Il dirigente scolastico nell'era della "buona scuola"

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2 SETTEMBRE 2015

  Il dirigente scolastico nell’era della
            “buona scuola”

                      di Alessandra Dapas
                            Avvocato in Trieste

                            e Luigi Viola
Magistrato del T.A.R. Toscana e Professore a contratto di Diritto dell’Unione
       europea applicato allo sport nell’Università degli Studi di Udine
Il dirigente scolastico nell’era della
                “buona scuola”*
                                     di Alessandra Dapas
                                           Avvocato in Trieste

                                            e Luigi Viola
    Magistrato del T.A.R. Toscana e Professore a contratto di Diritto dell’Unione
           europea applicato allo sport nell’Università degli Studi di Udine

Sommario: 1. Dal capo di istituto al dirigente scolastico. 1.1. I caratteri fondamentali della figura
del dirigente scolastico: l'appartenenza ad un ruolo regionale ed il carattere amministrativo-
educativo delle attribuzioni. 2. Competenze ed attribuzioni del dirigente scolastico. 2.1 Le
competenze del dirigente scolastico tra esigenze di attuazione della normativa statale e
rappresentanza degli interessi locali. 3. La comunità scolastica: i rapporti con gli altri organi
dell’istituto. 3.1. Il consiglio di istituto e la giunta esecutiva. 3.2. Il collegio dei docenti. 3.3. La
scelta dei collaboratori e del vicario. 3.4. I rapporti con il direttore dei servizi generali ed
amministrativi. 3.5. I rapporti con i docenti. 3.6. il comitato per la valutazione dei docenti. 3.7. I
rapporti con gli studenti.

1. Dal capo di istituto al dirigente scolastico
L'organizzazione scolastica, nel corso della sua evoluzione, ha attraversato fasi caratterizzate da
notevoli differenze di impostazione; a questo proposito, un ruolo particolarmente rilevante (tale
da costituire quasi una "cartina di tornasole" delle diverse impostazioni) deve essere attribuita al
capo di istituto.
A questo proposito, la dottrina 1 ha rilevato come, durante il periodo fascista, prevalesse un
modello che vedeva nel capo di istituto un superiore gerarchico del personale docente e che, a

*Articolo sottoposto a referaggio. L’articolo riproduce la prima parte del secondo capitolo di TENORE
V. (a cura di), La pubblica istruzione: struttura, funzioni, procedimenti, responsabilità, Anicia, Roma, 2015, di
prossima pubblicazione.

2                                                 federalismi.it                                  |n. 16/2015
sua volta, attribuiva al preside un ruolo subordinato rispetto alla burocrazia ministeriale:
.
Dopo l’avvento della costituzione repubblicana (che, è appena il caso di ricordarlo, prevede un
modello che pone al centro dell'organizzazione scolastica, il riconoscimento della libertà di
insegnamento previsto dall'art. 33, 1° comma Cost.), la scuola subiva una decisiva
riorganizzazione per effetto dei cc.dd. "decreti delegati" (d.P.R. 31 maggio 1974, n. 416 e 417) tesi
ad instaurare la cd. "gestione sociale" della scuola ovvero un’organizzazione finalizzata a
rispecchiare e ad inserire nel governo della comunità scolastica tutte le componenti (docenti, altro
personale, genitori, studenti, ecc.) interessate allo svolgimento dell'attività scolastica2.
Ed è questa impostazione ad essere stata recepita dal t.u. 16 aprile 1994, n. 297 in materia di
pubblica istruzione ed in particolare, dall'art. 396, 1° comma che attribuisce al capo di istituto la
.
Nell'ultimo decennio del secolo scorso lo scenario ideologico cambiava sostanzialmente; a fronte
di una crisi evidentissima della cultura della partecipazione (che costituiva il sostrato ideologico
della cd. gestione sociale della scuola) emergeva una sostanziale tendenza verso una maggiore
efficienza e aziendalizzazione dell'azione amministrativa; tendenza rispecchiata, soprattutto, da

1 MAUCERI C., La dirigenza scolastica, in CARINCI F. e D'ANTONA M., Il lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche, Milano, 2000, I, 893 che effettua un sintetico excursus storico dell’organizzazione
della scuola dal periodo fascista alla legge 30 luglio 1973, n. 477 e ai cd. decreti delegati del 1974 (d.P.R. n.
416 e il d.P.R. 417 del 31 maggio 1974).
2 Sul governo sociale della scuola, si vedano MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 894 e ZERMAN P.,

L'autogoverno dell'istituzione scolastica, in ACRI A., BARBERIO CORSETTI L., MASI M. e ZERMAN P., Il
nuovo ordinamento giuridico della scuola. Manuale teorico pratico di diritto scolastico, Rimini, 2001, 129; in realtà, nella
prassi applicativa degli istituti, l'instaurazione della gestione sociale della scuola non ha intaccato il
fondamentale ruolo direttivo del capo di Istituto.

3                                                      federalismi.it                                      |n. 16/2015
una serie importante di provvedimenti amministrativi di riorganizzazione della p.a. 3 e da un
complessivo mutamento della cultura amministrativa di base.
Di conseguenza, in una legge di riforma della pubblica amministrazione (la l. 15 maggio 1997, n.
59, c.d. Bassanini uno), era inserita una disposizione, l'art. 21, che, oltre a dare vita al processo
normativo che è poi sfociato nell'introduzione della cd. autonomia scolastica4, prevedeva un 16°
comma che attribuiva al governo una delega legislativa finalizzata al conferimento della qualifica
dirigenziale ed alla contrattualizzazione della disciplina del rapporto di lavoro dei capi di istituto.
La delega era esercitata dal governo con il d.lgs. 6 marzo 1998, n. 59 che inseriva, all'interno del
d.lgs. 3 febbraio 1993, n.29, una serie di disposizioni (gli artt. 25 bis e ter e l'art. 28 bis) finalizzate
all'attribuzione ai capi di istituto della qualifica dirigenziale ed alla regolamentazione dei requisiti e
delle procedure di accesso alla carriera.
Le dette disposizioni erano poi trasfuse nel d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (t.u. sul pubblico
impiego) ed in particolare, nell'art. 25 che regolamenta i contenuti professionali della figura del
dirigente scolastico e nell'art. 29, dedicato alla disciplina dei requisiti e delle procedure d'accesso
alla qualifica.
Sotto il profilo costituzionale, l’introduzione nell’ordinamento della cd. autonomia scolastica è
poi stata completata dalla l. cost. 20 aprile 2012 n. 1 che, nel riscrivere la previsione dell’art. 117,
2° comma della Costituzione, ha inserito, tra le materie di legislazione concorrente, anche
l’istruzione, facendo però salva
La ricostruzione cronologica delle vicende normative che hanno interessato la materia permette
di evidenziare facilmente lo stretto rapporto esistente tra riconoscimento dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche e attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto; ed in effetti, tale
stretto rapporto è talmente evidente, a livello amministrativo-gestionale, da non meritare ulteriori
dimostrazioni.
In questa sede interessa solo rilevare come, a livello giuridico, tale rapporto di dipendenza sia
provato, sia dall'inserimento delle due riforme amministrative (riconoscimento dell'autonomia e
attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto) in una sola norma di delega (l'art. 21
della l. 59/97), sia, soprattutto, dal fatto che i due provvedimenti di riorganizzazione siano stati
destinati ad entrare in vigore (e poi siano effettivamente entrati in vigore) in pari data (e
precisamente il 1° settembre 2000).
Anche a livello propriamente normativo, è quindi evidente il carattere complessivo e coordinato
delle due riforme amministrative.

