Il Futuro è aperto 2023 - L'editoriale di Ivan Zorico
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Il Futuro è aperto 2023 – L’editoriale di Ivan Zorico Siamo soliti ammantare il futuro di tutta una serie di caratteristiche positive. Nel futuro tutto è realizzabile. Nel futuro tutto è risolvibile. Nel futuro tutto è possibile. Questa idea di futuro ci piace perché è fortemente democratica, ci facciamo stare dentro qualsiasi cosa: vita personale, collettività, business, tecnologia e tanto altro. Il mondo, e l’esistenza stessa, nel futuro è migliore. Per definizione. Incapaci di vivere il presente, demandiamo al futuro la nostra felicità. Sarò felice quando troverò quel lavoro; sarò felice quando mi laureerò; sarò felice quando avrò quella promozione; sarò felice quando dimagrirò 10 chili; etc. Il verbo futuro, usato in questo modo, è un abile alleato e, al tempo stesso, un cattivo consigliere. Ci rassicura e ci proietta in una vita che potrebbe essere, ma non è detto che sarà, e ci colloca in un territorio che ancora non esiste e che non possiamo controllare. Scopri il nuovo numero: “Il Futuro è aperto 2023” Il futuro è aperto per chi sa vivere il presente e per chi decide chi essere non nei prossimi 5 anni, ma nei prossimi 5 minuti.
Se ci pensi, spesso usiamo la tecnologia in egual maniera. Postiamo sui social media con le stesse modalità: la nostra vita reale non ci soddisfa, ma sulle varie piattaforme siamo come ci piacerebbe essere o, meglio, come vorremmo essere agli occhi degli altri. Più istruiti, più buoni, più belli, più interessanti, più ricchi, etc. E lo stesso vale con la promessa del metaverso. Lì, in quel luogo virtuale, possiamo essere chiunque; tutti purché non sé stessi. Pura illusione se pensiamo che, sia se si parli di vita reale che di vita virtuale, tutto e sottolineo tutto, parte da noi. Immaginiamo l’innovazione e la tecnologia come qualcosa al di fuori dell’essere umano, un universo nel quale si possono fare cose nuove. Mentre, a ben guardare, sia i social che il metaverso, non sono altro che rappresentazioni più che normali, più che umane. Lì, in quegli spazi, di fatto replichiamo aspetti del tutto umani: emozioni, istinti, complessità. Certo la portata di queste tecnologie ha di gran lunga amplificato le nostre opportunità, aperto nuovi scenari, ma non ci ha reso né immortali né onnipotenti. Il punto di partenza è sempre quello: l’essere umano, le persone, tu. Ce ne siamo accorti velocemente quando, di fronte alla pandemia, abbiamo perso le nostre certezze di invulnerabilità e tutte le nostre fragilità umane, che avevamo dato per superate e sconfitte proprio attraverso la tecnologia, sono emerse di colpo. l futuro è qualcosa che si raggiunge solo attraverso una lunga serie di presenti John C. Maxwell Il futuro è aperto per chi sa vivere il presente e
per chi decide chi essere non nei prossimi 5 anni, ma nei prossimi 5 minuti. Marshall McLuhan diceva che “la tecnologia è solo un’estensione della natura umana, non una sua sostituzione” e condivido totalmente il suo pensiero. E se è così faremo bene ad investire su di noi oggi stesso. Perché l’unica certezza che hai è che il futuro incomincia da te. Buona lettura, Ivan Zorico Ti è piaciuto? Hai qualche riflessione da condividere? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Rimaniamo in contatto: www.linkedin.com/in/ivanzorico Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati
Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Nuove lauree: cosa studiare per avere successo? Il numero di Smart Marketing “Il Futuro è aperto” mi dà l’occasione di fare una breve riflessione sulle nuove lauree e sul fatto che troppo spesso leggiamo sul giornale di imprenditori che non trovano lavoratori. Sarà davvero così? In molti casi la motivazione è sicuramente legata alle condizioni di lavoro e alla scarsa retribuzione, ma in altri il mercato del lavoro cerca specialisti e nuove tipologie di professionisti che ancora scarseggiano. Fabbisogno di laureati: i dati del mercato Uno studio condotto da ANPAL e Unioncamere indica che il fabbisogno di laureati per il futuro si attesta sugli 1,2 milioni di persone e dalla ricerca emerge come le lauree più richieste entro il 2024 saranno quelle nelle aree di economia e giurisprudenza, seguite dai titoli in medicina e in ingegneria. Scopri il nuovo numero: “Il Futuro è aperto 2023” Il futuro è aperto per chi sa vivere il presente e per chi decide chi essere non nei prossimi 5 anni, ma nei prossimi 5 minuti.
Chi vuole avere successo dovrebbe studiare negli ambiti: 1. Economico-Statistico: fabbisogno di laureati previsto di circa 40.000 unità; 2. Giuridico e Politico-Sociale: richiesta di laureati di 39.000 unità; 3. Medico-Sanitario: richiesta di laureati dalle 33.500 alle 35.300 unità; 4. Ingegneria: fabbisogno dalle 31.500 alle 34.600 unità. Ad oggi in questi settori si assiste ad una carenza di professionisti e questo dimostra come la laurea sia ancora una marcia in più per rispondere al fabbisogno occupazionale del settore pubblico e privato. Si prevede che entro il 2025 serviranno tra i 3,5 e i 3,9 milioni di lavoratori, dimostrando come l’idea di un mercato saturo di laureati sia solo un falso mito, specialmente per quanto riguarda le aree sanitarie, giuridiche e scientifiche.
