Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico

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Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
Il Futuro è aperto 2023 –
L’editoriale di Ivan Zorico
                             Siamo soliti ammantare il futuro di
                             tutta una serie di caratteristiche
                             positive. Nel futuro tutto è
                             realizzabile. Nel futuro tutto è
                             risolvibile. Nel futuro tutto è
                             possibile. Questa idea di futuro ci
                             piace    perché    è   fortemente
                             democratica, ci facciamo stare
                             dentro   qualsiasi    cosa:   vita
                             personale, collettività, business,
                             tecnologia e tanto altro. Il mondo,
                             e l’esistenza stessa, nel futuro è
migliore. Per definizione.

Incapaci di vivere il presente, demandiamo al futuro la nostra
felicità.

Sarò felice quando troverò quel lavoro; sarò felice quando mi
laureerò; sarò felice quando avrò quella promozione; sarò
felice quando dimagrirò 10 chili; etc. Il verbo futuro, usato
in questo modo, è un abile alleato e, al tempo stesso, un
cattivo consigliere. Ci rassicura e ci proietta in una vita
che potrebbe essere, ma non è detto che sarà, e ci colloca in
un territorio che ancora non esiste e che non possiamo
controllare.

     Scopri il nuovo numero: “Il Futuro è
                 aperto 2023”
   Il futuro è aperto per chi sa vivere il presente e per chi
  decide chi essere non nei prossimi 5 anni, ma nei prossimi 5
                            minuti.
Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
Se ci pensi, spesso usiamo la tecnologia in egual
maniera.
Postiamo sui social media con le stesse modalità: la nostra
vita reale non ci soddisfa, ma sulle varie piattaforme siamo
come ci piacerebbe essere o, meglio, come vorremmo essere agli
occhi degli altri. Più istruiti, più buoni, più belli, più
interessanti, più ricchi, etc. E lo stesso vale con la
promessa del metaverso. Lì, in quel luogo virtuale, possiamo
essere chiunque; tutti purché non sé stessi.

Pura illusione se pensiamo che, sia se si parli di vita reale
che di vita virtuale, tutto e sottolineo tutto, parte da noi.

Immaginiamo l’innovazione e la tecnologia come qualcosa al di
fuori dell’essere umano, un universo nel quale si possono fare
cose nuove. Mentre, a ben guardare, sia i social che il
metaverso, non sono altro che rappresentazioni più che
normali, più che umane. Lì, in quegli spazi, di fatto
replichiamo aspetti del tutto umani: emozioni, istinti,
complessità. Certo la portata di queste tecnologie ha di gran
lunga amplificato le nostre opportunità, aperto nuovi scenari,
ma non ci ha reso né immortali né onnipotenti. Il punto di
partenza è sempre quello: l’essere umano, le persone, tu.

Ce ne siamo accorti velocemente quando, di fronte alla
pandemia, abbiamo perso le nostre certezze di invulnerabilità
e tutte le nostre fragilità umane, che avevamo dato per
superate e sconfitte proprio attraverso la tecnologia, sono
emerse di colpo.

    l futuro è qualcosa che si raggiunge solo attraverso una
                    lunga serie di presenti
                         John C. Maxwell

Il futuro è aperto per chi sa vivere il presente e
Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
per chi decide chi essere non nei prossimi 5 anni,
ma nei prossimi 5 minuti.
Marshall McLuhan diceva che “la tecnologia è solo
un’estensione della natura umana, non una sua sostituzione” e
condivido totalmente il suo pensiero. E se è così faremo bene
ad investire su di noi oggi stesso. Perché l’unica certezza
che hai è che il futuro incomincia da te.

Buona lettura,

                                                  Ivan Zorico

Ti è piaciuto? Hai qualche riflessione da condividere?
Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre.
Rimaniamo in contatto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Nuove lauree: cosa studiare
per avere successo?
Il numero di Smart Marketing “Il Futuro è aperto” mi dà
l’occasione di fare una breve riflessione sulle nuove lauree e
sul fatto che troppo spesso leggiamo sul giornale di
imprenditori che non trovano lavoratori. Sarà davvero così? In
molti casi la motivazione è sicuramente legata alle condizioni
di lavoro e alla scarsa retribuzione, ma in altri il mercato
del lavoro cerca specialisti e nuove           tipologie    di
professionisti che ancora scarseggiano.

Fabbisogno di laureati: i dati del mercato
Uno studio condotto da ANPAL e Unioncamere indica che il
fabbisogno di laureati per il futuro si attesta sugli 1,2
milioni di persone e dalla ricerca emerge come le lauree più
richieste entro il 2024 saranno quelle nelle aree di economia
e giurisprudenza, seguite dai titoli in medicina e in
ingegneria.

     Scopri il nuovo numero: “Il Futuro è
                 aperto 2023”
   Il futuro è aperto per chi sa vivere il presente e per chi
  decide chi essere non nei prossimi 5 anni, ma nei prossimi 5
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Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
Chi vuole avere successo dovrebbe studiare negli
ambiti:

   1. Economico-Statistico: fabbisogno di laureati previsto di
      circa 40.000 unità;
   2. Giuridico e Politico-Sociale: richiesta di laureati di
      39.000 unità;
   3. Medico-Sanitario: richiesta di laureati dalle 33.500
      alle 35.300 unità;
   4. Ingegneria: fabbisogno dalle 31.500 alle 34.600 unità.

Ad oggi in questi settori si assiste ad una carenza di
professionisti e questo dimostra come la laurea sia ancora una
marcia in più per rispondere al fabbisogno occupazionale del
settore pubblico e privato. Si prevede che entro il 2025
serviranno tra i 3,5 e i 3,9 milioni di lavoratori,
dimostrando come l’idea di un mercato saturo di laureati sia
solo un falso mito, specialmente per quanto riguarda le aree
sanitarie, giuridiche e scientifiche.
Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
Foto di JodyHongFilms da Unsplash.
Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
Tre lavori del futuro a cui i giovani di oggi devono
prepararsi
Il futuro del mercato del lavoro è caratterizzato da
innovazione, digitalizzazione e nuovi scenari e le opportunità
per studenti e lavoratori di oggi e di domani sono veramente
tante. I mestieri emergenti e le lauree che saranno più
richieste riguardano la sostenibilità ambientale e i green
jobs legati alla transizione verde che stiamo attraversando,
ma non solo.