1.1. I caratteri fondamentali della figura del dirigente scolastico: l'appartenenza ad un
ruolo regionale ed il carattere amministrativo-educativo delle attribuzioni
L'attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto è avvenuta in un contesto caratterizzato
da forti particolarità amministrative; forti particolarità che hanno trovato espressione in due scelte
organizzative fondamentali.
La prima è costituita dall'inquadramento dei dirigenti scolastici, non in un ruolo unico nazionale
(come previsto, in linea generale, dall'art. 23 del d.lgs. n.165 del 2001), ma in  (art. 25, 2° comma d.lgs. n. 165 del 2001); scelta che trova un
significativo completamento nel carattere regionale delle procedure di reclutamento (art. 29, 1°
comma d.lgs. n.165 del 2001) e delle valutazioni di risultato (rimesse ad un nucleo di valutazione
istituito presso ogni amministrazione scolastica regionale).
La seconda, di maggiore importanza, attiene alla competenza specifica ed alla caratterizzazione
dei dirigenti scolastici.
Una lettura semplicistica delle disposizioni avrebbe, infatti, potuto portare a
In realtà, però, l'esame più approfondito delle disposizioni normative e soprattutto il fatto che il
requisito per l'accesso al ruolo sia individuato nell'esercizio, per cinque anni, della funzione
docente (art. 29, 1° comma d.lgs. n.165 del 2001, come sostituito dall’art. 17, 1° comma del d.l.
12 settembre 2013, n. 104 conv. in l. 8 novembre 2013, n. 128) portano a concludere per la
necessità di ravvisare, nel dirigente scolastico, l'esercizio di funzioni specifiche caratterizzate dal
marcato carattere educativo: .
Appare pertanto sostanzialmente nel giusto la dottrina che, anche guardando alla concezione
comunitaria dell’istituto scolastico (innegabile, fino a quando non interverrà una riforma della
strutturazione nata dai cd. decreti delegati), ha qualificato i dirigenti scolatici in termini di ; ed in effetti, la particolarità più grande della figura è data proprio
dal fatto che il governo dell'autonomia scolastica importa l'esercizio di competenze che, oltre che
dal carattere amministrativo, sono caratterizzate dalla stretta attinenza all'esercizio della funzione
educativa.
In questa prospettiva, parlare quindi di funzione amministrativo-educativa rende meglio le
particolarità della figura dirigenziale in questione e la difficoltà di separare competenze ed
attribuzioni che riguardano, sia l'aspetto propriamente amministrativo, sia l'esercizio della
funzione educativa.

2. Competenze ed attribuzioni del dirigente scolastico
I primi quattro commi dell'art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 prevedono e regolamentano poteri ed
attribuzioni del dirigente scolastico.
L'elencazione, non esente da ripetizioni e da un certo grado di atecnicità, è veramente molto
lunga e comprende (art. 25, 1°- 4° comma del d.lgs. n.165 del 2001):
1) la garanzia della gestione unitaria dell'istituzione (
4) l'attribuzione, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, di  ed in
    particolare, del potere di organizzare
come ai dirigenti scolastici siano stati attribuiti tutti i poteri tipici della figura dirigenziale,
riportabili ad uno schema ricostruttivo molto più semplice e costituito9:
a) dalla gestione unitaria dell'istituzione scolastica;
b) dalla piena responsabilità della gestione delle risorse finanziarie e strumentali;
c) dalla correlativa responsabilità dei risultati.
Il quadro delle competenze proprie del dirigente scolastico deve poi tenere conto del
trasferimento operato dall'art. 14 del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 e relativo a tutte le funzioni, già
di competenza dell'amministrazione centrale e periferica, relative >.
11 Cass. civ., sez. lav., 12 dicembre 2007, n. 26084 (in Giust. civ., 2008, 7-8, I, 1799); 8 aprile 2008, n. 9129,

in Lavoro nelle p.a., 2008, 2, II, 376, con nota di NANNI M.M.; Foro amm. – CDS, 2008, 4, II, 1052)..
12 NANNI M.M., nota a Cass. civ., sez. lav. 8 aprile 2008 n. 9129, cit., 378. L’argomento sistematico usato

dalla dottrina sopra richiamata può essere però agevolmente rovesciato; altra dottrina ha, infatti, rilevato
come l’intervento dell’autonomia scolastica e la modifica del titolo V della Costituzione
sulla base di una lettura sistematica delle disposizioni, tendono ad escludere la competenza del
dirigente scolastico ad adottare provvedimenti importanti la risoluzione del rapporto di lavoro
(come la decadenza dal servizio13) o, comunque, incidenti su diritti fondamentali, come quelli
relativi all’assistenza ad un congiunto portatore di handicap14.
In applicazione dell’esplicita esclusione prevista dall’art. 15, 2° comma del d.P.R. 275 del 1999, è
poi mantenuta la sistematica del t.u. 297 del 1994 per quello che riguarda la materia disciplinare; è
stata pertanto affermata la competenza del dirigente scolastico ad adottare, ai sensi dell’art. 506,
4° comma d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, i provvedimenti di sospensione cautelare obbligatoria e
facoltativa nei confronti dei docenti, quando sussistano ragioni di urgenza e salva la convalida da
parte del dirigente preposto all'Ufficio scolastico regionale15.
Non devono poi essere dimenticati i poteri di gestione del personale che derivano dalla
previsione dell'art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 che attribuisce al dirigente scolastico la titolarità
delle relazioni sindacali e, quindi, anche la responsabilità della cd. contrattazione decentrata; con
tutta evidenza, si tratta, infatti, di attribuzioni di una certa complessità e delicatezza che possono
portare all’applicazione del procedimento in materia di condotta antisindacale del datore di
lavoro-p.a.16.
A partire dal 31 agosto 2001, sono poi state attribuite ai dirigenti scolastici alcune competenze in
materia di cd. supplenze annuali.
Al momento, la materia è disciplinata dal d.m. Istruzione 13 giugno 2007, n. 131 (regolamento
recante norme per il conferimento delle supplenze al personale docente ed educativo, ai sensi
dell’articolo 4 della l. 3 maggio 1999, n. 124) che attribuisce agli Uffici scolastici territoriali (cd.
U.S.T.) di cui all’art. 8, 3° comma d.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 98 (regolamento di
organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) la competenza

giustific(hi)no la permanenza del docente nella condizione di “statizzato”>> (MARZUOLI C., L’istituto
scolastico (fra conservazione e innovazione), in BOMBARDELLI M. e COSULICH M., L’autonomia scolastica nel
sistema delle autonomie, cit., 64) e quindi anche soluzioni tese a mantenere, in via interpretativa, poteri di
gestione centralizzata del rapporto di lavoro letteralmente esclusi dalle fonti normative.
13 Trib. Reggio Calabria, 7 febbraio 2005, in Giur. merito, 2005, 11, 2462; in termini più generali, Trib.

