Giacomo Puccini TOSCA - Stagione Lirica 25 26 ottobre 2020 - Teatro Stabile del Veneto
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OGNI PROSECCO DOC Teatro Mario Del Monaco Autunno Musicale 2020 È UN VIAGGIO NELL’ECCELLENZA ITALIANA. MA SOLO SE HA ORIGINE QUI. Stagione Lirica 2020 Domenica 25 ottobre 2020 – ore 18.45 anteprima Lunedì 26 ottobre 2020 – ore 20.00 Prima di Stagione TOSCA Melodramma in tre atti – libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giocosa Bevi responsabilmente Musica di Giacomo Puccini Edizioni Musicali Thompson, Kalmus.Com – U.S.A Prima rappresentazione Roma, Teatro Costanzi, 14 gennaio 1900 Floria Tosca Chiara Isotton Mario Cavaradossi Fabio Sartori Il barone Scarpia Claudio Sgura Il sagrestano Alex Martini Cesare Angelotti Andrea Pellegrini Spoletta Francesco Tuppo Sciarrone Hazar Mürşitpınar Un carceriere Luca Scapin Un pastore Anna Cesca, Sophia Marino Francesco Lanzillotta Maestro Concertatore e Direttore Coro di Voci Bianche dell’Associazione Musicale Francesco Manzato Maestro del coro Livia Rado Insieme Corale Ecclesia Nova Maestro del coro Matteo Valbusa Orchestra Regionale Filarmonia Veneta SOLO PROSECCO DOC ORIGINALE HA IL CONTRASSEGNO. Quando brindate, siate originali: scegliete il vero Prosecco DOC, solo quello in bottiglia, proveniente dal territorio unico delle nove province di Veneto e Friuli Venezia Giulia, la Dreamland. Lo riconoscete dalla bottiglia col contrassegno sul collarino. E dal suo gusto inconfondibile.
Guida all’opera Direttore di produzione Edoardo Bottacin Il soggetto p. 07 Direttore di palcoscenico Federico Brunello Maestro di sala e di palcoscenico Gianni Cappelletto Il libretto p. 11 Altro maestro di palcoscenico Jacopo Cacco Maestro ai sopratitoli Alessandro Argentini La Tosca di Giacomo Puccini: una sapiente mistura di passione, sesso, patriottismo, devozione. E con un pizzico di sadismo. Responsabile di palcoscenico Andrea Gritti di Gilberto Mion p. 12 Macchinista Paolo Minuto Elettricista Davide Daniotti L’orchestra Fonico Davide Dall’acqua di Michele Girardi p. 22 Truccatrice Susy Zancanaro Coproduzione tra Comune di Treviso - Teatro Mario Del Monaco Le voci e A.P.S. Musincantus – Autunno Musicale d Michele Girardi p. 24 In collaborazione con Rappresentazioni di Tosca al Teatro Mario Del Monaco Orchestra Regionale Filarmonia Veneta di Iorio Zennaro p. 26 Associazione Corale Ecclesia Nova Associazione Musicale Francesco Manzato Gli interpreti p. 31 Calendario Ott - Dic 2020 p. 37 Partners p. 38
p. 07 Il soggetto L’azione si svolge a Roma, il 14 giugno 1800, data della battaglia di Marengo. La Repubblica Romana è caduta e feroci rappresaglie sono in corso verso gli ex repubblicani simpatizzanti di Napoleone Bonaparte. ATTO I Angelotti, già console della Repubblica e per questo prigioniero politico, riesce a evadere da Castel Sant’Angelo e trova rifugio nella Chiesa di Sant’Andrea Della Valle. Sua sorella, la Marchesa Attavanti, gli ha lasciato la chiave della cappella di famiglia, ove egli trova nascondiglio. Arriva il sagrestano per ripulire i pennelli del pittore Mario Cavaradossi, impegnato nella realizzazione di un affresco raffigurante la Madonna. Il pittore entra poco dopo per rimettersi al lavoro. Quando toglie il telo dal suo affresco, il sagrestano ha un sobbalzo: nell’effige della Madonna riconosce un volto già visto. Cavaradossi confessa di essersi ispirato ad una devota della chiesa, non sapendo che si tratta proprio della Marchesa Attavanti. Continua a dipingere il quadro guardando, di tanto in tanto, un ritratto della sua amata Floria Tosca. Pur se inquieto, il sagrestano fa per uscire, quando nota che il paniere con il pranzo di Cavaradossi è ancora intatto; pensa ad un digiuno di penitenza, ma il pittore lo rassicura dicendo di non aver appetito. Angelotti, pensando di esser rimasto solo, esce dal nascondiglio. Incontra però Cavaradossi, suo vecchio amico e anch’egli simpatizzante per Napoleone Bonaparte. I due vengono interrotti bruscamente dall’arrivo di Tosca; Angelotti è costretto a nascondersi frettolosamente, non prima di aver preso il paniere di Cavaradossi. Floria Tosca, cantante e amante di Cavaradossi è per sua indole molto gelosa. Ha sentito il suo amato parlare con qualcuno e teme la presenza di un’altra donna. Dopo essere stata rassicurata dal Cavaradossi di essere l’unica donna da lui amata, lo invita a passare la serata insieme nella villa del pittore. Prima di uscire, però, riconosce nello sguardo della Madonna gli occhi della Marchesa Attavanti; di nuovo viene presa da un impeto di gelosia, e di nuovo Cavaradossi le proclama il suo unico e incondizionato amore. Allontanatasi Tosca, Angelotti può uscire di nuovo dal suo nascondiglio. Racconta che la sorella ha nascosto nella cappella per lui delle vesti femminili; aspetterà il tramonto per fuggire dalla caccia del barone Scarpia. Cavaradossi consiglia all’amico di recarsi subito alla sua villa e, in caso di pericolo, nascondersi nel pozzo. Un colpo di cannone sparato da Castel Sant’Angelo annuncia che la fuga di Angelotti è stata scoperta. Questi è dunque costretto alla fuga. Entra il sagrestano circondato da una folla di chierici e confratelli, tutti festosi per la notizia dell’imminente (e presunta) sconfitta di Napoleone da parte degli austriaci. Li interrompe bruscamente Scarpia, accompagnato da Spoletta, giunto nella chiesa per ricercar il fuggitivo. Trova il paniere vuoto e un ventaglio
p. 08 p. 09 femminile con lo stemma Attavanti. Riconoscendo infine il volto della Marchesa finta fucilazione di Cavaradossi: in questo modo il pittore avrebbe salva la vita e il nell’effige della Madonna, capisce che il piano di fuga di Angelotti è stato ordito barone manterrebbe il suo ruolo di capo della polizia. con la complicità di Cavaradossi. Tosca, non capendo l’inganno del barone, chiede inoltre un salvacondotto per Tosca torna in chiesa per annunciare al suo amato un cambio di programma: poter fuggire da Roma con il suo amato. Scarpia le consegna il documento e dovrà presenziare ad un concerto a Palazzo Farnese quella sera stessa, quindi chiede a Tosca di rispettare il patto; in tutta risposta lei prende un coltello dalla non potrà recarsi alla sua villa. Il barone Scarpia utilizza il ventaglio per instillare tavola imbandita e lo pugnala, uccidendolo. il dubbio nella mente di Tosca. Ella riconosce lo stemma sul ventaglio e crede che Cavaradossi abbia una relazione con la Marchesa; corre quindi alla villa del pittore per poter cogliere i due sul fatto. ATTO III Scarpia la fa seguire da Spoletta e da alcuni poliziotti. Il suo scopo è duplice: avere per sé Floria Tosca e catturare Angelotti. Dalla sua cella di reclusione, Mario Cavaradossi chiede al suo carceriere di poter scrivere un’ultima lettera alla sua amata Tosca. Mentre si strugge per trovare le parole adatte, Tosca fa il suo ingresso nella cella accompagnata da Spoletta (il ATTO II quale ancora non è a conoscenza della morte di Scarpia). Quando i due amanti restano soli, Tosca confessa il suo crimine e mostra a Cavaradossi il salvacondotto Interno di Palazzo Farnese, camera di Scarpia al piano superiore; dalla finestra firmato da Scarpia prima di morire. Tutto ciò che dovrà fare Cavaradossi è