La Copertina d'Artista - Back to the Future - Smart Marketing
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La Copertina d’Artista – Back to the Future Un scheletro di cemento emerge attraverso le trasparenza di un velo, il punto di vista è simmetrico, squadrato, lineare, il nostro sguardo viene indirizzato al centro di questa costruzione da una strada sterrata che conduce fino all’ingresso. È una foto strana e perturbante quella che fa da copertina al nostro numero di gennaio; l’artista, al secolo Federica Gonnelli (classe 1981), gioca con i nostri sensi e ci offre un’immagine stratificata che confonde il nostro sguardo e ci costringe a guardare con più attenzione ed intensità.
“ B a c k t o t h e F u t u r e 2 0 1 9 - 1 9 2 0 ″ , è i l t i t o l o d e l l ’ o pera della Copertina d’Artista di questo numero, realizzata da Federica Gonnelli.
L’immagine allora, dopo questa immersione, ci sembra composita, densa, multiforme, sembra quasi che l’artista abbia utilizzato due fotografie, forse tre, o abbia utilizzato una doppia esposizione sulla pellicola, e qui il pensiero va agli splendidi esperimenti del regista espressionista francese Abel Gance, culminati nel capolavoro Napoléon, del 1927. Come il regista francese, anche Federica Gonnelli, sovrappone le immagini e, quindi, le storie e le possibili interpretazioni. “ C O N F I N I ” , p articolare. Allora l’immagine potrebbe essere una rivisitazione della celebre foto che ritrae l’ingresso al campo di concentramento nazista di Auschwitz, con i binari della ferrovia che giungono fino all’ingresso, possibile omaggio dell’artista al mese della memoria. Oppure, spingendo ancora più in là la nostra interpretazione, il rudere di cemento protagonista della foto rappresenta l’ennesimo scempio urbanistico che deturpa il nostro paesaggio, ormai brullo e secco. O, forse, la costruzione è un confine, l’ultimo muro edificato ad argine di una strada che conduce altrove, un muro forato, permeabile, che ben si presta ad essere attraversato da un’umanità sconfitta ed in fuga dalla miseria.
L ’ A r t i s t a d i q u e s t o n u m e ro, Federica Gonnelli. Sia quello che sia, l’immagine, anzi le immagini della Gonnelli non ci lasciano indifferenti e ci esortano a prestare attenzione, suggerimento quanto mai opportuno in un mondo dove, costantemente, siamo immersi in un flusso caotico, confusionale e senza soluzione di continuità di immagini, segni e simboli dai quali siamo solo assuefatti, irretiti e dipendenti, proprio come i drogati. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future Federica Gonnelli nasce a Firenze, dove frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti. Vive e lavora tra Firenze e Prato, dove dal giugno 2011 ha aperto lo studio “InCUBOAzione”. Dal 2001 partecipa a mostre personali, collettive e concorsi. Dal 2015 partecipa a residenze d’artista, pratica che ha acquisito una particolare importanza per la sua crescita personale e artistica.
“ T E S I T R A L E A T T E S E ” S T UDIO-38 Contemporary Art Gallery, Pistoia. Ultime mostre: 2018 “LE MONTAGNE DA LONTANO SONO COLOR INDACO”, personale, Studio Ciccone, Firenze; Open studio, “LA TEORIA DEI BISOGNI”, InCUBOAzione, Prato, evento organizzato in occasione della 14a Giornata del Contemporaneo; Residenza e personale “2° Piano Art Residence”, Z.N.S. Via Murat Art Container e Museo Narracentro, Palagiano (TA); “68/Revolution. Memorie, Nostalgie, Oblii”, Pinacoteca Comunale Carlo Contini, Oristano; “OfficinARS IN FIERI”, Museo Storico Archeologico, Nola, (NA), a cura di Associazione Villa Sistemi Reggiana; “LIQUIDA”, “PALAZZI D’ARTE”, personale, Palazzo Rossi Cassigoli, Pistoia, a cura di Ilaria Magni e STUDIO 38 Contemporary Art Gallery; “ARTEAM CUP 2018”, Fondazione Dino Zoli, Forlì, a cura di Arteam;
“ C O N F I N I ” “ 2 ° P i a n o A r t R esidence”, Z.N.S. Via Murat Art Container e Museo Narracentro, Palagiano (TA). “1st CLASS ARTERY 01 #WUNDERKAMMER02”, Parco Paradiso, Lugano, (CH); Residenza e collettiva, “TERRAĒ”, Museo Mae, Zumpano, (CS); “TESI – TRA LE ATTESE”, personale, STUDIO 38 Contemporary Art Gallery, Pistoia; “TESI – TRA LE ATTESE”, “SETUP CONTEMPORARY ART FAIR”, personale, STUDIO 38 Contemporary Art Gallery, Bologna. Per informazioni e per contattare l’artista Federica Gonnelli: www.federicagonnelli.it info@federicagonnelli.it Studio “InCuboAzione” Via Delle Fonti 480, Santa Maria a Colonica, Prato. Ricordiamo ai nostri lettori ed agli artisti interessati che è possibile candidarsi alla selezione della quinta edizione di questa interessante iniziativa scrivendo ed inviando un portfolio alla nostra redazione: redazione@smarknews.it
Back to the Future – L’editoriale di Ivan Zorico Sarà che sono pienamente in target, sarà che seguo solo quello nel quale mi riconosco o per il quale ho un interesse forte, ma a me sembra di vedere solo contenuti e prodotti “confezionati” per chi si trova nei Trenta. Profili social come Viva gli anni ’90, Serie A – Operazione Nostalgia o Sole, Whisky e sei in Pole Position, citazioni varie, film e ricordi più in generale, tutto mi ricorda e mi riporta agli ’80 e ’90. Poi, però, dopo questa scorpacciata quotidiana di nostalgia, rinsanisco, riprendo contatto con l’oggi, e mi ricordo di come funzionano gli algoritmi che stanno dietro a siti come Facebook, Instagram, Google, et similia. In buona sostanza mi mostrano quello che voglio vedere. Tutto molto semplice. Tutto molto regolare. Ma c’è un ma. Il ma è che non sono solo io a vivere questa situazione. Milioni di persone si nutrono giornalmente dei medesimi contenuti: i loro ricordi affondano le radici negli stessi riferimenti culturali e si riconoscono in modelli, situazioni e archetipi comuni. Insomma, per dirla con una terminologia cara al marketing, siamo un mercato. Di questo, ovviamente, non me ne sono accorto solo io. Tutta l’industria, da quella cinematografica a quella delle tecnologia, passando da quella dei dolciumi e della moda, ha capito che quelle generazioni di adolescenti (o poco più) vissute a cavallo degli anni ’80 e ’90, oggi sono cresciute ed sono diventate adulte. Adulti che hanno capacità di spesa (seppur in molti casi legata a contratti precari) e con un forte radicamento al passato. Il loro. Remake di film di successo, prodotti in voga 20 anni fa e addirittura le merendine, che abbiamo mangiato da piccoli, sono tornate sul mercato spinte da quei brand che sentiamo ormai un po’
nostri. Quello a cui stiamo assistendo in questo periodo è un clamoroso ritorno al passato trainato, molto probabilmente, da due fattori principali: la voglia di certezze e la voglia di sentirsi meglio o migliori. Evidentemente, in un mondo che ormai va davvero velocissimo e che ci pone costantemente sfide sempre più importanti, tornare con la mente a momenti più rilassati ci appare come rifugio naturale al quale è difficile rinunciare. E, il secondo aspetto, è facilmente riassumibile nella tipica frase della nonna: “si stava meglio quando si stava peggio”. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future Bene, in questo contesto, le aziende e i brand cercano di andare a pescare quei prodotti e quelle percezioni a noi care per riproporli sul mercato (ossia a noi) e, perché no, cercare in questo modo di trainare anche il nuovo prodotto di punta. Ivan Zorico Back to the Future – L’editoriale di Raffaello Castellano È sotto gli occhi di tutti! È evidente! Lampante! Il futuro è arrivato, quello previsto dalla fantascienza, dai veggenti, dai designer ora è realtà. Gli anni ’70 del secolo scorso, il decennio lungo del secolo breve, come viene chiamato, attraverso i fumetti e le serie tv di fantascienza, scienziati progressisti e geniali architetti, avevano previsto, ed in parte progettato e costruito, un futuro che ancora oggi, nel 2019, non è stato pienamente realizzato e che resta ammantato da un’aura di mito e nostalgia.
