Cellule staminali e ricostruzione d'organo
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Cellule staminali e ricostruzione d'organo Marina Morigi, Barbara Imberti Laboratorio Biologia Cellulare e Xenotrapianto, NegriBergamo Il trapianto d’organo spesso rappresenta l’unica scelta terapeutica per pazienti con insufficienza renale terminale, insufficienza cardiaca, epatica o polmonare. Nonostante il miglioramento delle tecniche chirurgiche abbia fatto si che tali interventi siano diventati di routine e, nel caso del trapianto di rene, abbiano abbassato la mortalità rispetto a pazienti non trapiantati sottoposti a dialisi, il successo del trapianto è vincolato all’assunzione di farmaci antirigetto. Questi farmaci rappresentano combinazioni di molecole immunosoppressive che devono essere assunte costantemente e che, se da una parte impediscono episodi di rigetto acuto, dall’altra presentano numerosi aspetti critici. Innanzitutto, la loro azione immunosoppressiva non è specifica e questo porta ad un aumento del rischio di infezioni e di tumori, inoltre la loro tossicità limita la durata dell’organo trapiantato e aumenta il rischio di diabete o di malattie cardiovascolari. In secondo luogo, la sopravvivenza a lungo termine dell’organo trapiantato non viene garantita e i risultati in questo senso sono tutt’altro che soddisfacenti. A dieci anni dall’intervento chirurgico, con questi farmaci, circa il 50% dei reni trapiantati smette di funzionare principalmente per un processo di rigetto cronico. Oggi l’obiettivo della medicina del trapianto è di identificare terapie che possano indurre tolleranza all’organo trapiantato. L’esigenza di trovare delle valide alternative all’uso degli immunosoppressori ha spinto i ricercatori verso nuovi approcci terapeutici alcuni dei quali hanno preso in considerazione l’infusione di cellule ad azione immunomodulatoria. Le cellule staminali mesenchimali sono risultate essere delle ottime candidate per questo scopo e potrebbero rappresentare una valida alternativa per indurre la tolleranza dell’organo in pazienti che ricevono un trapianto di rene. Le cellule mesenchimali staminali sono cellule che risiedono principalmente nel midollo osseo dove supportano la maturazione dei progenitori delle cellule del sangue. Sono definite multipotenti perchè in grado di acquisire caratteristiche, in termini tecnici di differenziare, di diversi tessuti quali quello muscolare, cardiaco, epatico e nervoso. Le cellule mesenchimali hanno mostrato un grande potenziale nella medicina rigenerativa specialmente in campo cardiovascolare. Ma le caratteristiche che le rendono interessanti nella terapia anti-rigetto sono rappresentate dalle loro peculiari proprietà immunologiche dal momento che sono in grado di eludere il sistema immunitario e quindi essere trapiantate anche tra due individui immunologicamente diversi. Esse, infatti, esprimono livelli trascurabili di quelle molecole che fanno dire ad un organismo se si trova in presenza di un elemento estraneo; inoltre, oltre a sfuggire al riconoscimento del sistema immunitario, promuovono una condizione immunologica che permette lo sviluppo della tolleranza d’organo. Alcuni studi in vivo supportano questi dati: in un modello sperimentale di trapianto di cute, l’infusione di
cellule mesenchimali provenienti dal donatore o da un altro individuo ha ritardato la comparsa del rigetto acuto. Nei nostri laboratori, all’Istituto Mario Negri di Bergamo, abbiamo recentemente dimostrato che cellule mesenchimali, sia quelle ottenute dal donatore che quelle isolate dal ricevente, erano capaci di indurre tolleranza in animali sottoposti a trapianto di cuore senza alcun farmaco antirigetto. Nei pazienti ci sono risultati importanti che confermano l’effetto immunosoppressore delle cellule mesenchimali, in particolare queste cellule si sono dimostrate capaci di prevenire l’insorgenza del rigetto acuto e cronico come reazione al trapianto di midollo. Diversi studi clinici dimostrano la sicurezza e l’efficacia delle cellule mesenchimali in altre