Maddalena, l'ennesima beffa

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La Rassegna Stampa – G8 La Maddalena

Maddalena, l'ennesima beffa
Il ministro Clini declassa l'arcipelago e lascia alla Regione il compito di
provvedere alla bonifica mancata. Peccato che i soldi siano finiti. E nel
frattempo, il processo alla 'cricca' continua ad essere rinviato.

                        08 marzo 2013 - Per La Maddalena pare non esserci tregua. Un altro
                        colpo di scena è atterrato sul destino dell'Arcipelago. Dopo lo scandalo
                        dell'incompleta bonifica nelle aree contaminate dell'ex Arsenale - che
                        avrebbe dovuto ospitare il vertice del G8, poi spostato all'Aquila nel
                        luglio del 2009 - oggi si aggiunge un altro schiaffo per l'isola. Un
                        decreto del Ministro dell'Ambiente Clini declassa il sito da interesse
                        nazionale a interesse regionale. Una modifica che suona di beffa.
                        Perché il fardello delle bonifiche, ancora da effettuare, scivola ora nelle
                        mani della regione. Il provvedimento riguarda 18 siti su 57, distribuiti
                        sull'intero territorio nazionale.
Da Cerro al Lambro, in Lombardia, ai bacini dei fiumi Sacco, in Lazio, e Sarno, in Campania. Il
Ministero rassicura: “Saranno mantenuti i precedenti finanziamenti concordati col governo”,
ma alle regioni il testo del decreto suona come una cosa sola: “D'ora in poi la bonifica sarà
affare nostro”.

Nel frattempo, il grosso del processo che vede imputati i protagonisti di quel “sistema
gelatinoso” teorizzato dalle procure (dall'ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso,
all'allora provveditore alle opere pubbliche Angelo Balducci, all'imprenditore Diego
Anemone) ha subito un ulteriore rinvio. Trasferito dal Tribunale di Perugia a quello di Roma,
per competenza territoriale. Capi d'imputazione pesanti, quelli sulla “cricca”: dall'associazione
a delinquere, alla corruzione, al favoreggiamento della prostituzione. Accuse che si
sedimentano su ciò che rimane alla Maddalena, di tante promesse di crescita e rilancio: un
pugno di mosche.

“È una questione vergognosa e insopportabile”, tuona il sindaco de La Maddalena, Angelo
Comiti. La scorsa settimana, nel pieno della contestazione, aveva minacciato uno sciopero
della fame, in segno di protesta. Poi, l'occupazione dell'ex Arsenale, fino al raggiungimento di
iniziative concrete. Oggi l'ira non è scemata, ma è subentrata la realpolitik: l'impaziente attesa
di una risposta al corposo carteggio inviato a Ministeri, Presidenza del Consiglio e Regione
Autonoma della Sardegna.

“È la cartina di tornasole di tante beffe. Qui c'è uno stato come rappresentanza istituzionale
che se n'è sbattutto di una situazione allucinante”, prosegue. “Abbiamo speso un sacco di soldi
per predisporre un sito abbandonato a se stesso, in una sceneggiata in cui tutti si rimpallano
le responsabilità”.

Già spesi, in effetti, i 100milioni di euro di fondi Fas dalla Regione Sardegna. Polverizzati,
complessivamente, circa 800 milioni di euro di risorse pubbliche per l'intera area. Eppure, le
questioni centrali - gli interventi di edilizia pubblica, il rilancio produttivo dell'ex Ospedale
Militare, la riqualificazione del sito di Punta Rossa, le bonifiche dello specchio d'acqua
antistante l'ex Arsenale - sono rimaste polvere sulle carte.

In una lettera del sindaco, indirizzata al presidente del Consiglio Mario Monti il 23 febbraio
dello scorso anno, si legge: “La collettività della Maddalena subisce da quasi tre anni
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gravissime ripercussioni di carattere ambientale, economico e sociale in relazione al mancato
utilizzo di strutture deputate al suo rilancio, costate tra l'altro centinaia di milioni di euro alla
finanza pubblica e mai utilizzate. Chiedo il suo autorevole intervento affinché i tempi, ormai
totalmente insopportabili, vengano contratti al massimo e finalizzati al buon esito di tutta
l'operazione in corso”. Nel giugno del 2010 l'Espresso aveva denunciato, nell'inchiesta di
Fabrizio Gatti, la presenza di arsenico, idrocarburi, piombo, zinco, rame e mercurio, in
particolare nei fondali dello specchio d'acqua prospiciente il Main Center (la struttura
disegnata dall'architetto Boeri, che avrebbe ospitato il vertice del G8). Analisi confermata
nelle perizie dei tecnici della Procura di Tempio Pausania, depositate due anni dopo, dentro
l'inchiesta del sostituto procuratore della Repubblica Riccardo Rossi, sulla disatrosa bonifica
commissionata da Bertolaso al cognato Francesco Piermarini: 72 milioni di euro di soldi
pubblici in fumo. Ma la cortina di silenzio, omissioni e mancate risposte è assai più dura degli
scandali e delle inchieste della Procura. “Stiamo ancora aspettando il tesoretto di 31 milioni di
euro che Mita Resort dovrebbe versare al dipartimento della Protezione civile, e che
potrebbero essere utilizzati dalla Regione Autonoma della Sardegna, proprietaria degli
immobili”, spiega Comiti. Il Mita Resort, gruppo Marcegaglia, gestisce il Porto Arsenale (mai
partito) per 60 milioni di euro l'anno con concessione quarantennale. L'avventura
maddalenina è costata un bagno di sangue per i bilanci della società che ha anche costruito il
Maddalena Hotel & Yacht Club: 96 suite extralusso rimaste vuote. Si parla di 6 milioni e mezzo
di perdite solo nel 2011. Dettaglio che non fa ben sperare nella restituzione dei fondi richiesti.
Oggi non resta che attendere la convocazione dei Servizi, per l'approvazione del progetto di
bonifica, tramesso dal Dipartimento della Protezione Civile l'8 novembre del 2012.
Convocazione richiesta più volte al Ministero dell'Ambiente e più volte slittata. Eppure il
Ministero – si legge nel carteggio con la presidenza della regione Sardegna - ha comunicato di
aver stanziato, per la bonifica, 4milioni duecentomila euro, iscritti a bilancio e trasferiti alla
Protezione Civile che ne ha aggiunti altri 5. Denaro a cui si dovrebbero sommare ulteriori
risorse, drenate dal Mita, per un totale di circa 20 milioni di euro. “Sarebbero comunque
insufficienti”, interviene Mariella Cao, portavoce del comitato Gettiamo le basi, che si batte da
anni per le bonifiche e la demilitarizzazione dell'isola. “In tutti questi anni ci si è concentrati
solo sulla bonifica incompleta dell'ex Arsenale, trascurando un'area ancora più sensibile: la
base Usa a Santo Stefano in cui, per oltre 35 anni, hanno transitato sottomarini a propulsione
nucleare. E qui l'inquinamento c'è, anche se invisibile. Non se ne sente l'olezzo e non si tocca,
quindi è sceso un silenzio tombale sul problema. Eppure la contaminazione a mare non si
ferma, si sposta grazie alle correnti. Occorre un'indagine profonda su questo tratto. Ma è certo
che reperire altre risorse per la bonifica suona come una missione impossibile”.
E la regione, in tutto questo? Il presidente Ugo Cappellacci, subito dopo il declassamento, ha
inviato una lettera a Ministero dell'Ambiente e Protezione Civile per chiedere chiarimenti e
ricordare che l'isola è tutelata da vincolo paesaggistico oltre che idrogeologico. Ma il fatto
curioso è che, nel processo contro la cricca, non ha voluto costituirsi parte civile, come ci
conferma il consigliere regionale indipendentista Claudia Zuncheddu. Grazie a lei, che vinse
un ricorso al Tar del Lazio, oggi sono accessibili tutti gli atti relativi al G8, su cui Bertolaso
aveva imposto il segreto. “Abbiamo più volte chiesto alla Regione, senza successo, di seguire
l'esempio degli enti che si sono presentati al processo come soggetti danneggiati: comune de
La Maddalena, Comando generale della Guardia di Finanza, Ministero per le Infrastrutture e
Dicastero dell'Economia. Ma ancora non è accaduto niente”. Qualche settimana fa i legali della
Regione avrebbero visionato la mole della documentazione messa a disposizione dalla
Protezione Civile. Eppure il passo del presidente Cappellacci non è arrivato. L'Espresso ha
chiesto conto al governatore del perché di questa scelta, ma la Regione ha preferito non
rispondere.
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La Maddalena, il veleno c'è
Le perizie della procura confermano quello che "L'Espresso" aveva denunciato da
tempo: la presunta bonifica per il G8 affidata da Bertolaso a suo cognato (e costata 72
milioni di euro) ha innescato una bomba ambientale.

