Nuove tecnologie e nuovi protocolli terapeutici in neurochirurgia - Sabato 14 marzo 2015 ore 8.30-14.00 Sala Girardi - PIME Via Mosè Bianchi 94 ...

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Nuove tecnologie e nuovi protocolli terapeutici in neurochirurgia - Sabato 14 marzo 2015 ore 8.30-14.00 Sala Girardi - PIME Via Mosè Bianchi 94 ...
Nuove tecnologie
               e nuovi protocolli terapeutici
                    in neurochirurgia

Sabato 14 marzo 2015
ore 8.30-14.00
Sala Girardi – PIME
Via Mosè Bianchi 94 – Milano

n. Evento 1834 - 120424
        Crediti n. 5
Nuove tecnologie e nuovi protocolli terapeutici in neurochirurgia - Sabato 14 marzo 2015 ore 8.30-14.00 Sala Girardi - PIME Via Mosè Bianchi 94 ...
Nuove tecnologie e nuovi protocolli terapeutici in
                             neurochirurgia

                                    Sabato 14 marzo 2015
                                       ore 8.30-14.00
                                    Sala Girardi – PIME
                                Via Mosè Bianchi 94 – Milano

                                      COORDINATORE
                                     Manuela Caroli
               Responsabile Centro di Riferimento Neurochirurgia Oncologica
                                 U.O.C. di Neurochirurgia
            Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Milano

                                        PROGRAMMA

8.30-8.45       Registrazione Partecipanti

8.45-9.00       Saluto del Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
                di Milano o di altro Consigliere da lui delegato

9.00-9.10       Manuela Caroli
                Presentazione: stato dell’arte

                PRIMA PARTE

                                        MODERATORI
                                     Manuela Caroli
                                     Marco Locatelli
                    Responsabile U.O.S. di Neurochirurgia Stereotassica
                                 U.O.C. di Neurochirurgia
            Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Milano

9.10-9.30       Elena Pirola
                U.O.C. di Neurochirurgia – Fondazione IRCCS Ca’ Granda
                Ospedale Maggiore Policlinico Milano
                Nuovi protocolli diagnostico-terapeutici nei tumori gliali cerebrali

9.30-9.50       Giulio Bertani
                U.O.C. di Neurochirurgia – Fondazione IRCCS Ca’ Granda
                Ospedale Maggiore Policlinico Milano
                Utilità delle moderne tecnologie nella diagnostica e nella programmazione
                operatoria dei tumori cerebrali

9.50-10.10      Giorgio Carrabba
                U.O.C. di Neurochirurgia – Fondazione IRCCS Ca’ Granda
                Ospedale Maggiore Policlinico Milano
                Il monitoraggio intraoperatorio nella chirurgia dei tumori cerebrali per la
                preservazione delle aree funzionali
10.10-10.30   Marco Locatelli
              Inquadramento endocrinologico e trattamento chirurgico per via endoscopica
              nei tumori della regione sellare

10.30.10.50   Manuela Caroli
              La neurochirurgia oncologica nel paziente anziano: indicazioni al trattamento

10.50-11.10   Barbara Zarino
              U.O.C. di Neurochirurgia
              Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Milano
              Utilità della valutazione e del supporto neuropsicologico nei pazienti affetti
              da tumore cerebrale

              SECONDA PARTE
                                       MODERATORI
                                   Paolo Rampini
                         Direttore U.O.C. di Neurochirurgia
          Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Milano
                                   Mauro Pluderi
                               U.O.C. di Neurochirurgia
          Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Milano

11.10.11.30   Paolo Rampini
              Indicazioni al trattamento nelle malformazioni vascolari rotte e non rotte

11.30-11.50   Stefano Borsa
              U.O.C. di Neurochirurgia – Fondazione IRCCS Ca’ Granda
              Ospedale Maggiore Policlinico Milano
              Lombalgia e lombosciatalgia: quando indirizzare il paziente al
              neurochirurgo?

11.50-12.10   Mauro Pluderi
              Indicazioni al trattamento mediante chirurgia strumentata e mininvasiva
              nella patologia degenerativa lombare

12.10.12.30   Giorgio Carrabba – Marco Locatelli
              Indicazioni al trattamento chirurgico nella malattia di Parkinson

12.30-12.50   Stefano Borsa
              L’idrocefalo normoteso: una patologia tipica del paziente anziano

12.50-13.10   Nadia Grimoldi
              Responsabile Servizio di Neurochirurgia Ricostruttiva dei Nervi Periferici
              U.O.C. di Neurochirurgia
              Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico Milano
              Francesca Tiberio
              Servizio di Neurochirurgia Ricostruttiva dei Nervi Periferici
              U.O.C. di Neurochirurgia
              Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Milano
              Trattamento delle sindromi da intrappolamento dei nervi periferici

13.30-14.0 Discussione e conclusioni

13.30-14.00   Compilazione schede di valutazione e di verifica
Introduzione

                                     Manuela Caroli

L’idea di organizzare un incontro dedicato alle nuove tecnologie e ai nuovi protocolli
terapeutici adottati nella pratica neurochirurgica nasce dall’esigenza di far conoscere ai
medici di medicina generale e ai colleghi di altre specialità che sono interessati
all’argomento i progressi che sono stati fatti in questa disciplina complessa e non da tutti
ben conosciuta.
E’ possibile affermare che la tecnologia è ormai un’arma insostituibile in tutti i campi
della medicina e della chirurgia.
In particolare, nell’inquadramento diagnostico e terapeutico delle patologie
neurochirurgiche l’introduzione della diagnostica per immagini ha rappresentato nel
corso degli anni una vera rivoluzione, prima con la tomografia computerizzata e poi con
la risonanza magnetica in tutte le sue forme. Essa ha comportato la possibilità di scoprire
in tempo utile patologie ancora asintomatiche e ci ha permesso successivamente, con
l’introduzione della neuronavigazione di effettuare alcuni delicati interventi chirurgici
sull’encefalo ma anche sul rachide con maggiore accuratezza e minore invasività.
Su un altro versante il progresso della ricerca in neuro-oncologia ha permesso di mettere
a punto dei protocolli terapeutici con farmaci più maneggevoli e meglio tollerati dai
pazienti che consentono un se pur lieve miglioramento della prognosi di alcuni tumori e
soprattutto un significativo miglioramento della qualità della vita residua dei pazienti.
Un altro punto importante nella scelta delle indicazioni chirurgiche e dei protocolli
terapeutici è lo sforzo multidisciplinare di “personalizzare” le terapie, tenendo conto
delle diverse tipologie di pazienti e in particolare modo della frequenza sempre maggiore
di pazienti anziani, ossia di età superiore ai 65-70 anni e spesso anche oltre gli 80.
Se un tempo l’anagrafe condizionava pesantemente le scelte terapeutiche in senso
negativo, oggi, ovviamente, non è più così, sia per l’allungamento della vita media che
per la richiesta da parte dei pazienti stessi e dei loro familiari di mantenere il più a lungo
possibile una qualità di vita accettabile.
Infine, l’affinamento delle nostre tecniche diagnostiche permette sempre più spesso di
scoprire lesioni e patologie ancora asintomatiche (ad esempio malformazioni vascolari
che non hanno sanguinato), di qui l’esigenza di mettere a punto linee guida che ci aiutino
a capire quando mettere in atto interventi terapeutici “preventivi” e quando invece è più
ragionevole un monitoraggio strumentale e clinico nel tempo.
Nuovi protocolli diagnostico - terapeutici