Ma non tutto il futuro è come ce l’eravamo immaginato. Pensavamo di avere auto volanti, ed invece gran parte del movimento, compreso quello delle merci, avviene ancora su ruota. Pensavamo che avremmo costruito stazioni spaziali immense, capaci di contenere intere città e sostenere grandi comunità; in realtà le stazioni spaziali ci sono, ma contengono al massimo una decina di persone e per tempi difficilmente superiori all’anno. Pensavamo che avremmo costruito basi permanenti sulla Luna ed avremmo messo piede su Marte, ma in realtà, con il finire della Guerra Fredda, la corsa allo spazio ha perso interesse e fondi. Pensavamo che, come in Star Trek, avremmo avuto navi interstellari con motori a curvatura, capaci di superare la velocità della luce, e soprattutto il teletrasporto, invece la scienza ci dice che, benché teoricamente fattibili, simili progetti presentano difficoltà ancora insormontabili
sul piano tecnico. Pensavamo che la pace avrebbe regnato su tutto il globo, ma qualunque telegiornale può smentire questa previsione. Pensavamo che la fame e la povertà sarebbero state estirpate dal nostro pianeta, ma i flussi dell’immigrazione e le morti per denutrizione del Terzo Mondo ci raccontano un’altra storia. Pensavamo che i progressi della medicina e dei vaccini avrebbero debellato tutte quelle malattie infettive che avevano, in passato, decimato l’umanità, invece vediamo tornare alla ribalta morbi e virus che parevano estinti. Pensavamo che i dischi in vinile, i libri cartacei e i televisori sarebbero scomparsi, soppiantati rispettivamente da un qualche tipo di disco laser, di foglio elettronico e di proiettore di
ologrammi, invece sono tutti ancora nelle nostre abitazioni e anzi sono tornati pure di moda. Insomma, il futuro immaginato negli anni ’70, ma anche ’80, del secolo scorso non è quello che oggi abbiamo sotto gli occhi. Molte invenzioni sono ancora troppo utopistiche, molte vittorie devono ancora compiersi e poi c’è un’invenzione che non solo non era stata prevista da nessuno dei fumettisti, scrittori, scienziati e veggenti, ma che è anche quella che più profondamente ha trasformato il pianeta e i suoi abitanti: la rivoluzione digitale. Nessuno aveva mai accennato ad internet, al web, ai social, come mai nessuno li aveva previsti? E, domanda ancora più interessante, come mai il digitale non è riuscito a soppiantare
completamente l’analogico? Noi di Smart Marketing abbiamo un paio di idee e qualche teoria al riguardo e per conoscerle non vi resta che sfogliare il presente numero intitolato appunto “Back to the Future” (Ritorno al Futuro), e leggere gli articoli dei nostri collaboratori. Ogni contributo vuole indagare, alla nostra maniera, questo desiderio di analogico, di sostanza, di concretezza. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future P.S. Credete che abbia esagerato? Vi voglio lasciare con un dato: 27.448.630 euro di incasso è quanto ha totalizzato, in 9 settimane ininterrotte di programmazione nelle sale italiane, il film del momento: Bohemian Rhapsody (qui trovate la nostra recensione), che nel mondo ha incassato fino ad ora 817.637.665 dollari, con il mercato cinese che si è aperto da una sola settimana. Il film narra la storia dei primi 15 anni (dalla fondazione, nel 1970, al 1985) della mitica band inglese dei Queen. Forse, al di là della fascinazione che Freddie Mercury ancora esercita su milioni di fan in tutto il Mondo, anche il successo di questo incredibile film mette in evidenza quel desiderio di vintage, revival, retrò, ritorno al passato prossimo che ci ha inesorabilmente contagiato in questi ultimi anni. Buon futuro e buona lettura a tutti.
Raffaello Castellano Ritorno al vinile: moda, business o riscoperta? Ne parliamo con Dj Ringo, Art Director di Virgin Radio Negli ultimi anni si sta verificando un ritorno prepotente al passato, una passione enorme per tutto ciò che è vintage e da collezione, ritorno che tocca anche il mondo della musica. In questo fenomeno economico e di costume, rientra di gran lunga l’oggetto vinile, con un grande aumento delle vendite ed anche di popolarità. Ne abbiamo parlato con il famoso Dj Ringo, Art Director della radio rock per eccellenza, Virgin Radio. Domanda: Dalla sua esperienza di speaker, dj e appassionato, crede che questo sia solo un fenomeno probabilmente passeggero, una moda, un business, oppure, ritiene ci sia dietro una autentica riscoperta del valore dell’analogico? Risposta: “Penso un po’ tutte e due, mi spiego meglio: avere un piatto anche vintage dove posso appoggiare il vinile e la puntina sui solchi, è qualcosa di figo e fa molto glamour alle feste in casa, ma è anche vero che molti giovani attingono dalle collezioni dei papà, nonni e zii nelle collezioni del vinile e chiaramente per ascoltarli o usano un vecchio mangiadischi a pile per 45 giri o ne comprano uno nuovo, ma sono anche costretti a comprarsi tutti i vinili. Ora la moda è il vinile a 180 grammi, fate voi, moda o passione?”