Agrigento, sez. lav., 1° febbraio 2005, in Giur. merito, 2005, 6, 1439
14 Cass. civ., sez. lav., 27 agosto 2008, n. 20521, in Lavoro nelle p.a., 2008, 3-4, 633 che estende la soluzione

anche all’aspetto processuale, negando la legittimazione passiva dell’istituto scolastico, in luogo della
“tradizionale” legittimazione passiva del Ministero.
15 Trib. Pordenone, sez. lav., 12 dicembre 2007, in Lavoro nelle p.a., 2008, 2, II, 413.
16 Per l’applicazione del procedimento per la repressione della condotta antisindacale a varie fattispecie

relative alla contrattazione decentrata presso istituti scolastici, si vedano, tra le tante: Trib. Lucca, sez. lav.,
7 febbraio 2013, in De Jure; Trib. Firenze, sez. lav., 4 gennaio 2012, ibidem; Trib. Nuoro, 20 dicembre 2011,
n. 248, in Lavoro nelle p.a., 2011, 5, 732; Trib. Velletri, sez. lav. 27 settembre 2011, in De Jure; Trib. Lucca,
14 luglio 2011, in Lavoro nelle p.a., 2011, 5, 743.

9                                                   federalismi.it                                  |n. 16/2015
all’attribuzione delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee fino al termine delle attività
didattiche ed ai singoli dirigenti scolastici (in questo caso, sulla base delle graduatorie di circolo o
di istituto) la competenza all’attribuzione delle supplenze temporanee per le altre necessità di
supplenza definite dall’art. 7 del decreto ministeriale; anche in questo caso, si tratta certamente di
una competenza di grande importanza e che può dare vita a problematiche (anche risarcitorie e/o
di danno erariale) di una certa delicatezza.
Una competenza di grande importanza è poi quella amministrativo-contabile in relazione,
soprattutto, alla stipulazione dei contratti dell'Istituto e all'ordinazione delle spese, su cui si
tornerà più ampiamente nel § 3.4 (per quello che riguarda i rapporti con il direttore dei servizi
generali ed amministrativi, titolare di competenze in materia di gestione amministrativo
finanziaria dell’istituto che inevitabilmente tendono ad intrecciarsi con quelle del dirigente
scolastico).
L’attribuzione al dirigente scolastico della rappresentanza legale dell’istituzione scolastica importa
anche la legittimazione a rappresentare l'Istituto scolastico nell’attività contenziosa riconducibile
all'esercizio delle funzioni, prima di competenza dell'amministrazione centrale e periferica ed ora
trasferite alle istituzioni scolastiche a norma dell'art. 14 del d.P.R. n. 275 del 1999.
Le istituzioni scolastiche, difatti, a seguito del riconoscimento dell'autonomia didattico -
amministrativa e della personalità giuridica, si pongono quali soggetti giuridici autonomi; i
dirigenti scolastici sono poi ulteriormente identificati dal legislatore come i legali rappresentanti
dell’istituto scolastico nei rapporti con i terzi (art. 25, d.lgs. n. n.165 del 2001).
Diretta conseguenza della strutturazione normativa sopra richiamata è il pieno riconoscimento
della legittimazione processuale al singolo istituto e non all'intera amministrazione scolastica e
l'attribuzione della funzione di rappresentare l'istituto in giudizio al dirigente scolastico preposto;
né ciò contraddice la natura di organi dello Stato delle istituzioni scolastiche, qualificazione questa
che l’attribuzione della personalità giuridica non fa comunque venire meno.
La soluzione è stata quindi recepita dalla giurisprudenza dell’A.G.O.17 ed amministrativa18; non è
però mancata una sostanziosa contestazione ad opera di qualche decisione della Corte di

17Cass. civ., sez. lav., 8 luglio 2013, n. 16930, in De Jure (implicitamente, in fattispecie relativa alla
valutazione della legittimità dell’intervento in causa del dirigente scolastico); Trib. Modena, sez. lav., 17
dicembre 2008, in Lavoro nelle p.a., 2008, 6, 1132; Trib. Bari, sez. lav., 20 settembre 2008, ivi, 2008, 6, 1135;
Trib. Reggio Emilia, 2 ottobre 2002 ivi, 2004, 1208 (tutte relative a ricorsi in materia di lavoro nella p.a.);
Giud. pace S. Anastasia, 10 dicembre 2001, in Giur. merito, 2002, 389 (relativa ad azione risarcitoria nei
confronti di istituto scolastico).

10                                                federalismi.it                                  |n. 16/2015
cassazione che ha ritenuto di poter desumere dal , con
consequenziale esclusione della possibilità di attribuire la rappresentanza dell’istituto in sede
processuale al dirigente scolastico (in luogo della più tradizionale attribuzione della legittimazione
al Ministero).
Ad avviso di chi scrive, le obiezioni formulabili con riferimento al detto indirizzo sono le stesse
già articolate con riferimento all’indirizzo favorevole ad escludere la possibilità per il dirigente
scolastico di esercitare alcuni poteri di gestione del rapporto di lavoro, pur in presenza delle
chiare previsioni di cui agli artt. 14 e 15 del d.P.R. 275 del 1999 (e non a caso, Cass. civ., sez. lav.,
27 agosto 2008, n. 20521 si intreccia anche con detta problematica); in presenza di una
formulazione abbastanza chiara ed univocamente orientata per l’attribuzione della personalità
giuridica all’istituto scolastico e della rappresentanza processuale al dirigente scolastico, si
prospettano soluzioni basate su incerte argomentazioni sistematiche che appaiono però in
controtendenza rispetto all’orientamento manifestato dal legislatore, nelle fonti normative basilari
della materia.
Indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla personalità dell’istituto scolastico ed alla
rappresentanza processuale, l’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 14 comma 7 bis, d.P.R. 8
marzo 1999 n. 275 (aggiunto dall'art. 1, d.P.R. 4 agosto 2001 n. 352), continua poi ad assumere la
rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali
e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui è stata attribuita

