Nuova caledonia - Vanuatu - isole salomone - Lanterna del Viaggiatore
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Informazioni generali: DURATA DEL VIAGGIO: 24 – 25 giorni. PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Luglio – Settembre. COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Vi consigliamo di adoperare per l’andata lo scalo aeroportuale di Nouméa in Nuova Caledonia, mentre per il ritorno quello di Munda alle Isole Salomone. FUSO ORARIO: + 10 ore rispetto all’Italia. DOCUMENTI NECESSARI: Per accedere sia alla Nuova Caledonia, anche se territorio francese, sia in Vanuatu è necessario possedere il passaporto. Per permanenze inferiori ai 30 giorni a Vanuatu è necessario un visto che però potrete farvi rilasciare all’aeroporto di Port Vila non appena atterrerete nella nazione pacifica. Per accedere alle Isole Salomone è necessario possedere un passaporto con validità residua di almeno 6 mesi e possedere un biglietto di ritorno valido per l’espatrio. Inoltre in caso vi venisse richiesto dovrete dimostrare la vostra capacità economica ad auto sostentarvi una volta in loco. PATENTE RICHIESTA: La patente italiana è sufficiente per guidare in Nuova Caledonia mentre dovrete possedere la Patente Internazionale per guidare a Vanuatu. In entrambi gli stati la guida si svolge a destra. E’ necessaria invece la patente internazionale per guidare alle Isole Salomone, ma probabilmente non avrete bisogno di noleggiare alcun mezzo di trasporto durante la vostra permanenza. La guida ad ogni modo si svolge a sinistra. RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Il livello di sicurezza in Nuova Caledonia è buono in tutta la regione. A Vanuatu la sicurezza è discreta, ma siate accorti a non andare in spiagge isolate di notte poiché sono stati riferiti episodi di aggressione a carico dei turisti. E’ buona norma a Vanuatu richiede il permesso a un residente per entrare nei villaggi rurali. Si ricorda che Vanuatu è un territorio formente sismico e vulcanico pertanto possono verificarsi terremoti improvvisi e che entrambi i luoghi prestate sono oggetto di transito di violenti cicloni tra dicembre e aprile. La situazione sanitaria in Nuova Caledonia è buona, con ospedali nelle principali città di un livello comparabile con quello 2
occidentale. Le uniche malattie endemiche sono quelle legate alla trasmissione mediante punture di zanzare infette (dengue, virus Zika, virus Chikunguya). La situazione sanitaria a Vanuatu è invece molto lacunosa: mancano presidi ospedalieri che forniscano anche cure basilari (i casi più complessi vengono dirottati in Nuova Caledonia o direttamente in Australia) e le farmacie sono spesso sprovviste dei principali farmaci. Tra le malattie più diffuse a Vanuatu ci sono l’epatite A e B, il tifo e la malaria per la quale è indispensabile una profilassi. Molto diffuse sono anche quelle patologie legate alla trasmissione mediante punture di zanzare infette (dengue, virus Zika, virus Chikunguya). Vi raccomandiamo di stipulare sempre un’assicurazione sanitaria che copra le spese mediche di primo soccorso ed eventuali voli sanitari verso l’estero o verso l’Italia. La situazione politica negli ultimi anni si è progressivamente stabilizzata alle Isole Salomone ma rimangono possibili improvvise tensioni etniche tra le varie tribù nazionali. Nello specifico il livello di sicurezza è basso principalmente nella capitale Honiara dove furti, rapine, risse e intimidazioni (anche sessuali) agli stranieri sono cosa diffusa. Va ricordato che il territorio delle Isole Salomone è altamente sismico e che da novembre a maggio le isole vengono costantemente sferzate da imponenti cicloni. La situazione sanitaria alle Isole Salomone è assai deficitaria, gli unici ospedali presenti si collocano nella capitale Honiara, ma i casi complessi vengono dirottati all’estero (tipicamente in Australia). Nelle isole esterne i presidi medici sono quasi inesistenti e i collegamenti marittimi tra le isole sono molto lenti e soggetti a improvvisi blocchi. Le malattie endemiche sono quelle legate alla trasmissione mediante punture di zanzare infette (dengue, virus Zika, virus Chikunguya) e l’epatite A e B. E’ buona norma non consumare mai cibi crudi o aggiungere ghiaccio alle bevande ed essere indipendenti per quanto concerne i farmaci necessari alla vostra salute (le farmacie sono pochissime e poco provviste di presidi). Vi raccomandiamo di stipulare sempre un’assicurazione sanitaria che copra le spese mediche di primo soccorso ed eventuali voli sanitari verso l’estero o verso l’Italia. MONETA: FRANCO FRANCESE PACIFICO in Nuova Caledonia VATU a Vanuatu. DOLLARO DELLE ISOLE SALOMONE alle Isole Salomone. MONETA: 1 € = 128, 99 Vatu di Vanuatu. 1 € = 121, 11 Franchi Francesi Pacifici della Nuova Caledonia. 1 € = 9, 18 Dollari delle Isole Salomone. 3
Descrizione del viaggio: 1° - 2° giorno: trasferimento fino in Nuova Caledonia Volare dall’Italia fino al possedimento francese pacifico della Nuova Caledonia è ormai una possibilità supportata da voli relativamente comodi e veloci che possono completarsi anche facendo un unico scalo intermedio (in genere presso gli aeroporti di Tokyo). Sia che partiate da Milano che da Roma in questo caso potrete atterrare a Nuoméa, il capoluogo locale, nel giro di soli due giorni di calendario (23 ore complessivamente la tratta) nonostante un cambio di fuso orario decisamente sfavorevole (in avanzamento). Esistono tuttavia anche opzioni che prevedono un doppio scalo intermedio (in genere il primo a Doha, Hong Kong o Singapore e il secondo ad Auckland) che però dilungano il viaggio di andata ad almeno 35-40 ore e per il quale necessariamente dovrete contare tre giorni di calendario per il suo completamento. 