Leggi anche: ■ Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing ■ Il vintage su grandi e piccoli schermi: campione di incassi o necessità di marketing? ■ Il potere del marketing della nostalgia D: Lei crede che questo ritorno al materiale, al contatto reale con la musica (si pensi anche al ritorno del legno nel design dei giradischi), possa, in ogni caso, giovare a quello che è il mercato attuale della musica, italiana ed internazionale? R: “Come affermavo prima è sempre una questione di passione o di mode, il confine sta nel ricercare dei vecchi impianti stereo (io avevo un vecchio Lesa) in legno, pesantissimi ma affascinanti, oppure, comprarsi delle repliche fatte benissimo che costano meno e suonano peggio! Sarebbe un po’ come replicare i vecchi Juke-Box della Wurlitzer con tanto di legno e palla di vetro.” D: In questo quadro, anche a causa dell’ascolto in streaming, i compact disc stanno pian piano scomparendo, secondo lei, invece, gli LP riusciranno comunque a sopravvivere? R: “Chi colleziona, colleziona tutto e basta e comunque penso che da collezione ci sia solo il vinile, perché fa parte di un’epoca magica della musica che sono gli anni ’50-’60-’70, fino ad arrivare agli anni ’80, dopo di che l’era è diventata troppo moderna ed elettronica.” Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future D: Ringraziandola per il tempo che ci ha dedicato, chiudo quest’intervista con un’ultima domanda: vista la carriera nelle radio più famose, che la tiene
costantemente a contatto con la musica, qual è il suo personale rapporto con il vinile? R: “Il mio personale rapporto con il vinile è ormai dedicato alla mia collezione di dischi 33 e 45 giri, che ammiro guardando come guardo un quadro famoso, qualche volta me ne arriva uno nuovo dalle case discografiche e qualche volta mi intrufolo in qualche mercatino e negozietto, nei miei svariati viaggi di lavoro o diletto e tengo un’occhio sempre attento anche sui siti di vendita, dove magari trovo qualche rarità.” Io credo che sia sempre un bene acquistare musica, sia che lo si faccia per moda o per passione, che sia su cd, vinile o il biglietto di un concerto, perché l’arte e la cultura vanno sempre sostenute, anche economicamente. La riscoperta del vintage non sapremo quanto ancora durerà, ma mi auguro possa sempre servire a sostenere la buona musica, che è l’alleata perfetta per vivere meglio.
Il vintage su grandi e piccoli schermi: campione di incassi o necessità di marketing? La moda e la storia rivivono ciclicamente di corsi e ricorsi. Il loro ricordo si trasforma in vintage e rievocazione e genera nel tessuto sociale tribù di appassionati a un certo stile o a una precisa epoca. Questo fenomeno sembra essere stato traslato nel mondo fantastico del grande e piccolo schermo. I capolavori del cinema sono stati rivisti e copiati numerose volte ma nell’ultimo periodo la quantità di sequel e remake è aumentata esponenzialmente. Il 2019 sarà l’anno delle colonne portanti del cinema di animazione: si parte con Mary Poppins, che verrà riproposta in una versione molto simile alla precedente. Disney, dopo un’intensa operazione di ripulitura e digitalizzazione delle vecchie pellicole, riproporrà gli storici cartoni sotto forma di film. Quest’anno nelle sale ci attendono grandi classici dell’animazione come Dumbo, diretto nientemeno che da Tim Burton, il Pinocchio di Guillermo del Toro, e Il Re Leone con Beyonce. Operazione contraria invece per Spiderman, da fumetto a saga sbanca botteghini e ora nuovamente cartone. E poi il ritorno di Toy Story (quarto episodio), Space Jam (con LeBron James che a distanza di 13 anni prenderà il testimone di Michael Jordan), e infine Sonic (dedicato alla mascotte dei videogiochi anni Novanta). La febbre del remake coinvolgerà anche il piccolo schermo, che riproporrà i simboli di un’era televisiva come Beverly Hills 90210, pare persino con lo stesso cast. Le assolate spiagge di Los Angeles, protagoniste indiscusse per l’intero ultimo decennio del Novecento con Baywatch, porteranno nelle grandi sale un secondo lungometraggio dopo la prima trasposizione del 2017. Sono invece stati tagliati i baffi a Magnum P.I. con Jay Hernandez nei panni del super detective, in un reboot della serie TV record degli anni Ottanta. Rumors negli USA propongono addirittura di rifare le avventure di Stanlio e Ollio. I motivi di questa scelta sono tutti da studiare! Non penso e spero che dietro queste ipotesi si celi la scarsa inventiva di Hollywood. Mi sembra una conclusione troppo banale. Il fenomeno potrebbe essere dovuto a due ragioni: da un lato la risonanza omnicanale che può dare chi ha vissuto “in diretta” la prima edizione di questi blockbuster, grazie alla quale i remake possono contare su un effetto di trascinamento verso le generazioni più giovani.
Molti degli attuali influencer per le masse dei ragazzini più giovani hanno vissuto gli anni ’80 e ’90 e sono quindi affezionati a quegli anni e legati alle pellicole. I ricordi si mischiano mentre per i nuovi giovanissimi i remake sono in realtà degli inediti. Questo richiamo può sicuramente aiutare a colpire un target di giovanissimi che ha sostituito le serate pizza e cinema con sushi e Club, magari rilanciando il settore, dato che con lo streaming, la TV on demand e i vari servizi a pagamento o gratuiti l’anteprima del cinema ha perso un po’ di lustro. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future Una seconda ragione può essere dettata dall’instabilità economica e sociale di questi ultimi anni. Un potere d’acquisto ridotto tra i più giovani spinge a “ricentrare” il target del grande schermo su fasce d’età più alte. La precarietà, non solo economica, che non arriva neppure a misurarsi con il futuro ma si ferma al presente porta inoltre sempre più persone a volersi attaccare a un solido passato fatto di certezze e di capolavori intramontabili che sfigurano a confronto delle serie attuali che durano poco più di una stagione. E se a Seattle non sanno più che catastrofi inventare per mantenere l’onda degli ascolti di Grey’s Anatomy alla 15a stagione, qui ci accontentiamo di rispolverare la Dottoressa Giò. Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing “Amato in passato” o più comunemente “Vintage”, quel recuperare simboli di una epoca creando uno stile contemporaneo che volge lo sguardo a ieri. Dal fascino magico che ci ammalia per la sua capacità di tornare sempre e nuovamente di moda, forse perché, in realtà, non passa mai. Indossare capi andati venti anni prima, saperli mescolare tra di loro, arredare una casa con pezzi di anni passati creando uno stile che mescola passato e presente, è solo di moda o c’è qualcosa di più? A scatenare questa irrefrenabile voglia di passato è la nostalgia, un’emozione potente a tal punto da creare una leva emotiva sugli acquirenti talmente forte che i brand più acuti la stanno utilizzando nelle vendite: è la nuova frontiera del Vintage Marketing anche se fa strano parlare di nuovo, quando ci si rivolge nuovamente al passato.