18T.R.G.A.   Bolzano, 28 gennaio 2005, n. 32 in Foro amm.-TAR, 2005, 1, 34 (che peraltro ha escluso la
legittimazione esterna di una commissione d’esame) e T.A.R., Puglia, Bari, sez. I, 7 novembre 2003, n.
4113 in Foro amm. TAR, 2003, 3331 (relativa ad un ricorso in materia di accesso agli atti amministrativi).
19 Cass. civ., sez. lav., 17 marzo 2009 n. 6460, in Lavoro nelle p.a., 2009, 6, 1063 che cita a conferma anche

Cass. civ., sez. lav., 27 agosto 2008, n. 20521, cit. (che considera irrilevante, a questo proposito, anche
l’espressa attribuzione agli istituti della personalità giuridica). L’orientamento giurisprudenziale potrebbe
trovare una base dottrinale nell’opinione di chi ha ritenuto di poter rilevare come  (MARZUOLI C., L’istituto scolastico (fra conservazione e innovazione), cit., 61);
l’analisi sostanziale condotta dall’Autore sopra citato conduce però successivamente (a pag. 64) alla
contestazione della “statizzazione” del rapporto di lavoro del docente.

11                                               federalismi.it                                |n. 16/2015
l'autonomia; di conseguenza, continua a permanere l’obbligo di notificare gli atti processuali
presso l’Avvocatura dello Stato, con la relativa sanzione di inammissibilità20.

2.1. Le competenze del dirigente scolastico tra esigenze di attuazione della normativa
statale e rappresentanza degli interessi locali
Oltre alle fonti normative richiamate al § precedente (e che già disegnano un campo di
attribuzioni molto ricco e caratterizzato da forti problematicità), il panorama normativo degli
ultimi anni è stato caratterizzato dall’intervento di una normativa di settore molto variegata e
specialistica (normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro; codice dei contratti pubblici di
cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; codice in materia di protezione dei dati personali di cui al d.lgs.
30 giugno 2003, n. 196; ecc.) che ha imposto anche all’istituto scolastico il rispetto di una serie di
previsioni, spesso di difficile interpretazione; indipendentemente dalla possibilità di delegare tali
adempimenti a figure di responsabili previste dalla normativa di settore, appare del tutto chiaro
come il dirigente scolastico mantenga una posizione centrale nel processo di attuazione di leggi
statali oggi considerate di fondamentale importanza e la cui inosservanza può portare a delicati
problemi di competenza e responsabilità21.
Abbastanza di recente, la materia è poi stata interessata dagli adempimenti previsti dalla
normativa cd. anticorruzione (l. 7 novembre 2012, n. 190) e in materia di trasparenza della p.a.
(d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33) e dalle consequenziali incertezze in ordine alle modalità applicative,
all’interno dell’amministrazione scolastica, di un sistema normativo centrale nell’amministrazione
pubblica italiana dei nostri giorni; anche a questo proposito, esigenze di economicità di
esposizione impongono un rinvio alle trattazioni specifiche.
Con riferimento alla problematica delle competenze, deve poi rilevarsi come i dirigenti scolastici
non esauriscano le proprie attribuzioni all'interno dell'Amministrazione statale e possano
esplicare, in qualche occasione, anche competenze di spettanza degli enti locali; in particolare, una
simile evenienza si verifica nel caso in cui l’ente locale abbia deciso di esercitare la possibilità,
prevista dall'art. 3, 4° comma, della l. 11 gennaio 1996 n. 23, di delegare alle istituzioni scolastiche,
su loro richiesta, le
scolastico>>; in questo caso, il dirigente scolastico esercita quindi, in qualità di delegato, anche
attribuzioni di competenza dell'ente locale tenuto alla manutenzione.
Al di là di episodici interventi sulla base di deleghe da parte degli enti locali interessati, è però
stato proprio il disegno sistematico dell’autonomia scolastica ad indurre una parte della dottrina a
proporre, una volta scartata la possibilità di inquadrare il fenomeno utilizzando l’incerta categoria
delle autonomie funzionali22, una considerazione degli istituti scolastici all’interno della categoria
delle autonomie locali prevista dall’art. 5 della Costituzione:
Nella prima prospettiva (scelte dell’amministrazione statale potenzialmente dannose per la
comunità scolastica), ben si inserisce l’orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto la
legittimazione del dirigente scolastico ad impugnare
può pertanto prescindere dalla problematica dell'individuazione delle sfere di competenza dei
diversi soggetti che operano nella realtà scolastica.
È solo attraverso questa ricostruzione che potranno, infatti, emergere la reale estensione dei
poteri dirigenziali previsti dall'art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 e le dinamiche effettive dei rapporti
che si instaurano ogni giorno nella realtà scolastica.
Il primo aspetto da considerare è indubbiamente costituito dai rapporti con i cd. organi collegali
della scuola, ovvero con quegli organi, destinati a realizzare la cd.  e introdotti nell’ordinamento dai d.P.R. 31 maggio 1974 n. 416 e 417.
Come già rilevato al § 1, la disciplina previsti dai cd.  del 1974 è poi stata
assorbita dal t.u. 16 aprile 1994 n. 297 ed in particolare, dalle disposizioni della Parte I, Titolo I
del testo unico; si tratta di un sistema abbastanza articolato di previsioni legislative che
regolamentano i rapporti tra gli organi fondamentali della singola istituzione scolastica (consigli di
istituto e collegio dei docenti, tra tutti) e che attribuiscono soprattutto, a differenza di quanto
previsto per gli organi di partecipazione di livello superiore (oggi regolamentati dal d.lgs. 30
giugno 1999, n. 233 di riforma degli organi collegiali territoriali della scuola), competenze
decisionali e non meramente consultive agli organi collegiali.
A livello legislativo, la problematica del rapporto con le competenze degli organi collegiali è
formalmente risolto dall’art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 che, nell'attribuire ai dirigenti scolastici
,
garantisce però il rispetto delle ; è quindi
evidente il carattere non esclusivo ma limitato delle competenze del dirigente scolastico che
trovano un limite nelle competenze degli organi collegiali 28.
Del resto, il rispetto delle attribuzioni degli organi collegiali da parte del dirigente è previsto anche
dall'art. 16, 2° comma del d.P.R. n. 275 del 1999 e per di più, in un contesto generale che
attribuisce agli organi collegiali, oltre che al dirigente scolastico, il compito di garantire
.
Ove ve ne fosse ancora bisogno, il rispetto delle attribuzioni degli organi collegali è oggi ripetuto
anche dalla previsione dell’art. 1, 78° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107 e dai contratti collettivi
nazionali di lavoro dei dirigenti scolastici che, a partire da quello siglato il 10 gennaio 2002,
recano una previsione d’apertura che, oltre a richiamare le previsioni del d.lgs. n. 165 del 2001,