provengono le note del concerto e, di lì a poco, la voce inconfondibile di Tosca. Il cadere quando i soldati spareranno con i loro fucili caricati a salve. Tosca infatti capo della polizia è in compagnia del gendarme Sciarrone. non immagina che la messa in scena della finta fucilazione sia in realtà un inganno Spoletta entra trascinando con sé Cavaradossi. Nella villa infatti vi era solo perpetrato da Scarpia per approfittare di lei. quest’ultimo, nessuna traccia del fuggitivo Angelotti. Scarpia cerca di fargli Cavaradossi viene portato sul ponte di Castel Sant’Angelo per essere fucilato; confessare l’ubicazione del suo amico, senza però riuscirvi. quando i soldati sparano lui cade a terra. Tosca entra nella stanza; vedendo Cavaradossi gli fa un cenno per fargli intendere Tosca attende che i soldati se ne siano andati, prima di accorrere verso il suo d’aver capito tutta la situazione. Lui la implora di non dire nulla. amato e aiutarlo a rialzarsi; solo allora capisce che, quella che avrebbe dovuto Cavaradossi viene portato nella camera di tortura mentre Scarpia, rimasto solo essere una simulazione, in realtà è stata una vera fucilazione. con Tosca, cerca di farle rivelare il nascondiglio di Angelotti. Per convincerla a Dalle stanze di Castel Sant’Angelo si odono le urla di Spoletta e dei soldati che parlare le fa sentire le urla di dolore di Cavaradossi, provenienti dalla stanza hanno trovato il corpo di Scarpia. Si recano in fretta sul ponte per arrestare attigua. Solo allora Tosca capisce cosa sta succedendo al suo amato. Cerca Tosca. Lei sale sul parapetto del ponte e si getta nel vuoto, non prima di aver di resistere, sopportando le urla strazianti del pittore, finché non cede: urla a lanciato un’ultima maledizione a Scarpia. Scarpia che Angelotti è nascosto nel pozzo del giardino. Cavaradossi, sanguinante e fisicamente provato, viene condotto da Tosca, mentre Spoletta va a catturare Angelotti. Irrompe nella stanza Sciarrone con una notizia preoccupante dal fronte: quella che sembrava essere una sconfitta pesante per Napoleone, in realtà si è trasformata in una vittoria decisiva. L’esercito austriaco è stato sconfitto a Marengo. Cavaradossi ritrova le forze e urla alla vittoria, facendosi beffe di Scarpia. Quest’ultimo non tollera l’affronto del rivale e lo condanna a morte. Rimasto di nuovo solo con Tosca, Scarpia le dice che potrebbe esserci un modo per salvare Cavaradossi: ella dovrà concedersi a lui. Tosca rifiuta sdegnata la proposta, ma il barone alfine la convince, complice anche l’imminenza dell’esecuzione capitale. Spoletta ritorna con la notizia della morte di Angelotti: il fuggiasco, pur di non farsi catturare, si è tolto la vita. Sugellato il patto con Tosca, il barone finge di accordarsi con Spoletta per una
p. 11 TOSCA Melodramma in tre atti libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giocosa dal dramma La Tosca di Victorien Sardou Musica di Giacomo Puccini PERSONAGGI Floria Tosca, celebre cantante Soprano Mario Cavaradossi, pittore Tenore Il barone Scarpia, Capo della Polizia Baritono Cesare Angelotti, un prigioniero politico evaso Basso Sagrestano Baritono Spoletta, Agente di Polizia Tenore Sciarrone, Gendarme Basso Un carceriere Basso Un pastore Bambino Un Cardinale; il Giudice del Fisco; Roberti, esecutore di Giustizia; uno Scrivano; un Ufficiale; un Sergente Soldati, Sbirri, Dame, Nobili, Borghesi, Popolo, ecc. Roma: Giugno 1800 Prima rappresentazione assoluta: Roma, Teatro Costanzi, 14 gennaio 1900
p. 12 p. 13 La Tosca di Giacomo Puccini: una sapiente mistura di passione, sesso, patriottismo, devozione. *** E con un pizzico di sadismo di Gilberto Mion Secondo la testimonianza di Arnaldo Fraccaroli, il primo biografo di Puccini1, il compositore lucchese aveva fatto conoscenza con i Nel biennio che va dal marzo 1851 al marzo 1853, Giuseppe Verdi personaggi di quello che sarebbe divenuto il suo quinto melodramma riuscì a consegnare al suo pubblico ben tre opere nuove. Tre autentici una sera del febbraio 1889, nella sala del Teatro dei Filodrammatici capolavori, si badi, tre titoli tuttora popolarissimi, mica cosucce di di Milano. Qui andava in scena La Tosca di Victorien Sardou (1831- routine. Con Giacomo Puccini suona tutt’altra musica. È noto infatti 1908), dramma in cinque atti apparso a Parigi nel novembre del 1887 come il compositore lucchese fosse allo stesso tempo pignolo e e nel quale lo scrittore francese (all’epoca all’apice della sua fama) insicuro, incline agli entusiasmi come agli improvvisi scoraggiamenti, mescolava una storia di fosco libertinismo e di morte sullo sfondo di pronto a fare e disfare, sempre esigente e perfezionista sino una tenebrosa Roma papalina dell’anno di grazia 1800. A Milano, tra all’inverosimile. Persino la moglie Elvira pare lo rampognasse delle l’altro, Puccini vide La Tosca in lingua originale, ed il francese non era sue incertezze e quindi della sua scarsa prolificità, con tono di aspro certo il suo forte. Ma grazie anche alla straordinaria recitazione di rimprovero: «Tre anni per trovare un libretto? Ma in tre anni Verdi ha Sarah Bernhardt, in tournée italiana con la sua compagnia, il lavoro composto Rigoletto, Trovatore e Traviata!». ebbe un forte impatto sul musicista, sedotto sia dalla potenza della Tuttavia Puccini non era fatto così. Fra un’opera e l’altra, aveva protagonista sia dalla forte presa scenica del soggetto. Non a caso bisogno di lunghi tempi di riflessione e di maturazione. Basta guardare Sardou, drammaturgo all’epoca presente e celebrato sulle scene di le date dei suoi lavori: Le Villi apparve nel 1884, Edgar nel 1889; Manon tutta Europa, era un consumato manipolatore dei linguaggi e delle Lescaut nel 1893, La bohéme nel 1896. Dopo Madama Butterfly (1904) tecniche teatrali, assai abile tanto nella costruzione degli intrecci bisognò attendere il 1910 per La fanciulla del West, mentre La rondine quanto nel conferire notevole spessore psicologico ai suoi personaggi. venne ultimata nel 1915. Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, i tre Le sue piéces teatrali avvincevano lo spettatore conquistandone pannelli del Trittico videro la luce tra il 1913 ed il 1918. E sei anni dopo la continua attenzione, anche se a prezzo di qualche espediente un Turandot era ancora incompiuta, allorché il compositore mancava a po’ truculento. In Puccini si era fatta strada insomma la convinzione Bruxelles, a fine novembre del 1924. E venne rappresentata alla Scala, d’avere tra le mani un soggetto validissimo per la sua ispirazione, completata nel finale da Franco Alfano, solamente nell’aprile 1926. tanto che scrisse al suo editore e protettore Giulio Ricordi il 7 maggio Lo stesso vale per Tosca. Quando la sera del 14 gennaio 1900 il sipario del 1889 (dunque appena quindici giorni dopo la delusione per la del Teatro Costanzi (l’attuale Teatro dell’Opera di Roma) finalmente si mezza riuscita della premiére dell’Edgar) affinché si adoperasse per levava sulla sua quinta opera, scoprendo al pubblico la ricostruzione ottenere l’esclusiva dei diritti di musicarla: «Carissimo signor Giulio… un po’ fantasiosa dell’interno della chiesa di Sant’Andrea della Valle, penso alla Tosca! La scongiuro di fare le pratiche necessarie per e quando risuonavano i tre violenti accordi che l’aprivano eseguiti ottenere il permesso da Sardou, prima di abbandonare l’idea, cosa “fortissimo, a tutta forza” dall’orchestra capitolina diretta da che mi dorrebbe moltissimo. Poiché in questa Tosca vedo l’opera che Leopoldo Mugnone, veniva a concludersi un lungo cammino iniziato ci vuole per me…». 