Il presidente Mattarella vigilerà sulla scelta dei quattro ministeri "chiave" del Governo Conte - Il Corriere del Giorno

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Il presidente Mattarella vigilerà sulla scelta dei quattro ministeri "chiave" del Governo Conte - Il Corriere del Giorno
Il presidente Mattarella vigilerà
sulla scelta dei quattro ministeri
"chiave" del Governo Conte
ROMA – Ieri più di qualcuno si aspettava e prevedeva che il presidente
della Repubblica Sergio Mattarella sarebbe uscito dalla sala delle
consultazioni e facesse una dichiarazione anche lui nella loggia alla
Vetrata , dopo il discorso d’investitura pronunciato dal premier
incaricato Giuseppe Conte . In realtà è più probabile, secondo fonti
ufficiose del Quirinale che il capo dello Stato potrebbe concedersi
una dichiarazione pubblica agli italiani       per spiegare quanto è
successo,   martedì o mercoledì, cioè quando si prevede che Conte
sciolga la riserva, se riuscirà a mettere d”accordo i turbolenti
esponenti politici della nuova maggioranza, consegnandoli la lista
dei ministri.

Parlare prima di questo passaggio avrebbe potuto alimentare l’equivoco
, e c’era già qualcuno pronto a strumentalizzare le sue parole,
sostenendo che il governo che si cerca di mettere in piedi, sarebbe
un governo del presidente, mentre si tratta di un governo politico.
Del quale “l’Elevato” (cioè Conte) come l’ha raffigurato Beppe Grillo,
ha piena responsabilità, e questa volta senza doverla condividere con
due vicepremier rissosi, assumendo le vesti di un notaio che si
limitava a fare il garante di un contratto (altra anomalia della
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politica italiana) stipulato da altri.

Ora tocca te, cammina sulle tue gambe cerca di costruire un progetto
alto e convincente… non sarà facile, ma puoi farcela, È questa la
chiave di lettura necessaria per interpretare l’incitamento dopo
un’ora di colloquio fatto dal presidente       Mattarella al premier
dimissionario-incaricato Conte, Un saluto antiemotivo e laconico e,
com’è ormai consolidato nello stile presidenziale.

Incitamento e parole questa che il premier ha interpretato con
orgoglio, con un manifesto programmatico di Governo molto apprezzato
dal capo dello Stato, che l’ha seguito e condiviso in diretta tv nel
suo studio al Quirinale. A partire dall’autodefinizione finita nei
titoli di tutti i siti, in cui mutuava un concetto caro al Quirinale:
“Il mio non sarà un governo contro, ma un governo per“», ricordando
che questo “è il momento del coraggio“, sopratutto il suo, seguendo
quindi sino in fondo il senso dell’augurio del presidente Mattarella .
Nel discorso di Conte rincorrevano parecchi altri concetti del capo
dello Stato, come che fossero stati dei di suggerimenti dall’alto:
l’atlantismo da confermare, il rapporto con l’Europa da riannodare e
l’emergenza sui conti pubblici. Così come anche il passaggio su alcuni
temi divisivi come l’ immigrazione, le grandi opere e le autonomie
differenziate, sembrava provenire dai consigli di prudenza di chi ha
lunga esperienza.

Riferimenti e omissis di un programma di Governo che il premier
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incaricato Conte ha già cominciato ad approfondire con il Movimento 5
Stelle ed il    Partito Democratico, “con la consapevolezza     delle
difficoltà ma determinato“, come l’hanno descritto sul Colle. I veti
contrapposti, le pretese e richieste e le compensazioni fra i du
partiti emergeranno dalla composizione finale della compagine
ministeriale, sulla quale vi sarà una ferrea sorveglianza da parte di
Mattarella, al quale spetta    la decisione finale secondo i poteri
conferitigli dalla Costituzione     . In questo momento delicato i
ministeri di peso e quindi “critici”, sui quali Mattarella è pronto e
disponibile ad offrire pareri anche preventivi, sono      la Difesa,
l’Economia, gli Esteri, e l’Interno.

L’ “avvocato del popolo” Conte dovrà invece risolvere da solo il
problema del vicepremier, sul quale circola una doppia versione (cioè
com’era nel governo Lega-M5S ), un solo vice o addirittura senza
vicepremier. In questo caso, una certa responsabilità è nelle mani
capo politico grillino Luigi Di Maio, sopratutto per la gestione delle
possibile conseguenza del referendum sulla piattaforma Rousseau (che a
sua volta dipende molto da come verranno posti i quesiti alla base
grillina) , tutto è appeso alle smanie del e alle capacità negoziali
del premier incaricato.

Quindi come emerge chiaramente la scommessa di Conte è piena di
ostacoli ed incognite. Senza escludere un rischio davvero pericoloso,
e cioè che alla prova del voto di fiducia in Aula , che il Quirinale
ha ipotizzato per per venerdì prossimo, ed il giorno precedente il
giuramento dei ministri, ci sia chi possa conquistare o condizionare
il voto contrario di qualche dissidente. Che non sono pochi. In una
pazza crisi nella quale Matteo Salvini lancia minacce con un “non vi
libererete di me”, convocando una manifestazione di piazza a Roma,
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allora come sempre in politica tutto è possibile.

Come in tutti i casi misteriosi, è dal finale che si capisce realmente
la trama. In questo caso, il finale è rappresentato dal crescendo di
“endorsement”, cioè dichiarazioni pubbliche di favore, che hanno
sostenuto Conte nella sua risalita al Quirinale. Quelle di Donald
Trump aggiuntesi a quelle più scontate europee di Angela Merkel e di
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, hanno
ampiamente contribuito a scrivere il finale glorioso del nuovo premier
descritto come “uomo circondato dal rispetto internazionale”. Ma
quanto valgono realmente queste lodi?

Un tweet che loda con un errore di spelling un “Giuseppi Conte”, la
dice lunga sul grado di conoscenza fra i due leader, in realtà non è
granché come riconoscimento. E’ uno strumento per altro su cui Trump
si sfoga personalmente e spesso casualmente, contraddicendosi come
capita, anche su temi serissimi, come la Corea del Nord e la guerra
dei dazi con la Cina. Le lodi andrebbero in realtà alla bravura del
nostro ambasciatore Varricchio a Washington e al diplomatico
Eisenberg, che rappresenta gli Usa a Roma. Ma è un nostro sospetto.
L’Italia e Conte vengono citate insieme a Germania e Commissione Ue.
Ed anche in questo caso vanno fatti complimenti ai comunicatori di
Palazzo Chigi, e bisogna riconoscere merito al sempre bistrattato
Rocco Casalino, che allo stato dei fatti è l’unico autore del Conte
bis. Come si vede quello di Trump si tratta di un vero e proprio
make-up per il premier in pectore.