                                          16.01.2012 - Arsenico, idrocarburi, piombo, zinco,
                                          rame e mercurio. Il mare della Maddalena è stato
                                          avvelenato dalla Cricca di Guido Bertolaso.

                                          "L'Espresso" lo aveva denunciato per primo,
                                          attraverso un'approfondita inchiesta di Fabrizio Gatti.
                                          Adesso a confermare le nostre accuse sono i periti
                                          della Procura di Tempio Pausania che hanno
                                          depositato le loro relazioni, da cui risulta un
                                          inquinamento marino e dei fondali esteso anche oltre
                                          la fascia di mare campionata.

I risultati delle analisi compiute dal capitano di fregata Fabio Poletto, ex comandante della
capitaneria di porto di La Maddalena ed esperto in geologia, e del biochimico e geologo
marino Sandro Demuro, dell'Università di Cagliari, hanno evidenziato lo stato di estrema
pericolosità dello specchio d'acqua davanti al Main Center (la palazzina che avrebbe dovuto
ospitare il G8 poi spostato all'Aquila) e la ricaduta di materiali inquinanti in un'area
sottomarina che va dai nuovi pontili all'isola di Santo Stefano. «I materiali inquinanti»,
riferisce il quotidiano "La Nuova Sardegna", «rendono
pericolosa non soltanto la balneazione, ma anche la
pesca e il transito nell'intera area, che si estende per
una decina di ettari».

L'inchiesta, diretta dal sostituto procuratore della
Repubblica Riccardo Rossi, mira a far luce sulla
disatrosa bonifica commissionata da Bertolaso
all'azienda di suo cognato, Francesco Piermarini, 53
anni, fratello di sua moglie, per complessivi 72 milioni
di euro di soldi pubblici. Al momento risultano
indagati, per inquinamento ambientale, falso (per le
fatturazioni in eccesso) e altri reati, i rappresentanti
legali della Cidonio Spa - l'impresa alla quale la struttura di missione della Protezione civile
guidata da Bertolaso affidò l'incarico di bonificare il tratto di mare dell'ex arsenale - e le ditte
subappaltanti che lavorarono nella realizzazione del mancato G8 del 2009.

Intanto lo stesso magistrato ha già aperto una seconda inchiesta, riguardante le bonifiche
ambientali effettuate a terra - nel Main Center, l'ex arsenale e l'ex ospedale della Marina
Militare - e sui costi che sono stati sostenuti a carico dello Stato.

Secondo Bertolaso, responsabile di tutta l'operazione G8, suo cognato era stato scelto solo in
quanto «grande esperto di bonifiche».
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La Maddalena, veleni d'oro
Non solo i fondali: anche i terreni sono stati riempiti con migliaia di tonnellate di rifiuti
tossici. Sparsi dalle aziende a cui Bertolaso aveva dato gli appalti senza gare. Ecco il
dossier che il governo ha cercato di nascondere

                                            5 OTTOBRE 2011 - I veleni della Maddalena sono
                                            ancora più vasti di quanto si temesse. Un'eredità della
                                            grande base militare, prima italiana e poi americana. Ma
                                            soprattutto l'effetto dei lavori lampo per il G8 gestiti
                                            dalla Protezione civile di Guido Bertolaso, che dovevano
                                            trasformare l'isola nell'oasi extralusso dei Grandi e
                                            invece hanno sparso sostanze sospette ovunque. Perché
                                            mentre da due anni si discute della mancata bonifica dei
                                            fondali, adesso si scopre il marcio anche nella pulizia
                                            dei terreni dell'arcipelago.

                                            A parlare sono i documenti ufficiali, resi pubblici solo
                                            ora: per i lavori sull'isola sono state smaltite 74 mila
                                            tonnellate di detriti potenzialmente pericolosi.

Finora invece le autorità avevano detto che solo 62 mila tonnellate di terreno e macerie erano
state portate via. Una differenza di 12 mila tonnellate, che sembrano sparite dai monitoraggi.

Dove sono realmente state scaricate? E perché sono state taciute? Forse perché, contrariamente a
quanto si era fatto credere, solo una minuscola parte è finita in siti per rifiuti speciali del Torinese
e della Lombardia: la stragrande maggioranza di quella montagna è stata sepolta in Sardegna,
dentro discariche non preparate ad accogliere rifiuti a rischio. Il tutto con costi cresciuti a
dismisura: fino a quindici volte i valori di mercato.

I dati sono stati diffusi Claudia Zuncheddu, consigliere regionale di Sel-Comunisti-ndipendentistas.
Per due anni assieme agli avvocati Luigi Azzena e Renato Margelli ha combattuto una battaglia
legale per ottenere i documenti sulla bonifica della Maddalena, protetti dal segreto di Stato. Alla
fine i giudici del Tar le hanno dato ragione, obbligando la Presidenza del Consiglio e la Protezione
civile a consegnare tutti i carteggi ufficiali.

Mille pagine, otto chili e mezzo di atti amministrativi: un dossier costituito da contratti, progetti,
planimetrie, tremila formulari di carico e scarico in quadruplice copia dei rifiuti trasportati via
dall'arcipelago sardo. Che svelano una serie di arcani.

«Questa è una faccenda con troppe stranezze e un aumento esponenziale dei costi», dice Claudia
Zuncheddu. «E tutto ciò proprio nel momento in cui alla Sardegna venivano sottratte ingentissime
risorse: da destinare sì alla ripresa economica della Maddalena, ma certo non con i risultati
disastrosi che abbiamo visto in seguito. Basti un dato su tutti per comprendere di che cosa si
discute. Secondo i prezziari regionali la tariffa per smaltire una tonnellata di materiali inerti si
aggira tra gli 8 e i 10 euro, Iva compresa. Il dipartimento e la Struttura di missione guidati ai
vertici da Bertolaso per quella stessa quantità hanno invece consentito un versamento da parte
della pubblica amministrazione pari in media a 156 euro a tonnellata Iva esclusa».

Sotto l'occhio dell'esponente sarda c'è anche la «fretta sorprendente nell'assegnare i lavori e una
lentezza altrettanto straordinaria nel portarli a termine in maniera definitiva, con ritardi di
parecchi mesi rispetto agli impegni originari», spiega ancora, carte alla mano, Claudia Zuncheddu.
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«E che dire del raffronto facilmente comprensibile da parte di tutti rispetto alle normali procedure
amministrative e della lievitazione dei costi? Dove mai si è visto che gli extra in un appalto
pubblico vengano saldati a consuntivo?» .