28   Così MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 899.

15                                                  federalismi.it                         |n. 16/2015
prevede il rispetto delle competenze degli organi collegiali di istituto (si veda oggi l’art. 2 del
c.c.n.l. 11 aprile 2006)
Sul riparto delle competenze è stato rilevato 29 in dottrina come non appaia possibile una
confusione di ruoli (dirigente scolastico, collegio dei docenti) essendo attribuiti al dirigente
scolastico  riguardo la gestione del personale, sicché ; per tale ragione, le competenze degli organi
collegiali e quelle del capo d’istituto non potrebbero mai essere concorrenti: .
La soluzione rappresenta, a nostro modo di vedere, solo un primo approccio alla problematica
del riparto di competenze.
Come rilevato da altra parte della dottrina, in un sistema in cui , le competenze attribuite ai singoli organi collegiali e al
dirigente scolastico ; e non è improprio parlare, al proposito, di
una certa confusione normativa, spesso da risolversi, come si vedrà, utilizzando i criteri generali
di applicazione della norma nel tempo.
La problematica dei rapporti tra dirigenti scolastici e altri organi, collegiali o non collegiali (come
nel caso del direttore dei servizi generali e amministrativi), della comunità scolastica, necessita
pertanto di un maggiore approfondimento e di una trattazione articolata con riferimento ai più
importanti organi ed attori della comunità scolastica.
Alla fine, anticipando un giudizio che sarà meglio argomentato alla fine della trattazione, è
impossibile non ravvisare un quadro ricostruttivo caratterizzato da ; proprio per questa ragione, già durante i primi anni di vigore della nuova scuola
dell’autonomia sono stati proposti una serie di disegni di legge finalizzati alla riorganizzazione del

29 MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 900.
30 MAUCERI C., La dirigenza scolastica, cit., 901.
31 ZERMAN P., L'autogoverno dell'istituzione scolastica, cit., 132.
32 MARZUOLI C., L’istituto scolastico autonomo, cit., 97.

16                                                   federalismi.it                      |n. 16/2015
sistema ed alla risoluzione di alcuni dei conflitti di competenza sussistenti tra organi collegiali e
dirigente scolastico33.
All’inizio anche il disegno di legge originario sulla  conteneva una serie di
interventi sulle competenze degli organi collegiali34; le vicende parlamentari della l. 13 luglio 2015,
n. 107 hanno però portato allo stralcio degli interventi più direttamente involgenti gli ambiti di
competenza degli organi collegiali della scuola, se non per una modifica marginale del
procedimento di approvazione del P.O.F.; al di là di ogni discussione in ordine ai contenuti della
detta riforma, è stata pertanto persa un’ulteriore occasione35 per mettere mano e riorganizzare un
settore caratterizzato da troppe incertezze ricostruttive e conflitti di competenza per poter
funzionare adeguatamente e sarà forse necessario attenere l’esercizio delle delega al riordino delle
disposizioni legislative in materia di pubblica istruzione prevista dall’art. 1, 180° comma della l. 13
luglio 2015, n. 107 (prodromica all’emanazione di un nuovo testo unico in materia di istruzione)
per vedere qualche innovazione (si spera di migliore fattura tecnica della legge).

3.1. Il consiglio di istituto e la giunta esecutiva
L'art. 10 del t.u. n. 297 del 1994 attribuisce al consiglio di circolo o di istituto una serie di
competenze decisionali di grande importanza nell'organizzazione scolastica; tra le tante, è
impossibile non menzionare almeno le competenze relative all'emanazione del regolamento di
istituto36, all'adozione dei bilanci preventivi e consuntivi, all'individuazione degli indirizzi generali
in materia di attività della scuola 37 e, soprattutto, all'approvazione del piano (oggi triennale)
dell'offerta formativa (c.d. P.O.F.38).

33 Per un quadro di queste iniziative di riforma, si rinvia a DAPAS A. e VIOLA L., Gli organi della comunità
scolastica nell’età dei dirigenti, in Riv. scuola sup. economia e finanze, 2005, 1, 144.
34 Per un quadro riassuntivo delle modificazioni previste dal disegno di legge originario ed una prima

valutazione dei relativi contenuti, si veda POGGI A., Il d.d.l. sulla Buona scuola: discussione sulle politiche
scolastiche o scontro sull’idea “concertazione” sindacale? in www.federalismi.it, 2015, n. 9 del 6 maggio 2015.
35 Del resto, non ci si poteva aspettare molto da una legge, alla fine, rimaneggiata da un maxiemendamento

costituito da un solo articolo con 212 commi e 25.000 parole (AINIS M., Una legge in 25mila parole, in
Corriere della sera, 26 giugno 2015, 27).
36 Che costituisce la prima espressione dell'autonomia e una delle principali fonti normative della vita di

istituto, MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1080.
37 Sugli indirizzi generali in materia di attività della scuola si rinvia a MICHELETTI M., I caratteri delle

istituzioni scolastiche autonome, cit., 1080.
38 Elaborato dal consiglio dei docenti, sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di

gestione e amministrazione indicati dal dirigente scolastico (in precedenza, dal consiglio di istituto) e poi
approvato dal consiglio di istituto, ai sensi dell'art. 3, 4° comma del d.P.R. n. 275 del 1999 (come
modificato dall’art. 1, 14° comma della l. 13 luglio 2015, n. 107). Sul P.O.F. si rinvia a ZERMAN P.,
L'autogoverno dell'istituzione scolastica, cit., 135 e a SANDULLI A., L’autonomia scolastica nel sistema delle
autonomie, in BOMBARDELLI M. e COSULICH M., L’autonomia scolastica nel sistema delle autonomie, cit., 9

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Come immediatamente desumibile dalla semplice elencazione dei compiti del consiglio di istituto,
si tratta evidentemente di una serie di competenze decisionali (approvazione dei bilanci, atti di
indirizzo fondamentale, consuntivi, ecc.) relative essenzialmente all'esercizio dell'attività di
indirizzo politico amministrativo dell'istituzione e, quindi, all'individuazione degli .
Merita pertanto approvazione quella dottrina40 che ha rilevato come i rapporti tra consiglio di
istituto e dirigente scolastico possano essere riportati alla  ed in particolare, ad un sistema che concentra nel consiglio di istituto la  e nel dirigente scolastico ;
appare, infatti, innegabile come l’attività del consiglio di istituto determini .
Del resto, la possibilità di inquadrare il rapporto tra dirigente scolastico e consiglio di istituto (e
giunta esecutiva che assume compiti di propulsione ed esecuzione delle decisioni del consiglio42)
nel quadro della distinzione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo (di spettanza
dell'organo collegiale) e attività gestionale (di spettanza del dirigente) è rafforzata dalla previsione
del 6° comma dell’art. 25 del d.lgs. n.165 del 2001 che impone al dirigente scolastico l'obbligo di
presentare periodicamente al consiglio di circolo o di istituto una motivata relazione sulla
direzione e il coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa; e si tratta
certamente di un obbligo teso a rafforzare il circuito (tipico dei sistemi che separano politica e
amministrazione) tra organo di indirizzo politico-amministrativo e organo fornito di competenze
gestionali.