La “piccola” Italietta in politica ha sempre cercato e sfruttato il
“riconoscimento” dei leader stranieri. Un riflesso condizionato, senso
mai curato di nostra inferiorità nell’Occidente del dopoguerra, che ci
accompagna dai comunisti dei tempi d’oro, che nonostante il
riconoscimento di Berlinguer dell’ “ombrello Nato” in una intervista
rilasciata nel 1976 a Giampaolo Pansa, dovette sudarsi il rapporto
con Washington, passando per Andreotti, Craxi. Passione per i
riconoscimenti condivisa da due super nemici – Enrico Letta e Matteo
Renzi – che non hanno mai smesso di lavorare a questo consenso.
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Il consenso internazionale oggi intorno a Conte non è quindi
esattamente un abbraccio che ci impressiona. Emerge in tutte queste
lodi, la prova di un disegno politico, che parte dall’Europa. Nella
nuova Europa post elezioni, Merkel e von der Leyen, eletta presidente
grazie   ai voti di M5s e Pd, guidano un diverso approccio, una
operazione a trazione tedesca, costruita a tavolino, per arginare il
fronte sovranista tanto caro a Salvini ; una strategia internazionale
mirata a favorire l’affermazione in Italia di un Governo moderato, e a
maggiore ispirazione sociale.

Conte, col suo carisma di provincia, e la sua estrema adattabilità
politica e psicologica, la sua mancanza di ideologia tutte attitudini
queste che lo hanno portato a navigare da “garante” della Lega a
simpatizzante della sinistra dell’ultima ora.      Il suo discorso in
Senato contro Salvini è il perfetto strumento per il nuovo passaggio
politico che l’Europa e le classi dirigenti euronazionali vogliono per
l’Italia.    La sua gloriosa salita al Quirinale di ieri mattina
dell’ormai ex “Avvocato del popolo” , ed il favore dello spread che l’
ha accompagnata, è solo la conclusione, il sigillo di questo percorso.

Chi   ha sperato e    fin qui tifato per il voto invece che per
l’accordo, è ancora sempre di più convinto che le urne sarebbero state
un passaggio migliore per creare una svolta in Italia. I partiti
avrebbero potuto contare le loro reali forze, e avrebbero soprattutto
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condiviso con i cittadini italiani il peso di una trasformazione di
fase così incerta. E avremmo avuto un premier “vero”, invece di un
Avvocato arrivato al bis senza mai essere stato votato dagli italiani.

La doppia faccia di Giuseppe Conte

                                  ROMA – In un Paese civile e
rispettoso della legalità il premier dimissionario Giuseppe Conte non
sarebbe mai arrivato alla guida del Governo. Ma in Italia, si sa tutto
è possibile. Tutto ed il contrario di tutto. A partire dai conflitti
d’interesse, dalla bionda e più giovane consorte Olivia Palladino che
era stata “beccata” per aver trattenuto oltre due milioni di euro di
tasse di soggiorno da pagare al Comune di Roma riscosse dai clienti
del suo hotel il “Plaza” di Roma nella centralissima via del Corso,
una volta quartier generale del compianto ministro socialista Gianni
De Michelis.
Per poi arrivare al suo curriculum vitae poco credibile e sbugiardato
dal “fact-checking” dei colleghi dell’ Agenzia AGI. Senza dimenticare
 i presunti rapporti di Conte con il giurista e avvocato Guido Alpa,
che per anni è stato consigliere di Banca Carige ed oggi è consulente
di Raffaele Mincione, il finanziere e uomo d’affari entrato nella
banca genovese un anno fa con il 5,4% e attualmente azionista
dell’istituto. E poi ci sono i presunti rapporti tra il Presidente del
Consiglio e lo stesso Mincione. Conflitti di cui adesso si sta
occupando l’ Authority Antitrust.
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“Nessun conflitto di interessi, rinuncio alla cattedra esclusivamente
per una sensibilità personale” aveva dichiarato il premier Giuseppe
Conte in una diretta su Facebook, dopo una giornata piena di polemiche
sul suo rinvio della prova di inglese per il suo trasferimento
all’Università La Sapienza di Roma. “Si è detto addirittura che
cercavo un dopolavoro non confidando sulla durata di questo governo:
fatevene una ragione, lo dico a tutti gli oppositori, questo governo
durerà 5 anni“, aveva poi aggiunto il presidente del Consiglio,
smentito dai fatti, data la durata di appena un anno del suo governo !
Pochi ricordano che      Giuseppe Conte non aveva rinunciato al
concorsoper la cattedra di diritto privato all’Università La
Sapienza di Roma. Il presidente del Consiglio dei Ministri, ordinario
a Firenze ma in aspettativa non retribuita dopo l’assunzione
dell’incarico di governo, avrebbe infatti chiesto e ottenuto di
rimandare il test di inglese legale a cui dovrà sottoporsi insieme
agli altri candidati. Conte aveva fatto domanda per il concorso alla
cattedra del primo ateneo romano nel febbraio 2018, pochi mesi prima
di diventare il capo del governo di Lega e M5S. Una volta assunto
l’incarico istituzionale, però, potrebbero sorgere questioni legittime
di opportunità e conflitti di interessi.
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In quanto capo del governo, Conte avrebbe infatti dei poteri di
gestione dei fondi di un’università pubblica, dalla cui commissione
giudicante dovrebbe essere valutato. Il suo mentore Guido Alpa, l’uomo
che ha lasciato la cattedra per cui ora concorre anche il premier,
negava però queste ipotesi: “Non deve rinunciare, è preparatissimo e
non sta infrangendo alcuna norma“. Resta da capire se la
partecipazione di Conte al concorso fosse conforme a tutte le
stringenti norme, nazionali e interne a La Sapienza, che mirano a
evitare corruzione e conflitti di interessi. La candidatura di Conte
era stata valutata il successivo primo agosto e il 4 settembre dalla
commissione esaminatrice, che però, in maniera anomala e inusuale, non
ne aveva dato conto sul sito dell’ateneo.
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Conte era un illustre
sconosciuto quando il primo giugno del 2018 venne nominato premier.
Professore di diritto privato con più di qualche sospetto sulle
cattedre ottenute e la conseguente accusa di essere un giovane
“barone”. Un curriculum gonfiato (in perfetto stile M5S) a proposito
dei suoi dichiarati studi alla New York University dove, giurano e
smentiscono gli americani, non lo hanno mai visto. In realtà a
Giuseppe Conte pesava più della scarsa popolarità , di dover stare
sempre un passo indietro al premier di fatto, cioè Matteo Salvini. E
di bocconi amari deve averne ingurgitati molti. Non è stata una nota
di merito averli sputati fuori il 20 agosto al Senato, persino
esagerando, nella consapevolezza che il suo Governo era arrivato al
capolinea.
L’Avvocato del “Popolo”…. professor Giuseppe Conte in cuor suo
immagina un ritorno trionfale a Palazzo Chigi, riconfermato premier,
anche perché il M5S non ha altre figure in grado di ricoprire quel
ruolo. Ci ha preso gusto piano piano, questo lo abbiamo capito, ma in
realtà l’unico cambiamento sicuro e realmente apportato dal precedente
Governo sarà quello subito da Conte sfiduciato dal suo alleato e
vicepremier Matteo Salvini.
Giuseppe Conte si è scrollato di dosso la fastidiosa versione di
rappresentare a stento l’ombra di un premier, fino al discorso in
Senato contro Salvini. Mentre i giornali scrivevano che Conte era in
buona sostanza al servizio del “Capitano” della Lega, più il premier
indicato e voluto dal M5S covava una rabbia nascosta e più che
profonda. Il difetto di Giuseppe Conte ? “È troppo ambizioso” parole
queste pronunciate da suo padre Nicola, ex segretario del Comune di
Volturara Appula, in provincia di Foggia, paese natale del premier
uscente e quasi sicuramente rientrante. Insomma, uno che lo conosce
bene come suo padre che sa qual è il suo punto debole. Un’ambizione
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però non esibita e manifesta, a volte apparentemente timida. “Dica la
verità dottore — si è lasciato andare qualche settimana fa durante un
colloquio telefonico con un giornalista — anche lei sta diventando
contiano“.
Diciamo la verità, Giuseppe Conte non è quello che è andato in Senato
sei giorni fa a cantargliele in faccia a Salvini. Il vero Giuseppe
Conte in realtà è quello che negli ultimi 14 mesi è stato sempre zitto
davanti a tutte le iniziative dei suoi “vice” Di Maio e Salvini. E no,
non conta il fatto che abbia “rimproverato” o “ripreso” Salvini in
privato. In primo luogo perché nessuno se ne è accorto, in secondo
luogo perché non è servito a nulla.

