggiante e ad aderire meglio al substrato di silicio. Conservano numerosi ondulopodi nella regione sovrastante il nucleo (figura 1b) e producono numerosi filopodi che facilitano e promuovono l’ adesione delle cellule al supporto. Dopo 15 giorni, le cellule assumono una forma riconducibile a quella fibroblastica, con corpo cellulare allungato e numerosi filamenti proteici presenti nelle estremità cellulari che favoriscono l’adesione al substrato e tra le cellule. Sono quasi del tutto scomparsi gli ondulopodi sulla superficie cellulare (figura 1c). a b c Figura 1 Dopo 7 giorni di differenziamento in senso condrogenico le cellule cominciano ad aderire al substrato, assumono una morfologia ovoidale e producono numerosi filopodi che permettono l’ancoraggio al substrato (figura 2a). Gli ondulopodi, benché ancora numerosi, tendono a scomparire. A partire dal 14° giorno di differenziamento, le cellule mostrano una morfologia simil-fibroblastica e più spesso irregolare o poligonale con superficie cellulare libera da ondulopodi. Al 28° giorno di differenziamento, le cellule hanno raggiunto la confluenza e presentano prevalentemente una morfologia poligonale (figura 2b). Le MSC sono separate tra loro da spazi più o meno ampi al nei quali sono ben visibili numerosi filamenti proteici ad andamento irregolare 7
a b Figura 2 A 7 giorni di induzione osteogenica, sono visibili numerose filipodi, mentre gli ondulopodi sono localizzati all'apice della cellula. Anche nei campioni differenziati in senso osteogenico, nei primi giorni di trattamento compaiono numerose vescicole localizzate al di sotto della membrana plasmatica, indicanti intensa sintesi proteica. A 21 e 28 giorni, le MSC mostrano una forma simil fibroblastica (figura 3a), con superficie cellulare priva di ondulopodi e filopodi. Le singole cellule non sono più distinguibili anche se separate da spazi al cui interno sono presenti numerose strutture fibrillari di diametro variabile e disposte parallelamente tra loro,(figure 3 b,c,d) corrispondenti a proteine della matrice extracellulare. L'avvenuto differenziamento è stato dimostrato anche dalle analisi EDX-SEM di campioni stimolati per 28 giorni in cui si nota un picco indicante la presenza di fosforo associato alla deposizione di matrice minerale da parte delle cellule differenziate. Figura 3 DISCUSSIONE Negli ultimi anni, le cellule staminali mesenchimali sono state oggetto di studio per le loro potenziali applicazioni cliniche nella medicina rigenerativa . La maggior parte di questi studi sono basati su valutazioni biomolecolari aventi come obiettivo la caratterizzazione di cellule staminali mesenchimali isolate da diversi tessuti (midollo osseo, tessuto adiposo, sinovia, vasi sanguigni, il sangue del cordone ombelicale). Tuttavia, nonostante il crescente interesse riguardo a queste cellule e il loro uso nella riparazione dei tessuti, vi è una scarsa conoscenza delle loro caratteristiche morfologiche e ultrastrutturali nell’uomo. Inoltre non vi è un sistema uniforme di classificazione fenotipica di queste cellule e le MSC sono definite da un insieme di caratteristiche in vitro, compresa una combinazione di marcatori fenotipici. I requisiti per una 8
popolazione di cellule a qualificarsi come MSC sono: (a) aderenza alla plastica in condizioni di coltura standard, (b) espressione dei markers CD105, CD73, CD90 e la mancanza di espressione di CD45, CD34, CD14 o CD11b, CD79α o CD19 e HLA-DR e (c) capacità a differenziarsi in osteoblasti, condrociti e adipociti. Il presente studio ha avuto l’obiettivo di analizzare l'ultrastruttura delle cellule staminali mesenchimali differenziate in senso osteogenico e condrogenico al fine di individuare dei parametri morfologici per l'identificazione e la classificazione delle cellule staminali mesenchimali. Ventiquattro ore dopo la messa in coltura le cellule mostrano una morfologia sferica con una superficie cellulare irregolare per la presenza di numerosi filopodi e ondulopodi. Queste caratteristiche sono legate alla natura migratoria di queste cellule, alla capacità di aderire ad una specifico substrato e alla formazione di connessioni tra cellule adiacenti implicate nel riconoscimento e nelle interazioni cellulari. Dopo sette giorni di differenziamento