2 molti, molti anni prima. Addirittura undici, per la precisione. Tanto il tempo che si era reso necessario affinché, dopo un lunghissimo e L’editore milanese aveva una palese predilezione per il più giovane tormentato iter, tra subitanee infatuazioni e improvvisi abbandoni, degli autori della sua scuderia, e nutriva un incrollabile affidamento tra certezze passeggere ed inattese perplessità, tra continui rimpalli nel suo talento nonostante la procellosa navigazione dell’Edgar, che con i librettisti e l’editore, la vena compositiva di Giacomo Puccini incontrava accoglienze alterne; e cercò subito quindi d’accontentarlo. prendesse un indirizzo definitivo, e desse infine concretizza a questa Si rivolse pertanto al direttore Emanuele Muzio, in quel periodo opera che chiudeva un secolo ed inaugurava quello nuovo, fra impegnato a Parigi, pregandolo di mettersi in contatto con il l’enorme aspettativa del pubblico e l’attesa al varco della critica non solo italiana ma anche europea, data la fama mondiale del suo autore, 1 In A. Fraccaroli, La vita di Giacomo Puccini, Milano 1925. ottenuta con i travolgenti successi di Manon Lescaut e La bohéme. 2 Carteggi pucciniani, a cura di E. Gara, Milano 1958.
p. 14 p. 15 drammaturgo. Il quale, da parte sua, era un artista di successo, ma dal famoso, Franchetti aveva nel frattempo ottenuto già il beneplacito carattere non facile e senz’altro alquanto venale, visto quanto si trovò del drammaturgo francese nel 1893, pagandogli profumatamente di a riferirgli Muzio: «Sardou non si sente molto disposto a permettere tasca propria i diritti relativi alla Tosca, firmando poi con l’editore che della sua Tosca si faccia un libretto italiano, però vorrebbe Ricordi un contratto concernente la stesura e le rappresentazioni del sapere quale compenso proporrebbe Puccini»3. Allora il costo dei melodramma relativo. Nonostante ciò, Franchetti non pareva più preso libretti, per consuetudine, ricadeva quasi sempre sui compositori; è da questo soggetto, ed infatti il libretto realizzato per lui da Luigi Illica probabile inoltre che lo scrittore temporeggiasse un poco, dato che gli girava e rigirava tra le mani senza convincerlo appieno. In due anni allora il compositore lucchese era ancora un ‘signor nessuno’ in terra aveva infatti steso appena qualche abbozzo. A questo punto interviene di Francia. Ad ogni modo Puccini (facile ad infiammarsi, altrettanto un noto racconto di Giuseppe Adami4, da accogliere con le dovute veloce nel farsi passare l’entusiasmo iniziale) mutò improvvisamente riserve. Secondo quanto narrato molti anni dopo dal futuro librettista di parere, e lasciò cadere i vagheggiati progetti sulla Tosca. E passò di Turandot, infatti, Illica e Giulio Ricordi decisero di muoversi con ad esercitare la sua arte sulle trine ed i merletti della Histoire du scaltra diplomazia, convincendo il compositore torinese nel corso di Chevalier des Grieux et de Manon Lescaut, romanzo scritto un secolo un serrato colloquio che l’intreccio di Tosca non era assolutamente e mezzo prima dall’abate Prévost. adatto alla sua vena, col risultato di fargli perdere ogni fiducia in esso E quindi fu solo dopo l’apparizione della Manon Lescaut, e un po’ prima e a rinunciarvi a favore di Puccini. Sempre secondo l’Adami, pare anzi di quella de La bohéme, che si tornò finalmente a parlare nell’entourage che l’accordo preliminare tra Casa Ricordi e Puccini per la stesura pucciniano del dramma di Sardou, non prima d’aver scartato varie della «sua» Tosca venisse steso e firmato (senza porre altri indugi) altre ipotesi letterarie. Cosa dunque mosse Puccini a riaccostarsi lo stesso giorno, o al massimo il giorno seguente a quell’incontro. al dramma del tragediografo francese? Molto probabilmente contò Sta di fatto che in una lettera del 9 agosto 1895 indirizzata all’amico anche la nuova sensibilità imposta dal Verismo teatrale, con la sua Clausetti, responsabile di Casa Ricordi in Napoli, il musicista lucchese ricerca di immediati effetti visivi e di un forte impatto emotivo, che poteva perentoriamente comunicare la sua vittoria: «Tosca la farò io, avevano una grande presa nei confronti di un pubblico che oramai libretto straordinario di Illica, in 3 atti, Sardou entusiasta del libretto»5. aveva messo in soffitta le ultime nostalgie per il vecchio Romanticismo. Un interesse reso palpabile dai successi teatrali di Cavalleria rusticana Al di là del vittorioso proclama di Puccini (che peraltro in quel di Mascagni (1890), di Mala vita di Giordano (1892) e dei Pagliacci periodo doveva ancora condurre in porto la lunga composizione de di Leoncavallo (1893), oltre che d’altri lavori di autori minori presto La bohème)per giungere alla stesura del libretto finale di Tosca servì postisi sulla loro scia. Una miriade di titoli che avevano creato di fatto ancora molto lavoro. Ricordi decise infatti di associare nell’impresa una nuova moda ed un nuovo tipo di spettatore incline alle emozioni letteraria anche Giuseppe Giocosa, l’altro scrittore di punta della casa forti ed immediate. E l’Andrea Chénier di Giordano, apparso nel marzo editrice milanese, affidandogli nel dicembre 1895 la versificazione del 1896, aveva attestato la possibilità di applicare il lessico verista, con libretto. Dopo qualche tempo però (siamo nel frattempo arrivati a validi risultati, non solo a vicende ‘popolari’, ma anche ad un soggetto metà del 1896) Giocosa comunicava con franca schiettezza all’editore d’ambientazione storica. Insomma, anche a Puccini venne voglia di alcune osservazioni e dubbi sulla struttura generale della Tosca di tentare la carta del Verismo, e proprio con i personaggi di Tosca: Sardou. Pur apprezzando il lavoro di lima sinora svolto dal collega, anche se in verità, diciamolo subito, la sua particolare indole, incline ci trovava troppa carne al fuoco, e pure troppi duetti: un problema più alle mezze tinte, ai ‘piccoli affetti’, non gli permise di trasformarsi peraltro già evidenziato da Illica stesso, e rimasto comunque irrisolto. in un musicista di impronta verista. E poi evidenziava un meccanismo farraginoso, talune forzature nel Con l’unica eccezione del tardo Tabarro, apparso peraltro quando truce personaggio di Scarpia, l’intreccio dei fatti che andava a scapito tale tendenza poteva dirsi ormai passata di moda. della poesia. Espresse queste non piccole riserve, si dichiarava infine C’era però a questo punto un ostacolo sul cammino della Tosca disponibile a rinunciare all’incarico. Ma la collaborazione con Illica, pucciniana, e portava il nome di Alberto Franchetti. Compositore per forte insistenza di Ricordi, proseguì lo stesso, anche se il comune torinese di famiglia aristocratica e benestante, allora abbastanza lavoro procedette con lentezza, per i difficili contatti epistolari con 3 Carteggi pucciniani, op. cit. 4 In Giulio Ricordi e i suoi musicisti, Milano 1933. 5 Carteggi pucciniani, op. cit.