L’effetto nostalgia viene riconosciuto quale una grande opportunità che sta cogliendo tutti i settori merceologici rievocando vecchi spot e riproponendoli in chiave moderna con un forte richiamo sia di chi quegli anni li ricorda, ma soprattutto di chi non avendoli mai vissuti, li sogna. D’ALTRONDE SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO, NON SI DICE COSÌ? I bei tempi andati sembra siano sempre meglio del presente ed ecco che nel mondo ipertecnologico dove PC e smartphone sono sempre connessi, rispunta la cara vecchia macchina da scrivere anche se in realtà di vecchio ha solo la scocca, ma modernissima nella tecnologia. Le Reflex cedono il post alle vecchie polaroid che, però, hanno un meccanismo tutto nuovo e tecnologico e dell’antica macchina non ne ha nemmeno la forma ma ne ricorda perfettamente la funzionalità, dello stesso avviso sono i giradischi tecnologici per ascoltare musica in vinile. Tornano in voga esempi di oggetti vintage e nuove creazioni ispirate ad epoche passate, visibili in tutti i settori: dal design alla moda, dall’elettronica agli accessori, dall’home decor alla tecnologia fino alla televisione (Programmi come Indietro Tutta e Portobello sono nuovamente tornati alla ribalta). Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future Il fascino retrò del passato ritorna, come a voler fermare il tempo, riviverlo,
scattarlo in una vecchia ed ingiallita polaroid che emana ricordi sbiaditi, sarà forse per l’irrefrenabile voglia di prendere un po’ di fiato in una società che avanza continuamente ed instancabilmente alla velocità della luce… e forse fare un passo indietro sarebbe come per un attimo… trattenere il fiato! Il successo dei remake: quando la nostalgia fa bene al marketing Inutile negarlo, con il passare degli anni diventiamo tutti un po’ nostalgici. I “bei vecchi tempi”, che siano gli anni ‘90, ‘80 o ancora precedenti, sono sempre connessi ad emozioni positive, ricordi piacevoli, momenti spensierati e gioiosi. E sono tanti gli studi che dichiarano che la nostalgia ci fa bene; ripercorrere il passato ci dà sicurezza, influisce positivamente sul nostro umore, probabilmente ci aiuta ad affrontare meglio il presente. Ecco che i nostri vecchi giochi, i film che vedevamo un tempo, la musica che ascoltavamo, persino il cibo, ci sembrano migliori di quelli che abbiamo a disposizione oggi. Probabilmente li idealizziamo soltanto, ma una cosa è certa (oltre al fatto che stiamo invecchiando): ci siamo affezionati a molte delle piccole cose che riguardano il nostro passato…e pensare di riaverle o farle provare ai nostri nipoti o figli ci sembra stupendo. E qui entra in gioco il marketing, che non vuol dire soltanto vendere, ma capire come farlo, quali tasti toccare, quali leve spingere per farci innamorare di un prodotto. Se però noi ne siamo già innamorati…il gioco è fatto, ed è più semplice del dover cominciare da zero: basta riproporre, promuovere bene, innescare il fattore amarcord, trasformare un prodotto del passato in un cult. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future Far leva su una connessione emotiva già esistente, vendere ricordi in altre parole, è una strategia già ben collaudata da molte grandi aziende con risultati quasi sempre positivi; se non di vendita almeno di branding. Insomma infondere un po’ di nostalgia nel marketing può essere sempre una buona idea. Ecco alcuni degli esempi più interessanti tra i remake di prodotti degli ultimi anni Il Nokia 3310
Nokia ha riproposto un paio di anni fa il suo storico 3310. E’ stato il primo cellulare per molti trentenni di oggi, si poteva personalizzare con le tante cover colorate e soprattutto si poteva usare per giorni senza mai doverlo ricaricare, nonostante le tante ore di gioco con l’amatissimo gioco Snake. Sapevamo già prima del rilancio che non avrebbe mai potuto sostituire gli smartphone da cui siamo ormai dipendenti, infatti Nokia l’ha proposto ad un prezzo quasi simbolico: 49 euro. Cosa sono 49 euro per un ricordo felice? Contestualmente alla presentazione del remake del 3310 (rigorosamente con Snake e suonerie originali) Nokia ha presentato anche i suoi tre nuovi smartphone. Si, il passato che ritorna, a volte, è anche utile per illuminare il nuovo che avanza. Pokémon GO I Pokémon li abbiamo conosciuti nel 1996, quando fu lanciato il famoso gioco per Game Boy di Nintendo. Altro non sono che piccoli mostri colorati (poket monsters). Negli anni sono stati realizzati diversi videogiochi per le varie console e poi anche giochi non interattivi, carte, cartoni animati… insomma il giro d’affari intorno a Pikachu e i pokemon in generale sembra essere stato enorme e 20 anni dopo è tornato a far fatturare più di un milione di dollari. Come? Con la sua versione aggiornata e tecnologica: un gioco per Apple ed Android basato su realtà aumentata e geolocalizzato con GPS che è diventato una vera e propria manìa in tutto il mondo. Razr Motorola La notizia è recente: Motorola (oggi controllata dal gruppo cinese Lenovo) starebbe per rilanciare Razr, il telefono a conchiglia che spopolava nei primi anni del 2000. Razr è uno dei cellulari più venduti di sempre (130 milioni di pezzi venduti). La nuova versione, secondo le indiscrezioni, potrebbe essere lanciata a breve e sarebbe anche in questo caso pieghevole, grazie ad uno schermo Oled di nuova generazione. Il lancio avverrà nel mese di Febbraio in primis nel mercato americano ad un prezzo di 1500 dollari, più del doppio del prezzo della versione originale. Le console storiche Nintendo in versione mini e il Commodore 64 La linea Nintendo Classic Mini ha riportato in vita le storiche console come il NES o il Super Nintendo, apprezzate sia da chi riprovare l’ebbrezza dei vecchi tempi che dai più giovani, attirati dalla novità anche se un po’ vintage. Inoltre dopo 35 anni è tornato anche il Commodore 64. Si tratta di versioni mini, davvero molto più piccole delle originali, ma riprodotte fedelmente in ogni singolo particolare, che hanno avuto un successo quasi incredibile. Per approfondire:
■ Un mix tra tecnologia e tanta nostalgia: torna in commercio il mitico Commodore 64! Non parliamo di sola nostalgia tech, il fattore revival invade ormai tutti i settori: dalla musica alla tv, dalla moda all’arredamento e ovviamente anche il settore food. Quali sono le Madeline della nostra generazione? Ci sono dei prodotti che associamo così tanto a ricordi positivi della nostra infanzia che sono stati chiesti a gran voce (e ottenuti) proprio dai consumatori stessi, tutto grazie al potere del web. Le aziende, nella maggior parte dei casi, hanno saputo accogliere la richiesta e cogliere l’occasione per mostrarsi attente alle esigenze dei clienti…e fare branding. Per approfondire: ■ Scopri il nostro numero: “Questione di Branding” Ecco un paio di esempi Winner Taco Il gelato Algida degli anni ‘90 è tornato sul mercato nel 2014 grazie ai social media e in particolare alla pagina Facebook “Ridateci il winner taco” che per anni ha celebrato e richiesto anche in modo ironico il ritorno dell’amato gelato con post e vari meme. I follower della pagina hanno organizzato, poi, delle vere e proprie proteste anche sulla pagina Algida ufficiale, fino a convincere l’azienda a rilanciare il prodotto. Una grande vittoria per il popolo del web che rimarca ancora una volta la forza dei consumatori con l’avvento dei social media. Il soldino in edizione limitata Una storia simile è quella del Soldino Mulino Bianco, la merendina del Mulino Bianco che più manca a chi è stato bambino negli anni ‘80 e ‘90. Anche questa richiesta a gran voce sui social, ma ritornata in edizione limitata soltanto grazie alla community Nel Mulino Che Vorrei nel 2010, la piattaforma nata per dar voce ai consumatori. Il ritorno del soldino è stata una delle idee più votate all’interno della community, e l’azienda, che con la community si era impegnata a realizzare i desideri dei clienti, ha deciso di riproporlo in occasione dell’Eurochocolate, a Perugia, in versione gigante realizzata appositamente da maestri cioccolatai. Nello stesso periodo è stata creata una Limited Edition del soldino in vendita in una speciale scatola di metallo: lo scrigno del Soldino.
