Terapie con Cellule Staminali per le Malattie Neurodegenerative - UniMi
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Sala Zuccari - Palazzo Giustiniani Senato della Repubblica Roma, 10 novembre 2015 Terapie con Cellule Staminali per le Malattie Neurodegenerative evento promosso e organizzato dal consorzio europeo di ricerca Neurostemcellrepair coordinato da Università degli Studi di Milano
Questo incontro pubblico segue un evento scientifico organizzato dal consorzio europeo Neurostemcellrepair (2013-17), i cui ricercatori si sono riuniti l’8 e 9 Novembre, a Roma, insieme a colleghi di altri istituti e consorzi internazionali per condividere, finalizzare e rafforzare gli studi e i risultati prima della loro pubblicazione nella direzione dell’impiego di staminali per il Parkinson e altre malattie neurodegenerative. All’incontro hanno partecipato i seguenti ricercatori provenienti da 5 Paesi nel mondo e 15 differenti Istituti di Ricerca: Ernest Arenas (Svezia), Roger Barker (Gran Bretagna), Abdellatif Benraiss (U.S.A.), Dario Besusso (Italia), Ida Biunno (Italia), Anders Björklund (Svezia), Andreas Bosio (Germania), Vania Broccoli (Italia), Oliver Brüstle (Germania), Annalisa Buffo (Italia), Elena Cattaneo (Italia), Paola Conforti (Italia), Charles ffrench-Constant (Gran Bretagna), Pasquale De Blasio (Italia), Jonas Doerr (Germania), Steve Dunnett (Gran Bretagna), Andrea Faedo (Italia), Claire Henchcliffe (U.S.A.), Catherine Jomary (Gran Bretagna), Mariah Lelos (Gran Bretagna), Meng Li (Gran Bretagna), Malin Parmar (Svezia), Daniella Rylander (Svezia), Alessandro Vercelli (Italia). 2
Indice Testo introduttivo di Charles Sabine 5 Programma 6 Introduzione ai lavori 9 Cosa sono le malattie neurodegenerative? 11 I consorzi europei, fare insieme, fare prima, per la collettività 15 I trapianti con le cellule staminali embrionali umane per le malattie di Parkinson e Huntington e l’approccio del consorzio di ricerca europeo Neurostemcellrepair 17 I trapianti con le cellule fetali dopaminergiche e l’approccio del consorzio di ricerca europeo Transeuro 19 Gforce – un’alleanza planetaria per il Parkinson 21 Cellule staminali in biologia e nella medicina rigenerativa 23 Cronologia essenziale della ricerca sulle cellule staminali e della regolamentazione dei trattamenti con farmaci 32 Elenco dei relatori e cenni biografici 40 Selezione di articoli e interviste apparsi sulla stampa 53 Glossario 66 3
Nancy Wexler, neuropsicologa e ricercatrice – pioniere nello studio dell'Huntington, con un ragazzo affetto dalla malattia, Venezuela – anni 80’ 4
Testo introduttivo di Charles Sabine Per generazioni le famiglie come la mia hanno sofferto la totale mancanza di trattamenti in grado di prevenire o rallentare i devastanti effetti che la Còrea di Huntington porta con sé. Oggi, uno sforzo collaborativo senza precedenti, che travalica i confini delle discipline scientifiche ha acceso la prima reale speranza di una terapia per il futuro. La Còrea di Huntington mette a dura prova lo spirito, perché sprofonda la speranza in un vortice. Eppure, questo stesso spirito non ne è mai uscito sconfitto perché il meglio dell’umanità lo circonda. L’infinita pazienza degli affetti, la straordinaria devozione dei ricercatori e dei medici, tutto questo è frutto del desiderio istintivo e della necessità degli uomini di dedicarsi e cercare di migliorare le condizioni di salute di pazienti e cari. Questo è il campo di battaglia su cui le più grandi qualità dello spirito umano brillano maggiormente, e così facendo, ci regalano ogni ragione di esistere. Il diritto alla salute dei malati e la tensione spesa nel tentativo di assicurare loro una vita migliore non è meno sacra del diritto di generare. Nessuno e nessuna organizzazione può ergersi ad autorità morale se si frappone al raggiungimento di obiettivi di chi potrebbe offrire una migliore qualità di vita. Più di una dozzina di guerre, cinque rivoluzioni, quattro terremoti e più attacchi suicidi di quanti ne possa contare mi hanno condotto a una cruda verità sull’umanità: gli esseri umani perdono la propria bussola morale – il proprio equilibrio sociale – quando vengono privati di due cose: la dignità e la speranza. La privazione della dignità con la quale la Corea di Huntington ha colpito mio padre, non era né più né meno vivida di quella di ciascun altro malato. Mio padre, il fiero soldato di una volta ora vede amici e familiari trasalire ogni volta che il suo corpo e la sua mente si torcono fino a divenire irriconoscibili. Mia madre, i cui polsi si sono entrambi rotti nel sollevarlo ogni giorno, prima che trovasse nella morte il beato sollievo dal tubo che lo alimentava. E dunque che ne è della speranza? Le nostre famiglie Huntington ne hanno? La risposta è nelle mani dei ricercatori, i custodi della scienza, e in quelle dei Parlamenti, dei Governi e delle Confessioni che disporranno dei modi in cui le nostre società si prenderanno cura degli infermi nel XXI secolo. Nessuno dovrebbe sottovalutare ciò che la ricerca significa per le famiglie nel mondo che soffrono di malattie incurabili, famiglie che scrutano ogni angolo di giornali, TV e siti internet alla ricerca del più piccolo frammento di notizia dai laboratori. In un mondo di completa oscurità, il più indistinto barlume di luce rincuora e ci permette di andare avanti. Abbiamo un debito di gratitudine nei confronti di coloro che hanno il coraggio di non piegarsi di fronte ai dogmi e che dovrebbero essere oltremodo fieri di spingere le frontiere della medicina sempre in avanti grazie anche alla ricerca con le cellule staminali. Per conto di quella generazione di malati di Huntington che ancora deve nascere, e per conto di coloro che se ne prenderanno cura, vorrei dire a questi pionieri: grazie. Charles Sabine per 25 anni corrispondente di guerra per la NBC News, Rappresentante della Comunità dei malati Huntington, UK 5
Programma Sala Zuccari, Palazzo Giustiniani - Senato della Repubblica Roma, 10 novembre 2015 Terapie con Cellule Staminali per le Malattie Neurodegenerative Programma dei lavori della mattinata Apertura 9.00 – 9.30 Saluti delle Autorità presenti Elena Cattaneo e Anders Björklund Prospettiva storica dei trapianti cellulari per le malattie neurodegenerative Università degli Studi di Milano, Senato della Repubblica, IT Lunds Universitet, SE I – Ricerca per i pazienti 9.30 – 9.55 Charles Sabine Perché i pazienti necessitano di OGNI progresso scientifico Corrispondente di guerra NBC News Rappresentante della Comunità dei malati Huntington, UK 9.55 - 10.20 Roger Barker Terapie con le cellule staminali per il Parkinson nel 2015 University of Cambridge, UK 10.20 – 10.45 Tom Isaacs Le percezioni dei pazienti: fatti, finzioni e l’importanza della comunicazione The Cure Parkinson’s Trust, UK 10.45 – 11.10 Coffee Break II – Nuove tecnologie e nuove regole. Dove si situa l’Europa nel XXI secolo? 11.10 – 11.35 Oliver Brüstle Cellule staminali da pazienti per studiare i meccanismi della malattia Universitätsklinikum Bonn, DE 6
