Vita Nostra - Nuova Citeaux

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Vita Nostra - Nuova Citeaux
16            Vita Nostra
                                                                               Rivista periodica dell’Associazione
                                                                                         “Nuova Cîteaux”
                                                                                          Anno IX - n. 1 - 2019

                                                                                              16

                    ISSN 2280-9805
                                                                Vita Nostra

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale –
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma
2, DCB Firenze. In caso di mancato recapito inviare a Firenze
CMP per la restituzione al mittente previo pagamento resi.

                                                                                              Nerbini
Vita Nostra - Nuova Citeaux
Vita Nostra                                                                              Vita Nostra
                                                                 In copertina:                                            Rivista periodica semestrale
                                                La chiesa della beatificazione                                         dell’Associazione “Nuova Cîteaux”
                                                        dei martiri d’Algeria                                                  Abbazia delle Tre Fontane,
                                                                                                                               Via Acque Salvie, 1 - Roma
                                                                                                                              www.vitanostra-nuovaciteaux.it
                                              Indice
     Editoriale, Sr. Maria Francesca Righi                                                   1                 Autorizzazione del tribunale di Livorno n° 2/2012 del 15.3.2012
                                               Formazione
                                                                                                                 Direttore Responsabile: Padre Pierdomenico Volpi, OCist
     1. L
         a liturgia centro della vita monastica, Dom Mauro-Giuseppe Lepori                   2
                                                                                                                      Redazione: Suor Maria Francesca Righi, OCSO
     2. Madre Cristiana Piccardo, Mons. Massimo Camisasca                                    13
     3. Paternità filiale: alcuni aspetti del servizio di autorità, Md. Rosaria Spreafico    15                Co-redattori: Padre Zeno Motta, OCist; Prof. Mariella Carpinello
     4. D
         iscernimento: una nuova sapienza per vivere giorni felici, P. Zeno Motta           26                       Amministrazione: Suor Anne Guinard, OCSO
     5. L
         o spirito di preghiera, P. Loris Tommassini                                        33                            Sito web: a cura di Gilda Di Mitri
     6. L
         etture laiche della Regola, Dom Giulio Meiattini                                   39                                Direzione e Spedizione:
         bitare la tecnica: ideazione e desiderio, Prof. Francesco Botturi
     7. A                                                                                    52                                  Monastero Cistercense Valserena
                                                                                                                                   Via Prov. del Poggetto, 48
                                               Carisma                                                                             56040 Guardistallo, Pisa, I
     1. I Sermoni di san Bernardo per l’anno liturgico, Prof. Wim Verbaal                   64
     2. D  om Christian de Chergé, o le quattro stagioni della vita di un monaco,                                   Realizzazione editoriale: Edizioni Nerbini, Firenze
          missionario dell’amicizia, Sr. Marie-Benoît Bernard                                83                    Impaginazione e stampa: Prohemio Editoriale srl, Firenze
     3. Beato Marie-Joseph Cassant: il potere degli umili, Sr. Gabriella Masturzo            99
                                              Cronache                                                                         Con approvazione ecclesiastica
     1. D
         iscernere una vocazione monastica in un mondo individualizzato
        e frammezzato. Quali implicazioni nella formazione?, Fr. Amedeo Mantese             106
                                                                                                                   Donazione: registrato sull’indirizzario                    30 Euro
     2. A
         nnesso alla lettera di Natale del monastero di Midelt                             111                                       sostenitore                             60 Euro
     3. Viaggio dell’Abate generale Dom Eamon in Italia, P. Simeon Leiva Merikakis          114
                                                                                                                            è possibile ricevere la rivista anche on-line
     Recensioni                                                                             121   Per cambio o nuovo indirizzo:
     Libri ricevuti                                                                         127   Suor Maria Francesca Righi
                                                                                                  tel. 0586/655072 e-mail: france.righi@monasterovalserena.191.it

                                                                                                  Conto Corrente Postale
                                                                                                  1000364123 Intestato a “Nuova Cîteaux”
                                                                                                  c/o Monastero Cistercense Valserena, Via Prov. del Poggetto, 48, 56040 Guardistallo PI
                                                                                                  codice IBAN IT 60 P 07601 14000 001000364123

                                                                                                                                  Finito di stampare nel mese di marzo 2019
                                                                                                                                                      LD

Vita Nostra 16-2019 copertina.indd 2                                                                                                                                                       26/02/19 10.23
Vita Nostra - Nuova Citeaux
Editoriale

L    ’anno 2019 si apre nella memoria di un documento giuridico e spirituale
     insieme che è come la carta di identità dei monasteri OCSO nel corso
della storia, la Carta charitatis; questo primo numero però è ancora pieno del
sapore della beatificazione dei fratelli di Tibhirine insieme agli altri martiri
di Algeria: la foto di copertina, un articolo su padre Christian e un breve
resoconto della beatificazione stanno a ricordare questo grande evento dell’8
dicembre 2018.
    La prima parte, dedicata alla formazione, riprende in un accordo a più
voci le basi della Regola di Benedetto: la vita liturgica e la sua centralità (p.
Mauro Lepori) la preghiera (p. Loris), il discernimento (p. Zeno), l’autorità
paterna e filiale dell’Abate/Badessa (m. Rosaria), con la presenza discreta e
forte della capostipite dei monasteri italiani, madre Cristiana (mons. Cami-
sasca); abbiamo poi la presentazione, dal punto di vista filosofico, dell’homo
tecnologicus dell’umanesimo postmoderno e, a servire da sintesi propositiva,
il contributo di dom Giulio che raccoglie l’interesse polivalente che la Re-
gola suscita oggi, proprio perché suscita una speranza, perché appare come
un’ancora cui affidare con certezza la propria humanitas.
    Nella seconda parte, una presentazione dei sermoni liturgici di san Ber-
nardo da parte del prof. Verbaal fa bene da pannello complementare all’at-
tualità della vita liturgica esaminata nel primo contributo di dom Lepori. La
liturgia è stato anche uno dei punti fondanti del lavoro dei vescovi al Sinodo,
e il rinnovamento della vita della Chiesa in generale e della vita monastica in
particolare poggia tanto sul rinnovamento della vita liturgica.
    La celebrazione eucaristica è generativa della vita della comunità e della si-
nodalità della Chiesa. Essa è luogo di trasmissione della fede e di formazione alla
missione, in cui si rende evidente che la comunità vive di grazia e non dell’opera
delle proprie mani, afferma il documento finale del Sinodo spiegando la cen-
tralità della vita liturgica e la sua importanza per l’identità cristiana. L’intero
corpus letterario di Bernardo potrebbe essere interpretato come un tentativo di
mettere in atto attraverso e nei suoi testi il sacramento liturgico dell’eucaristia,
afferma il prof. Verbaal, collegando così vitalmente la lectio con la vita sacra-
mentale, la letteratura con la teologia e la spiritualità, il rinnovamento e la
tradizione, e proseguendo il lavoro di dom Leclercq che coniugava insieme
l’Amour des lettres e il desiderio di Dio.
    Seguono le figure di due santi moderni: dom Christian, di cui conoscia-
mo bene il testamento, e Joseph Cassant, un grande e un piccolo, accomu-
nati dal dono della vita.
                                            Suor Maria Francesca Righi, OCSO

                                                                                  1
Vita Nostra - Nuova Citeaux
Formazione 1

                     La liturgia,
             centro della vita monastica
                  Convegno a Lilienfeld:
            La liturgia nell’ordine cistercense,
                          27-30 settembre 2018