3° - 4° - 5° - 6° - 7° giorno: NUOVA CALEDONIA: NUOMEA - GRANDE TERRE - ILE DES PINS Avete un’insaziabile voglia di Pacifico con le sue spiagge da sogno e i suoi ritmi lemmi e cordiali ma non volete perdere un tocco di classe e sfaccettare un po' snob? Bene, benvenuti in Nuova Caledonia, letteralmente un frammento di tropici infarciti di savoir faire francese, un connubio tanto eccentrico da risultare quasi sempre vincente. Questa collettività francese d’oltremare (status ribadito da un referendum popolare del 2018 che ha sancito come il 56% della popolazione locale abbia voluto mantenersi dipendente dalla Francia) si compone di un’isola principale, Grande Terre, di proporzioni davvero ragguardevoli per essere un’isola dell’Oceania (è lunga ben 400km e larga mediamente 50km, la terza per dimensioni del continente dopo la Nuova Zelanda e Papua) e deve la sua origine geologica ad un repentino distaccamento dalla placca australiana avvenuto circa 65 milioni di anni fa. Essendosi trovata in una posizione isolata già da tempi così remoti questo antico distaccamento del supercontinente Gondwana presenta quindi un endemismo di flora e fauna tra i più spiccati del globo, specie nel settore ornitologico di cui fa parte il simbolo non ufficiale della Nuova Caledonia, l’uccello inabile al volo di nome kagu. Grande Terre è tagliata in due da una omogenea catena montuosa (che culmina nel Mt Panié, 1629m di quota) che conferiscono all’isola un clima duplice: tropicale e umido lungo la costa orientale e secco da savana a quello occidentale. Tutto attorno alla principale isola della 4
Nuova Caledonia si estende quindi un’enorme laguna marina da 24.000 kmq (la più grande del mondo) che consta di una eccezionale barriera corallina che appare lunga 1600 km! Sotto un profilo etnografico la Nuova Caledonia consta di circa 250.000 abitanti, concentrati in larga parte nella capitale Nouméa (125.000 residenti), che parlano sia il francese sia una serie di idiomi melanesiani (canachi) e che professano per il 60% un culto cristiano. Storicamente le genti locali si distinguono tra kanak (cittadini discendenti dai popoli melanesiani originari) e gli europei immigrati (a loro volta suddivisi negli snob e altolocati metrò e nei più dozzinali e sinceri caldoche), ma tutti in Nuova Caledonia professano un alto attaccamento alla famiglia e una passione per le attività all’aperto (jogging, nuoto, bicicletta o gioco delle bocce che sia). Un’attività tradizionale molto praticata ancora oggi è l’intaglio del legno, elevato a vera e propria arte in Nuova Caledonia. Per quanto concerne la storia della regione invece le prime popolazioni ancestrali di Grande Terre provennero dalle Vanuatu intorno al 1500 a.C., a cui si sostituirono e affiancarono molte genti polinesiane nel corso del Medioevo. Grande Terre venne scoperta dagli europei solo nel 1774 dal celeberrimo capitano inglese James Cook che immediatamente ribattezzò l’isola e la regione Nuova Caledonia giacché in lui questo panorama suscitò memoria della sua amata Scozia (o Caledonia che dir si voglia, in realtà l’accostamento è quantomeno opinabile). I primi tentativi di evangelizzazione delle popolazioni locali avvennero solo verso la metà dell’800, nel medesimo periodo in cui la Francia ottenne il controllo di Grande Terre (1853) e iniziò ad adoperare questo possedimento come colonia penale. Dopo aver fornito soldati per l’esercito transalpino sia nella prima che nella seconda guerra mondiale ed essere divenuto un perno della logistica dell’esercito statunitense negli anni della guerra al Giappone (1941-1945) la Nuova Caledonia visse quindi la seconda metà del ‘900 tra il boom economico dovuto al proliferare dell’industria estrattiva del nichel (ancora salda oggi) e un susseguirsi di correnti indipendentiste che sfociarono negli anni ’80 in vere e proprie rappresaglie armate contro i francesi. Solo accordi successivi portarono di nuovo l’ordine in Nuova Caledonia in attesa di una consultazione popolare (avvenuta nel 2018) che avrebbe dovuto sancire l’indipendenza o meno della regione da Parigi: invero i neo caledoniani stessi hanno recentemente deciso di continuare a vivere sotto l’ala protettiva transalpina. Giacché atterrerete in terra francese d’oltremare presso l’aeroporto internazionale del capoluogo Nouméa appare quasi doveroso spendere la prima giornata in Nuova Caledonia per la scoperta di questa cosmopolita cittadina. Situata su una bella penisola circondata da invitanti baie Nouméa è la quintessenza di cosa vi aspettavate dalla Nuova Caledonia: qui convivono ristoranti di chef stellati francesi con taverne cinesi tradizionali, ma anche boutique griffate (specie in zona di Rue Sebastopole) con negozi di artigianato in cui i maestri locali realizzano le loro opere con la loro leggendaria calma. Una visita classica a Nouméa ha inizio dalla vasta Place des Cocotiers, autentico baricentro delle attività locali perennemente zeppo di giovani al pomeriggio che amano ballare liberamente la musica hip-hop. Muovendo verso sud da questa grande piazza rapidamente raggiungerete quindi le cupole della Cathedrale Saint Joseph, del 1888, con magnifiche pale d’altare e vetrate istoriate al suo interno, e quindi ulteriormente verso sud lo slanciato totem Mwa Ka che rappresenta sul suo tronco portante alto 12 metri le otto regioni storiche della Nuova Caledonia. Da qui a completamento della mattinata (e ottimo anche per un buon pranzo a base di 5