11.35 – 12.00 Ruxandra Draghia-Akli Ricerca e innovazione per la salute – Una priorità dell’Unione Europea Directorate Health, DG Research and Innovation, European Commission, BE 12.00 – 12.25 Guido Panté Dai test clinici all’autorizzazione alla vendita attraverso le necessità dei pazienti: l’approccio italiano ai prodotti medicinali per le terapie avanzate Agenzia Italiana del Farmaco, IT 12.25 – 14.00 Pausa lavori Programma dei lavori pomeridiano III – Malattie Neurodegenerative: le nuove frontiere delle cellule staminali e della medicina rigenerativa 14.00 – 14.25 Vania Broccoli Riprogrammazione cellulare diretta: dalla ricerca di base alle nuove terapie CNR-Institute of Neuroscience/Istituto Scientifico San Raffaele, IT 14.25 – 14.50 Malin Parmar Generare nuovi neuroni per riparare le lesioni cerebrali Lunds Universitet, SE 14.50 – 15.15 Gianvito Martino Plasticità terapeutica delle cellule staminali neurali nelle malattie neurologiche Istituto Scientifico San Raffaele, IT 15.15 – 15.40 Giuseppe Testa Uno sguardo molecolare alle terapie personalizzate: ripensare l’innovazione in medicina con le cellule staminali Università degli Studi di Milano, Istituto Europeo di Oncologia, IT 15.40 – 16.00 Considerazioni conclusive e chiusura lavori L’evento si svolge in lingua inglese con servizio di traduzione simultanea. 7
Diagramma che illustra le reti di ricerca scientifica e le collaborazioni sulle staminali tra i principali istituti di ricerca nel mondo 8
Introduzione ai lavori Negli ultimi anni, la ricerca sulle malattie neurodegenerative ha reso possibile scoperte in grado di sviluppare approcci di medicina rigenerativa con le cellule staminali embrionali umane per il potenziale trattamento terapeutico di malattie quali il Parkinson. È stato infatti dimostrato che esse possono generare neuroni autentici, la cui qualità e quantità non è paragonabile e ottenibile da nessuna altra staminale. Questo genere di scoperta non sarebbe stata possibile, o si sarebbe prodotta molto più lentamente, in assenza di un coordinamento della ricerca a livello internazionale e intercontinentale. Riveste una grande importanza in tal senso, l’operato congiunto delle istituzioni a livello Europeo, poiché in gioco vi è la lotta contro la sofferenza dei malati. Risulta cruciale non abbandonare gli studi sulle cellule staminali e sulle loro potenzialità ora che sono state sviluppate e consolidate le strategie per istruirle in modo millimetrico affinché divengano il tipo di cellula specializzata del corpo di cui si ha necessità. Tra i diversi tipi di cellule staminali che potranno essere utili nelle diverse applicazioni di medicina rigenerativa, le cellule staminali embrionali si distinguono perché sono le uniche in grado di generare i neuroni che muoiono, per esempio, nel Parkinson o nell’Huntington. Lo fanno seguendo un percorso di sviluppo in vitro che deve mimare, il più fisiologicamente possibile, il normale sviluppo neuronale umano. Far sì che ciò avvenga è oggetto del lavoro dello studio degli scienziati. Poiché nessuna strada razionale viene lasciata intentata, alcuni studi sfruttano l’espressione forzata di alcuni marcatori neuronali per convertire cellule del cordone in neuroni, riuscendoci anche se la qualità, solidità e funzionalità delle cellule ottenute resta sotto la lente dell’indagine scientifica. Altri studiosi analizzano le potenzialità delle staminali di rilasciare molecole anti- infiammatorie. Ogni laboratorio, ciascuno con le proprie competenze, contribuisce ad aggiungere un pezzo di conoscenza nel complesso studio finalizzato alla comprensione e riparazione di un tessuto danneggiato. È grazie a questo sforzo planetario congiunto che si risparmiano risorse, tempo, si alimenta la speranza. I parlamenti nazionali e quello europeo e le istituzioni che finanziano la ricerca hanno il potere di decidere del destino di finanziamenti ingenti e degli sforzi per la conoscenza realizzati dalla comunità scientifica internazionale per il futuro delle società. Questo potere reca con sé la responsabilità di decidere delle speranze di chi oggi soffre, speranze alle quali si vuole rispondere continuando a impiegare i pensieri, i talenti, la creatività e la volontà di condividere per aumentare le possibilità di successo. 9
Immagine tridimensionale del cervello umano 10
Cosa sono le malattie neurodegenerative? Le malattie neurodegenerative costituiscono un insieme di patologie a carico del sistema nervoso centrale caratterizzate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare dei neuroni, le cellule specializzate del sistema nervoso. Il deterioramento neuronale è causa di un inevitabile danno delle funzioni cerebrali che si manifesta, a seconda del tipo di malattia, con deficit cognitivi, demenza, alterazioni motorie e disturbi comportamentali, più o meno gravi. Anche se la sintomatologia e alcune fasi della progressione patologica sono spesso sovrapponibili, si distinguono tuttavia patologie ben definite, tra cui si annoverano il morbo di Parkinson, la malattia di Alzheimer, la malattia di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica. Il morbo di Parkinson, dal nome del medico inglese che per primo la descrisse nel 1817, si deve alla degenerazione dei neuroni della substantia nigra, una particolare regione del cervello importante per la produzione di dopamina. L’assenza di questo neurotrasmettitore ha profonde ripercussioni su comportamento, cognizione e movimento involontario. I soggetti affetti da morbo di Parkinson manifestano tremore, rigidità, lentezza dei movimenti e instabilità di posizione. La malattia è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Si riscontra in entrambi i sessi, con una lieve prevalenza, forse, in quello maschile, con un’età media di esordio intorno ai 58-60 anni. La patologia può presentare occasionalmente un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni. La malattia di Alzheimer pregiudica progressivamente la funzionalità delle cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale e provocandone alla fine la morte. La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla proteina beta- amiloide che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli “neurofibrillari”. In Italia ne soffrono circa 492 000 persone e 26,6 milioni nel mondo secondo uno studio americano. Anche se il decorso clinico della malattia di Alzheimer è in parte specifico per ogni individuo, la patologia causa diversi sintomi comuni alla maggior parte dei pazienti, tra cui l'incapacità di acquisire nuovi ricordi, la difficoltà nel ricordare eventi osservati recentemente, confusione, irritabilità e aggressività, sbalzi di umore, difficoltà nel linguaggio. La còrea di Huntington è una malattia genetica neurodegenerativa ad insorgenza tardiva che colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo. La mutazione della proteina Huntingtina, coinvolta nel processo di sviluppo del sistema nervoso, porta alla distruzione delle cellule di 11