         Dom Mauro-Giuseppe Lepori, Abate generale OCist

                  Al centro di una realtà da non escludere

S   an Benedetto ci chiede di dare priorità alla liturgia comunitaria del mo-
    nastero: Nihil Operi Dei praeponatur – Non si preferisca nulla all’Opera di
Dio (RB 43,3). È con queste parole che ci aiuta a capire cosa deve significare
mettere la liturgia al centro della vita del monastero e della vita monastica.
L’idea di «centro», come l’idea di «priorità» che l’espressione di Benedetto
suggerisce, comporta un aspetto di assolutezza, ma non comporta l’esclusio-
ne di tutto ciò che non è al centro o non è prioritario. Anzi, il centro ha bi-
sogno di tutto ciò che gli sta attorno per essere veramente al centro, e la prio­
rità ha bisogno di tutto ciò che viene dopo per essere veramente prioritaria.
    Sembra superfluo evidenziare questo, eppure credo che sia importante
oggi più che mai, e forse soprattutto nell’ambito della liturgia e della vita mo-
nastica. Perché? Perché nel vivere un aspetto assoluto, centrale o prioritario,
in ogni ambito dell’esperienza umana e soprattutto dell’esperienza religiosa,
come nella liturgia e nella vita monastica, la grande tentazione è che ciò che
mettiamo al centro escluda tutto ciò che sta intorno, che ciò che preferiamo
escluda tutto ciò che vale di meno. E allora il centro, invece di essere un cuore
che irradia sangue e vita, o invece di essere una luce che illumina tutto il resto,
diventa una torre di avorio in cui isolarsi, un bunker nel quale rinchiudersi
escludendo ogni contatto con l’esterno, escludendo ogni osmosi con l’ester-
no. Anche la preferenza, quando diventa assoluta ed escludente, si trasforma
in passione, in mania, che fa perdere il contatto con la realtà.
    Questo rischio, evidentemente, lo si corre con tutto, non solo con la litur-
gia. Si può diventare maniaci del lavoro, della pulizia, dell’ordine, della pun-
tualità, ecc. Certo, in una sala operatoria l’igiene è una priorità assoluta, ma
se per questo non si lasciano entrare né il chirurgo, né i malati da operare, è
evidente che questa priorità ha perso il contatto con la realtà. La puntualità

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Vita Nostra - Nuova Citeaux
dei treni e degli aerei è pure un aspetto centrale, ma se per questo gli aerei e
i treni partono senza passeggeri, anche qui si capisce che questo valore cen-
trale perde il suo contatto con la realtà, e quindi il suo senso.
    Anche per parlare di liturgia nella vita monastica è allora importante met-
tere in chiaro fin dall’inizio che il centro e la priorità hanno senso solo se
non perdono il contatto con la realtà che li circonda o che ordinano nella
gerarchia dei valori.

                             Irradiare l’adorazione
    Quando san Benedetto dice di non anteporre nulla all’Opera di Dio,
all’Ufficio divino, lo dice a conclusione della descrizione di una scena di vita
monastica: Quando è l’ora dell’Ufficio divino, appena si udrà il segnale, si lasci
tutto quanto si ha tra mano e si accorra con la massima sollecitudine, ma sempre
con gravità, per non offrire occasione alla distrazione (RB 43,1-2).
    Non è difficile immaginarsi questa scena. Fossi il regista di un film, inizie-
rei con un primo piano sul fratello che batte il segnale. Non c’erano ancora le
campane, credo, ma si davano colpi su pezzi di legno, o di metallo, oppure,
come ho visto ancora presso una chiesa nella campagna di Eritrea, su pietre
sospese a delle corde che, battute con un sasso, erano molto sonore. Poi pas-
serei a un’inquadratura dall’alto, in cui si vede tutto il monastero e i campi
che lo circondano, e tutti i monaci che da ogni luogo e occupazione, lasciato
lì l’utensile adoperato, si affrettano verso l’oratorio del monastero. Tutta
la realtà che circonda l’oratorio non è abbandonata, data alle fiamme, ma
rimane come in attesa del ritorno dei monaci dopo l’Ufficio, quando dall’o-
ratorio si verificherà il movimento inverso. Dopo il movimento centripeto
ci sarà l’irradiamento centrifugo. I monaci, dopo la liturgia comune, sono
invitati nel capitolo 52 della Regola a uscire in silenzio, carichi però di senso
della presenza di Dio: habeatur reverentia Deo – si mantenga un profondo
rispetto per Dio (RB 52,2).
    Cosa vuol dire questo? Che la realtà della vita del monastero, le attività e
tutto quello che si fa, hanno nell’Ufficio divino un centro irradiante, e che
quello che si irradia è l’atteggiamento adorante della presenza di Dio che il
monaco deve portare con sé e di cui deve impregnare ogni ambito e aspetto
della vita. Ciò che irradia il centro della presenza di Dio, di cui la liturgia è
il culto prioritario e centrale, è in fondo il fatto che la centralità e la priorità
oggettiva coltivate nella chiesa del monastero e nelle liturgie comuni diven-
tino centralità e priorità di Dio nel cuore del monaco, diventino adorazione
che abita il monaco, e che con lui irradia in tutti i momenti e le attività della
giornata monastica.

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Vita Nostra - Nuova Citeaux
Convertirsi dalla leggerezza alla gravità
    Quando non si coltiva questo legame profondo fra il centro oggettivo del
culto divino e il centro soggettivo, personale, che penetra la vita, la liturgia
cessa di essere il centro della vita monastica e la vita monastica diventa una
vita vuota, superficiale, dissipata, senza centro e senza gerarchia di valori. San
Benedetto utilizza un termine interessante per esprimere il contrario della
gravitas con cui chiede di muoversi in monastero: il termine scurrilitas (cf. RB
43,2). La scurrilitas, che san Benedetto condanna molto severamente anche
nel capitolo 6 sul silenzio (RB 6,8) e contro la quale chiede di lottare durante
la Quaresima (RB 49,7), è una dissipazione interiore, leggera e volgare, che,
se non è contrastata da un’ascesi di silenzio e memoria di Dio, prima o
poi deborda dalla persona e nei rapporti. È una buffoneria egocentrica, una
giovialità senza amore, che, come scrive san Paolo, rattrista lo Spirito Santo
(cf. Ef 4,30). Infatti, nel capitolo sulla Quaresima, san Benedetto ci dice che
mortificandoci nella scurrilità ci è dato di attendere la Pasqua con la gioia del
desiderio spirituale (49,7).
    Mi sembra importante la contrapposizione che san Benedetto suggerisce
fra scurrilitas e gravitas, perché, se la scurrilitas è una leggerezza che non
prende sul serio la vita e la realtà, la gravitas invece dà l’idea di qualcuno
che si muove con i piedi per terra, che aderisce bene alla realtà, che procede
lentamente e coscienziosamente ad ogni passo. La gravitas permette di non
sorvolare la realtà, di non svolazzare su di essa come farfalle. Mi affascina
sempre vedere l’incedere di un elefante, perché è grave e elegante ad un
tempo. Ecco, i monaci e le monache dovrebbero muoversi così nella vita
quotidiana. Certo, non si tratta di mangiare fino a pesare 200 chili, ma
di avere un «peso» interiore, una densità di spirito, di memoria di Dio, di
adorazione interiore, che permettano di aderire alla realtà, di essere attenti
e intenti nel vivere ogni cosa, ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo, ogni
incontro, persino ogni pensiero. Questa adesione alla realtà, san Benedetto
vuole che la coltiviamo anche nella preghiera liturgica. Chiede per esempio
che, quando si va all’Ufficio, lo si faccia con decisione, distinguendo bene
l’azione liturgica dalle altre attività. Per questo, esige che l’oratorio sia quello
che dice il suo nome e quindi in esso non si deve fare o depositare niente di estra-
neo alla preghiera comune o personale (cf. RB 52,1). Anche chi non prega
deve uscire dall’oratorio dopo l’Ufficio, e non restarci per chiacchierare o
fare altro, disturbando chi è lì per pregare (cf. 52,2-5). Nello stesso tempo,
san Benedetto è cosciente che i monaci rimangono uomini anche mentre
pregano, per cui, per esempio, prevede che fra Vigilie e Lodi si faccia una
pausa per le necessità naturali (RB 8,4).