street food) vi sarà agilissimo raggiungere Le Marché, pittoresco mercato ortofrutticolo collocato nella zona del porto attraverso il quale potrete iniziare a familiarizzare con i sapori di Grande Terre. Nel pomeriggio una meta classica per una piccola escursione fuori porta da Nouméa è poi il Centre Cultural Tjibaou, che ricorda il leader indipendentista locale assassinato nel 1989 e che esplica in profondità i sentimenti mai domi di volontà di indipendenza di buona parte della popolazione odierna della Nuova Caledonia. In prima immagine una vista aerea di Nouméa, capoluogo della Nuova Caledonia splendidamente collocato tra baie e mari turchesi squisitamente melanesiani. Al centro quindi la mole della sua ottocentesca Cathedral Saint Joseph ed infine i colori e i sapori del suo Le Marché, cornucopia dei vezzi alimentari locali. A seconda della vostra predilezione per le attività subacquee potrete poi impiegare i giorni a seguire in Nuova Caledonia per l’esplorazione di più o meno reef sommersi di straordinaria bellezza situati nell’immensa laguna perimetrale di Grande Terre. L’area di immersione più comoda e vicina a Nouméa è sicuramente il Passe de Boulari, limitrofo alla Amédée Islet (25 km a sud di Nouméa), dove abbondano specie pelagiche imponenti come gli squali. Se invece volete una scorpacciata di coralli, pesci tropicali, gole, abissi marini e crepacci dirigetevi 6
senza indugio al Grand Recif de Poum (425km, 5 ore da Nouméa) o ai Récif Kuan, Mengalia e Domain adiacenti al villaggio di Hienghene (380km, 5 ore da Noumèa). Come intuirete dalle distanze chilometriche questi borghi sul mare, autentico paradiso per i sub, sono situati all’estremità opposta (nord) di Grande Terre e necessitano quindi importanti sforzi e tempo per essere raggiunti da Nouméa, pertanto calcolate almeno quattro giorni di stanza per goderveli appieno. Un’alternativa meno complicata da raggiungere da Nouméa ma sempre assolutamente affascinante per gli amanti del mondo sottomarino (o anche solo per gli amanti della spiaggia) è la Ile des Pins, situata a 120km di navigazione direttamente da Nouméa. Quest’isola a differenza di Grande Terre ha una genesi corallina e pertanto appare decisamente più come il sogno ad occhi aperti di molti viaggiatori rispetto alla rocciosa Grande Terre (qui non mancano spiagge di sabbia bianca e macchie di foresta tropicale, ma come suggerisce il nome ampio spazio di diffusione hanno anche i pini marittimi, vera icona dell’isola). L’attracco dei traghetti provenienti da Nouméa avviene nell’abitato di Kuto, ideato come sede di una prigione penale nel XIX secolo e oggi decisamente più apprezzabile per le splendide baie gemelle di Kuto e Kanumera che si prestano ottimamente alla balneazione. L’abitato principale dell’Ile des Pins è Vao, epicentro dell’evangelizzazione dell’isola (come testimoniano la sua chiesa ottocentesca e la Statue de St Maurice che ricorda l’arrivo dei primi missionari in zona), ma soprattutto sede della splendida Baie de St Joseph, perennemente solcata da piroghe mosse abilmente da vecchi marinai che amano riposarsi all’ombra delle palme da cocco. Da qui parte una delle escursioni giornaliere più indimenticabili dell’Ile des Pins che vi permetterà di raggiungere su queste piroghe in legno dalle vele triangolari la remota ma strabiliante Baie d’Oro dove potrete assaporare nei ristorantini sul mare la bougna, piatto nazionale melanesiano. Si tratta di involtini di igname, patate dolci, taro, verdure, carne o pesce, bagnate con lette di cocco e avvolti in foglie di banano, una vera prelibatezza. Per avere tempo sufficiente per apprezzare appieno l’ambiente quasi incontaminato, pacifico e coinvolgente della Ile des Pins, per nuotare nelle sue idilliache piscine naturali o per volteggiare sott’acqua tra gli strapiombi, le gorgonie e i banchi di pesci della Baie de Gadji o del Récif de Kasmira, valutate sicuramente una permanenza in zona di almeno quattro giorni, viaggi di andata e ritorno verso Nouméa compresi. Ricordate infine che in quinta giornata nella Nuova Caledonia dovrete anche ottemperare alla necessità del trasferimento aereo da Nouméa fino a Port Vila (90 minuti di volo, gestito da Air Calin o Air Vanuatu) per raggiungere infine l’arcipelago delle Vanuatu, meta di proseguimento del vostro viaggio in Melanesia meridionale. 7
Alcuni scorci che renderanno indimenticabili i vostri giorni passati in Nuova Caledonia: dalle immersioni tra gli squali del Passe de Boulari, sino agli idilliaci scenari marini della incontaminata Ile des Pins dove autoctoni e turisti sono soliti raggiungere le baie più appartate e intriganti dell’isola sulle pirogue, condotte da abili marinai, veri maestri della navigazione a vela triangolare. 8° giorno: VANUATU: ISOLA DI EFATE - PORT VILA Paradiso tropicale a tutti gli effetti le isole dell’arcipelago delle Vanuatu sono una piacevole sorpresa per tutti i viaggiatori, compresi i più incalliti frequentatori del Pacifico che potranno assaporare ancora oggi nel XXI secolo un angolo di Melanesia molto conforme al suo aspetto originale. La natura troneggia a Vanuatu con isole lussureggianti percorse da cascate scroscianti, vulcani in perenne attività e acque turchesi e limpide come nelle migliori aspettative dei Mari del Sud. Geograficamente l’arcipelago delle 83 isole costituenti le Vanuatu si colloca al confine orientale del Mar dei Coralli in una cintura vulcanica molto attiva, fattore che comporta ricorrenti episodi di violenti terremoti seguiti da classici tsunami. Il clima alle Vanuatu è a metà strada tra quello tropicale e quello equatoriale con una stagione umida (gennaio-marzo) con temperature prossime ai 30° e cicloni frequenti e una secca (agosto-ottobre) che fanno registrare valori medi della colonnina di mercurio attestati sui 25°. La composizione etnica degli abitanti di Vanuatu è molto omogenea essendo per ben il 98% di origine melanesiana, parlanti il bislama (lingua creola derivata dall’inglese) e professanti una religione cristiana. Purtroppo la nazione paga ancora un divario importante in termini sanitari (la speranza di vita media è ancora inferiore ai 70 anni) e in termini educazionali (ben il 26% della 8