Tra i lavori del futuro ci sono, infatti:

     SalesForce Consultant: diventare consulente per uno dei
     migliori software CRM al mondo è uno dei migliori
     investimenti per il proprio futuro, con questa
     professione emergente che garantisce uno stipendio nella
     media più alto rispetto agli altri professionisti IT.
     Stando a una ricerca dell’International Data
     Corporation, l’ecosistema Salesforce creerà circa 9,3
     milioni di posti di lavoro in futuro entro il 2026: solo
     nel mercato italiano, si prevede un fabbisogno di circa
     93 mila unità nei prossimi quattro anni;
     Manager della transizione digitale: la rivoluzione
     digitale richiede la presenza di figure professionali
     esperte in ambito economico-manageriale, tecnologico e
     statistico-matematico        capaci   di   avviare    la
     trasformazione digitale delle aziende e di creare valore
     con nuovi modelli di business;
     Machine Learning Specialist: in questi giorni di grande
     parlare di ChatGPT è emerso come servano machine
     learning specialist con un solido background matematico
     e ingegneristico applicato alla statistica e informatica
     Il fine del suo lavoro è quello di sviluppare algoritmi
     orientati all’apprendimento di informazioni e
     comportamenti, con un’attenta analisi di dati tramite
     metodi matematico-computazionali. Stando al report del
     World Economic Forum sul futuro del lavoro, i nuovi
Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
mestieri nel campo dell’intelligenza artificiale e della
     crescita tecnologica saranno circa 97 milioni.

In conclusione il consiglio per chi deve iscriversi
all’università è quello di guardare a nuove lauree e nuovi
mestieri perché, come dice il titolo di questo numero “Il
Futuro è aperto”.

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Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
Il lavoro del futuro sarà
davvero a ferie illimitate?
Nel 2012, Lo Stato Sociale nella loro canzone dal titolo
eloquente, “Mi sono rotto il cazzo”, cantavano: “Mi sono rotto
il cazzo che bisogna essere lavoratori flessibili – Come
ergastolani in tournée ma molti più sorridenti”. Un verso che
lasciava trapelare il dibattito, tutto italiano, sulla
rigidità del mercato del lavoro e sulla necessità di renderlo
più flessibile, parole ripetute da più versanti, istituzioni,
sindacati e associazioni di categoria, ma mai veramente messe
in pratica fino ad allora. Oggi, dopo oltre un decennio, le
cose in Italia non sono poi così cambiate, anche se a noi
sembra di aver fatto passi da gigante.

Adesso, immaginate che sia possibile lavorare in
modo flessibile, talmente tanto flessibile da
poter godere di ferie illimitate retribuite.
Niente permessi, niente ferie da dover maturare, nessun orario
da rispettare a patto che si porti a termine il compito
assegnato nel tempo stabilito: il lavoro del futuro lo
immaginiamo così, libero da ogni costrizione, o almeno è così
che ce lo stanno facendo immaginare, visto che questo futuro
potrebbe essere molto più vicino di quello che si possa
pensare e potrebbe rivoluzionare il mercato del lavoro e la
qualità della vita dei lavoratori.

Qualche giorno fa, Microsoft, colosso dell’Hi-Tech e leader
mondiale del mercato dell’informatica, ha annunciato che i
suoi circa 120 mila dipendenti delle sedi degli Stati Uniti
potranno usufruire di una forma flessibile di godimento delle
ferie, retribuite e senza limiti, a patto che vengano
Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
rispettati certi parametri nei risultati.

Un trend al quale si stanno uniformando diverse aziende; una
piccola rivoluzione nel lavoro del mercato statunitense
abituato a flessibilità e smart working, fantascienza in quei
paesi come l’Italia la cui rigidità del mercato del lavoro non
è dettata solo dallo scarso ricambio generazionale e dagli
alti costi, ma si estende anche nel modo di lavorare; non
dobbiamo dimenticare, infatti, che lavoro flessibile e smart
working sono stati di difficile attuazione anche in situazioni
estreme, come la recente pandemia da Covid-19, quando si
resero indispensabili per contenere i contagi ed assicurare il
distanziamento sociale.

Ma siamo sicuri che questo sistema rivoluzionario
non nasconda insidie per i lavoratori stessi? È
davvero tutto così bello come ce lo stanno
prospettando, oppure dobbiamo porre l’attenzione
su alcuni risvolti negativi?
Ad esempio, la mancanza di un numero fisso di giorni di ferie
a cui si avrebbe diritto potrebbe scatenare l’effetto opposto
alle ferie illimitate: poiché non esiste un numero di ferie di
cui usufruire obbligatoriamente, i lavoratori potrebbero
vedersi ridotti i giorni di vacanza, che in questo caso
sarebbero sì usufruiti a discrezione del lavoratore, ma
autorizzati dal Capufficio in misura della mole di lavoro
assegnata.

Che succederebbe, quindi, se la mole di lavoro
fosse eccessiva per il team o le scadenze troppo
ravvicinate? E se il Capufficio ritenesse di non
accordare i giorni di riposo ai dipendenti in
ragione di un ipotetico risultato prefissato e da
raggiungere ad ogni costo?
Interrogativi che fanno riflettere sui diritti maturati dai
lavoratori e sugli obblighi imposti ad essi ed ai datori di
lavoro; in fondo quando parliamo del mercato del lavoro
dobbiamo tenere a mente che non si tratta solo di numeri,
statistiche e stipendi, ma anche e soprattutto di persone.

     Scopri il nuovo numero: “Il Futuro è
                 aperto 2023”
   Il futuro è aperto per chi sa vivere il presente e per chi
  decide chi essere non nei prossimi 5 anni, ma nei prossimi 5
                            minuti.

Il tempo dedicato al lavoro, infatti, occupa la gran parte
della giornata dei lavoratori e ne condiziona salute, qualità
della vita, benessere fisico e mentale, inoltre è il pilastro
di ogni moderna società, ecco perché le decisioni che
riguardano la vita dei lavoratori devono essere prese
valutandone tutti gli aspetti e non solo alcuni.

Il mercato americano, a differenza di quello italiano, è un
mercato del lavoro in cui molti diritti sono derogati a favore
di una maggiore flessibilità da entrambi i lati, sia quello
del lavoratore che quello del datore di lavoro; questa
flessibilità permette un mercato estremamente vivace da un
lato, ma sotto un altro aspetto vede poche tutele per il
lavoratore, che può essere licenziato anche senza giusta causa
da un giorno all’altro.

A nostro avviso, sicuramente il mercato del lavoro italiano ha
bisogno di più flessibilità, ma non bisogna dimenticare chi ha
dato la vita affinché i diritti dei lavoratori venissero
riconosciuti.

Auspichiamo quindi che il lavoro del futuro non abbia soltanto
ferie illimitate ma anche un minimo di ferie di cui poter
usufruire per non fare la fine di quei “sorridenti ergastolani
in tournée” ironicamente cantati da Lo Stato Sociale.
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La Copertina d’Artista – The
next level of AI
É una scena che riconosciamo subito quella che fa da Copertina
d’Artista di questo numero di Smart Marketing dedicato
all’Intelligenza Artificiale, quella che vediamo è la
rivisitazione moderna di una delle fiabe tradizionali europee
più famose, arrivata a noi in tante versioni, fra le quali la
più celebre è quella dei fratelli Grimm.