Tre lavori del futuro a cui i giovani di oggi devono prepararsi Il futuro del mercato del lavoro è caratterizzato da innovazione, digitalizzazione e nuovi scenari e le opportunità per studenti e lavoratori di oggi e di domani sono veramente tante. I mestieri emergenti e le lauree che saranno più richieste riguardano la sostenibilità ambientale e i green jobs legati alla transizione verde che stiamo attraversando, ma non solo. Tra i lavori del futuro ci sono, infatti: SalesForce Consultant: diventare consulente per uno dei migliori software CRM al mondo è uno dei migliori investimenti per il proprio futuro, con questa professione emergente che garantisce uno stipendio nella media più alto rispetto agli altri professionisti IT. Stando a una ricerca dell’International Data Corporation, l’ecosistema Salesforce creerà circa 9,3 milioni di posti di lavoro in futuro entro il 2026: solo nel mercato italiano, si prevede un fabbisogno di circa 93 mila unità nei prossimi quattro anni; Manager della transizione digitale: la rivoluzione digitale richiede la presenza di figure professionali esperte in ambito economico-manageriale, tecnologico e statistico-matematico capaci di avviare la trasformazione digitale delle aziende e di creare valore con nuovi modelli di business; Machine Learning Specialist: in questi giorni di grande parlare di ChatGPT è emerso come servano machine learning specialist con un solido background matematico e ingegneristico applicato alla statistica e informatica Il fine del suo lavoro è quello di sviluppare algoritmi orientati all’apprendimento di informazioni e comportamenti, con un’attenta analisi di dati tramite metodi matematico-computazionali. Stando al report del World Economic Forum sul futuro del lavoro, i nuovi
mestieri nel campo dell’intelligenza artificiale e della crescita tecnologica saranno circa 97 milioni. In conclusione il consiglio per chi deve iscriversi all’università è quello di guardare a nuove lauree e nuovi mestieri perché, come dice il titolo di questo numero “Il Futuro è aperto”. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Il lavoro del futuro sarà davvero a ferie illimitate? Nel 2012, Lo Stato Sociale nella loro canzone dal titolo eloquente, “Mi sono rotto il cazzo”, cantavano: “Mi sono rotto il cazzo che bisogna essere lavoratori flessibili – Come ergastolani in tournée ma molti più sorridenti”. Un verso che lasciava trapelare il dibattito, tutto italiano, sulla rigidità del mercato del lavoro e sulla necessità di renderlo più flessibile, parole ripetute da più versanti, istituzioni, sindacati e associazioni di categoria, ma mai veramente messe in pratica fino ad allora. Oggi, dopo oltre un decennio, le cose in Italia non sono poi così cambiate, anche se a noi sembra di aver fatto passi da gigante. Adesso, immaginate che sia possibile lavorare in modo flessibile, talmente tanto flessibile da poter godere di ferie illimitate retribuite. Niente permessi, niente ferie da dover maturare, nessun orario da rispettare a patto che si porti a termine il compito assegnato nel tempo stabilito: il lavoro del futuro lo immaginiamo così, libero da ogni costrizione, o almeno è così che ce lo stanno facendo immaginare, visto che questo futuro potrebbe essere molto più vicino di quello che si possa pensare e potrebbe rivoluzionare il mercato del lavoro e la qualità della vita dei lavoratori. Qualche giorno fa, Microsoft, colosso dell’Hi-Tech e leader mondiale del mercato dell’informatica, ha annunciato che i suoi circa 120 mila dipendenti delle sedi degli Stati Uniti potranno usufruire di una forma flessibile di godimento delle ferie, retribuite e senza limiti, a patto che vengano
rispettati certi parametri nei risultati. Un trend al quale si stanno uniformando diverse aziende; una piccola rivoluzione nel lavoro del mercato statunitense abituato a flessibilità e smart working, fantascienza in quei paesi come l’Italia la cui rigidità del mercato del lavoro non è dettata solo dallo scarso ricambio generazionale e dagli alti costi, ma si estende anche nel modo di lavorare; non dobbiamo dimenticare, infatti, che lavoro flessibile e smart working sono stati di difficile attuazione anche in situazioni estreme, come la recente pandemia da Covid-19, quando si resero indispensabili per contenere i contagi ed assicurare il distanziamento sociale. Ma siamo sicuri che questo sistema rivoluzionario non nasconda insidie per i lavoratori stessi? È davvero tutto così bello come ce lo stanno prospettando, oppure dobbiamo porre l’attenzione su alcuni risvolti negativi? Ad esempio, la mancanza di un numero fisso di giorni di ferie a cui si avrebbe diritto potrebbe scatenare l’effetto opposto alle ferie illimitate: poiché non esiste un numero di ferie di cui usufruire obbligatoriamente, i lavoratori potrebbero vedersi ridotti i giorni di vacanza, che in questo caso sarebbero sì usufruiti a discrezione del lavoratore, ma autorizzati dal Capufficio in misura della mole di lavoro assegnata. Che succederebbe, quindi, se la mole di lavoro fosse eccessiva per il team o le scadenze troppo ravvicinate? E se il Capufficio ritenesse di non accordare i giorni di riposo ai dipendenti in ragione di un ipotetico risultato prefissato e da raggiungere ad ogni costo? Interrogativi che fanno riflettere sui diritti maturati dai lavoratori e sugli obblighi imposti ad essi ed ai datori di
lavoro; in fondo quando parliamo del mercato del lavoro dobbiamo tenere a mente che non si tratta solo di numeri, statistiche e stipendi, ma anche e soprattutto di persone. Scopri il nuovo numero: “Il Futuro è aperto 2023” Il futuro è aperto per chi sa vivere il presente e per chi decide chi essere non nei prossimi 5 anni, ma nei prossimi 5 minuti. Il tempo dedicato al lavoro, infatti, occupa la gran parte della giornata dei lavoratori e ne condiziona salute, qualità della vita, benessere fisico e mentale, inoltre è il pilastro di ogni moderna società, ecco perché le decisioni che riguardano la vita dei lavoratori devono essere prese valutandone tutti gli aspetti e non solo alcuni. Il mercato americano, a differenza di quello italiano, è un mercato del lavoro in cui molti diritti sono derogati a favore di una maggiore flessibilità da entrambi i lati, sia quello del lavoratore che quello del datore di lavoro; questa flessibilità permette un mercato estremamente vivace da un lato, ma sotto un altro aspetto vede poche tutele per il lavoratore, che può essere licenziato anche senza giusta causa da un giorno all’altro. A nostro avviso, sicuramente il mercato del lavoro italiano ha bisogno di più flessibilità, ma non bisogna dimenticare chi ha dato la vita affinché i diritti dei lavoratori venissero riconosciuti. Auspichiamo quindi che il lavoro del futuro non abbia soltanto ferie illimitate ma anche un minimo di ferie di cui poter usufruire per non fare la fine di quei “sorridenti ergastolani in tournée” ironicamente cantati da Lo Stato Sociale.