in senso osteogenico e condrogenico le cellule assumono una forma rotondeggiante per una maggiore adesione al substrato, gli ondulopodi appaiono localizzati solo sulla parte superiore della superficie cellulare mentre i filopodi mantengono la stessa localizzazione anche se appaiono meno numerosi. Peculiare caratteristica morfologica delle cellule indotte in senso osteogenico e condrogenico è la presenza di numerose vescicole al di sotto della membrana cellulare e in regione perinucleare questo dato morfologico si ricollega ad una intensa attività di sintesi proteica. Al 14 e 21 giorni di differenziamento, le cellule si moltiplicano e mostrano una morfologia simil-fibroblastica. Dopo 28 giorni di induzione appaiono delle differenze morfologiche legate al diverso tipo di differenziamento: le MSC indotte al fenotipo osteogenico mostrano una forma allungata, le cellule sono strettamente adese tra loro formando un monostrato interrotto da piccole aree ovali occupate da fibre di diverso diametro a decorso parallelo; queste fibre corrispondono a proteine della matrice extracellulare come ampiamente dimostrato in letteratura. Cellule staminali mesenchimali del midollo osseo umano differenziate in senso condrogenico dopo 28 giorni assumono una forma poligonale. Le cellule anche in questo caso formano un monostrato interrotto da aree ovali occupate da fibre di diametro diverso ma intrecciate irregolarmente tra loro. Anche questo dato è riconducibile ad una attiva espressione di proteine di matrice. La nostra analisi ultrastrutturale ha rilevato caratteristiche morfologiche legate ai processi che si verificano durante il differenziamento delle cellule staminali mesenchimali: - Intensa sintesi proteica dovuta all’elevata l'attività metabolica dimostrata dalla presenza delle vescicole all’interno delle cellule. - Produzione di proteine di matrice ricollegabile alle fibre presenti negli spazi intercellulari. - Diverso orientamento delle fibre di matrice tra le cellule indotte in senso osteogenico e condrogenico - Presenza di precipitati di calcio adesi alle fibre che indicanti un inizio di mineralizzazione nelle cellule indotte in senso osteogenico. Unità Operativa: SC Banca del Tessuto Muscolo-Scheletrico, Cell Factory, Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna (Responsabile UO: Pier Maria Fornasari) INTRODUZIONE E PRINCIPALE OBIETTIVO I progressi compiuti nel campo delle terapie cellulari hanno comportato la necessità di regolamentazioni allo scopo di garantirne sicurezza ed efficacia. Le cellule manipolate in maniera estensiva, essendo incluse dalle normative italiane ed europee nei prodotti di terapia cellulare somatica, sono assimilate a farmaci a tutti gli effetti. Ne consegue la necessità di operare nel rispetto di norme proprie dei processi produttivi farmaceutici, sia dal punto di vista organizzativo (Sistema di Qualità), che della sicurezza del prodotto (Good Manufacturing Practices, GMP). Tale necessità comporta innanzitutto l’allestimento di ambienti idonei, quali quelli delle camere sterili o cleanroom, conformi alle regole delle GMP ed autorizzati dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). La cleanroom consente di minimizzare i rischi di contaminazione in quanto è un ambiente in cui parametri quali l’aerazione, la ventilazione, la filtrazione dell’aria, i materiali di costruzione e le procedure operative sono rigidamente regolamentati. Devono inoltre essere costantemente monitorati temperatura, umidità relativa, pressioni differenziali tra i vari ambienti a diversa classe di pulizia, numero di particelle aerodisperse e numero di unità formanti colonie. Oltre l’ambiente, anche la coltura ed i reagenti utilizzati devono essere sottoposti a controlli periodici per la ricerca di eventuali contaminazioni batteriche, da micoplasmi ed endotossine. Non meno importanti per garantire la sterilità sono le rigide norme comportamentali del personale addetto alla manipolazione, nonché la definizione dei percorsi di tracciabilità del processo. Le applicazioni ad uso terapeutico implicano che le procedure della ricerca (research grade) vengano tradotte in protocolli clinici su larga scala (clinical grade). Nell’Istituto ortopedico Rizzoli è attiva una Cell Factory autorizzata alla produzione secondo le GMPs correnti Europee (European current GMPs, EU- 9