4
Vita Nostra - Nuova Citeaux
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Vita Nostra - Nuova Citeaux
Formazione 2

                 Madre Cristiana Piccardo
                           Mons. Massimo Camisasca1

                                     Alcune grandi figure femminili hanno se-
                                      gnato la storia della Chiesa del Novecen-
                                 to. Tra loro vorrei ricordare madre Teresa di
                                 Calcutta, Edith Stein, Chiara Lubich. Una
                                 donna a me è particolarmente cara, assieme
                                 a quelle che ho citato: si tratta di Cristiana
                                 Piccardo. Nata nel 1925 a Genova, partecipa
                                 dall’adolescenza alla vita dell’Azione cattolica,
                                 fino a diventare delegata nazionale delle Gio-
                                 vanissime. Chi legge oggi i racconti autobio-
                                 grafici della sua infanzia (per esempio in uno
                                 dei suoi libri più riusciti, Pedagogia viva, o i
suoi articoli apparsi sui periodici dell’Azione cattolica di quegli anni), avver-
te già una forza, un’intelligenza, una luce particolare.
    Cristiana, che fino all’ingresso nella vita monastica si chiamava Rita, a 33
anni entra nella trappa di Vitorchiano. Era l’anno 1958. Quel monastero,
nato alle pendici dei monti Cimini, verso Viterbo, era l’ultima sede di una
comunità trappista trasmigrata da Grottaferrata verso una casa rinnovata.
Vitorchiano era l’ultimo fiore di una grande tradizione, segnata dall’impor-
tantissima figura di madre Pia Gullini (1892-1959). Badessa di Grottaferra-
ta, aveva dovuto pagare con l’esilio in Svizzera la sua fede ecumenica, ricom-
pensata, però, dal sacrificio di una giovanissima suora sarda, morta offrendo
la propria vita per l’unità dei cristiani e beatificata da Giovanni Paolo II nel
1983, suor Maria Gabriella Sagheddu.
    Madre Cristiana entra a Vitorchiano proprio quando il corpo di madre
Gullini viene portato lì per l’estremo saluto. Quasi a segnare una continui­
tà che solo nel tempo potrà essere compresa. Diventata badessa nel 1964,

    1
      Riportiamo, con il permesso dell’autore che vivamente ringraziamo, questo articolo dal
numero di maggio 2018 di Fraternità e Missione per la rubrica Volti e Incontri che rende conto
di una figura del monachesimo italiano talmente nascosta che è attualmente nella fondazione
di Humocaro in Venezuela, e talmente presente che, dal monastero dove ha governato per 24
anni, sono nate otto fondazioni, anzi più di otto, contando anche le «nipoti».

                                                                                          13
Vita Nostra - Nuova Citeaux
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Formazione 3

               Paternità filiale1:
     alcuni aspetti del servizio di autorità
                        Madre Rosaria Spreafico, OCSO2

                                        Introduzione

I  l tema del vostro Corso Superiori «Autorità e Obbedienza» ci situa in un
   punto drammatico di ogni vivere umano: autorità significa essere padri,
madri, significa far crescere le persone a noi affidate e incarnare per loro la
paternità e maternità di Dio stesso, o forse meglio – come ha già evidenziato
il vostro Padre generale dom Mauro Lepori in un articolo su Collectanea3 -
significa essere il riflesso della paternità di Gesù Cristo. E quindi significa
vivere una paternità filiale. Questa intuizione è per me centrale, l’ho scelta
come titolo, e vi ritornerò più volte, da vari punti di vista.
     Il primo punto di vista mi fa posare lo sguardo sulla condizione sociale e
culturale di oggi: frantumazione del tessuto familiare e sociale, assenza di le-
gami generativi, clima di violenza e insicurezza, ecc. In una parola, siamo alla
fine della civiltà occidentale così come è andata formandosi – pur tra lotte
e contraddizioni – nell’ultimo millennio. I poteri che governano il mondo
non sono più politici, ma economici e tecnologici, più sottili, sfuggenti e
pervasivi. Gli uomini che abitano questo nostro mondo, e quindi anche
noi stessi e le anime a noi affidate, e particolarmente i giovani che bussano
alla porta dei nostri monasteri, sono annebbiati e confusi proprio in quelle
categorie elementari dell’umano che sono la relazione, il sacrificio, la storia
e la tradizione, il lavoro, la percezione di sé come esseri ontologicamente
distinti dalla natura (mondo e animali), l’eternità come orizzonte ultimo, e
qui l’elenco potrebbe proseguire a lungo…
     La grande e disastrosa tempesta che ha investito le nostre società nel corso
dell’ultimo secolo ha puntato diritto al cuore della Chiesa e del suo mistero:
delegittimare il Padre, distruggere la coscienza di sé come figli.

   1
     Conferenza al Corso per i Superiori dell’Ordine Cistercense, al Collegio internazionale
San Bernardo in Roma, 16-20 luglio 2018.
   2
     Badessa del monastero trappista di Vitorchiano.
   3
     M.G. Lepori, L’exercice du pouvoir dans la Famille cistercienne, in Collectanea Cisterciensia
(2002), pp. 236-248.

                                                                                              15
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Formazione 4

       Discernimento: una nuova sapienza
             per vivere giorni felici
                      Padre Zeno Motta, OCist Prad’Mill

L   e comunità oranti «costituiscono una istanza di discernimento». Sono
    una segnalazione e la ricerca di un cammino di sapienza a servizio della
Chiesa1. Questa sollecitazione trova sintonie profonde nello stile di san Be-
nedetto. La sua dottrina ci può accompagnare in modo efficace nel cambia-
mento d’epoca in corso.
    Fin dall’inizio della sua vicenda, si coglie in Benedetto un disagio e la
ricerca di un’alternativa. Il rifiuto di proseguire gli studi a Roma per farsi
«sapientemente incolto»2, dice la sua decisione di prendere distanza da una
civiltà ormai in declino. L’Italia è intensamente coinvolta nel fenomeno del-
la trasmigrazione dei popoli germanici – chiamati comunemente barbari.
Decenni di guerra accompagnano l’arrivo dei Goti e dei Longobardi. Si può
immaginare lo smarrimento di una classe sociale che vive del ricordo dell’an-
tichità classica. Inoltre, il giovane nobile di Norcia decide di porsi ai margini
anche della compagine ecclesiale e si rifugia nell’eremo di Subiaco.
    Se ci chiediamo cosa muove la ricerca di Benedetto, troviamo un indizio
importante nel Prologo della sua Regola. All’interno di una lunga citazione
della tradizione spirituale che lo precede, Benedetto inserisce un particolare
originale: cinti i fianchi con la fede, procediamo sotto la guida del Vangelo3.
Benedetto cerca una nuova sapienza, mentre la cultura in cui è cresciuto
si mostra svuotata di senso. Cerca una vita secondo il Vangelo, mentre la
dottrina e le pratiche della Chiesa del suo tempo sembrano inadeguate alle
situazioni che cambiano4.
    Vogliamo provocare il monaco di Norcia a svelarci qualcuna delle sue in-
tuizioni, per essere aiutati a nostra volta a trovare gli ingredienti del mestiere
di vivere, nel tempo in cui la grazia di Dio ci ha posto. Vogliamo incrociarlo

    1
      Cf. la costituzione apostolica Vultum Dei quaerere, n. 4. Questo documento dedicato alla
vita contemplativa femminile per molti aspetti è prezioso per la vita monastica nel suo insieme.
    2
      Cf. Gregorio Magno, Dialoghi II,1.
    3
      Cf. RB Prol. 21.
    4
      Cf. C. Passoni, «Perché l’anima trovi il suo ritmo». Provenienza e presenza della categoria
del «discernimento degli spiriti», in La Scuola Cattolica (2018), n. 3.