popolazione è tuttora analfabeta) con il resto della regione melanesiana e polinesiana. Il perché di tali fosche caratteristiche va probabilmente ricercata nell’economia ancora largamente basata su un agricoltura di mera sussistenza che alimenta le famiglie di Vanuatu. I prodotti più commerciati sono la copra, le noci di cocco e la kava, mentre una buona dose di introiti nazionali deriva dai capitali esteri che fluiscono nelle banche di Vanuatu attratti da un regime fiscale particolarmente agevole per i grandi patrimoni. Sotto un profilo sociale gli abitanti di Vanuatu hanno una profonda connessione con la natura che li circonda, plasmando le loro vite sulla stagionalità e posseggono un forte senso del dovere, soprattutto per quanto concerne i lasciti pervenuti loro dagli antenati. La struttura sociale dei villaggi è ancora oggi incentrata sulla figura del capo tribù, indiscutibile, e del nakamal, un circolo di maschi anziani che amministra le faccende comunitarie. LE tradizioni hanno allo stesso modo un valore di aggregazione spiccata a Vanuatu: danze tribali, canti ritmati, sculture in legno, artigiano di cesti, stuoie e oggetti intrecciati sono tutte peculiarità diverse da isola ad isola, come allo stesso modo avviene per i costumi classici. A Tanna e Pentecost è usuale vedere gli uomini girare per le vie del villaggio con il namba (astuccio penieno) e le donne in gonnelline di fiori, a Espiritu Santo gli uomini vagano per le strade in perizoma e le donne con gonne di foglie, mentre a Malekula gli abiti più usati sono intrecciati in fibre di banano. Sotto un profilo storico infine è bene che sappiate che le isole di Vanuatu sono popolate da genti di origine melanesiana provenienti dalle Isole Salomone da ormai 3000 ani, a cui seguirono ondate migratorie successive provenienti dalla Polinesia. Le civiltà tribali locali rimasero pressoché immutate (e praticanti il cannibalismo) sino all’arrivo degli europei, nella fattispecie gli spagnoli che sbarcarono a Espirtu Santo nel 1606. Fino alle esplorazioni del francese de Bougainville (1768) e di James Cook (1774) le Vanuatu rimasero però pressoché al di fuori dei flussi commerciali occidentali nella regione e solo sporadicamente fatte oggetto di maldestri tentativi di evangelizzazione da parte di missionari cristiani che finirono il più delle volte fatti prigionieri e mangiati dai locali nel corso addirittura dell’800. Solo a partire dal 1848 gli autoctoni iniziarono ad aprirsi al mondo cristiano e congiuntamente a commerciare, specie coi cinesi, l’ambito legno di sandalo tanto diffuso sulle isole, in cambio di armi, tabacco e persino controparti di prigionieri umani dei villaggi nemici da consumare come alimento in quanto bottino di guerra. Solo nel 1906 le potenze coloniali inglesi e francesi riuscirono a mettere le loro tentacolari mani sulle isole di Vanuatu, adottando una singolare politica di amministrazione congiunta che si rivelò però spesso fumosa, inconcludente e fallimentare. Vanuatu ritornò sulla ribalta internazionale quindi nel corso della seconda guerra mondiale quando nel 1942 fu il baluardo statunitense nell’area della Melanesia che non capitolò mai di fronte all’avanzata nipponica nella regione. Concluso il conflitto gli States si affrettarono a lasciare Vanuatu al proprio destino (lasciando moltissime armi sul territorio) e facendo ripiombare la nazione nel controllo unito di forze inglesi e francesi, salvo poi nel 1980 ottenere tutto l’arcipelago di Vanuatu l’indipendenza e il riconoscimento come stato autonomo sullo scacchiere internazionale. Epicentro di quasi ogni attività dello stato insulare di Vanuatu risulta, oggi come un tempo, l’isola di Efate dove si colloca la vibrante capitale Port Vila, incastonata tra alture collinari prospicienti baie dai pescaggi profondi ideali per la realizzazione di porti per grandi navi. 9
Port Vila riveste un ruolo egemone su Vanuatu sin dal 1906, anno in cui il dominio duplice anglo-francese decise di porvi il proprio centro coloniale di riferimento sull’arcipelago. Non mancano quindi a Port Vila begli edifici novecenteschi di foggia europea ma anche reminescenze importanti della seconda guerra mondiale, periodo in cui divenne un caposaldo della presenza Alleata nel Pacifico con l’istallazione di svariate stazioni radar di fondamentale importanza nel periodo bellico. Turisticamente parlando Port Vila merita invero giusto una giornata del vostro tempo ma non vagliate l’ipotesi di escluderla dal vostro tour di Vanuatu, finireste irrimediabilmente per non comprendere appieno lo spirito e lo stile di vita di questa nazione melanesiana. La piccola capitale (circa 45.000 abitanti sui 250.000 dell’arcipelago) ruota attorno alle banchine del suo trafficato porto proprio laddove sorgono i due principali siti di interesse dell’abitato: il Vanuatu National Museum e il Mercato all’Aperto. Il museo risulta essere una perfetta introduzione agli usi e costumi isolani con svariate sale che espongono canoe tradizionali, tamtam, abiti del folklore locale, spiegazioni sulle credenze magiche e pagane dei popoli melanesiani e con una nutrita esposizione di fotografie, anche storiche, che tracciano un delineante percorso nelle menti dei turisti su cosa voglia dire essere un cittadino di Vanuatu. Il Mercato all’Aperto invece è il luogo ideale in cui familiarizzare con gli autoctoni e avere un primo approccio con i sapori dei numerosi frutti tropicali che caratterizzano la cucina dell’arcipelago. Nel pomeriggio quindi potrete completare la vostra giornata a Port Vila o con veloci uscite in battello sino alle isolette limitrofe di Erakor o Iririki per un tuffo nelle calde acque locali, oppure raggiungere i Secret Gardens (giardini botanici) e l’Ekasaup Cultural Village, un villaggio tradizionale ricostruito per i viandanti, nell’immediato entroterra di Efate a seconda delle vostre personali inclinazioni. Vi rammentiamo ad ogni modo che Port Vila, a sera, risulta essere il centro, pressoché unico, dei divertimenti serali e dei locali notturni di Efate (se non addirittura di tutta Vanuatu), non mancate! 10