che cita le godibilissime (ma ferocemente critiche) pagine sul fiume P.O.F. di MASTROCOLA P., La
scuola raccontata al mio cane, Parma, nuova ed. digitale 2013; sul fenomeno dei cd. P.O.F. fotocopia, si veda
RENNA M., La natura e le difficoltà dell’autonomia scolastica, cit., 34.
39 MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1080.
40 MICHELETTI M., I caratteri delle istituzioni scolastiche autonome, cit., 1081.
41 MARZUOLI C., L’istituto scolastico autonomo, cit., 117.
42 Ai sensi dell’art. 10, 10° comma del t.u. n. 297 del 1994, la giunta esecutiva prevista dall’art. 8, 7° comma

del testo unico predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo, prepara i lavori del consiglio di
circolo o di istituto (fermo restando il diritto di iniziativa del consiglio stesso) e cura l’esecuzione delle
relative delibere.

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In definitiva, dall'esame della normativa emerge un sistema che attribuisce al consiglio di istituto
la funzione di indirizzo politico amministrativo e al dirigente scolastico i poteri di gestione per il
raggiungimento del risultato formativo avuto di mira.
Da quanto rilevato emerge pertanto la necessità di operare un "rilettura" delle nostre fonti
normative tesa a risolvere in via interpretativa soprattutto i problemi di gestione originati dalle
previsioni che attribuiscono al consiglio di istituto competenze direttamente gestionali e non di
indirizzo politico amministrativo; competenze  dalla
nuova sistematica che attribuisce al dirigente scolastico le potestà gestionali.
La problematica è stata affrontata dal Consiglio di Stato 44 in sede consultiva per quello che
riguarda la competenza all'acquisto delle attrezzature tecnico-scientifiche e dei sussidi didattici
prevista dall'art. 10, 2° comma lett. b) del t.u. n.297 del 1994 ed è stata risolta considerando
implicitamente abrogate, ai sensi dell'art. 15 disp. preleggi cod. civ. 45 , le disposizioni che
attribuivano al consiglio di istituto compiti di gestione non rientranti nella fondamentale funzione
di indirizzo politico-amministrativo spettante all'organo collegiale.
Nella prassi quotidiana degli istituti scolastici è però rimasta e permane ancora una forte tendenza
ad attribuire al consiglio di istituto o alla giunta esecutiva le funzioni di commissione giudicatrice
delle procedure di appalto pubblico gestite dagli istituti; ed in effetti, la soluzione è rispecchiata da
qualche decisione giurisprudenziale che ha rilevato come,
snack47), si è pertanto formata una giurisprudenza amministrativa che ha escluso la possibilità di
attribuire al consiglio di istituto o alla giunta esecutiva (i cui componenti sono quasi sempre
nominati prima della scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte) le funzioni di
commissione giudicatrice di procedure di gara aggiudicabili con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa48.

3.2. Il collegio dei docenti
Per quanto concerne il collegio dei docenti, l’art. 7 del d.P.R. n.297 del 1994 attribuisce all'organo
poteri deliberanti in materia di funzionamento didattico del circolo o dell'istituto,
programmazione educativa e suddivisione dell'anno in due o tre periodi e poteri di proposta in
ordine a formazione e composizione delle classi, assegnazione ad esse dei docenti49, formulazione
dell'orario delle lezioni e svolgimento delle altre attività scolastiche.
Il collegio dei docenti provvede poi a valutare periodicamente l'andamento complessivo
dell'azione didattica per verificarne l'efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi
programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell'attività
scolastica; esprime al direttore didattico o al preside parere in ordine alla sospensione dal servizio
o alla sospensione cautelare del personale docente quando ricorrano ragioni di particolare
urgenza; si pronuncia su ogni altro argomento attribuito alla sua competenza dal t.u. n. n. 297 del
1994 o da altre fonti normative.
Da non dimenticare, poi, che tra le funzioni proprie del collegio dei docenti rientra anche, ai sensi
dell’art. 3, 4° comma del d.P.R. n.275 del 1999 (come modificato dall’art. 1, 14° comma della l. 13
luglio 2015, n. 107), la funzione di predisposizione del P.O.F. sulla base degli indirizzi per le
attività della scuola e delle scelte di gestione e amministrazione indicati oggi dal dirigente
scolastico (in precedenza, dal consiglio di istituto).
Dall'elencazione delle competenze sopra richiamata emerge un quadro complessivo che
attribuisce al collegio dei docenti una funzione decisionale e propositiva a carattere

47 Cons. Stato ad. plen., 7 maggio 2013, n. 13 in Foro amm.- C.d.S., 2013, 5, 1176; Foro amm., 2014, 7-8, 1912
con nota di BERIONNI; Diritto & Giustizia, 3 giugno 2013; Guida al diritto, 2013, 23, 77 con nota di
MEZZACAPO.
48 T.A.R. Toscana, sez. II, 21 novembre 2013, n. 1629 in Foro amm. - T.A.R., 2013, 11, 3357.
49 Di conseguenza, la giurisprudenza ha riconosciuto che il potere il assegnare gli studenti e i docenti alle

classi spetta al dirigente scolastico: al proposito, si vedano T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 10 ottobre 2007, n.
9926 (in Foro amm. –TAR, 2007, 10, 3158), T.A.R. Toscana, sez. I, 18 marzo 2002 n. 519 (ivi, 2002, 883),
sez. III, 25 settembre 2003, n. 5115 (ivi, 2003, 2593), relative all’assegnazione degli studenti alle classi e
Trib. Reggio Calabria, 4 ottobre 2006 (in De Jure) relativa all’assegnazione dei docenti alle classi.