Chissà quanti di noi l’avranno ascoltata da piccoli prima di
andare a letto o vista in versione cartone animato o letta
sulle pagine di un libro o di un fumetto.

La scena è quella del “Principe ranocchio”, anche se, come
ormai sanno gli appassionati d’arte e i nostri lettori più
fedeli (dopo 8 anni e più di Copertine d’Artista), gli artisti
e le loro opere ci mostrano sempre di più di quello che appare
ad una prima occhiata.
La Copertina d’Artista del 97° numero di Smart Marketing
realizzata dall’artista Antonella Gallo.
Quello che in questa fiaba moderna appare diverso, mutato ed
in trasformazione non è il ranocchio, bensì la principessa,
che pare a tutti gli effetti un robot, o meglio un cyborg.

La nostra principessa sembra un ibrido uomo-macchina che non
sarebbe dispiaciuto al regista David Cronenberg o allo
scultore e designer Hans Ruedi Giger. La scena allo stesso
tempo ci attrae per la sua bellezza e poesia e ci respinge per
la maniera in cui preannuncia un mondo futuro che sembra
sempre più presente.

Non osiamo immaginare cosa succederà quando la principessa
cyborg bacerà il ranocchio: in chi, e soprattutto   in che
cosa, si trasformeranno i nostri due protagonisti?

Sarà il ranocchio a diventare un principe robot o piuttosto,
come ci auguriamo, sarà la principessa cyborg a ritrovare
parte della sua umanità, o ancora, come nella recente versione
Disney della fiaba “La principessa e il ranocchio” (2009), la
principessa si trasformerà in rana?

  Scopri il nuovo numero: “The next level
                  of AI”
    Le reti neurali, il machine learning e il deep learning,
    hanno permesso alle intelligenze artificiali negli ultimi
  20-25 anni di diventare più efficienti e performanti di noi
  umani in svariati, ma specifici, campi o compiti. Saremo mai
                   sostituiti dalle macchine?

Non possiamo saperlo, quello che è certo è che mai come ora ci
sembrano opportune e    profonde le parole dello scrittore,
sceneggiatore e regista messicano Guillermo Arriaga quando
diceva che: “l’arte nasce per porre le giuste domande, non per
dare risposte”.

Ed allora, tutti noi ci chiediamo: quali sono le domande che
ci sta ponendo l’artista di questo numero, Antonella Gallo?

Forse vuole suggerirci che le trasformazioni, le mutazioni e
le ibridazioni saranno il nostro futuro ed un destino al quale
non possiamo sottrarci?

O, magari, visto che ha rappresentato a colori solo il
ranocchio, l’artista vuole dirci che la speranza per un futuro
grigio fatto di uomini e donne macchina è quello di un ritorno
alla natura?

Progetto per albo illustrato “Una lucciola nel buio” 2021.
O, infine, quello che l’artista ci mostra come solo l’arte sa
fare è solo uno dei futuri possibili e sta a noi, esseri umani
di oggi, imparare ad integrare ed armonizzare tra loro i tre
elementi chiave di questa immagine: la natura rappresentata
dal ranocchio, l’umanità rappresentata dalla principessa e la
macchina (l’Intelligenza Artificiale) rappresentata dalle
protesi elettroniche e meccaniche del cyborg.

Il controllo, sembra dirci Antonella Gallo, ce lo abbiamo noi,
sono ancora gli uomini e le donne a “decidere” che direzione
prenderà la fiaba che un domani racconteremo ai nostri figli
ed ai figli dei nostri figli, il futuro è aperto, le pagine di
questo libro non sono state ancora scritte.

                        Antonella Gallo (classe 1972), artista
                        barese ma residente a Casamassima, il
                        Paese Azzurro, si appassiona all’arte
                        fin da bambina, si laurea in pittura
                        presso l’Accademia di Belle Arti di
                        Bari,    dove   consegue    anche
                        l’abilitazione all’insegnamento.

 Il figurativo diventa subito il suo mezzo espressivo
 privilegiato. Il disegno, anzi il segno, quale elemento
 primario dell’espressione grafica, viene esplorato
 dall’artista in tutte le sue accezioni: le trasparenze, il
 bianco e nero, le luci e le ombre, i chiaroscuri.

 Dopo un periodo di pausa ritorna a dipingere con la pittura
 ad olio.

 Negli ultimi anni si avvicina all’illustrazione e realizza
 diversi progetti. Da quando è diventata mamma di due gemelli,
 molti dei suoi lavori sono ispirati a loro.
Per informazioni e per contattare l’artista: visitare le
 pagine Facebook o Instagram oppure scrivere una
 email:antonellagngallo@gmail.com

Ultime mostre ed eventi

2022

“Segni, architetture, sensazioni”, Esposizione d’Arte
Collettiva artisti Bottega Lacast, Pro Loco Cellamare,
Castello Caracciolo, Cellamare (Ba);

Finalista Concorso “Sorrisi for VALUE”, Galleria Nartist,
Gioia del Colle (Ba).

2021

4° Edizione “Art And Sharing” Esposizione d’Arte Collettiva,
Bottega D’Arte Lacast, Casamassima (Ba);

Finalista Concorso d’Arte per opere da studio 7° Edizione
“Pettegolezzi d’Arte      nei   vicoli   del   Borgo”,   Pro   Loco
Casamassima (Ba).

2020

3° Edizione “Art And Sharing” Esposizione d’Arte Collettiva,
Bottega D’Arte Lacast, Casamassima (Ba).

2019

“Tracce di storia tra passato e presente”, Esposizione d’Arte
Collettiva artisti Bottega Lacast, Pro Loco Cellamare,
Castello Caracciolo, Cellamare (Ba);

2° Edizione “Art And Sharing” Esposizione d’Arte Collettiva,
Bottega D’Arte Lacast, Casamassima (Ba);

“Magicon”, Esposizione d’Arte Collettiva artisti Bottega
Lacast, Chiasso Elia, Casamassima (Ba).

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The next level of AI –
L’editoriale di Ivan Zorico
                         C’è poco da fare.
                         Quando parliamo di intelligenza
                         artificiale non possiamo non pensare
                         alla        vasta       produzione
                         cinematografica alla quale siamo
                         stati esposti negli anni.