malattie e condizioni ad esempio sono state utilizzate insieme alle cellule ematopoietiche in pazienti con leucemia, tumore al seno, anemia severa o infarto del miocardio. Le cellule mesenchimali si ottengono facilmente mediante prelievo di midollo oppure dal tessuto adiposo e possono essere cresciute in laboratorio, per aumentarne il numero e ottenere milioni di cellule, prima di essere iniettate al paziente. Mediante tecniche ben stabilite è possibile anche il loro congelamento per un utilizzo successivo. Le aspettative dall’uso delle cellule staminali sono enormi sostenute dai risultati ottenuti in diversi laboratori in tutto il mondo nei piu’ disparati campi delle patologie umane. I Laboratori del Mario Negri di Bergamo da alcuni anni stanno seguendo diverse linee di ricerca mirate a testare la potenzialità dell’uso delle staminali non solo nell’induzione della tolleranza del trapianto ma anche nella rigenerazione del rene. Il trapianto di rene infatti è l’estrema soluzione per ristabilire la funzione filtrante dell’organismo, tuttavia si sta valutando la possibilià di rigenerare i tessuti danneggiati prima che giungano alla perdita completa della funzione e addirittura la possibilità di fare regredire una situazione in cui il tessuto renale è già seriamente compromesso. La patologia di cui stiamo parlando è l’insufficienza renale caratterizzata dalla perdita della funzione e dal deterioramento delle strutture renali che può essere causata da traumi, da farmaci nefrotossici o dalla compromissione renale secondaria al danno di altri organi. In tale situazione, la terapia cellulare potrebbe rappresentare un trattamento efficace e per nulla invasivo. Le cellule staminali principali candidate a questo scopo sono innanzitutto le cellule derivate dal midollo, in particolare nuovamente le cellule mesenchimali. Recentemente abbiamo dimostrato sperimentalmente che le cellule mesenchimali staminali ottenute dal midollo osseo sia di origine murina che umana sono capaci di proteggere dall’insufficienza renale acuta. Le cellule mesenchimali sono state localizzate nei tessuti renali dove hanno contribuito alla loro rigenerazione. Localmente queste cellule producevano dei fattori di crescita in grado di promuovere la proliferazione cellulare e di ridurre la morte delle cellule renali. Inoltre, l’ossigenazione dei tessuti renali risultava essere migliore a seguito della somministrazione delle mesenchimali. In un modello sperimentale di insufficienza renale acuta caratterizzato da una altissima mortalità, abbiamo anche osservato che il trattamento con cellule mesenchimali umane isolate da midollo osseo e ancor di piu’ quelle ottenute dal sangue del cordone ombelicale, aumentava la sopravvivenza preservando il rene dal danno. Nonostante i meccanismi alla base di tale effetto terapeutico siano ancora
poco conosciuti e siano attualmente oggetto di studio anche da parte del nostro gruppo, questo nuovo approccio terapeutico potrebbe essere trasferito in un tempo non troppo lontano nella pratica clinica. A fianco delle mesenchimali, nell’ambito della regenerazione renale stiamo valutando la capacità terapeutica delle cellule ottenute da tessuti simil- embrionali come il liquido amniotico. Questo tipo di cellule staminali potrebbero avere un maggiore impatto soprattutto nella cura delle malattie renali croniche che rappresentano infatti una condizione progressiva di deterioramento della funzione renale, dove la compromissione del rene è tale da richiedere una completa sostituzione delle strutture filtranti con strutture ricreate de novo. Dall’analisi delle loro caratteristiche, le cellule staminali dal fluido amniotico potrebbero rappresentare uno stadio intermedio tra le cellule embrionali pluripotenti e le cellule staminali adulte. Per questa ragione sarebbero una fonte per la terapia cellulare importante perché non vincolata dai problemi etici derivati dall’utilizzo delle cellule embrionali. Un approccio completamente nuovo e ancora agli albori è costituto dall’ingegneria dei tessuti che si prefigge