Il potere del marketing della nostalgia Il potere della TV lo si vede in azione ogni qual volta che un consumatore americano acquista una confezione di cereali per la colazione. Per uno spot pubblicitario che ha visto tanti anni fa, è disposto ancora oggi a spendere di più per quella confezione di corn flakes o riso soffiato. Nell’arco di una vita equivale a migliaia di dollari in cost premium per la pubblicità dei soli cereali per la colazione. Naturalmente il fenomeno non riguarda soltanto i marchi in vendita nei supermercati, ma interessava anche i nomi come John Hancock e Merrill Lynch, Prudential, Archer Daniels Midland, Jeep e persino Ronald Regan. Grandi nomi e grandi idee che hanno avuto un impatto enorme sulla nostra vista. (Seth Godin in “La mucca viola. Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone”, edito da Sperling & Kupfer). Con queste parole Seth Godin (uno dei blogger di marketing più influenti del mondo) spiega lucidamente il motivo per il quale il marketing della nostalgia abbia un potere immenso e funzioni molto bene ancora oggi. Prima dell’avvento dei nuovi media e del passaggio da una comunicazione di massa ad una di nicchia, l’unico vero mezzo tramite il quale i consumatori potevano conoscere i prodotti di cui necessitavano (o di cui avrebbero avuto bisogno) era la televisione. Sostanzialmente senza interferenze e senza soluzione di continuità, la televisione trasmetteva pubblicità, jingle e claim che, giorno dopo giorno, entravano nelle nostre teste e si cristallizzavano nei nostri ricordi. Ecco la “prova del 9”: ■ Per dipingere una parete grande, ci vuole… ■ “Che cosa vuoi di più dalla vita? Un… ■ Two gust is megl… Solo il 99,99 % di voi avrà completato correttamente i claim qui sopra e ne avrà associato il relativo brand/prodotto, sempre che siate nati tra gli anni ’80 e i primi anni ’90. Ancora oggi, se devo pensare di comprare un pennello penso a Cinghiale, se voglio bere un digestivo propendo per l’Amaro Lucano e se ho desiderio di un gelato confezionato con il biscotto scelgo il Maxibon.
Di questi esempi potrei farne a decine. Il punto è che questi brand/prodotti sono entrati dentro la testa di più generazioni di consumatori ed hanno un vantaggio competitivo formidabile. Per me, come per milioni di altre persone saranno sempre (o quasi) la prima scelta. Sono perfettamente riconoscibili. Oggi, invece, questa meccanismo che permetteva di penetrare così massivamente nella testa delle persone – il complesso industriale-televisivo – è entrato in crisi. Il fattore principale che ha determinato questa situazione è la cosiddetta “guerra dell’attenzione”. Essendo immersi tra notifiche, e-mail, chat, informazioni, stimoli, et similia, non riusciamo più a prestare un’attenzione costante e, soprattutto, evitiamo tutto ciò che ci distoglie dalle nostre attività. Fate caso a come si guarda la televisione oggi: in una mano si ha il telecomando e nell’altra lo smartphone. Sempre se siete tra coloro che ancora guardano la televisione. Perché, da tempo, ci sono migliaia di persone che ormai non l’accendono neanche più. Pertanto per un brand che in passato è riuscito a lavorare su un certo posizionamento, e che ha instaurato un legame quasi familiare con le persone, è certamente più semplice ricorrere al marketing della nostalgia. Solo pensare ad un prodotto o rivedere una pubblicità ci fa fare un balzo nel passato, laddove tutto era più bello e sereno. Ebbene sì, è innegabile, il passato fa questo effetto. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future E ora vi chiedo: quanto sareste disposti a spendere per sentirvi di nuovo sereni come un tempo? Quale prodotto scegliereste tra uno che sentite parte di voi e uno del quale avete sentito appena qualcosa? Entrambe le domande sono ovviamente retoriche. Ecco, l’essenza del marketing, non solo della nostalgia, si riassume tutta qui. Il marketing non serve per vendere prodotti ma per creare percezioni.
Trend visual 2019: il ritorno del vintage anche sul web Sicuramente immaginare il mondo di domani è difficile, ma non impossibile soprattutto per gli artisti e i creativi professionisti, capaci di respirare l’aria del cambiamento prima ancora che arrivi. Lo stesso accade per chi si occupa di creazione di siti web e gestione di pagine sui social media, ovvero del professionista che lavora sempre per i mesi a venire e vive costantemente proiettato nel futuro. Ogni anno Depositphotos parla con fotografi, designer e content creator per individuare idee, movimenti e nuovi trend della comunicazione visiva, quelli che caratterizzeranno il futuro del settore. Vediamo quindi cosa ci riserverà questo 2019. Personalizzazione, l’unica via da seguire Le campagne di digital marketing sfruttano oggi nuovi modi personalizzati per raggiungere il singolo consumatore e questa è oggi l’unica via da seguire per avere successo. L’utente di oggi è sempre più connesso e rinuncia volentieri alla privacy per accedere a contenuti – soprattutto immagini – davvero rilevanti per lui. Di grande tendenza sono i contenuti UGC – creati dai consumatori per i consumatori – e quelli co-creati con gli influencer, studiati per adattarsi alle singole persone e raggiungere il destinatario anche in un momento in cui la ad-blindness è ai massimi livelli. Abbandonato il marketing per tutti, che si rivolgeva a un pubblico ampio e indistinto, oggi il segreto del successo è portare l’utente a vivere un’esperienza ravvicinata con il brand e per farlo si utilizzano soprattutto i contenuti visivi. Provocazione creativa per attirare la curiosità Chi lavora sui social media conosce bene l’importanza della provocazione visiva, che può portare a un concreto vantaggio competitivo e stimolare la curiosità dell’utente online. Oggi le campagne di Digital Marketing puntano su immagini audaci e folli, approcci non convenzionali alla fotografia e all’arte e a tecniche pensare per un consumo in movimento del contenuto visivo. Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia: ■ Back to the Future L’immagine che oggi ha successo online è un’immagine incredibile e inaspettata, che si fa notare ed emerge dal feed sovraffollato che