Il suo tentativo di dare lezioni sulla religione emerso anche nel
discorso al Senato quando ha bacchettato Salvini per i suoi bacetti al
crocefisso. è risultato vano. E’ stato lo stesso Conte che ha
mostrato il santino di Padre Pio a Bruno Vespa in televisione a
“Porta a porta” .
È davvero cambiato Giuseppe Conte, che da millantato “Avvocato del
Popolo” in questi ultimi mesi non ha speso una sola parola sugli
attacchi pretestuosi del M5S prima e della Lega poi al PD definito “il
partito di Bibbiano”. Ma per capire bene quanto Conte sia dobbiamo
tornare indietro a quel 5 giugno del 2018 quando il premier incaricato
si presentò al Senato per chiedere la fiducia, ed in quella
circostanza Conte rivendicò come le due forze di maggioranza (M5S e
Lega) fossero orgogliosamente “populiste” ed “anti sistema”. Conte
promise di promuovere una revisione (mai realizzata) del sistema delle
sanzioni alla Russia, ed annunciò che il suo governo avrebbe “chiesto
con forza il superamento del Regolamento di Dublino“.
Ma anche in questo caso il Governo Conte non mosse un dito, anzi il
premier presentò una multilevel strategy per l’immigrazione affatto
innovativa. E finì poi per approvare non una ma due versioni del
Decreto Sicurezza, diventati il fiore all’occhiello di Salvini.

Matteo Salvini e Giuseppe Conte: faccia a faccia

Un Conte a due facce. Inizialmente figura di sfondo e contorno dei
vicepremier Di Maio e Salvini occupavano senza scampo la scena, mentre
lui era “ostaggio” delle esternazioni di Rocco Casalino, mentre adesso
cerca di riciclarsi come “capo” dell’anti-sovranismo. Eppure era l’8
settembre del 2018 quando Conte in occasione di un incontro pubblico,
parlando della vicenda sul sequestro dei fondi della Lega (quei 49
milioni di soldi pubblici che la Lega Nord di Umberto Bossi, Belsito e
Roberto Maroni hanno fatto sparire,      disse: “Vi confesso, se non
avessi fatto il premier mi sarei offerto alla Lega per difenderli, per
mettere al loro servizio la mia esperienza professionale. Per me
sarebbe stato stimolante e non lo dico per offendere i legali che se
ne occupano”.
Non sono bastati 40 minuti, peraltro ben recitati da vero “attore” di
aule di giustizia, per far cambiare idea su di lui e sul suo futuro.
In politica non basta un discorso di attacco sfrontato, pronunciato in
faccia all’interessato guardandolo negli occhi, per valutare una
persona.    Forse può servire nel territorio dei social e del
movimentismo grillino probabilmente. Conte ha dimenticato di essere
stato a modo suo, più “sovranista” (senza le dirette su Facebook che
piacciono così tanto a Di Maio e Casalino) quando a luglio replicava
ad Angela Merkel su Carola Rackete, la comandante della Sea Watch
dicendole: “Se la Germania si lamenta per il trattamento ricevuto
dalla capitana noi siamo in attesa dell’estradizione dei manager della
ThyssenKrupp“.    Qualcuno spieghi al “civilista-amministrativista”
Conte che basta un mandato europeo di cattura per superare il problema
estradizione.

Conte ha sostenuto e firmato i decreti sicurezza 1 e 2 presentati dal
ministro dell’ interno e vicepremier Matteo Salvini . Per il primo
decreto si è speso mostrando un cartello a uso dei fotografi. E stava
accanto a Salvini. Per il secondo, quello ancora più “rigido” su Ong e
immigrazione, firmandolo senza alcun esitazione. Si è presentato in
Senato per difendere il leader leghista sul “caso Moscopoli” che sta
per sciogliersi come neve sotto al sole, per coprirlo come ha
rinfacciato lui stesso in Senato il giorno delle sue dimissioni. E
quindi ? Aveva ragione Emma Bonino quando gli ha detto che non avrebbe
dimenticato i 14 mesi trascorsi a Palazzo Chigi cavalcando il
“sovranismo”. Conte ha cercato modi giustificarsi sostenendo di aver
provato a contenere Salvini tante volte . Senza dirlo, senza fare
niente di concreto e senza ammettere di non esserci riuscito.
Il problema non è che un avvocato voglia difendere la Lega, anzi
sarebbe assolutamente normale e legittimo esercitare la propria
professione. Il punto è che il Presidente del Consiglio abbia ritenuto
necessario far sapere che lo avrebbe fatto. Ma in fondo si arriva ad
oggi, e si scopre che quello che è cambiato (grazie all’esperienza di
governo) è proprio lui: Giuseppe Conte. Qualcuno potrebbe chiedergli
cosa non rifarebbe di questi 14 mesi.
Ma la vera domanda è: Conte che cosa ha fatto per 14 mesi?
Di tutto di più …

         Mentre il governo porta avanti la propria battaglia contro il
diesel ed in favore della mobilità sostenibile, durante una guida con
la giornalista del Tg2 Motori Maria Leitner arriva l’ennesimo
#epicfail del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo
Toninelli

“Che auto utilizzo? Io ho una Golf a Gpl del 2007… poi con mia moglie
abbiamo appena comprato una Jeep Compass”. Motorizzazione?, chiede la
giornalista. Panico: “Ehm, motorizzazione… DIESEL… lo so dottoressa,
non rimedierò mai a questo errore“.