26
su una questione concreta, perché ci sembra che il suo stile rifugga le teorie
e le visioni generali. Fra le molti questioni che la Regola affronta, scegliamo
il cap. 58 dedicato all’accoglienza dei nuovi fratelli. Si potevano scegliere
altri aspetti: l’organizzazione della vita comune e dell’ascesi, la gestione delle
tensioni e dei conflitti, la divisione delle responsabilità. Questo capitolo ci
offre il vantaggio di essere molto ben strutturato e riassuntivo della visione
di san Benedetto. Fra le righe della sua esposizione possiamo intuire sia il
percorso di discernimento di Benedetto stesso, sia qualcosa sulla vita delle
comunità monastiche di oggi. Veniamo al commento di qualche frase del
cap. 58 della Regola.

                        1. Alla porta: domande e scoperte
    Qualora si presenti un nuovo aspirante alla vita monastica…
    Chi si presenta alla porta del monastero di Benedetto? Forse un povero
o un pellegrino, forse un ricco un po’ prepotente, forse qualcuno con cui si
sperimenta una sintonia nella fede o qualcuno dalla coscienza incerta e con-
fusa5. A disposizione di tutti c’è chi è capace di prestare ascolto e di dare una
risposta6. A ciascuno verrà data una risposta diversa. Nel caso di chi cerca la
vita monastica, si ripropone la situazione degli inizi nei deserti dell’Egitto,
quando qualcuno si è inoltrato nel deserto per chiedere a un anziano: «Cosa
devo fare per essere salvo?». Il discernimento comincia accogliendo una do-
manda. La risposta non potrà che essere concreta e quindi parziale. A chi
cerca la vita monastica, si potrà proporre la vita monastica. Si offrirà una via,
non una mèta. Perché la mèta è trovare giorni felici7.

    … Non si conceda con facilità l’ingresso […] ma come dice l’Apostolo: met-
tete alla prova gli spiriti, se sono da Dio.
    Cosa si aspetta chi bussa alla porta? La prudenza è doverosa da parte di
chi apre. Ma la domanda ritorna su chi ha bussato: «Perché sono venuto?
Cosa cerco? Cosa immagino di trovare?». Non sarà l’ultima volta. Sempre
ognuno dovrà rinnovare a se stesso la domanda «Perché sono venuto?». San
Benedetto elabora un cammino strutturato per chiarire sempre di nuovo, a
chi vive in monastero, le dinamiche dei suoi desideri, per vedere se vengono
da Dio. Si intravvede questa preoccupazione leggendo il cap. 7 sull’umiltà.
L’esito ultimo di questa indagine lo troviamo nella sintesi finale della Rego-

   5
     Cf. RB 53.
   6
     Cf. RB 66.
   7
     Cf. RB Prol. 15.

                                                                               27
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Formazione 5

                       Lo spirito di preghiera
                 Padre Loris Tommassini, OCSO1 Frattocchie

L    a teologia insegna che l’asse portante della vita cristiana gira intorno
     all’esercizio della fede-speranza-carità, come quello della vita intellettua-
le gira intorno all’esercizio della memoria-intelletto-volontà. Insegna ancora
che le virtù teologali crescono per mezzo dei sacramenti e si sviluppano e si
esercitano fuori dai sacramenti, nella quotidianità, cioè nelle varie circostan-
ze della vita.
    È risaputo che la vera prova del vigore della fede-speranza-carità non è,
propriamente, all’interno dei sacramenti, quanto piuttosto nello scontro con
le difficoltà, vicissitudini, contingenze quotidiane.
    Da un punto di vista cristiano la contemplazione non è altro che la fede-
speranza-carità, diventate adulte. Queste tre virtù teologali, infuse in noi
come dono nel battesimo, ci permettono di comunicare con Dio, entrare nel
mondo di Dio, vivere di Dio, fare esperienza di Dio, conoscere Dio. Se que-
ste virtù non vengono esercitate rimangono allo stato infantile, rischiando,
in questo modo, di vivere una vita cristiana allo stadio infantile, una spiri-
tualità infantile. Come avviene la loro crescita? Con i doni dello Spirito San-
to, soprattutto con i tre doni chiamati «contemplativi» (intelletto, scienza,
sapienza), i quali perfezionano la fede facendola diventare viva, la speranza
facendola diventare forte e la carità facendola diventare ardente.
    Allora, più precisamente, dal punto di vista cristiano la contemplazione
non è che la fede viva, la speranza forte e la carità ardente. Esse ci danno
come risultato, la capacità di sentire-toccare-gustare Dio e tutti i misteri
della fede. Nel campo dell’esperienza concreta che noi dobbiamo fare, la
contemplazione comincia con la sensazione del sentire-toccare-gustare.
    Questa è la mèta spirituale cui dovremmo giungere, che almeno dovrem-
mo desiderare. Per questo vorrei precisare che più che le preghiere (esercizi
di pietà formale propriamente detti) è importante acquisire lo spirito di pre-
ghiera, come ci insegna il concilio Vaticano II:

   1
       Conferenze ai sacerdoti della diocesi di Albano 2018.

                                                                               33
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Formazione 6

                  Letture laiche della Regola
                              Dom Giulio Meiattini, OSB1

                                            D
                                          a più parti, e già da tempo, si guarda
                                          con inedito interesse a san Benedetto
                                    e alla sua Regola, intravedendo nella «via
                                    benedettina» un modello che può ispirare
                                    e orientare gli individui e le collettività in
                                    questo tempo di rapidi trapassi e radicali
                                    stravolgimenti. Questo ritorno di interesse
                                    per la Regola benedettina risponde al biso-
                                    gno di trovare, in una saggezza collaudata
nei secoli, dei riferimenti che orientino nuovi cammini, che salvino l’umano
che è in noi, in un momento in cui esso come non mai è messo a rischio.
    Da notare che, mentre la maggior parte del mondo benedettino, almeno
italiano, distratto dal quotidiano arrabattarsi con quisquilie museali, non
riesce a fare i conti con la gestione della sua morte spirituale e istituzionale,
in ambito laico la Regola attrae e ispira idee e progetti originali.
    Il fenomeno del ritorno di interesse per san Benedetto, di cui parlo, non
riguarda dunque quasi per nulla il mondo monastico, ma nasce per lo più al
di fuori di esso. Si tratta di riletture contestuali della Regola fatte da laici o
per laici. Da qui il titolo volutamente provocatorio di questa riflessione: da
regola per monaci a regola per laici?
    Esporrò in modo estremamente sintetico alcune riletture della Regola che
vanno in questa direzione e, a prescindere dalla loro pertinenza o effettiva
realizzabilità, indicano delle convergenze degne di nota e che almeno non
dovrebbero passare inosservate.