p. 16 p. 17 Puccini impegnato a seguire e promuovere per mezza Europa i vari principali prescelti furono la bella soprano romena Ericlea Darclée allestimenti de La bohéme, che stava intanto conoscendo grande (già prima interprete della Wally di Catalani e dell’Iris di Mascagni) fortuna. Si dovette arrivare insomma agli inizi del 1898, perché il come Floria Tosca; il famoso tenore Emilio de Marchi per la parte musicista avesse sul leggio del pianoforte i versi definitivi del primo di Mario Cavaradossi (che era stata invano ambita dal più giovane atto della sua nuova opera, e potesse dare avvio al lavoro di stesura ma meno noto Enrico Caruso, ingaggiato nella medesima stagione dello spartito. romana); ed infine per quella del Barone Scarpia il valente baritono *** Eugenio Giraldoni, figlio del celebre Leone che aveva inaugurato Il trovatore e Un ballo in maschera di Verdi. Va detto che la creazione di L’iter compositivo di Tosca (portato avanti per lo più nella casa di Tosca era poco a poco diventata un avvenimento musicale e mondano Torre del Lago, e in parte a Milano e in una casa di Boscolungo sulle di portata sovranazionale, la cui risonanza era stata sollecitata ed montagne lucchesi) non durò comunque più di tanto, tenendo conto orchestrata con abili mosse pubblicitarie dall’editore Ricordi. La sera della sua lentezza d’autore, e dei numerosi viaggi che lo distraevano della prima, il 14 gennaio del 1900, sedevano in sala celebri colleghi dal lavoro. Puccini (incontentabile perfezionista) chiedeva sempre come Mascagni, Sgambati, Cilea, Franchetti, Marchetti; molte erano qualche aggiustamento e qualche aggiunta: la serenata del pastorello le autorità politiche presenti (tra cui il generale Pelloux, da poco che apre il terzo atto, per dire, fu sviluppata tutta da lui, senza ricorrere dimessosi dalla carica di Presidente del Consiglio) mentre la Casa a Illica e Giacosa. Da Roma l’amico don Pietro Pannichelli (il «pretino Reale era presente con la Regina Margherita che giunse, secondo di Pietrasanta» conosciuto tempo prima, suo fervente ammiratore e prescrizioni d’etichetta, solo al secondo atto. poi un po’ ingenuo biografo6) gli faceva da consulente musicale per i Puccini e Ricordi nutrivano rosee aspettative sul successo di Tosca: passaggi per così dire “liturgici” del primo atto: «so già che non usasi ma non andò proprio tutto liscio come si sperava. Il lavoro nel suo dire né cantare niente prima di intonare il solenne “Te Deum”, ma… complesso piacque alla critica, che nondimeno si mostrò alquanto io vorrei trovare «qualcosa da brontolare» quando dalla sagrestia prudente nei giudizi, in qualche misura disorientata dall’intreccio che vanno all’altare», gli scriveva Puccini7 chiedendogli un suggerimento; venne giudicato (proprio come aveva lamentato Giocosa) poco adatto ma i versi mormorati dalla folla prima del Te Deum se li scrisse poi ad essere posto in musica. Ma nel complesso essa seppe rendere praticamente da sé, in un approssimativo latinorum. Sempre don giusto omaggio all’originalità del suo autore, pur senza mostrare Panichelli provvide a metterlo in contatto con il maestro Meluzzi, per eccessivi entusiasmi, ammirandone in particolare il sontuoso e identificare la nota profondissima emessa dalla campana maggiore di duttile tessuto orchestrale. L’opera passò indenne pure il vaglio del San Pietro (un mi, per inciso), e poi con il poeta dialettale Luigi (Giggi) pubblico, che applaudì in particolare alcuni momenti (ottenendo i Zanazzo, che gli fornì una graziosa quartina in vernacolo romano da bis delle due arie tenorili, del Te Deum, della ‘preghiera’ di Tosca, del sovrapporre alla breve musica già composta per la serenata che apre duetto sugli spalti di Castel Sant’Angelo) senza però entusiasmarsi la scena sull’alba a Castel Sant’Angelo. Il primo atto di Tosca, iniziato per altri. Anch’esso si trovò senza dubbio un po’ spiazzato dal fosco alla fine del ‘gennajo 98’, come sta scritto nell’autografo, fu finito prima soggetto dell’ultimo lavoro pucciniano, pur gradendone la immediata dell’inverno; il secondo fu composto tra febbraio e luglio del 1899; e coinvolgente musicalità. Le ulteriori repliche registrarono sempre la parola fine venne messa sotto al terzo atto il 29 settembre dello generosi applausi, come pure le edizioni che portarono subito dopo il stesso anno, a Torre del Lago. A conti fatti, dunque, dopo all’incirca un lavoro in giro per il mondo. Il 17 marzo dello stesso anno Tosca arrivò anno e mezzo di lavoro compositivo. sul palcoscenico della Scala (direttore stavolta Toscanini), il 12 luglio I primi giorni del 1900 videro la nuova opera di Puccini già in prova al Covent Garden di Londra, il 4 febbraio 1901 al Teatro Metropolitan al Teatro Costanzi di Roma, lo stesso luogo dove dieci anni prima di New York. Accolta ovunque dal favore del pubblico ( un po’ meno dei s’era tenuto il varo di Cavalleria rusticana. Non c’era Arturo Toscanini critici, a volte un po’ aspri) innescando un crescendo inesorabile che a dirigere l’orchestra, come auspicato in un primo momento; al suo l’ha portata ad essere nel tempo una colonna portante dei cartelloni posto però celebrava l’altrettanto bravo Leopoldo Mugnone. La messa lirici. in scena era tutta nelle mani di Tito Ricordi, figlio di Giulio; gli interpreti 6 Suo l’agiografico Il “pretino” di Giacomo Puccini racconta, Pisa 1940. 7 Carteggi pucciniani, op. cit.