cGMPs) dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Presso tale struttura vengono prodotti condrociti umani e cellule staminali mesenchimali per la rigenerazione di cartilagine ed osso. La rispondenza ai requisiti delle EU- cGMPs implica la garanzia che i prodotti cellulari finali rilasciati dalla Cell Factory dello IOR soddisfino specifiche caratteristiche quali assenza di contaminazione, purezza, identità, resa e vitalità. MATERIALI E METODI La standardizzazione del processo di produzione di condrociti o cellule staminali mesenchimali a scopo di impianto autologo ha previsto: 1. confronto fra diversi metodi di isolamento delle cellule presenti in letteratura; 2. standardizzazione dei protocolli di isolamento e proliferazione in monostrato; 3. standardizzazione del protocollo di coltura su scaffold; 4. caratterizzazione del prodotto finito secondo le GMP. Le indagini microbiologiche effettuate per verificare l’assenza di contaminazione sono state sviluppate secondo la Farmacopea Europea. Per monitorare il processo di manipolazione asettica sono state individuate delle fasi di maggiore criticità, oltre a quella finale di rilascio del prodotto finito, durante le quali sono state effettuate indagini per rilevare la presenza di contaminazioni batteriche e Micoplasmi. La valutazione della presenza di endotossine è stata prevista unicamente alla fine del processo. La valutazione del prodotto finito è stata effettuata mediante tecniche immunocitochimiche e di biologia molecolare. Le cellule staminali mesenchimali sono state valutate mediante citofluorimetria a flusso. L’identità e la stabilità genetica dei lotti manipolati sono state valutate all’inizio mediante analisi di biologia molecolare. RISULTATI Il processo di produzione di condrociti umani a scopo di impianto autologo per la riparazione di difetti cartilaginei si è rivelato essere efficace, robusto e ripetibile. Per l’isolamento delle cellule da biopsia cartilaginea, il metodo più efficace è risultato quello che utilizza l’incubazione “overnight” dell’enzima collagenasi II. Per quanto riguarda la standardizzazione della proliferazione cellulare in monostrato, i risultati migliori sono stati ottenuti utilizzando come supplemento al terreno di coltura un siero fetale bovino “Pharma GRADE” e di provenienza australiana. Il prodotto finito è risultato vitale nella sua componente cellulare e fenotipicamente stabile. Infatti, analisi immunoistochimiche hanno evidenziato cellule positive al collagene di tipo II ed ai proteoglicani, marcatori tipici del fenotipo cartilagineo ialino. Tali analisi hanno inoltre evidenziato l’assenza di cellule positive al collagene di tipo I ed all’osteocalcina, marcatori rispettivamente del fenotipo fibroblastoide ed osseo. La standardizzazione del processo di produzione delle MSC da midollo osseo proveniente da cresta iliaca ha previsto un confronto fra due differenti metodiche di isolamento: 1. metodica classica di isolamento che utilizza un gradiente di densità; 2. metodica che prevede la semina diretta del midollo osseo; Entrambe le metodiche si sono rivelate efficaci e la caratterizzazione cellulare fenotipica effettuata al citofluorimetro ha fornito risultati comparabili. Tuttavia, la metodica classica è risultata meno applicabile in un contesto GMP perché, oltre ad utilizzare un reagente in più (il gradiente di densità), richiede tempi più lunghi di manipolazione, aumentando così il tempo di esposizione del prodotto cellulare e di conseguenza i rischi di contaminazione. La convalida del processo ha evidenziato che il prodotto finito è sterile, ovvero privo di contaminazioni da batteri aerobi, anaerobi,miceti micoplasma e di endotossine, vitale e stabile da un punto di vista fenotipico. Le analisi di biologia molecolare hanno evidenziato un profilo genetico unico per ogni lotto manipolato. DISCUSSIONE I risultati presentati evidenziano come sia possibile traslare protocolli di ricerca in processi applicabili in clinica. I successivi studi di convalida secondo GMP, che sono obbligatori per legge, hanno consentito di consolidare tali processi e renderli idonei ad una lavorazione su larga scala, o ripetitiva. Infatti, l’applicazione clinica di un processo di manipolazione cellulare estensiva può essere applicativa solo mediante dimostrazione che il processo in questione è in grado di fornire costantemente il prodotto con la qualità richiesta. 10