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eminentemente tecnico-didattico, ma  rispetto al consiglio di
istituto, fondamentale organo di indirizzo politico-amministrativo della comunità scolastica.
Rimane aperta la problematica delle possibili interferenze tra competenze del collegio dei docenti
e sfera gestionale del dirigente scolastico; la problematica ha assunto risvolti pratici soprattutto
per quello che riguarda la competenza all'individuazione dei docenti incaricati di collaborare con
il dirigente scolastico o forniti di funzioni vicarie, autonomamente trattata al § successivo.
Per quello che qui interessa è però importante rilevare come il Consiglio di Stato, nel risolvere
quella problematica 51 , abbia richiamato la necessità generale di interpretare le norme che
attribuivano in precedenza competenze agli organi collegiali della scuola secondo criteri di
coerenza sistematica: 
Criteri di coerenza sistematica che trovano estrinsecazione nella necessità di preservare le sole
 e di dare vita ad una lettura
del sistema "depurata" dalle norme che attribuivano dirette competenze gestionali al collegio dei
docenti.
In questo quadro generale di sostanziale svalutazione delle competenze decisionali del collegio dei
docenti, una sostanziale deroga è stata introdotta dalla contrattazione collettiva che ha attribuito
al collegio dei docenti la competenza ad identificare quelle che, inizialmente, erano denominate
come funzioni obiettivo, nel quadro dell'offerta formativa prevista dal P.O.F. (artt. 28 del c.c.n.l.
26 maggio 1999 e 37 del c.c.n.i. 31 agosto 1999) ed oggi sono denominate, dall’art. 33 del c.c.n.l.
29 novembre 2007 (contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del Comparto
scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007), come
gestione del piano dell’offerta formativa dell’istituto e per la realizzazione di progetti formativi
d'intesa con enti ed istituzioni esterni alla scuola>>, così come spetta all’organo collegiale
l’individuazione dei relativi criteri di attribuzione, del numero e dei docenti destinatari.
Sulla medesima linea concettuale, la contrattazione collettiva attribuisce al collegio dei docenti
poteri propositivi in materia di modalità e criteri per lo svolgimento dei rapporti con le famiglie e
gli studenti (poi approvati dal consiglio d’istituto: art. 29, 4° comma c.c.n.l. 29 novembre 2007) e
individuazione delle attività del personale docente da retribuire sul fondo di istituto (art. 88, 1°
comma c.c.n.l. vigente); sono poi attribuiti al collegio dei docenti poteri deliberativi in materia di
approvazione del piano annuale delle attività dei docenti predisposto dal dirigente (art. 28, 4°
comma c.4 del c.c.n.l. vigente) e del piano annuale di aggiornamento e formazione dei docenti
(art. 66 del c.c.n.l. vigente).
Anche le competenze del collegio dei docenti previste dalla contrattazione collettiva si muovono
pertanto nel quadro di quella funzione decisionale e propositiva a carattere eminentemente
tecnico-didattico, in posizione sottordinata rispetto al consiglio di istituto, che, come già rilevato
è propria della posizione dell’organo nella comunità scolastica nella “rilettura” resa necessaria
dalla nuova sistematica dell’autonomia.

3.3. La scelta dei collaboratori e del vicario
La ricchezza di compiti e l’articolazione sempre più complessa delle istituzioni scolastiche, hanno
messo in prima luce un nuovo punto d’attrito costituito dalla figura del collaboratore (o dei
collaboratori) del dirigente scolastico.
In ambito scolastico, la problematica viene spesso sintetizzata nella figura del c.d. vicario, ovvero
del docente al quale vengono attribuiti compiti sempre maggiori e di grande responsabilità, sia in
presenza che in sostituzione del dirigente; la dottrina53 ha però sottolineato giustamente come,
più che di un vicario in senso stretto (ovvero di una figura destinata alla sostituzione del titolare
quando questi manchi del tutto), si tratti di un docente incaricato di fare temporaneamente le veci
del dirigente titolare o da lui delegato per specifici incombenti.
L’improprietà del riferimento alla figura del cd. vicario è poi ulteriormente testimoniata dalla
rilevazione della maggiore ampiezza della categoria che, in realtà, investe i docenti incaricati di
supportare più direttamente (i cd. collaboratori) l’azione del dirigente scolastico e non solo la
scelta del docente incaricato di sostituirlo.

53 ASSISI A., La figura del c.d. "collaboratore vicario" del Dirigente scolastico: organo competente per la nomina e poteri
attribuiti alla luce delle più recenti riforme, in Lavoro nelle p.a., 3-4, 2002, pag. 633 e ss.

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A questo proposito, l'art. 25, 5° comma del d.lgs. n.165 del 2001 prevede che, nello svolgimento
delle funzioni organizzative e amministrative, il dirigente scolastico possa avvalersi ; si tratta, quindi, di una
nomina eminentemente fiduciaria e finalizzata all'individuazione delle persone che, a giudizio del
dirigente scolastico, siano meglio attrezzate per il raggiungimento di determinati risultati.
Anche con riferimento a questa problematica, si è presentato il problema della compatibilità tra la
nuova sistematica e il vecchio impianto normativo della comunità scolastica. In particolare, è
sorto il problema della compatibilità tra la previsione dell'art. 25, 5° comma d.lgs. n.165 del 2001
(che attribuisce al dirigente scolastico la scelta dei docenti incaricati di funzioni vicarie o destinati
a collaborare direttamente con il dirigente) e la competenza del collegio dei docenti a procedere
all’ (in realtà, si tratta però di un provvedimento amministrativo di designazione)
dei docenti incaricati di collaborare con il capo d’istituto (artt. 7, 2° comma, lettera h55 e 396, ult.
comma 56 t.u. n. 297 del 1994) prevista dal t.u. pubblica istruzione; problema strettamente
correlato è poi quello della competenza (dell’U.S.R. o del dirigente scolatico) a disporre l’esonero
dall’insegnamento del collaboratore investito delle funzioni vicarie (art. 459, 1° comma del t.u.
n.297 del 199457).
Sul punto, il Ministero della Pubblica istruzione ha sollecitato ed ottenuto un parere del Consiglio
di Stato; in particolare, la richiesta di parere poneva la questione della compatibilità o meno delle
norme del Testo unico con il nuovo quadro normativo, soprattutto alla luce del disposto dell’art.
25 dell’attuale decreto legislativo n.165 del 2001 che recita .
57 Abrogato, a decorrere dal 1° settembre 2015, dall’art. 1, 329° comma della l. 23 dicembre 2014, n. 190.

23                                                 federalismi.it                                  |n. 16/2015
funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai
quali possono essere delegati specifici compiti>>.
Il Consiglio di Stato è intervenuto sulla problematica con il già citato parere 26 luglio 2000 n.
1021/2000 della II Sezione58, che ha rilevato come uno degli aspetti del riconoscimento del ruolo
dirigenziale sia costituito dalla possibilità di  soprattutto ove,
come nel caso di specie, il carattere fiduciario del rapporto tra delegante e delegato sia
espressamente riconosciuto dall'art. 25, 5° comma d.lgs. n.165 del 2001.
La necessità di utilizzare criteri di coerenza sistematica nell’esame della problematica dei rapporti
tra competenze dirigenziali e competenze collegiali richiamata al paragrafo precedente porta
quindi a ritenere che l'individuazione del docente vicario o dei propri collaboratori costituisca una
delle facoltà esplicitamente riservate alla competenza dirigenziale del dirigente scolastico:
durata superiore a due mesi, così limitando le ipotesi di sostituzione da parte del vicario alle
sostituzioni di durata inferiore a detto periodo temporale60.
Appare poi comunque possibile desumere dal sistema un principio generale che limita le funzioni
sostitutive svolte dai collaboratori del dirigente o dal cd. vicario solo all’ordinaria
amministrazione, così escludendo la possibilità di ordinare spese inerenti a scelte fondamentali
della comunità scolastica:
superiori o di funzioni vicarie, anche nel caso in cui detti docenti godano dell'esonero o
semiesonero ai sensi dell'articolo 459 del decreto legislativo n. 297 del 1994>>.
La norma, di non facile interpretazione e che costituisce esempio di  normativo, rischia di mandare in crisi l’equilibrio sopra tratteggiato; l’esclusione
dell’esercizio di funzioni vicarie del dirigente da parte dei collaboratori ex art. 25, comma 5 d.lgs.
165 del 2001 sembrerebbe, infatti, imporre, se letteralmente applicata, il ricorso alla reggenza da
parte di altro dirigente anche per le assenze inferiori a due mesi e la limitazione necessaria degli
spazi di intervento dei collaboratori dei dirigente ai compiti a mera rilevanza interna, con
esclusione delle attività che possano impegnare l’amministrazione verso l’esterno.