una particolare regione del cervello, definita striato, nota per il suo ruolo nella pianificazione e nella modulazione dei movimenti e coinvolta in una varietà di processi cognitivi che coinvolgono la funzione esecutiva. I primi sintomi esordiscono tipicamente tra i 35 e i 44 anni, con sottili problemi di umore o di cognizione, a cui segue una generale mancanza di coordinazione e un’andatura instabile. Con l’avanzare della malattia, i movimenti non coordinati del corpo diventano sempre più evidenti e si accompagnano ad un netto calo delle capacità mentali con problemi comportamentali e psichiatrici, che determinano un’aspettativa di vita generalmente non superiore ai 20 anni dall’insorgenza dei primi sintomi. La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) colpisce i motoneuroni, cioè le fibre nervose che collegano il sistema nervoso ai tessuti muscolari, provocando una paralisi progressiva dei muscoli, volontari e involontari. Le origini della SLA sono ancora in fase di studio, trattandosi di una patologia la cui insorgenza dipende da una serie di concause, tra cui una probabile predisposizione genetica, la carenza di alcuni fattori di crescita neuronali e la possibile esposizione ad agenti tossici. La SLA colpisce circa una persona su 20mila, con una incidenza di circa 1000 nuovi casi all’anno in Italia. La sclerosi multipla (SM) è una malattia neurodegenerativa con lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Alla base della SM dunque vi è un processo di demielinizzazione che determina danni o perdita della mielina e la formazione di lesioni (placche) che possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica, in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici, da cui deriva il termine «sclerosi». La SM può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e nelle donne, che risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini. Per frequenza è la seconda malattia neurologica nel giovane adulto e la prima di tipo infiammatorio cronico. La causa o meglio le cause sono ancora in parte sconosciute, tuttavia la ricerca ha fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce, permettendo così di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce che consentono alle persone con SM di mantenere una buona qualità di vita per molti anni. La SM è complessa e imprevedibile, ma non riduce l’aspettativa di vita, infatti la vita media delle persone ammalate è paragonabile a quella della popolazione generale. Al momento, non esiste una cura per le malattie neurodegenerative ma sono disponibili trattamenti farmacologici in grado di contrastarne alcuni sintomi. Lo sforzo della comunità scientifica è quello di comprendere i meccanismi molecolari alla base di queste patologie, al fine di intervenire con nuovi approcci terapeutici anche genetici. Lo studio delle cellule staminali e 12
l’avvento di nuove metodiche in grado di indurne il differenziamento neuronale, sta avendo in questi anni un notevole impatto in questo senso, offrendo la prospettiva di trapianti di cellule sane e perfettamente funzionali, in grado di sostituire quelle malate. Tuttavia, è bene ricordare che, come per ogni esplorazione di ciò che non si conosce, nessuno può fornire garanzie di successo prima della disponibilità delle prove. E’ quindi doveroso perseguire ogni ambito della ricerca alla sola condizione che si tratti di studi razionali, verificabili e metodologicamente appropriati. 13
14
I consorzi europei Fare insieme, fare prima, per la collettività La biologia non è come la meccanica. Per capire il comportamento delle cellule sane e di quelle malate, dobbiamo studiare come rispondono ai differenti stimoli e nei diversi ambienti, a partire dai primi istanti della vita. È importante comprenderne i meccanismi di sviluppo che le accompagneranno per tutto il ciclo vitale. Le cellule staminali rappresentano il portone d’ingresso alla comprensione di come ci formiamo e di come i nostri tessuti ad un certo punto degenerano ed è per questo motivo che sono al centro del panorama degli investimenti in ricerca di tutti i Paesi industrializzati. Rappresentano altresì una grande opportunità di ricerca per il potenziale trattamento di malattie oggi incurabili. Ne consegue che da molti anni ormai, la Commissione Europea supporta la ricerca e l’innovazione promuovendo le collaborazioni internazionali che nascono nei consorzi di ricerca. Imprese dalla vita breve e il cui impatto si riverbera invece molto a lungo: i consorzi di ricerca europei riuniscono scienziati di tutto il mondo, leader comprovati in settori che l’Unione ritiene strategici, sia nel settore delle ricerche pubbliche, sia in quello industriale e della piccola e media impresa private. Per un numero limitato di anni, i ricercatori all’interno di un consorzio lavorano insieme, come se facessero capo ad un solo Istituto. L’obiettivo è dunque quello di aumentare la condivisione, lo scambio, ridurre gli sprechi e l’isolamento e ottimizzare gli sforzi per migliorare la competitività europea rispetto a quella di altri continenti. Nel 2013, L’Unione Europea ha avviato il nuovo programma quadro per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione Horizon2020 allo scopo di promuovere l’eccellenza e stimolare la crescita. Si tratta del più grande programma quadro di investimento in ricerca mai realizzato che prevede uno stanziamento di circa 80 miliardi di euro per la durata del programma – 7 anni. Di primaria importanza nella vita dei consorzi europei è l’obbligo morale e contrattuale della comunità scientifica di informare il pubblico sugli sviluppi e gli avanzamenti delle ricerca promossa e sostenuta con investimenti pubblici. 15
Proiezioni da neuroni umani ottenuti da staminali embrionali dopo trapianto nel cervello di un modello murino di Parkinson (gentile concessione di Malin Parmar, Svezia) 16