Il meccanismo è lo stesso evidenziato dall'inchiesta delle procure di Roma, Firenze e Perugia sulla
gestione delle grandi opere nell'era Bertolaso, per il quale adesso è stato chiesto il processo.
Contratti assegnati senza gare, con aumenti dei costi accettati in nome della fretta di completare i
lavori.
Alla Maddalena nel mirino ci sono due cantieri: Bonifica 1 e Bonifica 2. Per il primo l'importo
iniziale è di 4 milioni e 729 mila euro, in affidamento alla Covecom, che lieviterà fino ad arrivare a
5 milioni 689 mila euro. Per Bonifica 2, andato alla società Servizi ambientali sardi, l'importo
iniziale è di 9 milioni e mezzo.

L'appalto gli viene dato l'8 agosto 2008 ma già a fine mese l'Unità tecnica gli accorda un
aggiornamento prezzi per ulteriori 8 milioni e mezzo, che nel settembre 2009 aumentano di altri 2
milioni per arrivare a un totale di 19 milioni e 996 mila euro.

La punta di un iceberg che vede incrociarsi anche le tempistiche sulle presentazioni dei progetti
preliminari e la decisione poi su quelli esecutivi (in alcuni casi si parla di pochi giorni tra la
presentazione dei primi e l'approvazione degli altri). In tutto 24 milioni di euro. Solo una piccola
fetta del mezzo miliardo speso dai contribuenti per il G8 del 2009. Il costo record delle strutture
della Maddalena mai utilizzate perché si decise di spostare l'evento nell'Aquila terremotata.
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I nuovi sprechi della cricca
Mille bottiglie di vini pregiati per una spesa di 55mila euro. Ricche consulenze all'ex
collaboratore di Cosentino. Ecco come il commissario straordinario voluto da Bondi ha
usato i fondi per il sito archeologico

                                           18 novembre 2010 - Mentre Pompei cadeva a pezzi,
                                           nelle ambasciate italiane sparse per il mondo si
                                           brindava. Con il vino "Villa dei misteri Igt", che l'ex
                                           commissario straordinario della Protezione civile
                                           Marcello Fiori, responsabile del sito fino a qualche
                                           mese fa, aveva comprato dalla pregiata ditta
                                           Mastroberardino e spedito come gentile cadeau.
                                           Nell'elenco delle uscite effettuate negli ultimi mesi, in
                                           effetti, risulta un impegno di ben 55 mila euro verso
                                           l'azienda vitivinicola, soldi usati per acquistare uno
                                           stock di mille bottiglie.

Non sono state bevute tutte, però: quando un mese fa la nuova sovrintendente Jeannette
Papadopoulos ha messo piede nel suo ufficio, ha scoperto che tra i beni da amministrare
c'erano ancora 650 bottiglie di rosso pompeiano.

Fiori ha contestato l'inchiesta de "L'espresso" della scorsa settimana , affermando che "le
presunte spese folli nel sito archeologico di Pompei" sarebbero "frutto di ricostruzioni
fantasiose e distorte della realtà". In realtà il rendiconto custodito dalla sovrintendenza è
preciso e accurato: specifica beneficiari, impegni, mandati di spesa e descrive di ogni
stanziamento effettuato tra il 28 agosto 2008 e il 30 luglio 2010, ossia il periodo d'oro dei
Bertolaso boys.

In mezzo a incarichi destinati a ditte specializzate nel restauro di teatri e domus, sono decine e
decine le spese che appaiono un po' allegre. Una seconda puntata, dunque, è d'obbligo. Il vino
è solo la cima dell'iceberg: troviamo 3.600 euro per "la rassegna stampa online", 7.800 euro
per il servizio "audio speciale per la stagione teatrale" (altri 7.200 sono finiti nelle tasche della
Elsag Datamat, azienda di Finmeccanica per il "servizio di streaming audio-video" del Teatro
Grande), mentre ben 2,4 milioni sono stati usati per l'allestimento, in un edificio ottocentesco
chiamato Antiquarium, di un "Visitors Center" non ancora aperto al pubblico. Fanno capolino
voci assai curiose, come i 3.762 euro destinati all'acquisto di semi dall'Antica Erboristeria
Pompeiana, e spese duplicate: se l'associazione "Mecenate 90" (presidente onorario Gianni
Letta) ha avuto 72mila euro per un'"indagine conoscitiva sul pubblico del sito", per lo stesso
studio l'Università di Salerno ne ha avuti altri 24mila.

L'elenco sembra non finire mai. Oltre 11mila euro sono serviti a pagare venti musicisti per
Natale e Capodanno 2009, più di 34mila euro sono stati investiti per due video promozionali,
90mila per l'organizzare un concorso di poesia (l'ideatore ha preso una consulenza da 22mila
euro). Un posto di primo soccorso gestito dalla Croce Rossa è costato 336mila euro (per un
anno), 71mila euro sono finiti alla Pasquale Di Paolo Sas per "la fornitura, il trasporto e
l'installazione di Totem", senza dimenticare i 45mila dati alla stessa ditta per la "fornitura
segnaletica esterna e materiale grafico". Il 3 marzo sono stati pagati 10.929 euro per ideare e
rilegare 50 copie del "Piano degli interventi adottati dal commissario delegato", qualche
giorno dopo 40mila euro sono finiti all'Enel per un "allaccio elettrico provvisorio" per la
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mostra "Pompei e il Vesuvio". Evento costosissimo: oltre ai 600mila euro finiti a "Comunicare
Organizzando", bisogna aggiungere i 161mila girati alla Eurotend srl per la "realizzazione di
un manufatto temporaneo completo di strutture primarie e secondarie". Traduzione: affitto di
una tensostruttura.

Non basta: se pochi spiccioli sono stati usati per comprare un Tom-Tom, 18mila sono serviti
per noleggiare un'auto (blu?) e 23mila per una "consulenza per la realizzazione dell'impianto
di illuminazione architettonica". Circa 27mila euro sono stati dati alla onlus Federazione
Italiana Amici della Bicicletta per la gestione del servizio noleggio-bici, mentre la bellezza di
5,6 milioni sono usciti per una convenzione con la Città della Scienza per "la realizzazione di
un centro per la diffusione della cultura pompeiana" da fare dentro l'Antiquarium.

Per gli esperti queste voci non sono le uniche pecche
della gestione degli uomini voluti dal ministro Sandro
Bondi. Troppe sono i collaboratori stipendiati che, si
vocifera, hanno competenze che poco o nulla hanno a
che fare con un sito archeologico. "Bisognava
affiancare al sovrintendente la figura del city manager
cancellata da Rutelli, persone competenti slegate
dalla politica", ribadisce Gianfranco Cerasoli,
segretario della Uil Beni culturali. Che in un esposto
alla procura di Torre Annunziata ha fatto i nomi di
Giovanni Mirra (la Uil lo definisce funzionario di un
"consorzio di gestione e manutenzione degli impianti
di depurazione dei liquami", ha di sicuro preso decine di migliaia di euro dal commissariato),
del vice comandante della polizia municipale di Pompei Gaetano Petrocelli e di Nicola
Mercurio, cartolaio di Sant'Antonio Abbate ex collaboratore dell'onorevole pdl Nicola
Cosentino, ricompensato (finora) con 70mila euro.