3.4. I rapporti con il direttore dei servizi generali ed amministrativi
Nello svolgimento delle funzioni organizzative e amministrative il capo di istituto è da lungo
tempo coadiuvato dal responsabile amministrativo65, che sovrintendeva, con autonomia operativa
e nell’ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi
amministrativi e ai servizi generali dell’istituzione scolastica, coordinando il relativo personale e
provvedendo direttamente al rilascio di certificazioni, estratti e copie di documenti, che non
comportassero valutazioni discrezionali (in questo senso, si veda già l’art. 51 del c.c.n.l. 21 luglio
1995); le competenze del responsabile amministrativo comprendevano poi una più generale
competenza all’istruttoria ed esecuzione delle delibere degli organi collegiali aventi carattere
esclusivamente contabile, vincolato o finalizzate alla stipulazione di accordi, contratti e
convenzioni con soggetti esterni all'istituzione scolastica e la possibilità di esprimere pareri in
ordine agli atti riguardanti la gestione amministrativa e contabile del personale.
Con l’avvento della nuova scuola dell’autonomia, anche il responsabile amministrativo mutava
pelle; l’art. 34 del c.c.n.l. 26 maggio 1999 prevedeva infatti,
dei titoli necessari per l'accesso alla qualifica (Tab. B allegata al c.c.n.l. 26 maggio 1999) e
dall’istituzione (con d.m. Pubblica Istruzione 27 dicembre 1999) dei corsi di formazione previsti
per il riconoscimento del profilo di direttore dei servizi generali ed amministrativi ai responsabili
amministrativi con rapporto di lavoro a tempo indeterminato in servizio alla data di entrata in
vigore del contratto collettivo.
Già ai sensi della Tabella A allegata al c.c.n.l. 26 maggio 1999 (che recava la prima declaratoria del
profilo professionale della nuova figura), il direttore dei servizi generali ed amministrativi (di
seguito, spesso indicato come d.s.g.a.) svolgeva attività di rilevante complessità, avente in alcuni
casi anche rilevanza esterna ed assumeva un ruolo centrale nella gestione amministrativo-
contabile dell’istituto67.
La rilevanza della figura nell’organizzazione dell’istituto scolastico è poi stata confermata dalla
contrattazione collettiva successiva ed in particolare, dalla nuova declaratoria del profilo
professionale del d.s.g.a. fornita dalla Tabella A allegata al c.c.n.l. 24 luglio 2003 (Contratto
collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto scuola per il quadriennio
normativo 2002/2005 e il primo biennio economico 2002/2003); si tratta della declaratoria
ancora oggi in vigore e che delinea una figura di direttore dei servizi generali ed amministrativi
che:
1)       svolge attività lavorativa di rilevante complessità ed avente rilevanza esterna;
2)       sovrintende, con autonomia operativa, ai servizi generali amministrativo-contabili e ne
     cura l'organizzazione svolgendo funzioni di coordinamento, promozione delle attività e
     verifica dei risultati conseguiti, rispetto agli obiettivi assegnati ed agli indirizzi impartiti, al
     personale ATA, posto alle sue dirette dipendenze;
3)       organizza autonomamente l’attività del personale ATA nell’ambito delle direttive del
     Dirigente scolastico; attribuisce al personale ATA, nell’ambito del piano delle attività,
     incarichi di natura organizzativa e le prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo, quando
     necessario;
4)       svolge con autonomia operativa e responsabilità diretta attività di istruzione,
     predisposizione e formalizzazione degli atti amministrativi e contabili; è funzionario
     delegato68, ufficiale rogante e consegnatario dei beni mobili;

67 Per chi fosse interessato all’indicazione specifica dei contenuti professionali della figura del d.s.g.a.
previsti dal c.c.n.l. 26 maggio 1999, si rinvia a DAPAS A. e VIOLA L., Gli organi della comunità scolastica
nell’età dei dirigenti, cit., 137.
68 La qualifica di funzionario delegato era riconosciuta, in precedenza, solo ai direttori amministrativi di

conservatori e accademie.

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5) può svolgere attività di studio e di elaborazione di piani e programmi richiedenti specifica
         specializzazione professionale, con autonoma determinazione dei processi formativi ed
         attuativi;
     6) può svolgere incarichi di attività tutoriale, di aggiornamento e formazione nei confronti
         del personale;
     7) può risultare affidatario di incarichi ispettivi nell’ambito delle istituzioni scolastiche69.
Con tutta evidenza, si tratta di un profilo professionale che richiama e sistematizza alcune delle
competenze del d.s.g.a. previste dal d.m. Pubblica Istruzione 1° febbraio 2001 n. 44 (regolamento
concernente le ) e relative, in particolare:
     1) alla redazione delle schede illustrative finanziarie, relative ad , allegate al programma finanziario dell’istituzione e
         recanti  (art. 2, 6° comma
         d.m. 44/200171);

69 Un punto di particolare problematicità della nuova declaratoria dei contenuti professionali della figura
del direttore dei servizi generali ed amministrativi è costituita dal mancato richiamo, nella Tabella A
allegata al c.c.n.l., della competenza al rilascio diretto della certificazioni amministrative, in precedenza (si
veda, al proposito, l’art. 51 del c.c.n.l. 21 luglio 1995) rientrante nelle attribuzioni del responsabile
amministrativo; con tutta evidenza, si tratta di un’incertezza di disciplina che rischia di dare vita a
sgradevoli e disfunzionali conflitti di competenza.
70 Del tutto esattamente, RENNA M., La natura e le difficoltà dell’autonomia scolastica, cit., 31 rileva come .
71 Come rilevato dalla dottrina (QUARATO N., Il nuovo regolamento sulla gestione amministrativo-contabile e

l’attività negoziale delle istituzioni scolastiche in TENORE V. (a cura di) La dirigenza scolastica. Manuale giuridico-
amministrativo del dirigente scolastico cit., 301) la previsione delle schede illustrative finanziarie ha permesso un
sostanziale , con maggiore
.

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