I trapianti con le cellule staminali embrionali umane per le malattie di Parkinson e di Huntington e l’approccio del consorzio di ricerca europeo Neurostemcellrepair Neurostemcellrepair è un consorzio di ricerca composto da 12 laboratori da 4 Paesi europei che lavorano insieme per 4 anni grazie a un finanziamento della Commissione Europea di 6 milioni di euro nell’ambito del 7° programma quadro, coordinato dalla Prof. Sen. Elena Cattaneo. Le attività prevedono ricerche congiunte, scambi di risultati e prodotti, attività di disseminazione e divulgazione. Il consorzio Neurostemcellrepair ha l’obiettivo di migliorare le conoscenze e le tecniche di impiego delle cellule staminali sino alla fase pre-clinica, passaggio obbligato prima che le stesse possano essere utilizzate per curare i pazienti affetti da malattia di Parkinson (PD), così come per realizzare progressi importanti nel loro utilizzo per la terapia della Còrea di Huntington (HD). Gli studi per l’applicazione di cellule staminali per il trattamento di queste due malattie sono a due stadi diversi di conoscenza, ma hanno un obiettivo comune: dare un giorno un beneficio ai pazienti e alimentare una solida e unitaria base di conoscenza capace di fornire istruzioni per il trattamento di altre patologie neurodegenerative. La malattia di Parkinson è presa come prototipo, in quanto esistono prove sull’animale che dimostrano l’efficacia del trapianto di neuroni fetali umani da tessuto abortito in pazienti parkinsoniani. L’esperienza proveniente dagli studi clinici condotti dal trapianto di cellule di mesencefalo dopaminergico di origine fetale (DA), ha dimostrato che c’è un effettivo beneficio proveniente dal tessuto trapiantato. In particolare, i neuroni DA trapiantati riescono ad inserirsi correttamente nello striato danneggiato, ripristinano il rilascio di dopamina e, in alcuni pazienti, inducono miglioramenti clinici a lungo termine (Politis, Sci Transl Med, 2010; Barker, Lancet Neurology, 2013). Studi più recenti hanno individuato un protocollo da applicare alle cellule staminali per ottenere neuroni di qualità e renderle potenzialmente applicabili al trattamento dei pazienti. Allo stesso tempo, il consorzio sviluppa strategie esistenti per favorire l’integrazione delle cellule da trapiantare nel tessuto ospitante e ne individua di nuove. Le scoperte recenti dei membri del consorzio, hanno portato all’identificazione di elementi critici per l’ottenimento di specifiche tipologie di neuroni e per il loro potenziale uso a livello terapeutico. Queste scoperte hanno permesso di mettere a punto protocolli di differenziamento che, in questo momento, rappresentano il “gold standard” per la terapia cellulare con i neuroni ventrali 17
mesencefalici DA (Kriks, Nature, 2011; Kirkeby, Cell Reports, 2012). Ispirato a questo lavoro, è stato sviluppato dai membri del consorzio, un protocollo per generare neuroni GABAergici medi spinosi (MSN) (Delli Carri, Development, 2013) e identificata una fonte espandibile di progenitori neurali in grado di maturare in neuroni funzionali (Koch, PNAS, 2009). Con l’avvento delle cellule pluripotenti inducibili e la riprogrammazione diretta di cellule somatiche, sono diventate disponibili ulteriori risorse di cellule trapiantabili. Il consorzio ha aperto la strada della riprogrammazione di fibroblasti in neuroni DA (Pfisterer, PNAS, 2011), e dell’identificazione di molecole che aumentano l’efficienza della conversione neurale (Ladewig, Nat Methods, 2012). Neurostemcellrepair riunisce i gruppi leader mondiali negli studi di medicina rigenerativa per le malattie neurodegenerative basati sull’impiego di cellule staminali. Pertanto, obiettivo ultimo è quello di ottimizzare e standardizzare i protocolli attuali per generare cellule e incorporare strumenti, metodi e tecnologie per garantire che i trapianti di neuroni derivati da cellule staminali umane siano sicuri, efficaci e funzionali al fine di promuovere la riparazione cerebrale e il recupero funzionale nel Parkinson e nella malattia di Huntington. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito del consorzio di ricerca. www.neurostemcellrepair.org 18
I trapianti con le cellule fetali dopaminergiche e l’approccio del consorzio di ricerca europeo Transeuro Transeuro è un consorzio di ricerca composto da 16 laboratori da 5 Paesi europei che hanno lavorato insieme per 5 anni grazie a un finanziamento della Commissione Europea nell’ambito del 7° Programma Quadro. Costituitosi nel 2010 sotto il coordinamento del Prof. Roger Barker dell’Università di Cambridge e formato dai maggiori esperti internazionali del settore, il consorzio è focalizzato sullo sviluppo di approcci innovativi per il trattamento del morbo di Parkinson. I sintomi motori della malattia sono provocati dalla morte delle cellule che generano la dopamina, nella zona del cervello chiamata substantia nigra. Al momento, non esistono cure per il Parkinson, anche se alcuni trattamenti farmacologici, possono alleviarne i sintomi. Uno degli approcci più promettenti si basa sul trapianto di cellule fetali dopaminergiche, cioè produttrici di dopamina. I primi studi in tal senso non hanno fornito tuttavia risultati univoci, mostrando spesso variabilità nell’esito del trapianto ed effetti collaterali. L’obiettivo principale del consorzio Transeuro è quindi quello di sviluppare metodiche e trattamenti sicuri che consentano il trapianto di cellule staminali fetali nei soggetti affetti dal morbo di Parkinson. I risultati fin qui ottenuti includono un metodo per la dissezione e la preparazione del tessuto fetale, ottenuto da donazioni spontanee in seguito ad aborti, che assicura la massima sopravvivenza delle cellule dopaminergiche durante il trapianto. Per favorire lo scambio di informazioni e l'ottimizzazione delle ricerche future, Transeuro ha costituito un database sulla dissezione dei tessuti fetali, in cui i parametri riferiti ai diversi gruppi possono essere confrontati, favorendo così il processo di convalida dei protocolli. I ricercatori hanno inoltre ottimizzato i supporti di ibernazione dei tessuti derivati dalle cellule ventrali mesencefaliche prima dell'uso clinico, con l’utilizzo di specifici fattori neuroprotettivi. Transeuro ha già avviato la selezione per il programma clinico che prevede soggetti con meno di 65 anni e senza altre malattie mediche o deficit cognitivi significativi. Dopo 12 mesi di monitoraggio in uno studio di osservazione, i partecipanti potranno accedere a un innesto neurale. Gli scienziati sono riusciti a raggiungere gli obiettivi della prima parte del programma, che mira al continuo perfezionamento della terapia 19
basata sulle cellule staminali, nella speranza di migliorare le condizioni di vita tanto difficili dei pazienti affetti da malattia di Parkinson e delle loro famiglie. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito del consorzio di ricerca. http://www.transeuro.org.uk 20