     1
       Giulio Meiattini è monaco dell’abbazia Madonna della Scala in Noci (Bari). Nel suo
monastero attualmente è bibliotecario e direttore editoriale della rivista di spiritualità La Scala.
Tiene corsi nel Pontificio Ateneo Sant’Anselmo (Roma) e nella Facoltà Teologica Pugliese
(Molfetta). Tra le sue pubblicazioni: Monachesimo e teologia. La triplice prospettiva di H.U. von
Balthasar (2012). Quella che pubblichiamo è una conferenza tenuta il 18 maggio 2018 a San Vito
dei Normanni (Brindisi), presso la Biblioteca san Benedetto (gestita dalle Suore Oblate Benedettine
di santa Scolastica). Il titolo originale era: Attualità di san Benedetto? Alcune considerazioni inattuali.

                                                                                                       39
1. Dal monastero all’azienda
    Da circa vent’anni a questa parte hanno cominciato a diffondersi pubbli-
cazioni di vario tipo, articoli su riviste e quotidiani, saggi e libri, che cercano
di trovare nella Regola di san Benedetto delle indicazioni utili per la condu-
zione di aziende e imprese2. Un fenomeno a prima vista abbastanza strano,
quasi esotico se vogliamo, ma di cui, se si va a vedere in profondità, non si
fa fatica a comprendere i motivi. Diversi manager o dirigenti aziendali sono
alla ricerca di modelli e metodi alternativi, rispetto a quelli vigenti e univer-
salmente praticati, perché anche nel mondo degli affari si avverte un senso
di insoddisfazione diffuso, spesso sommerso, ma che produce non di rado
frustrazione umana, oltre che inceppamenti sotto il profilo strettamente im-
prenditoriale. Il cosiddetto management è un’attività per lo più stressante,
che costringe a uniformare mentalità e comportamenti sugli standard alie-
nanti del profitto e del rendimento.
    Come sotto il profilo ecologico diverse imprese si sono fatte sensibili alla
questione della sostenibilità ambientale dei loro metodi produttivi, e anche del
prodotto stesso, così esistono aziende, e anche agenzie formative per manager,
che stanno scoprendo che la qualità dei rapporti umani e la cura dello stile di
cooperazione influiscono non poco sia sul successo propriamente economico
sia sul benessere complessivo dei lavoratori. Fra questi due aspetti – qualifi-
cazione positiva dei rapporti umani e rendimento – si constata che esiste un
circolo virtuoso. In altri termini, impostare all’interno dell’azienda relazioni
che promuovano la persona, oltre che il professionista e il lavoratore, ripaga
anche sul piano del rendimento. Col vantaggio che anche le persone sono più
serene. I due aspetti forse non si collegano sempre in modo così immediato e
automatico, tuttavia anche un profitto un po’ minore sembra essere preferibi-
le, qualora vi corrisponda un maggiore appagamento sul piano umano.
    A vari osservatori ed esperti la Regula Benedicti è apparsa adatta a questo sco-
po, tanto da ritenerla preferibile alle metodiche suggerite dalla PNL (Program-
mazione neuro-linguistica) o da altre strategie comunicative analoghe, pensate
su presupposti di carattere psicologico-comportamentale. In effetti, il mona-
stero benedettino rappresenta un mondo circoscritto con analogie rispetto alla

     2
       Si vedano per esempio le seguenti opere, con impostazioni in parte diversificate: M. Fola-
dor, L’organizzazione perfetta. La regola di san Benedetto. Una saggezza antica al servizio dell’im-
presa moderna, Guerini e Associati, Milano, 2006; P. Bianchi, Ora et labora. La Regola benedet-
tina applicata alla strategia d’impresa e al lavoro manageriale, Xenia, Milano, 2006; K. Dollard
– A. Marrett-Crosby – T. Wright, Fare affari con san Benedetto, Scheiwiller, Milano, 2007
(orig. ingl. 2002); B. Simone, Elogio dell’autorevolezza. Percorsi formativi e funzionali per coman-
danti e dirigenti, ispirati alla Regola di S. Benedetto, La Pieve Poligrafica, Verucchio, 2009.

40
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Formazione 7

                      Abitare la tecnica:
                    ideazione e desiderio

                 Conferenze sul transumanesimo
                 Vitorchiano, giugno-luglio 2018

                          Prof. Francesco Botturi

                               Tecnica e mondo

L   ’uomo è tecnico sin dall’origine. Prima di essere strumento la tecnica
    è espressione di umanità. Anche dal punto di vista paleontologico un
segno certo di umanità è dato dai reperti circa i dispositivi tecnici utilizzati.
L’umano di tali testimonianze sta nell’implicita componente di ideazione
che il dispositivo tecnico porta in sé. L’artificio tecnico si distingue dal dato
naturale per l’elemento di intelligenza intenzionale umana che lo rende pos-
sibile; mentre l’intelligibile naturale (il dato bruto non esiste in assoluto) non
dipende dall’iniziativa umana. Sia il tecnico sia il naturale sono portatori di
intelligibilità, ma di diversa origine, umana e non umana. Doppia origine
che ‒ vale la pena dirlo subito ‒ non è pensabile che possa venir meno, dal
momento che la tecnica stessa ha bisogno della «materia» del mondo e delle
sue leggi per esistere. Un mondo totalmente artificiale non sembra davvero
pensabile.
    L’umanità della tecnica sta, dunque, nell’elemento di ideazione che dà
luogo al dispositivo tecnico, nella forma della progettazione di procedure
e operazioni, che evidenzia la dimensione di futuro che abita la tecnica as-
sieme a quella della possibilità. Il dispositivo tecnico è così una mediazione
sussistente tra uomo e natura in funzione del mondo umano e delle sue
esigenze. La progettazione tecnica rompe l’immediatezza del dato presente e
lo apre a ciò che ancora è assente e (ritenuto) conveniente. In questo senso la
tecnica umana ha come una doppia appartenenza, all’ordine dello strumen-
tale e a quello dell’espressivo: è strumento di mediazione efficiente/efficace
tra uomo e natura, ma per la sua peculiare umanità è espressione essenziale
dell’essere umano.
    La tecnica, dunque, è parte dell’aver-mondo da parte dell’uomo; come
dire che la tecnica è un elemento della cultura umana, cioè del modo umano

52
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Carisma 1

                   I Sermoni di san Bernardo
                       per l’anno liturgico
                              Una liturgia letteraria

                                     Prof. Wim Verbaal

O     ggigiorno difficilmente ci si riesce a figurare l’influenza pervasiva che la
      liturgia esercitava sulla vita dell’uomo medievale. Specialmente dopo
che il portato della riforma gregoriana si fu effettivamente concretizzato, la
liturgia della Chiesa medioevale tese a diventare una specie di ‹‹basso con-
tinuo›› che accompagnava tutte le azioni umane, con molte variazioni sullo
stesso tema di base. Non può pertanto stupire che non ci siano espressioni
del pensiero medioevale scevre da elementi liturgici, e che in quasi tutti i
campi la liturgia offra un terreno propizio ai più diversi fenomeni culturali.
    L’importanza della liturgia per lo sviluppo del dramma, dell’architettura,
delle arti plastiche e musicali è ben risaputa. Anche la sua influenza sulla na-
scita e sulla crescita dei generi letterari è stata spesso notata. Si potrebbe, ad
esempio, considerare l’origine liturgica delle canzoni d’amore di Guglielmo
IX d’Aquitania, il primo trovatore, o l’importanza rivestita dal fattore litur-
gico nel roman courtois di Chrétien de Troyes. Tuttavia l’iniziale processo
di deritualizzazione che questo presupposto implica non ha ancora ricevuto
l’attenzione che merita.
    Dal momento che la liturgia consiste in una sequenza più o meno fissa
di atti rituali, ogni cambiamento, anche il minimo adattamento o prestito
verso un contesto secolare, potrebbe essere considerato come un atto di sa-
crilegio, che mette in pericolo la fragile dipendenza umana dalla clemenza
divina. Benché la liturgia non possa essere ridotta a una sorta di rituale ma-
gico che consente all’uomo di esercitare l’autorità sui poteri soprannaturali1,
quest’aspetto, tuttavia, forse non era del tutto estraneo ai laici che frequen-
tavano la messa. La derivazione popolare, sia essa reale o presunta, della for-