         Il Cav. Silvio Berlusconi durante una tappa elettorale in
Basilicata, in vista delle prossime regionali

“Ancora un italiano su due ha fiducia in questo governo. Svegliatevi,
aprite gli occhi e domandatevi: sono coglione o sono una persona
intelligente? Risposta: SONO UN COGLIONE“

        Matteo Salvini durante la sua festa di compleanno

“Da ragazzo avevo tre poster in cameretta: Umberto Bossi, Franco
Baresi – che non ha mai tradito la maglia, come me in politica – e
Miriana Trevisan, che poi l’ha saputo e si è detta schifata… vabbè, fa
niente” (fonte: Corriere della Sera)

        La giornalista “sovranista” Maria Giovanna Maglie su Greta
Thunberg, la 16enne svedese diventata simbolo delle proteste mondiali
contro il cambiamento climatico

“Greta è malata di autismo, e a quel punto politically correct e
buonsenso mi vietano di dire quello che avrei detto se fosse stata
sana: l’avrei MESSA SOTTO con la macchina! Se po’ dì?” (fonte: Un
Giorno da Pecora, Rai Radio 1)

        Rita Pavone ed il Sen. Alberto Bagnai

La cantante: “Quella ‘bimba’ con le treccine che lotta per il cambio
climatico, non so perché ma mi mette a disagio. Sembra un personaggio
da film horror...”. Risponde il senatore leghista: “Lo è”... ( fonte:
Twitter )

        Gerarda Russo candidata leghista alla carica di consigliere
regionale in Basilicata, durante un comizio, risponde ai contestatori
che gridavano “Fascisti! Fascisti!”

“Se fascista vuol dire essere a favore del popolo allora IO SONO
FASCISTA!“

Antonio Tajani dixit

         “Mussolini, fino a quando non ha dichiarato guerra al mondo
intero seguendo Hitler, fino a quando non si è fatto promotore delle
leggi razziali, e a parte la vicenda drammatica di Matteotti, ha fatto
delle COSE POSITIVE. Per realizzare infrastrutture nel nostro paese,
per effettuare le bonifiche… Bisogna essere onesti: ha fatto strade,
ponti, edifici, impianti sportivi, ha bonificato tante parti della
nostra Italia… se uno dà un giudizio storico deve essere obiettivo.
Non era un campione della democrazia, ma certamente alcune cose si
salvano e sono state fatte, perché bisogna dire sempre la verità,
altrimenti saremmo disonesti nel dire ‘no non ha fatto nulla‘. Ha
fatto le strade? Sì. Ha fatto le infrastrutture? Sì. Ha fatto
l’istituto per la ricostruzione industriale? Sì. Ha fatto gli impianti
sportivi? Sì, è vero“

        Il messaggio dell’eurodeputata Alessandra Mussolini
“Se proprio devo dire una cosa a Tajani, lo dico alla romana: ‘BELLA
FRATÉ’” ( fonte: Adnkronos)

         Dopo le feroci critiche piovutegli addosso da tutta
Europa, Antonio Tajani esponente di Forza Italia si scusa
giustificandosi così, in un’intervista

“Io sono antifascista, il mio era un giudizio storico, quello che
danno gli studiosi. Ho sbagliato con l’italiano forse…” (fonte:
Repubblica)

Carlo Trerotola candidato presidente del centrosinistra in Basilicata,
durante un comizio

        “Non ho mai fatto politica, non sono mai andato ai comizi se
non a quelli di Giorgio ALMIRANTE. Ogni tanto lo ascolto anche adesso,
ma non è una scelta politica…”. E al quotidiano La Stampa, nei giorni
successivi alle polemiche: “Ma qual è il problema? Io ascolto i
discorsi di Almirante, come mi capita di ascoltare i discorsi di Aldo
Moro, o di Enrico Berlinguer. C’erano cose buone da una parte e
dall’altra…”

M5s Basilicata

         “Regionali in Basilicata, il M5s copia il programma elettorale
dalla rivista della Fondazione D’ALEMA. La scoperta di Tpi (The Post
International) mette a confronto stralci della proposta Cinquestelle
ripresi da un articolo scritto nel 2008 dal dalemiano Busilacchi, ex
Pd passato in Mdp. Un copia-incolla senza remore di interi paragrafi,
ripresi senza citazioni né fonti” (fonte: Repubblica.it )

         Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha risposto alla
domanda di una giornalista riguardo all’attentato in due moschee a
Christchurch, in Nuova Zelanda, compiuto dal suprematista bianco
Brenton Tarrant
“L’unico estremismo che merita di essere attenzionato è quello
islamico“

        Lo psichiatra italiano Alessandro Meluzzi ha una “teoria”

“Io voglio capire cosa c’è dietro questa Internazionale del
Suprematismo Bianco, perché credo che dietro tutto questo ci sia anche
una volontà evidentemente di pilotare in una grande campagna
elettorale planetaria per le elezioni europee. E so quello che dico.
Per esempio la presenza del nome di Traini su quel mitragliatore lì è
assolutamente ingiustificata. Quando io voglio portare una mandria di
bisonti a svoltare a destra, sparo a sinistra: dietro questi
suprematisti c’è un disegno, cioè portare all’esasperazione,
sputtanare i SOVRANISTI nel mondo, questo è assolutamente certo”
(fonte: La Zanzara, Radio 24)

        La ministra francese per gli Affari europei Nathalie Loiseau

“Ho chiamato il mio gatto ‘Brexit‘ perché mi sveglia ogni mattina
miagolando forte per chiedere di uscire, ma poi quando apro la porta
rimane lì fermo, indeciso se andare fuori”

         Durante un intervento alla Camera il deputato M5s Riccardo
Olgiati pronuncia in modo errato “Westminster”, sede del Parlamento
inglese

“E attendiamo gli sviluppi che il parlamento sovrano di UESTMAINSTER
decida…“

        Il dibattito era incentrato sulle offese pronunciate da un
professore di un liceo di Genova all’indirizzo di Vladimir Luxuria
(“Trans pervertiti”). E qui scatta l’analisi semantica di Vittorio
Feltri direttore di Libero…

“È assurdo, oramai non si può parlare come si parlava una volta, non
si può più dire ‘negri’, ma bisogna dire ‘neri’. Poi se trovi un
negretto, lo devi chiamare ‘nerino‘. Io parlo come parla la gente
normale, che dice ‘froci‘ o ‘ricchioni‘ in riferimento ai gay. Se uno
lo chiami ‘gay‘ o ‘ricchione‘, poi non cambia le sue abitudini: rimane
sempre uno che, quando fa la pipì, la fa seduto. Dove è il problema?
Ma chi se ne frega dei termini… che poi a me non frega un cacchio, se
la facciano anche addosso” (fonte: Non è l’Arena, su La7 )

         L’ex segretario Pd a Pierluigi Bersani nticipa i contenuti
del Documento di Economia e Finanza che il governo Lega-M5s, tra
molteplici difficoltà, sta per redigere

“Nel Def ci sarà scritto buongiorno, buonasera, w la mamma, w il papà,
w lo zio” (fonte: Di Martedì, La7)

        Giorgia Meloni vs. Virginia Raggi

La leader Fdi: “Il comune di Roma ha cancellato la storica scritta del
1948 ‘Vota Garibaldi’. Dopo gli ultimi deliri per vietare una via ad
Almirante e cancellare quelle intitolate a ‘esponenti’ del ventennio,
forse la Raggi avrà scambiato #Garibaldi per un fascista...”. Replica
la sindaca 5 Stelle: “No @GiorgiaMeloni, i fascisti li riconosco”
(fonte: Twitter )

         Imane Fadil, una delle testimoni chiave del processo Ruby a
Silvio Berlusconi , è deceduta dopo oltre un mese di degenza
all’Humanitas di Rozzano. Ipotesi: avvelenamento o malattia rara