G-Force – un’alleanza planetaria per il Parkinson Ricercatori che partecipano al G-Force (New York 2015) La ‘Parkinson’s Disease Global Force’ o ‘G-Force’ nasce come iniziativa globale che riunisce i gruppi di ricerca leader nel mondo nella messa a punto di una terapia basata sul trapianto neuroni derivati da cellule staminali per la cura del Parkinson. Ideato e promosso dal consorzio Neurostemcellrepair nel 2014, ne fanno parte gruppi di ricerca in Europa, America e Giappone (Neurostemcellrepair, Transeuro, Nystem, Cira e Cirm). Il G-Force si è già riunito in 2 occasioni, a Londra nel 2014 e a New York nel 2015, per discutere aspetti di ricerca comuni e per armonizzare a livello planetario le possibili strategie, delineando una roadmap verso la clinica. Il meeting di New York ha messo in luce quanto sia importante - per affrontare in maniera efficace una sfida ambiziosa quale la terapia cellulare per il Parkinson - riunire le energie, condividere competenze e conoscenza e organizzare gli sforzi su una sfida comune. Un tale approccio da una parte consente di rallentare e prevenire trials clinici prematuri, dall’altra persegue che le ricerche con solida base razionale procedano in maniera più efficiente e rapida. Un tale sforzo collaborativo consente di conseguire gli obiettivi di ricerca con maggiore consenso della comunità scientifica, per il beneficio di tutti. 21
Coltura di cellule staminali embrionali umane 22
Cellule staminali in biologia e nella medicina rigenerativa “La medicina rigenerativa oggi” Appendice al Documento a cura dei relatori Cattaneo e Lettieri approvato dalla 12a Commissione Permanente Senato della Repubblica (Igiene e sanità) a conclusione dell’indagine conoscitiva su origine e sviluppo del cosiddetto caso Stamina (18 Febbraio 2015). Il termine «medicina rigenerativa» identifica quella branca della medicina il cui obiettivo e` portare al recupero permanente dei tessuti e degli organi danneggiati sfruttando le potenzialità rigenerative delle cellule staminali. Gli avanzamenti della medicina rigenerativa sono quindi strettamente correlati ai progressi delle conoscenze sulla biologia di base delle cellule staminali in quanto le cellule staminali ed i loro derivati specializzati, naturali o ingegnerizzati, forniscono le componenti funzionali di un regime terapeutico rigenerativo. Due sono le strategie di intervento della medicina rigenerativa sulle quali la comunità scientifica sta lavorando. Il primo, meno perseguito, prevede l’approccio in vivo e si basa sulla stimolazione farmacologica delle cellule staminali residenti nei tessuti endogeni di interesse, al fine di stimolarne il potenziale riparativo. Il secondo approccio, ex vivo, mira al trapianto di cellule staminali, o progenitrici, espanse e/o modificate geneticamente in vitro, in laboratorio, che vadano a colonizzare il distretto di interesse e ne sostengano l’aspetto rigenerativo-riparativo. Questo secondo approccio si basa quindi sull’innesto di nuove cellule nel tessuto malato e mira soprattutto a rimpiazzare le cellule degenerate presenti con cellule specializzate ottenute in laboratorio partendo da staminali. Il termine «medicina rigenerativa» si intende quindi mirato a «rigenerare circuiti» immettendo nuove cellule al posto di quelle morte. L’impianto di cellule tuttavia potrebbe anche generare una risposta positiva nel tessuto circostante semplicemente come conseguenza dell’eventuale rilascio di molecole benefiche da parte delle cellule donatrici che sarebbero, quindi, in grado di preservare o migliorare lo stato del tessuto. Questo secondo meccanismo, i fattori rilasciati (benefici o meno), e la sua stabilità nel tempo sono ancora poco chiari. In questa sezione ci focalizzeremo principalmente sugli aspetti di terapia cellulare in medicina rigenerativa, tralasciando le strategie in vivo in quanto ancora difficili da immaginare a scopo terapeutico per la maggior parte delle malattie. In questa sezione sono riassunte alcune sperimentazioni innovative e un caso di successo, la cura delle lesioni alla cornea, cui si è giunti dopo anni di 23
lavoro su un ceppo particolare di staminali. Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento delle lesioni degli epiteli di rivestimento. Uno degli ambiti con sicure applicazioni cliniche oggi è quello della riparazione degli epiteli squamosi. Questi includono l’epidermide e la cornea. In questi casi, già da diversi anni è possibile effettuare dei trapianti di pelle autologa. Il nuovo tessuto cutaneo viene generato in vitro su matrici di collagene e matrigel, a partire da progenitori e staminali cutanee derivanti da piccole biopsie della cute del paziente. Pioniere di questo filone di ricerca è stato Howard Green. Fu proprio Green, a Boston nel 1983, a eseguire il primo trapianto di pelle coltivata su tre bambini ustionati gravi1. Da allora centinaia di pazienti hanno beneficiato di questo trattamento salvavita che viene applicato ai pazienti con ustioni di terzo grado. Tuttavia, ancora oggi predire l’efficacia di un trapianto è impossibile e le linee guida per il trapianto non si sono evolute in modo significativo negli ultimi 25 anni. Ciononostante nel 1987 uno studio di Yann Barrandon ha proposto una metodologia efficiente per la crescita di cellule staminali della pelle in vitro e la produzione di cheratinociti a partire da esse, anche se i costi elevati e la necessità di diversi mesi per ricostruire lembi di pelle estesi, di fatto ne limitano la piena diffusione in clinica. In aggiunta, sebbene questo oggi rappresenti uno straordinario trattamento salvavita, i malati trapiantati chiedono una vita migliore. La pelle così rigenerata, infatti, non e` ottimale in quanto priva di ghiandole sudoripare e di bulbi piliferi. La pelle inoltre è secca, provocando anomalie nella termoregolazione e nella fisiologia di questo importante tessuto. Ecco quindi che è necessario capire la normale fisiologia di sviluppo e rigenerazione della pelle e capire la biologia delle staminali della pelle. Oggi sappiamo che le staminali cheratinocitiche sono localizzate in diverse zone dell’epidermide. Queste cellule si propagano generando olocloni che possono sostenere anche 200 divisioni e che quando trapiantati riescono a rigenerare pelle o cornea. Altre staminali sono presenti nel bulbo pilifero e nelle ghiandole sudoripare. Quelle del bulbo pilifero sembra partecipino attivamente anche alla riparazione dell’epidermide in seguito a danno. Un altro epitelio che è possibile rigenerare completamente è l’epitelio corneale. In caso di lesioni alla cornea, l’epitelio congiuntivale, che costituisce la parte visibile bianca dell’occhio, prende il sopravvento portando alla formazione di quello che in termini clinici si chiama «pannus» e che copre tutto il bulbo, causando cecità. In molti casi, è possibile ricostruire la cornea partendo da staminali presenti a livello del limbus dell’occhio, una striscia di cellule, di cui circa il 10% con caratteristiche staminali, che circonda la cornea. Sebbene il prelievo non possa essere mirato al prelievo delle sole staminali limbari, il sistema di espansione in vitro studiato dai ricercatori seleziona le staminali corrette le quali, una volta messe in coltura, sono in grado di ricostruire in circa 3-4 settimane un lembo di epitelio corneale che viene impiantato al posto di 24