p. 18 p. 19 *** Eppure innegabile è il fascino che i personaggi di Tosca hanno da sempre sullo spettatore; sia che siano positivi, sia che siano negativi. Come ha commentato Mosco Carner, «Gli ingredienti adoperati da Forse perché qui, più che una semplice storia di passione, si tratta di Sardou per la Tosca furono sesso, religione e arte, mescolati dalla contrasto tra Bene e Male: un Male incarnato dalla figura di Scarpia, mano di un cuoco di classe e serviti sul piatto di un importante che si avverte come entità autonoma, possente, invincibile, ma che avvenimento storico»8. La trama de La Tosca di Sardou si inserisce suscita un fascino sinistro. Gli amori di Mario Cavaradossi e Floria infatti sullo sfondo della discesa in Italia delle truppe rivoluzionarie Tosca sono poi ben diversi da quelli di una coppia di Donizetti, di Verdi francesi: nel 1798, dopo le vittorie di Napoleone Bonaparte, i suoi soldati o di Wagner: il loro rapporto non è altrettanto semplice e lineare, avevano occupato la Città Eterna ed annullato il potere temporale del l’aspetto erotico spunta ovunque, la loro sensualità è bruciante, papa Pio VI che si spense in Francia il 29 agosto 1799, prigioniero compulsiva, divorante. La gelosia della donna è irragionevole ed del Direttorio. Ma dopo la partenza di Napoleone per la campagna eccessiva, e scaturisce alla fine un effetto devastante; e se il vorace d’Egitto, e dopo alterne vicende sul campo, l’esercito napoletano di erotismo della coppia appare diverso da quello rapinoso e furioso Ferdinando IV di Borbone sostenuto da forze austro-russe scacciava di Scarpia, è solo perché in quest’ultimo prevale una componente il 30 settembre 1799 il presidio francese, decretando così la fine sadica, deviante, eppure in qualche modo morbosamente attraente. dell’effimera Repubblica Romana proclamata il 15 febbraio dell’anno Il che spiega perché la musica che Puccini dedica a questo fosco precedente. Infine, il 21 marzo 1800 il nuovo papa Pio VII poteva salire personaggio possegga «un torbido sex-appeal che nessun ‘cattivo’ al soglio di San Pietro. Tutti fatti richiamati nei dialoghi di La Tosca, la dell’opera romantica… si sognò mai di possedere. Tra i cattivi e i cui trama si dipana in Roma qualche tempo dopo, esattamente tra il 16 buoni, nell’opera romantica, l’abisso è invalicabile; e noi spettatori e il 17 giugno dell’anno 1800; in concomitanza dunque della battaglia di stiamo fatalmente dalla parte dei buoni… Non così in Puccini, non così Marengo in cui il Napoleone divenuto Primo Console, si scontrò con le nella Tosca dove, svanita una tavola di valori certa, i sedicenti buoni truppe filopapali guidate dal maresciallo austriaco Michael von Melas. e il sedicente cattivo si riflettono in qualche modo reciprocamente, Scontro epico, le cui sorti iniziali sembrarono dapprima decisamente lasciando intravedere un fondo comune; e mentre gli slanci più felici favorevoli alle soverchianti forze asburgiche, ma che si concluse a sera dei primi sono percorsi da brividi e sospetti, quelli biechi del secondo con la clamorosa vittoria delle truppe francesi. Il disastroso rovescio scatenano in noi un’inquietante dialettica di attrazione-repulsione»10. costrinse infine gli austriaci alla richiesta di un armistizio. Insomma, a veder bene i ‘buoni’ e i ‘cattivi’ hanno in fondo molte «Con Tosca Puccini si confronta per la prima volta con un’opera di ambiguità in comune. Nessun personaggio agisce limpidamente, non azione. Perciò il passo è più veloce, i motivi ricorrenti più brevi, più certo il torbido barone siciliano, crudo oltreché scellerato sessuomane; taglienti e più numerosi che nelle opere precedenti, e non hanno sempre ma neppure i due protagonisti (Floria e Mario) si salvano, in fondo: le la funzione di etichette fisse… presagendo così la qualità camaleontica loro proteste d’amore appaiono, più che un tenero scambio di affetto, che caratterizzerà certi motivi nelle opere tarde»9. Ma quello che a una celebrazione di quasi ossessiva passionalità, pronta ad esaltarsi prima vista colpì il pubblico delle prime rappresentazioni del lavoro (in per la distruzione fisica del loro antagonista. E di conseguenza «nella appena due anni già oltre quaranta, per la maggior parte in Italia, molte musica di Tosca la malvagità, che Puccini può guardare per la prima però anche all’estero) non furono gli aspetti innovativi della partitura, volta con sgomento, ha i caratteri dell’impassibilità, della ripetitività, e quelli che sono invece pienamente ravvisabili dall’odierno spettatore, più profondamente, della minaccia immobile ed informe»11. bensì l’immersione dei personaggi di Puccini in certe atmosfere di forte impatto visivo. Una truce scena di tortura (benché fuori ribalta), un Quella di Tosca non è partitura ‘facile’ e scorrevole, se paragonata tentativo violenza sessuale che sfocia in un assassinio (con il macabro a Manon Lescaut e soprattutto a La bohéme. Né dal punto di vista cerimoniale che segue), una fucilazione, infine un suicidio. Molto, per musicale, dal momento che nella sua tessitura fittissima, legata ad un uno spettatore-tipo che non aveva ancora accostato le efferatezze che recitativo/declamato ininterrotto raramente aperto da squarci ariosi, gli avrebbe propinato in seguito il famigerato genere del grand-guignol, i temi musicali emergono e sprofondano con me un magma vulcanico; inaugurato qualche anno prima a Parigi. 10 F. D’Amico, L’albero del bene e del male, Lucca 2000. 8 In Giacomo Puccini, Milano 1961. 11 F. Serpa, Tosca. La croce, la morte, la tomba, Teatro Comunale di Firenze, 9 Puccini, di J. Budden, Roma 2005. stagione 2005.