di ricreare in laboratorio tessuti o organi mediante l’utilizzo di cellule che derivano dallo stesso paziente. Ci sono alcuni esempi in campi diversi da quello renale che hanno permesso la ricostruzione di articolazione o addirittura della vescica. A questo scopo, vengono utilizzati dei biomateriali che fanno da supporto alla semina delle cellule e che sono studiati per essere biocompatibili, biodegradabili e che hanno caratteristiche fisiche importanti per il tipo di struttura che si intende ricostruire. Le ricerche si stanno focalizzando sulla ricostruzione di vasi sanguigni e di organi complessi come il pancreas, il cuore e il fegato. La sfida del rene è ambiziosa considerando che è un organo costituito da tanti tipi cellulari diversi e strutturalmente molto complesso. La scelta del supporto è determinante al fine della riuscita della ricostruzione dell’organo. La nostra idea è quella di utilizzare un supporto ottenuto da un rene naturale a cui sono state rimosse le sue cellule mediante il trattamento con opportuni detergenti. Il materiale ottenuto sarà quindi formato da una struttura tridimensionale che manterrà tutte le caratteristiche strutturali del rene, persino i vasi sanguigni, e che farà da supporto alla semina delle cellule ottenute dallo stesso paziente. La scelta della fonte cellulare da utilizzare costituisce un punto fondamentale e potrebbe cadere su cellule staminali ottenute dal rene stesso. Queste cellule sono al momento oggetto di studio da parte di alcuni gruppi di ricercatori e la loro identificazione e il loro isolamento costituisce ancora materia di studio e di dibattito. Tra i tipi cellulari rilevanti allo scopo della ricostruzione del rene ci sono anche le cellule staminali adulte prelevate dallo stesso paziente e le cellule staminali embrionali. Il recente sviluppo di una metodica per ottenere, da cellule adulte somatiche, cellule umane pluripotenti (inducible pluripotent stem cells, iPS) molto simili alle cellule embrionali, ha aperto la strada per ottenere cellule pluripotenti paziente-specifiche che potranno essere utilizzate evitando qualsiasi problema di rigetto nella rigenerazione dei propri tessuti. Tuttavia, l’identificazione delle condizioni che inducono la differenziazione delle cellule staminali in un organo maturo è uno dei punti focali ancora da studiare. Inoltre, la complessità anatomica del rene fa si che quello della sua ricostruzione utilizzando cellule proprie rappresenti un traguardo molto ambizioso. Il rene ottenuto in vitro con tali metologie, non
solo potrebbe permettere di superare il problema della carenza di donazioni d’organo ma soprattutto, dal momento che sarà formato da cellule ottenute dal paziente stesso, non andrà incontro a problemi di rigetto. Letture http://www.partecipasalute.it/cms_2/node/719
Cellule staminali embrionali Gente 01-12-2008 Negli Stati Uniti, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare per un Paese di derivazione anglosassone, si possono utilizzare le cellule staminali embrionali umane già disponibili ma non si possono sviluppare nuove linee cellule derivate. La posizione di Bush su queste ricerche è sempre stata intransigente. Il Presidente eletto Obama ha già dichiarato che faciliterà e sosterrà la ricerca sulle cellule staminali embrionali di origine umana. Di fronte a questa affermazione c'è stata una forte presa di posizione del Vaticano che ha sostanzialmente invitato Obama a cambiare atteggiamento. I fatti non sono certamente nuovi perché la Chiesa cattolica è da sempre contraria, per ragioni etiche e religiose, alla ricerca che si riferisce in modo diretto o indiretto agli embrioni umani. Diverso è l'atteggiamento della Chiesa protestante, almeno in gran Bretagna, dove sotto accurato controllo pubblico, è possibile lavorare con cellule staminali embrionali umane e addirittura produrre ibridi fra ovuli animali svuotati del loro nucleo e nuclei derivanti da cellule umane. Perchè molti ricercatori sono così interessati a portare avanti queste tipo di ricerche che suscita problemi e