caratterizza tutte le piattaforme social, da Facebook a Instagram, da Twitter a Linkedin. Non basta più individuare l’argomento e l’orario perfetto: il vero marketer di oggi sa creare conversazioni e ampliare la portata organica del suo contenuto sul web. La nostalgia e il vintage: il sito Adidas ispirato agli anni ‘90 L’uso di colori, pattern e caratteri degli anni ’90 è alla base del nuovo sito Adidas, che ha catturato la nostalgia di quel periodo per presentare le sneaker del futuro, rivolte ai Millennials di oggi. Il sito della Yung Series sembra uscire dall’epoca iniziale del web design, ma è rivisitato in chiave assolutamente moderna, l’ideale per chi si sente retrò ma ha da sempre un occhio attento al design e che questo sforzo promozionale del brand catturerà sicuramente. La nota azienda ha, infatti, deciso di promuovere la collezione di sneaker Yung ispirate agli anni ’90 con un sito nostalgico, che richiama gli inizi della storia del World Wide Web e si aggancia al trend attuale che prevede la creazione di siti web addirittura brutali. Abuso di GIF animate, un vortice di colori e orribili sfondi piastrellati, rendering 3D ispirati al passato e font di sistema che annunciano che il nuovo sito web è ancora “Under Construction”. Manca sicuramente l’invito animato a aderire al webring Adidas, ma un pulsante animato davvero terrificante impone al visitatore l’iscrizione alla mailing list. Il sito vintage include anche Yung Rappa, un vero gioco per browser che si ispira all’hip hop e che si adatta a ogni schermo dal 640×480 tipico del passato, ad un 1920×1080 allora impensabile. Sicuramente vedere un sito di questo tipo fa un certo effetto, ma i brand come Adidas hanno saputo sfruttare lo stile vintage, portando online
la nostalgia per il passato per presentare la nuova collezione di scarpe sportive ispirate agli anni ’90. Non abbiamo dubbi che nei prossimi mesi, navigando online, troverete davvero tanti altri riferimenti alla cultura visiva degli anni ’60, ’70, ’80 e ’90 per attirare tutti coloro che in quegli anni erano giovani, ma anche i Millennials che guardano al passato con curiosità. L’Agenzia dei bugiardi – Il Film Mattina presto: il telefono squilla, con la fastidiosa suoneria personalizzata di tua moglie, ti svegli di soprassalto e ti riprendi a fatica, ma poi realizzi che sei in un letto non tuo, che la casa intorno a te, benché famigliare, non ti appartiene e, cosa peggiore, che la donna nuda accanto a te non è tua moglie. Lo so, a qualcuno potrà sembrare l’incipit di un film alla “Una notte da leoni”, ma sarebbe fuoristrada, il film è italiano, come gli attori e il regista Volfango De Biasi (Come tu mi vuoi, Iago, Natale a Londra – Dio salvi la Regina). Ma il film è anche il remake del campione d’incassi francese del
2017 Alibi.com di Philippe Lacheau. Ma torniamo al nostro spaventato personaggio: cosa fare quando, dopo una notte di bagordi con la tua amante, ti addormenti e non rientri a casa da tua moglie? E per di più hai il collo pieno di segni (leggete succhiotti) della passione? Beh, le soluzioni sono 2: o scappi con l’amante o chiami i professionisti dell’’Agenzia dei Bugiardi. Il nostro sprovveduto amico decide per la seconda opzione. Dall’altra parte del telefono ti risponde Fred, il sempre più bravo e maturo Gianpaolo Morelli, che con fredda risolutezza ti dice subito cosa devi fare e, contemporaneamente, elabora e mette in moto un piano per riscattare la tua colpevole scappatella agli occhi di tua moglie e dei tuoi suoceri, intanto accorsi a casa tua.
Cambio scena: il campanello suona a casa tua, tua moglie inviperita viene ad aprire e ti trova malconcio su di una sedia a rotella con un collare ortopedico, scortato da un infermiere del 118 ed un poliziotto della stradale, i quali le spiegano che hai avuto un brutto incidente rientrando a casa per non investire il cane di un cieco. Fantastico, sei passato in un attimo da marito fedifrago ad eroe, salvando matrimonio ed amante e rimettendoci solo un telefonino e una macchina. Tornati in agenzia, scopriamo che l’infermiere altri non è che Diego (lo stralunato ed esilarante Luigi Luciano), l’esperto informatico dell’agenzia, e che il poliziotto era lo stesso Fred, titolare e performer dell’Agenzia dei Bugiardi, specializzata a fornire alibi a mariti e mogli infedeli, ma anche altri servizi a tutta una serie di personaggi insospettabili. Cambio scena: Fred sta cercando personale, e lo vediamo intento a fare un colloquio ad un candidato, Paolo (l’attore e conduttore televisivo Paolo Ruffini), al quale spiega le motivazioni, il funzionamento e i servizi dell’agenzia. PER APPROFONDIRE: ■ Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema Insomma, un’attività di successo, remunerativa e con un bacino di clienti pressoché illimitato. Tutto bene, tutto bello, addirittura con un certo risvolto sociale giacché, come spiega Fred al candidato Paolo, l’idea dell’Agenzia nasce da un suo personale dramma familiare che gli ha fatto maturare l’opinione che è “meglio una bella bugia che una brutta verità!”, frase usata pure come slogan aziendale. Il film procede con vari interventi salva bugiardi durante la settimana di prova del candidato Paolo; tutto fila liscio fino a quando, e qui arriva il plot del film, all’agenzia non si rivolge un ricco uomo d’affari, Alberto (il sempre
bravo Massimo Ghini), che espone all’agenzia un problema di difficile gestione. Senza voler svelare altro del film, che consiglio di vedere, veniamo alla critica vera e propria. Il film gira bene, gli attori si innestano perfettamente gli uni sugli altri, la regia è lieve, la sceneggiatura solida (entrambe di Volfango De Biasi) e le situazioni che l’Agenzia dei Bugiardi è chiamata a risolvere, benché al limite dell’assurdo, sono credibili ed esilaranti. Il film per la prima parte è girato soprattutto in interni, stanze, alberghi, etc., ma nella seconda parte si apre all’esterno con scenografie naturali ben sfruttate, fra cui spicca un resort di lusso in Puglia, meta gettonatissima dalle produzioni italiane ed estere. G i a n p a o l o M o r e lli e Diana Del Bufalo sul set del film. Su tutto spiccano, come succede in questo tipo di commedie, le interpretazioni degli attori, tutti bravi, ma tra di esse emergono quelle di Gianpaolo Morelli, sempre più credibile e a suo agio nei ruoli borderline sia al cinema che in tv, di Massimo Ghini, attore maturo e pieno di sfumature, di Alessandra Mastronardi, frizzante e poliedrica attrice che si muove perfettamente fra cinema e fiction, commedia e drammatico, e della sorprendente Diana Del Bufalo (Amici, La profezia dell’armadillo, Puoi baciare lo sposo), che interpreta con ironia e voglia di prendersi in giro il ruolo di W Cinzia (non viva ma doubleV) che fa da collante a tutti i personaggi del film. La Del Bufalo, che attualmente è nelle sale sia con questo film che con il mediocre “Attenti al Gorilla” di Luca Miniero, canta, sui titoli di coda, in un videoclip musicale che, parodiando Baby K, prende in giro il rap italiano con tanto di twerking, vestiti animalier, ambientazioni urban-pop, e che da solo merita i soldi del biglietto.