p. 20 p. 21 ma neppure dal punto di vista strettamente drammaturgico. Come Pinkerton della Madama Butterfly sarà trattato ancor peggio (come abbiamo già osservato, quando Puccini aveva deciso di porre in primo tenore) dal compositore di Lucca. Il perfido Scarpia beneficia musica il dramma di Sardou, sentiva senza ombra di dubbio la spinta invece di due monologhi che si possono considerare ampi ariosi, il ad eguagliare le prime imprese di Mascagni, Leoncavallo, Giordano, Largo religioso sostenuto di Tre sbirri… una carrozza (che confluisce cercando di porsi sul loro stesso piano stilistico; e rispondendo ad nel sontuoso Te Deum posto a sigillo del primo atto), e l’Andante un intento di rivalsa nei confronti di questi suoi ‘concorrenti’, in un lento Ella verrà… per amor del suo Mario che schiude il secondo. Fa momento in cui il teatro musicale era tanto un’impresa mercantile (ed eccezione a questa regola solo l’appassionato ed ampio monologo di un notevole investimento finanziario) oltre che un indubbio impegno Tosca, Vissi d’arte, da cantarsi «dolcissimo con grande sentimento», artistico. Ma le atmosfere sanguigne e scabrose del Verismo, in in un accorto gradiente di emozioni. Il compositore esitò a lungo, prima realtà, ben poco si addicevano alla più delicata vena creativa del di inserire un così vasto assolo che blocca l’azione in un momento di compositore toscano, che seppe trovare per la sua Tosca (come grande concitazione emotiva: ma contava su una rilevante capacità vedremo) una via di mezzo tra le due diverse sensibilità. «È anche per di recitazione da parte dell’interprete, e proprio per questo costellò questa sua intenzionalità, che in qualche modo forzava la mano della il pentagramma di una grande quantità di indicazioni agogiche, sia sua più intima natura di musicista, che la Tosca avrebbe mostrato per l’interprete sia per l’orchestra: una pletora di piano, pianissimo, in seguito […] una coesione diversa dalla perfezione della Bohéme, dolcissimo, con grande sentimento, e con precisi suggerimenti per le momenti meno levigati e in genere un materiale musicale di spessore necessarie prese di fiato. Non a caso, Vissi d’arte la troviamo inclusa più grosso, una melodiosità più sanguigna e più ruvida, un’intonazione d’obbligo nei recital di tutti i grandi soprano. a momenti più incline agli effetti violenti ed immediati che non alla Abbondano in compenso nel capolavoro pucciniano (eredità paziente decantazione poetica» 12. ineludibile del testo originale di Sardou)i dialoghi melodici tra due personaggi, all’interno dei quali trovano spazio tante arie ‘in miniatura’. Musicalmente parlando, molte sono nella partitura le melodie che Si vedano, nei duetti tra i due amanti, la tenera invocazione di Floria vanno e vengono, riaffiorano all’improvviso, raramente dispiegandosi Non la sospiri la nostra casetta al primo atto; oppure i cunei effusivi di nella loro interezza. Un tessuto musicale continuo, senza una trama O dolci mani e di Amaro sol per te proposti dal pittore, nel terzo atto. tradizionale di ‘episodi’, con una raffinata elaborazione di intrecci Quanto alla lunga scena tra la protagonista e il brutale capo degli sbirri motivici volta a realizzare una pertinente coloritura, oltre che papalini, che occupa una buona porzione del secondo atto, per la sua una continua varietà di effetti sonori. Sembrerebbe a prima vista dirompente forza drammatica la si può considerare come uno dei più economia di scala, un’ingannevole semplicità di costruzione: in realtà alti ed appassionanti momenti del melodramma del primo Novecento. Puccini è un architetto abilissimo e di gusto finissimo, creatore di Anzi d’ogni tempo, a ben vedere. Con buona pace di qualche residuo melodie avvolgenti e vertiginose, un concertatore prodigioso, capace detrattore dell’arte pucciniana. di «una estrema economia del materiale tematico in situazioni di costante mutamento… con un risultato apparentemente scritto ‘di getto’ mentre in realtà Tosca, come le sue altre opere, è risultato di una soffertissima elaborazione»13. Come quasi sempre in Puccini, mancano quasi del tutto in questa sua quinta opera le vere, grandi arie solistiche, indice dell’insofferenza nei confronti delle consuetudini ‘canoniche’. Tutta la prima breve apertura lirica di Mario (Recondita armonia) la scopriamo raffreddata dai borbottii del sagrestano (“a mezza voce brontolando”, indica la partitura per i suoi pertichini); quanto allo slancio poetico di E lucean le stelle, dura anch’esso poco più di un amen. Solo l’antipatico 12 L. Pinzauti, Puccini: una vita, Firenze 1974. 13 G. Dotto, Condìte armonie, Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2001/2002.
l’Ouverture 1812 di Cajkovskij (1880) e all’inizio di Otello. Il compito delle campane è da ritenersi decisivo per la ‘tinta’ dell’opera, fin dallo p. 22 p. 23 scorcio in cui il sagrestano recita l’Angelus (il cui trattamento musicale ricorda molto L’orchestra daperché vicino la scena campanain cui Falstaff ode ididodici è catalizzatrice tocchi della mezzanotte un atteggiamento superstiziosotravestito da «Cac- di Michele Girardi ciatore nero», le in ambedue forse perché la situazioni). Nelcampana mattutinoè dell’atto catalizzatrice terzo di un atteggiamento Puccini ideò supersti- (su gentile concessione gratuita del Gran Teatro La Fenice) un effetto di spazialità del suono da manuale d’orchestrazione; per zioso in ambedue le situazioni). Nel mattutino dell’atto terzo Puccini ideò un effetto d realizzarlo è necessario un set di campane che dovrebbero occupare spazialità del suono da manuale d’orchestrazione; per realizzarlo è necessario un set d Puccini trattò l’orchestra di Tosca in maniera peculiare. Se in Manon otto diverse posizioni distendendosi su quattordici differenti altezze, Lescaut aveva puntato particolarmente sull’uso di strumenti fuori campane secondoche dovrebbero uno schema basatooccupare sullaotto diverse posizioni lontananza distendendosi e sulla vicinanza dei su quattordic registro, raddoppi melodici e sonorità impastate, e nella Bohème differenti rintocchi (l’ultima nota è il Mi grave del ‘campanone’ di San Pietro che,vicinanza dei rin- altezze, secondo uno schema basato sulla lontananza e sulla sulla decantazione delle tinte, nell’opera romana si trovava di fronte tocchi (l’ultima secondo Luiginota Ricci,è «va il Micollocato grave delal ‘campanone’ di San Pietro centro del palcoscenico, che, la dietro secondo Luigi Ric- al problema di rappresentare un’azione in continuo divenire, e aveva ci, dipinta «va collocato cupola dialSan centro del palcoscenico, dietro la dipinta cupola di San Pietro»): Pietro»): quindi bisogno di realizzare un commento musicale in cui i temi meno lontano meno vicino più lontano......................................................... più vicino........................ lontano............................... entrassero in gioco grazie alla loro stessa costituzione, piegandosi ai 5 5 6 8 8 8 3 3 3 4 4 4 4 7 7 4 7 4 7 7 8 8 8 8 vicino................................................. numerosi cambiamenti di stati d’animo e ai frequenti colpi di scena 1 1 lontanissimo 7 7 vicino....... 7 5 5 meno lontano più vicino....................... 1 1 1 1 1 lontanissimo................................................................. molto lontano......... (secondo gli schemi di un ‘giallo’ d’impronta ‘politica’). Anche le 3 2 melodie più ampie sono formate da cellule di piccole dimensioni, che 3 3 lontano....................................... vivono autonomamente nel tessuto orchestrale e contribuiscono in modo decisivo a determinare il clima del lavoro. Puccini seppe Puccini seppe anche trarre trarrepartito partitodall’isolamento dall’isolamento didi timbri timbri puri, e realizzare per lo Puccini usò il timbro sia per fissare ‘realisticamente’ l’atmosfera, che ro realizzare per loro tramite tramite collegamenti collegamenti pregnanti ad altripregnanti topoi deladmelodramma. altri topoi del Un esempio, per spesso passa dallo sfondo al primo piano (non solo l’alba romana melodramma. chiudere, Un esempio, sul clarinetto per chiudere, che intona la melodiasul più clarinetto famosache intona la «E lucean le stel dell’opera, dell’atto terzo, ma anche il clima chiesastico che affumica d’incenso melodia più famosa dell’opera, «E lucean le stelle». Anche nell’atto le».secondo Anche nell’atto secondo della Traviata il clarinetto accompagnava la stesura della della Traviata il clarinetto accompagnava la stesura della la trama e in particolare il solenne Te Deum del finale primo), sia per mettere in fila gli indizi su cui si sviluppa la macchinazione, sin nel lettera letterad’addio d’addioperperAlfredo Alfredo da da parte parte didi Violetta. Violetta.L’appassionato L’appassionatocogliecoglie istintivamente minimo dettaglio. Un solo esempio: nell’istante prima che Floria ceda unaistintivamente sorta d’analogia fra le d’analogia una sorta due situazioni fra legrazie a quel timbro, due situazioni grazie ae quel al carattere disperato al ricatto di Scarpia nel finale secondo, il suo rovello è rappresentato di timbro, entrambe e allecarattere melodie.disperato di entrambe le melodie. da una semplice terza minore La-Do, suggerita da legni e archi gravi; il dettaglio potrebbe sfuggire se, poco dopo, mentre il barone cerca l’intesa segreta con Spoletta e gli trasmette l’ordine falso, lo stesso intervallo non fosse intonato con molta enfasi un tono sopra anche da trombe e tromboni. In quel momento s’imprime nelle orecchie dello spettatore che, quando udrà dagli archi la terza (maggiore: La-Do) prima della fucilazione di Cavaradossi e subito dopo dai tromboni (Re- Fa), non avrà difficoltà a collegare i due punti come parte di un unico disegno criminoso, e a recepire come una tragica gag l’esclamazione ammirata di Tosca («Là! Muori! / Ecco un artista!»). Un ruolo importante è affidato agli strumenti in scena nella cerimonia solenne che chiude l’atto primo; lo scorcio richiede quattro corni e tre tromboni – il cui timbro rafforza la suggestione del richiamo liturgico insieme a quello dell’organo – che si uniscono alla grancassa e al cannone, un aerofono a suono indeterminato già comparso nell’Ouverture 1812 di Cajkovskij (1880) e all’inizio di Otello. Il compito delle campane è da ritenersi decisivo per la ‘tinta’ dell’opera, fin dallo scorcio in cui il sagrestano recita l’Angelus (il cui trattamento musicale ricorda molto da vicino la scena in cui Falstaff ode i dodici tocchi della mezzanotte travestito da «Cacciatore nero», forse
p. 24 p. 25 Le voci tutelato l’effetto della perversione sessuale sadica che lo anima, di Michele Girardi perché destinato a scoppiare all’improvviso, con un contrasto da cui (su gentile concessione gratuita del Gran Teatro La Fenice) il dramma trae giovamento. Un mostro sì, ma in guanti gialli. A fronte di due personaggi così fortemente caratterizzati, Mario Floria Tosca domina la scena fin da quando la si ode, da fuori, reclamare Cavaradossi si è visto rimproverare l’indole ‘debole’: sin troppo la piena attenzione del suo amante. Non è un carattere sfumato, anzi: accondiscendente con la sua donna, sale a un eroico Si3 quando pienamente volitiva è lei che, inseguendo l’idra fosca della gelosia (la proclama di voler mettere in gioco la sua vita pur di salvare Angelotti stessa malattia di Otello), mette i poliziotti sulle tracce di Angelotti («La vita mi costasse»), e al La3 quando canta «Vittoria», rianimatosi e, così facendo, inguaia Cavaradossi, causandone l’arresto. La dopo aver subìto la tortura, ma in ambedue i casi più per concessione tessitura è di due ottave piene, sfruttate per intero. Il suo impegno è al rango tenorile, che per una reale forza interiore. Persino il suo particolarmente improbo nell’atto secondo, non solo per la frequente rifiuto di un sacerdote viene considerato un gesto blando per un emissione del Do5, ma perché la voce deve sovrastare la piena vero laico, più interessato alle gonne che alle nobili cause. Credo orchestra, spesso spinta a tutta forza. Per vigore di carattere, unita invece che si tratti non solo di un personaggio di alto profilo morale, a un candore sin troppo esibito, è protagonista di un livello diverso ma anche del carattere più moderno di tutta l’opera: il secco no rispetto alle colleghe pucciniane, tanto che si ravvisano in lei i tratti che oppone ai conforti religiosi basta e avanza, specie se si guarda eroici delle prime donne verdiane, che l’infiammano, condizionandone al contesto, per qualificarlo come un nobile oppositore a ‘valori’ la vocalità. Se non vi è dubbio che nell’espressione canora la parte sin troppo distruttivi; è tanto laico da ritenere impossibile che una erediti i tratti delle Leonore, Amelie e altri personaggi femminili di donna giovane e affascinante si rechi in chiesa per pregare, ma Verdi, tanto che la migliore interprete moderna del ruolo, Leontyne dalla bellezza dell’Attavanti trae solo la conferma della passione che Price, proviene da quei ranghi, tuttavia una sorta di ‘mal sottile’ lo lega a Floria, sulla base dei valori materiali che stanno alla base morale che l’invade – non solo la gelosia, ma anche il bigottismo, e una della sua etica, gli stessi che lo portano a proteggere un perseguitato certa fragilità che la condiziona nello scontro diretto col barone – è politico rischiando la vita, e a rimpiangere, in punto di morte, l’ultima espressione tipica dell’estetica drammatica di notte d’erotismo passata con Tosca. È Mario, del resto, a intonare la Puccini. melodia più importante dell’opera, quei dolci baci e languide carezze Tosca trova il suo Jago nel barone Vitellio che l’orchestra perora fragorosamente dopo che Floria si è gettata Scarpia, parte di baritono sovente spinta agli dai bastioni di Castel Sant’Angelo, legando il proprio suicidio al estremi vocali acuti, che ne mettono in rilievo sentimento sensuale dell’amante, che resta l’unico autentico valore la forza perversa nel momento dell’eccitazione, da rimpiangere in un mondo che ha fatto del cinismo bigotto la sua così come quando deve far valere le ragioni del unica regola. perbenismo al suo ingresso in Sant’Andrea Tosca schiera un ampio panorama di comprimari, ai quali non viene della Valle (è certo preferibile danzare in richiesta una particolare prestanza vocale, a eccezione di qualche chiesa per la gioia di un «doppio soldo», come passaggio più impegnativo per Angelotti, mentre devono essere fanno i chierici, che andarci per dare la caccia tutti buoni attori. Una battuta impagabile come quella di Sciarrone a un perseguitato politico, con la speranza di che, quando Scarpia gli ordina di sciogliere Cavaradossi dai nodi raccogliere qualche preda femminile grazie al della tortura, chiede, con un qualche rimpianto «Tutto?» deve essere proprio potere). La parte, come peraltro l’intero pronunciata con intenzione, perché fa parte di quella romanità cast di Tosca, richiede un cantante-attore di papalina intrigante degli sbirri, come il «Fiuto!