Sarà perché da sempre il cinema ha questa capacità di
immaginare mondi paralleli o sarà perché l’intelligenza
artificiale, i robot e tutto ciò che prende il nome di
“futuro”, ha sempre prodotto un certo grado di fascinazione in
noi “comuni mortali”, fatto sta che sono davvero tante le
pellicole che hanno messo al centro questi temi. Film in grado
di anticipare di molti anni gli sviluppi presenti tutt’oggi e
di prefigurare realtà che allora risiedevano solo nel campo
della fantascienza. Alcuni, anzi molti, sono stati realizzati
in chiave distopica (cfr. l’uomo che viene sopraffatto dalle
macchine); quasi la totalità sottendono anche questioni di
tipo etico. In tutti i casi, sono comunque modi di approcciare
il mondo dell’intelligenza artificiale da un punto di vista
laterale. Proprio come piace a noi di Smart Marketing.

Analizziamo due film su tutti: Terminator
e Her
TERMINATOR (1984)
Non credo ci sia qualcuno che non conosca Terminator. Ma per i
pochi che non lo conoscesse, in questa pellicola
l’intelligenza artificiale prende il nome di Skynet.
Quest’ultima, dopo aver raggiunto l’autocoscienza, si ribella
all’uomo e ingaggia uno scontro definitivo contro di lui. Film
iconico per intere generazioni, il capolavoro diretto da James
Cameron pone evidentemente l’accento sul rapporto (molto)
conflittuale tra uomo e macchina e sulla capacità da parte di
quest’ultima di eseguire efficacemente i comandi che le
vengono dati.

Evidentemente quella parte conflittuale è relegata
all’immaginario più pessimista, e per fortuna è ben lontana
dal potersi verificare. Ma è indubbio che un conflitto uomo-
macchina esista, anche se nei fatti serpeggia nell’uomo e non
nella macchina. Mi riferisco all’annosa paura dell’uomo che la
macchina possa erodere posti di lavoro e quindi soppiantarlo
in tante attività. Paura, e quindi conflitto, che nasce ogni
qualvolta vengono comunicate le stime sull’occupazione e sul
futuro del lavoro; stime che vedono la perdita di milioni di
posti di lavoro “a favore” dell’intelligenza artificiale. Quel
che però non viene rappresentato, o per certi versi fa molto
meno notizia, è che, a fronte di quei posti di lavori persi,
se ne creeranno di più e di nuovi proprio per l’uomo. Si
perderanno in sostanza i lavori più ripetitivi, dove le
macchine sono evidentemente più performanti, e si creeranno
lavori dove l’apporto dell’uomo sarà più qualitativo.

L’altra componente, che si lega proprio a quest’ultimo punto,
ossia la capacità di eseguire molto bene precisi compiti, è
più che mai attuale. La vera forza delle intelligenze
artificiali è infatti quella di eseguire instancabilmente un
comando e di migliorarne l’esecuzione con l’apprendimento
continuo. Pertanto, così come – estremizzando – i due robot in
Terminator 2 sono programmati per eseguire un solo compito
(rispettivamente eliminare e proteggere), oggi le intelligenze
artificiali sviluppano le loro maggiori potenzialità lavorando
verticalmente su un singolo item. E lo fanno senza dover mai
riposare, mangiare, etc.

  Scopri il nuovo numero: “The next level
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    Le reti neurali, il machine learning e il deep learning,
    hanno permesso alle intelligenze artificiali negli ultimi
  20-25 anni di diventare più efficienti e performanti di noi
  umani in svariati, ma specifici, campi o compiti. Saremo mai
                   sostituiti dalle macchine?

HER (2013)

A differenza che in Terminator, il film scritto e diretto da
Spike Jonze (quello di “Essere John Malkovich” per intenderci)
ci porta a vivere un’atmosfera molto più simile alla nostra.

L’ambientazione è comune, la IoT (l’internet delle cose) e i
computer sono parte integrante della vita delle persone, così
come gli smartphone. La novità è data da una nuova
intelligenza artificiale immessa sul mercato in grado di
entrare in empatia con le persone, di interagire e di imparare
molto velocemente, e che arriva a provare sentimenti ed
emozioni umane. Sarà proprio l’interazione tra questa
intelligenza artificiale ed il protagonista maschile del film
ad essere al centro della storia. “Her” è interessante per una
serie di motivi. Oltre ad essere un film molto bello (la
sceneggiatura è stata pluripremiata), racchiude in sé una
serie di AI oggi ampiamente utilizzate da noi tutti: la IoT; i
cosiddetti “speech to text”, ossia quegli strumenti che ci
permettono di parlare e di trasformare la nostra voce in
testo; e gli assistenti vocali. Di fatto “Her”, che nel film
prende il nome di Samantha, è un’assistente vocale evoluta.
Non solo comprende quello che le viene detto, ma coglie anche
gli aspetti psicologici ed emotivi delle persone. Oggi gli
assistenti virtuali vengono molto usati nel campo del
marketing per dare informazioni ai clienti, h 24 e 7 giorni su
7. Non siamo ancora arrivati ai livelli di sofisticazioni
rappresentati in “Her”, anche se ci stanno lavorando.

Il cinema è stato spesso precursore, e probabilmente
sceneggiatori e registi, anche con l’aiuto di futurologi e
studiosi della materia, stanno già lavorando a film che ci
trasporteranno verso mondi che oggi fatichiamo ad immaginare.
Quel che dobbiamo sapere è che il futuro dell’intelligenza
artificiale passa dalle mani dell’uomo e che saremo noi stessi
a determinare la direzione che prenderà. Quello che possiamo
fare è restare aggiornati sui nuovi sviluppi tecnologici e
sulle nuove applicazioni (in questo senso ci sono eventi che
promuovono la diffusione della conoscenza su questi temi). E,
perché no, recuperare qualche bel film. Come abbiamo visto,
hanno tanto da insegnare.

 Evviva evviva! Con questo numero compiamo gli anni. Smart
 Marketing entra nel nono anno di vita. Se ti va di farci un
 regalo, condividi questo numero, lasciaci un commento o
 scrivici su redazione@smarknews.it. O anche tutte le tre cose
 assieme. Ci farebbe molto piacere avere un tuo
 riscontro…grazie!

Buona lettura,

                                                   Ivan Zorico

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Oltre il copywriting: i testi
scritti   dall’intelligenza
artificiale.
Oggi i robot e l’intelligenza artificiale permettono di fare
veramente tutto, ma è davvero venuto il momento in cui la
tecnologia di intelligenza artificiale è pronta a scrivere per
l’uomo aiutandolo a produrre contenuti testuali? Per fortuna
non esistono ancora robot capaci di scrivere come i grandi
nomi della nostra letteratura, come Dante Alighieri e Giacomo
Leopardi, e in grado di togliere il lavoro ai copywriter.

Eppure la AI ha fatto importanti passi avanti e oggi con le
attuali tecnologie si possono ottenere buoni contenuti per la
SEO e il Content Marketing anche scritti da robot. Vediamo di
fare chiarezza su quali sono e come funzionano questi
strumenti.