WP1.2 Trapianto di condrociti autologhi (TCA) con un materiale a base di acido ialuronico Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica III, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Maurilio Marcacci) INTRODUZIONE E PRINCIPALE OBIETTIVO Come già noto da tempo a differenza del tessuto osseo dotato di grandi capacità rigenerative, la cartilagine ialina possiede limitate capacità di riparazione intrinseca, essendo caratterizzata dall’assenza di supporto ematico, linfatico e nervoso indispensabili per la riparazione tessutale. Ciò comporta una scarsa capacità di guarigione, inoltre il tessuto cartilagineo neoformato, sia esso generato in caso di guarigione spontanea o in seguito a procedure chirurgiche, non possiede le caratteristiche biologiche e morfologiche della cartilagine articolare ialina sana, pertanto non consente performance meccaniche paragonabili al tessuto normale. L’obiettivo comune dei vari trattamenti chirurgici è quello di ripristinare un mantello cartilagineo articolare con caratteristiche biologiche e morfo-funzionali analoghe a quelle della cartilagine sana. Lo scopo degli studi condotti è di valutare la possibilità di trattare lesioni condrali con innesto di condrociti autologhi su scaffold di biomateriale a base di acido ialuronico (Hyalograft C), determinare i criteri di indicazione per questo tipo di trattamento e confrontare i risultati ottenuti con pazienti trattati con una procedura classica di stimolazione di midollo osseo (microfratture) a medio termine (5 anni) di follow up, valutare il risultato clinico a lungo termine. MATERIALI E METODI I pazienti trattati con tecnica ACI di II generazione, sono stati valutati clinicamente e con metodologia ad immagini con follow up a medio ed a lungo termine (oltre 5 anni) confermando i buoni risultati ottenuti a breve termine di follow up stabilendo il reale potenziale di questa tecnica ed i nuovi criteri di valutazione non invasiva attraverso RM. Il confronto con le microfratture è stato eseguito su 80 pazienti attivi trattati artroscopicamente con età media di 29,8 anni e con lesioni cartilaginee di III-IV grado su condili femorali o troclea (40 pazienti per ogni gruppo). Tutti i pazienti sono arrivati al 5° anno di follow up e sono stati valutati prospetticamente. In un altro studio abbiamo valutato il risultato clinico a lungo termine (7 anni di follow up) Inoltre, abbiamo confrontato il risultato clinico su una categoria di sportivi, in cui la funzionalità dell’articolazione è molto sollecitata: i calciatori. Lo studio prevedeva il confronto di pazienti maschi, calciatori professionisti o semiprofessionisti trattati con Hyalograft C (21 pazienti) con quelli trattati con microfratture (20 pazienti). Il follow up minimo era di 4 anni, ed il follow up medio 7,5 anni. Entrambi i gruppi sono stati valutati secondo le modalità previste dall’ICRS (International Cartilage Repair Society). Abbiamo anche valutato il risultato clinico sui pazienti trattati con Hyalograft C con età oltre i 40 anni, dove il potenziale di guarigione viene considerato minore: 61 pazienti con lesioni cartilaginee di III e IV grado sui condili femorali. 22 pazienti sono stati trattati con tecnica artroscopica ACI di seconda generazione, mentre 39 con tecnica open Chondro-Gide MACI. I pazienti sono stati valutati a 5 anni di follow up. RISULTATI I pazienti trattati con Hylograft C hanno confermato i già buoni risultati ottenuti a breve termine. Inoltre, abbiamo osservato un miglioramento alla valutazione delle RM, correlato con il risultato soggettivo. I nostri risultati sono incoraggianti e dimostrano la possibilità di trattare con successo pazienti con lesioni di differenti dimensioni, differenti localizzazioni e con precedenti chirurgici o con chirurgia associata. Entrambi i gruppi, Hyalograft C e microfratture, hanno evidenziato miglioramenti statisticamente significativi in tutti gli scores clinici rispetto alla valutazione preoperatoria. Nella comparazione dei due