In prima immagine uno scorcio del Mercato all’Aperto di Port Vila, capitale di Vanuatu. Al centro un vista panoramica sull’adiacente isoletta di Iririki, valvola di sfogo perfetta per i desideri marini della popolazione di Port Vila e sede anche di lussuosi resort. Infine a destra alcuni figuranti che si esibiscono in danze tribali presso l’Ekasup Cultural Village, buona introduzione alla cultura di Vanuatu. 9° - 10° giorno: VANUATU: ISOLA DI MALEKULA Raggiungibile in solo un’oretta di volo (gestito dalla compagnia di bandiera Air Vanuatu) l’isola di Malekula rappresenta un unicum nel panorama locale con una curiosa forma simmetrica composta da due inospitali altipiani posti a circa 700 m sul livello del mare interconnessi tra loro da una stretta pianura nota come Dog’s Neck. Melekula forse non brillerà per le sue bellezze naturalistiche ma è un luogo perfetto per calarsi nella tradizionale società melanesiana. Storicamente l’isola è abitata da due tribù affini ma in costante sfida tra loro: i Big e gli Small Nambas, così chiamati per il più grande o più ridotto astuccio penieno che i maschi che li compongono sfoggiano come “abito” usuale. Gli Small Nambas sono originari della più grande sezione meridionale di Malekula, mentre i guerreschi Big Nambas dimorano classicamente nella propaggine settentrionale di Malekula e per secoli hanno avuto fama di essere indomiti e impietosi combattenti che erano soliti commettere atti di cannibalismo nei confronti dei vinti. Nei loro villaggi ardeva sempre infatti un fuoco pronto a cucinare gli sconfitti che poi venivano serviti in cerimonie di festeggiamento ai membri della comunità. Ancora oggi i villaggi Big Nambas perpetrano riti folkloristici molto destabilizzanti compiendo dande vigorose agghindati con piume tra i capelli, noci come sonagli alle caviglie ed essendo cosparsi di carbone o olio di cocco. Se vorrete prendere confidenza direttamente con la società ancestrale di Vanuatu non mancate di compiere la classica spedizione che tocca il sito dei sacrifici di Sanwir, di visionare le rovine di Amokh e di girovagare senza meta tra i villaggi rurali locali: sarete davvero stupiti dalla bellezza dei costumi locali e dall’attaccamento alla tradizione di questi autoctoni. Nella seconda giornata a Malekula potrete invece, previo un noleggio di una bicicletta o di una moto da cross, muovere in direzione dei villaggi meridionali degli Small Nambas e completare la giornata sguazzando tra le splendide acque particolarmente idonee allo snorkeling delle Maskelyne, deliziosi isolotti costieri. Per quanto concerne la nottata invece vi consigliamo di adoperare sempre le poche ma funzionali strutture ricettive situate nei pressi dell’aeroporto di Norsup, principale porta di accesso a Malekula. 11
Alcuni scatti che immortalano le danze rituali, i costumi sgargianti ed elaborati e che esprimo appieno il complicato mosaico di usi e costumi delle popolazioni indigene di Malekula: i Big e gli Small Nambas, considerati per secoli guerrieri inossidabili e impietosi cannibali. Oggi non c’è più il rischio di finire cucinati dalle tribù locali ma il senso di rispetto e fierezza che incutono è assolutamente ancora tangibile. 11° - 12° - 13° giorno: VANUATU: ISOLA DI AMBRYM - ISOLA DI PENTECOST Situate a poche decine di chilometri ad est rispetto a Malekula e costituenti la spina dorsale orientale delle Vanuatu le isole di Ambrym e Pentecost sono considerate i veri gioielli segreti della nazione, l’una sotto l’accezione naturalistica, l’altra sotto quella sociale. Ambrym è la più vicina a Malekula (circa 30 km ad est) e quindi quella più facilmente raggiungibile via mare (l’unico, ma discontinuo, collegamento è un traghetto da Lakatoro, a Malekula, a Craig Cove, ad Ambrym, gestito da operatori statali). Pentecost invece è raggiungibile facendovi accompagnare in motoscafo direttamente da Nobul, porto situato all’estremità settentrionale di Ambrym. Ambrym possiede un nomignolo quanto mai veritiero: “black island" dovuto alla sua composizione del suolo, tipicamente nero, sintomo di una forte presenza di materiale basaltico che nel corso dei millenni gli attivi vulcani dell’entroterra hanno riversato su questo affioramento marino. Essendo stata colpita da numerosi eventi calamitosi di stampo naturale non deve suonare misterioso il perché proprio Ambrym sia 12