Tra i consulenti ben pagati (164mila euro in due) troviamo anche due uomini della presidenza
del Consiglio, Stefano Forina e Maria Cristina Olivieri: il primo è un architetto, ex fedelissimo
di Rutelli che ha avuto incarichi anche a L'Aquila e La Maddalena (sarà una coincidenza, ma il
nome "Stefano Forina" appare nella lista compilata dal costruttore Diego Anemone, elenco agli
atti del procedimento sugli affari della cosiddetta "cricca"): mentre la Olivieri ha lavorato
come team leader ai Mondiali di Nuoto di Roma. Gli stipendi vanno sempre pagati, dirà
qualcuno. Forse, però, potevano essere risparmiati i 34.607 euro assegnati a Grafica
Metelliana per "materiale tipografico", i 2.760 per le "stampe tipografiche vinificazione
Pompei scavi", i 955mila euro dati all'associazione Civita (presidente onorario ancora Gianni
Letta) per un "progetto di visita multimediale" a una domus, o 156mila girati alla "Tess Costa
del Vesuvio" (carrozzone pubblico in crisi di risorse che dovrebbe promuovere il territorio
vesuviano) per "l'implementazione e l'integrazione del Piano di gestione per il sito Unesco".

Una curiosità: tra il 29 e il 30 luglio 2010, ossia nelle ultimi due giorni alla guida di Pompei,
Fiori ha approvato la bellezza di 54 voci di spesa, per un totale di 15 milioni di euro.
L'abbuffata finale, in piena zona Cesarini.
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Discarica Maddalena
La grande bugia di Bertolaso
Ha speso 72 milioni di euro per bonificare La Maddalena. Affidando i lavori al cognato.
Ma sott'acqua è ancora pieno di rifiuti tossici

                                            29 GIUGNO 2010 - Una discarica di rifiuti tossici
                                            nell'arcipelago della Maddalena. Fanghi neri impregnati
                                            di idrocarburi pesanti sbuffano come nuvole di vulcani
                                            sottomarini. Contaminano i pesci, i molluschi, i
                                            crostacei. E forse anche la vita degli uomini, delle donne
                                            e dei bambini che li mangeranno. La sabbia è così
                                            inquinata che le alghe non crescono in un raggio di
                                            centinaia di metri. Un deserto subacqueo. Bisogna
                                            scendere sul fondo del mare per vedere come hanno
                                            lasciato morire la natura e al tempo stesso preso in giro
                                            milioni di italiani. Bisogna infilarsi la muta, le pinne, una
                                            maschera da sub e nuotare quasi tre chilometri tra
                                            andata e ritorno.

                                            Ed ecco, fra i due e i dieci metri di profondità, la bugia
                                            colossale di una bonifica che qui sotto non è mai
                                            cominciata. Perché la discarica è nel mezzo di Porto
                                            Arsenale, nel bacino su cui si specchiano i cristalli e i
                                            marmi pregiati della Main conference, la palazzina che
                                            l'anno scorso avrebbe dovuto ospitare gli onori del G8.
Basta immergersi in apnea sotto le grandi vetrate, infilare la mano nella melma e filmare. Nubi
color antracite salgono dense, piroettano e ricadono trascinate dal loro peso specifico verso
fondali più lontani. Eppure, tra scandali, costi fuori controllo, indagini per corruzione e arresti, la
bonifica era l'unica operazione considerata necessaria. Almeno, l'avevano dichiarata conclusa. Ora
nemmeno quella si salva. «Un intervento esemplare», hanno detto.
L'aveva confermato il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, 60 anni, commissario delegato
di queste grandi opere. L'aveva certificato il suo sponsor nel governo, il sottosegretario Gianni
Letta, 75 anni. Invece no. Forse sono stati male informati. Forse qualcuno della struttura di
missione nominata da Palazzo Chigi e spedita alla Maddalena a suon di stipendi d'oro, ha raggirato
perfino loro. Oppure non hanno ancora raccontato tutto su questo brutto intrigo. Ma qui sotto, nel
grande quadrilatero che dovrebbe diventare un porto turistico per Vip, gli effetti della bonifica
non si vedono. E chissà, magari è per questo che il vertice del G8 è stato spostato a L'Aquila.
Perché le eliche delle barche a motore avrebbero sollevato gli idrocarburi e trasformato l'acqua in
un ammasso oleoso a visibilità zero. I sommozzatori dell'antiterrorismo non avrebbero potuto
garantire la vigilanza. E per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sarebbe stata una
pessima figura ricevere i presidenti dietro vetrate affacciate su un mare che in alcuni giorni
diventa nero come la pece. Cambi di colore imprevedibili che dipendono dalla risalita dei veleni
nascosti sul fondo.

Questa storia comincia lunedì 22 marzo. Quella sera davanti alle telecamere di "Porta a Porta"
Bertolaso difende il cognato, Francesco Piermarini, 52 anni, fratello di sua moglie. «Avete pure
messo in mezzo mio cognato», dice a chi gli contesta gli incarichi familiari alla Maddalena: «Io a
mio cognato non gli ho dato assolutamente nessun incarico. Mio cognato è stato scelto perché è un
grande esperto di bonifiche ambientali. Ha lavorato con il guru delle bonifiche ambientali, che è
Gianfranco Mascazzini. E per questa ragione è stato impiegato». Mascazzini, nel 2008, è direttore
generale del ministero dell'Ambiente. Il cognato di Bertolaso viene inserito con un incarico ad
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personam nello staff di Palazzo Chigi. E assegnato alla struttura di missione in Sardegna che
coordina la bonifica e l'avvio dei cantieri del G8. Alla Maddalena però Piermarini racconta una
storia un po' diversa. Dice di avere una laurea in economia e di essere rientrato da poco in Italia
dopo aver terminato un'attività finanziaria all'estero. Comunque secondo Bertolaso, responsabile
di tutta l'operazione G8, suo cognato viene scelto solo perché è un grande esperto di bonifiche.

Passano le settimane e Porto Arsenale apre finalmente i cancelli. Dal 22 maggio al 6 giugno La
Maddalena ospita le regate della Louis Vuitton Trophy. L'occasione, pure questa finanziata con
soldi pubblici, per il lancio ufficiale del "porto spettacolare del futuro", come pubblicizzano i
manifesti. Infatti, concluse le gare, le strutture a cinque stelle saranno disponibili soltanto in
futuro. Non prima di un anno. E' un inizio un po' zoppo del nuovo polo turistico affidato in
concessione per 40 anni alla Mita resort della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Il
canale e il bacino interno sono interdetti alla navigazione. I pochi yacht, le barche a vela e a
motore devono ormeggiare nel bacino esterno, davanti alla Main conference. E la mattina di
martedì primo giugno succede qualcosa di strano. L'acqua in cui si riflette l'opera simbolo
progettata dall'architetto Stefano Boeri diventa nera. La partenza di uno yacht di appoggio alla
regata fa risalire dai fondali nuvole dense che colorano il mare. Non è solo sabbia, che
nell'arcipelago è ovunque chiara. Questi turbini sono oleosi, molto scuri e tendono a rimanere sul
fondo.

Pochi giorni dopo, di rientro su un volo Olbia-Milano, l'aereo di Meridiana passa casualmente
sopra l'arcipelago. E a più di mille metri di quota la differenza dei colori è netta. Intorno l'acqua è
blu. Davanti alla Main conference il mare è nero. Con una pennellata di inquinamento che si
allunga verso l'isola di Caprera. Non resta che aspettare la fine delle regate. E la nuova chiusura di
Porto Arsenale. Il modo per scoprire cosa si nasconde sui fondali è entrare nei due bacini a nuoto.