                       nei tumori gliali cerebrali

                                     Elena Pirola

L'incidenza di tutti i tumori primari cerebrali del sistema nervoso centrale si stima essere
del 18,7/100,000 individui per anno (CBTRUS 2010). Gli astrocitomi sono i tumori
cerebrali più frequenti, tra questi il glioblastoma è il tumore più aggressivo e maligno
(Kleihues et Cavanee 2000).
Il glioblastoma ha una frequenza maggiore nella popolazione maschile rispetto a quella
femminile (M:F; ratio: 1.58:1). L'età media dei pazienti alla diagnosi è di circa 64 anni
(CBTRUS 2010). Le cause all'origine dei gliomi cerebrali non sono state identificate. Si
è ipotizzato che l'uso di telefoni cellulari potesse incrementare l'incidenza di queste
neoplasie, tuttavia ciò non è stato dimostrato in studi su larga scala (Deltour et al. 2009;
Rickman et al. 2001). Circa il 5% dei pazienti con tumore cerebrale maligno ha una storia
familiare di glioma; in particolare alcune forme familiari sono associate a rare sindromi
genetiche come la Neurofibromatosi di tipo 1-2 e la sindrome di Li-Fraumeni (Farrell et
Plotkin 2007).
La terapia standard per i glioblastomi di nuova diagnosi è la resezione chirurgica
massimale con preservazione dello stato neurologico, seguita da un ciclo di radioterapia
(radioterapia frazionata a dose di 2 Gy per 5 giorni a settimana per un totale di 60Gy) e
chemioterapia concomitante con agenti alchilanti (Temozolomide a 75 mg/mq di
superficie corporea per tutto il corso della radioterapia; successivamente 6-12 cicli di
Temozolomide adiuvante a dose di 150-200 mg per mq di superficie corporea per 5 gg
ogni 28 gg, Stupp et al. 2005).
Nonostante questo trattamento aggressivo la sopravvivenza mediana risulta di 14,6 mesi
(Stupp et al.2005) che raggiunge i 21,7 mesi nei pazienti che posseggono un particolare
enzima metilato, la O6-metilguanina- DNA metiltransferase, MGMT (Hegi et al.2005).
Nella maggior parte dei casi la prognosi infausta è dovuta alla recidiva tumorale locale
o in altra sede. Le opzioni in caso di recidiva sono il re-intervento con il posizionamento
di agenti chemioterapici locali (wafer di Carmustina), chemioterapia con agenti di
seconda linea (Carmustina, Lomustina e Fotemustina), farmaci e terapie sperimentali (es.
anticorpi monoclonali contro il VEGF,Vascular Endothelial Growth Factor; farmaci che
hanno come target l' EGFR, Epidermal Growth Factor Receptor, la terapia immunitaria)
(Anton K et al. 2012, Venur VA, 2015).
Nel nostro Istituto sono in corso diversi traials sperimentali multicentrici randomizzati
in cieco sotto controllo del comitato scientifico-etico. Gli studi pre-clinici si concentrano
sullo studio delle cellule progenitrici germinali cerebrali prelevate da tessuto tumorale
in vivo (le quali sembrano responsabili della farmaco-resistenza e della recidiva
tumorale) e la loro coltivazione in vitro per testare la risposta a nuovi farmaci
antitumorali. Studi clinici di fase II-III sono disponibili per osservare:
   l'influenza dei campi elettromagnetici applicati con lo strumento NovoTTF-100A,
    insieme con la Temozolomide nei pazienti con nuova diagnosi di glioblastoma
    primario
   l'efficacia e la sicurezza di nuovi farmaci (Onartuzumab, Bevucizumab, Ortataxel e
    Irinotecan).
Bibliografia:

   Anton K, Joachim MB, Mayer T, Glioblastoma Multiforme Overview of Current Treatment
    and Future PerspectivesHematol Oncol Clin N Am 26 (2012) 825–853

   CBTRUS (2010) CBTRUS statistical report: primary brain and central nervous system
    tumors diagnosed in the United States in 2004–2006. Central Brain Tumor Registry of the
    United States, Hinsdale http://www.cbtrusorg

   Deltour I, Johansen C, Auvinen A et al (2009) Time trends in brain tumor incidence rates in
    Denmark, Finland, Norway, and Sweden, 1974–2003. J Natl Cancer Inst 101:1721–1724

   Hegi ME, Diserens AC, Gorlia T et al (2005) MGMT gene silencingand benefit from
    temozolomide in glioblastoma. N Engl J Med 352:997–1003

   Kleihues P, Cavanee WK (2000) World Health Organization classification of tumors:
    pathology and genetic: tumors of the nervous system. IARC Press, LyonFarrell CJ.

   Plotkin SR (2007) Genetic causes of brain tumors:neurofibromatosis, tuberous sclerosis, von
    Hippel- Lindau, and other syndromes. Neurol Clin 25:925–946.

   Rickman DS, Bobek MP, Misek DE et al (2001) Distinctive molecular profiles of high-grade
    and low-grade gliomas basedon oligonucleotide microarray analysis. Cancer Res 61:6885–
    6891.

   Stupp R, Mason WP, van den Bent MJ et al (2005) Radiotherapy plus concomitant and
    adjuvant temozolomide for glioblastoma.N Engl J Med 352:987–996.