Cosa si intende con strumento di scrittura AI?
La scrittura AI è uno strumento che scrive contenuti di
marketing al posto dell’uomo e si basa su una combinazione
perfetta di deep learning ed elaborazioni naturali del
linguaggio umano che porta alla realizzazione di contenuti
pubblicitari adatti all’attività di marketing digitale.
Pensiamo ai testi per siti web e ecommerce, agli articoli per
il blog e alla landing page.

In questo caso l’intelligenza artificiale raccoglie i dati da
più fonti online e li rielabora come se fossero nati da idee e
intuizioni umane. In pochi minuti sulla base di pochi input il
testo è pronto e alla persona basta dare le parole chiave, un
abstract e un tone of voice alla macchina per ottenere il
testo dall’algoritmo, sulla base di quanto è già stato
pubblicato online su un argomento.

Strumenti di scrittura AI: a chi servono?
Tra coloro che si possono avvantaggiare degli strumenti di
scrittura basati sull’intelligenza artificiale ci sono i
professionisti che realizzano testi per la vendita e il
marketing e devono scrivere ogni giorno nuovi contenuti.
Pensiamo a blogger, copywriter e agenzie di marketing.
Scopri il nuovo numero: “The next level
                  of AI”
    Le reti neurali, il machine learning e il deep learning,
    hanno permesso alle intelligenze artificiali negli ultimi
  20-25 anni di diventare più efficienti e performanti di noi
  umani in svariati, ma specifici, campi o compiti. Saremo mai
                   sostituiti dalle macchine?

In questi casi l’algoritmo crea testi per raggiungere un
determinato obiettivo di business e persino ottimizzati lato
SEO. Pensiamo, come detto, ad articoli di blog, copy per
sponsorizzazioni, testi per email e newsletter, comunicati
stampa e descrizioni di prodotti per l’ecommerce, ma c’è un
problema: i risultati.

La qualità dei testi scritti da software AI
Un testo realizzato dall’intelligenza artificiale non è pronto
all’uso e va editato dalla persona che lo pubblica online,
anche per migliorare il posizionamento SEO. Inoltre, in caso
di contenuti molto tecnici e specialistici il testo potrebbe
essere complesso, ripetitivo e incoerente.

Pensiamo a casi in cui – e si legge spesso online – il tool
sbaglia su personaggi omonimi o scrive di incendi divampati
sott’acqua e altro ancora. Per questo è importante controllare
la bontà e la qualità dei testi scritti dall’intelligenza
artificiale e non credere che un algoritmo possa sostituire in
tutto e per tutto un valido copywriter.

Per chi, come me, scrive ogni giorno decine di contenuti per
il web un tool per l’AI potrebbe semplificare il lavoro, anche
se credo che la complessità lessicale e linguistica del
cervello umano sarà difficile da replicare nel testo scritto
da una macchina. Staremo a vedere le evoluzioni future!
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L’Intelligenza Artificiale va
a scuola:                sarà        promossa              o
bocciata?
Pronunciare l’espressione “Intelligenza artificiale” spesso,
fa pensare ad un futuro lontano, ma in realtà non è così,
siamo già dentro al futuro. L’intelligenza artificiale ci
circonda nelle attività quotidiane, e sarà sempre più presente
nelle nostre vite.

Proprio per questo motivo è naturale chiedersi quale potrà
essere il ruolo dell’I.A. nell’istruzione, in quanto potrà
aprire nuovi scenari per le pratiche didattiche ed essere una
risorsa per migliorare la scuola. I nativi digitali dovranno
essere preparati per un lavoro legato a doppio filo alla
tecnologia, ancor più del presente.

La confusione sull’argomento non è stata dipanata del tutto, è
ancora difficile definire esattamente di cosa si tratta.
Secondo la Strategia dell’Unione Europea per l’Intelligenza
Artificiale “ci si riferisce a sistemi che mostrano un
comportamento intelligente nell’analizzare il loro ambiente e
intraprendere azioni, con un certo grado di autonomia, per
raggiungere obiettivi specifici. I sistemi basati sull’I. A.
possono essere basati su software, agendo in modo virtuale (ad
esempio, assistenti vocali, software di analisi immagini,
motori di ricerca, sistemi di riconoscimento vocale e
facciale…), oppure possono essere incorporati in dispositivi
hardware (come robot avanzati, auto autonome, droni,
applicazioni Internet of Things…).

La futura scuola si servirà dell’I.A.
“Esiste una domanda crescente nei confronti delle scuole
perché preparino gli studenti ai cambiamenti economici e
sociali più rapidi, ai posti di lavoro che non sono stati
ancora creati, alle tecnologie che non sono state ancora
inventate a risolvere problemi sociali che non esistevano in
passato” si legge su The future of education and skills:
Education 2030- OCSE.

Nel Piano d’azione per l’istruzione digitale 2021/27,
pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico, si
evidenzia il bisogno di riprogettare il curriculo delle scuole
affinché includa forme di apprendimento nel campo dell’I.A.,
oltre che la necessità di procedere con l’aggiornamento delle
competenze dei docenti in materia.

Gli studenti avranno la necessità di acquisire competenze sul
funzionamento dell’intelligenza artificiale, e allo stesso
tempo essa può essere considerata un valido strumento
didattico.

La prof.ssa Luckin (University College London), ha individuato
tre necessità educative, per cui diventa fondamentale
introdurre l’I.A. nelle scuole: ogni cittadino di domani
dovrebbe saper discutere sugli aspetti etici dell’I.A.,
dovrebbe saperne comprendere le basi del funzionamento ed
essere in grado di progettare semplici sistemi di I.A.

I vantaggi dell’I.A. nella scuola
Se nel versante amministrativo l’intelligenza artificiale ha
già trovato applicazione, (ad esempio con l’utilizzo del
registro elettronico in tempo reale, comunicazione delle
pagelle e dei calendari), nella didattica stenta ancora a
trovare il proprio spazio.

Nel Libro Bianco per l’Intelligenza Artificiale al servizio
del cittadino a cura dell’Agenzia per l’Italia Digitale, si
ipotizzano esempi da cui la scuola potrebbe trarre vantaggio
dall’utilizzo dell’I.A. in classe:

     Avere a disposizione degli strumenti automatici per la
     valutazione degli studenti
     Creare la personalizzazione del materiale didattico
     Utilizzare un tutoring automatizzato, con la possibilità
di seguire gli studenti h24
     Ottenere eventuali suggerimenti di variazioni del
     programma da eseguire, nel caso in cui si evidenziassero
     delle problematiche
     Elaborazione di indicatori di rischio dell’abbandono
     scolastico

“Un uso più semplice e molto più efficace dell’I.A. nella
scuola potrebbe essere il supporto allo studio individuale,
quale strumento di autovalutazione attraverso la redazione
automatica di esercizi aggiuntivi e interrogazioni virtuali”,
si specifica nel Libro Bianco. Ciò permetterebbe agli
insegnanti di capire meglio le lacune degli allievi e
intervenire in modo personalizzato.