divisioni? Occorre fare un passo indietro e capire la ragione per la quale le cellule staminali sono così importanti ed attraenti. Le cellule staminali dette "adulte" sono presenti praticamente in tutti gli organi, e sono destinate a rimpiazzare altre cellule dello stesso organo o tessuto che, per qualche ragione, non sono più vitali. In certe condizioni e sotto certi stimoli - in parte conosciuti - queste cellule possono divenire, a seconda dell'organo da cui provengono, cellule muscolari, ossee, cutanee e così via. Esistono poi altre cellule staminali, quelle "ombelicali", ricavabili dal cordone ombelicale dopo la nascita. Sono cellule definite "pluripotenti" perché possono trasformarsi in cellule caratteristiche di vari organi. Vi sono, infine, le cellule staminali embrionali che sono definite "totipotenti" perché per loro non vi sono limiti: possono dar luogo a tutto lo spettro delle cellule presenti in un organismo. A questi tre tipi di cellule se ne possono aggiungere altre perché attraverso la modifica di alcuni geni, anche cellule "normali", ad esempio delle cute, possono essere trasformate in cellule staminali. Veniamo al perché dell'interesse nelle cellule staminali. I ricercatori sperano di poterle usare per riparare gli organi danneggiati. Dopo un infarto del cuore si perdono molte cellule e perciò il cuore è indebolito. Tuttavia se si trapiantano cellule staminali si potrebbero sostituire le cellule mancanti in modo da ripristinare una funzione cardiaca normale. La stessa prospettiva può essere estesa al cervello. Molte malattie debilitanti, dal Parkinson all'Alzheimer, sono dovute alla perdita di cellule neuronali. Se queste ultime potessero essere sostituite con cellule staminali in grado di diventare cellule nervose, molte malattie neurodegenerative potrebbero migliorare. I ricercatori mirano anche a progetti più ambiziosi: riuscire, attraverso le cellule staminali - soprattutto embrionali - a ricostruire "in vitro" interi organi. Il progetto in questione molto importante vista la carenza di donatori e conseguenti organi da trapiantare rispetto alle reali necessità. Lavorando con le cellule staminali ci si è poi accorti che esse non sempre agiscono
rimpiazzando le cellule ammalate: spesso le stesse esercitano il loro effetto curativo attraverso la secrezione di principi attivi, ancora poco conosciuti, la cui funzione è stimolare le cellule staminali presenti nell'organo ammalato e proliferare. Molte ricerche sono in corso perché è molto importante paragonare fra di loro vari tipi di cellule staminali per capirne le differenze e trovare il modo migliore per utilizzarle senza procurare danni. Esiste infatti il rischio che le cellule staminali possano trasformarsi anche in cellule tumorali. Tutte le informazioni di cui oggi disponiamo sono il frutto del fatto che, almeno in alcuni Paesi, si possono eseguire sperimentazioni negli animali e in qualche caso anche nell'uomo. In campo scientifico, il progresso è il risultato non solo delle idee , ma anche degli esperimenti che tali idee sostengono. Gli esperimenti forniscono prove e dati che diventano "punti fermi" solo quando sono riprodotti da più laboratori o gruppi di ricerca. Per questo i ricercatori chiedono di poter sperimentare, ovviamente sempre sotto il controllo dei comitati etici e delle autorità pubbliche. Nessuno può essere sicuro di ottenere risultati importanti per la salute, attraverso l'utilizzo delle cellule staminali, ma è certo che se non si sperimenta, i progressi non possono arrivare. Un ultimo avvertimento: ad eccezione di applicazioni pratiche in campo ematologico, non esistono al momento terapie validate che impiegano cellule staminali. Attenzione perciò a non cadere vittime di annunci - soprattutto da parte di internet - che promettono "miracoli". Molto spesso, i presunti miracoli prevedono viaggi della speranza in centri localizzati in Paesi dove non esistono controlli e dove è probabile che i danni per la propria salute superino di gran lunga i vantaggi promessi. Silvio Garattini
Puoi anche leggere