Il presidente Mattarella vigilerà sulla scelta dei quattro ministeri "chiave" del Governo Conte - Il Corriere del Giorno
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Il presidente Mattarella vigilerà sulla scelta dei quattro ministeri "chiave" del Governo Conte ROMA – Ieri più di qualcuno si aspettava e prevedeva che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarebbe uscito dalla sala delle consultazioni e facesse una dichiarazione anche lui nella loggia alla Vetrata , dopo il discorso d’investitura pronunciato dal premier incaricato Giuseppe Conte . In realtà è più probabile, secondo fonti ufficiose del Quirinale che il capo dello Stato potrebbe concedersi una dichiarazione pubblica agli italiani per spiegare quanto è successo, martedì o mercoledì, cioè quando si prevede che Conte sciolga la riserva, se riuscirà a mettere d”accordo i turbolenti esponenti politici della nuova maggioranza, consegnandoli la lista dei ministri. Parlare prima di questo passaggio avrebbe potuto alimentare l’equivoco , e c’era già qualcuno pronto a strumentalizzare le sue parole, sostenendo che il governo che si cerca di mettere in piedi, sarebbe un governo del presidente, mentre si tratta di un governo politico. Del quale “l’Elevato” (cioè Conte) come l’ha raffigurato Beppe Grillo, ha piena responsabilità, e questa volta senza doverla condividere con due vicepremier rissosi, assumendo le vesti di un notaio che si limitava a fare il garante di un contratto (altra anomalia della
politica italiana) stipulato da altri. Ora tocca te, cammina sulle tue gambe cerca di costruire un progetto alto e convincente… non sarà facile, ma puoi farcela, È questa la chiave di lettura necessaria per interpretare l’incitamento dopo un’ora di colloquio fatto dal presidente Mattarella al premier dimissionario-incaricato Conte, Un saluto antiemotivo e laconico e, com’è ormai consolidato nello stile presidenziale. Incitamento e parole questa che il premier ha interpretato con orgoglio, con un manifesto programmatico di Governo molto apprezzato dal capo dello Stato, che l’ha seguito e condiviso in diretta tv nel suo studio al Quirinale. A partire dall’autodefinizione finita nei titoli di tutti i siti, in cui mutuava un concetto caro al Quirinale: “Il mio non sarà un governo contro, ma un governo per“», ricordando che questo “è il momento del coraggio“, sopratutto il suo, seguendo quindi sino in fondo il senso dell’augurio del presidente Mattarella . Nel discorso di Conte rincorrevano parecchi altri concetti del capo dello Stato, come che fossero stati dei di suggerimenti dall’alto: l’atlantismo da confermare, il rapporto con l’Europa da riannodare e l’emergenza sui conti pubblici. Così come anche il passaggio su alcuni temi divisivi come l’ immigrazione, le grandi opere e le autonomie differenziate, sembrava provenire dai consigli di prudenza di chi ha lunga esperienza. Riferimenti e omissis di un programma di Governo che il premier
incaricato Conte ha già cominciato ad approfondire con il Movimento 5 Stelle ed il Partito Democratico, “con la consapevolezza delle difficoltà ma determinato“, come l’hanno descritto sul Colle. I veti contrapposti, le pretese e richieste e le compensazioni fra i du partiti emergeranno dalla composizione finale della compagine ministeriale, sulla quale vi sarà una ferrea sorveglianza da parte di Mattarella, al quale spetta la decisione finale secondo i poteri conferitigli dalla Costituzione . In questo momento delicato i ministeri di peso e quindi “critici”, sui quali Mattarella è pronto e disponibile ad offrire pareri anche preventivi, sono la Difesa, l’Economia, gli Esteri, e l’Interno. L’ “avvocato del popolo” Conte dovrà invece risolvere da solo il problema del vicepremier, sul quale circola una doppia versione (cioè com’era nel governo Lega-M5S ), un solo vice o addirittura senza vicepremier. In questo caso, una certa responsabilità è nelle mani capo politico grillino Luigi Di Maio, sopratutto per la gestione delle possibile conseguenza del referendum sulla piattaforma Rousseau (che a sua volta dipende molto da come verranno posti i quesiti alla base grillina) , tutto è appeso alle smanie del e alle capacità negoziali del premier incaricato. Quindi come emerge chiaramente la scommessa di Conte è piena di ostacoli ed incognite. Senza escludere un rischio davvero pericoloso, e cioè che alla prova del voto di fiducia in Aula , che il Quirinale ha ipotizzato per per venerdì prossimo, ed il giorno precedente il giuramento dei ministri, ci sia chi possa conquistare o condizionare il voto contrario di qualche dissidente. Che non sono pochi. In una pazza crisi nella quale Matteo Salvini lancia minacce con un “non vi libererete di me”, convocando una manifestazione di piazza a Roma,
allora come sempre in politica tutto è possibile. Come in tutti i casi misteriosi, è dal finale che si capisce realmente la trama. In questo caso, il finale è rappresentato dal crescendo di “endorsement”, cioè dichiarazioni pubbliche di favore, che hanno sostenuto Conte nella sua risalita al Quirinale. Quelle di Donald Trump aggiuntesi a quelle più scontate europee di Angela Merkel e di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, hanno ampiamente contribuito a scrivere il finale glorioso del nuovo premier descritto come “uomo circondato dal rispetto internazionale”. Ma quanto valgono realmente queste lodi? Un tweet che loda con un errore di spelling un “Giuseppi Conte”, la dice lunga sul grado di conoscenza fra i due leader, in realtà non è granché come riconoscimento. E’ uno strumento per altro su cui Trump si sfoga personalmente e spesso casualmente, contraddicendosi come capita, anche su temi serissimi, come la Corea del Nord e la guerra dei dazi con la Cina. Le lodi andrebbero in realtà alla bravura del nostro ambasciatore Varricchio a Washington e al diplomatico Eisenberg, che rappresenta gli Usa a Roma. Ma è un nostro sospetto. L’Italia e Conte vengono citate insieme a Germania e Commissione Ue. Ed anche in questo caso vanno fatti complimenti ai comunicatori di Palazzo Chigi, e bisogna riconoscere merito al sempre bistrattato Rocco Casalino, che allo stato dei fatti è l’unico autore del Conte bis. Come si vede quello di Trump si tratta di un vero e proprio make-up per il premier in pectore. La “piccola” Italietta in politica ha sempre cercato e sfruttato il “riconoscimento” dei leader stranieri. Un riflesso condizionato, senso mai curato di nostra inferiorità nell’Occidente del dopoguerra, che ci accompagna dai comunisti dei tempi d’oro, che nonostante il riconoscimento di Berlinguer dell’ “ombrello Nato” in una intervista rilasciata nel 1976 a Giampaolo Pansa, dovette sudarsi il rapporto con Washington, passando per Andreotti, Craxi. Passione per i riconoscimenti condivisa da due super nemici – Enrico Letta e Matteo Renzi – che non hanno mai smesso di lavorare a questo consenso.