     1
       Cf. Introduzione generale in M. Righetti, Manuale di storia liturgica, 4 voll., Milano,
Àncora, 1959-1969, I (1964), p. 5: Una concezione della liturgia, che non vedesse se non la veste
esteriore, rischierebbe di degenerare in un ritualismo vuoto, fine a se stesso, che richiama e somiglia
al formalismo magico delle religioni pagane.

64
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Carisma 2

         Dom Christian de Chergé
      o le quattro stagioni della vita
  di un monaco, missionario dell’amicizia
                     Suor Marie-Benoît Bernard, OCSO1

                                       E
                                       cco una storia2, una bella storia sem-
                                       plice e vera che conoscete già. Vale la
                                  pena allora che la leggiate o la rileggiate?
                                  Credo di sì, perché nella mia storia, quel-
                                  la di padre Christian de Chergé e dei suoi
                                  compagni martiri, ho evidenziato il carisma
                                  di Tibhirine. Si è parlato molto (e si parla
                                  ancora) dello spirito di Tibhirine, mi sem-
                                  bra che possiamo anche menzionare il cari-
                                  sma di Tibhirine che è, secondo me, più di
                                  una condizione spirituale, perché il carisma
è un dono dello Spirito (con una S maiuscola), quindi è una testimonianza
di vita. Il carisma di Tibhirine è una vita missionaria dell’amicizia.
    È stato con padre Christian che questo carisma è nato, poi è cresciuto con
la comunità di Tibhirine quando era sotto la sua autorità. Padre Christian,
priore di Tibhirine, era in questo senso un monaco carismatico del XX
secolo. Ma per diventarlo, per essere quest’uomo in ascolto dello Spirito,
Christian ha dovuto attraversare il tempo, attraversare la vita e le sue prove.
È il prezzo da pagare per essere trasformato dall’interno dalla grazia, per
entrare in un percorso di trasformazione del cuore, in gioia e speranza.
    Ecco perché la mia piccola storia è divisa in quattro parti o quattro sta-
gioni, ed è intitolata: Le quattro stagioni della vita di un monaco missionario
dell’amicizia. Queste stagioni, cioè alcuni episodi della vita di padre Chri-
stian, ci permetteranno di intravedere come questo monaco «come tutti gli
altri» è diventato carismatico, un segno per il nostro tempo.

     1
       Suor Marie-Benoît Bernard (OCSO), è nata il 2 agosto 1969 a Strasburgo. Ha studiato
Lettere moderne e cinema, per poi entrare nel monastero di Rivet il 7 ottobre 1999; è maestra
delle novizie dal 2008.
     2
       Conferenza presentata ai superiori (OCSO) della REM (Regione mediterranea) riuniti
all’abbazia del Rivet da mercoledì 5 settembre a mercoledì 12 settembre 2018.

                                                                                         83
1. Estate
    L’estate è la stagione che,
si dice, abbaglia il cuore… È
mercoledì, 20 agosto 1969.
Christian de Chergé si pre-
senta all’abbazia di Aigue-
belle per diventare un mo-
naco, o meglio: per essere in
grado di vincere, un giorno,
Nostra Signora dell’Atlas, a
Tibhirine, l’unico monaste-
ro di uomini contemplativi
in Algeria la cui abbazia nella
Drôme3 è la casa madre4.
    Questo giorno d’estate pieno di sole (lo si può immaginare) è un grande
giorno nella vita di Christian, che ha 32 anni. Nell’ordine in cui entra, è un
giorno di solennità in cui si celebra san Bernardo di Chiaravalle, una gran-
de figura monastica non molto ordinaria dei primi tempi di Cîteaux: nel-
lo stesso tempo monaco, predicatore di una crociata, scrittore, viaggiatore,
fondatore, mistico, uomo di silenzio e dialogo, ma in tutto cercatore di Dio.
    La decisione di Christian di entrare all’abbazia di Aiguebelle non fu presa
in un solo giorno e la sua attuazione non fu facile. Il desiderio di diventare
monaco abita in Christian dal 1964, sicuramente! Anche se sin dall’infan-
zia «qualcosa» di impreciso già lo tormentava dall’interno. Al termine dei
suoi studi in seminario, Christian si era aperto con il suo vescovo5 su questa
«chiamata nella chiamata». Questi gli aveva quindi chiesto di prestare cinque
anni di servizio pastorale alla diocesi di Parigi prima di considerare la vita
monastica per sempre. Dopo la sua ordinazione, Christian è nominato cap-
pellano della basilica del Sacro Cuore di Montmartre. Inizia così per lui un

     3
      Il dipartimento della Drôme è un dipartimento francese della regione Alvernia-Rodano-Alpi.
     4
      Il monastero ND dell’Atlas è un’antica fattoria vinicola risalente alla metà del XIX secolo,
situata a 6 km da Medea. Proviene dalla trappa di Staouéli, fondata dai monaci di Aiguebelle,
13 anni dopo la conquista dell’Algeria da parte della Francia, nel 1843, nella piana di Algeri;
Staouéli fu chiuso nel 1904 per paura delle conseguenze della legge antireligiosa del 1901: l’as-
senza di cistercensi in Algeria durerà 30 anni. La comunità contava fino a 100 monaci tra cui
Charles de Foucauld, poi fr. Alberico. Nel 1934, su richiesta dei trappisti in fuga dalla Slovenia,
Aiguebelle fondò un nuovo monastero in Algeria. Quattro monaci sloveni e sei volontari della
trappa di Aiguebelle nella tenuta di Tibhirine il 7 marzo 1938. Nel 1947 ci sono 36 monaci. Da
quest’anno, gli abitanti del villaggio della zona vengono a consultare fr. Luc, un medico.
    5
      Monseigneur Veuillot, vescovo coadiutore di Parigi.

84
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Carisma 3

               Beato Marie-Joseph Cassant:
                  il potere degli umili1
                     Abbaye Notre Dame Du Désert
                            16 giugno 2018

                       Suor Gabriella Masturzo, OCSO

                                  Buongiorno. Porgo i miei saluti a quanti oggi
                                   sono venuti a onorare il nostro beato Marie-
                               Joseph Cassant, a 115 anni dalla sua morte, av-
                               venuta il 17 giugno 1903. Di lui è stato scritto:
                               È nello stile di vita del p. Cassant il non far par-
                               lare di sé: discreto, riservato, nascosto, trascorse i
                               nove anni della sua vita monastica all’ abbazia
                               di Santa Maria del Deserto, passando quasi com-
                               pletamente inosservato. Una biografia, dovuta alla
                               penna di Robert Masson, s’intitola appunto Gli
                               inosservati di Dio2. Eppure Marie-Joseph Cassant
                               è uno di cui merita parlare, perché appartiene ai
quei piccoli e quei semplici per cui Gesù rende grazie al Padre3.
   Molti di voi lo conoscono bene e gli si affidano nella preghiera quotidia-
namente, altri forse sono qui per conoscerlo meglio. Per gli uni e per gli altri
vogliamo ricordare la sua vita e la via di santità che essa ci indica, con una
particolare sottolineatura di quella che forse è la sua virtù propria: l’umiltà,
e con questa la mitezza.
   Non è una virtù di moda, ma estremamente efficace per affrontare le sfide
quotidiane che la vita ci presenta, e può essere utile parlarne ripercorrendo la
vita di un suo ottimo testimone.