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next level of AI É una scena che riconosciamo subito quella che fa da Copertina d’Artista di questo numero di Smart Marketing dedicato all’Intelligenza Artificiale, quella che vediamo è la rivisitazione moderna di una delle fiabe tradizionali europee più famose, arrivata a noi in tante versioni, fra le quali la più celebre è quella dei fratelli Grimm. Chissà quanti di noi l’avranno ascoltata da piccoli prima di andare a letto o vista in versione cartone animato o letta sulle pagine di un libro o di un fumetto. La scena è quella del “Principe ranocchio”, anche se, come ormai sanno gli appassionati d’arte e i nostri lettori più fedeli (dopo 8 anni e più di Copertine d’Artista), gli artisti e le loro opere ci mostrano sempre di più di quello che appare ad una prima occhiata.
La Copertina d’Artista del 97° numero di Smart Marketing realizzata dall’artista Antonella Gallo.
Quello che in questa fiaba moderna appare diverso, mutato ed in trasformazione non è il ranocchio, bensì la principessa, che pare a tutti gli effetti un robot, o meglio un cyborg. La nostra principessa sembra un ibrido uomo-macchina che non sarebbe dispiaciuto al regista David Cronenberg o allo scultore e designer Hans Ruedi Giger. La scena allo stesso tempo ci attrae per la sua bellezza e poesia e ci respinge per la maniera in cui preannuncia un mondo futuro che sembra sempre più presente. Non osiamo immaginare cosa succederà quando la principessa cyborg bacerà il ranocchio: in chi, e soprattutto in che cosa, si trasformeranno i nostri due protagonisti? Sarà il ranocchio a diventare un principe robot o piuttosto, come ci auguriamo, sarà la principessa cyborg a ritrovare parte della sua umanità, o ancora, come nella recente versione Disney della fiaba “La principessa e il ranocchio” (2009), la principessa si trasformerà in rana? Scopri il nuovo numero: “The next level of AI” Le reti neurali, il machine learning e il deep learning, hanno permesso alle intelligenze artificiali negli ultimi 20-25 anni di diventare più efficienti e performanti di noi umani in svariati, ma specifici, campi o compiti. Saremo mai sostituiti dalle macchine? Non possiamo saperlo, quello che è certo è che mai come ora ci sembrano opportune e profonde le parole dello scrittore, sceneggiatore e regista messicano Guillermo Arriaga quando diceva che: “l’arte nasce per porre le giuste domande, non per dare risposte”. Ed allora, tutti noi ci chiediamo: quali sono le domande che
ci sta ponendo l’artista di questo numero, Antonella Gallo? Forse vuole suggerirci che le trasformazioni, le mutazioni e le ibridazioni saranno il nostro futuro ed un destino al quale non possiamo sottrarci? O, magari, visto che ha rappresentato a colori solo il ranocchio, l’artista vuole dirci che la speranza per un futuro grigio fatto di uomini e donne macchina è quello di un ritorno alla natura? Progetto per albo illustrato “Una lucciola nel buio” 2021.
O, infine, quello che l’artista ci mostra come solo l’arte sa fare è solo uno dei futuri possibili e sta a noi, esseri umani di oggi, imparare ad integrare ed armonizzare tra loro i tre elementi chiave di questa immagine: la natura rappresentata dal ranocchio, l’umanità rappresentata dalla principessa e la macchina (l’Intelligenza Artificiale) rappresentata dalle protesi elettroniche e meccaniche del cyborg. Il controllo, sembra dirci Antonella Gallo, ce lo abbiamo noi, sono ancora gli uomini e le donne a “decidere” che direzione prenderà la fiaba che un domani racconteremo ai nostri figli ed ai figli dei nostri figli, il futuro è aperto, le pagine di questo libro non sono state ancora scritte. Antonella Gallo (classe 1972), artista barese ma residente a Casamassima, il Paese Azzurro, si appassiona all’arte fin da bambina, si laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, dove consegue anche l’abilitazione all’insegnamento. Il figurativo diventa subito il suo mezzo espressivo privilegiato. Il disegno, anzi il segno, quale elemento primario dell’espressione grafica, viene esplorato dall’artista in tutte le sue accezioni: le trasparenze, il bianco e nero, le luci e le ombre, i chiaroscuri. Dopo un periodo di pausa ritorna a dipingere con la pittura ad olio. Negli ultimi anni si avvicina all’illustrazione e realizza diversi progetti. Da quando è diventata mamma di due gemelli, molti dei suoi lavori sono ispirati a loro.
Per informazioni e per contattare l’artista: visitare le pagine Facebook o Instagram oppure scrivere una email:antonellagngallo@gmail.com Ultime mostre ed eventi 2022 “Segni, architetture, sensazioni”, Esposizione d’Arte Collettiva artisti Bottega Lacast, Pro Loco Cellamare, Castello Caracciolo, Cellamare (Ba); Finalista Concorso “Sorrisi for VALUE”, Galleria Nartist, Gioia del Colle (Ba). 2021 4° Edizione “Art And Sharing” Esposizione d’Arte Collettiva, Bottega D’Arte Lacast, Casamassima (Ba); Finalista Concorso d’Arte per opere da studio 7° Edizione “Pettegolezzi d’Arte nei vicoli del Borgo”, Pro Loco Casamassima (Ba). 2020 3° Edizione “Art And Sharing” Esposizione d’Arte Collettiva, Bottega D’Arte Lacast, Casamassima (Ba). 2019 “Tracce di storia tra passato e presente”, Esposizione d’Arte Collettiva artisti Bottega Lacast, Pro Loco Cellamare, Castello Caracciolo, Cellamare (Ba); 2° Edizione “Art And Sharing” Esposizione d’Arte Collettiva, Bottega D’Arte Lacast, Casamassima (Ba); “Magicon”, Esposizione d’Arte Collettiva artisti Bottega
Lacast, Chiasso Elia, Casamassima (Ba). Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
The next level of AI – L’editoriale di Ivan Zorico C’è poco da fare. Quando parliamo di intelligenza artificiale non possiamo non pensare alla vasta produzione cinematografica alla quale siamo stati esposti negli anni. Sarà perché da sempre il cinema ha questa capacità di immaginare mondi paralleli o sarà perché l’intelligenza artificiale, i robot e tutto ciò che prende il nome di “futuro”, ha sempre prodotto un certo grado di fascinazione in noi “comuni mortali”, fatto sta che sono davvero tante le pellicole che hanno messo al centro questi temi. Film in grado di anticipare di molti anni gli sviluppi presenti tutt’oggi e di prefigurare realtà che allora risiedevano solo nel campo della fantascienza. Alcuni, anzi molti, sono stati realizzati in chiave distopica (cfr. l’uomo che viene sopraffatto dalle macchine); quasi la totalità sottendono anche questioni di tipo etico. In tutti i casi, sono comunque modi di approcciare il mondo dell’intelligenza artificiale da un punto di vista laterale. Proprio come piace a noi di Smart Marketing. Analizziamo due film su tutti: Terminator e Her TERMINATOR (1984)