Berlusconi : “Tra le tante persone che sono venute ad Arcore, non la
ricordo”. E Federico Cecconi, legale dell’ex premier: la morte della
32enne marocchina “dal punto di vista tecnico-processuale NUOCE alla
difesa di Berlusconi, perché noi non possiamo procedere con il
controesame” (fonte: il Giornale )

        Emilio Fede intervistato sulla morte di Imane Fadil
“Sono dispiaciuto, questa per me era una brava ragazza, l’avevo pure
chiamata come mia testimone nel processo. Sì, perché raccontasse la
verità: cioè che io non avevo assistito a nessuna scena orgiastica”
(fonte: il Corriere della Sera)

        Il retroscena sul vicepremier Luigi Di Maio

L’altro giorno, a Palazzo Chigi, arriva la notizia dell’ennesima
sparata di Matteo Salvini. Vuole la Tav, la vuole e basta. Il
vicepremier Di Maio lo viene a sapere dal suo staff, e dopo pochi
secondi esplode: “Quello ha chiuso con me! Capito? Chiu-so! Chiu-so!
Chiu-so! Vuole fregarmi? Ma sono io che frego lui! Gliela faccio
diventare un incubo la storia della Diciotti!” (fonte: Corriere della
Sera )

         Il sottosegretario agli Esteri del M5S Manlio Di Stefano
ospite di Un Giorno da Pecora (Rai Radio 1)

“Di Battista? Siamo amici dal 2001, ci sentiamo spesso e ci siamo
sentiti anche ieri, è molto tranquillo. Perché è sparito dalla tv?
Avrà le sue ragioni. Credo a giugno andrà in India e la girerà tutta”

         Lo sfogo, durante l’audizione in commissione di Vigilanza Rai,
di Carlo Freccero direttore di Rai 2

“Per il programma ‘Povera patria‘ è sbagliato il venerdì, ma me lo ha
imposto il coordinamento! Io lo volevo al mercoledì! Queste sono le
cose che non sapete! Cioè… io… cioè… da voi… VESPA ancora comanda in
Rai e decide di non avere sovrapposizioni! E io mi sono dovuto
inchinare come altre volte… Finalmente mi sono scatenato in questa
psicanalisi, anche se già so che la pagherò“.

         Il messaggio che Rocco Casalino il portavoce del premier
avrebbe inviato a tutti i giornalisti, (ma Casalino smentisce)
“Domani Di Maio va con la sua fidanzata al teatro dell’opera a Roma“.
Mittente: Rocco Casalino (fonte: Dagospia )

        La precisazione della giornalista Virginia Saba nuova compagna
del vicepremier Di Maio

“La cultura è la nostra salvezza e va sostenuta. Ed è dunque con gran
piacere che venerdì io e Luigi abbiamo acquistato due biglietti A
PREZZO PIENO per il Teatro dell’Opera”   (fonte: Facebook )

         L’ex parlamentare di centrodestra   Nunzia De Girolamo
annuncia sui social

“ UFFICIALE: SONO A BALLANDO CON LE STELLE    Ora è ufficiale: sarò
una concorrente di @Ballando_Rai! Il mio maestro sarà @Raimondo_Todaro
  Seguitemi e soprattutto, votatemi ”

        Il vicepremier e leader leghista Matteo Salvini , replicando
ad alcuni contestatori durante un comizio in Basilicata

“Ragazzi non vi si sente, non ci sono più i contestatori di una volta…
L’uovo sbattuto al mattino per farvi sentire! Prendete più uovo
sbattuto e fatevi meno canne”. E su Twitter, rilanciando
orgogliosamente il video: “Ai kompagni ho consigliato meno canne, più
uovo sbattuto! Ho fatto male??? ”

Tav: Di Maio perde, Salvini non
vince. Il trucco per arrivare alle
europee
di Tommaso Ciriaco

Chi vince, chi perde, chi bluffa? Bisogna scarnificare all’osso la
propaganda dei mastini forgiati dalla Casaleggio associati. Scacciare
gli illusionismi. E aggrapparsi all’unico dato certo: i bandi per la
Tav partiranno, identici a come sarebbero partiti se in queste
settimane Giuseppe Conte e Luigi Di Maio si fossero occupati solo
della recessione anziché della Torino-Lione. E allora, di nuovo: chi
ride per non piangere? Perdono i Cinquestelle. Nonostante lo spin di
Palazzo Chigi, non c’è alcun rinvio dei bandi.

Il vicepremier deve ingoiarli, anche se con la promessa scritta di
“rivedere integralmente l’opera“. Chissà quando, chissà come, chissà
perché non subito per decreto. Ottiene quanto richiesto Matteo
Salvini, ma esce comunque con le ossa rotte, presentando
all’elettorato del Nord una grande opera come fosse un progetto semi-
clandestino. Vince Giuseppe Conte, lui sì, se può dirsi vittoria aver
stracciato una promessa storica del Movimento, “No Tav o morte!“,
senza crisi di governo. E incassando pure il sentito ringraziamento
degli sconfitti.

C’è del talento in chi gestisce da Palazzo Chigi gli assalti a vuoto
di Luigi Di Maio. Lo dimostra il retroscena delle ultime ore. Nella
notte di venerdì, sul tavolo del premier finiscono le relazioni dei
suoi esperti legali e i focus di marketing politico dello staff di
Rocco Casalino . La stella polare del team è il “capolavoro di
dicembre” – lo chiamano ancora così – quel tocco di genio che
trasformò il deficit in manovra dal 2,4% al 2,04%, per nascondere la
sconfitta con l’Europa. Il risultato è la “soluzione tecnica“, un
cavillo di cartone che risolve lo stallo. Nient’altro che un
escamotage linguistico per camuffare il via libera ai bandi.

Avis de marchés, ecco il jolly di Conte. Da avvocato, il premier
chiede ai suoi di rispondere a una domanda: come far partire i bandi
senza ammettere di averlo fatto? Non chiamandoli bandi, ecco tutto.
Aggrappandosi al sinonimo in francese, avis de marchés appunto,
“avvisi di gare“. Né più, né meno di quanto Telt aveva già indicato
come soluzione per non perdere i trecento milioni di finanziamenti
europei. Compra sei mesi di tempo – anche questo, tutto già previsto
nella tabella di marcia tracciata dalla società il 18 dicembre scorso
– rimandando le decisioni finali a dopo le Europee.

Nelle stesse ore, e siamo a ieri mattina, Di Maio si attrezza per la
ritirata. Appena Conte rende nota la missiva, il grillino plaude. Ha
drammatizzato al massimo la battaglia per tenere buoni gli ortodossi,
adesso è l’ora di piegarsi alla realtà. Anche lui compra tempo,
sapendo che pure una buona parte degli elettori 5S del Nord Ovest,
assicura un ultimo sondaggio Swg, sono favorevoli alla mini Tav: 35%
contro 34%. Non può ancora dirlo, ma è l’orizzonte finale dell’opera,
tunnel di base compreso.

Ora è però il tempo di esaltare una vittoria che non c’è. L’unica arma
proposta per giorni da Di Maio a Conte, un decreto per fermare la
Torino-Lione, resta un triste foglio bianco. Soltanto il Pd, con
Graziano Delrio e Sergio Chiamparino, interpreta la novità come un
trionfo a cinquestelle. “La lettera è chiara, il governo blocca le
opere“. Il dem Michele Anzaldi dice il contrario. Tutto ruota attorno
alla voglia di mirare contro il vero competitor dei prossimi mesi,
Salvini, piuttosto che colpire un Movimento in crisi.