quello compromesso. Tra i pionieri di questa tecnologia vi sono Graziella Pellegrini e Michele De Luca ora all’Università di Modena e Reggio Emilia che nel 1997 pubblicarono il primo studio sulla coltivazione e la caratterizzazione della cornea a partire da staminali. Più di recente, questi ricercatori, insieme a Paolo Rama, del San Raffaele di Milano hanno perfezionato la tecnica arrivando a confermare il recupero totale della vista anche 6 anni dopo il trapianto2. Staminali e terapia genica. Due ulteriori esempi di terapie attraverso le staminali e la terapia genica per due gravi malattie genetiche, la sindrome di Wiskott-Aldrich raro disordine genetico che causa immunodeficienza e trombocitemia, e la leucodistrofia metacromatica, una severa malattia neurodegenerativa dell’infanzia causata da mutazioni nel gene ARSA, provengono dal San Raffaele di Milano e dal lavoro condotto dal gruppo di Luigi Naldini insieme ad Alessandro Aiuti e Alessandra Biffi. I ricercatori hanno utilizzato cellule staminali ematopoietiche dai pazienti e usato un vettore lentivirale per introdurre la versione sana del gene responsabile della malattia. Poi hanno infuso le staminali di nuovo nei pazienti dopo una preparazione con chemioterapia. L’osservazione dei primi pazienti trattati a oltre 3 anni dall’inizio della sperimentazione e` favorevole. Nel caso della leucodistrofia metacromatica le staminali geneticamente modificate e la loro progenie hanno trasportato l’enzima ARSA nel sistema nervoso e arrestato così precocemente la progressione della malattia nei bambini trattati. Nella sindrome di Wiskott- Aldrich le manifestazioni della malattia si sono attenuate o scomparse dopo la terapia genica. Anche queste strategie terapeutiche derivano da anni di studio di queste malattie e degli strumenti idonei per affrontarle, con risultati pubblicati sulle maggiori riviste internazionali3. Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento delle disfunzioni cardiache. Il cuore è uno degli organi che si pensava dispensato da processi rigenerativi. In realtà, alcuni studi hanno suggerito che nel miocardio umano potrebbero risiedere dei progenitori, evidenziabili grazie all’espressione di marcatori quali ad esempio c-kit o sca-1, i quali potrebbero rigenerare, in condizioni normali, l’intero gruppo di miocardiociti di un cuore adulto in circa 4-5 anni. Tuttavia questi risultati sono molto dibattuti, sia per quel che riguarda l’effettiva capacità rigenerativa sia per la presenza concreta di progenitori nel cuore adulto4. Nonostante ciò, l’utilizzo delle cellule staminali per riparare il tessuto cardiaco rappresenta uno degli ambiti applicativi che ha attratto i maggiori interessi, anche se non e` ancora chiaro come ottenere cellule del miocardio che siano il più possibile simili a quelle della sede cardiaca lesionata. Le cellule cardiomiocitiche differiscono infatti tra loro a seconda della zona del 25
cuore da esse popolata e della specifica funzione. Per esempio, le cellule cardiache che conducono lo stimolo elettrico e sono responsabili del battito cardiaco sono diverse da quelle che si contraggono. Ad oggi, l’unico tipo di cellule da cui si possono ottenere i cardiomiociti sono le cellule staminali embrionali (e le loro omologhe surrogate, le iPS). Altre tipologie, quali le staminali adulte, non sono in grado di formare cardiomiociti ma, se trapiantate, si pensa possano aiutare la ripresa della funzionalità cardiaca con un’azione comunque molto limitata nel tempo e attraverso meccanismi ancora ignoti. Tuttavia il campo non ha ancora fornito prove convincenti. Fu uno studio del 1992, firmato dal gruppo di Piero Anversa a stimolare l’interesse verso il trapianto di staminali come terapia per l’infarto al cuore. Quello studio proponeva infatti che le cellule del midollo osseo fossero in grado di trasformarsi in cellule cardiache. Subito iniziarono le prime sperimentazioni sull’uomo. Tuttavia, studi successivi smentirono il dato originale. Oggi, e in assenza di solide evidenze precliniche, alcuni ospedali offrono trapianti di staminali (di diverso tipo) post-infarto. Guardando ai più recenti risultati di sperimentazioni controllate sembra che l’effetto, se presente, sia modesto, specialmente a lungo termine. Si presume inoltre che le staminali trapiantate possano limitare il danno ischemico successivo all’infarto miocardico o stimolare l’angiogenesi e quindi aumentare l’afflusso di sangue al muscolo cardiaco5. Tutto ciò non sminuisce il concetto e l’importanza di investire su strategie che stimolino la rigenerazione intrinseca o estrinseca del cuore, basando ogni approccio su solide basi biologiche. In questo panorama, le cellule embrionali (ES) umane (o le iPS) offrirebbero una marcata capacità di trasformarsi nel tipo cellulare corretto. Tuttavia, una volta differenziate in vivo, potrebbero contrarsi spontaneamente, producendo aritmie. A queste problematiche si aggiunge la necessità di eliminare ogni rischio che una quota di cellule donatrici rimaste indifferenziate produca teratomi. Infine, non essendo autologhe, esse rendono necessaria una terapia immunosoppressiva. Le cellule iPS potrebbero risolvere quest’ultimo aspetto, come del resto succede al caso di molti trapianti d’organo. Tuttavia è bene ricordare che l’impiego delle iPS prevede modalità di terapia cellulare personalizzata, la quale, anche laddove si riveli efficace, resterebbe probabilmente per lungo tempo inaccessibile ai più. Il successo delle ES (o delle iPS) a livello preclinico sembra comunque passare da protocolli che permettano l’isolamento prospettico delle tipologie di progenitori cardiaci desiderati e in grado di crescere e differenziare in modo omogeno. Il primo trapianto di cardiomiociti ottenuti da ES fu effettuato nel cuore del maiale. In questo studio si dimostrò che le cellule donatrici potevano funzionare da pacemakers biologici e quindi da veri cardiomiociti in grado di «battere» dopo trapianto. Tuttavia evidenziò anche il potenziale rischio di aritmie locali. I successivi studi, estesi al tentativo di riparare l’intero miocardio infartuato, dimostrarono la capacità di sopravvivenza delle cellule 26