divenuta la patria delle credenze di stregoneria e magia delle Vanuatu: qui gli sciamani hanno ancora un forte ascendente sulla popolazione e siete caldamente invitati a non mettervi a discutere coi locali sulla veridicità delle loro supposizioni. Un’altra peculiarità di Ambrym è inerente alla bravura dei suoi abitanti nell’arte della scultura con la sabbia, attività nella quale davvero eccellono. Praticamente qualsiasi visita di Ambrym si incentra sulla scalata alla caldera dei vulcani gemelli Benbow e Marum che condividono un’ancestrale bocca di fuoco comune ormai completamente priva di vita e ricoperta da spessi strati di cenere color pece. L’ascesa ai vulcani, specie dal lato occidentale di Ambrym (via Emiotungun, 6 ore, o via Lalinda, 4 ore) è davvero spettacolare: attraverserete dapprima una giungla impenetrabile, sfocerete quindi sull’altopiano desertico sommitale e infine perverrete al bordo dell’infuocata caldera sommitale (circa a 1200m di quota). Qui a parte sparute nuvole di vapore che si librano nel cielo troverete solo un paesaggio spoglio e rovente, con il cono collassato del Benbow e il lago magmatico del Marum che ribolle costantemente. Come non bastasse tutto questo negli anfratti dei campi di lava solidificati non mancheranno incontri ravvicinati con serpenti o fumarole solforose che “regalano” un’atmosfera dagli odori poco rassicuranti. Se avrete modo di raggiungere rapidamente Ambrym da Malekula in mattinata (o se deciderete di compiere l’attraversata nel pomeriggio del giorno prima) potrete compiere comunque agevolmente l’escursione in giornata. Il secondo giorno nella sezione orientale di Vanuatu si incentra invece sulla remota isola di Pentecost, un affioramento che è diventato famoso in tutto il mondo per lo stravagante rito naghol (si svolge a metà settembre) che consiste in una sorta di bungee jumping rituale secondo cui i maschi dei villaggi di Pentecost risalgono improvvisate torri erette con tronchi (se riescono di forma antropomorfa e alte sino a 35 metri) e si gettano di testa nel vuoto ancorati solo per i piedi a liane elastiche per propiziarsi un buon raccolto di igname nella stagione successiva e il benvolere degli dei. Ovviamente già solo questa descrizione vi fa capire come qui la tradizione e l’osservanza del folklore classico melanesiano siano sentiti, a corroborazione di tale tesi vedrete anche come i maghi siano qui personalità molto influenti, soprattutto per la convinzione che siano loro a mutare il clima e permettere le piogge stagionali indispensabili per il sostentamento delle comunità locali. Gli abitanti del posto sono inoltre soliti vestirsi con piume, cavigliere rumorose e stuoie di pandano divenendo così altamente scenografici. Secondo tradizione la sezione più pittoresca di Pentecost è quella meridionale, nei pressi dei villaggi di Salap, Wali e Panas dove sono erette a settembre le torri più grandi per il naghol e dove si trovano anche discreti siti per lo snorkeling ad Homo Bay. Se riuscirete a persuadere i barcaioli in arrivo da Ambrym ricordate che potrete approdare anche direttamente a Panas massimizzando così le esperienze che potrete fare a Pentecost, condensandole nell’arco di una singola giornata. A sera infine fate rientro via mare a ritroso verso la vostra sistemazione ad Ambrym. 13
Nelle prime due immagini potete ammirare l’entroterra composto da roboanti vulcani e da immense caldere sterili con laghi magmatici attivi che contraddistinguono l’interno dell’isola di Ambrym, anche culla delle tradizioni stregonesche delle Vanuatu. In terza immagine invece alcuni dei famosi saltatori di Pentecost, che si esibiscono per ingraziarsi gli dei durante la festa di naghol. 14° - 15° - 16° giorno: VANUATU: ISOLA DI ESPIRITU SANTO Espiritu Santo è natura, sopra e sotto il livello dell’acqua. Collocata verso l’estremità settentrionale dell’arcipelago di Vanuatu e raggiungibile mediante un veloce (45 minuti) volo diretto da Ambrym (gestito da Air Vanuatu) Espiritu Santo saprà emozionare e contagiare con le sue meraviglie anche i viaggiatori più esperti dei paesi del Pacifico. Il punto forte di questa isola sono sicuramente le sue calde, turchesi e pullulanti di vita acque oceaniche, con una particolare attenzione che dovrà giocoforza essere data al braccio di mare antistante il capoluogo Luganville noto come Segond Channel. In questo ristretto e poco profondo (massimo 50 metri) braccio di mare che divide Espiritu Santo dall’isola costiera di Aore si concentrano una quantità di relitti di enormi dimensioni (eccezionali sono le immersioni alla SS President Coolidge, un vero gigante degli abissi situato a soli 30 metri di profondità, si tratta in realtà di un ex transatlantico di lusso riadattato a usi bellici negli anni ’40 e andato perduto per aver urtato una mina amica). Allo stesso modo nelle acque del Segond Channel (che fu la base principale dell’esercito a stelle e strisce nel Pacifico della seconda guerra mondiale con oltre 500.000 uomini dislocati a Espiritu Santo) vi è 14
una sorta di deposito sommerso di armamenti e mezzi di trasporto statunitensi fatti volontariamente affondare dalla Marina americana sui fondali di Vanuatu (zona di Million Dollar Point). Anche se non siete appassionati di subacquea non perdetevi per nessuna ragione al mondo almeno un approccio tipo snorkeling con questo splendido mondo sottomarino, ma se credete che Espiritu Santo possa coinvolgervi solo con i suoi fondali vi state sbagliando. L’entroterra disegna un’intricata e quasi impenetrabile giungla con svariate grotte naturali e una serie di villaggi ancora oggi del tutto autosufficienti e legati intimamente alla perpetrazioni degli usi, culti e costumi tradizionali melanesiani del passato. Visto che la mattinata della prima giornata che dedicherete a Espiritu Santo sarà giocoforza dedicata al trasferimento aereo da Ambrym appare un buon consiglio quello di riservarvi il dì per familiarizzare con la principale cittadina del luogo, il capoluogo Luganville, e anche per iniziare a prendere accordi per le giornate (almeno due) di immersioni e snorkeling da svolgersi nel limitrofo Segond Channel. Luganville in sé è legata a doppio filo agli avvenimenti che la caratterizzarono in piena seconda guerra mondiale. Proliferò infatti come snodo logistico per l’organizzazione e il