Il segreto di Discarica Maddalena viene svelato da "L'espresso" dopo quattro giorni di immersioni.
Dal 13 al 16 giugno. Il filmato e le fotografie cliccabili mostrano in esclusiva i fanghi tossici e delle
macerie scaricate illegalmente in mare alla fine dei lavori, proprio sotto la Main conference.
Perfino il canale di ingresso e il bacino interno dell'Arsenale sono inquinati da sostanze altamente
pericolose. Per questo, durante le regate della Vuitton Trophy, la Provincia di Olbia Tempio ha
vietato la navigazione alle barche a motore. Ma solo nel bacino interno: per «minimizzare al
massimo qualsiasi fenomeno di risospensione », è scritto in un avviso. Un vero successo: un porto
turistico costato complessivamente 377 milioni di euro pubblici nel quale yacht, barche e
gommoni non possono attraccare.

L'inquinamento nel bacino interno lo conferma un'indagine dell'Ispra, l'Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale. Il 25 e il 26 novembre 2009 i tecnici del mininistero
dell'Ambiente e la struttura di missione di Palazzo Chigi fanno eseguire 31 carotaggi nei sedimenti
del fondale. Scoprono così alte concentrazioni di molecole killer (vedi l'elenco a pagina 43). Ben
oltre i limiti di legge, superati spesso con multipli esponenziali. Si tratta in gran parte di derivati
del petrolio e residui di combustione. Sostanze scaricate in mare per decenni durante il lavaggio
dei serbatoi e delle sentine delle navi, quando l'Arsenale era gestito dalla Marina militare italiana.
I risultati delle analisi vengono tenuti segreti fino alla primavera di quest'anno. Il ministero li
comunica agli addetti ai lavori in una riunione soltanto il 23 aprile 2010. E ammette così la
mancata bonifica dell'Arsenale. Avviata nel 2008 sotto il controllo di Francesco Piermarini, come
ha raccontato in tv suo cognato Bertolaso. E mai completata.
Non risultano invece analisi dei fanghi nel bacino esterno. Ufficialmente quel tratto di mare non è
inquinato. All'Ispra dicono di non sapere nulla della presenza di idrocarburi davanti alla Main
conference. E nessuna comunicazione è stata data alla Provincia di Olbia Tempio, come conferma
Pierfranco Zanchetta, assessore all'Ambiente nella giunta di centrosinistra uscente. Nei
documenti, Discarica Maddalena non esiste. Domenica 13 giugno soffia il maestrale. Dal
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porticciolo di Punta Moneta la nuotata è tutta controvento e controcorrente. A un centinaio di
metri dalla banchina est di Porto Arsenale il fondale beige diventa improvvisamente nero. Le
alghe sono morte o non crescono. L'acqua, prima limpida, ora è torbida. E' il percorso di uscita
delle correnti di bassa marea. Qui sotto ci sono lastre di eternit, cemento e fibra di amianto, cadute
o buttate in mare. Dopo la lunga nuotata fino all'ingresso dei bacini, bisogna tornare indietro.
Stanno smontando i pontili della Vuitton Trophy e sulla banchina opposta sono al lavoro due
sommozzatori veri. Un secondo imprevisto appare all'improvviso tra Caprera e Santo Stefano, a
metà della traversata a nuoto del canale centrale: arriva un mercantile. Meglio togliersi di mezzo.
Al più presto. La nave cargo si avvicina silenziosa. E va a ormeggiare alla banchina di Porto
Arsenale. Una zona, secondo la mappa dell'Ispra, che dovrebbe essere interdetta alla navigazione.

Il carotaggio in quel punto, il numero 22, rivela tra le concentrazioni più alte di benzo(
a)antracene (3,07 milligrammi per ogni chilo di sedimento), benzo(a)pirene (2,90
milligrammi/chilo), benzo(b)fluorantene (2,72), crisene (2,8), pirene (7,6) e di altri veleni.
Ulteriori aree di inquinamento record dei fondali sono il tratto centrale del canale di ingresso. E la
banchina Ovest, fra il centro commerciale e l'hotel a cinque stelle: con massimi qui di 5,6
milligrammi/ chilo di pirene, di 4,29 di benzo(b)fluorantene (cancerogeno, può provocare danni
genetici) e di 16,9 di policlorobifenili (sostanza con tossicità paragonabile alla diossina).
Contaminata anche la banchina Est dove gli idrocarburi raggiungono i 6.380 milligrammi/chilo.

Lunedì 14 giugno la traversata a nuoto parte dalla costa opposta: il molo davanti all'ex ospedale
militare, il secondo hotel del G8 costato 73 milioni e ora completamente abbandonato. Tra le 6 e le
9.30 del mattino c'è tempo per controllare tutti e due i bacini e il canale di ingresso. E' incredibile
che abbiano scaricato in mare tonnellate di macerie sotto la Main conference, il progetto simbolo
al quale non è stato ancora trovato nome migliore. Forse lo meriterebbe visto che è costato 52
milioni, tutti incassati dall'impresa di Diego Anemone, 39 anni, arrestato con il coordinatore degli
appalti, Angelo Balducci, 62, e scarcerato dopo tre mesi. Proprio lì davanti il fondale è fangoso e
completamente spoglio. Non crescono alghe per centinaia di metri. La probabile concentrazione di
veleni annienta la vita. Qua e là nel limo chiaro emergono chiazze di sedimento nero.

Il giorno dopo, martedì 15 giugno, la corrente tra Punta Moneta e il canale di ingresso è più forte
del solito. La mattinata è dedicata a nuove immersioni. Basta scendere, agitare la mano nel fango
gelatinoso, fotografare e filmare. Le nuvole nere salgono da più punti. Poi si torna nel canale di
ingresso e nel bacino interno: in queste due zone la bonifica è stata fatta ma solo lungo le
banchine, per una larghezza di appena una decina di metri. A pochi chilometri da qui, a Palau di
fronte alla Maddalena, proprio oggi il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo e il collega
francese Jean-Louis Borloo, stanno firmando il protocollo per la nascita del Parco marino delle
Bocche di Bonifacio. C'è da giurare che la delegazione francese sia all'oscuro dell'inquinamento
provocato dalla Marina militare al centro del nuovo parco. Mercoledì 16 giugno, le ultime
immersioni. Resta adesso da scoprire perché il bacino davanti alla Main conference non sia stato
bonificato. Qualcuno disposto a raccontare cosa sia successo si trova: «Più scavavi nel fondale, più
trovavi fanghi contaminati », ricorda il tecnico di un'impresa: «La benna tirava su melma densa
come cioccolata e nera come pece. Erano sicuramente idrocarburi pesanti. Hanno deciso di
lasciarli lì perché senza la costruzione di una diga ermetica, avrebbero inquinato l'arcipelago. E la
costruzione della diga avrebbe fatto perdere tempo e ridotto i margini di guadagno per le imprese
Lo stesso vale per la parte non bonificata del canale e del bacino interno. So che la sospensione dei
lavori è stata autorizzata da qualcuno dentro al ministero dell'Ambiente».