donatrici ma anche la formazione di sincizi tra le cellule umane donatrici che non si connettevano con quelle dell’ospite roditore. In conclusione, diverse tipologie cellulari sono in studio per la terapia del cuore infartuato6. Uno dei primi obiettivi sarà garantire la sopravvivenza delle cellule donatrici al fine di ottenere un effetto rilevante e a lungo termine. L’efficacia potrebbe derivare dall’inserimento delle nuove cellule nel circuito cardiaco ma anche dalla formazione di nuovi vasi e da effetti paracrini. Sarà necessario studiare il meccanismo al fine di migliorarne l’eventuale beneficio. Potrebbe inoltre essere interessante concepire strategie combinate con le staminali disposte in matrici cellulari al fine di «preallineare» i cardiomiociti in modo da garantire una corretta contrazione dopo il trapianto. L’effetto della terapia cellulare potrebbe anche essere prolungato attraverso l’impiego di cocktails composti da fattori di sopravvivenza oppure effettuando il trapianto dopo la fase postinfiammatoria iniziale. Tutti questi studi e l’interpretazione dei risultati dipendono comunque dalla risposta ad una semplice domanda: i roditori sono modelli utili per le patologie del cuore? Il cuore del roditore batte 400-600 volte al minuto mentre quello dell’uomo presenta 60-100 battiti. È quindi probabile che cellule umane trapiantate degenerino o muoiano per tachicardia locale, anche qualora riescano a creare sincizi con le cellule endogene. In ambito preclinico, alcuni laboratori perseguono il trapianto in animali di grossa taglia e quindi con una fisiologia cardiaca più simile all’uomo. Approcci di medicina rigenerativa nel diabete. L’interesse sulle staminali si estende al diabete e l’idea di sostituire le cellule producenti insulina per trattare il diabete di tipo 2 è addirittura del 1894. Tuttavia il primo trapianto efficace di cellule delle isole pancreatiche nel ratto è del 1972. Ma furono Shapiro e collaboratori nel 2000 a pubblicare il primo dato di successo sull’uomo usando isole da tre donatori. I risultati, buoni inizialmente, tornavano pero` allo stato di insulina dipendenza dopo 5 anni, anche se si stima che l’80 per cento dei pazienti conservava una funziona residua del trapianto. Ancora piu` rimarchevoli sono gli esempi di pazienti in cui la sopravvivenza e funzione permaneva a lungo termine (> 10 anni), dimostrata con la capacita` di mantenere una normale glicemia. Nonostante le ragioni di questa efficacia sia ignota, questi esempi dimostrano che e` possibile ottenere indipendenza dall’insulina a lungo termine attraverso il trapianto allogenico di isole di Langherans. Tuttavia, il maggior problema di questa strategia risiede nella scarsa disponibilitaà del tessuto donatore essendo derivato da cadaveri. In ambito di staminali in grado di produrre cellule beta pancreatiche insulina producenti, esistono alcune possibilità ma nessuna completata ad oggi7. Alcuni studi iniziali dimostrarono la capacità di cellule staminali adulte di generare cellule beta. Tuttavia queste dimostrazioni non includevano prove di 27
funzionalità convincenti così come non discutevano l’espandibilità delle cellule, requisito necessario al fine di una applicazione clinica. Ma la speranza risiede nella possibilità di ricapitolare in vitro lo sviluppo normale delle cellule beta a partire dell’endoderma, utilizzando le cellule ES. Alcuni studi recenti mostrano che è possibile ottenere endoderma a partire dalle cellule ES. Queste vengono poi convertite in progenitori pancreatici e cellule simili alle beta pancreatiche che si dimostrano responsive ai livelli di glucosio dopo trapianto. Un risultato importantissimo è stato ottenuto di recente dal gruppo di Doug Melton, e pubblicato su «Cell» a ottobre del 2014, in cui si dimostra di avere ottenuto cellule Beta pancreatiche umane funzionali in vitro. Altre strategie, per ora sperimentali, dimostrano che e` possibile convertire cellule esocrine acinari in cellule endocrine beta pancreatiche attraverso l’espressione forzata di tre fattori di trascrizione. E con un solo fattore di trascrizione sembra possibile trasformare in vitro cellule alfa che producono glucagone in cellule beta insulina secernenti. Altre strategie sperimentali parlano in favore della conversione di fibroblasti in cellule beta insulina producenti8. Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento del muscolo scheletrico. Il muscolo scheletrico è il tessuto preponderante del corpo umano e contiene una popolazione di progenitori muscolari, le cosiddette «cellule satellite» che sono in grado di provvedere al riparo fisiologico di questo tessuto mediante l’aggiunta di nuove fibre muscolari. Per il trattamento delle patologie degenerative del muscolo sono state analizzate diverse cellule staminali con attività miogenica. Tra queste vanno annoverate le cellule satellite, ma anche le cellule CD133+ estratte dal muscolo scheletrico o dal midollo osseo, oltre ai progenitori endoteliali e ai «mesangioblasti». Tutte queste popolazioni mostrano capacità miogenica in vitro; tuttavia una vera e consistente capacità miogenica in vivo in seguito a trapianto è stata evidenziata solo per le cellule satellite ed i mesangioblasti, anche se le prime sono caratterizzate da una limitata sopravvivenza. I mesangioblasti, isolati dal topo nel 2003 dal gruppo di Giulio Cossu, sono cellule capaci di differenziare in diversi tipi cellulari del mesoderma, incluso il muscolo scheletrico. Il loro trapianto, per via endovenosa, in topi distrofici produce un recupero funzionale dei muscoli iniettati e un miglioramento clinico nel cane spontaneamente distrofico. Sulla base di queste evidenze pre-cliniche sull’animale è stata di recente avviata la prima sperimentazione clinica su un ristretto numero di pazienti distrofici9. Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento del sistema nervoso centrale (SNC). Le malattie del SNC sono un’eterogenea famiglia di malattie con caratteristiche ezio-patologiche e sintomatologiche ben distinte tra loro e prive di cura. Gli approcci saranno quindi diversi e le staminali più o meno indicate a seconda della malattia. Detto questo, è importante sottolineare come negli ultimi vent’anni, l’approccio trapiantologico in clinica, mediante 28
l’utilizzo di tessuto nervoso fetale umano, sia stato sperimentato per il Morbo di Parkinson e per la Corea di Huntington ottenendo risultati eterogenei in termini di sopravvivenza del materiale e di recupero funzionale per il paziente. Questo anche come conseguenza della limitata standardizzazione della procedura che, come nel caso del trapianto di isole nel diabete, poteva produrre risultati ottimi in alcuni limitati casi di pazienti ai quali fu addirittura sospesa la terapia farmacologica ma nessun risultato o peggioramenti in numerosi altri pazienti. Negli ultimi anni, grazie alla possibilità di isolare ed espandere in vitro cellule staminali neurali umane ottenute da cervello fetale o adulto o da cellule pluripotenti (ES ed iPS), le speranze di raggiungere risultati più soddisfacenti si sono moltiplicate. Probabilmente la malattia candidata al trapianto di staminali è il Parkinson. Questo per la selettività della lesione e per il numero relativamente limitato (solo un milione, nel cervello umano) e circoscritto di neuroni (dopaminergici) da sostituire. Diverse staminali