   1
     Conferenza data il 16 giugno 2018, nella chiesa abbaziale di Notre-Dame Du Désert, in
occasione dei 115 anni dalla morte di Marie-Joseph Cassant, avvenuta il 17 giugno 1903.
   2
     R. Masson, Joseph Cassant, les inaperçus de Dieu, Parole et Silence, Paris 2001.
   3
     M. Augusta Tescari, Padre Joseph Cassant: l’imbranato di Dio, in I Santi del quotidiano,
Edizioni di Casamari, Frosinone 2005, p. 91.

                                                                                         99
Il beato Marie-Joseph Cassant nasce il 6 marzo 1878 a Casseneuil, da la-
boriosi e devoti agricoltori. Dalla prima infanzia coltiva un’unica ambizione,
che sarà la fonte della maggior parte delle ansie e delle gioie della sua breve
vita: essere prete. Affascinato dalla liturgia, nei suoi giochi infantili riproduce
i gesti che ha visto compiere dal celebrante nella chiesa parrocchiale, durante
la messa della domenica. Moi veux être turé (cioè: curé), dirà, prima di sapersi
esprimere in un appropriato francese.
    Questo suo desiderio era accompagnato da un’intensa vita di preghiera.
Spesso portava con sé, anche a scuola, una statuetta in ceramica di Gesù e
gli accadeva di ritirarsi per pregare anche durante momenti di festa fami-
gliare. Pochi amici, e molto riservato, il suo stile di vita sin dall’infanzia fu
nel motto: Tutto per Gesù. Frequenta per nove anni, come alunno esterno,
il pensionato di San Giovanni Battista de la Salle: ha buona volontà, uno
straordinario buon senso, ma i risultati scolastici sono mediocri. Le biografie
sottolineano la mancanza di brillantezza e di memoria, era lento, ma non
stupido, ricco di delicatezza e capace di intelligenza fine e profonda.
    A dodici anni fa la prima comunione. La sua infanzia, in una famiglia
privilegiata e ricca di pietà, si snoda in un’estrema semplicità, senza alcun
clamore, fra casa, scuola e chiesa. A quattordici anni scrive ingenuamente nel
suo diario: Primo giorno dell’anno 1892… Signore, io un giorno andrò sugli al-
tari, lo spero con la tua grazia… Signore, vengo a chiederti la grazia di arrivare
sugli altari; e precisava subito dopo il senso esatto del suo desiderio: Dammi
l’intelligenza e tutto ciò che sarà utile per essere un buon prete4. E il Signore
esaudì, in un modo che il ragazzo non avrebbe mai neppure immaginato,
quell’umile ma appassionata richiesta.
    Il parroco, i sacerdoti e fra Lusignan, direttore del pensionato, sono d’ac-
cordo: la vocazione di Joseph è seria, ma il Seminario minore non può ac-
cettarlo, ha troppe lacune negli studi. L’Abbé Jean Filhol, parroco di Cas-
seneuil, decide di prenderlo con sé al presbiterio, incaricandosi della sua
istruzione, assieme al coadiutore, don Monneins, che diviene professore di
latino e di francese del ragazzo. Joseph, completamente a suo agio nella ca-
nonica, aiuta nella pulizia della chiesa, gioca con i bambini del sagrestano,
partecipa agli uffici e si dedica alla preghiera privata. Riguardo agli studi,
però, i risultati sono insufficienti e non gli permettono l’ingresso nel Semi-
nario minore. Inquieto per l’avvenire di una vocazione sacerdotale che egli
giudica sicura, il buon parroco suggerisce al suo allievo di rinunciare al semi-

    4
      Dom. M.-É. Chenevière, L’attente dans le silence. Le Père Marie-Joseph Cassant, Desclée
de Brouwer, Paris, 1981, p. 35.

100
Contenuto non disponibile nella versione brief
Cronache 1

      Discernere una vocazione monastica
         in un mondo individualizzato
       e frammentato. Quali implicazioni
               nella formazione?
                         Orval, ottobre 2018

                   Fratel Amedeo Mantese, Prad’Mill

S   i è tenuta quest’anno all’abbazia di Orval (Belgio), nel mese di ottobre, la
    tradizionale settimana di incontro per formatori germanofoni e franco-
foni della famiglia cistercense. Il tema dell’incontro è stato: Discernere una
vocazione monastica in un mondo individualizzato e frammentato. Quali im-
plicazioni nella formazione?, animato da madre Hildegarde dell’abbazia di
Marienstern-Gwiggen (OCist, Austria) e da padre Jacques dell’abbazia di
Rougemont (OCist, Canada).
    La questione dibattuta il primo giorno è stata: La vocazione alla vita mona-
stica è legata ad una determinata età? Constatando l’aumentare delle richieste
da parte di persone adulte di entrare nella vita monastica, madre Hildegarde
ha condotto una ricerca per raccogliere le motivazioni di fondo e le implica-
zioni che le spingono in questa direzione, raccogliendo le testimonianze in
un libro pubblicato fino a ora solo in tedesco. Il prolungamento del tempo di
formazione fa sì che la questione sul senso della vita emerga ormai a un’età più
avanzata; manca inoltre un tessuto familiare e sociale che possa stimolare tale
domanda, e la persona se ne interessa quando subentra una crisi e una conse-
guente conversione, o si imbatte in un’esperienza religiosa forte (movimenti,
conversione). Ma ci sono pure persone la cui maturità di fede cresce pari-
menti a quella umana, raggiungendo la consapevolezza di una vocazione nel
momento in cui già si è sviluppata una personalità profondamente spirituale.
    In generale, i vantaggi di tali vocazioni sono la più grande esperienza di
vita e le competenze professionali che la persona ha raggiunto, che d’altra
parte richiedono alla comunità e ai formatori una maggiore capacità e di-
sponibilità a dispiegare programmi di formazione adeguati alle esigenze di
ciascuno.
    A confermare la possibilità di un risveglio religioso in età adulta (35-45
anni) ci sono varie testimonianze di santi, tra cui Teresa d’Avila, Ildegarda

106
Cronache 2

           Annesso alla lettera di Natale
             del monastero di Midelt
           Breve racconto del nostro pellegrinaggio
                 in Algeria, 6-10 dicembre 2018