L'ennesima operazione di maquillage per salvare l'apparenza. Anche se la bonifica è costata 31
milioni, che salgono a 72 milioni 610 mila euro sommando gli interventi di consolidamento delle
banchine e la trasformazione in porto turistico. Ora però tutte le opere rischiano di diventare una
colossale cattedrale nel deserto. Uno spreco da 377 milioni a carico degli italiani e delle casse della
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Regione Sardegna, che per questa spesa deve rinunciare a nuovi investimenti. E che, come
proprietaria della struttura, dovrebbe addirittura pagare la nuova bonifica. Per il pericolo che i
fanghi tossici risalgano, la navigazione nel porto è vietata. E senza possibilità di attracco, addio
posti barca. Addio occasioni di lavoro. La zona però non può reggersi sui due mesi del turismo
estivo. Con la chiusura delle basi americane e il Porto Arsenale fermo, per i 2 mila disoccupati
dell'arcipelago si riaffaccia dopo decenni la prospettiva dell'emigrazione. E' il danno più odioso
della finta bonifica: aver rubato il futuro all'isola.

I manager di Mita resort forse sapevano della presenza dei veleni. Sarà per questo che la società di
Emma Marcegaglia ha ottenuto da Bertolaso un canone a prezzo di svendita: 60 mila euro l'anno,
come l'affitto di una cartoleria in centro alla Maddalena. "L'espresso" l'ha chiesto alla società,
senza ottenere risposta. Nei mesi della bonifica raccontano di camion che entravano carichi nelle
aree di cantiere. L'ultimo dubbio porta a quei giorni del 2008: se i fanghi contaminati sono ancora
in fondo al mare, i rifiuti tossici cementati sotto le banchine vengono tutti dall'Arsenale?
La Rassegna Stampa – G8 La Maddalena

La Maddalena, allarme salute
Uno studio dell'università di Firenze mostra che sull'isola c'è un eccesso di mortalità
per il linfoma non-Hodgkin

24 GIUGNO 2010 - La ricerca è stata pubblicata nel
gennaio 2006. E accende un allarme sugli
11 mila abitanti dell'isola della Maddalena. È il
"Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni
residenti in aree interessate da poli industriali,
minerari e militari della regione Sardegna". Secondo
questo studio del dipartimento di Statistica
dell'Università di Firenze, sull'isola è stato registrato
un eccesso di mortalità per il linfoma non-Hodgkin
nel ventennio tra il 1981 e il 2001: 17 casi mortali
rispetto ai 6,13 attesi negli uomini e 8 su 5,64 nelle
donne. Si tratta di tumori maligni del tessuto linfatico che si localizzano nei linfonodi per poi
diffondersi, nei casi più gravi, a tutto l'organismo.

Ancora non è conosciuto il legame tra questo incremento della mortalità ed eventuali
condizioni ambientali sull'isola favorevoli alla malattia. Non esistono nemmeno studi che
analizzino l'eventuale impatto degli inquinanti dell'Arsenale nella catena alimentare,
soprattutto in merito alla circolazione delle correnti di marea e la contaminazione di pesci,
molluschi e crostacei. Le sostanze isolate nei fanghi sono comunque tra le più pericolose.

Nel 2004 un'altra ricerca del dipartimento di Scienze marine dell'Università di Viterbo aveva
misurato nelle alghe dell'arcipelago tracce superiori al normale di inquinamento da particelle
radioattive alfa, derivate dal decadimento di isotopi dell'uranio. L'indagine venne avviata
dopo che nell'ottobre 2003 un sommergibile nucleare degli Stati Uniti andò a sbattere contro
le rocce della secca dei Monaci. Uno di questi picchi della radioattività di fondo era stato
rilevato proprio davanti al bacino dell'Arsenale. A parte i sospetti sulla base Usa, le cause di
queste anomalie sono rimaste finora sconosciute.
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Un G8 da 500 milioni
Tra la Maddalena e L'Aquila speso oltre mezzo miliardo per tre giorni di vertice. Con
appalti affidati ai soliti amici. Ecco la lista di tutti gli sprechi della megalomania del
premier.

25 FEBBRAIO 2010 - Il vertice G8 più caro della storia:
oltre mezzo miliardo di euro per soli tre giorni di
riunioni. Una follia mediatica per assicurare una platea
tra i grandi della Terra al capo del governo Silvio
Berlusconi nel momento di massima crisi per lo
scandalo Noemi. Cinquecentododici milioni 474 mila
euro, per la precisione, è la somma finale pagata dagli
italiani per quel summit trasferito a L'Aquila dall'8 al 10
luglio 2009. E, mentre i terremotati abruzzesi soffrivano
nell'afa delle tendopoli, gli uomini di Guido Bertolaso
spendevano 24 mila euro in asciugamani, 22 mila 500
euro in ciotoline Bulgari d'argento, altri 350 mila per
televisori Lcd e al plasma e 10 mila euro per i bolliacqua
del the. Alla faccia degli intenti frugali, che avevano
convinto a rinunciare alle strutture della Maddalena per
testimoniare la solidarietà dei Grandi alle vittime del
sisma, non si è risparmiato su nulla.

Il gran banchetto Eppure per dotare l'isola sarda di
alberghi, sale conferenze, porti e giardini erano già stati
bruciati 327 milioni 500 mila euro. Fondi che ora gli atti dell'inchiesta della Procura di Firenze
rileggono in una chiave diversa, descrivendoli come il banchetto di una "cricca" tutta presa dalla
spartizione di appalti senza concorrenza e senza trasparenza. I magistrati hanno arrestato i
protagonisti di quelle opere: Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola, ai
vertici della struttura di Bertolaso che ha gestito l'affare, e il costruttore rampante Diego
Anemone, dominus di queste opere. Ma lo stesso numero uno della Protezione civile è sotto
inchiesta, come altri tecnici e imprenditori impegnati nei cantieri sardi. Tutte le opere della
Maddalena sono diventate inutili quando il premier ha deciso di cambiare scenario e spostare la
riunione internazionale all'Aquila, tra le macerie e i senzatetto. Una mossa di grande effetto
mediatico, che ha ridotto a zero il rischio di manifestazioni no global e ha anche azzerato l'agenda
dei lavori, sottraendo in nome del lutto il premier al rischio di insuccessi diplomatici o di
imbarazzi per lo scandalo di escort e festini presidenziali. Il tutto a carissimo prezzo: altri 184
milioni 974 mila euro bruciati per le tre giornate abruzzesi. In tutto, appunto, oltre mezzo
miliardo: il tributo dei contribuenti italiani al vertice più folle, costoso e inutile della storia
recente. E come nell'assegnazione delle opere della Maddalena, anche scorrendo la lista dei lavori
per l'Aquila le sorprese abbondano.

Ci sono anzitutto i soliti noti del ristretto giro di Palazzo Chigi e che tra i clienti privilegiati di tutti
gli eventi internazionali non mancano mai. Come Relais le jardin che per oltre un milione di euro
si è aggiudicata la fornitura del servizio di catering per i banchetti organizzati per i capi di Stato.
Solo che Relais non è una società qualsiasi: appartiene alla famiglia di Stefano Ottaviani, sposato
con Marina Letta, figlia di Gianni, l'onnipotente sottosegretario alla presidenza del Consiglio. O
come la Triumph dell'immancabile Maria Criscuolo, incaricata dei materiali per giornalisti e
delegazioni estere e del servizio di interpretariato con un compenso di un milione 250 mila euro.

Colpo Grosso Altro caso in cui i legami con la presidenza del Consiglio contano eccome è quello di
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Mario Catalano. Famoso come scenografo di "Colpo grosso", la prima scollacciatissima
trasmissione andata in onda sulle tv private negli anni Ottanta, Catalano è già stato premiato dal
Cavaliere a inizio legislatura con una ricca consulenza a Palazzo Chigi dove cura l'immagine del
premier e gli eventi pubblici in cui è coinvolto. Ma evidentemente la prebenda non basta ed ecco
infatti Catalano accorrere tra le macerie dell'Aquila per le performance del presidente. Con
l'incarico di verificare, vai a capire perché proprio lui, la piena applicazione della legge 626 che
regola la sicurezza sul lavoro. Il tutto per altri 92 mila euro.