   Venur VA, Peerboom DB, Ahluwalia MS. Current medical treatment of glioblastoma.Cancer
    Treat Res 2015;163:103-15.
Utilità delle moderne tecnologie nella diagnostica

              e nella programmazione operatoria

                            dei tumori cerebrali

                                    Giulio Bertani

La rimozione di un tumore cerebrale necessita un'accurata pianificazione preoperatoria
basata in primo luogo sulla sede e sulle caratteristiche del tumore, in secondo luogo sulle
caratteristiche funzionali del paziente e sulle prospettive di trattamento oncologico.
Prendendo in considerazione i tumori cerebrali maligni primitivi, di gran lunga i più
frequenti, si considerano diagnostica di primo livello TC encefalo, per la prima diagnosi,
e RM encefalo con mdc, la quale consente un inquadramento più accurato della lesione
ed un giudizio chirurgico. Tecniche di secondo livello sono considerate RM-
spettroscopia, RM-perfusione e PET con metionina, le quali forniscono utili
informazioni sulla natura del tumore, sull'aggressività biologica e sul metabolismo della
lesione. Infine ogni paziente che presenta una lesione in rapporto con aree eloquenti è
sottoposto a studi di funzione quali RM funzionale e RM-DTI di trattografia; queste
sequenze consentono di ricostruire la mappa funzionale della corteccia cerebrale, nel
singolo paziente, nonché le vie sottocorticali, costituite da fascicoli di sostanza bianca
che connettono le differenti aree funzionali. Sono inoltre disponibili tecnologie come la
Stimolazione Magnetica Transcranica associata a neuronavigazione che sono dedicate
all'esecuzione di test preoperatori nel paziente sveglio, al fine di trasferire le mappe
ottenute nel software di pianificazione preoperatoria. Tutti i dati ottenuti tramite
neuroimaging possono essere trasferiti in appositi software di pianificazione e
simulazione, i quali permettono di ricostruire in dettaglio ed in 3 dimensioni l'anatomia
funzionale del paziente, i rapporti delle strutture eloquenti con la lesione tumorale e la
strategia chirurgica. In questo modo ogni paziente riceve un trattamento
individualizzato sulla base delle sue peculiari caratteristiche anatomiche e funzionali.

Bibliografia

Bertani G, Carrabba G, Raneri F, Fava E, Castellano A, Falini A, Casarotti A, Gaini SM, Bello
L. Predictive value of inferior fronto-occipital fasciculus (IFO) DTI-fiber tracking for
determining the extent of resection for surgery of frontal and temporal gliomas preoperatively.
J Neurosurg Sci. 2012 Jun;56(2):137-43. PubMed PMID: 22617176.

Barone DG, Lawrie TA, Hart MG. Image guided surgery for the resection of brain tumours.
Cochrane       Database      Syst      Rev.      2014       Jan     28;1:CD009685.        Doi:
10.1002/14651858.CD009685.pub2. Review. PubMed PMID: 24474579.

Bello L, Gambini A, Castellano A, Carrabba G, Acerbi F, Fava E, Giussani C, Cadioli M, Blasi V,
Casarotti A, Papagno C, Gupta AK, Gaini S, Scotti G, Falini A. Motor and language DTI Fiber
Tracking combined with intraoperative subcortical mapping for surgical removal of gliomas.
Neuroimage. 2008 Jan 1;39(1):369-82. Epub 2007 Aug 29. PubMed PMID: 17911032.

Hayashi Y, Nakada M, Kinoshita M, Hamada J. Surgical strategies for nonenhancing slow-
growing gliomas with special reference to functional reorganization: review with own
experience. Neurol Med Chir (Tokyo). 2013;53(7):438-46. Review. PubMed PMID: 23883554.

Duffau H. A new philosophy in surgery for diffuse low-grade glioma (DLGG): oncological and
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Epub 2013 Feb 12. Review. PubMed PMID: 23410764.

Sanai N, Chang S, Berger MS. Low-grade gliomas in adults. J Neurosurg. 2011 Nov;115(5):948-
65. doi: 10.3171/2011.7.JNS101238. Review. PubMed PMID: 22043865.
Il monitoraggio intraoperatorio nella chirurgia

                            dei tumori cerebrali

         per la preservazione delle aree funzionali

                                   Giorgio Carabba

La chirurgia dei tumori cerebrali che prendono rapporto con aree eloquenti è
caratterizzata dalla necessità di preservare al massimo le funzioni neurologiche del
paziente e di ottenere allo stesso tempo la maggior entità di resezione possibile.
La preservazione delle aree eloquenti si basa su un'accurata pianificazione preoperatoria
e sull'utilizzo di tecniche intraoperatorie di mappaggio e monitoraggio neurofisiologico
cerebrale. Il paziente, a secondo delle aree e delle funzioni interessate, può andare
incontro all'intervento in anestesia generale o in awake surgery. Nel corso dell’intervento
il paziente è sottoposto a svariati test neuropsicologici, adattati al singolo paziente e
volti a valutare in tempo reale le funzioni di interesse in corso di resezione. Il chirurgo
può effettuare mappaggio corticale e sottocorticale, e avvalersi di monitoraggio in
continuo tramite potenziali evocati. Un neurofisiologo presente in sala è infatti dedicato
alla valutazione di EEG, MEP, SEP ed EcoG durante tutto l’intervento. Queste tecniche
prevedono un’equipe chirurgica, neurofisiologica e anestesiologica dedicata, data
l'elevata complessità dell’intervento e delle competenze richieste. I dati disponibili oggi
in letteratura indicano che questa tecnica costituisce il gold standard per la chirurgia in
aree eloquenti. La nostra esperienza dimostra che questo tipo di chirurgia determina
un’assai modesta quantità di deficit neurologici postoperatori a fronte di entità di
resezione più che soddisfacente. I tempi operatori sono inoltre contenuti, così come il
discomfort per il paziente e la durata dell’ospedalizzazione postoperatoria.
Bibliografia

Bertani G, Fava E, Casaceli G, Carrabba G, Casarotti A, Papagno C, Castellano A, Falini A, Gaini
SM, Bello L. Intraoperative mapping and monitoring of brain functions for the resection of
low-grade gliomas: technical considerations. Neurosurg Focus. 2009 Oct;27(4):E4. doi:
10.3171/2009.8.FOCUS09137. PubMed PMID: 19795953.

Carrabba G, Fava E, Giussani C, Acerbi F, Portaluri F, Songa V, Stocchetti N, Branca V, Gaini
SM, Bello L. Cortical and subcortical motor mapping in rolandic and perirolandic glioma
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Sanai N, Berger MS. Intraoperative stimulation techniques for functional pathway preservation
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Sanai N, Mirzadeh Z, Berger MS. Functional outcome after language mapping for glioma
resection. N Engl J Med. 2008 Jan 3;358(1):18-27. doi: 10.1056/NEJMoa067819. PubMed
PMID: 18172171.

Bello L, Gallucci M, Fava M, Carrabba G, Giussani C, Acerbi F, Baratta P, Songa V, Conte V,
Branca V, Stocchetti N, Papagno C, Gaini SM. Intraoperative subcortical language tract
mapping guides surgical removal of gliomas involving speech areas. Neurosurgery. 2007
Jan;60(1):67-80; discussion 80-2. PubMed PMID: 17228254.

Sanai N, Berger MS. Operative techniques for gliomas and the value of extent of resection.
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PMID: 19560738.

Duffau H, Taillandier L. New concepts in the management of diffuse low-grade glioma: Proposal
of a multistage and individualized therapeutic approach. Neuro Oncol. 2014 Aug 2. pii: nou153.
[Epub ahead of print] Review. PubMed PMID: 25087230.