Non credo ci sia qualcuno che non conosca Terminator. Ma per i pochi che non lo conoscesse, in questa pellicola l’intelligenza artificiale prende il nome di Skynet. Quest’ultima, dopo aver raggiunto l’autocoscienza, si ribella all’uomo e ingaggia uno scontro definitivo contro di lui. Film iconico per intere generazioni, il capolavoro diretto da James Cameron pone evidentemente l’accento sul rapporto (molto) conflittuale tra uomo e macchina e sulla capacità da parte di quest’ultima di eseguire efficacemente i comandi che le vengono dati. Evidentemente quella parte conflittuale è relegata all’immaginario più pessimista, e per fortuna è ben lontana dal potersi verificare. Ma è indubbio che un conflitto uomo- macchina esista, anche se nei fatti serpeggia nell’uomo e non nella macchina. Mi riferisco all’annosa paura dell’uomo che la macchina possa erodere posti di lavoro e quindi soppiantarlo in tante attività. Paura, e quindi conflitto, che nasce ogni qualvolta vengono comunicate le stime sull’occupazione e sul futuro del lavoro; stime che vedono la perdita di milioni di posti di lavoro “a favore” dell’intelligenza artificiale. Quel che però non viene rappresentato, o per certi versi fa molto meno notizia, è che, a fronte di quei posti di lavori persi, se ne creeranno di più e di nuovi proprio per l’uomo. Si perderanno in sostanza i lavori più ripetitivi, dove le macchine sono evidentemente più performanti, e si creeranno lavori dove l’apporto dell’uomo sarà più qualitativo. L’altra componente, che si lega proprio a quest’ultimo punto, ossia la capacità di eseguire molto bene precisi compiti, è più che mai attuale. La vera forza delle intelligenze artificiali è infatti quella di eseguire instancabilmente un comando e di migliorarne l’esecuzione con l’apprendimento continuo. Pertanto, così come – estremizzando – i due robot in Terminator 2 sono programmati per eseguire un solo compito (rispettivamente eliminare e proteggere), oggi le intelligenze artificiali sviluppano le loro maggiori potenzialità lavorando
verticalmente su un singolo item. E lo fanno senza dover mai riposare, mangiare, etc. Scopri il nuovo numero: “The next level of AI” Le reti neurali, il machine learning e il deep learning, hanno permesso alle intelligenze artificiali negli ultimi 20-25 anni di diventare più efficienti e performanti di noi umani in svariati, ma specifici, campi o compiti. Saremo mai sostituiti dalle macchine? HER (2013) A differenza che in Terminator, il film scritto e diretto da Spike Jonze (quello di “Essere John Malkovich” per intenderci) ci porta a vivere un’atmosfera molto più simile alla nostra. L’ambientazione è comune, la IoT (l’internet delle cose) e i computer sono parte integrante della vita delle persone, così come gli smartphone. La novità è data da una nuova intelligenza artificiale immessa sul mercato in grado di entrare in empatia con le persone, di interagire e di imparare molto velocemente, e che arriva a provare sentimenti ed emozioni umane. Sarà proprio l’interazione tra questa intelligenza artificiale ed il protagonista maschile del film ad essere al centro della storia. “Her” è interessante per una serie di motivi. Oltre ad essere un film molto bello (la sceneggiatura è stata pluripremiata), racchiude in sé una serie di AI oggi ampiamente utilizzate da noi tutti: la IoT; i cosiddetti “speech to text”, ossia quegli strumenti che ci permettono di parlare e di trasformare la nostra voce in testo; e gli assistenti vocali. Di fatto “Her”, che nel film prende il nome di Samantha, è un’assistente vocale evoluta. Non solo comprende quello che le viene detto, ma coglie anche gli aspetti psicologici ed emotivi delle persone. Oggi gli
assistenti virtuali vengono molto usati nel campo del marketing per dare informazioni ai clienti, h 24 e 7 giorni su 7. Non siamo ancora arrivati ai livelli di sofisticazioni rappresentati in “Her”, anche se ci stanno lavorando. Il cinema è stato spesso precursore, e probabilmente sceneggiatori e registi, anche con l’aiuto di futurologi e studiosi della materia, stanno già lavorando a film che ci trasporteranno verso mondi che oggi fatichiamo ad immaginare. Quel che dobbiamo sapere è che il futuro dell’intelligenza artificiale passa dalle mani dell’uomo e che saremo noi stessi a determinare la direzione che prenderà. Quello che possiamo fare è restare aggiornati sui nuovi sviluppi tecnologici e sulle nuove applicazioni (in questo senso ci sono eventi che promuovono la diffusione della conoscenza su questi temi). E, perché no, recuperare qualche bel film. Come abbiamo visto, hanno tanto da insegnare. Evviva evviva! Con questo numero compiamo gli anni. Smart Marketing entra nel nono anno di vita. Se ti va di farci un regalo, condividi questo numero, lasciaci un commento o scrivici su redazione@smarknews.it. O anche tutte le tre cose assieme. Ci farebbe molto piacere avere un tuo riscontro…grazie! Buona lettura, Ivan Zorico Ti è piaciuto? Hai qualche riflessione da condividere? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Rimaniamo in contatto: www.linkedin.com/in/ivanzorico
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Oltre il copywriting: i testi scritti dall’intelligenza artificiale. Oggi i robot e l’intelligenza artificiale permettono di fare veramente tutto, ma è davvero venuto il momento in cui la
tecnologia di intelligenza artificiale è pronta a scrivere per l’uomo aiutandolo a produrre contenuti testuali? Per fortuna non esistono ancora robot capaci di scrivere come i grandi nomi della nostra letteratura, come Dante Alighieri e Giacomo Leopardi, e in grado di togliere il lavoro ai copywriter. Eppure la AI ha fatto importanti passi avanti e oggi con le attuali tecnologie si possono ottenere buoni contenuti per la SEO e il Content Marketing anche scritti da robot. Vediamo di fare chiarezza su quali sono e come funzionano questi strumenti. Cosa si intende con strumento di scrittura AI? La scrittura AI è uno strumento che scrive contenuti di marketing al posto dell’uomo e si basa su una combinazione perfetta di deep learning ed elaborazioni naturali del linguaggio umano che porta alla realizzazione di contenuti pubblicitari adatti all’attività di marketing digitale. Pensiamo ai testi per siti web e ecommerce, agli articoli per il blog e alla landing page. In questo caso l’intelligenza artificiale raccoglie i dati da più fonti online e li rielabora come se fossero nati da idee e intuizioni umane. In pochi minuti sulla base di pochi input il testo è pronto e alla persona basta dare le parole chiave, un abstract e un tone of voice alla macchina per ottenere il testo dall’algoritmo, sulla base di quanto è già stato pubblicato online su un argomento. Strumenti di scrittura AI: a chi servono? Tra coloro che si possono avvantaggiare degli strumenti di scrittura basati sull’intelligenza artificiale ci sono i professionisti che realizzano testi per la vendita e il marketing e devono scrivere ogni giorno nuovi contenuti. Pensiamo a blogger, copywriter e agenzie di marketing.