Per concludere, possiamo dire che il film regala 102 minuti di divertimento, senza parolacce, condito con una discreta dose di riflessione sociologica su cosa la nostra società di consumatori compulsivi è diventata. Il regista sembra dirci che oggi si compra, ma soprattutto si consuma, di tutto: matrimoni, infedeltà, scappatelle e, ahimè, se tutto è in vendita, allora anche la verità e le bugie sono sul mercato e possono essere acquistate dal miglior offerente e manipolate dall’abile professionista. Una metafora di internet, dei Big Data, delle fake, della disinformazione, un film che fa ridere con un po’ di amarezza e riflettere con un senso di disgusto. Per approfondire: ■ #10yearschallenge: complotto di Facebook o semplice fenomeno social? ■ Utilizzo dei dati, Facebook e Cambridge Analytica, in parole semplici! ■ Fake Politics Mentre scrivo questa recensione (21 gennaio), il film è 5° al Box Office, con un incasso totale di 893.223 euro a quattro giorni dall’uscita, il 17 gennaio 2019, battendo nel weekend addirittura il blockbuster Aquaman, che si ferma a 864.559 euro. #10yearschallenge: complotto di Facebook o semplice fenomeno social? In questi giorni sta girando molto, proprio quasi quanto il fenomeno stesso della #10yearschallenge, l’idea che questa sorta di gioco non sia un semplice modo per condividere (ancora una volta) qualcosa che ci riguardi, ma che abbia dei secondi fini. Semplificando, l’idea che sta passando è che questa “10yearschallenge” possa essere quasi assimilata ad un “complotto” ordito da Facebook per poter avere un grosso quantitativo di nostre foto (del prima e del dopo) utili per attività di riconoscimento facciale, machine learning et similia. Tali attività (così come le altre informazioni su di noi che giornalmente cediamo ai social network, ed al mondo del
web più in generale) consentirebbero di profilarci (vedi il caso di Cambridge Analytica) e di potenziare, appunto, gli strumenti di riconoscimento facciale per diversi scopi. Per carità il tema della privacy è certamente delicato e l’utilizzo e la gestione che si fa (e si farà) dei nostri dati è, e deve essere sempre, oggetto di dibattito. Ma credo che in questo caso non si possa gridare allo scandalo. PER APPROFONDIRE, SCOPRI LE NOSTRE RUBRICHE: ■ Social e New Media ■ Case History ■ Economia ■ Scienza e Psicologia Credo che da tempo abbiamo abdicato alla “riservatezza” per poter ricevere servizi in cambio. Non serve indignarsi o giocare a fare i complottisti. Se il gioco non ci piace, basta non giocare. Se non vogliamo far conoscere qualcosa di noi, basta non pubblicarlo. Non è difficile. E credo che sia ormai cosa nota a tutti. O, almeno, lo spero.
Digital Innovation Days Italy 2019: L’evento sul Digital Marketing, Social Media e Innovazione. Innovazione, internazionalità, storie di successo raccontate dai migliori professionisti del mondo Digital e ancora workshop, panel, networking e divertimento per una nuova edizione tutta da non perdere! Milano torna infatti ad ospitare i Digital Innovation Days Italy il 17, 18 e 19 Ottobre 2019 presso Talent Garden Calabiana, uno dei campus co-working più grandi d’Europa e polo indiscusso italiano nel mondo dell’innovazione. A #DIDAYSIT (ex Mashable Social Media Day) non servono di certo ulteriori presentazioni. Ormai da anni è uno degli eventi più attesi e seguiti d’Italia in ambito digital marketing, e in questa sesta edizione lo sarà ancora di più grazie a Case Study uniche presentate da aziende e agenzie tra le più celebri in Italia e nel resto del mondo e molte altre sorprese alle quali il team organizzativo sta lavorando per rendere anche questa edizione, una delle migliori di sempre. Tra i primi relatori confermati troviamo: ■ LEROY MERLIN con Alice Morrone, Chief Innovation Officer ■ BARILLA con Francesco Gabrielli, Digital Marketing & Ecommerce Manager ■ BLABLACAR con Maria Fossarello, Social Media & Search Channels Team Lead ■ PORSCHE ITALIA con Lucia Antico, Brand Manager per il post-vendita ■ ALIBABA GROUP con Daniel Vanegas, Regional VP, Social and Interaction Product Operation ■ GARNIER ITALIA con Francesca De Pascale, Social Media Manager ■ GRUPPO ARMANDO TESTA con Giuseppe Mayer, Chief Digital Officer ■ MICROSOFT CONSULTING & SERVICES con Fabio Moioli, Country Manager ■ RIFLE JEANS con Franco Marianelli, Amministratore Delegato ■ TRIBOO con Pietro Pannone, Social Director ■ INTESA IBM con Pietro Lanza, General Manager di Intesa & Blockchain Leader di IBM Italia ■ GLOVO ITALY con Cecilia Braguglia, Marketing manager ■ REVOLUT con George Thompson, Country Manager, Italy ■ MISS ITALIA con Enzo Rimedio, Digital Communication Director ■ ERNST & YOUNG con Gerardo Volpone, Senior Consultant Digital Innovation
Digital Innovation Days Italy: l’evento sul Digital Marketing, Social Media e Innovazione. Nella foto l’organizzatrice Eleonora Rocca e Filippa Lagerbäck riprese durante la passata edizione. I #DIDAYSIT vanteranno anche altri prestigiosi nomi che verranno svelati nei prossimi mesi, ai quali si uniranno Workshop, Panel e Interviste che come sempre tratteranno tematiche di ultima generazione volte a stimolare la curiosità e a permettere di approfondire la conoscenza di tutti coloro che abbiano voglia di trovare ispirazione per nuove idee o migliorare le performance del proprio business. A CHI SI RIVOLGONO I #DIDAYSIT I Digital Innovation Days sono rivolti soprattutto ad aziende, agenzie di comunicazione e direttori marketing ma anche a freelance, startup, liberi professionisti e a tutti coloro che operano nel settore del digital e non solo. Un’occasione imperdibile per rimanere aggiornati sugli ultimi trend del Digital Marketing, del Social Media Marketing e dell’Innovazione digitale, per approfondire le proprie conoscenze ed ampliare il proprio network. ELEONORA ROCCA: CRESCIAMO EDIZIONE DOPO EDIZIONE Eleonora Rocca, CEO & Founder dei Digital Innovation Days Italy afferma: “Cresciamo di anno in anno, l’edizione del 2018 ha registrato quasi 1500 partecipanti, e quest’anno abbiamo già registrato oltre 150 adesioni a 9 mesi dall’evento. Un segnale molto positivo, segno che sussiste nel mercato una forte voglia di apprendere le dinamiche innovative e creative che regolano il mondo digital e social a livello nazionale e internazionale, e il nostro team organizzativo sta già lavorando per rendere il programma dell’evento originale, unico e innovativo.