Il consenso internazionale oggi intorno a Conte non è quindi esattamente un abbraccio che ci impressiona. Emerge in tutte queste lodi, la prova di un disegno politico, che parte dall’Europa. Nella nuova Europa post elezioni, Merkel e von der Leyen, eletta presidente grazie ai voti di M5s e Pd, guidano un diverso approccio, una operazione a trazione tedesca, costruita a tavolino, per arginare il fronte sovranista tanto caro a Salvini ; una strategia internazionale mirata a favorire l’affermazione in Italia di un Governo moderato, e a maggiore ispirazione sociale. Conte, col suo carisma di provincia, e la sua estrema adattabilità politica e psicologica, la sua mancanza di ideologia tutte attitudini queste che lo hanno portato a navigare da “garante” della Lega a simpatizzante della sinistra dell’ultima ora. Il suo discorso in Senato contro Salvini è il perfetto strumento per il nuovo passaggio politico che l’Europa e le classi dirigenti euronazionali vogliono per l’Italia. La sua gloriosa salita al Quirinale di ieri mattina dell’ormai ex “Avvocato del popolo” , ed il favore dello spread che l’ ha accompagnata, è solo la conclusione, il sigillo di questo percorso. Chi ha sperato e fin qui tifato per il voto invece che per l’accordo, è ancora sempre di più convinto che le urne sarebbero state un passaggio migliore per creare una svolta in Italia. I partiti avrebbero potuto contare le loro reali forze, e avrebbero soprattutto
condiviso con i cittadini italiani il peso di una trasformazione di fase così incerta. E avremmo avuto un premier “vero”, invece di un Avvocato arrivato al bis senza mai essere stato votato dagli italiani. La doppia faccia di Giuseppe Conte ROMA – In un Paese civile e rispettoso della legalità il premier dimissionario Giuseppe Conte non sarebbe mai arrivato alla guida del Governo. Ma in Italia, si sa tutto è possibile. Tutto ed il contrario di tutto. A partire dai conflitti d’interesse, dalla bionda e più giovane consorte Olivia Palladino che era stata “beccata” per aver trattenuto oltre due milioni di euro di tasse di soggiorno da pagare al Comune di Roma riscosse dai clienti del suo hotel il “Plaza” di Roma nella centralissima via del Corso, una volta quartier generale del compianto ministro socialista Gianni De Michelis. Per poi arrivare al suo curriculum vitae poco credibile e sbugiardato dal “fact-checking” dei colleghi dell’ Agenzia AGI. Senza dimenticare i presunti rapporti di Conte con il giurista e avvocato Guido Alpa, che per anni è stato consigliere di Banca Carige ed oggi è consulente di Raffaele Mincione, il finanziere e uomo d’affari entrato nella banca genovese un anno fa con il 5,4% e attualmente azionista dell’istituto. E poi ci sono i presunti rapporti tra il Presidente del Consiglio e lo stesso Mincione. Conflitti di cui adesso si sta occupando l’ Authority Antitrust.
“Nessun conflitto di interessi, rinuncio alla cattedra esclusivamente per una sensibilità personale” aveva dichiarato il premier Giuseppe Conte in una diretta su Facebook, dopo una giornata piena di polemiche sul suo rinvio della prova di inglese per il suo trasferimento all’Università La Sapienza di Roma. “Si è detto addirittura che cercavo un dopolavoro non confidando sulla durata di questo governo: fatevene una ragione, lo dico a tutti gli oppositori, questo governo durerà 5 anni“, aveva poi aggiunto il presidente del Consiglio, smentito dai fatti, data la durata di appena un anno del suo governo ! Pochi ricordano che Giuseppe Conte non aveva rinunciato al concorsoper la cattedra di diritto privato all’Università La Sapienza di Roma. Il presidente del Consiglio dei Ministri, ordinario a Firenze ma in aspettativa non retribuita dopo l’assunzione dell’incarico di governo, avrebbe infatti chiesto e ottenuto di rimandare il test di inglese legale a cui dovrà sottoporsi insieme agli altri candidati. Conte aveva fatto domanda per il concorso alla cattedra del primo ateneo romano nel febbraio 2018, pochi mesi prima di diventare il capo del governo di Lega e M5S. Una volta assunto l’incarico istituzionale, però, potrebbero sorgere questioni legittime di opportunità e conflitti di interessi.
In quanto capo del governo, Conte avrebbe infatti dei poteri di gestione dei fondi di un’università pubblica, dalla cui commissione giudicante dovrebbe essere valutato. Il suo mentore Guido Alpa, l’uomo che ha lasciato la cattedra per cui ora concorre anche il premier, negava però queste ipotesi: “Non deve rinunciare, è preparatissimo e non sta infrangendo alcuna norma“. Resta da capire se la partecipazione di Conte al concorso fosse conforme a tutte le stringenti norme, nazionali e interne a La Sapienza, che mirano a evitare corruzione e conflitti di interessi. La candidatura di Conte era stata valutata il successivo primo agosto e il 4 settembre dalla commissione esaminatrice, che però, in maniera anomala e inusuale, non ne aveva dato conto sul sito dell’ateneo.