Sanai N, Polley MY, McDermott MW, Parsa AT, Berger MS. An extent of resection threshold
for   newly      diagnosed       glioblastomas.   J    Neurosurg.     2011   Jul;115(1):3-8.doi:
10.3171/2011.2.JNS10998. Epub 2011 Mar 18. PubMed PMID: 21417701.
Inquadramento endocrinologico e trattamento

         chirurgico per via endoscopica nei tumori

                             della regione sellare

                                     Marco Locatelli

La regione sellare rappresenta un’unità funzionale estremamente complessa da un punto
di vista della fisiologia e della anatomia. Punto cardine della regione è la sella turcica.
La sella turcica, una formazione anatomica appartenente al corpo dell’osso sfenoide,
rappresenta la formazione ossea atta ad accogliere al suo interno la ipofisi. Fu
denominata sella turcica poiché rassomigliante al tipo di sella usata dai turchi e arabi in
generale (al contrario dei romani che cavalcavano a dorso libero) che presentava dei
supporti anteriormente e posteriormente. Lo sfenoide può essere ritenuto una delle ossa
più complicate del corpo umano. In maniera schematica viene suddiviso in un corpo,
nelle piccole e nelle grandi ali e nei processi pterigoidei. La superficie (porzione più
interna) dello sfenoide consiste nelle piccole ali e nel planum sfenoidale; posteriormente
al planum si trova il tubercolo della sella, un processo rotondeggiante ad estensione
verso l’alto; il tubercolo contribuisce a delimitare il solco che accoglie il chiasma ottico
e si continua nei fori ottici. A lato del tubercolo si trovano i processi clinoidei (o clinoidi)
anteriori che sovrastano le arterie carotidi interne e i nervi ottici. Più posteriormente si
trova la sella turcica e il dorso della sella con i processi clinoidei posteriori.
L’insieme delle clinoidi anteriori, del tubercolo e delle clinoidi posteriori porta alla
formazione di un anello osseo discontinuo lateralmente che delimita superiormente il
cavo sellare e che è completato (chiuso) dal diaframma della sella (lembo di dura madre).
Il corpo ha una forma vagamente cubica, si trova in posizione mediana ed è in rapporto
posteriormente con il clivus, anteriormente con l’etmoide, inferiormente con le cavità
nasali e superiormente con l’ipofisi. L’interno del corpo è cavo e occupato dal seno
sfenoidale, il cui tetto costituisce il pavimento osseo della sella turcica.
Il grado di pneumatizzazione del seno è estremamente variabile cosicché in letteratura
ne sono stati descritti (utili ai fini di una strategia chirurgica) 3 tipi: concale in cui non
sono presenti cavità aree, presellare in cui la pneumatizzazione non sconfina oltre un
piano verticale parallelo alla parete anteriore della sella e infine sellare in cui la cavità
pneumatica occupa l’intero corpo e il pavimento della sella forma un bulging all’interno
del seno.
Lo sfenoide contrae rapporti con tutta una serie di strutture anatomiche fondamentali,
così sulla regione anteriore dell’osso si trovano i canali ottici, la fessura orbitaria
superiore, il canale vidiano, il forame ovale, il forame rotondo e quello spinoso. Il rostro
del seno sfenoidale sulla faccia anteriore è un punto di repere per la linea mediana e ai
lati di questo si aprono i già citati osti del seno.
I limiti anatomici della sella turcica risultano pertanto essere costituiti dal pavimento
della sella anteriormente e inferiormente, dai seni cavernosi lateralmente e dal dorso
della sella posteriormente, dal diaframma sellare superiormente. Come si è già accennato
il diaframma sellare è una estroflessione della dura madre che si estende dalle clinodi
anteriori a quelle posteriori; la dura si spinge quindi all’interno della sella andandone a
costituire il periostio e avvolgendo l’ipofisi.
Il risultato è che la ghiandola pituitarica non entra a contatto con il liquido cefalo-
rachidiano e risultando compresa in una sorta di sdoppiamento della dura deve
considerarsi essere un organo extradurale.
La ghiandola contrae rapporti funzionali con il sistema nervo centrale (ipotalamo) e al
tempo stesso riceve le afferenze vascolari attraverso il peduncolo ipotalamo-ipofisario
che si fa strada in un foro nel diaframma sellare. Per ragioni anatomico-chirurgiche sono
stati descritti tre tipi principali di diaframma: tipo I in cui il diaframma è completo e
permette solo il passaggio del peduncolo, tipo II in cui il foro di passaggio è appena più
largo (3mm) e tipo III situato in periferia e con possibilità di essere ricoperto di aracnoide
(sarebbe considerato come condizione predisponente alla empty sella).
Tra le strutture fondamentali presenti in questa regione si riporta il poligono di Willis
che sovrasta la sella e contrae a sua volta rapporti anteriormente con il chiasma ottico.
Il poligono è parzialmente situato nella cisterna interpeduncolare (una delle cisterne
della base cranica, le cisterne sono una sorta di estroflessioni aracnoidee contenenti
liquor) che aderisce anteriormente con la cisterna ottico-chiasmatica.
Il limite laterale della sella come si è visto non è costituito da pareti ossee ma dai seni
cavernosi, questi sono formazioni durali contenenti sangue venoso che costituiscono il
sistema di drenaggio del sangue refluo dal sistema nervo centrale.
I seni cavernosi tuttavia non si limitano ad essere solamente delle strutture venose ma
risultano essere cavità complesse al cui interno si ritrovano importanti formazioni
arteriose quali le arterie carotidi interne (tratto intracavernoso per l’appunto) e i nervi
cranici trigemino (V) (branche prima e seconda), oculomotore (III), trocleare (IV) e
abducente (VI).