Salvini, si diceva. Si proclama vincitore. Difficile però sostenerlo
di fronte al proprio elettorato e all’immenso buco nero sul futuro
tracciato da Conte. Il gelo con Di Maio è polare. Ma la scelta del
vicepremier leghista è comunque quella di non infierire sull’alleato.
Nel sabato del suo compleanno, sveste la divisa della Polizia e mette
su quella dello statista per un giorno: “Nessuno vince o perde, la
Lega governa perché vincano gli italiani”. Da lunedì, però,
rivendicherà il via libera ai bandi e una certezza granitica: “La
Torino-Lione si farà“. Ripartirà un balletto tra gialli e verdi – “Tav
sì, no, boh” – fino al 26 maggio.

Dal giorno dopo le Europee si aprirà il secondo tempo della sfida. Con
“equilibri diversi”, è il ragionamento di Salvini, come potrà Conte
fermare l’opera? O anche solo “ridiscuterla integralmente“, se i
francesi accetteranno di limare al massimo i dettagli? Secondo il
premier, la svolta arriverà dopo un bilaterale con Macron, già
contattato ieri assieme a Juncker. In caso contrario, i 5S giurano che
si faranno “valere in Parlamento”. Sempre domani, sempre chissà. La
verità è che non potranno rivedere per legge il trattato che regola il
progetto, perché manca una maggioranza favorevole allo strappo.
Servirà un altro illusionismo, a quel punto. In linea con la profezia
che Conte confidava venerdì sera al suo staff nel pieno della bufera:
“Tranquilli, tutto si risolverà. C’è molto teatro in queste ore…”.

*editoriale tratto dal quotidiano La Repubblica
M5S, Rocco Casalino: "Sarti si è
nascosta dietro il mio nome". L'ex
compagno: "Falso, sapeva".

                                           ROMA – Il “caso” di Giulia
Sarti diventa sempre più imbarazzante per il Movimento 5Stelle. E
sopratutto per il loro capo della comunicazione        Rocco Casalino
attuale portavoce del presidente del Consiglio, che interviene sul
caso della deputata Giulia Sarti, coinvolta nella “Rimborsopoli” a
5Stelle. “Sarti si è probabilmente coperta dietro il mio nome con
l’allora compagno, se avessi saputo di questi ammanchi o di giri
strani l’avrei immediatamente riferito al capo politico e ai
probiviri. Io non tutelo i parlamentari, ma il Movimento, come sanno
tutti“, sostiene Casalino in una nota. Interviene sulla vicenda
 anche il vicepremier Luigi Di Maio. che è lapidario: “Giulia Sarti si
è dimessa dalla presidenza della Commissione Giustizia, e si
autosospesa. Ora il Movimento dovrà decidere l’espulsione, che credo
doverosa“. Nel frattempo però Casalino viene smentito         dall’ex
compagno della Sarti: “Ora fa lo gnorri ma sapeva”.

Il caso “Rimborsopoli” del M5S
Un caso complicato quello
di Giulia Sarti. Ieri aveva dichiarato: “Preciso che né Ilaria
Loquenzi (altra responsabile comunicazione M5S,      ndr ) né Rocco
Casalino mi hanno spinto a denunciare nessuno, ma si sono limitati a
starmi vicino“. Allora perché sono tirati in ballo Casalino e la
Loquenzi? E in cosa consiste lo scandalo dei rimborsi? Proviamo a
ricostruire i fatti.

Il caso era scoppiato nel febbraio 2018 quando – in seguito a un
servizio delle Iene – era emerso che alcuni parlamentari, tra cui
proprio la Sarti, non avevano restituito parte dello stipendio, come
invece previsto dal regolamento interno M5S. La Sarti non contenta… di
aver mentito, presentò una denuncia “strumentale” nei confronti del
suo ex-compagno Bogdan Andrea Tibusche accusandolo di appropriazione
indebita: Una denuncia a cui ha fatto seguito un’indagine della
Procura di Rimini, avviata un anno fa e che ora si è definita con una
richiesta di archiviazione per l’ ex compagno della Sarti . Dalle
indagini svolte secondo i magistrati, non fu lui a rubare soldi dai
conti della parlamentare riminese. Né tantomeno fu lui a impedirle di
restituire i rimborsi. La denuncia altro non è stato stata quindi che
soltanto uno squallido tentativo, da parte della deputata “grillina”,
di salvare la propria reputazione e probabilmente anche il suo
personale futuro politico.
Ilaria Loquenzi

Il coinvolgimento della Sarti di Casalino e Loquenzi

                                              Dalle chat verificate dai
magistrati di Rimini emerge che c’era un   accordo tra Sarti e il suo ex
compagno Bogdan Andrea Tibusche (che in    rete si fa chiamare Andrea De
Girolamo) per far ricadere su di lui la    colpa dei mancati versamenti.
Ma non soltanto. Secondo quanto riferito   dalla stessa parlamentare M5s
nella sua chat via Telegram con Bogdan, la richiesta di sporgere
denuncia nei suoi confronti sarebbe arrivata proprio dai responsabili
della comunicazione del movimento, Ilaria Loquenzi e Rocco Casalino.
“Le Iene hanno i nomi da mesi e mi hanno chiesto se denuncio te perché
mi stanno chiedendo come uscire da questa storia“(…) “me l’ha chiesto
Ilaria con Rocco. Per salvarmi la faccia…Cinque sono fuori ma ho detto
di no. Però tesoro è finita, ora devo restituire quei 23.500 euro.
Stasera ho parlato con la comunicazione. Domattina devo fare un post
su Facebook, avrò lo stesso trattamento di Cecconi e Martelli”.
Tibusche: “Io mi sparo”. Sarti: “No è inutile che fai così forza dai,
si affronta. Devo firmare il foglio in cui rinuncio ad essere eletta.
Cioè tutto il restituito non conta nulla?”. Tibusche: “Sono penosi mi
dispiace tesoro, sono a pezzi”. Giulia Sarti: “Devo scrivere un post
domattina e Ilaria lo controlla. Nei Tg è già uscito il mio nome
stasera. Mi stanno tempestando. Ora bisogna capire come tutelare Marco
e tutto il gruppo di Rimini. Faccio quello che mi ha detto Ilaria. Un
post su Facebook domattina” Poi arriva la denuncia e tra i due scoppia
la guerra.

                                         Nelle carte dei magistrati di
Rimini che hanno indagato e scagionato Tibusche dal reato di
appropriazione indebita in realtà viene alla luce il “mea culpa” della
deputata grillina. In una mail indirizzata a Luigi (Di Maio), la Sarti
scriveva: “La situazione è molto grave e io mi scuso per non averla
mai controllata prima di oggi (…) Ora ho 9mila euro sul mio conto ma
mi farò aiutare dai miei per fare domani mattina tutti i bonifici. Il
totale che manca è 23.443,81 euro“.
In una chat del 15 febbraio del 2018 tra Giulia Sarti e Casalino, che
pare dare ragione a quest’ultimo. “Sei sicura che sia stato lui? Sei
sicura al 100% della sua colpevolezza? Perché se denunci un innocente
commetti reato“, si legge in    messaggio inviato dal portavoce del
premier all’ex presidente della commissione Giustizia. Nelle chat, il
cui testo è stato visionato dall’Ansa, l’allora portavoce del M5S
chiedeva all’esponente pentastellata se fosse sicura della
colpevolezza dell’ex fidanzato. “Se è stato davvero lui è giusto che
denunci, ma se non è così stai facendo una cosa grave“, scriveva
Casalino in un altro messaggio inviato sempre il 15 febbraio dello
scorso anno.