Conte era un illustre sconosciuto quando il primo giugno del 2018 venne nominato premier. Professore di diritto privato con più di qualche sospetto sulle cattedre ottenute e la conseguente accusa di essere un giovane “barone”. Un curriculum gonfiato (in perfetto stile M5S) a proposito dei suoi dichiarati studi alla New York University dove, giurano e smentiscono gli americani, non lo hanno mai visto. In realtà a Giuseppe Conte pesava più della scarsa popolarità , di dover stare sempre un passo indietro al premier di fatto, cioè Matteo Salvini. E di bocconi amari deve averne ingurgitati molti. Non è stata una nota di merito averli sputati fuori il 20 agosto al Senato, persino esagerando, nella consapevolezza che il suo Governo era arrivato al capolinea. L’Avvocato del “Popolo”…. professor Giuseppe Conte in cuor suo immagina un ritorno trionfale a Palazzo Chigi, riconfermato premier, anche perché il M5S non ha altre figure in grado di ricoprire quel ruolo. Ci ha preso gusto piano piano, questo lo abbiamo capito, ma in realtà l’unico cambiamento sicuro e realmente apportato dal precedente Governo sarà quello subito da Conte sfiduciato dal suo alleato e vicepremier Matteo Salvini. Giuseppe Conte si è scrollato di dosso la fastidiosa versione di rappresentare a stento l’ombra di un premier, fino al discorso in Senato contro Salvini. Mentre i giornali scrivevano che Conte era in buona sostanza al servizio del “Capitano” della Lega, più il premier indicato e voluto dal M5S covava una rabbia nascosta e più che profonda. Il difetto di Giuseppe Conte ? “È troppo ambizioso” parole queste pronunciate da suo padre Nicola, ex segretario del Comune di Volturara Appula, in provincia di Foggia, paese natale del premier uscente e quasi sicuramente rientrante. Insomma, uno che lo conosce bene come suo padre che sa qual è il suo punto debole. Un’ambizione
però non esibita e manifesta, a volte apparentemente timida. “Dica la verità dottore — si è lasciato andare qualche settimana fa durante un colloquio telefonico con un giornalista — anche lei sta diventando contiano“. Diciamo la verità, Giuseppe Conte non è quello che è andato in Senato sei giorni fa a cantargliele in faccia a Salvini. Il vero Giuseppe Conte in realtà è quello che negli ultimi 14 mesi è stato sempre zitto davanti a tutte le iniziative dei suoi “vice” Di Maio e Salvini. E no, non conta il fatto che abbia “rimproverato” o “ripreso” Salvini in privato. In primo luogo perché nessuno se ne è accorto, in secondo luogo perché non è servito a nulla. Il suo tentativo di dare lezioni sulla religione emerso anche nel discorso al Senato quando ha bacchettato Salvini per i suoi bacetti al crocefisso. è risultato vano. E’ stato lo stesso Conte che ha mostrato il santino di Padre Pio a Bruno Vespa in televisione a “Porta a porta” . È davvero cambiato Giuseppe Conte, che da millantato “Avvocato del Popolo” in questi ultimi mesi non ha speso una sola parola sugli attacchi pretestuosi del M5S prima e della Lega poi al PD definito “il partito di Bibbiano”. Ma per capire bene quanto Conte sia dobbiamo tornare indietro a quel 5 giugno del 2018 quando il premier incaricato si presentò al Senato per chiedere la fiducia, ed in quella circostanza Conte rivendicò come le due forze di maggioranza (M5S e Lega) fossero orgogliosamente “populiste” ed “anti sistema”. Conte promise di promuovere una revisione (mai realizzata) del sistema delle sanzioni alla Russia, ed annunciò che il suo governo avrebbe “chiesto con forza il superamento del Regolamento di Dublino“.
Ma anche in questo caso il Governo Conte non mosse un dito, anzi il premier presentò una multilevel strategy per l’immigrazione affatto innovativa. E finì poi per approvare non una ma due versioni del Decreto Sicurezza, diventati il fiore all’occhiello di Salvini. Matteo Salvini e Giuseppe Conte: faccia a faccia Un Conte a due facce. Inizialmente figura di sfondo e contorno dei vicepremier Di Maio e Salvini occupavano senza scampo la scena, mentre lui era “ostaggio” delle esternazioni di Rocco Casalino, mentre adesso cerca di riciclarsi come “capo” dell’anti-sovranismo. Eppure era l’8 settembre del 2018 quando Conte in occasione di un incontro pubblico, parlando della vicenda sul sequestro dei fondi della Lega (quei 49 milioni di soldi pubblici che la Lega Nord di Umberto Bossi, Belsito e Roberto Maroni hanno fatto sparire, disse: “Vi confesso, se non avessi fatto il premier mi sarei offerto alla Lega per difenderli, per mettere al loro servizio la mia esperienza professionale. Per me sarebbe stato stimolante e non lo dico per offendere i legali che se ne occupano”. Non sono bastati 40 minuti, peraltro ben recitati da vero “attore” di aule di giustizia, per far cambiare idea su di lui e sul suo futuro. In politica non basta un discorso di attacco sfrontato, pronunciato in faccia all’interessato guardandolo negli occhi, per valutare una persona. Forse può servire nel territorio dei social e del movimentismo grillino probabilmente. Conte ha dimenticato di essere
stato a modo suo, più “sovranista” (senza le dirette su Facebook che piacciono così tanto a Di Maio e Casalino) quando a luglio replicava ad Angela Merkel su Carola Rackete, la comandante della Sea Watch dicendole: “Se la Germania si lamenta per il trattamento ricevuto dalla capitana noi siamo in attesa dell’estradizione dei manager della ThyssenKrupp“. Qualcuno spieghi al “civilista-amministrativista” Conte che basta un mandato europeo di cattura per superare il problema estradizione. Conte ha sostenuto e firmato i decreti sicurezza 1 e 2 presentati dal ministro dell’ interno e vicepremier Matteo Salvini . Per il primo decreto si è speso mostrando un cartello a uso dei fotografi. E stava accanto a Salvini. Per il secondo, quello ancora più “rigido” su Ong e immigrazione, firmandolo senza alcun esitazione. Si è presentato in Senato per difendere il leader leghista sul “caso Moscopoli” che sta per sciogliersi come neve sotto al sole, per coprirlo come ha rinfacciato lui stesso in Senato il giorno delle sue dimissioni. E quindi ? Aveva ragione Emma Bonino quando gli ha detto che non avrebbe dimenticato i 14 mesi trascorsi a Palazzo Chigi cavalcando il “sovranismo”. Conte ha cercato modi giustificarsi sostenendo di aver provato a contenere Salvini tante volte . Senza dirlo, senza fare niente di concreto e senza ammettere di non esserci riuscito. Il problema non è che un avvocato voglia difendere la Lega, anzi sarebbe assolutamente normale e legittimo esercitare la propria professione. Il punto è che il Presidente del Consiglio abbia ritenuto necessario far sapere che lo avrebbe fatto. Ma in fondo si arriva ad oggi, e si scopre che quello che è cambiato (grazie all’esperienza di governo) è proprio lui: Giuseppe Conte. Qualcuno potrebbe chiedergli cosa non rifarebbe di questi 14 mesi. Ma la vera domanda è: Conte che cosa ha fatto per 14 mesi?