GLI APPROCCI CHIRURGICI
L’analisi delle casistiche chirurgiche evidenzia che gli adenomi dell’ipofisi sono le lesioni
più frequenti della regione sellare. Da un punto di vista clinico l’adenoma si può
presentare principalmente in tre modi: come macroadenoma non secernente che si rende
clinicamente manifesto causando un danno visivo (e.g. deficit di campo visivo da
compressione del chiasma ottico) spesso associato a una condizione di ipopituitarismo
non diagnosticata. Un’altra modalità di presentazione è un adenoma secernente una
tropina ipofisaria in maniera autonoma con il conseguente corteo sintomatologico
dovuto alle ipersecrezione ormonale. Infine, non infrequente, è la scoperta (diagnosi
incidentale) di un adenoma ipofisario durante l’esecuzione di accertamenti
neuroradiologici (e.g. per cefalea, ecc.), il così detto “incidentaloma”.
Le indicazioni chirurgiche universalmente accettate riguardano gli adenomi che abbiano
causato danni visivi (che non siano prolattinomi responsivi alla terapia medica) e tutti
gli adenomi funzionanti (eccetto ancora una volta i prolattinomi) in cui la terapia medica
non ha a tutt’oggi un riconosciuto effetto terapeutico. In particolare si fa riferimento,
per frequenza, agli adenomi GH secernenti (gigantismo/acromegalia), ACTH
secernenti (malattia di Cushing), e molto meno frequenti i TSH secernenti
(ipertiroidismo centrale).
Una condizione particolare che può diventare una “urgenza” neurochirurgica e che
spesso appare diagnosticata in ritardo è l’apoplessia pituitarica. Questa entità è dovuta
all’emorragia che avviene all’interno di un adenoma ipofisario e che ne causa un
improvviso aumento di volume; la sintomatologia non è patognomonica di questa
condizione e i sintomi possono variare da una cefalea fino alla comparsa di deficit
neurologici (più frequentemente un calo del visus o una oftalmoplegia). L’esecuzione di
una NMR encefalo con studio della regione ipofisaria permette di formulare la diagnosi.
La decisione di procedere con un intervento chirurgico e la sua tempistica devono essere
valutate in base alle condizioni cliniche del paziente e alla progressione degli eventuali
deficit neurologici. In taluni casi, infine, un approccio chirurgico si può rendere
necessario al fine di ottenere una diagnosi; sono infatti molti i differenti tipi di lesioni
che a livello della regione sellare possono “mimare” un adenoma dell’ipofisi, sia da un
punto di vista morfologico su delle immagini di neuroradiologia, sia per l’innalzamento
della prolattina plasmatica per danno del peduncolo ipofisario (effetto di
deafferentazione). Tra queste lesioni si possono citare in ordine di frequenza i
craniofaringiomi, le cisti della tasca di Rathke, i meningiomi, e gli aneurismi della
carotide interna (per i quali ovviamente non si raccomanda di eseguire un approccio
chirurgico esplorativo!).
La descrizione dettagliata della serie di indagini endocrinologiche e neurologiche (esame
obiettivo e campo visivo nei macroadenomi) cui i pazienti con diagnosi di adenoma
ipofisario devono essere sottoposti, prima di arrivare dal chirurgo, esula da questa
comunicazione. Gli esami endocrinologi seguono rigide flow-chart e sono orientati alla
valutazione della funzione ipotalamo-ipofisaria e a determinare l’origine centrale o meno
di un eventuale eccesso ormonale. Una volta che sia stata definita la natura dell’adenoma
ipofisario con ragionevole (in termini medici) certezza, la terapia, presso la nostra Unità
Ipofisaria, viene discussa collegialmente tra neurochirurghi ed endocrinologi. Per i
pazienti, il tipo di approccio chirurgico, le eventuali terapie combinate da affrontare (ad
esempio una ipofisectomia in casi di malattia di Cushing recidiva o estremamente grave)
e l’iter terapeutico del periodo pre- (ad esempio la protezione farmacologica per le
potenziali crisi iposurrenaliche) e post-operatorio vengono così definiti e illustrati ai
pazienti. Gli autori ritengono infatti che questa interazione continua tra le due diverse
branche sia assolutamente indispensabile per la scelta del miglior iter terapeutico di ogni
singolo paziente.
Gli approcci chirurgici a questa regione possono essere schematicamente divisi in
transsfenoidali e transcranici. Il termine transsfenoidale permette di accorpare approcci
diversi (transnasale, sublabiale, transantrale e transetmoidale) che hanno come via finale
comune quella di accedere alla regione sellare attraverso la cavità pneumatica dell’osso
sfenoide. Nelle maggiori casistiche questa via viene ormai invocata come quella di prima
scelta per il 90 % delle patologie di interesse chirurgico che contraddistinguono questa
regione.
Le prime descrizioni di questa elegante tecnica chirurgica/anatomica, per accedere
all’interno della scatola cranica, risalirebbero agli egizi; essi sfruttavano le cavità nasali
per l’asportazione dell’encefalo del defunto nelle pratiche di imbalsamazione evitando
così di deturparne il volto. La reintroduzione di questa via di aggressione si deve a colui
che è considerato uno dei fondatori della neurochirurgia moderna ovvero Harvey
Cushing agli inizi del ‘900, che sviluppò la tecnica a partire dalla prima descrizione di
Schloffer nel 1907.
L’intervento cadde temporaneamente in disuso (proprio ad opera dello stesso Cushing)
per l’alta morbilità/mortalità dovuta probabilmente alle meningiti causate dalle
frequenti fistole liquorali.
Questa tecnica è tornata prepotentemente alla ribalta dopo l’introduzione di una serie di
fondamentali innovazioni tecniche come la scopia a raggi X e il microscopio operatorio
e il loro impiego in questo campo specifico da parte del francese Guiot e del canadese
Hardy (che si possono considerare i nuovi “padri” di questa via).
La ragione del “successo” dell’approccio transnasosfenoidale risiede nella sua minore
invasività rispetto agli approcci transcranici che si riflette, infatti, in una maggiore
sopportabilità da parte del paziente, in una riduzione della durata del decorso
postoperatorio e nell’assenza di ferite chirurgiche visibili. Inoltre, di non poca
importanza, in centri con esperienza, questo intervento è gravato, rispetto agli approcci
tradizionali, da un minore numero di complicanze.
Tra le più recenti innovazioni vi è stata la introduzione dei sistemi di navigazione e
l’approccio endoscopico di cui verranno sommariamente descritte le caratteristiche.
Tale nuova strategia chirurgica spesso richiede la collaborazione del neurochirurgo e
dello specialista otorinolaringoiatra.
La neurochirurgia oncologica nel paziente anziano:

                      indicazioni al trattamento

                                    Manuela Caroli

Come è noto la popolazione mondiale sta invecchiando, soprattutto nei paesi occidentali,
dove stiamo assistendo all'inversione della naturale tendenza per cui la popolazione delle
fasce più giovani superava quella delle fasce più anziane. Questo fenomeno è
particolarmente accentuato in Italia, che si trova infatti a vantare la percentuale minore
di popolazione molto giovane e la percentuale maggiore di popolazione oltre i 65 anni
(la famosa piramide rovesciata dell'ISTAT). Questo fenomeno è legato a una serie di
fattori: il miglioramento delle condizioni di vita, della nutrizione, la prevenzione di
alcune malattie più comuni, la disponibilità, nel nostro paese, di un sistema sanitario di
buona qualità accessibile a tutti. Il rovescio della medaglia sta nella necessità di gestire
una popolazione “fragile” sempre più numerosa, che inevitabilmente ha un potenziale
bisogno di cure e di assistenza sempre maggiore, con conseguente aumento dei costi
sociali.
Se è vero che la popolazione anziana è naturalmente più predisposta ad ammalarsi,
questa affermazione è valida anche per le patologie neoplastiche, cui non fanno eccezione
i tumori cerebrali, che, pur rappresentando una piccola quota dell'intera patologia
tumorale (poco più dell'1%), mostrano però una tendenza a prediligere le fasce di età più
avanzate con un pesante impatto negativo sulla prognosi e sulla qualità della vita.
Tutti i tumori cerebrali mostrano un aumento di incidenza dopo i 65 anni, ma fino a poco
tempo fa (e in parte ancora oggi), l'associazione fra tumore cerebrale ed età avanzata è
stata vista nella stragrande maggioranza dei casi come un fattore prognostico negativo
di per sé, indipendentemente dal tipo istologico, che si è tradotto in un atteggiamento
“rinunciatario” dal punto di vista terapeutico da parte del medico e dello specialista,
atteggiamento che si potrebbe sintetizzare in una frase: “non vale la pena curare un
paziente anziano affetto da tumore cerebrale, perché la sua aspettativa di vita, di per sé
limitata, non giustifica i rischi chirurgici, anestesiologici, di tossicità delle terapie nel
loro insieme”.
Oggi questa affermazione non è più condivisibile, innanzitutto perchè il paziente stesso
e i suoi familiari si aspettano comunque un trattamento, pur commisurato
ragionevolmente alla gravità della patologia e alle condizioni del soggetto, ma anche e
soprattutto perchè il fine ultimo che tutti noi specialisti dobbiamo perseguire è lo sforzo
di preservare il più a lungo possibile una buona qualità della vita, indipendentemente
dalla sua durata totale.
Affrontiamo di seguito le due principali tipologie di tumori cerebrali che possono colpire
la popolazione anziana: i meningiomi (benigni) e i gliomi (maligni).

I meningiomi intracranici sono tumori generalmente benigni la cui incidenza, stimata
tra 1 e 2.8 casi ogni 100000 abitanti l'anno nella popolazione generale, sale invece a 8.5
casi nell'ambito della popolazione anziana. Pertanto, in considerazione dell'aumentata
aspettativa di vita e del miglioramento delle condizioni di vita stessa, l'indicazione
chirurgica in questa fascia di popolazione si è ampliata, pur nella consapevolezza di un
aumentato rischio chirurgico e anestesiologico soprattutto nei soggetti sopra gli 80 anni,
il che rende particolarmente importante la necessità di un'accurata selezione pre-
operatoria al fine di ridurre la mortalità e le complicanze post-operatorie.
A tale scopo sono stati messi a punto nel corso degli anni da autori differenti alcuni
sistemi di valutazione a punteggio che hanno preso in considerazione i fattori giudicati
più rilevanti al fine di valutare la prognosi dei pazienti sottoposti a intervento di
asportazione di un meningioma endocranico. Il cut-off di età variava da 65 a 70 anni,
ma in alcuni studi si sono valutati soltanto i pazienti sopra gli 80 anni. Le variabili
cliniche considerate sono state: le condizioni neurologiche, le condizioni generali
espresse con l'indice di Karnofsky o con la classificazione ASA di rischio anestesiologico
e la presenza di malattie concomitanti. Le variabili radiologiche sono state: la sede del
tumore, le sue dimensioni e l'edema peritumorale eventualmente presente.
Presso il nostro Istituto abbiamo messo a punto già negli anni 90 un sistema di
classificazione denominato CRGS (Clinical Radiological Grading System), applicato
retrospettivamente a una serie di pazienti con meningioma endocranico di età superiore
a 70 anni e successivamente validato in un secondo studio prospettico nel 2005. Dai
risultati del primo studio (retrospettivo) in cui avevamo confrontato due gruppi di
pazienti operati (34 casi)e non operati (12 casi) era emerso che i pazienti con un
punteggio inferiore a 10 avevano comunque una prognosi negativa indipendentemente
dal trattamento chirurgico, quelli con uno score compreso tra 10 e 12 avevano una
prognosi migliore se sottoposti a intervento, quelli con score da 13 in su avevano una
prognosi buona indipendentemente dalla chirurgia. La mortalità chirurgica era del 12%
a 30 giorni e saliva al 20% a 3 mesi. Nello studio successivo (prospettico) composto da
90 pazienti la scelta chirurgica è stata fatta sulla base del grading superiore o uguale a
10 (con l'eccezione di tre casi operati nonostante un punteggio di 9 in violazione del
protocollo). La mortalità chirurgica di questa serie è stata del 6.7 % a 30 giorni,
aumentata a 7.8% a 3 mesi e si è verificata, oltre che nei tre pazienti che avevano uno
score di 9, in pazienti con punteggi non superiore a 12. Le cause di morte sono state
essenzialmente dovute ad eventi tromboembolici e cardiopolmonari. Questo secondo
studio oltre a confermare il valore predittivo in termini di mortalità e morbilità del
grading ha messo in luce anche l'elevato peso delle complicanze post-operatorie nei
pazienti con un punteggio inferiore a 13, che ha inciso sulla necessità di un periodo di
riabilitazione, sottolineando però, nel follow-up a distanza (a un anno) un miglioramento
dell'indice di Karnofsky nei pazienti che avevano un punteggio iniziale uguale o inferiore
a 70 e una sostanziale stabilità in quelli con valori basali più elevati,a dimostrazione di
una preservazione della qualità di vita dei pazienti.
In conclusione, confrontando il nostro sistema di valutazione con quelli di altri autori,
possiamo confermare il soddisfacente valore predittivo del nostro grading, tenendo
conto comunque che, indipendentemente dalla scala adottata, tutti i dati in letteratura
concordano nel sostenere l'importanza di criteri di selezione rigorosi, al fine non solo di
ridurre la mortalità, ma di preservare e/o migliorare la qualità di vita del paziente.
CLINICAL-RADIOLOGICAL GRADING SYSTEM