gruppi, i miglioramenti più evidenti sono stati osservati nel gruppo trattato con Hyalograft C a 5 anni di follow up. Il ritorno allo sport è risultato essere simile in entrambi i gruppi a 2 anni di follow up, rimanendo stabile nel gruppo Hylograft C a 5 anni, mentre nel gruppo microfratture è stato notato un peggioramento a 5 anni di follow up. I migliori risultati clinici e la ripresa all’attività sportiva sono stati ottenuti nel gruppo trattato con Hyalograft C. I buoni risultati ottenuti a 24 mesi sono stati confermati a lungo termine in una valutazione condotta su 62 pazienti. Infatti, a 7 anni i pazienti mantengono il risultato clinico ottenuto indicando una buona stabilità clinica di questo approccio nel tempo. Nello studio sui calciatori si è evidenziato un miglioramento significativo in tutti gli scores clinici, in entrambi i gruppi nel follow up finale rispetto al valore basale. La percentuale di pazienti che sono tornati allo stesso 11
livello competitivo è simile (80% nel gruppo microfratture e 86% nel gruppo Hyalograft C). Il ritorno alla prima partita è più veloce nel gruppo microfratture rispetto al gruppo con scaffold (8 mesi di media contro 12.5 mesi di media. P = .009). Gli scores soggettivi hanno evidenziato risultati simili a 2 anni in entrambi i gruppi, ma decisamente migliori nel gruppo con scaffold al follow up finale (P = .005). Infatti, nelle microfratture i risultati mostrano un leggero calo (da 86.8 ± 9.7 a 79.0 ± 11.6, P < .0005). Il gruppo Hyalograft C evidenzia una maggior stabilità a lungo termine dei risultati ottenuti (90.5 ± 12.8 a 2 anni e 91.0 ± 13.9) al follow up finale. Lo studio condotto su pazienti over 40 ha evidenziato un miglioramento significativo in entrambi i gruppi trattati e l’IKDC soggettivo è migliorato da 36.8 ± 8.4 a 68.1 ± 21.8 nella valutazione finale (valore inferiore rispetto ai risultati documentati in letteratura su popolazioni più giovani). I fallimenti rappresentavano il 20% dei casi. Il miglioramento più veloce è stato osservato nel gruppo trattato con Hyalograft C, anche se il risultato era sovrapponibile a 24 e 60 mesi di follow up. DISCUSSIONE I nostri risultati sono incoraggianti e dimostrano la possibilità di trattare con successo pazienti con lesioni di differenti dimensioni, differenti localizzazioni e con precedenti chirurgici o con chirurgia associata. I vari studi hanno inoltre evidenziato una buona stabilità nel tempo dei risultati clinici ottenuti, anche in pazienti con particolari sollecitazioni funzionali, e superiori rispetto a quelli osservati in pazienti trattati con microfratture. Il gruppo over 40 ha evidenziato buoni risultati clinici, tuttavia i miglioramenti a medio termine risultano minori rispetto ai pazienti più giovani. Anche la casistica dei fallimenti è superiore. WP 1.3: Trattamento di lesioni ostecondrali mediante un biomateriale nanostrutturato a base di collagene-idrossiapatite Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica III, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Maurilio Marcacci) INTRODUZIONE E PRINCIPALE OBIETTIVO Dopo i primi incoraggianti risultati ottenuti in uno studio animale, abbiamo valutato la possibilità di trattare le lesioni osteocondrali con l’innesto di uno scaffold osteocondrale (O.C.) sviluppato di recente, composto da collagene tipo I / Idrossiapatite (HA), nanostrutturato e biomimetico, in grado di riprodurre la morfologia dello strato cartilagineo e dell’osso subcondrale. Lo strato cartilagineo è rappresentato da collagene di tipo I ed ha una superficie regolare per favorire la continuità articolare. Lo strato intermedio consiste in una combinazione di collagene di tipo I (60%) e HA (40%), mentre lo strato più profondo consiste in una miscela mineralizzata di collagene di tipo I (30%) e HA (70%), riproducente lo strato di osso subcondrale. MATERIALI E METODI Abbiamo effettuato uno studio prospettico, valutando clinicamente e con metodiche di imaging (Rx, RMN) 30 pazienti a 4 anni di follow up; 29 su 30 sono stati inclusi nello studio (un paziente è stato perso al follow up). I criteri di inclusione dello studio erano: pazienti di età compresa fra i 16 ed i 50 anni con sintomi clinici come dolore e gonfiore al ginocchio con IV-V grado di lesione