Di tutto di più … Mentre il governo porta avanti la propria battaglia contro il diesel ed in favore della mobilità sostenibile, durante una guida con la giornalista del Tg2 Motori Maria Leitner arriva l’ennesimo #epicfail del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli “Che auto utilizzo? Io ho una Golf a Gpl del 2007… poi con mia moglie abbiamo appena comprato una Jeep Compass”. Motorizzazione?, chiede la giornalista. Panico: “Ehm, motorizzazione… DIESEL… lo so dottoressa, non rimedierò mai a questo errore“. Il Cav. Silvio Berlusconi durante una tappa elettorale in Basilicata, in vista delle prossime regionali “Ancora un italiano su due ha fiducia in questo governo. Svegliatevi, aprite gli occhi e domandatevi: sono coglione o sono una persona intelligente? Risposta: SONO UN COGLIONE“ Matteo Salvini durante la sua festa di compleanno “Da ragazzo avevo tre poster in cameretta: Umberto Bossi, Franco Baresi – che non ha mai tradito la maglia, come me in politica – e Miriana Trevisan, che poi l’ha saputo e si è detta schifata… vabbè, fa niente” (fonte: Corriere della Sera) La giornalista “sovranista” Maria Giovanna Maglie su Greta Thunberg, la 16enne svedese diventata simbolo delle proteste mondiali contro il cambiamento climatico “Greta è malata di autismo, e a quel punto politically correct e
buonsenso mi vietano di dire quello che avrei detto se fosse stata sana: l’avrei MESSA SOTTO con la macchina! Se po’ dì?” (fonte: Un Giorno da Pecora, Rai Radio 1) Rita Pavone ed il Sen. Alberto Bagnai La cantante: “Quella ‘bimba’ con le treccine che lotta per il cambio climatico, non so perché ma mi mette a disagio. Sembra un personaggio da film horror...”. Risponde il senatore leghista: “Lo è”... ( fonte: Twitter ) Gerarda Russo candidata leghista alla carica di consigliere regionale in Basilicata, durante un comizio, risponde ai contestatori che gridavano “Fascisti! Fascisti!” “Se fascista vuol dire essere a favore del popolo allora IO SONO FASCISTA!“ Antonio Tajani dixit “Mussolini, fino a quando non ha dichiarato guerra al mondo intero seguendo Hitler, fino a quando non si è fatto promotore delle leggi razziali, e a parte la vicenda drammatica di Matteotti, ha fatto delle COSE POSITIVE. Per realizzare infrastrutture nel nostro paese, per effettuare le bonifiche… Bisogna essere onesti: ha fatto strade, ponti, edifici, impianti sportivi, ha bonificato tante parti della nostra Italia… se uno dà un giudizio storico deve essere obiettivo. Non era un campione della democrazia, ma certamente alcune cose si salvano e sono state fatte, perché bisogna dire sempre la verità, altrimenti saremmo disonesti nel dire ‘no non ha fatto nulla‘. Ha fatto le strade? Sì. Ha fatto le infrastrutture? Sì. Ha fatto l’istituto per la ricostruzione industriale? Sì. Ha fatto gli impianti sportivi? Sì, è vero“ Il messaggio dell’eurodeputata Alessandra Mussolini
“Se proprio devo dire una cosa a Tajani, lo dico alla romana: ‘BELLA FRATÉ’” ( fonte: Adnkronos) Dopo le feroci critiche piovutegli addosso da tutta Europa, Antonio Tajani esponente di Forza Italia si scusa giustificandosi così, in un’intervista “Io sono antifascista, il mio era un giudizio storico, quello che danno gli studiosi. Ho sbagliato con l’italiano forse…” (fonte: Repubblica) Carlo Trerotola candidato presidente del centrosinistra in Basilicata, durante un comizio “Non ho mai fatto politica, non sono mai andato ai comizi se non a quelli di Giorgio ALMIRANTE. Ogni tanto lo ascolto anche adesso, ma non è una scelta politica…”. E al quotidiano La Stampa, nei giorni successivi alle polemiche: “Ma qual è il problema? Io ascolto i discorsi di Almirante, come mi capita di ascoltare i discorsi di Aldo Moro, o di Enrico Berlinguer. C’erano cose buone da una parte e dall’altra…” M5s Basilicata “Regionali in Basilicata, il M5s copia il programma elettorale dalla rivista della Fondazione D’ALEMA. La scoperta di Tpi (The Post International) mette a confronto stralci della proposta Cinquestelle ripresi da un articolo scritto nel 2008 dal dalemiano Busilacchi, ex Pd passato in Mdp. Un copia-incolla senza remore di interi paragrafi, ripresi senza citazioni né fonti” (fonte: Repubblica.it ) Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha risposto alla domanda di una giornalista riguardo all’attentato in due moschee a Christchurch, in Nuova Zelanda, compiuto dal suprematista bianco Brenton Tarrant
“L’unico estremismo che merita di essere attenzionato è quello islamico“ Lo psichiatra italiano Alessandro Meluzzi ha una “teoria” “Io voglio capire cosa c’è dietro questa Internazionale del Suprematismo Bianco, perché credo che dietro tutto questo ci sia anche una volontà evidentemente di pilotare in una grande campagna elettorale planetaria per le elezioni europee. E so quello che dico. Per esempio la presenza del nome di Traini su quel mitragliatore lì è assolutamente ingiustificata. Quando io voglio portare una mandria di bisonti a svoltare a destra, sparo a sinistra: dietro questi suprematisti c’è un disegno, cioè portare all’esasperazione, sputtanare i SOVRANISTI nel mondo, questo è assolutamente certo” (fonte: La Zanzara, Radio 24) La ministra francese per gli Affari europei Nathalie Loiseau “Ho chiamato il mio gatto ‘Brexit‘ perché mi sveglia ogni mattina miagolando forte per chiedere di uscire, ma poi quando apro la porta rimane lì fermo, indeciso se andare fuori” Durante un intervento alla Camera il deputato M5s Riccardo Olgiati pronuncia in modo errato “Westminster”, sede del Parlamento inglese “E attendiamo gli sviluppi che il parlamento sovrano di UESTMAINSTER decida…“ Il dibattito era incentrato sulle offese pronunciate da un professore di un liceo di Genova all’indirizzo di Vladimir Luxuria (“Trans pervertiti”). E qui scatta l’analisi semantica di Vittorio Feltri direttore di Libero… “È assurdo, oramai non si può parlare come si parlava una volta, non