Messaggi che si aggiungono a quelli scambiati dalla deputata 5 Stelle
con il suo ex e visionati dai magistrati riminesi. “Le Iene hanno i
nomi da mesi e mi hanno chiesto se denuncio te perché mi stanno
chiedendo come uscire da questa storia“(…), scriveva la Sarti via
Telegram. Tibusche: “Denunciare me… Te l’hanno chiesto le Iene?“. La
Sarti: “No no, me l’ha chiesto Ilaria con Rocco. Per salvarmi la
faccia…”

L’ex compagno della Sarti accusa Casalino

                                           A tenere aperto il “caso”
arrivano le accuse a Casalino dall’ex compagno di Sarti : “Ho letto
sui giornali che Casalino fa lo gnorri e scarica la Sarti. Sapete qual
è il bello? Il messaggio con il quale mi si informava che sarebbero
stati lui e Ilaria a spingere la querela, Casalino lo ha avuto
(screeshots), da me, il 15 febbraio del 2018. Ho sempre lo stesso
vizio: salvo e registro tutto. Non sapeva nulla fino ad oggi? Lo
sapeva eccome“. Tibusche lo scrive su Facebook, poi cancella il post.
Casalino si arrampica sugli specchi: “Non c’è stata alcuna richiesta
da parte mia, o di Ilaria Loquenzi, di denunciare l’ex fidanzato. La
Sarti all’epoca si proclamava innocente e scaricava tutte le colpe
sull’allora compagno. Se è così denuncialo“, ed aggiunge “Gentilmente
pubblichi cosa ti ho risposto“. Quindi apre il fronte alla lite
social. “Ma chi se ne frega? Perché non ti sei mosso un anno fa e lo
fai ora?“, domanda Tibusche. “Tu – obietta il portavoce del presidente
del Consiglio – avevi una tua versione. Lei una versione totalmente
diversa. Non spettava a me decidere di chi fosse la ragione. La cosa
più giusta era che fosse la magistratura a valutare“.

“Fare il finto tonto può funzionare con i più ma non con me. – contro-
replica l’ex compagno della Sarti – Tu oggi caschi dal pero accusando
lei ma di tutto questo eri a conoscenza da oltre 1 anno. E non hai
detto/fatto nulla. Qui non si discute sul cosa ma sul come. Il cosa
arriva dopo”. Il post (con tutto il botta e risposta) poi
all’improvviso sparisce, ma oramai è troppo tardi.

E le menzogne grilline continuano.

La grillina Giulia Sarti si dimette
da presidente della Commissione
Giustizia: aveva fatto una denuncia
falsa al fidanzato per nascondere i
suoi finti rimborsi
ROMA – “A seguito delle notizie riportate sulla stampa in merito alla
richiesta di archiviazione per la querela da me sporta nei confronti
di Andrea Tibusche Bogdan, annuncio le mie dimissioni da presidente
della Commissione giustizia della Camera e, a tutela del M5S, mi
autosospendo“. Così, in una nota, Giulia Sarti, deputato del M5S e
presidente della Commissione Giustizia. “Preciso che né Ilaria
Loquenzi né Rocco Casalino mi hanno spinto a denunciare nessuno, ma si
sono limitati a starmi vicino nell’affrontare una situazione personale
e delicata“.
A renderlo noto è la stessa deputata grillina, finita nella bufera nel
febbraio 2018 per il cosiddetto scandalo rimborsopoli, quando il suo
nome era comparso nell’elenco dei grillini finiti nel mirino per i
mancati versamenti al fondo per il microcredito, destinato a piccole e
medie imprese. Esploso il caso, la Sarti aveva sistemato subito la sua
posizione con il MoVimento, versando le somme dovute, circa 23mila
euro. Ma il passo successivo era stato quello di denunciare l’ex
fidanzato, imputando a lui non solo i bonifici mancati, ma anche
l’appropriazione di altre somme dal suo conto corrente. Tutto falso !

La deputata Giulia Sarti, non ha avuto vita facile nel movimento 5
Stelle. Entrata in Parlamento nel 2013, circondata dai sospetti: era
stata la fidanzata di Giovanni Favia, cacciato l’anno prima dal
Movimento, ed era considerata vicina a Federico Pizzarotti. Nel 2013,
quando alcune sue foto private e intime vengono scaricate e diffuse,
si accusano fantomatici «hacker del Pd». Poi Angelo Tofalo (componente
del Copasir) le suggerisce di usare le competenze di Bogdan. Il quale
all’epoca si faceva chiamare Andrea De Girolamo e dal suo canale
Social Tv diffondeva bufale, alcune a sfondo razzista.

Per la Procura di Rimini la deputata M5s Giulia Sarti non fu
‘derubata’ dall’ex fidanzato Andrea Tibusche Bogdan, 32enne consulente
informatico di origini romene, alias Andrea De Girolamo che ha
rilanciato a muso duro: “Vedremo come va a finire perché la verità è
tutta un’altra, usciranno diverse conversazioni e forse non vi
conviene esporvi ora. Vedrai che fine fa la querela. Vedrai i messaggi
e le email, io in pubblico non rilascio nulla ma dritto in procura,
perché ho un brutto vizio: Andrea De Girolamo“. La Sarti ostentava
“massima tranquillità“, ma la questione si è tramutata in una resa dei
conti personale, senza esclusione di colpi. E l’ ex-fidanzato ha avuto
ragione e sbugiardato la parlamentare grillina.

Come riporta la stampa locale è stata infatti depositata la richiesta
di archiviazione del fascicolo, per appropriazione indebita, nato
dalle denuncia della presidente della commissione Giustizia della
Camera alla Squadra Mobile di Rimini, con una particolareggiata
querela in cui si ipotizzava la responsabilità di Bogdan su mancati
bonifici al fondo per il micro credito.

La vicenda era emersa dopo che il nome di Sarti era spuntato
nell’elenco delle ‘Iene’ di deputati M5s che da eletti non avevano
restituito gli stipendi al fondo. Sette i bonifici partiti dal conto
della Sarti, destinati a quello del Mef, che però risultavano
annullati. Quando fu interrogato dal pm Davide Ercolani, un anno fa,
Bogdan spiegò che se aveva agito, sul conto corrente online della
deputata, lo aveva fatto con la consapevolezza di lei e avendone le
password. Inoltre consegnò alla Procura una chat in cui Sarti gli
annunciava la querela per togliersi dall’imbarazzo delle restituzioni
‘fantasma’.