Scopri il nuovo numero: “The next level of AI” Le reti neurali, il machine learning e il deep learning, hanno permesso alle intelligenze artificiali negli ultimi 20-25 anni di diventare più efficienti e performanti di noi umani in svariati, ma specifici, campi o compiti. Saremo mai sostituiti dalle macchine? In questi casi l’algoritmo crea testi per raggiungere un determinato obiettivo di business e persino ottimizzati lato SEO. Pensiamo, come detto, ad articoli di blog, copy per sponsorizzazioni, testi per email e newsletter, comunicati stampa e descrizioni di prodotti per l’ecommerce, ma c’è un problema: i risultati. La qualità dei testi scritti da software AI Un testo realizzato dall’intelligenza artificiale non è pronto all’uso e va editato dalla persona che lo pubblica online, anche per migliorare il posizionamento SEO. Inoltre, in caso di contenuti molto tecnici e specialistici il testo potrebbe essere complesso, ripetitivo e incoerente. Pensiamo a casi in cui – e si legge spesso online – il tool sbaglia su personaggi omonimi o scrive di incendi divampati sott’acqua e altro ancora. Per questo è importante controllare la bontà e la qualità dei testi scritti dall’intelligenza artificiale e non credere che un algoritmo possa sostituire in tutto e per tutto un valido copywriter. Per chi, come me, scrive ogni giorno decine di contenuti per il web un tool per l’AI potrebbe semplificare il lavoro, anche se credo che la complessità lessicale e linguistica del cervello umano sarà difficile da replicare nel testo scritto da una macchina. Staremo a vedere le evoluzioni future!
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a scuola: sarà promossa o bocciata? Pronunciare l’espressione “Intelligenza artificiale” spesso, fa pensare ad un futuro lontano, ma in realtà non è così, siamo già dentro al futuro. L’intelligenza artificiale ci circonda nelle attività quotidiane, e sarà sempre più presente nelle nostre vite. Proprio per questo motivo è naturale chiedersi quale potrà essere il ruolo dell’I.A. nell’istruzione, in quanto potrà aprire nuovi scenari per le pratiche didattiche ed essere una risorsa per migliorare la scuola. I nativi digitali dovranno essere preparati per un lavoro legato a doppio filo alla tecnologia, ancor più del presente. La confusione sull’argomento non è stata dipanata del tutto, è ancora difficile definire esattamente di cosa si tratta. Secondo la Strategia dell’Unione Europea per l’Intelligenza Artificiale “ci si riferisce a sistemi che mostrano un comportamento intelligente nell’analizzare il loro ambiente e intraprendere azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere obiettivi specifici. I sistemi basati sull’I. A. possono essere basati su software, agendo in modo virtuale (ad esempio, assistenti vocali, software di analisi immagini, motori di ricerca, sistemi di riconoscimento vocale e facciale…), oppure possono essere incorporati in dispositivi hardware (come robot avanzati, auto autonome, droni, applicazioni Internet of Things…). La futura scuola si servirà dell’I.A. “Esiste una domanda crescente nei confronti delle scuole perché preparino gli studenti ai cambiamenti economici e sociali più rapidi, ai posti di lavoro che non sono stati ancora creati, alle tecnologie che non sono state ancora inventate a risolvere problemi sociali che non esistevano in
passato” si legge su The future of education and skills: Education 2030- OCSE. Nel Piano d’azione per l’istruzione digitale 2021/27, pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico, si evidenzia il bisogno di riprogettare il curriculo delle scuole affinché includa forme di apprendimento nel campo dell’I.A., oltre che la necessità di procedere con l’aggiornamento delle competenze dei docenti in materia. Gli studenti avranno la necessità di acquisire competenze sul funzionamento dell’intelligenza artificiale, e allo stesso tempo essa può essere considerata un valido strumento didattico. La prof.ssa Luckin (University College London), ha individuato tre necessità educative, per cui diventa fondamentale introdurre l’I.A. nelle scuole: ogni cittadino di domani dovrebbe saper discutere sugli aspetti etici dell’I.A., dovrebbe saperne comprendere le basi del funzionamento ed essere in grado di progettare semplici sistemi di I.A. I vantaggi dell’I.A. nella scuola Se nel versante amministrativo l’intelligenza artificiale ha già trovato applicazione, (ad esempio con l’utilizzo del registro elettronico in tempo reale, comunicazione delle pagelle e dei calendari), nella didattica stenta ancora a trovare il proprio spazio. Nel Libro Bianco per l’Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino a cura dell’Agenzia per l’Italia Digitale, si ipotizzano esempi da cui la scuola potrebbe trarre vantaggio dall’utilizzo dell’I.A. in classe: Avere a disposizione degli strumenti automatici per la valutazione degli studenti Creare la personalizzazione del materiale didattico Utilizzare un tutoring automatizzato, con la possibilità
di seguire gli studenti h24 Ottenere eventuali suggerimenti di variazioni del programma da eseguire, nel caso in cui si evidenziassero delle problematiche Elaborazione di indicatori di rischio dell’abbandono scolastico “Un uso più semplice e molto più efficace dell’I.A. nella scuola potrebbe essere il supporto allo studio individuale, quale strumento di autovalutazione attraverso la redazione automatica di esercizi aggiuntivi e interrogazioni virtuali”, si specifica nel Libro Bianco. Ciò permetterebbe agli insegnanti di capire meglio le lacune degli allievi e intervenire in modo personalizzato. Scopri il nuovo numero: “The next level of AI” Le reti neurali, il machine learning e il deep learning, hanno permesso alle intelligenze artificiali negli ultimi 20-25 anni di diventare più efficienti e performanti di noi umani in svariati, ma specifici, campi o compiti. Saremo mai sostituiti dalle macchine? La ricerca “How artificial intelligence will impact k-12 teacher” di McKinsey, ha evidenziato che gli insegnanti, prima della pandemia, interagivano con gli alunni per il 49% del tempo a disposizione; il restante 51% era dedicato alle attività amministrative, burocratiche e valutative. Secondo lo studio, con l’impiego dell’intelligenza artificiale, gli insegnanti potrebbero guadagnare dal 20 al 40% del tempo da dedicare alle attività con la classe. Non solo scuola, anche le università, secondo il documento MISE, sono tenute ad introdurre i temi relativi all’Intelligenza Artificiale nei percorsi di studio e a