L    a comunità di Nostra Signora dell’Atlas ha avuto la grazia di poter andare
     alla beatificazione dei loro sette fratelli di Tibhirine, così come di altri 12
religiosi, tra cui mons. Pierre Claverie, vescovo di Orano, assassinati per la
loro fede, tra l’8 maggio 1994 e il 1° agosto 1996.
    Il nostro pellegrinaggio è iniziato giovedì 6 dicembre con un viaggio in
taxi collettivo da Midelt a Casablanca, dove i sacerdoti della parrocchia No-
stra Signora di Lourdes ci hanno accolto fraternamente. Venerdì mattina era-
vamo sei monaci, accompagnati dal nostro caro vescovo, padre Cristóbal, per
volare a Orano. Arrivati verso le 14,00, un piccolo comitato di accoglienza ci
ha accolto con gioia. Un autobus ci stava aspettando per portarci all’albergo
dove ci siamo uniti a centinaia di amici e parenti dei 19 beati martiri.
    Dopo una buona cena, siamo andati insieme alla cattedrale di Orano per
partecipare a una veglia di preghiera. Un momento ricco di emozioni e di
testimonianze, tra cui quella del nostro padre Jean-Pierre e quella di suor
Chantal, sopravvissuta all’attacco che ha ucciso suor Odette Prévost.
    La presenza di molti amici musulmani ci ha commosso molto, special-
mente quella della madre del giovane Mohamed Bouchekhi, autista e amico
di Pierre Claverie, che ha perso la vita in compagnia del vescovo di Orano,
il 1° agosto 1996. Anche quella del figlio di un altro Mohamed, l’amico
musulmano che ha dato la sua vita per proteggere quella del giovane ufficiale
francese Christian de Chergé, alla fine degli anni ’50. Preghiere cristiane e
musulmane hanno arricchito questo bellissimo incontro che è stato comple-
tato da una processione presso la tomba del beato vescovo Pierre Claverie.
Ciascuno dei partecipanti vi ha deposto una candela accesa, un segno della
Vita più forte della morte.
    La mattina dopo, siamo stati accolti calorosamente dalla grande moschea
Abdelhamid Ben Badis dalle autorità religiose locali e dal ministro algerino
degli affari religiosi, Mohamed Aïssa. Questa visita faceva parte del tributo

                                                                               111
algerino a 19 martiri reli-
                                                    giosi cristiani e 114 imam
                                                    assassinati durante il «de-
                                                    cennio nero».
                                                        All’arrivo, ogni parteci-
                                                    pante ha ricevuto una rosa
                                                    dalle mani di ragazze ve-
                                                    stite con abiti tradizionali.
                                                    Ci è stato offerto anche un
                                                    opuscolo dal titolo : Gesù
                                                    nel Sacro Corano. Seguen-
                                                    do i discorsi dei rappresen-
tanti delle due tradizioni religiose, abbiamo scoperto la bellezza di questo
luogo di culto. La visita si è conclusa con un ricevimento, con tè e pasticcini.
    Poi siamo andati al Santuario di Nostra Signora di Santa Cruz. All’ap-
puntamento c’erano il cielo blu e il sole, così la messa di beatificazione ha
potuto svolgersi sulla spianata del tempio mariano dove erano radunate circa
1.400 persone.
    Monsignor Jean-Paul Vesco, vescovo di Orano, ha pronunciato le prime
parole di benvenuto e, dopo aver letto il testamento spirituale di Mohamed
Bouchekhi, è stato tenuto un minuto di silenzio in memoria delle migliaia
di vittime innocenti della guerra civile algerina.
    Prima della celebrazione eucaristica, è stato letto un messaggio di papa
Francesco. Per l’occasione, il Santo Padre è stato rappresentato dal cardinale
Angelo Becciu, prefetto della Congregazione per le cause dei santi. Per la
prima volta nella storia della Chiesa, un evento di questo genere è stato rea-
lizzato in un paese musulmano. Il Vangelo, proclamato prima in francese, è
stato poi cantato in arabo da un prete di Orano, padre Becker. L’intera cele-
brazione è stata animata
da un vivace e felice coro
africano.
    Due punti salienti
sono da segnalare: lo
scambio di un gesto di
pace tra il vescovo di
Orano e gli imam pre-
senti, e la discesa di un
grande pannello con i
volti e i nomi dei 19 be-

112
ati martiri che hanno suscitato gli ululati delle donne e gli applausi dell’as-
semblea. Le tre ore della celebrazione sono passate come un alito leggero, in
una grande serenità. Infine, il vescovo di Orano ha espresso la sua profonda
gioia e immensa gratitudine a tutti i cristiani e musulmani che hanno reso
possibile la realizzazione di questa festa in Algeria.
    Domenica 9 dicembre, un centinaio di pellegrini si sono imbarcati in un
viaggio in autobus di otto ore per andare da Orano a Tibhirine. Al nostro
arrivo, gli amici di Tibhirine ci stavano aspettando a braccia aperte davanti
alla porta del monastero. Per il nostro padre Jean-Pierre, che ha vissuto a
Tibhirine per 32 anni, è stato un ritorno a casa, venti anni dopo. Abbiamo
assistito al commovente incontro del nostro anziano di 95 anni con coloro
che hanno vissuto così tante cose con lui: Mohamed, il guardiano, Youssef,
Benali, padre Robert, Samir, tra gli altri. Per ognuno di noi, la visita al mo-
nastero è stata breve ma di grande intensità. Un pasto di benvenuto, la ce-
lebrazione di una messa di ringraziamento, presieduta dal cardinale Becciu,
la visita degli edifici e una preghiera silenziosa nel cimitero alla presenza dei
nostri sette fratelli martiri benedetti e di altri monaci i cui corpi riposano in
questo posto. La comunità Chemin Neuf, che attualmente vive sul posto, è
stata felice di darci il benvenuto e condividere questo momento indimenti-
cabile con familiari e amici.

                                 Le tombe dei fratelli

                                                                            113
Cronache 3

  Viaggio dell’Abate generale Dom Eamon
                 in Italia1
                    Vitorchiano, Valserena, Boschi
                          12-21 marzo 2018

                        Padre Simeon Leiva Merikakis2

D     al momento che dom Eamon vive già in Italia, è la sola cronaca che non
      relaziona un viaggio all’estero, e uno dei rarissimi viaggi che possiamo
intraprendere da Roma con la nostra macchina. Potreste anche pensare che,
poiché la casa generalizia è situata a Roma, i nostri monasteri italiani goda-
no di uno statuto speciale quando si tratta di visite dell’Abate generale; ma,
molto semplicemente, non è affatto così… Io sono al mio quarto anno come
segretario di dom Eamon, ma fino a ora ho visitato quattro delle nostre
cinque case in Italia soltanto per brevi soste, o, nel caso dell’abbazia delle
Tre Fontane, perché sono vicinissimi a dove viviamo noi, a Roma. Di con-
seguenza, personalmente, mi rallegro di questa escursione monastica verso
tre delle nostre case italiane, per continuare a sviluppare la mia conoscenza
dei fratelli e delle sorelle in Italia.

                           Vitorchiano (12-16 marzo)
    Lunedì 12 marzo, ci vuole meno di un’ora e mezza per arrivare dalla casa
generalizia al monastero di San Giuseppe di Vitorchiano, situato tra Viterbo
e Orte, appena a nord di Roma. Come molti di noi sanno, Vitorchiano è
la più grande casa di monache dell’Ordine, con circa 80 suore in loco, con
un’età media di circa 54 anni. Sorprendentemente, questo numero è rimasto
stabile negli ultimi decenni, anche se la comunità ha generato sette fonda-
zioni in meno di quaranta anni anni (in Europa, Sud America e Asia) e si sta
attualmente preparando per l’ottava fondazione in Portogallo nel 2019, con
il titolo di «Madre della Chiesa». Con una comunità così importante, dom
Eamon ha concesso cinque giorni interi per la nostra visita, così da poter par-

   1
      Traduzione italiana di suor Maria Francesca Righi di Valserena.
   2
      P. Simeon Leiva Merikakis, 1946, monaco dell’abbazia di Spencer (USA), è segretario
dell’Abate generale dal 2015. Cf. www.vitanostra-nuovaciteaux.it/s-leiva-merikakis-omelia-
per-s-giuseppe/

114
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