       Score
                                 1                    2                     3
   Size of lesion
                                >6                   4-6
Tuttavia negli ultimi anni sono stati condotti degli studi disegnati proprio su questa
fascia di pazienti con risultati variabili anche in considerazioni del diverso cut-off di età
(si va dall’inclusione dei pazienti che hanno appena compiuto 60 anni, a studi che
riguardano solo gli over 70.)
Un certo accordo si è comunque raggiunto riguardo la possibilità di erogare una quantità
di radiazioni inferiori allo standard (es 45 Gy) ricorrendo a un regime ipofrazionato
accelerato oppure a un trattamento della durata di tre settimane (rispetto alle sei del
protocollo standard). Un’altra possibilità è quella di stratificare i pazienti tenendo conto
dello stato di metilazione, riservando ai soli pazienti metilati il trattamento
chemioterapico con temozolomide.
Presentiamo a titolo esemplificativo i risultati di una nostra precedente serie di pazienti
operati per glioblastoma sottoposti a diverse tipologie di trattamenti adiuvanti, al fine
di valutare la migliore strategia terapeutica applicabile riguardo la sopravvivenza
globale e la qualità della vita. Tra gennaio 2005 e dicembre 2010, 62 pazienti di età
superiore o uguale a 70 anni con sospetti gliomi cerebrali maligni sono stati ammessi
presso il nostro centro. Si trattava di 40 maschi e 22 femmine, con un età mediana di 73
anni (range 70-81, σ=2,1). Tutti presentavano un buon performance status secondo
Karnofsky all’ingresso (KPS≥60), con un rischio anestesiologico moderato-intermedio
(ASA 2-3). Abbiamo valutato la risposta ai trattamenti in termini di sopravvivenza
globale (OS).
È stata condotta anche un’analisi del grado di metilazione del promoter del gene
MGMT. In 47 pazienti è stata ottenuta una gross-total resection; in 8 una resezione
subtotale, come mostrato da studi RM post-operatori (entro 72 ore dall’intervento). In
7 casi è stata effettuata una biopsia della lesione.
Nove pazienti (13%) sono stati successivamente sottoposti a trattamento radiante (RT),
8 (12%) a chemioterapia con Temozolomide (TMZ) e 45 (75%) a trattamento combinato
radio-chemioterapico. In 12 pazienti di questo gruppo che presentavano un KPS sopra
80, con MMSE sopra 27 e in assenza di comorbilità maggiori, è stata applicata una
combinazione classica secondo Stupp (RT 60 Gy più TMZ a dose di 75mg/m² nella fase
concomitante e 150 mg/m² per 5 giorni al mese per almeno 6 cicli). Per altri 33 pazienti
che non presentavano tali caratteristiche è stato invece utilizzato un protocollo
“iperfrazionato” che prevedeva RT per un totale di 45 Gy, suddivisa in 3 frazioni da 2,5
Gy al giorno per 3 giorni consecutivi (22,5 Gy in tutto), associati a TMZ concomitante
alla dose di 150 mg/m² per 5 giorni.
Un secondo ciclo con le stesse modalità è stato ripetuto a distanza di 28 giorni dal primo,
seguito da almeno 6 cicli di TMZ alle dosi usuali (150 mg/m²/die per 5 giorni).
Nei casi in cui è stata impiegata solo la chemioterapia, questo era dettato da un’eventuale
compromissione cognitiva (Mini-Mental ≤24), determinante anche scarsa compliance del
paziente al trattamento radioterapico.
In 3 pazienti sottoposti al trattamento radio-chemioterapico secondo Stupp l’insorgenza
di trombocitopenia (2) e polmonite (1) hanno imposto la sospensione della terapia.
Non ci sono state variazioni di rilievo riguardo le capacità cognitive a tre mesi in termini
di Mini-Mental State rispetto al preoperatorio (per pazienti con sopravvivenza > a 3
mesi). La sopravvivenza globale (OS) mediana nel gruppo sottoposto a RT+TMZ
(considerando sia il protocollo classico che quello iperfrazionato) è stata di 11,6 mesi
(range 4-53).
L’OS per i pazienti sottoposti esclusivamente a RT o chemioterapia è stata comparabile
nei due gruppi (rispettivamente 7,8 e 8 mesi). Nessuna differenza significativa in termini
di OS tra il sottogruppo “Stupp” e quello iperfrazionato.
Sebbene si tratti di risultati provenienti da uno studio osservazionale, questi
suggeriscono che un trattamento combinato chemioterapico con TMZ e radioterapico
iperfrazionato, consenta un incremento della sopravvivenza globale in pazienti anziani,
con buon performance status, affetti da glioblastoma cerebrale. L’approccio
iperfrazionato può garantire una maggiore compliance dei pazienti alle terapie, senza
determinare un impatto negativo sulla qualità della vita residua, anche in termini di
declino cognitivo.
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Utilità della valutazione e del supporto