istituire nuovi corsi di laurea specifici, fino ad un incremento del 20% in 5 anni. I.A. come strumento di inclusione Un aiuto, da non sottovalutare, potrebbe realizzarsi nel contributo che l’intelligenza artificiale può offrire nell’abbattere le barriere legate alla disabilità. Pensiamo alle situazioni di DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) e BSE (bisogni educativi speciali), presenti fra gli studenti, nelle quali l’intelligenza artificiale potrebbe favorire l’apprendimento con delle facilitazioni. Ma anche ai casi di disturbo dello spettro autistico, dove le difficili relazioni con gli studenti potrebbero essere gestite e favorite dalla robotica sociale. I.A. sì o no? I dubbi che circondano il tema dell’I.A. sono ancora molti, così come le domande. Ogni incertezza diventa ancora più delicata quando si parla di scuola e bambini. È lecito chiedersi se un “Avatarteacher”, per quanto utile, possa sostituire il carisma sociale dell’insegnante. Nel periodo della D.A.D. tante sono state le riflessioni circa la mancanza delle relazioni e del contatto sociale in classe, ed è comprensibile che molti ne siano impauriti. L’aiuto dell’I.A., oltre a potenziare le possibilità umane, propone nuovi parametri che modificano vari aspetti della vita, comportando una revisione del concetto di privacy. Tutto ciò richiede un ripensamento dell’etica, e proprio per questa ragione nasce SIpEIA (società italiana per l’etica dell’intelligenza artificiale), che riunisce accademici, studiosi, aziende e cittadini con l’obiettivo di riflettere sui problemi etici sollevati. In ogni caso, la vera sfida non è più essere propensi o meno alla diffusione del fenomeno, quanto piuttosto saper gestire
nel modo più opportuno il nuovo potenziale, minimizzandone i rischi, a vantaggio della società e dei singoli. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
“Viaggio nell’Italia dell’Antropocene” di Telmo Pievani e Mauro Varotto traccia la geografia visionaria (ma non troppo) dell’Italia del futuro, ed è una profezia che dobbiamo assolutamente conoscere Anche quest’anno vi propongo un libro al mese, forse due, per raccontare chi siamo, da dove veniamo, dove vorremmo andare e come ci vogliamo arrivare. Perché la lettura può essere svago, intrattenimento, ma anche un valido esercizio per imparare a pensare e sviluppare una certa idea del mondo. Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per decidere se vale la pena comprarlo e soprattutto leggerlo. Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un esercizio di legittima difesa. Siamo nell’anno 2786: a bordo del battello Palmanova Milordo, il giovane rampollo di una famiglia ricca, sta iniziando il suo Grand Tour in Italia. Ma non è l’Italia che conosciamo oggi, a distanza di 1000 anni dopo il famoso “Viaggio in Italia” di Goethe del bellissimo e sorprendente paese che visitò il filosofo, scrittore e poeta tedesco è rimasto ben poco. Il riscaldamento globale ha trasformato profondamente la geografia e il clima dell’Italia del futuro, moltissime delle
città costiere sono ormai sommerse, la Pianura padana è quasi completamente allagata; i Milanesi vanno al mare ai Lidi di Lodi; Padova e tantissime altre città sono interamente sommerse; altre ancora si sono convertite in un sistema di palafitte urbane; le coste di Marche, Abruzzo e Molise hanno l’aspetto dei fiordi norvegesi; Roma è una metropoli tropicale; la Puglia è tagliata in due dal mare e rappresenta una meta caraibica molto ambita; la Sicilia infine è un deserto roccioso del tutto simile a quello libico e tunisino. É questo il Paese in cui si compie il viaggio di Milordo ed il nostro, mentre leggiamo il documentato saggio/narrativo “Viaggio nell’Italia dell’Antropocene – La geografia visionaria del nostro futuro”, scritto a quattro mani dal filosofo della scienza ed evoluzionista Telmo Pievani e dal geografo Mauro Varotto, corredato dalle dettagliatissime ed inquietanti mappe create da Francesco Ferrarese. Viaggio nell’Italia dell’Antropocene La geografia visionaria del nostro futuro Autore: Telmo Pievani e Mauro Varotto (con le mappe di Francesco Ferrarese)
Editore: Aboca Edizioni Anno: aprile 2021 Pagine: 192 Isbn: 9788855230612 Prezzo: € 22,00 Il termine Antropocene fu introdotto per la prima volta nel 1992 da Andrew Revkin, che ipotizzò una nuova epoca geologica chiamata Antrocene. Il termine fu successivamente diffuso negli anni ottanta dal biologo naturalista Eugene F. Stoermer e adottato al convegno dell’IGPB del 2000 dal Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen in una nota apparsa in una newsletter. Anche se, a dire il vero, il primo studioso che propose la creazione di una nuova era geologica fu il ricercatore italiano Antonio Stoppani, che nel 1873 propose il termine di era antropozoica per definire l’attività umana sul pianeta Terra. Ma al di là della disputa accademica su chi sia il padre del termine, nessuno può, già oggi e da molto tempo, negare che l’Antropocene esista. L’impatto dell’uomo sull’ecosistema ed il clima terrestre è sotto gli occhi di tutti e la crisi ambientale e climatica sta già causando, e causerà sempre di più in futuro, devastazioni, carestie, migrazioni di massa ed immaginabili danni economici. Scopri il nuovo numero: “Social War” Con le nuove tecnologie le guerre sono diventate globali, prima ancora che mondiali (e per fortuna!). Nella sfera informativa, iperconnessa e pervasiva, siamo tutti protagonisti. Siamo tutti chiamati in causa.