sono state proposte, a partire dalle mesenchimali o dalle cordonali, ma le evidenze disponibili in ambito preclinico non parlano a favore di un loro impiego10. Gli unici risultati consolidati e via via migliorati nel tempo nel modello animale sono stati ottenuti con i progenitori dopaminergici ottenuti da cellule ES, dalle quali nel 2011 e nel 2012 è stato possibile ottenere neuroni dopaminergici autentici funzionalmente attivi. Sulla base di queste scoperte ulteriori risultati ottenuti nel 2014 da gruppi svedesi par-lano a sostegno di queste strategie per il Parkinson ed è probabile che una sperimentazione clinica venga avviata presto nell’uomo. I risultati pubblicati il 6 novembre 201411 dimostrano infatti che neuroni dopaminergici autentici ottenuti da staminali embrionali sono in grado, dopo trapianto nell’animale Parkinson, di maturare rigenerando connessioni neurali con aree bersaglio distanti e inducendo un recupero comportamentale nell’animale lesionato. Tuttavia è bene sottolineare che gli eventuali successi di una staminale per una malattia non potranno mai garantire che le staminali possano diventare una panacea per tutte le malattie. È certamente possibile che alcune (molte) malattie non saranno mai candidate o mai trattabili con staminali. Ed è quindi altrettanto importante che ogni altra strategia che prescinda dalle staminali venga egualmente perseguita in base alla sua forza sperimentale e ai risultati ottenuti. Già nel 2008 la ISSCR (International Society for Stem Cell Research) esprimeva le preoccupazioni della comunità scientifica relativamente ad un apparente eccesso di ottimismo nelle informazioni che spesso si rendono disponibili attraverso web e si è organizzata per fornire tutte le informazioni disponibili, anche sui rischi relativi per il paziente che intende avvicinarsi a una di queste strategie. Emblematico è il caso, riportato recentemente, di un bambino israeliano di 9 anni con una malattia rara del cervello (atassia 29
telangectasica) trattato con (presunte) cellule staminali fetali in una clinica russa. Quattro anni dopo i ripetuti trapianti, in seguito all’insorgenza di una sintomatologia neurologica grave, una TAC evidenziava lo sviluppo di un tumore al cervello e al midollo spinale provocato dall’eccessiva proliferazione delle cellule trapiantate12. Altri rischi emersi a seguito di trattamenti improbabili riguardano casi di encefalopatie fulminante o di formazione di tessuto osseo a seguito dell’iniezione nella palpebra di presunte staminali per uso estetico13. ———————— 1 Rochat A., Claudinot S., Nicolas M. et al. Stem cells and skin engeneering. Swiss Med Wkly. 2007; 155:49S-54S. 2 Rama P., Matuska S., Paganoni G. et al. Limbal stem-cell therapy and long- term corneal regeneration. N Engl J Med. 2010; 363:147-55; Chien KR. Lost and found: car- diac stem cell therapy revisited. J Clin Invest. 2006;116:1838- 40. 3 Naldini L., Biffi A., Montini E. et al. Lentiviral hematopoietic stem cell gene the- rapy benefits metachromatic leukodystrophy. Science. 2013 Aug 23;341(6148):1233158. doi: 10.1126/science.1233158. Epub 2013 Jul 11. 4 Chien KR. Lost and found: cardiac stem cell therapy revisited. J Clin Invest. 2006;116:1838-40; Chien KR. Regenerative medicine and human models of human di- sease. Nature. 5 Passier R., van Laake L.W., Mummery CL. Stem-cell-based therapy and lessons from the heart. Nature. 2008; 453:322-9. 6 Menasche P. Cardiac cell therapy: lessons from clinical trials. J Mol Cell Cardiol. 2011; 50:258-65. 7 Borowiak M, Melton DA. How to make beta cells? Curr Opin Cell Biol. 2009; 21:727-32. 8 Pennarossa, Proceedings of the National Academy of Sciences, 110, 8943, 2013. 9 Cossu G., Tedesco FS, Stem cell therapies for muscle disorders. Curr Opin Neurol. 2012 Oct;25(5):597-603. doi: 10.1097/WCO.0b013e328357f288. 10 Dyson SC, Barker RA. Cell-based therapies for Parkinson’s disease. Expert Rev Neurother. 2011;11: 831-44; Brundin P, Barker RA, Parmar M. Neural grafting in parkin- son’s Disease: Problems and Possibilities. Prog.Brain Res 2010; 184: 265-294. 30
11 Grealish et al., Human ESC-Derived Dopamine Neurons Show Similar Preclinical Efficacy and Potency to Fetal Neurons when Grafted in a Rat Model of Parkinson’s Di- sease, Cell Stem Cell, 15, 653-665, 2014. 12 Amariglio N, Hirshberg A, Scheithauer BW et al. Donor-derived brain tumor follo- wing neural stem cell transplantation in an ataxia telangiectasia patient. PLoS Med. 2009;6(2):e1000029; Goldring CE, Duffy PA, Benvenisty N et al. Assessing the safety of stem cell therapeutics. Cell Stem Cell. 2011;8: 618-28. 13 Scientific American, Dec 17, 2012. 31
Cronologia essenziale della ricerca sulle cellule staminali e della regolamentazione dei trattamenti con farmaci Adattato e modificato da P.Bianco, M. Capocci, G. Corbellini, Cronologia della ricerca sulle cellule staminali mesenchimali (MSC) in rapporto agli sviluppi della scienza delle staminali e della ricerca medica. In M. Capocci e G. Corbellini (a cura di), Le cellule della speranza. Il caso Stamina tra inganno e scienza. Codice Edizioni, Torino, 2014. Cronologia Staminali Cronologia regolamentazioni 1868 Ernst Haeckel usa il termine stamzell per indicare un “organismo ancestrale unicellulare” da cui sono derivati gli organismi multicellulari. 1892 Theodor Boveri e Valentin Hecker usano il termine stamzell per identificare le cellule cui maggiormente è ascrivibile lo sviluppo ontogenetico. Nel 1894 Jacob Keller associa le stamzellen anche alla rigenerazione e alla riproduzione asessuale nella planaria. 1896 Edmund Wilson usa il termine inglese “stem cell” in The Cell in Development and Inheritance. 1906 US Pure Food and Drug Act: lo scopo è di smascherare farmaci adulterati e con etichette ingannevoli. L’incarico di controllare viene affidato al Bureau of Chemistry del Dipartimento dell’Agricoltura. 1930 Viene creata la Food, Drug and Insecticide Organization del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense, che nel 1927 aveva incorporato il Bureau of Chemistry, assume il nome di Food and Drug Administration (FDA). 1938 Hans Spemann immagina per la prima Il US Food, Drug and Cosmetic Act, volta l'esperimento di clonazione per accentua i controlli sui farmaci che sono trasferimento nucleare. commercializzati sul piano della sicurezza, e amplia i poteri dell’FDA. 1945- Gli effetti delle bombe atomiche lanciate su Hiroshima e Nagasaki, aprono la strada a ricerche finanziate pubblicamente sugli effetti delle radiazioni e sulla radioprotezione: studi strategici finanziati dal Department of Defense danno inizio agli studi che porteranno all’identificazione della cellula staminale ematopoietica (HSC, hematopoietic stem cell). Studi simili condotti per la stessa ragione in URSS, porteranno al lavoro di Alexander 32
Puoi anche leggere