  Scopri il nuovo numero: “The next level
                  of AI”
    Le reti neurali, il machine learning e il deep learning,
    hanno permesso alle intelligenze artificiali negli ultimi
  20-25 anni di diventare più efficienti e performanti di noi
  umani in svariati, ma specifici, campi o compiti. Saremo mai
                   sostituiti dalle macchine?

La ricerca “How artificial intelligence will impact k-12
teacher” di McKinsey, ha evidenziato che gli insegnanti, prima
della pandemia, interagivano con gli alunni per il 49% del
tempo a disposizione; il restante 51% era dedicato alle
attività amministrative, burocratiche e valutative. Secondo lo
studio, con l’impiego dell’intelligenza artificiale, gli
insegnanti potrebbero guadagnare dal 20 al 40% del tempo da
dedicare alle attività con la classe.

Non solo scuola, anche le università, secondo il documento
MISE, sono tenute ad introdurre i temi relativi
all’Intelligenza Artificiale nei percorsi di studio e a
istituire nuovi corsi di laurea specifici, fino ad un
incremento del 20% in 5 anni.

I.A. come strumento di inclusione
Un aiuto, da non sottovalutare, potrebbe realizzarsi nel
contributo che l’intelligenza artificiale può offrire
nell’abbattere le barriere legate alla disabilità. Pensiamo
alle situazioni di DSA (disturbi specifici dell’apprendimento)
e BSE (bisogni educativi speciali), presenti fra gli studenti,
nelle quali l’intelligenza artificiale potrebbe favorire
l’apprendimento con delle facilitazioni.

Ma anche ai casi di disturbo dello spettro autistico, dove le
difficili relazioni con gli studenti potrebbero essere gestite
e favorite dalla robotica sociale.

I.A. sì o no?
I dubbi che circondano il tema dell’I.A. sono ancora molti,
così come le domande. Ogni incertezza diventa ancora più
delicata quando si parla di scuola e bambini.

È lecito chiedersi se un “Avatarteacher”, per quanto utile,
possa sostituire il carisma sociale dell’insegnante. Nel
periodo della D.A.D. tante sono state le riflessioni circa la
mancanza delle relazioni e del contatto sociale in classe, ed
è comprensibile che molti ne siano impauriti.

L’aiuto dell’I.A., oltre a potenziare le possibilità umane,
propone nuovi parametri che modificano vari aspetti della
vita, comportando una revisione del concetto di privacy. Tutto
ciò richiede un ripensamento dell’etica, e proprio per questa
ragione nasce SIpEIA (società italiana per l’etica
dell’intelligenza artificiale), che riunisce accademici,
studiosi, aziende e cittadini con l’obiettivo di riflettere
sui problemi etici sollevati.

In ogni caso, la vera sfida non è più essere propensi o meno
alla diffusione del fenomeno, quanto piuttosto saper gestire
nel modo più opportuno il nuovo potenziale, minimizzandone i
rischi, a vantaggio della società e dei singoli.

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“Viaggio        nell’Italia
dell’Antropocene” di Telmo
Pievani   e  Mauro   Varotto
traccia     la     geografia
visionaria (ma non troppo)
dell’Italia del futuro, ed è
una profezia che dobbiamo
assolutamente conoscere
 Anche quest’anno vi propongo un libro al mese, forse due, per
 raccontare chi siamo, da dove veniamo, dove vorremmo andare e
 come ci vogliamo arrivare. Perché la lettura può essere
 svago, intrattenimento, ma anche un valido esercizio per
 imparare a pensare e sviluppare una certa idea del mondo.

 Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per
 decidere se vale la pena comprarlo e soprattutto leggerlo.
 Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un
 esercizio di legittima difesa.

Siamo nell’anno 2786: a bordo del battello Palmanova Milordo,
il giovane rampollo di una famiglia ricca, sta iniziando il
suo Grand Tour in Italia.

Ma non è l’Italia che conosciamo oggi, a distanza di 1000 anni
dopo il famoso “Viaggio in Italia” di Goethe del bellissimo e
sorprendente paese che visitò il filosofo, scrittore e poeta
tedesco è rimasto ben poco.

Il riscaldamento globale ha trasformato profondamente la
geografia e il clima dell’Italia del futuro, moltissime delle
città costiere sono ormai sommerse, la Pianura padana è quasi
completamente allagata; i Milanesi vanno al mare ai Lidi di
Lodi; Padova e tantissime altre città sono interamente
sommerse; altre ancora si sono convertite in un sistema di
palafitte urbane; le coste di Marche, Abruzzo e Molise hanno
l’aspetto dei fiordi norvegesi; Roma è una metropoli
tropicale; la Puglia è tagliata in due dal mare e rappresenta
una meta caraibica molto ambita; la Sicilia infine è un
deserto roccioso del tutto simile a quello libico e tunisino.

É questo il Paese in cui si compie il viaggio di Milordo ed il
nostro, mentre leggiamo il documentato saggio/narrativo
“Viaggio nell’Italia dell’Antropocene – La geografia
visionaria del nostro futuro”, scritto a quattro mani dal
filosofo della scienza ed evoluzionista Telmo Pievani e dal
geografo Mauro Varotto, corredato dalle dettagliatissime ed
inquietanti mappe create da Francesco Ferrarese.

                                 Viaggio nell’Italia
                                  dell’Antropocene

           La geografia visionaria del nostro futuro
 Autore: Telmo Pievani e Mauro Varotto

 (con le mappe di Francesco Ferrarese)
Editore: Aboca Edizioni

 Anno: aprile 2021

 Pagine: 192

 Isbn: 9788855230612

 Prezzo: € 22,00

Il termine Antropocene fu introdotto per la prima volta nel
1992 da Andrew Revkin, che ipotizzò una nuova epoca geologica
chiamata Antrocene. Il termine fu successivamente diffuso
negli anni ottanta dal biologo naturalista Eugene F. Stoermer
e adottato al convegno dell’IGPB del 2000 dal Premio Nobel per
la chimica Paul Crutzen in una nota apparsa in una newsletter.
Anche se, a dire il vero, il primo studioso che propose la
creazione di una nuova era geologica fu il ricercatore
italiano Antonio Stoppani, che nel 1873 propose il termine di
era antropozoica per definire l’attività umana sul pianeta
Terra.