Il libro di Telmo Pievani e Mauro Varotto ha, fra i tanti, il pregio di identificare e geolocalizzare gli effetti dell’Antropocene in una realtà ben definita: l’Italia, la cui geografia da sempre è stata estremamente mobile per ragioni tettoniche, morfogenetiche, climatiche e da ultimo anche antropiche. Ciò che i due autori ci mostrano è una sbirciatina al futuro in un’immaginaria sfera di cristallo, ma attenzione, non si tratta di una mera profezia, di una fantascienza distopica, no, quello che vediamo è una “promessa” e una “premessa” del futuro prossimo venturo, verso il quale stiamo correndo all’impazzata. Perché dovremmo leggere “Viaggio nell’Italia dell’Antropocene – La geografia visionaria del nostro futuro”? Due i motivi principali per leggere questo agile e documentatissimo saggio/narrativo: il primo è rappresentato dalla struttura stessa del libro, che vede ogni area geografica del nostro Paese affrontata sia con gli occhi del viaggiatore Milordo impegnato in questo futuro Grand Tour (tutte le parti narrative sono scritte da Telmo Pievani), sia da un approfondimento scientifico che cerca di inquadrare gli scenari descritti in maniera razionale (tutti gli approfondimenti sono di Mauro Varotto). Il secondo motivo sono le cartine e le mappe realizzate da Francesco Ferrarese, che delineano la silhouette inconsueta e drammatica dell’Italia del futuro meglio e più compiutamente di tante parole; vedere la pianura Padana completamente sommersa, le città arretrate e ricostruite a centinaia di chilometri dalle coste, la Puglia spaccata in due dal mare e la Sicilia trasformata in una distesa desertica senza più vegetazione, insieme a tanti altri esempi ci colpisce come uno schiaffo in faccia. Se tutto continuerà ad andare per il verso sbagliato e non attueremo le giuste misure per evitare il surriscaldamento
globale, ci dicono in ogni modo e con diversi codici comunicativi gli autori, assisteremo davvero alla fusione dei ghiacci perenni e all’innalzamento del livello dei mari solo ipotizzati in questo libro, ed allora lo scenario ancora irrealistico descritto diventerà drammaticamente reale. Ma attenzione, la responsabilità di agire diversamente è la nostra: possiamo e dobbiamo cercare di orientare lo sviluppo economico, sociale, ambientale, ma anche geografico, verso una direzione diversa da quella ipotizzata in questo libro, ne va della nostra stessa sopravvivenza, della sopravvivenza dell’Italia, della sopravvivenza dell’idea stessa che abbiamo del nostro Belpaese. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi
dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Il futuro è aperto 2022 – L’editoriale di Ivan Zorico La tua seconda vita comincia quando capisci di averne una sola (Raphaëlle Giordano) Come ti risuonano queste parole? Sono praticamente due anni che stiamo vivendo sotto una pandemia mondiale; una pandemia che ci ha messo di fronte a fragilità personali e collettive, che ci ha portato via persone care, che ha limitato le nostre libertà, che ha portato sofferenza sociale ed economica, e che ci ha fatto riscoprire insicuri, profondamente emotivi e indifesi.
Eppure, ci ha anche messo realmente di fronte, come mai prima, a noi stessi. In questi due anni tante cose sono cambiate. Le cose che facciamo, come le facciamo e perché le facciamo. Ecco, soprattutto, perché le facciamo. Ci domandiamo molto più spesso e molto più profondamente perché facciamo determinate cose: perché ci alziamo la mattina, perché facciamo quel lavoro, perché andiamo in quel locale, perché incontriamo quelle persone, e via così. Scopri il nuovo numero: “Il futuro è aperto” Il futuro prende vita dalle nostre azioni. E l’azione è sempre risolutrice. Andiamo incontro al futuro, senza timori. Il futuro è aperto! D’un tratto ogni azione che facciamo ha assunto un significato diverso. Diamo persino un valore nuovo a quello che prima davamo per scontato. Sentiamo di voler dare maggiore senso al nostro tempo e alle nostre energie. Non ci va di sprecarlo dietro cose non più prioritarie. Io, tu, noi, veniamo prima. Abbiamo, in sostanza, rovesciato la piramide delle nostre priorità: la parte più importante siamo noi, le nostre passioni, il nostro tempo; poi viene tutto il resto. Ed è meraviglioso. Si stanno liberando tantissime energie: il coraggio sta prendendo il posto della paura e il cambiamento non è più visto come qualcosa di ostile. Cerchiamo uno scopo, magari non ce l’abbiamo ancora ben chiaro e limpido in mente, ma sentiamo che c’è. E questo fenomeno è molto ben visibile anche se lo guardiamo da un punto di vista del marketing, della comunicazione e soprattutto dei brand. C’è tantissimo spazio per quelle aziende in grado di incarnare
questo spirito di rinnovamento. I brand che si muoveranno con sincerità in questa direzione nel prossimo futuro diventeranno imprescindibili perché incroceranno non le scelte d’acquisto delle persone, ma le loro scelte di vita. Una gran bella differenza. E allora: come ti stanno risuonando quelle parole? Avere uno scopo nella vita, perseguirlo e trovarlo è una sensazione bellissima. Ci fa sentire vivi. Che poi è proprio quello che più ci è mancato in questi due anni. Il futuro è aperto, vagli incontro. Inizia adesso. Buona lettura, Ivan Zorico Ti è piaciuto? Hai qualche riflessione che vuoi condividere? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Rimaniamo in contatto: www.linkedin.com/in/ivanzorico Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email *
Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Ecco come puoi prevedere il futuro. Sappiamo bene che il passato non esiste più, il futuro ancora non c’è, e che l’unico tempo reale che davvero puoi vivere e sul quale puoi incidere è il presente. Nel tuo presente prendi costantemente decisioni: tirare sino a tardi con gli amici, mangiare sano, fare dello sport, disinstallare un’applicazione di messaggistica, rinunciare al dolce dopo cena, posporre la sveglia del mattino enne volte, fare le maratone di serie tv, rispondere ad una e-mail non urgente mentre sei concentrato su un altro lavoro, eccetera eccetera. Ognuna di queste scelte ha un impatto diretto nel tuo immediato presente: invece di esserti svegliato all’h 7, ti sei di fatto alzato dal letto all’h 7.30; fare le maratone di serie tv di sera ti farà andare a letto tardi; rispondere ad una e-mail o chat o telefonata ti farà perdere la concentrazione e il focus su un lavoro; mangiare sano ti farà sentire in forma, e così via.