dislocamento delle truppe americane sul fronte della Melanesia (si vedono ancora molet baracche in lamiera ed edifici funzionali che adempirono a tale scopo) ma oggi si sta lentamente reinventando sia come mercato tropicale che come base per il turismo di Espiritu Santo, comprendendo anche un interessante introduzione ai costumi isolani presso il Lysepsep Culture Park. Nel pomeriggio infine potrete avere un primo contatto con le formazioni geologiche interne di Espiritu Santo raggiungendo la nota Millennium Cave, incastonata nella giungla e anticipata da pozze d’acqua fredde ma cristalline. La grotta in sé è colma di stalattiti, stalagmiti e pipistrelli. Merita infine un’ultima giornata del vostro tempo, dopo le immersioni nel Segond Channel, la sezione centrale di Espiritu Santo (raggiungibile con mezzi fuoristrada da Luganville) caratterizzata dalla presenza di due bei parchi naturalistici e da alcune delle più belle spiagge di tutte le Vanuatu. Fanno parte delle aree protette la Loru Conservation Area e la Vatthe Conservation Area che tutelano le principali foreste vergini costiere dell’isola e che sono percorsi da bellissimi sentieri rialzati su passerelle che potranno introdurvi nel cuore dell’intricata giungla di Espiritu Santo. Al pomeriggio però appare quasi doveroso prendersi del tempo per rilassarsi sui paradisiaci litorali di Lonnoc e Champagne Beach, situati l’uno accanto all’altro nei pressi dell’abitato di Hog Harbour. Giunto infine il tramonto fate rotta a ritroso verso Luganville dove potrete trascorrere l’ultima serata alle Vanuatu negli unici veri locali notturni pensati per i lungimiranti turisti che avranno avuto l’ardore di giungere sino in una delle vere ultime mete di frontiera dell’industria turistica del Pacifico. 15
Espiritu Santo è un’isola melanesiana dal fascino naturale unico. Qui si alternano straordinari siti per il diving nel Segond Channel (stracolmo di relitti di imbarcazioni e munizioni militari risalenti alla seconda guerra mondiale) a foreste costiere vergini sino a ritrovarsi come per incanto su alcune delle baie più spettacolari per il nuoto di tutte le Vanuatu (nel dettaglio Lonnoc Beach). 17° - 18° giorno: trasferimento fino alla Maroovo Lagoon alle Isole Salomone Il trasferimento da Espiritu Santo, nel cuore dell’arcipelago delle Vanuatu, sino alla perla della Provincia Occidentale delle Isole Salomone, la Maroovo Lagoon, risulta ancora ad oggi un complesso spostamento aereo nonostante vi stiate sempre muovendo all’interno della regione melanesiana. L’unica tratta percorribile è quella che da Luganville, ad Espiritu Santo, vi convoglierà (via Port Vila) sino a Brisbane, in Australia, laddove potrete imbarcarvi con un volo diretto sino a Munda, località chiave della Maroovo Lagoon. Calcolando che le coincidenze tra questi voli a Brisbane sono spesso complesse e non sempre agevoli dovrete mettere in conto almeno due giorni interi per il raggiungimento della vostra meta alle Isole Salomone. 16
19° - 20° - 21° - 22° giorno: PROVINCIA OCCIDENTALE - MAROOVO LAGOON Composte da oltre mille isole in totale le Salomone sono uno dei segreti della Melanesia meglio custoditi e più difficilmente raggiungibili. Anche se la capitale, Honiara, si trova sulla più grande isola di Guadalcanal (che ebbe anche un ruolo chiave durante le battaglie del Pacifico della Seconda Guerra Mondiale) l’angolo turisticamente più accattivante e naturalisticamente più incredibile delle Isole Salomone rimane la sua Provincia Occidentale, nella fattispecie comprendente la leggendaria Maroovo Lagoon. Le Isole Salomone hanno una genesi geologica vulcanica e posseggono grossomodo un clima stabile di tipo equatoriale, con temperature quasi sempre attorno ai 27° e un clima generalmente umido. La composizione etnica delle Salomone è molto omogenea, con il 93% delle persone di origine melanesiana (i polinesiani sono il 4% e i micronesiani il 2%), quasi tutti professanti la religione cristiana. Purtroppo anche le giovani generazioni delle Salomone devono convivere con un sistema sanitario e scolastico inadeguato (ancora il 22% della popolazione è analfabeta) e con croniche ristrettezze economiche dovute a una società tuttora basata su un’agricoltura di mera sussistenza (vengono coltivati specie riso, manioca, ortaggi e frutta tropicale), sull’esportazione della copra o del legname , che ne fanno una delle nazioni più povere dell’intera Oceania. In compenso ciò che defice in termini di modernità e agi contemporanei le Isole Salomone sanno contrappesare con la loro storia e cultura tribale, sicuramente unica. A lungo considerati indomabili guerrieri, cultori del cannibalismo, collezionisti di teschi e credenti in pratiche magico-pagane (tra cui la venerazione per gli squali considerati reincarnazione dei defunti) gli abitanti delle Salomone si sono aperte al mondo esterno si può dire solamente all’inizio del ‘900. In realtà le Salomone sono abitate dall’uomo sin dal 25.000 a.C. quando cacciatori raccoglitori provenienti dall’isola di Papua arrivarono su maldestre canoe sin su queste isole inviolate. Per millenni le popolazioni locali susseguirono a vivere secondo il kastom (consuetudine) basando la propria esistenza su una primordiale agricoltura, la pesca, la caccia, l’intaglio del legno (bassorilievi, ciotole e maschere), la pratica dei tatuaggi e la fabbricazione di canoe. I primi europei che scoprirono le Isole Salomone (nel ‘500) furono navigatori arditi provenienti dal Perù che tentarono una colonizzazione dell’area senza apprezzabili risultati. Nel ‘600 e ‘700 le Salomone rimasero pressoché inviolate e solo nell’800 cacciatori di balene e commercianti del legno di sandalo instaurarono contatti regolari con i nativi. A causa di tensioni tra questi e i nuovi arrivati, un’accoglienza spesso disastrosa degli evangelizzatori e la pratica costante del cannibalismo gli abitanti delle Salomone vennero tacciati di essere i più rudi e pericolosi dell’intera Oceania e per questo spesso confinati ai margini della diffusione del progresso occidentale. Solo con l’avvento del XX secolo i britannici riuscirono ad ottenere il controllo quasi completo dell’arcipelago delle Salomone. Queste isole, specialmente la centrale Guadalcanal, divennero il fulcro nel 1942 degli aspri combattimenti tra giapponesi e alleati sul fronte del Pacifico e si stima che nel volgere di pochi mesi furono inabissate in queste acque ben 67 navi da guerra e vi trovarono la morte quasi 40.000 soldati. La vittoria, dopo devastanti scontri 17