condrale e osteocondrale. I criteri di esclusione erano: deviazione assiale non corretta o instabilità di ginocchio. Tutti i pazienti hanno dato il consenso informato ed il trattamento è stato approvato dal comitato etico locale. In 23 pazienti la lesione era singola, in 6 casi invece c'erano lesioni multiple, per un totale di 35 lesioni trattate. La dimensione media del difetto era di 2.8 cm2 (range: 1.5– 5.9 cm2) ed il difetto era classificato di Grado IV-V, come previsto dai criteri dell'International Cartilage Repair Society (ICRS). L'eziologia era microtraumatica/degenerativa in 22 casi, traumatica/acuta in 4 casi e 3 pazienti erano affetti da osteocondrite dissecante. Il rapporto maschi-femmine era 20:9, con un'età media di 29.3 anni (range: 21–59). 8 pazienti sono stati operati per la prima volta, mentre 21 pazienti presentavano una pregressa chirurgia. In 14 pazienti è stata eseguita chirurgia associata. Inoltre, abbiamo condotto uno studio animale su pecora, per verificare se l’apporto di PRP sullo scaffold osteocondrale di idrossiapatite e collagene poteva contribuire al processo di integrazione e maturazione dello scaffold. Sono state effettuate 24 lesioni osteocondrali sul condilo femorale (mediale e laterale). Nel primo gruppo la lesione è stata trattata solo con lo scaffold. Il secondo gruppo con lo scaffold imbibito di PRP, mentre nel terzo gruppo la lesione è stata lasciata vuota. Dopo 6 mesi le pecore sono state sacrificate e gli 12
impianti sono stati valutati con microradiografie e valutazione istologica. RISULTATI L’analisi statistica ha dimostrato un miglioramento significativo dal pre-operatorio a 6, 12 e 24 mesi di follow up. Lo score IKDC oggettivo ha evidenziato preoperativamente il 46.1% di ginocchia normali o quasi normali normali e l’85.7% di ginocchia normali o quasi normali a 24 mesi. L’analisi statistica ha evidenziato un miglioramento significativo nello score IKDC soggettivo dal pre-operatorio (37,5±14,6) a 6 mesi di follow-up (62,4±11,9), 12 mesi di follow-up (71,9±14,6) e a 24 mesi di follow up (76.7.±14,6). La valutazione delle RMN, effettuata secondo la scala di valutazione MOCART, ha evidenziato la differenziazione degli strati dello scaffold nel tessuto osseo e cartilagineo già a 6 mesi di follow-up: nel 60% dei casi studiati, è stata trovata la differenziazione in senso osteocondrale. I buoni risultati delle RMN sono stati confermati nella valutazione a 12 e 24 mesi (fig.1). Figura 1- A e B immagini RM preoperatorie, C e D immagini postoperatorie a 24 mesi. Abbiamo dimostrato la possibilità di trattare anche casi complessi di lesioni osteocondrali con l’innesto di questo nuovo scaffold con buoni risultati a breve follow-up. La valutazione a 36 e 48 mesi di follow up ha confermato il trend positivo ottenuto a 24 mesi, con risultati stabili nel tempo. Lo studio animale ha evidenziato un dato interessante. Infatti, entrambe le valutazioni previste hanno evidenziato una buona integrazione in entrambi i gruppi che prevedevano il trattamento della lesione, ma nel gruppo con solo lo scaffold la rigenerazione del tessuto osseo e cartilagineo era significativamente migliore, dimostrando gli esiti negativi dell’applicazione del PRP ai fini dell’accelerazione della rigenerazione tissutale mediante scaffold osteocondrale. Il gruppo di pecore non trattate, invece, ha evidenziato una copertura della lesione con tessuto fibroso DISCUSSIONE L’utilizzo di questo scaffold osteocondrale presenta un grande interesse clinico per le sue peculiarità e la potenzialità di trattare anche lesioni osteocondrali complesse con buoni risultati documentati a medio follow- up. WP1.4 Rigenerazione di lesioni cartilaginee della caviglia tramite l’utilizzo di cellule del midollo osseo, fattori di crescita e biomateriali in una procedura one-step Unità Operativa: SC Clinica Ortopedica Traumatologica II, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna (Responsabile UO: Prof. Sandro Giannini) INTRODUZIONE E PRINCIPALI OBIETTIVI Le lesioni osteocondrali dell’astragalo sono lesioni che interessano sia la cartilagine articolare che l’osso sottocondrale, e se sintomatiche spesso necessitano per il loro trattamento del ricorso ad un intervento chirurgico. In letteratura sono descritte numerose tecniche differenti, che vanno dalla semplice bonifica della sede di lesione ad una lunga serie di procedure, alcune a scopo ripartivo, come le tecniche di stimolazione midollare (drilling, microfratture), altre volte a sostituire la cartilagine danneggiata come il trapianto di segmenti osteocondrali (mosaicoplastica, osteochondral autografts transfer system) ed altre di stampo 13