si può più dire ‘negri’, ma bisogna dire ‘neri’. Poi se trovi un negretto, lo devi chiamare ‘nerino‘. Io parlo come parla la gente normale, che dice ‘froci‘ o ‘ricchioni‘ in riferimento ai gay. Se uno lo chiami ‘gay‘ o ‘ricchione‘, poi non cambia le sue abitudini: rimane sempre uno che, quando fa la pipì, la fa seduto. Dove è il problema? Ma chi se ne frega dei termini… che poi a me non frega un cacchio, se la facciano anche addosso” (fonte: Non è l’Arena, su La7 ) L’ex segretario Pd a Pierluigi Bersani nticipa i contenuti del Documento di Economia e Finanza che il governo Lega-M5s, tra molteplici difficoltà, sta per redigere “Nel Def ci sarà scritto buongiorno, buonasera, w la mamma, w il papà, w lo zio” (fonte: Di Martedì, La7) Giorgia Meloni vs. Virginia Raggi La leader Fdi: “Il comune di Roma ha cancellato la storica scritta del 1948 ‘Vota Garibaldi’. Dopo gli ultimi deliri per vietare una via ad Almirante e cancellare quelle intitolate a ‘esponenti’ del ventennio, forse la Raggi avrà scambiato #Garibaldi per un fascista...”. Replica la sindaca 5 Stelle: “No @GiorgiaMeloni, i fascisti li riconosco” (fonte: Twitter ) Imane Fadil, una delle testimoni chiave del processo Ruby a Silvio Berlusconi , è deceduta dopo oltre un mese di degenza all’Humanitas di Rozzano. Ipotesi: avvelenamento o malattia rara Berlusconi : “Tra le tante persone che sono venute ad Arcore, non la ricordo”. E Federico Cecconi, legale dell’ex premier: la morte della 32enne marocchina “dal punto di vista tecnico-processuale NUOCE alla difesa di Berlusconi, perché noi non possiamo procedere con il controesame” (fonte: il Giornale ) Emilio Fede intervistato sulla morte di Imane Fadil
“Sono dispiaciuto, questa per me era una brava ragazza, l’avevo pure chiamata come mia testimone nel processo. Sì, perché raccontasse la verità: cioè che io non avevo assistito a nessuna scena orgiastica” (fonte: il Corriere della Sera) Il retroscena sul vicepremier Luigi Di Maio L’altro giorno, a Palazzo Chigi, arriva la notizia dell’ennesima sparata di Matteo Salvini. Vuole la Tav, la vuole e basta. Il vicepremier Di Maio lo viene a sapere dal suo staff, e dopo pochi secondi esplode: “Quello ha chiuso con me! Capito? Chiu-so! Chiu-so! Chiu-so! Vuole fregarmi? Ma sono io che frego lui! Gliela faccio diventare un incubo la storia della Diciotti!” (fonte: Corriere della Sera ) Il sottosegretario agli Esteri del M5S Manlio Di Stefano ospite di Un Giorno da Pecora (Rai Radio 1) “Di Battista? Siamo amici dal 2001, ci sentiamo spesso e ci siamo sentiti anche ieri, è molto tranquillo. Perché è sparito dalla tv? Avrà le sue ragioni. Credo a giugno andrà in India e la girerà tutta” Lo sfogo, durante l’audizione in commissione di Vigilanza Rai, di Carlo Freccero direttore di Rai 2 “Per il programma ‘Povera patria‘ è sbagliato il venerdì, ma me lo ha imposto il coordinamento! Io lo volevo al mercoledì! Queste sono le cose che non sapete! Cioè… io… cioè… da voi… VESPA ancora comanda in Rai e decide di non avere sovrapposizioni! E io mi sono dovuto inchinare come altre volte… Finalmente mi sono scatenato in questa psicanalisi, anche se già so che la pagherò“. Il messaggio che Rocco Casalino il portavoce del premier avrebbe inviato a tutti i giornalisti, (ma Casalino smentisce)
“Domani Di Maio va con la sua fidanzata al teatro dell’opera a Roma“. Mittente: Rocco Casalino (fonte: Dagospia ) La precisazione della giornalista Virginia Saba nuova compagna del vicepremier Di Maio “La cultura è la nostra salvezza e va sostenuta. Ed è dunque con gran piacere che venerdì io e Luigi abbiamo acquistato due biglietti A PREZZO PIENO per il Teatro dell’Opera” (fonte: Facebook ) L’ex parlamentare di centrodestra Nunzia De Girolamo annuncia sui social “ UFFICIALE: SONO A BALLANDO CON LE STELLE Ora è ufficiale: sarò una concorrente di @Ballando_Rai! Il mio maestro sarà @Raimondo_Todaro Seguitemi e soprattutto, votatemi ” Il vicepremier e leader leghista Matteo Salvini , replicando ad alcuni contestatori durante un comizio in Basilicata “Ragazzi non vi si sente, non ci sono più i contestatori di una volta… L’uovo sbattuto al mattino per farvi sentire! Prendete più uovo sbattuto e fatevi meno canne”. E su Twitter, rilanciando orgogliosamente il video: “Ai kompagni ho consigliato meno canne, più uovo sbattuto! Ho fatto male??? ” Tav: Di Maio perde, Salvini non vince. Il trucco per arrivare alle
europee di Tommaso Ciriaco Chi vince, chi perde, chi bluffa? Bisogna scarnificare all’osso la propaganda dei mastini forgiati dalla Casaleggio associati. Scacciare gli illusionismi. E aggrapparsi all’unico dato certo: i bandi per la Tav partiranno, identici a come sarebbero partiti se in queste settimane Giuseppe Conte e Luigi Di Maio si fossero occupati solo della recessione anziché della Torino-Lione. E allora, di nuovo: chi ride per non piangere? Perdono i Cinquestelle. Nonostante lo spin di Palazzo Chigi, non c’è alcun rinvio dei bandi. Il vicepremier deve ingoiarli, anche se con la promessa scritta di “rivedere integralmente l’opera“. Chissà quando, chissà come, chissà perché non subito per decreto. Ottiene quanto richiesto Matteo Salvini, ma esce comunque con le ossa rotte, presentando all’elettorato del Nord una grande opera come fosse un progetto semi- clandestino. Vince Giuseppe Conte, lui sì, se può dirsi vittoria aver stracciato una promessa storica del Movimento, “No Tav o morte!“, senza crisi di governo. E incassando pure il sentito ringraziamento degli sconfitti. C’è del talento in chi gestisce da Palazzo Chigi gli assalti a vuoto di Luigi Di Maio. Lo dimostra il retroscena delle ultime ore. Nella notte di venerdì, sul tavolo del premier finiscono le relazioni dei suoi esperti legali e i focus di marketing politico dello staff di Rocco Casalino . La stella polare del team è il “capolavoro di dicembre” – lo chiamano ancora così – quel tocco di genio che trasformò il deficit in manovra dal 2,4% al 2,04%, per nascondere la sconfitta con l’Europa. Il risultato è la “soluzione tecnica“, un cavillo di cartone che risolve lo stallo. Nient’altro che un escamotage linguistico per camuffare il via libera ai bandi. Avis de marchés, ecco il jolly di Conte. Da avvocato, il premier chiede ai suoi di rispondere a una domanda: come far partire i bandi senza ammettere di averlo fatto? Non chiamandoli bandi, ecco tutto. Aggrappandosi al sinonimo in francese, avis de marchés appunto, “avvisi di gare“. Né più, né meno di quanto Telt aveva già indicato come soluzione per non perdere i trecento milioni di finanziamenti europei. Compra sei mesi di tempo – anche questo, tutto già previsto nella tabella di marcia tracciata dalla società il 18 dicembre scorso – rimandando le decisioni finali a dopo le Europee. Nelle stesse ore, e siamo a ieri mattina, Di Maio si attrezza per la ritirata. Appena Conte rende nota la missiva, il grillino plaude. Ha