Ieri scoppia il caos. Viene a galla la versione del fidanzato. E
vengono fuori le chat, con molti particolari pericolosi e inquietanti
che coinvolgono i massimi rappresentanti della Comunicazione del
Movimento. Succede infatti che in una chat tra i due, la Sarti avverte
che ha intenzione di denunciare il fidanzato. Il quale replica,
stupito: «Te l’hanno chiesto le Iene?». E lei risponde: «No no, me lo
ha chiesto Ilaria (Loquenzi n.d.r.) con Rocco (Casalino n.d.r.). Per
salvarmi la faccia». Frase che sembrerebbe alludere al fatto che i due
responsabili della Comunicazione fossero al corrente delle
responsabilità della Sarti. Che però li difende: «Non mi hanno spinto
a denunciare nessuno. Si sono limitati a starmi vicino nell’affrontare
una situazione personale e delicata».

Filippo Roma l’inviato delle Iene, nel pomeriggio, intercetta
Casalino, lo incalza e gli chiede di mostrare le chat tra loro. Lui lo
fa, ma le chat risultano cancellate: «Le cancello tutte, anche quelle
con mia madre». Poi chiama la Sarti e lei dopo qualche secondo di
conversazione, una volta messa in viva voce, scopre di essere
ascoltata dalle Iene e scoppia in lacrime. Il resto sono le
dimissioni, l’autosospensione e la comunicazione del capogruppo
Francesco D’Uva che «è già stato avviato l’iter per la sostituzione»
(compito che, in realtà, spetta al presidente della Camera). Il Pd
chiede le dimissioni di Casalino.

Per il procuratore capo di Rimini, Elisabetta Melotti e il pm
Ercolani, che hanno firmato la richiesta di archiviazione, dunque non
vi furono reati. Ora sarà il Gip a decidere e al momento non ci sono
opposizioni alla richiesta.

Affaire Casalino, Odg Lombardia
archivia
di Giovanna Rei

ROMA – L’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha deciso di
archiviare l’istruttoria su Rocco Casalino, relativa al messaggio
audio nel quale il portavoce di Palazzo Chigi insultava e attaccava i
tecnici del ministero dell’Economia, accusati di fare ostruzionismo e
di non riuscire a trovare le coperture per le misure della manovra. Il
Consiglio di disciplina territoriale era stato chiamato a verificare
se le dichiarazioni di Casalino, giornalista professionista, il loro
tenore e l’uso del linguaggio fossero “pertinenti, continenti e
compatibili con gli articoli 2 e 11 della legge professionale numero
69 del 3 febbraio 1963“.

Dura la reazione del deputato del Partito democratico Michele Anzaldi.
“Per l’Ordine dei giornalisti della Lombardia definire i dirigenti del
ministero dell’Economia ‘pezzi di me…’, gente ‘da far fuori’, con cui
arrivare ‘ai coltelli’ non è una violazione dei diritti fondamentali
delle persone, quindi insultare e minacciare non merita alcuna
sanzione – scrive il deputato dem su Facebook -. Lo ha stabilito il
Consiglio di disciplina, archiviando l’istruttoria su Rocco Casalino,
portavoce del presidente del Consiglio che quelle parole voleva che
uscissero sulla stampa, addirittura in forma anonima, tanto da dirle a
vari cronisti, quindi voleva che avessero il massimo risalto
possibile“.

“Nessuna conversazione rubata, ma – sottolinea Anzaldi – insulti
contro pubblici ufficiali da far uscire sui media. E come sanzione non
c’è soltanto la radiazione dall’Albo, la più dura. C’è anche il
semplice avvertimento, la censura, la sospensione. Niente di tutto
questo. Per l’Ordine dei giornalisti insultare un funzionario
pubblico, additarlo sulla stampa come persona da cacciare significa
rispettare i diritti fondamentali delle persone. Una decisione che
lascia sbalorditi. Speriamo che, quanto meno, non faccia da precedente
per futuri insulti e minacce“.

Ma l’ Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha dimenticato un
“precedente” di Casalino, che il 13 luglio scorso quando i deputati
del Movimento 5 Stelle avevano organizzato una piccola manifestazione
nella piazza di fronte alla Camera per festeggiare il ricalcolo dei
vitalizi degli ex parlamentari approvato dall’ufficio di presidenza.
Alla manifestazione erano presenti una decina di deputati con
palloncini, spumante e bicchieri. Tra i deputati c’era anche il nostro
collega Salvatore Merlo, giornalista del quotidiano IlFoglio che in un
suo articolo pubblicato ha descritto la scena. L’organizzatore della
coreografia messa in piedi dai deputati del Movimento, ha raccontato
Merlo, è stato Rocco Casalino, ex concorrente del Grande Fratello,
portavoce del presidente del Consiglio e da anni capo della
comunicazione del Movimento.

Merlo ha descritto in maniera piuttosto ironica Casalinoe la sua
attività di spiegare ai deputati come comportarsi, in modo che la
manifestazione riuscisse nella maniera migliore. «“Amore, amore”, urla
Rocco a un deputato, battendo le mani, “tienilo più in alto quel
palloncino!”», ha scritto per esempio. Casalino, che con il Foglio si
è già scontrato parecchie volte in passato, stando a quanto scrive
Merlo, gli avrebbe rivolto una frase provocatoria:

      «Adesso che il Foglio chiude, che fai?

       Mi dici a che serve il Foglio? Perché
                     esiste?»

La frase di Casalino sembrava un non tanto velato riferimento al fatto
che il Foglio percepisce finanziamenti pubblici in quanto cooperativa
giornalistica. Casalino per giustificarsi, a posteriori aveva
sostenuto che la sua era “una battuta” rivolta a Merlo “in un momento
informale di festeggiamenti per i vitalizi. Sono certo che Salvatore
Merlo ne fosse ben consapevole, considerando che ho specificato anche
con lui che stavo scherzando. Credo fortemente nella libertà di stampa
e nel pluralismo dell’informazione“.

Peccato che Casalino non abbia proferito parola quando i suoi datori
di lavoro del M5S, a partire da Luigi Di Maio hanno dato ai
giornalisti degli epiteti come “puttane“, “sciacalli“, “infami“. O
forse parlavano fra di loro…?

Di tutto di più…

        Il Movimento 5 Stelle e la divulgazione scientifica, in Rai ma
non solo: la dichiarazione della ministra per il Sud Barbara Lezzi,
quella del Pil che cresceva grazie “al caldo e ai condizionatori”

“Vogliamo dare tutte le versioni possibili di un determinato
argomento, e a nostro avviso è bene informare il cittadino a 370
GRADI“

         Virginia Raggi è stata assolta: questa la reazione di Vittorio
Di Battista babbo fascista del “Dibba” Alessandro Di Battista

“PRENDETELO NEL CULO, VICINI E LONTANI, AMICI, NEMICI, FRATELLI E
CASSOEULI” (Fonte: Facebook)

        Altrettanto interessanti le reazioni del vicepremier Luigi Di
Maio e del collega pentastellato Alessandro Di Battista, rivolte ai
giornalisti

“Infami sciacalli“; “pennivendoli“, siete voi “le vere puttane”

         Luigi Di Maio. “Quando il vicepremier voleva fare il
giornalismo”,

Luigi Di Maio diventò giornalista pubblicista nel 2007 sulla base di
una settantina di articoli di sport in un piccolo giornale del
Puoi anche leggere