Scopri il nuovo numero: “Il futuro è aperto” Il futuro prende vita dalle nostre azioni. E l’azione è sempre risolutrice. Andiamo incontro al futuro, senza timori. Il futuro è aperto! Piccole scelte quotidiane che apparentemente hanno un impatto piccolo: una mezz’ora in meno al mattino per te (per una colazione più morbida, per leggere un libro, per stare un po’ con te stesso) per concederti una mezz’ora in più a letto; “distrarsi” e spegnere il cervello davanti alla tv alla sera per ritrovarsi poi ad avere sonno il mattino seguente; dedicare “solo 5 minuti” a rispondere ad una e-mail o telefonata invece di concludere un lavoro. Capisci bene che queste tue scelte quotidiane hanno la capacità di influenzare, per non dire plasmare, il tuo futuro. Una mezz’ora al giorno (sì quella che passi a letto la mattina) per 30 giorni equivale ad avere 15 ore al mese da dedicare a te o a un tuo progetto; 15 ore al mese che diventano 180 ore all’anno e 1.800 ore in dieci anni. Giusto per intenderci, considerando una giornata lavorativa da 8 ore, solo recuperando quella mezz’ora al giorno, avresti rispettivamente a disposizione circa 2 giorni al mese, circa 23 giorni all’anno (praticamente un mese feriale all’anno) e 223 giorni ogni 10 anni (in sostanza quasi un anno se escludiamo sabato, domenica e festivi vari). Ovviamente è solo un esempio, ma ci dà l’idea di quanto tutte le nostre scelte quotidiane hanno un grandissimo impatto sul nostro futuro e che, se ci pensiamo bene, lo determinano in maniera inequivocabile. Facendo attenzione alle tue scelte quotidiane potrai quindi verosimilmente prevedere cosa avverrà in futuro. Pertanto, la prossima volta che starai per prendere
una decisione chiediti che impatti avrà nel breve, ma soprattutto nel lungo periodo. Sarai stupito da quello che riuscirai a scoprire. Ti è piaciuto? Hai qualche riflessione che vuoi condividere? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Rimaniamo in contatto: www.linkedin.com/in/ivanzorico Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
“Video Killed the Radio Star”: il video ha davvero ucciso la Star della Radio? Sono passati poco più di quarant’anni da quella mezzanotte ed un minuto del primo agosto 1981, quando MTV andò in onda per la prima volta, eppure oggi sembra essere passata un’eternità, un passato talmente tanto remoto che ormai è storia. L’1 agosto 1981 avevo appena compiuto due anni e di questo passaggio epocale tra la musica che si ascoltava a quella che si vedeva non ricordo nulla, ma posso ben capire che quello che oggi per me, e per tutti i figli degli anni ’80, è scontato, come guardare un videoclip musicale in televisione, non lo fosse per chi ci ha preceduti. Immaginiamo per gioco di essere lì a guardare quella prima trasmissione di MTV e di avere quella decina di anni in più che fanno la differenza tra un infante ed un adolescente: in televisione scorre l’immagine di un astronauta che pianta sulla superficie lunare una bandiera con il logo di MTV e subito dopo parte il video della canzone, all’epoca famosissima, del gruppo musicale britannico The Buggles, “Video Killed the Radio Star”. Avreste avuto anche voi la sensazione di essere sbarcati nel futuro e che quello fosse l’unico futuro possibile? Forse sì, del resto, se non si fosse identificato con il futuro un canale televisivo monotematico che parlasse di musica in un’epoca in cui esisteva una televisione generalista che mirava a conquistare una fetta di pubblico quanto più ampia possibile, un canale quasi esclusivamente rivolto ai giovani ed alle nuove tendenze musicali e che aveva cambiato
radicalmente il modo di proporre la musica e comunicarla, cos’altro poteva essere? Il gruppo musicale britannico “The Buggles”, attivo nella seconda metà degli anni settanta, formato da Trevor Horn e Geoff Downes. Oggi conosciamo bene l’impatto di MTV sul pubblico, soprattutto sui giovani, e come cambiò il modo di fruire la musica, contribuendo a sviluppare il linguaggio pop e la cultura musicale collettiva e inventando persino nuovi mestieri come il Veejay, non più disc jockey o speaker, ma vero e proprio conduttore televisivo specializzato; ma forse dovremmo rivedere la portata di una rivoluzione sicuramente epocale, ma non così catastrofica da spazzare via le radio e, più in generale, tutto quello che non passa in video. All’epoca, era facile pensare che il video avrebbe soppiantato l’audio: siamo negli anni ’80, c’è il boom della televisione, che ormai è consolidato mezzo di comunicazione di massa. Ecco perché una canzone come “Video Killed the Radio Star”, che
racconta la fine di una “star della radio” (qualcuno all’apice della sua carriera radiofonica), ma metaforicamente è da intendersi come la caduta dell’industria radiofonica a causa delle preferenze del pubblico per la televisione e l’avvento ineluttabile di macchine e della tecnologia (ad esempio, sintetizzatori e drum machine largamente in uso in quel periodo), prefigura la morte delle radio, morte che fortunatamente non è ancora avvenuta. Scopri il nuovo numero: “Il futuro è aperto” Il futuro prende vita dalle nostre azioni. E l’azione è sempre risolutrice. Andiamo incontro al futuro, senza timori. Il futuro è aperto! Del resto, il mezzo radiofonico è sopravvissuto a più di una rivoluzione dimostrando capacità di rinnovamento ed adattamento uniche; basti pensare all’avvento di Youtube, l’altra grande rivoluzione che ha spostato l’attenzione del pubblico di massa dalla televisione al web. Sfruttando i media sicuramente più giovani, le radio sono state capaci di rinnovarsi, pian piano hanno conquistato i canali televisivi del digitale terrestre e poi si sono insinuate nella rete, hanno portato musica e parole sfruttando lo streaming e le enormi potenzialità di internet, non morendo affatto, anzi, trasformando uno svantaggio in un punto di forza e duttilità. Il fatto è che non sempre si può guardare o si vuole guardare uno schermo; pensiamo ad esempio a chi ascolta la radio mentre guida, mentre lavora o mentre fa sport, senza contare poi che il fatto di ascoltare senza dover necessariamente guardare stimola la fantasia molto più delle immagini precedentemente confezionate. Se così non fosse, non si spiegherebbe l’ascesa
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