drammatizzato al massimo la battaglia per tenere buoni gli ortodossi, adesso è l’ora di piegarsi alla realtà. Anche lui compra tempo, sapendo che pure una buona parte degli elettori 5S del Nord Ovest, assicura un ultimo sondaggio Swg, sono favorevoli alla mini Tav: 35% contro 34%. Non può ancora dirlo, ma è l’orizzonte finale dell’opera, tunnel di base compreso. Ora è però il tempo di esaltare una vittoria che non c’è. L’unica arma proposta per giorni da Di Maio a Conte, un decreto per fermare la Torino-Lione, resta un triste foglio bianco. Soltanto il Pd, con Graziano Delrio e Sergio Chiamparino, interpreta la novità come un trionfo a cinquestelle. “La lettera è chiara, il governo blocca le opere“. Il dem Michele Anzaldi dice il contrario. Tutto ruota attorno alla voglia di mirare contro il vero competitor dei prossimi mesi, Salvini, piuttosto che colpire un Movimento in crisi. Salvini, si diceva. Si proclama vincitore. Difficile però sostenerlo di fronte al proprio elettorato e all’immenso buco nero sul futuro tracciato da Conte. Il gelo con Di Maio è polare. Ma la scelta del vicepremier leghista è comunque quella di non infierire sull’alleato. Nel sabato del suo compleanno, sveste la divisa della Polizia e mette su quella dello statista per un giorno: “Nessuno vince o perde, la Lega governa perché vincano gli italiani”. Da lunedì, però, rivendicherà il via libera ai bandi e una certezza granitica: “La Torino-Lione si farà“. Ripartirà un balletto tra gialli e verdi – “Tav sì, no, boh” – fino al 26 maggio. Dal giorno dopo le Europee si aprirà il secondo tempo della sfida. Con “equilibri diversi”, è il ragionamento di Salvini, come potrà Conte fermare l’opera? O anche solo “ridiscuterla integralmente“, se i francesi accetteranno di limare al massimo i dettagli? Secondo il premier, la svolta arriverà dopo un bilaterale con Macron, già contattato ieri assieme a Juncker. In caso contrario, i 5S giurano che si faranno “valere in Parlamento”. Sempre domani, sempre chissà. La verità è che non potranno rivedere per legge il trattato che regola il progetto, perché manca una maggioranza favorevole allo strappo. Servirà un altro illusionismo, a quel punto. In linea con la profezia che Conte confidava venerdì sera al suo staff nel pieno della bufera: “Tranquilli, tutto si risolverà. C’è molto teatro in queste ore…”. *editoriale tratto dal quotidiano La Repubblica
M5S, Rocco Casalino: "Sarti si è nascosta dietro il mio nome". L'ex compagno: "Falso, sapeva". ROMA – Il “caso” di Giulia Sarti diventa sempre più imbarazzante per il Movimento 5Stelle. E sopratutto per il loro capo della comunicazione Rocco Casalino attuale portavoce del presidente del Consiglio, che interviene sul caso della deputata Giulia Sarti, coinvolta nella “Rimborsopoli” a 5Stelle. “Sarti si è probabilmente coperta dietro il mio nome con l’allora compagno, se avessi saputo di questi ammanchi o di giri strani l’avrei immediatamente riferito al capo politico e ai probiviri. Io non tutelo i parlamentari, ma il Movimento, come sanno tutti“, sostiene Casalino in una nota. Interviene sulla vicenda anche il vicepremier Luigi Di Maio. che è lapidario: “Giulia Sarti si è dimessa dalla presidenza della Commissione Giustizia, e si autosospesa. Ora il Movimento dovrà decidere l’espulsione, che credo doverosa“. Nel frattempo però Casalino viene smentito dall’ex compagno della Sarti: “Ora fa lo gnorri ma sapeva”. Il caso “Rimborsopoli” del M5S
Un caso complicato quello di Giulia Sarti. Ieri aveva dichiarato: “Preciso che né Ilaria Loquenzi (altra responsabile comunicazione M5S, ndr ) né Rocco Casalino mi hanno spinto a denunciare nessuno, ma si sono limitati a starmi vicino“. Allora perché sono tirati in ballo Casalino e la Loquenzi? E in cosa consiste lo scandalo dei rimborsi? Proviamo a ricostruire i fatti. Il caso era scoppiato nel febbraio 2018 quando – in seguito a un servizio delle Iene – era emerso che alcuni parlamentari, tra cui proprio la Sarti, non avevano restituito parte dello stipendio, come invece previsto dal regolamento interno M5S. La Sarti non contenta… di aver mentito, presentò una denuncia “strumentale” nei confronti del suo ex-compagno Bogdan Andrea Tibusche accusandolo di appropriazione indebita: Una denuncia a cui ha fatto seguito un’indagine della Procura di Rimini, avviata un anno fa e che ora si è definita con una richiesta di archiviazione per l’ ex compagno della Sarti . Dalle indagini svolte secondo i magistrati, non fu lui a rubare soldi dai conti della parlamentare riminese. Né tantomeno fu lui a impedirle di restituire i rimborsi. La denuncia altro non è stato stata quindi che soltanto uno squallido tentativo, da parte della deputata “grillina”, di salvare la propria reputazione e probabilmente anche il suo personale futuro politico.
Ilaria Loquenzi Il coinvolgimento della Sarti di Casalino e Loquenzi Dalle chat verificate dai magistrati di Rimini emerge che c’era un accordo tra Sarti e il suo ex compagno Bogdan Andrea Tibusche (che in rete si fa chiamare Andrea De Girolamo) per far ricadere su di lui la colpa dei mancati versamenti. Ma non soltanto. Secondo quanto riferito dalla stessa parlamentare M5s
nella sua chat via Telegram con Bogdan, la richiesta di sporgere denuncia nei suoi confronti sarebbe arrivata proprio dai responsabili della comunicazione del movimento, Ilaria Loquenzi e Rocco Casalino. “Le Iene hanno i nomi da mesi e mi hanno chiesto se denuncio te perché mi stanno chiedendo come uscire da questa storia“(…) “me l’ha chiesto Ilaria con Rocco. Per salvarmi la faccia…Cinque sono fuori ma ho detto di no. Però tesoro è finita, ora devo restituire quei 23.500 euro. Stasera ho parlato con la comunicazione. Domattina devo fare un post su Facebook, avrò lo stesso trattamento di Cecconi e Martelli”. Tibusche: “Io mi sparo”. Sarti: “No è inutile che fai così forza dai, si affronta. Devo firmare il foglio in cui rinuncio ad essere eletta. Cioè tutto il restituito non conta nulla?”. Tibusche: “Sono penosi mi dispiace tesoro, sono a pezzi”. Giulia Sarti: “Devo scrivere un post domattina e Ilaria lo controlla. Nei Tg è già uscito il mio nome stasera. Mi stanno tempestando. Ora bisogna capire come tutelare Marco e tutto il gruppo di Rimini. Faccio quello che mi ha detto Ilaria. Un post su Facebook domattina” Poi arriva la denuncia e tra i due scoppia la guerra. Nelle carte dei magistrati di Rimini che hanno indagato e scagionato Tibusche dal reato di appropriazione indebita in realtà viene alla luce il “mea culpa” della deputata grillina. In una mail indirizzata a Luigi (Di Maio), la Sarti scriveva: “La situazione è molto grave e io mi scuso per non averla mai controllata prima di oggi (…) Ora ho 9mila euro sul mio conto ma mi farò aiutare dai miei per fare domani mattina tutti i bonifici. Il totale che manca è 23.443,81 euro“.