Per approfondire: ■ Le opportunità del marketing digitale. L’intervista a Eleonora Rocca. GENNAIO, IL MESE GIUSTO PER I #DIDAYSIT Nel mese di Gennaio verrà offerto un biglietto d’ingresso all’evento a un prezzo speciale: 99 euro + IVA. l’offerta sarà valida fino al 31 gennaio. A questo link è possibile trovare la speciale promozione. VUOI ESSERE ANCHE TU PARTE DELL’EVENTO DELL’ANNO SU DIGITALE, INNOVAZIONE, IMPRENDITORIA E TREND TECNOLOGICI DEL FUTURO? Il team organizzativo è già al lavoro per creare nuove partnership e relazioni con i migliori player del mondo digital italiano. Vuoi essere anche tu parte della rivoluzione digitale: scrivi a info@digitalinnovationdays.com. Il Digital Innovation Days Italy 2019 è quindi un evento dedicato a tutti coloro che vogliono rimanere aggiornati sugli ultimi trend del Digital Marketing, del Social Media Marketing e dell’Innovazione digitale. Tutti temi molto cari a noi di Smart Marketing e, anche per questo motivo, siamo molto felici di supportare questa manifestazione in qualità di media partner. I film italiani in sala a gennaio 2019 La programmazione per quanto riguarda i film italiani nelle sale cinematografiche nazionali per il primo mese del nuovo anno, è parecchio variegata, seppur limitata quantitativamente. Il numero dei film in sala, infatti, non supera le 10 unità, con almeno 3 di essi che non superano le 5 sale in programmazione (DIGITALIFE, DOVE BISOGNA STARE, MIA MARTINI-IO SONO MIA). Nel complesso il mese sarà dominato dalle classiche commedie commerciali, supportate dai più importanti nomi del panorama comico-brillante nazionale, non sempre però adeguatamente accompagnate da trame accattivanti.
Fuori da questa critica negativa, si eleva NON CI RESTA CHE IL CRIMINE, uscito in quasi 400 sale (la potenza del produttore Fulvio Lucisano e della 01 distribution), con un trio di protagonisti davvero d’eccezione: Marco Giallini, Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi, affiancati da un Edoardo Leo di indolente ironia nei panni di Renatino De Pedis, capo della famigerata Banda della Magliana. NON CI RESTA CHE IL CRIMINE è un mix volutamente dichiarato tra NON CI RESTA CHE PIANGERE e SMETTO QUANDO VOGLIO. Il titolo è un omaggio all’ironia del primo leggendario film, il crimine fa parte del plot. E’ la storia di uno sfaccendato trio di amici che mostra ai turisti i luoghi dove aveva operato la Banda della Magliana. Un giorno i tre si trovano catapultati, tramite un cunicolo spaziotemporale, esattamente nel 1982 durante i Mondiali di calcio, in un salto nel tempo curioso e ricco di interesse spettacolare. Risaputo e abusato fin troppo come tema, nello stesso periodo sarà in sala anche COMPROMESSI SPOSI, una sorta di remake sessant’anni dopo de I PREPOTENTI, con Nino Taranto e Aldo Fabrizi, o ancora di TOTO’, FABRIZI E I GIOVANI D’OGGI. La classica storia di due ragazzi innamorati, lei del sud, lui del nord, divisi dall’insostenibile campanilismo dei propri padri che si odiano e che faranno di tutto per dividerli. Ma ovviamente l’happy-end finale trionferà. Per carità, Vincenzo Salemme e Diego Abatantuono sono bravissimi ed espertissimi, e nel film si ride pure, ma il confronto con i mostri sacri sopra citati non regge assolutamente. PER APPROFONDIRE: ■ Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema Non va meglio con ATTENTI AL GORILLA, farsaccia surreale con Frank Matano, uomo di spettacolo, ma non di cinema, in cui si salva soltanto Lillo Petrolo, per una volta senza il fido Greg, nei panni dell’amico mammone Jimmy, che vive con il protagonista, lasciato da moglie e figli, e con un curioso gorilla che ha la voce di Claudio Bisio. Terrificante!!! Più centrato, sia pur nell’ambito di un film di puro godimento esilarante, L’AGENZIA DEI BUGIARDI, una commedia surreale che vede come protagonisti Giampaolo Morelli, Luigi Luciano e Paolo Ruffini, titolari di una strana, diabolica e geniale agenzia che fornisce alibi ai propri clienti e il cui motto è ” Meglio una bella bugia che una brutta verità”. La storia si complica quando Fred alias Morelli, si innamora della figlia di un suo cliente avvezzo alle scappatelle extra-matrimoniali. Ci sarà da ridere, soprattutto grazie a Morelli, che con gli anni diventa sempre più bravo e sempre più primo-attore, tra un ispettore Coliandro e una commedia brillante, è l’attore
italiano più utilizzato degli ultimi due anni da produzioni televisive e cinematografiche. Ma a gennaio è uscito anche un bel film d’autore, SUSPIRIA un horror per la precisione, in cui Luca Guadagnino omaggia il maestro del genere, Dario Argento con un film personale, riflessivo, originale nello stile visivo e coraggioso nella messa in scena. Ovviamente, come di solito, nella carriera del fortunato autore italIano, il film è una produzione maggioritaria statunitense. Questo perché il suo è un cinema coraggioso, fuori dagli schemi e soprattutto dalle richieste del nostro sistema nazionale cinematografico. Per cui la ricerca di fondi, di trame complesse, strutturate, mal si adeguano a ciò che i produttori nazionali intendono commercializzare e far fruttare in Italia. Il dio denaro comanda anche il cinema, da sempre, e allora meglio lavorare in uno Stato, dove la cultura cinematografica del pubblico, è molto più avanti e radicata che da noi. Ricordate CHIAMAMI COL TUO NOME, tratto dal romanzo omonimo di Andrè Aciman, passato pressocchè inosservato da noi, ma vincitore nel 2017 del Premio Oscar per la miglior sceneggiatura. E nell’ottica di una visibilità negata, perché la popolarità dell’attore rimane sempre il motore vero e reale di un film, passeranno inosservati o quasi, film dalla scarsissima distribuzione come SEX COWBOYS, MIA MARTINI-IO SONO MIA, DIGITALIFE, DOVE BISOGNA STARE e IL PRIMO RE, dove almeno c’è Alessandro Borghi, reduce dal film biografico sulla morte “sospetta” di Stefano Cucchi. E a proposito sapete che questo film, SULLA MIA PELLE, osannato dalla critica, è stato un flop colossale nelle sale italiane, fermandosi a neanche 500.000 euro di incassi? L’elenco dei film italiani in sala a gennaio 2019 è questo: 4 commedie, 3 film drammatici, 2 documentari e 1 horror. Ce n’è per tutti i gusti, sperando che anche i meno distribuiti, possano guadagnarsi un proprio spazio nei cuori del pubblico, perché il cinema è fatto soprattutto dal sottobosco indipendente che cerca di emergere e che meriterebbe un’attenzione maggiore da parti dei legislatori e soprattutto un’autorevolezza che qui da noi viene negata, e in cui per emergere devi essere legato più a case di produzioni potenti, quindi a legami di “conoscenza”, che al puro talento. In Francia funziona diversamente, già, proprio in Francia dove sanno cosa vuol dire la parola “rivoluzione”. In tutti i sensi.
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