Il canto di Nino Visconti - Purgatorio canto VIII

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Il canto di Nino Visconti - Purgatorio canto VIII
Il canto di Nino
Visconti

Purgatorio canto VIII
Il canto di Nino Visconti - Purgatorio canto VIII
Introduzione

– LUOGO
È la parte bassa della montagna del Purgatorio, che comprende la spiaggia e la prima fascia,
i primi tre balzi della costa. Qui i penitenti cominciano a espiare dovendo attendere un
determinato periodo di tempo prima di poter salire alle vere cornici del Purgatorio dove
purgare con pene fisiche i propri peccati.
– BALZO II
    La valletta amena. Si tratta di una conca lussureggiante di prati verdi e di splendidi fiori.
-     PENITENTI E PENA
Spiriti negligenti. Le anime dei principi e regnanti, che le cure dello Stato e la gloria
mondana hanno allontanato dalle cure spirituali, o che si mostrano indolenti nell'esercizio
delle loro funzioni per il bene dei sudditi, sono raccolte in una valletta amena e siedono su
un prato verdissimo. Devono restare fuori del Purgatorio tanto tempo quanto vissero e ogni
giorno al tramonto sono sottoposti alla tentazione del serpente.
Il canto di Nino Visconti - Purgatorio canto VIII
La dimensione temporale e il
tramonto
– Nella parta iniziale Dante descrive il tramonto, l’ora in cui il ricordo riaccende
  nei naviganti il desiderio della patria lontana. Una delle anime intona l’inno “Te
  lucis ante”, seguita dalle altre in coro. Tutte sembrano in attesa. Dante richiama
  l’attenzione del lettore sul significato allegorico di questa scena. Ed ecco
  scendere dall’alto due angeli, vestiti di verde, con in mano due spade infuocate
  e prive delle punte, che hanno il compito- come spiega Sordello – di mettere in
  fuga il serpente che sta per giungere.
Il canto di Nino Visconti - Purgatorio canto VIII
Incontro con Nino Visconti

                  – I tre poeti scendono nella valletta, dove Dante riconosce il nobile amico Nino
                    Visconti. Questi, udito che Dante è vivo, si ritrae meravigliato e grida all’anima di
Beatrice d’Este
                    Corrado Malaspina di venire a vedere quale grazie Dio ha concesso a un vivente.
                    Poi chiede a Dante di ricordare alla figlia Giovanna di pregare per lui, così che i
                    suoi suffragi giungano fino al cielo. Si rammarica infine che la moglie Beatrice
                    d’Este non lo ami più, e abbia sposato un Visconti: lo stemma del nuovo marito,
                    che sarà posto sul sepolcro di lei, non le farà tanto onore, quanto le avrebbe
                    fatto il suo.
La vera storia di Nino Visconti

                        Nino Visconti
Immagine realtiva a     Cittadino di Pisa fra i più potenti, fu giudice di Gallura, in Sardegna,
Nino Visconti           dove succedette al padre Giovanni dal 1271 al 1298 (il suo nome era
                        forse Ugolino). Fu associato al governo pisano dal nonno materno,
                        Ugolino della Gherardesca, e i due, col titolo di «rettori e
                        governatori del Comune», operarono una serie di riforme che
                        favorivano il basso ceto artigiano e rafforzavano il governo signorile
                        della città. Inimicatosi col nonno, fu cacciato da Pisa nel 1288 ad
                        opera dell'arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini e della nobiltà
                        ghibellina. Nel 1293 divenne capo della Taglia Guelfa e fu più volte a
                        Firenze, dove forse incontrò Dante. In Sardegna (1294) si alleò con i
                        Sassaresi, i Malaspina e con Branca Doria e cercò di impossessarsi
                        anche dell'Arborea. Morì nel 1298.
Allegoria della tentazione

– Dante alza gli occhi al cielo, dove, al posto delle quattro stelle viste all’alba, può
  ammirare tre astri, simbolo delle virtù teologali, che illuminano il polo antartico.
  A un tratto, ecco giungere la biscia tentatrice, messa però subito in fuga dagli
  angeli. L’apparizione degli angeli è dunque simbolo dell’intervento e dell’aiuto
  divino, il serpente invece simboleggia la tentazione ed il peccato. Essi sono
  affiancati dai tre astri allegoria di fede, speranza e carità.
Incontro con Corrado Malaspina

– Dopo la fulminea scena, Corrado Malaspina chiede a Dante notizie della Val di
  Magra, dove egli fu grande signore, e gli profetizza che fra poco conoscerà
  direttamente la virtù dei Malaspina, quando, esule, sarà da loro accolto.

                                              Corrado Malaspina
La vera storia di Corrado
Malaspina
– Figlio di Federico I, marchese di Villafranca in Val di Magra, fu nipote di Corrado
  il Vecchio, capostipite della famiglia dei Malaspina dello Spino Secco o di
  Mulazzo, signori della Lunigiana. Morì nel 1294. Dante nel 1306 fu in Lunigiana
  durante l'esilio, ospite di Franceschino Malaspina, come prova un documento
  del 6 ottobre di quell'anno in cui il poeta compare quale procuratore di
  Franceschino, Moroello e Corradino per concludere la pace col vescovo di Luni.
Gli affetti e l’esilio

– Il secondo grande tema è quello degli affetti umani. Qui si parla dell’amore
  paterno di Nino Visconti, del suo affetto coniugale e del suo dolore per il
  comportamento della moglie, della cortese amicizia che lo legò a Dante; e poi
  del sentimento di generosità dei Malaspina verso Dante e della sua sincera,
  commossa gratitudine, che lo spinge nell’ultima parte del canto a una delle più
  intense lodi mai rivolte a signori del suo tempo. Il motivo degli affetti si fonde
  qui con il tema autobiografico, e in particolare con il pensiero dell’esilio, con le
  ansie del peregrinare di Dante di terra in terra alla ricerca di chi, come la
  famiglia dei Malaspina, sapesse accoglierlo adeguatamente e con liberalità.
Un lavoro di:

Mario Liuzzo
Armando Truglio
Selena Russo
Noemi Caruso
Debora Fasolo
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