In una chat del 15 febbraio del 2018 tra Giulia Sarti e Casalino, che pare dare ragione a quest’ultimo. “Sei sicura che sia stato lui? Sei sicura al 100% della sua colpevolezza? Perché se denunci un innocente commetti reato“, si legge in messaggio inviato dal portavoce del premier all’ex presidente della commissione Giustizia. Nelle chat, il cui testo è stato visionato dall’Ansa, l’allora portavoce del M5S chiedeva all’esponente pentastellata se fosse sicura della colpevolezza dell’ex fidanzato. “Se è stato davvero lui è giusto che denunci, ma se non è così stai facendo una cosa grave“, scriveva Casalino in un altro messaggio inviato sempre il 15 febbraio dello scorso anno. Messaggi che si aggiungono a quelli scambiati dalla deputata 5 Stelle con il suo ex e visionati dai magistrati riminesi. “Le Iene hanno i nomi da mesi e mi hanno chiesto se denuncio te perché mi stanno chiedendo come uscire da questa storia“(…), scriveva la Sarti via Telegram. Tibusche: “Denunciare me… Te l’hanno chiesto le Iene?“. La Sarti: “No no, me l’ha chiesto Ilaria con Rocco. Per salvarmi la faccia…” L’ex compagno della Sarti accusa Casalino A tenere aperto il “caso” arrivano le accuse a Casalino dall’ex compagno di Sarti : “Ho letto sui giornali che Casalino fa lo gnorri e scarica la Sarti. Sapete qual è il bello? Il messaggio con il quale mi si informava che sarebbero stati lui e Ilaria a spingere la querela, Casalino lo ha avuto (screeshots), da me, il 15 febbraio del 2018. Ho sempre lo stesso
vizio: salvo e registro tutto. Non sapeva nulla fino ad oggi? Lo sapeva eccome“. Tibusche lo scrive su Facebook, poi cancella il post. Casalino si arrampica sugli specchi: “Non c’è stata alcuna richiesta da parte mia, o di Ilaria Loquenzi, di denunciare l’ex fidanzato. La Sarti all’epoca si proclamava innocente e scaricava tutte le colpe sull’allora compagno. Se è così denuncialo“, ed aggiunge “Gentilmente pubblichi cosa ti ho risposto“. Quindi apre il fronte alla lite social. “Ma chi se ne frega? Perché non ti sei mosso un anno fa e lo fai ora?“, domanda Tibusche. “Tu – obietta il portavoce del presidente del Consiglio – avevi una tua versione. Lei una versione totalmente diversa. Non spettava a me decidere di chi fosse la ragione. La cosa più giusta era che fosse la magistratura a valutare“. “Fare il finto tonto può funzionare con i più ma non con me. – contro- replica l’ex compagno della Sarti – Tu oggi caschi dal pero accusando lei ma di tutto questo eri a conoscenza da oltre 1 anno. E non hai detto/fatto nulla. Qui non si discute sul cosa ma sul come. Il cosa arriva dopo”. Il post (con tutto il botta e risposta) poi all’improvviso sparisce, ma oramai è troppo tardi. E le menzogne grilline continuano. La grillina Giulia Sarti si dimette da presidente della Commissione Giustizia: aveva fatto una denuncia falsa al fidanzato per nascondere i suoi finti rimborsi ROMA – “A seguito delle notizie riportate sulla stampa in merito alla richiesta di archiviazione per la querela da me sporta nei confronti di Andrea Tibusche Bogdan, annuncio le mie dimissioni da presidente della Commissione giustizia della Camera e, a tutela del M5S, mi autosospendo“. Così, in una nota, Giulia Sarti, deputato del M5S e presidente della Commissione Giustizia. “Preciso che né Ilaria Loquenzi né Rocco Casalino mi hanno spinto a denunciare nessuno, ma si sono limitati a starmi vicino nell’affrontare una situazione personale e delicata“.
A renderlo noto è la stessa deputata grillina, finita nella bufera nel febbraio 2018 per il cosiddetto scandalo rimborsopoli, quando il suo nome era comparso nell’elenco dei grillini finiti nel mirino per i mancati versamenti al fondo per il microcredito, destinato a piccole e medie imprese. Esploso il caso, la Sarti aveva sistemato subito la sua posizione con il MoVimento, versando le somme dovute, circa 23mila euro. Ma il passo successivo era stato quello di denunciare l’ex fidanzato, imputando a lui non solo i bonifici mancati, ma anche l’appropriazione di altre somme dal suo conto corrente. Tutto falso ! La deputata Giulia Sarti, non ha avuto vita facile nel movimento 5 Stelle. Entrata in Parlamento nel 2013, circondata dai sospetti: era stata la fidanzata di Giovanni Favia, cacciato l’anno prima dal Movimento, ed era considerata vicina a Federico Pizzarotti. Nel 2013, quando alcune sue foto private e intime vengono scaricate e diffuse, si accusano fantomatici «hacker del Pd». Poi Angelo Tofalo (componente del Copasir) le suggerisce di usare le competenze di Bogdan. Il quale all’epoca si faceva chiamare Andrea De Girolamo e dal suo canale Social Tv diffondeva bufale, alcune a sfondo razzista. Per la Procura di Rimini la deputata M5s Giulia Sarti non fu ‘derubata’ dall’ex fidanzato Andrea Tibusche Bogdan, 32enne consulente informatico di origini romene, alias Andrea De Girolamo che ha rilanciato a muso duro: “Vedremo come va a finire perché la verità è tutta un’altra, usciranno diverse conversazioni e forse non vi conviene esporvi ora. Vedrai che fine fa la querela. Vedrai i messaggi e le email, io in pubblico non rilascio nulla ma dritto in procura,
perché ho un brutto vizio: Andrea De Girolamo“. La Sarti ostentava “massima tranquillità“, ma la questione si è tramutata in una resa dei conti personale, senza esclusione di colpi. E l’ ex-fidanzato ha avuto ragione e sbugiardato la parlamentare grillina. Come riporta la stampa locale è stata infatti depositata la richiesta di archiviazione del fascicolo, per appropriazione indebita, nato dalle denuncia della presidente della commissione Giustizia della Camera alla Squadra Mobile di Rimini, con una particolareggiata querela in cui si ipotizzava la responsabilità di Bogdan su mancati bonifici al fondo per il micro credito. La vicenda era emersa dopo che il nome di Sarti era spuntato nell’elenco delle ‘Iene’ di deputati M5s che da eletti non avevano restituito gli stipendi al fondo. Sette i bonifici partiti dal conto della Sarti, destinati a quello del Mef, che però risultavano annullati. Quando fu interrogato dal pm Davide Ercolani, un anno fa, Bogdan spiegò che se aveva agito, sul conto corrente online della deputata, lo aveva fatto con la consapevolezza di lei e avendone le password. Inoltre consegnò alla Procura una chat in cui Sarti gli annunciava la querela per togliersi dall’imbarazzo delle restituzioni ‘fantasma’. Ieri scoppia il caos. Viene a galla la versione del fidanzato. E vengono fuori le chat, con molti particolari pericolosi e inquietanti