                   neuropsicologico nei pazienti

                     affetti da tumore cerebrale

                                   Barbara Zarino

La neuropsicologia si occupa dello studio della correlazione tra la sede della lesione
cerebrale ed i deficit cognitivi conseguenti ad essa e permette, attraverso l’uso di test
cognitivi standardizzati, di descrivere il funzionamento cognitivo del paziente.
La valutazione neuropsicologica consente di identificare la presenza di deficit delle
funzioni corticali superiori quali linguaggio, memoria, attenzione, calcolo, controllo
inibitorio, elaborazione visuo-spaziale, riconoscimento percettivo e funzioni esecutive
(Lezak, 2004). Recentemente è stata dimostrata l’importanza della valutazione
neuropsicologica nei pazienti con disordini neurologici, inclusi i pazienti con tumori
cerebrali (Bennet, 2001; Papagno et al., 2012).
Secondo le recenti linee guida relative ai programmi di ricerca in ambito
neurochirurgico, la testistica neuropsicologica deve essere integrata tra le diverse
procedure di valutazione generale e chirurgica del paziente (Gerszten, 1998; Testa and
Simonson, 1996). La valutazione neuropsicologica è diventata uno strumento sempre più
utilizzato e di fondamentale importanza nella valutazione delle funzioni cognitive dei
pazienti colpiti da tumori cerebrali e sottoposti a terapie combinate come la chirurgia
associata a chemio- e radio-terapia.
Il neuropsicologo in neurochirurgia ha il compito di valutare le abilità cognitive dei
pazienti del reparto prima dell’intervento, dopo l’intervento e nei follow-up
programmati sulla base della diagnosi istologica e delle relative linee guida. Nei pazienti
che presentano lesioni cerebrali con localizzazione che interessa aree cerebrali
“eloquenti” la valutazione neuropsicologica avviene anche a livello intra-operatorio.
La prima valutazione permette di avere una baseline di riferimento (Heimans, 2002).
In particolare, nel caso di patologie cerebrali espansive, la valutazione neuropsicologica
pre-operatoria consente di:
   1. stabilire lo stato di funzionamento “normale” delle funzioni corticali superiori del
       paziente;
   2. valutare nel tempo i cambiamenti cognitivi indotti dall’intervento chirurgico, dai
       trattamenti (radio- e chemio- terapia) e dal possibile accrescimento della lesione;
   3. monitorare i recuperi/perdite funzionali nei follow-up a distanza di mesi/anni
       dall’intervento;
   4. pianificare eventuali interventi riabilitativi post-operatori che permettano al
       paziente un miglior recupero funzionale.
   5. candidare/escludere il paziente all’intervento in awake surgery
Monitorare i cambiamenti clinici e neuropsicologici permette al paziente e all’équipe
medica di migliorare gli interventi terapeutici e, di conseguenza, di migliorare la qualità
di vita e la prognosi del paziente stesso. Negli interventi in awake surgery il
monitoraggio in continuo della funzione di linguaggio permette di massimizzare la
resezione della lesione da parte del neurochirurgo e di minimizzare i deficit di linguaggio
o il peggioramento di deficit preesistenti al paziente (Duffau 2010). Per questi motivi,
negli ultimi anni gli indici cognitivi sono diventati sempre più importanti negli studi
clinici e negli studi farmacologici.
Nello specifico, la valutazione neuropsicologica viene effettuata somministrando singoli
test o batterie di test standardizzate al fine di rispondere a specifiche domande circa il
funzionamento neurologico dei pazienti. I test neuropsicologici forniscono una
valutazione completa circa il funzionamento dei diversi domini cognitivi potenzialmente
associati alla lesione chirurgica e, sulla base della prestazione del paziente ai test, il
neuropsicologo valuta le sue capacità di vivere in modo autonomo ed indipendente, di
riprendere le normali attività della vita quotidiana e di gestione della famiglia e - nel
caso di deficit cognitivi specifici - stabilisce programmi riabilitativi ad-hoc (American
Academy of Neurology Terapeutics and Tecnology Assessment Subcommittee, 1996).
In sintesi il ruolo del neuropsicologo in neurochirurgia è quello di:
   1. Valutare, monitorare ed effettuare previsioni rispetto alle abilità cognitive e
       funzionali del paziente
   2. Pianificare e/o fornire indicazioni riguardanti la scelta chirurgica (awake
       surgery) e la riabilitazione.
Le caratteristiche necessarie perché la valutazione cognitiva del paziente sia efficace
sono: deve essere relativamente breve, sensibile ai cambiamenti, abbastanza semplice da
poter essere completata dalla maggior parte dei pazienti e sufficientemente completa per
poter essere sensibile agli effetti focali del tumore. L’Organizzazione Mondiale della
Sanità propone un modello di valutazione del paziente neurochirurgico che include la
valutazione del deficit cognitivo, la valutazione della disabilità (Activities of Daily Living
- ADL e Instrumental Activities of Daily Living - IADL) e della qualità di vita (QoL).
I fattori prognostici più importanti, capaci di predire la sopravvivenza del paziente
oncologico e il tempo di progressione del tumore sono l’età, il grado del tumore e lo
stato funzionale del paziente (solitamente misurato attraverso la scala di Karnofsky
Performance Status). Tuttavia, nessuno di questi fattori riflette i deficit cognitivi
specifici determinati dal tumore o dai trattamenti. Dati recenti indicano che in pazienti
con tumori cerebrali si osserva una compromissione in almeno un’area cognitiva (Tucha
et al., 2000) in oltre il 90% dei casi: in particolare nel 78% dei casi sono state osservate
difficoltà a carico delle funzioni esecutive frontali e nel 60% dei casi a carico di memoria
o attenzione.
All’interno della nostra Unità Operativa l’intervento del neuropsicologo è rivolto a
pazienti con lesioni emisferiche maligne (gliomi) o benigne (meningioma, adenoma
ipofisario), sia giovani che anziani, e pazienti vascolari trattati in seguito ad ESA
(emorragia sub-aracnoidea) da rottura di aneurisma, pazienti con angiomi cavernosi e
pazienti che presentano malformazioni artero-venose (MAV).
In generale i pazienti con lesioni emisferiche mostrano una sintomatologia variabile in
funzione della localizzazione anatomica. Con questa tipologia di pazienti il
neuropsicologo utilizza una testistica di base ed una testistica specifica che viene guidata
dalla sede della lesione e dalla fase della valutazione. Ad esempio nella valutazione di
pazienti con glioma in sede frontale la testistica neuropsicologica viene focalizza sul
funzionamento dei lobi frontali attraverso test che valutino le capacità di pianificazione
e di decisione, la flessibilità cognitiva, le capacità di categorizzazione, il ragionamento
astratto e le capacità di inibizione. La testistica neuropsicologica legata ai lobi frontali si
focalizza sulle abilità attentive, di pianificazione, memoria e di linguaggio (emisfero
domninante), inoltre lesioni frontali sono associate a deficit cognitivi generali come il
rallentamento ideativo e la perdita di concentrazione, riduzione dell’eloquio, disturbi
dell’umore e della personalità; la testistica legata ai lobi temporali si focalizza sulla
memoria verbale e non-verbale ed il linguaggio; del lobo parietale vengono indagati
disturbi somatosensoriali, estinzione tattile, agnosia tattile, disturbi del calcolo,
negligenza spaziale unilaterale e aprassia (costruttiva, ideomotoria, dell’abbigliamento)
e la sindrome di gerstmann (agrafia, acalculia, agnosia digitale, disorientamento
destra/sinistra); a livello occipitale è frequente osservare disturbi visivi come emianopsia
o agnosia visiva e alessìa.
Il lavoro del neuropsicologo con pazienti che presentano gliomi o meningiomi è volto
ad indagare la presenza di difficoltà generali a carico delle funzioni cerebrali, come
mancanza di concentrazione, irritabilità, inerzia, smemoratezza e apatia, frequentemente
lamentate sia dai familiari che dai pazienti stessi, che deficit neurologici focali e sede-
specifici. Per quanto concerne la popolazione di pazienti con adenoma ipofisario è stato
dimostrato che le alterazioni delle funzioni cognitive, quando presenti, sono spesso
rappresentate da deficit di memoria, attenzione e delle funzioni esecutive (Psars et al.,
2011). Con questi pazienti è molto importante, considerando le alterazioni ormonali,
indagare anche la componente personologica, psicopatologica e di qualità di vita (Milian
et al., 2013). Nei pazienti con patologie vascolari ci si focalizza sulla testistica sede-
specifica in fase sub-acuta, mentre vengono indagate tutte le funzioni cognitive in fase
acuta e post-operatoria. Infine, nei pazienti colpiti da emorragia subaracnoidea è molto
importante non trascurare l’aspetto emotivo post-traumatico.
Il neuropsicologo collabora all’interno dell’equipe di neurochirurgia effettuando
valutazioni che hanno lo scopo di fornire indicazioni circa lo stato cognitivo generale del
paziente e la presenza di deficit specifici delle funzioni cognitive, definendone
caratteristiche funzionali e gravità.
Sulla base di quanto osservato con la valutazione neuropsicologica ed i colloqui clinici,
il neuropsicologo si occupa dell’indicazione circa l’idoneità alla chirurgia a paziente
sveglio (awake surgery), l’implementazione di programmi riabilitativi specifici e di
segnalare eventuali peggioramenti e/o problematiche specifiche relative al singolo
paziente, facendo rete tra i diversi membri dell’équipe e gli altri specialisti (ad esempio
neurologo e psichiatra).
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