Chi invece ha conquistato a sorpresa la vetrina del G8 è Giulio Pedicone, titolare della Pedicone
Holding e della Las Mobili, azienda abruzzese che fabbrica attrezzature per uffici. Imprenditore
venuto dal niente, Pedicone ha visto la sua carriera coronata dal vertice dove la Las è stata
chiamata direttamente e senza alcuna gara a fornire mobili per circa 300 mila euro. Gli uomini di
Bertolaso non ammettono dubbi sul fatto che ciò è avvenuto «dopo un'approfondita indagine di
mercato». Altrettanto sicuro però è che della Pedicone Holding, titolare del 64 per cento della Las,
dal 2007 è sindaco supplente Gianni Chiodi, commercialista con studio a Teramo in società con
Carmine Tancredi (a sua volta cugino di Paolo, senatore del Pdl), ma soprattutto presidente della
Regione Abruzzo dal dicembre 2008 e commissario delegato all'emergenza terremoto e alla
ricostruzione.

In alto le bandierine Il legame con il governatore è solo una delle note singolari in una lista della
spesa sterminata. Dei circa 185 milioni divorati dal summit, 52 milioni 666 mila euro sono stati
utilizzati da Bertolaso in parte per investimenti in «infrastrutture tecnologiche» e il resto in
«spese di funzionamento » ossia per forniture e servizi, dalla ristorazione alle bandierine per le
auto. Altri 43 milioni 807 mila euro se ne sono andati invece per rimborsare gli interventi fatti da
altre amministrazioni, come la Guardia di Finanza che ha ospitato la sede del G8, o il
Provveditorato alle opere pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna che ha curato l'adeguamento
della scuola sottufficiali e del minuscolo aeroporto di Preturo assieme alla realizzazione della
strada per Coppito. Infine ulteriori 88 milioni 500 mila euro sono stati stanziati dal ministro
dell'Economia Giulio Tremonti ai dicasteri della Difesa e degli Interni, oltre alle Capitanerie di
porto, per finanziare la cupola protettiva che ha difeso quei tre giorni di incontri: una triplice
barriera di sicurezza in cielo, mare e terra.

Immergersi nella lunga catena di 145 fatture saldate dalla Protezione civile per l'evento fa
scoprire più di una nota stonata. Lussi e sprechi che poco si addicono a un vertice spostato tra i
terremotati in nome della sobrietà e della solidarietà. In una regione che aveva pianto almeno 308
morti per il sisma e doveva restituire una vita dignitosa a 80 mila senzatetto, i gadget delle grandi
occasioni paiono affronti. Trascurando le ciotoline d'argento Bulgari gentile omaggio per i capi di
Stato, si va dalle 60 penne "edizione unica" fornite da Museovivo al costo di 26 mila euro e
utilizzate dai leader solo per apporre il loro prezioso autografo sui trattati. Ci sono poi la fornitura
di poltrone Frau per le sedute di quei tre giorni e costate 373 mila euro; gli addobbi floreali per 63
mila euro; la pellicola protettiva per il rivestimento degli ascensori (9 mila); i portablocchi notes
forniti dalla rinomata Pineider al prezzo di 78 mila euro.

Premier in primo piano E non è finita. Si possono forse trascurare le grosse commesse nelle
quali primeggiano Selex e Seicos (Finmeccanica) per le forniture tecnologiche relative alla
sicurezza (oltre 18 milioni di euro) con la centrale di coordinamento delle forze schierate,
Telecom per gli apparati telefonici(12 milioni) e Limelite per la realizzazione dell'areagiornalisti
(altri 2 milioni)? E poi: Studio Ega per l'accoglienza e prenotazioni alberghiera delle delegazioni (2
milioni e mezzo); Tecnarr per l'allestimento della sala conferenze (quasi 2 milioni); Semeraro per
gli arredi (1 milione 700 mila euro); Composad per i frigoriferi e altri arredamenti (1 milione 500
mila euro); Jumbo grandi eventi per le prenotazioni e il trasporto delle delegazioni (1 milione 200
mila euro). Per non parlare della D and d lighting & truck, sponsorizzatissima a Palazzo Chigi per
La Rassegna Stampa – G8 La Maddalena
soddisfare tutte le esigenze sceniche e televisive del premier: al G8 è stata premiata con una
commessa di un milione 700 mila euro per la fornitura di attrezzature tecniche.

Insomma, una vera abbuffata. Nella quale si sommano pure le spese per il logo della
manifestazione (22 mila euro); le prese elettriche; i pennoni portabandiere e le bandiere (155
mila); 30 distruggi-documenti come nei film di 007 (13 mila euro); asciugamani elettrici; stampe
(126 mila); tessuto e divise per steward e hostess (18 mila euro); altre divise non meglio
specificate (54 mila euro) e persino la fornitura di tessuto e adesivi per personalizzare le
transenne dentro e fuori la caserma di Coppito e i contenitori per la raccolta differenziata. Altra
follia da oltre 20 mila euro.

Ma gli aspetti suggestivi non sono finiti. Una "spesa infrastrutturale" di Bertolaso viene
considerata la copertura (anche con fondi extra budget G8, non è chiaro) di una lacuna da sempre
lamentata dai guidatori sull'autostrada Roma-Aquila- Pescara da anni gestita in concessione da
Carlo Toto, l'ex proprietario di AirOne. Il problema? Su questa autostrada era pressoché
impossibile ascoltare Isoradio, la rete Rai con le notizie in tempo reale sul traffico. Ma alla vigilia
del G8 ecco entrare in azione Bertolaso. Certo ai pendolari abruzzesi costretti a fare la spola con la
capitale pesava viaggiare senza le informazioni sul traffico. E qualcuno deve avere pensato che
anche i cortei blindati dei Grandi avevano bisogno dei bollettini sulle code lanciati da Onda verde:
così Isoradio è stata installata lungo tutta l'autostrada dalle cento gallerie a spese della Protezione
civile. Un regalo a Toto che vanifica l'accordo tra Rai e società autostradali che pure obbligherebbe
la prima a reperire le frequenze e le seconde a garantire l'acquisizione e la manutenzione degli
impianti.

Scuola modello Singolare anche la sorte dei quasi 29 milioni rimborsati dalla Protezione civile
per le spese di "investimento" eseguite da altre amministrazioni pubbliche. Ben 23 milioni se ne
sono andati per gli interventi nella scuola sottufficiali delle Fiamme Gialle. In questa caserma
serrata da alte mura che si sviluppano su oltre due chilomentri per 45 ettari si sono concentrati i
lavori per creare gli ambienti del vertice inclusa la ristrutturazione di 1.090 stanze nelle quali
hanno soggiornato i leader e i loro staff. Sono stati ritinteggiati la decina di edifici che la
compongono; è stata installata una rete in fibra ottica; sono stati sistemati oltre 120 mila metri
quadrati di verde; piantati alberi ad alto fusto; le camere sono state arredate al top, dotandole di
tv, telefoni e ogni altro tipo di comfort (di cui adesso godrebbero i senzatetto del sisma). Ma ci
sono stati pure i lavori radicali negli impianti: l'adeguamento della rete di distribuzione
dell'energia elettrica, la manutenzione delle apparecchiature da cucina e persino la messa a punto
della pressione dell'acqua.