che coinvolgono i massimi rappresentanti della Comunicazione del Movimento. Succede infatti che in una chat tra i due, la Sarti avverte che ha intenzione di denunciare il fidanzato. Il quale replica, stupito: «Te l’hanno chiesto le Iene?». E lei risponde: «No no, me lo ha chiesto Ilaria (Loquenzi n.d.r.) con Rocco (Casalino n.d.r.). Per salvarmi la faccia». Frase che sembrerebbe alludere al fatto che i due responsabili della Comunicazione fossero al corrente delle responsabilità della Sarti. Che però li difende: «Non mi hanno spinto a denunciare nessuno. Si sono limitati a starmi vicino nell’affrontare una situazione personale e delicata». Filippo Roma l’inviato delle Iene, nel pomeriggio, intercetta Casalino, lo incalza e gli chiede di mostrare le chat tra loro. Lui lo fa, ma le chat risultano cancellate: «Le cancello tutte, anche quelle con mia madre». Poi chiama la Sarti e lei dopo qualche secondo di conversazione, una volta messa in viva voce, scopre di essere ascoltata dalle Iene e scoppia in lacrime. Il resto sono le dimissioni, l’autosospensione e la comunicazione del capogruppo Francesco D’Uva che «è già stato avviato l’iter per la sostituzione» (compito che, in realtà, spetta al presidente della Camera). Il Pd chiede le dimissioni di Casalino. Per il procuratore capo di Rimini, Elisabetta Melotti e il pm Ercolani, che hanno firmato la richiesta di archiviazione, dunque non vi furono reati. Ora sarà il Gip a decidere e al momento non ci sono opposizioni alla richiesta. Affaire Casalino, Odg Lombardia archivia
di Giovanna Rei ROMA – L’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha deciso di archiviare l’istruttoria su Rocco Casalino, relativa al messaggio audio nel quale il portavoce di Palazzo Chigi insultava e attaccava i tecnici del ministero dell’Economia, accusati di fare ostruzionismo e di non riuscire a trovare le coperture per le misure della manovra. Il Consiglio di disciplina territoriale era stato chiamato a verificare se le dichiarazioni di Casalino, giornalista professionista, il loro tenore e l’uso del linguaggio fossero “pertinenti, continenti e compatibili con gli articoli 2 e 11 della legge professionale numero 69 del 3 febbraio 1963“. Dura la reazione del deputato del Partito democratico Michele Anzaldi. “Per l’Ordine dei giornalisti della Lombardia definire i dirigenti del ministero dell’Economia ‘pezzi di me…’, gente ‘da far fuori’, con cui arrivare ‘ai coltelli’ non è una violazione dei diritti fondamentali delle persone, quindi insultare e minacciare non merita alcuna sanzione – scrive il deputato dem su Facebook -. Lo ha stabilito il Consiglio di disciplina, archiviando l’istruttoria su Rocco Casalino, portavoce del presidente del Consiglio che quelle parole voleva che uscissero sulla stampa, addirittura in forma anonima, tanto da dirle a vari cronisti, quindi voleva che avessero il massimo risalto possibile“. “Nessuna conversazione rubata, ma – sottolinea Anzaldi – insulti contro pubblici ufficiali da far uscire sui media. E come sanzione non
c’è soltanto la radiazione dall’Albo, la più dura. C’è anche il semplice avvertimento, la censura, la sospensione. Niente di tutto questo. Per l’Ordine dei giornalisti insultare un funzionario pubblico, additarlo sulla stampa come persona da cacciare significa rispettare i diritti fondamentali delle persone. Una decisione che lascia sbalorditi. Speriamo che, quanto meno, non faccia da precedente per futuri insulti e minacce“. Ma l’ Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha dimenticato un “precedente” di Casalino, che il 13 luglio scorso quando i deputati del Movimento 5 Stelle avevano organizzato una piccola manifestazione nella piazza di fronte alla Camera per festeggiare il ricalcolo dei vitalizi degli ex parlamentari approvato dall’ufficio di presidenza. Alla manifestazione erano presenti una decina di deputati con palloncini, spumante e bicchieri. Tra i deputati c’era anche il nostro collega Salvatore Merlo, giornalista del quotidiano IlFoglio che in un suo articolo pubblicato ha descritto la scena. L’organizzatore della coreografia messa in piedi dai deputati del Movimento, ha raccontato Merlo, è stato Rocco Casalino, ex concorrente del Grande Fratello, portavoce del presidente del Consiglio e da anni capo della comunicazione del Movimento. Merlo ha descritto in maniera piuttosto ironica Casalinoe la sua attività di spiegare ai deputati come comportarsi, in modo che la manifestazione riuscisse nella maniera migliore. «“Amore, amore”, urla Rocco a un deputato, battendo le mani, “tienilo più in alto quel palloncino!”», ha scritto per esempio. Casalino, che con il Foglio si è già scontrato parecchie volte in passato, stando a quanto scrive Merlo, gli avrebbe rivolto una frase provocatoria: «Adesso che il Foglio chiude, che fai? Mi dici a che serve il Foglio? Perché esiste?» La frase di Casalino sembrava un non tanto velato riferimento al fatto che il Foglio percepisce finanziamenti pubblici in quanto cooperativa giornalistica. Casalino per giustificarsi, a posteriori aveva sostenuto che la sua era “una battuta” rivolta a Merlo “in un momento informale di festeggiamenti per i vitalizi. Sono certo che Salvatore Merlo ne fosse ben consapevole, considerando che ho specificato anche con lui che stavo scherzando. Credo fortemente nella libertà di stampa e nel pluralismo dell’informazione“. Peccato che Casalino non abbia proferito parola quando i suoi datori
di lavoro del M5S, a partire da Luigi Di Maio hanno dato ai giornalisti degli epiteti come “puttane“, “sciacalli“, “infami“. O forse parlavano fra di loro…? Di tutto di più… Il Movimento 5 Stelle e la divulgazione scientifica, in Rai ma non solo: la dichiarazione della ministra per il Sud Barbara Lezzi, quella del Pil che cresceva grazie “al caldo e ai condizionatori” “Vogliamo dare tutte le versioni possibili di un determinato argomento, e a nostro avviso è bene informare il cittadino a 370 GRADI“ Virginia Raggi è stata assolta: questa la reazione di Vittorio Di Battista babbo fascista del “Dibba” Alessandro Di Battista “PRENDETELO NEL CULO, VICINI E LONTANI, AMICI, NEMICI, FRATELLI E CASSOEULI” (Fonte: Facebook) Altrettanto interessanti le reazioni del vicepremier Luigi Di Maio e del collega pentastellato Alessandro Di Battista, rivolte ai giornalisti “Infami sciacalli“; “pennivendoli“, siete voi “le vere puttane” Luigi Di Maio. “Quando il vicepremier voleva fare il giornalismo”, Luigi Di Maio diventò giornalista pubblicista nel 2007 sulla base di una settantina di articoli di sport in un piccolo giornale del
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