Traduzione matematica della metrica dantesca presente nella Divina Commedia.

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Traduzione matematica della metrica dantesca presente nella Divina Commedia.
Traduzione matematica della metrica dantesca
                      presente nella Divina Commedia.

1.       «Dante, come ben si sa, è innovatore dal di dentro, di schemi metrici ereditati dalla
tradizione anteriore». È opinione largamente accolta, già presente in Pio Rajna, che la terzina sia
invenzione di Dante a partire dalle forme metriche del sonetto, d’altronde da lui stesso innovato
nelle quartine, per l’adozione della rima alternata in luogo di quella baciata di lentiniana genesi.
L’invenzione della “terza rima” viene attribuita a Dante, poiché negli scritti antecedenti alla Divina
Commedia non se ne ha traccia, infatti viene anche chiamata rima dantesca o, per la sua struttura
metrica, terzina incatenata.
Gli storici della metrica italiana hanno identificato come precedenti metrici della terza rima almeno
due elementi fondamentali: la struttura del sonetto e in particolare della terzina, e la struttura
metrico-ritmica del sirventese.
Nella terzina tutti i versi, tranne la prima e l'ultima coppia (A e Z), rimano a tre a tre, quindi i gruppi
di tre versi che rimano fra loro sono intrecciati l'uno con l'altro in una sequenza continua, come gli
anelli di una catena (ABA BCB CDC…). La terza rima è considerata aperta, ma non all’infinito
infatti lo schema metrico è chiuso da un verso isolato (…YZY Z) formato da una coppia di rime
poste una all’inizio e l’altra alla fine (A…A……Z…Z).
Se si rimanda alla struttura metrica del serventese, composta da tre endecasillabi e da un quinario
(AAAb BBBc CCCd…), si può chiaramente intravedere in essa l’idea stessa della terzina.
Successivamente il quinario, verso breve, viene soppresso, e il verso centrale degli endecasillabi
diviene il collegamento con la strofa successiva. In questo passaggio si fa riferimento alla seconda
parta del sonetto CDC DCD, che scriveremo ABA BAB. L’elemento centrale deve essere rinnovato
di volta in volta in modo da creare il collegamento fra una terzina e l’altra (ABA BCB CDC
DED…).

2.      Antonelli in conclusione ad un suo intervento del 1987 sull’invenzione del sonetto, nel
ricostruire l’ontogenesi delle forme metriche delle origini avvertiva di non «cedere a spiegazioni
esterne alla storia metrica (quali il ricorso a suggestioni numerologiche o affini: da non escludere a
priori, ma mai)», comunque, senza il ricorso a «deduzioni storico culturali, dimostrabili con la storia
metrica.».
Condividiamo la preoccupazione espressa da Antonelli di un superficiale, ovvio e maccheronico
ricorso alla numerologia per giustificare le scelte, o meglio le invenzioni metriche dantesche.
Quello che infatti noi vogliamo, nelle pagine seguenti, dimostrare è piuttosto come nella struttura
della terza rima, al di là della consapevolezza stessa dell’autore in termini strettamente matematici,
sia riconoscibile una struttura matematica precisa e che questa circostanza lungi dall’essere il frutto
di una “adattamento postumo” è invece il segno tangibilissimo della straordinaria capacità di Dante
di creare ed anticipare seppure solo intuendole, verità che solo più in avanti altri e con altri mezzi
avrebbero trovato.

3.    Preso un qualsiasi canto della Divina commedia, è possibile associare alla rima di ogni verso
un numero intero, nel seguente modo:
   • Se le ultime tre lettere dell’ultima parola dell’endecasillabo si ripetono in altri endecasillabi,
      allora si associa uno stesso numero.
   • Se nell’endecasillabo seguente è presente una nuova terna di lettere, allora si associa un
      nuovo numero ottenuto incrementando l’ultimo di una unità.
Traduzione matematica della metrica dantesca presente nella Divina Commedia.
Si osserva che ad eccezione del primo verso (la cui rima si ripete solo due volte), ogni rima si
presenta tre volte e il numero ad essa associata si alterna una volta con il numero precedente e una
volta con il numero successivo.

Pertanto, è possibile individuare un algoritmo che rappresenta costruzione metrica dei versi. Come
si evice dalla fig.1 ogni numero n non rappresenta la posizione del verso nel canto ma rappresenta
il numero associato alla rima.
Traduzione matematica della metrica dantesca presente nella Divina Commedia.
Fig1.

Ad esempio:
preso n=4
seguendo la sequenza delle istruzioni riportate nell’algoritmo di fig.1,
stampa 4
essendo n=4>1
pone a = n-1=3
stampa 3
pone b=n=4
stampa 4
incrementa n, n=n+1=5
torna indietro e lo stampa, stampa 5
e si ripete la sequenza di operazioni
essendo n=5>1
pone a = n-1=4
stampa 4
pone b=n=5
stampa 5
incrementa n, n=n+1=6
torna indietro
e lo stampa, stampa 6
essendo n=6>1
pone a = n-1=5
stampa 5
…
Traduzione matematica della metrica dantesca presente nella Divina Commedia.
Fig.2

Questo algoritmo può essere espresso mediante una funzione composta g o f di N→N le cui
componenti sono:

                        f : n ∈ N → (n − 1, n) ∈ N × N
                        g : (n − 1, n) ∈ N × N → (n + 1) ∈ N

Con questo algoritmo si può ottenere l’alternanza precisa e corretta delle rime, qualunque sia il
numero totale dei versi del componimento.
Osserviamo che l’algoritmo dà una risposta sullarima dei versi in sequenza, qualunque sia il valore
n di partenza ma se si vogliono distinguere le terzine il valore n iniziale dell’algoritmo deve essere:
n = n0 = 1 oppure n = ni = 3i + n0, i∈N.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Il testo della Commedia è citato da:
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                   Gli alunni del Liceo Classico Europeo Liceo Scientifico
                          Del Convitto “Vittorio Emanuele II” Napoli
  in collaborazione con i docenti: Annamaria Salvemini, Adriana Oliviero e Barbara
                                       Coppola.
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