all’ultimo sangue, arrise infine agli americani nel 1943. Dopo la guerra alle Salomone fu ripristinato il protettorato britannico che proseguì sino al 1978, anno dell’indipendenza dell’arcipelago. Purtroppo da quando divennero una libera nazione le Salomone non ebbero in realtà grande pace, specie negli anni ’90 quando a Guadalcanal scoppiarono furiosi scontri civili tra i gwalesi autoctoni e gli immigrati provenienti dalla vicina isola di Malaita ceh sfociarono in centinaia di uccisioni per mano armata. Rimaste off limits per anni oggi le Salomone sono finalmente nuovamente accessibili ai turisti ma presentano pochissime strutture ricettive, un’economia ancora allo sbando, ma anche tanti angoli del tutto selvaggi, fattore principale che attrae i viaggiatori alla ricerca dell’essenza arcaica della Melanesia e dell’Oceania antica. Come predetto la sezione decisamente più intrigante delle Isole Salomone è quella della Provincia Occidentale, che ha nell’affioramento di New Georgia Island il suo cardine (vi si colloca anche l’aeroporto di Munda). Questo microcosmo è composto da isole lussureggianti con alture spesso nebulose, lagune turchesi su cui si muovono rapidi temporali che regalano giochi di luce e arcobaleni straordinari e spiagge dorate che si risolvono in barriere coralline pullulanti di pesci sgargianti e grandi cetacei. Non mancano inoltre numerosi lasciti della seconda guerra mondiale. Munda è l’epicentro dell’industria turistica della Provincia Occidentale, con discreti alberghi e ristoranti di buon livello. La sua posizione, lungo la costa meridionale di New Georgia Island, è particolarmente favorevole essendo situata alla contingenza tra la Roviana e la Vonavona Lagoon e si presta come ideale base per l’esplorazione dell’area essendo dotata sia di attracchi per il noleggio di imbarcazioni sia delle migliori agenzie di immersioni delle Salomone. Anche se le acque antistanti Munda sono strepitose molti tour operator vi convoglieranno classicamente verso la Grand Central Station (sito diving) o i resti del mercantile giapponese Toa Matu presso l’isolotto di Ghizo oppure verso il vero gioiello di New Georgia Island: la Maroovo Lagoon. Racchiusa da una doppia barriera corallina e punteggiata da isolotti ricolmi di vegetazione equatoriale e palme da cocco circondate da coralli la Maroovo Lagoon aspetta ormai da troppi anni il meritato riconoscimento come bene patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO. Purtroppo più il tempo passa più questa gemma naturale deve progressivamente fare i conti con i ciclici fenomeni di interramento della laguna che dopo la stagione delle piogge va ammantandosi di fango che sedimenta sul fondale soffocando pian piano i campi di corallo sterminato della Maroovo Lagoon. Si tratta di un processo squisitamente naturale ma pensare che un giorno questo paradiso sarà perduto è un fatto che desta scalpore in molti visitatori (affrettatevi a raggiungerlo perciò!). L’accesso classico alla Maroovo Lagoon avviene dalla pista di atterraggio di Seghe (su una propaggine che separa New Georgia Island da Vangunu Island, l’altra isola che compone il perimetro sud della laguna) e da qui potrete sbizzarrirvi in immersioni in moltissimi siti della Maroovo Lagoon. Come intuirete un soggiorno a New Georgia Island e limitrofi è un’esperienza esaltante specialmente per i cultori della subacquea e dello snorkeling, ma chiunque finirà per innamorarsi di questo paradiso terrestre ancora sgombro dalle folle. Per comprenderlo e godervelo con calma vi invitiamo caldamente a riservare alla Provincia Occidentale delle Isole Salomone almeno quattro giornate del vostro viaggio in Melanesia. 18
In prima immagine uno degli altari tradizionali delle Isole Salomone dedicato al culto dei teschi, reminescenza di pratiche classiche come il cannibalismo per cui queste isole sono state famigerate per secoli. Al centro invece due giovani indigeni che si muovono su classiche canoe tra i meandri della splendida Maroovo Lagoon, che potete apprezzare in una foto aerea in terza immagine. 23° - 24° - 25° giorno: trasferimento fino in Italia Il viaggio di ritorno dalle Isole Salomone verso l’Italia risulta oltremodo complesso e lungo, con la necessità di molteplici scali intermedi e uno sviluppo complessivo di almeno tre giorni di calendario per essere completato. La via più rapida e logica per volare verso l’Italia dalla Provincia Occidentale delle Salomone è imbarcarsi presso l’aeroporto locale di Munda in direzione Brisbane, in Australia, e da qui volare dapprima verso Dubai e quindi in Italia, a Roma o Milano che sia. Complessivamente la durata del viaggio di ritorno si attesta sulle 40-45 ore in totale, ma calcolate almeno tre giorni di calendario per il suo completamento, nonostante un cambio di fuso orario particolarmente vantaggioso (in regressione). 19
Puoi anche leggere