rigenerativo (trapianto di condrociti autologhi). Queste tecniche hanno dimostrato di poter ottenere buoni risultati clinici, ma presentano alcuni aspetti che ne limitano l’utilizzo: le tecniche riparative sono in grado di riparare la lesione con tessuto fibrocartilagineo, istologicamente differente e funzionalmente inferiore a quello di tipo ialino, quelle sostitutive necessitano di una chirurgia open, comportano una morbilità del sito donatore e sono tecnicamente complesse. Per quel che concerne le tecniche rigenerative, il trapianto di condrociti autologhi ha dimostrato di superare molti di questi aspetti limitanti, ma rimangono la necessità di due interventi chirurgici e l’esigenza di una struttura laboratoristica per la coltura e la semina cellulare, con un notevole innalzamento dei costi; in aggiunta le cellule non sono in grado di colmare il difetto osseo se non con tessuto cartilagineo, di conseguenza in caso di lesione di profondità importante si rende necessario il borraggio con osso spongioso autologo. Per superare queste problematiche e in linea con le recenti acquisizioni nel campo della medicina rigenerativa abbiamo rivolto l’attenzione verso un tipo di cellule che potessero replicare e rigenerare spontaneamente verso una linea di tipo sia cartilagineo che osseo, senza quindi richiedere una fase laboratoristica. Le cellule staminali mesenchimali (CSM) rispondono a queste caratteristiche, e sono facilmente prelevabili dalla cresta iliaca del paziente. Le CSM possono essere impiantate previa espansione ed isolamento in laboratorio o dopo un breve procedimento di eliminazione dei globuli rossi: questa seconda opzione consente di impiantare, oltre alle CSM, l’insieme delle cellule mononucleate e di tutti quei fattori presenti nel midollo osseo che costituiscono un microambiente ad altissimo potenziale rigenerativo, senza quindi eliminare parte della componente staminale attiva nel midollo osseo. In questo caso si parla di un trapianto di cellule mononucleate midollari (TCMM), e si rende possibile una procedura che in un solo intervento coniughi la fase di prelievo e la fase di impianto. Allo scopo di fornire direttamente in loco un supplemento di fattori di crescita è stato utilizzato il gel piastrinico autologo: le piastine infatti sono molto importanti nei processi di riparazione dei tessuti in quanto liberano una grande quantità e varietà di fattori di crescita, quindi il concentrato piastrinico (o gel piastrinico) risulta un ottimo “acceleratore” nei processi di guarigione. Sulla base di questi presupposti è stata sviluppata presso la Clinica II IOR una procedura chirurgica innovativa one-step per il trattamento artroscopico delle lesioni osteo-cartilaginee focali della caviglia. MATERIALI E METODI Dal 2008 sono stati arruolati nella sperimentazione clinica 119 pazienti che presentavano lesioni osteocondrali dell’astragalo di tipo II-A e II-B (classificazione di Giannini) e di grado III e IV (Classificazione ICRS) con range di età da 15 a 46 anni. Come previsto dal protocollo per ogni paziente è stato eseguito uno studio preoperatorio di imaging tramite Rx ed RMN, ed una valutazione clinica tramite la scheda AOFAS. TECNICA CHIRURGICA Il gel piastrinico (6 ml) si ottiene attraverso metodo automatico (Vivostat System), dal prelievo di 120 ml di sangue venoso. Se la procedura viene effettuata il giorno precedente l’intervento, è necessario stoccare a - 35°C il PRF e scongelarlo 30 minuti prima della procedura chirurgica. Il prelievo dell’aspirato midollare si effettua con il paziente in decubito prono. Vengono aspirati 60 ml di sangue midollare dalla cresta iliaca postero-superiore e posti in una sacca di raccolta eparinata. (Fig.1) Figura 1: Prelievo dell’aspirato midollare dalla cresta iliaca del paziente previo allestimento del campo sterile. 14
Puoi anche leggere