Ma al di là della disputa accademica su chi sia il padre del
termine, nessuno può, già oggi e da molto tempo, negare che
l’Antropocene esista. L’impatto dell’uomo sull’ecosistema ed
il clima terrestre è sotto gli occhi di tutti e la crisi
ambientale e climatica sta già causando, e causerà sempre di
più in futuro, devastazioni, carestie, migrazioni di massa ed
immaginabili danni economici.

     Scopri il nuovo numero: “Social War”
 Con le nuove tecnologie le guerre sono diventate globali,
 prima ancora che mondiali (e per fortuna!). Nella sfera
 informativa, iperconnessa e pervasiva, siamo tutti
 protagonisti. Siamo tutti chiamati in causa.
Il libro di Telmo Pievani e Mauro Varotto ha, fra i tanti, il
pregio di identificare e geolocalizzare gli effetti
dell’Antropocene in una realtà ben definita: l’Italia, la cui
geografia da sempre è stata estremamente mobile per ragioni
tettoniche, morfogenetiche, climatiche e da ultimo anche
antropiche. Ciò che i due autori ci mostrano è una sbirciatina
al futuro in un’immaginaria sfera di cristallo, ma attenzione,
non si tratta di una mera profezia, di una fantascienza
distopica, no, quello che vediamo è una “promessa” e una
“premessa” del futuro prossimo venturo, verso il quale stiamo
correndo all’impazzata.

Perché dovremmo leggere “Viaggio nell’Italia
dell’Antropocene – La geografia visionaria del
nostro futuro”?
Due i motivi principali per leggere questo agile e
documentatissimo saggio/narrativo: il primo è rappresentato
dalla struttura stessa del libro, che vede ogni area
geografica del nostro Paese affrontata sia con gli occhi del
viaggiatore Milordo impegnato in questo futuro Grand Tour
(tutte le parti narrative sono scritte da Telmo Pievani), sia
da un approfondimento scientifico che cerca di inquadrare gli
scenari descritti in maniera razionale (tutti gli
approfondimenti sono di Mauro Varotto).

Il secondo motivo sono le cartine e le mappe realizzate da
Francesco Ferrarese, che delineano la silhouette inconsueta e
drammatica dell’Italia del futuro meglio e più compiutamente
di tante parole; vedere la pianura Padana completamente
sommersa, le città arretrate e ricostruite a centinaia di
chilometri dalle coste, la Puglia spaccata in due dal mare e
la Sicilia trasformata in una distesa desertica senza più
vegetazione, insieme a tanti altri esempi ci colpisce come uno
schiaffo in faccia.

Se tutto continuerà ad andare per il verso sbagliato e non
attueremo le giuste misure per evitare il surriscaldamento
globale, ci dicono in ogni modo e con diversi codici
comunicativi gli autori, assisteremo davvero alla fusione dei
ghiacci perenni e all’innalzamento del livello dei mari solo
ipotizzati in questo libro, ed allora lo scenario ancora
irrealistico descritto diventerà drammaticamente reale.

Ma attenzione, la responsabilità di agire diversamente è la
nostra: possiamo e dobbiamo cercare di orientare lo sviluppo
economico, sociale, ambientale, ma anche geografico, verso una
direzione diversa da quella ipotizzata in questo libro, ne va
della nostra stessa sopravvivenza, della sopravvivenza
dell’Italia, della sopravvivenza dell’idea stessa che abbiamo
del nostro Belpaese.

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Il futuro è aperto 2022 –
L’editoriale di Ivan Zorico
 La tua seconda vita comincia quando capisci di averne una
 sola
 (Raphaëlle Giordano)

                        Come ti     risuonano      queste
                        parole?

Sono praticamente due anni che stiamo vivendo sotto una
pandemia mondiale; una pandemia che ci ha messo di fronte a
fragilità personali e collettive, che ci ha portato via
persone care, che ha limitato le nostre libertà, che ha
portato sofferenza sociale ed economica, e che ci ha fatto
riscoprire insicuri, profondamente emotivi e indifesi.
Eppure, ci ha anche messo realmente di fronte, come mai prima,
a noi stessi. In questi due anni tante cose sono cambiate. Le
cose che facciamo, come le facciamo e perché le facciamo.
Ecco, soprattutto, perché le facciamo. Ci domandiamo molto più
spesso e molto più profondamente perché facciamo determinate
cose: perché ci alziamo la mattina, perché facciamo quel
lavoro, perché andiamo in quel locale, perché incontriamo
quelle persone, e via così.

     Scopri il nuovo numero: “Il futuro è
                   aperto”
 Il futuro prende vita dalle nostre azioni. E l’azione è
 sempre risolutrice. Andiamo incontro al futuro, senza timori.
 Il futuro è aperto!

D’un tratto ogni azione che facciamo ha assunto un significato
diverso. Diamo persino un valore nuovo a quello che prima
davamo per scontato. Sentiamo di voler dare maggiore senso al
nostro tempo e alle nostre energie. Non ci va di sprecarlo
dietro cose non più prioritarie. Io, tu, noi, veniamo prima.
Abbiamo, in sostanza, rovesciato la piramide delle nostre
priorità: la parte più importante siamo noi, le nostre
passioni, il nostro tempo; poi viene tutto il resto. Ed è
meraviglioso.

Si stanno liberando tantissime energie: il
coraggio sta prendendo il posto della paura e il
cambiamento non è più visto come qualcosa di
ostile.
Cerchiamo uno scopo, magari non ce l’abbiamo ancora ben chiaro
e limpido in mente, ma sentiamo che c’è. E questo fenomeno è
molto ben visibile anche se lo guardiamo da un punto di vista
del marketing, della comunicazione e soprattutto dei brand.
C’è tantissimo spazio per quelle aziende in grado di incarnare
questo spirito di rinnovamento. I brand che si muoveranno con
sincerità in questa direzione nel prossimo futuro diventeranno
imprescindibili perché incroceranno non le scelte d’acquisto
delle persone, ma le loro scelte di vita. Una gran bella
differenza.

E allora: come ti stanno risuonando quelle parole?
Avere uno scopo nella vita, perseguirlo e trovarlo è una
sensazione bellissima. Ci fa sentire vivi. Che poi è proprio
quello che più ci è mancato in questi due anni. Il futuro è
aperto, vagli incontro. Inizia adesso.

Buona lettura,

                                                   Ivan Zorico

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Ecco come puoi prevedere il
futuro.
Sappiamo bene che il passato non esiste più, il futuro ancora
non c’è, e che l’unico tempo reale che davvero puoi vivere e
sul quale puoi incidere è il presente.

Nel tuo presente prendi costantemente decisioni: tirare sino a
tardi con gli amici, mangiare sano, fare dello sport,
disinstallare un’applicazione di messaggistica, rinunciare al
dolce dopo cena, posporre la sveglia del mattino enne volte,
fare le maratone di serie tv, rispondere ad una e-mail non
urgente mentre sei concentrato su un altro lavoro, eccetera
eccetera.