Soldi ben spesi? I restauri in genere valorizzano gli investimenti immobiliari. Ma qui è diverso. La
caserma non è di proprietà dello Stato: con le cartolarizzazioni volute dal vecchio governo
Berlusconi per reperire denaro fresco per le casse pubbliche, è stata venduta nel 2004 e
appartiene ora a un pool di banche e istituzioni finanziarie come Immobiliare Sgr spa, Imi,
Barclays Capital, Royal Bank of Scotland e persino Lehman Brothers. A loro lo Stato paga ogni
anno 13 milioni di euro di affitto. Un canone ragguardevole, che nel 2009 si è arricchito anche dei
vantaggi conseguenti ai faraonici lavori di adeguamento pretesi dall'impresa B&B Berlusconi-
Bertolaso sulla struttura.

Opere dispendiose a fronte delle quali la proprietà non si è lasciata intenerire. Il pool ha preteso
dalla Protezione civile due regali polizze assicurative. Una per la completa copertura dei rischi
infortuni dei partecipanti al vertice (Ati Willis spa, 50 mila euro): non fosse mai che Obama
scivolasse dalle scale. L'altra polizza per risarcire gli eventuali attacchi terroristici alla caserma
nonostante caccia supersonici, missili terra-aria e migliaia di uomini in armi. Non solo, a G8
terminato hanno ottenuto il totale ripristino dei luoghi, ossia il ritorno delle sale da summit al loro
La Rassegna Stampa – G8 La Maddalena
compito di scuola militare costato altri 4 milioni di euro. Con tanti saluti ai terremotati aquilani
che continuano a protestare per le carenze della ricostruzione e vogliono rimuovere da soli le
macerie.

Ecco la Maddalena dopo il trasloco del G8
30 giugno 2009

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G8 affare privato
Le opere costruite per il summit, affidate al gruppo Marcegaglia, si sono moltiplicate.
Con una colata di cemento. E sui 209 milioni spesi per l'Arsenale, Stato e Regione ne
incasseranno soltanto 65.

                               30 giugno 2009 - Il dopo G8 è già cominciato. Sull'isola della
                               Maddalena si prepara una colata di settemila metri cubi di
                               cemento, davanti a Caprera e Santo Stefano. Proprio nel cuore
                               dell'Arsenale dove erano in programma le riunioni tra capi di
                               Stato.

                               L'equivalente di un palazzo lungo 50 metri, largo 15 e alto tre
                               piani. Settemila metri cubi che il progetto dell'architetto Stefano
                               Boeri non aveva previsto, ma che sono stati subito inseriti nel
                               contratto per la gestione della grande area affidato alla società
                               Mita Resort di Emma Marcegaglia.

La presidente di Confindustria ha strappato un costo d'affitto ridicolo per la Costa Smeralda e
il Nord della Sardegna: 10 euro al metro quadro. Una decisione della Struttura di missione,
l'ufficio emanazione della presidenza del Consiglio dei ministri che ha stabilito le regole per il
passaggio di consegne.

La scelta a sorpresa di Silvio Berlusconi di spostare il vertice a L'Aquila sta dando i suoi
frutti. A fronte di una spesa pubblica di 209 milioni soltanto per l'Arsenale, lo Stato e la
Regione Sardegna incasseranno in 40 anni 65 milioni. Mentre i prevedibili guadagni andranno
tutti al gestore privato.

Uno schiaffo ai contribuenti nascosto dal premier tra le bugie sugli euro risparmiati grazie al
trasferimento a L'Aquila. Come i dati sui costi delle forze dell'ordine: 150 milioni di euro per
la sicurezza alla Maddalena contro i 50 milioni in Abruzzo, aveva fatto sapere il governo. La
realtà è diversa. Lo si scopre da un recente intervento di Giuseppe Tiani, segretario del
sindacato di polizia Siap. La sicurezza alla Maddalena sarebbe costata 113 milioni, a L'Aquila
costerà 87 milioni.

Ma il canone da 10 euro al metro quadro non è l'unico premio che lo staff di Berlusconi ha
concesso al gruppo turistico della presidente di Confindustria. Trasferito il G8, la Mita Resort
La Rassegna Stampa – G8 La Maddalena
ha ottenuto il prolungamento della durata del contratto di gestione da trenta a quarant'anni.
Un risarcimento al mancato lancio sulla vetrina mondiale del complesso turistico.

Secondo il contratto, la Mita Resort tra il primo maggio e il 20 giugno avrebbe infatti dovuto
completare e arredare le 95 stanze dell'albergo destinato a Barack Obama e alla sua
delegazione, assumere e formare il personale, gestire l'hotel secondo uno standard di cinque
stelle lusso, attrezzare il porto turistico. L'annullamento dell'evento a La Maddalena ha
cancellato tutti questi vincoli da rispettare in tempi strettissimi. Così la Mita Resort incasserà
due volte: dal prolungamento del periodo di gestione e dal risparmio per la cancellazione del
vertice.

L'onere che la Struttura di missione chiede alla società della presidente di Confindustria è
un'altra pugnalata ai conti pubblici. La base di gara prevedeva una quota minima una tantum
di 40 milioni: somma da versare in tre rate alla Banca d'Italia sul conto istituzionale del
soggetto attuatore, responsabile davanti al commissario delegato per il G8, Guido Bertolaso,
per quanto riguarda la stipula dei contratti e il pagamento dei lavori.

La ditta concorrente doveva anche proporre un canone annuale di concessione destinato alla
Regione Sardegna. Alla fine si è presentata soltanto la società di Emma Marcegaglia e si è
aggiudicata la gestione dell'Arsenale per 41 milioni una tantum e un canone di 600 mila euro
l'anno, secondo i dati forniti dalla Struttura di missione (anche se i giornali sardi hanno scritto
di 60 mila euro).

Ecco il conto. Lo Stato incassa 41 milioni subito. La Regione Sardegna 24 milioni in
quarant'anni. Arrotondando gli oneri finanziari, per la Mita Resort è un costo di un milione
625 mila euro l'anno. Questo il valore di concessione, secondo i tecnici dell'ufficio della
presidenza del Consiglio, del nuovissimo complesso da 155 mila metri quadri: 10 euro e 40
centesimi al metro.

L'area comprende: l'hotel a cinque stelle, il palazzo del G8 affacciato sull'acqua disegnato da
Stefano Boeri, il centro delegati da 10 mila metri quadri progettato per essere trasformato in
sale conferenze o centro commerciale, altre aree coperte per oltre 16 mila metri, 30 mila
metri di verde, più il valore del suolo e il porto turistico. Il porto da solo può essere una slot-
machine.

Basta un vicino confronto. Porto Cervo Marina srl, la società che gestisce i servizi nella
prestigiosa baia a poche miglia dalla Maddalena, soltanto nel 2006 ha dichiarato ricavi per 10
milioni 351 mila euro. E nel 2007 un imprenditore russo ha comprato una concessione di
attracco fino al 2025 per 3 milioni e mezzo. Nel nuovo Arsenale di posti barca ce ne sono 700.

Il risultato del trasferimento del G8 per noi contribuenti è un disastro. Non contando le altre
spese, la demolizione e la ricostruzione nell'ex arsenale della Marina militare sono costate 209
milioni e 589 mila euro: 190 presi dal bilancio e dai contributi per la Regione Sardegna, il
resto pagato dallo Stato. I 65 milioni previsti dal contratto con la Mita Resort coprono in 40
anni a malapena il 31 per cento della spesa.
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