Ognuna di queste scelte ha un impatto diretto nel tuo
immediato presente: invece di esserti svegliato all’h 7, ti
sei di fatto alzato dal letto all’h 7.30; fare le maratone di
serie tv di sera ti farà andare a letto tardi; rispondere ad
una e-mail o chat o telefonata ti farà perdere la
concentrazione e il focus su un lavoro; mangiare sano ti farà
sentire in forma, e così via.
Scopri il nuovo numero: “Il futuro è
                   aperto”
 Il futuro prende vita dalle nostre azioni. E l’azione è
 sempre risolutrice. Andiamo incontro al futuro, senza timori.
 Il futuro è aperto!

Piccole scelte quotidiane che apparentemente hanno un impatto
piccolo: una mezz’ora in meno al mattino per te (per una
colazione più morbida, per leggere un libro, per stare un po’
con te stesso) per concederti una mezz’ora in più a letto;
“distrarsi” e spegnere il cervello davanti alla tv alla sera
per ritrovarsi poi ad avere sonno il mattino seguente;
dedicare “solo 5 minuti” a rispondere ad una e-mail o
telefonata invece di concludere un lavoro.

Capisci bene che queste tue scelte quotidiane
hanno la capacità di influenzare, per non dire
plasmare, il tuo futuro.
Una mezz’ora al giorno (sì quella che passi a letto la
mattina) per 30 giorni equivale ad avere 15 ore al mese da
dedicare a te o a un tuo progetto; 15 ore al mese che
diventano 180 ore all’anno e 1.800 ore in dieci anni. Giusto
per intenderci, considerando una giornata lavorativa da 8 ore,
solo recuperando quella mezz’ora al giorno, avresti
rispettivamente a disposizione circa 2 giorni al mese, circa
23 giorni all’anno (praticamente un mese feriale all’anno) e
223 giorni ogni 10 anni (in sostanza quasi un anno se
escludiamo sabato, domenica e festivi vari).

Ovviamente è solo un esempio, ma ci dà l’idea di quanto tutte
le nostre scelte quotidiane hanno un grandissimo impatto sul
nostro futuro e che, se ci pensiamo bene, lo determinano in
maniera inequivocabile. Facendo attenzione alle tue scelte
quotidiane potrai quindi verosimilmente prevedere cosa avverrà
in futuro. Pertanto, la prossima volta che starai per prendere
una decisione chiediti che impatti avrà nel breve, ma
soprattutto nel lungo periodo. Sarai stupito da quello che
riuscirai a scoprire.

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“Video   Killed  the  Radio
Star”: il video ha davvero
ucciso la Star della Radio?
Sono passati poco più di quarant’anni da quella mezzanotte ed
un minuto del primo agosto 1981, quando MTV andò in onda per
la prima volta, eppure oggi sembra essere passata un’eternità,
un passato talmente tanto remoto che ormai è storia.

L’1 agosto 1981 avevo appena compiuto due anni e di questo
passaggio epocale tra la musica che si ascoltava a quella che
si vedeva non ricordo nulla, ma posso ben capire che quello
che oggi per me, e per tutti i figli degli anni ’80, è
scontato, come guardare un videoclip musicale in televisione,
non lo fosse per chi ci ha preceduti.

Immaginiamo per gioco di essere lì a guardare quella prima
trasmissione di MTV e di avere quella decina di anni in più
che fanno la differenza tra un infante ed un adolescente: in
televisione scorre l’immagine di un astronauta che pianta
sulla superficie lunare una bandiera con il logo di MTV e
subito dopo parte il video della canzone, all’epoca
famosissima, del gruppo musicale britannico The Buggles,
“Video Killed the Radio Star”.

Avreste avuto anche voi la sensazione di essere
sbarcati nel futuro e che quello fosse l’unico
futuro possibile?
Forse sì, del resto, se non si fosse identificato con il
futuro un canale televisivo monotematico che parlasse di
musica in un’epoca in cui esisteva una televisione generalista
che mirava a conquistare una fetta di pubblico quanto più
ampia possibile, un canale quasi esclusivamente rivolto ai
giovani ed alle nuove tendenze musicali e che aveva cambiato
radicalmente il modo di proporre la musica e comunicarla,
cos’altro poteva essere?

 Il gruppo musicale britannico “The Buggles”, attivo nella
 seconda metà degli anni settanta, formato da Trevor Horn e
 Geoff Downes.

Oggi conosciamo bene l’impatto di MTV sul pubblico,
soprattutto sui giovani, e come cambiò il modo di fruire la
musica, contribuendo a sviluppare il linguaggio pop e la
cultura musicale collettiva e inventando persino nuovi
mestieri come il Veejay, non più disc jockey o speaker, ma
vero e proprio conduttore televisivo specializzato; ma forse
dovremmo rivedere la portata di una rivoluzione sicuramente
epocale, ma non così catastrofica da spazzare via le radio e,
più in generale, tutto quello che non passa in video.

All’epoca, era facile pensare che il video avrebbe soppiantato
l’audio: siamo negli anni ’80, c’è il boom della televisione,
che ormai è consolidato mezzo di comunicazione di massa. Ecco
perché una canzone come “Video Killed the Radio Star”, che
racconta la fine di una “star della radio” (qualcuno all’apice
della sua carriera radiofonica), ma metaforicamente è da
intendersi come la caduta dell’industria radiofonica a causa
delle preferenze del pubblico per la televisione e l’avvento
ineluttabile di macchine e della tecnologia (ad esempio,
sintetizzatori e drum machine largamente in uso in quel
periodo), prefigura la morte delle radio, morte che
fortunatamente non è ancora avvenuta.

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Del resto, il mezzo radiofonico è sopravvissuto a più di una
rivoluzione dimostrando capacità di rinnovamento ed
adattamento uniche; basti pensare all’avvento di Youtube,
l’altra grande rivoluzione che ha spostato l’attenzione del
pubblico di massa dalla televisione al web.

Sfruttando i media sicuramente più giovani, le radio sono
state capaci di rinnovarsi, pian piano hanno conquistato i
canali televisivi del digitale terrestre e poi si sono
insinuate nella rete, hanno portato musica e parole sfruttando
lo streaming e le enormi potenzialità di internet, non morendo
affatto, anzi, trasformando uno svantaggio in un punto di
forza e duttilità.

Il fatto è che non sempre si può guardare o si vuole guardare
uno schermo; pensiamo ad esempio a chi ascolta la radio mentre
guida, mentre lavora o mentre fa sport, senza contare poi che
il fatto di ascoltare senza dover necessariamente guardare
stimola la fantasia molto più delle immagini precedentemente
confezionate. Se così non fosse, non si spiegherebbe l’ascesa
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