… Razzolo!… Frugo!…» prim’ordine, ma non uno dei troppi urlatori di Spoletta. Di solito, in mancanza di una voce bianca all’altezza, lo di cui è stata appannaggio per tradizione. Il stornello romanesco viene affidato a una donna, ed è un peccato: potere che questo losco figuro esercita, se la voce di un bimbo è una luce preziosa d’innocenza proiettata in pur fondato sulla forza, esige anche astuzia e un panorama fosco e oppressivo, di cui smaschera la sostanziale buone maniere, e la capacità di persuadere depravazione. quando è il caso. In questo modo viene meglio
p. 26 p. 27 Rappresentazioni di TOSCA 1943 Recite straordinarie al Teatro Mario Del Monaco di Treviso 7/8 dicembre di Iorio Zennaro FLORIA TOSCA Maria Carbone MARIO CAVARADOSSI Antonio Salvarezza 1900 IL BARONE SCARPIA Enrico De Franceschi Stagione di autunno (23 ottobre – 11 novembre) DIRETTORE Manrico De Tura 23/25/27/28/30 ottobre - 1/3/4/6/8/10/11 novembre M° DEL CORO Adolfo Fanfani FLORIA TOSCA Ada Giacchetti REGIA Arsenio Giunta MARIO CAVARADOSSI Enrico Caruso IL BARONE SCARPIA Antonio Magini Coletti 1945 CESARE ANGELOTTI Silvio Beccucci Stagione di autunno (8 – 18 novembre) IL SAGRESTANO Ettore Borelli 8 novembre SPOLETTA Carlo Ragni FLORIA TOSCA Lina Berti SCIARRONE Silvio Beccucci MARIO CAVARADOSSI Mario Del Monaco DIRETTORE Egisto Tango IL BARONE SCARPIA Antenore Reali M° DEL CORO Gioacchino Marin DIRETTORE Manno Wolf-Ferrari DIRETTORE DI SCENA Napoleone Carotini (2 recite) 1929 1958 Stagione di autunno (3 – 11 novembre) Stagione di quaresima (27 – 30 marzo) 6 novembre 27 marzo FLORIA TOSCA Bianca Scacciati FLORIA TOSCA Rita Saponaro MARIO CAVARADOSSI Antonio Melandri MARIO CAVARADOSSI Giuseppe Savio IL BARONE SCARPIA Gino Lulli IL BARONE SCARPIA Domenico Malatesta DIRETTORE Giacomo Armani DIRETTORE Alfredo Strano (3 recite) M° DEL CORO Sante Zanon 1965 DIRETTORE DI SCENA Italo Capuzzo Stagione di primavera sotto il patrocinio dell’ENAL (13 – 16 maggio) 13/16 maggio FLORIA TOSCA Bornigia Paola Perali/ 1938 Maria Angela Rosati Stagione di autunno (3 – 11 novembre) MARIO CAVARADOSSI Franco Castellana 5 novembre IL BARONE SCARPIA Giovanni Ciminelli FLORIA TOSCA Margherita Grandi CESARE ANGELOTTI Franco Federici MARIO CAVARADOSSI Giuseppe Lugo IL SAGRESTANO/SCIARRONE Giorgio Onesti IL BARONE SCARPIA Luigi Rossi Morelli SPOLETTA Gabriele De Julis DIRETTORE Antonino Votto DIRETTORE Ottavio Ziino (2 recite) REGIA Carlo Acly Azzolini M° DEL CORO Everardo Bernardelli 1941 Stagione di autunno (9 – 16 novembre) 15/16 novembre FLORIA TOSCA Eleonora Visciola MARIO CAVARADOSSI Giovanni Malipiero IL BARONE SCARPIA Vincenzo Guicciardi DIRETTORE Giovanni Frattini M° DEL CORO Giuseppe Caleffa
p. 28 p. 29 1967 1989 I. Autunno Musicale Trevigiano (3 novembre – 3 dicembre) Autunno Musicale Trevigiano (19 settembre – 17 dicembre) 10/12 novembre 27/29/31 ottobre FLORIA TOSCA Orianna Santunione FLORIA TOSCA Giovanna Casolla MARIO CAVARADOSSI Amedeo Zambon MARIO CAVARADOSSI Nunzio Todisco IL BARONE SCARPIA Mario Zanasi IL BARONE SCARPIA Silvano Carroli CESARE ANGELOTTI Alessandro Maddalena CESARE ANGELOTTI Giovanni Antonini IL SAGRESTANO Virgilio Carbonari IL SAGRESTANO Giancarlo Ceccarini SPOLETTA Augusto Pedroni SPOLETTA Romano Emili SCIARRONE Bruno Grella SCIARRONE Adriano Tomaello UN CARCERIERE Attilio Barbesi UN CARCERIERE Roberto Santini DIRETTORE Ugo Rapalo UN PASTORE Grazia Patella REGIA Antonello Madau Diaz DIRETTORE Sandro Sanna REGIA Stefano Piacenti 1974 Autunno Musicale Trevigiano (9 ottobre – 22 dicembre) 1996 6/8/10 novembre Autunno Musicale Trevigiano (27 settembre – 30 novembre) FLORIA TOSCA Gianna Galli 25/27 ottobre MARIO CAVARADOSSI Ruggero Bondino FLORIA TOSCA Jeanne-Michele Charbonnet IL BARONE SCARPIA Mario Sereni MARIO CAVARADOSSI Alberto Cupido CESARE ANGELOTTI Giovanni Antonini IL BARONE SCARPIA Francesco Ellero D’Artegna/ IL SAGRESTANO Giorgio Tadeo Silvano Carroli [27.10] SPOLETTA Franco Ricciardi CESARE ANGELOTTI Armando Caforio/ SCIARRONE Carlo Proverbio Frano Lufi [27.10] UN CARCERIERE Bruno Tessari IL SAGRESTANO Alfredo Mariotti DIRETTORE Carlo Franci SPOLETTA Enrico Cossutta/ REGIA Filippo Crivelli Iorio Zennaro [27.10] SCIARRONE Davide Rocca UN CARCERIERE Frano Lufi/ 1980 Riccardo Iacopone [27.10] Autunno Musicale Trevigiano (19 ottobre – 19 dicembre) UN PASTORE Rachele Sacco 24/26/28/30 ottobre DIRETTORE Maurizio Arena FLORIA TOSCA Giovanna Casolla REGIA Bepi Morassi MARIO CAVARADOSSI Ottavio Garaventa IL BARONE SCARPIA Kari Nurmela [Produzione proveniente dal Teatro “La Fenice” di Venezia] CESARE ANGELOTTI Giovanni Antonini (2 recite) IL SAGRESTANO Guido Mazzini SPOLETTA Aronne Ceroni SCIARRONE Bruno Tessari UN CARCERIERE Gianni Brunelli DIRETTORE Roberto Manfredini REGIA Dario Dalla Corte
p. 30 p. 31 2008 Gli interpreti di Lammermoor all’Opéra de Fondazione Arena di Verona Teatro Comunale Toulon, Nabucco alla Deutsche in due importanti produzioni. 7/8/9 novembre – 6 novembre (Anteprima giovani) Oper di Berlino, La bohème al Dirige inoltre il Coro Lirico FLORIA TOSCA Antonia Cifrone/ Teatro La Fenice di Venezia, Veneto e importanti gruppi Olga Perrier * [6/9.11] Rigoletto alla Semperoper di amatoriali come Insieme Corale MARIO CAVARADOSSI Alejandro Roy/ Dresda, L’elisir d’amore allo Ecclesia Nova, il Coro Maschile Sferisterio di Macerata, La La Stele e il Coro Marc’Antonio Lorenzo Decaro * [6/9.11] Traviata alla Oper Frankfurt, Ingegneri di Verona. IL BARONE SCARPIA Giuseppe Altomare/ West Side Story al Maggio Guida sin dalla sua fondazione Claudio Sgura [6/8.11] Musicale Fiorentino; tra l’Accademia di Direzione Corale CESARE ANGELOTTI Alessandro Spina/ gli impegni futuri Macbeth “Piergiorgio Righele”, dove è Desaret Lika [6/9.11] all’Opernhaus di Zurigo, 7 minuti docente principale di tecnica IL SAGRESTANO Mirko Quarello * (nuova opera di Battistelli) e concertazione. È invitato SPOLETTA Massimo Cagnin all’Opéra National de Lorraine nelle giurie di prestigiosi SCIARRONE Siro Antonelli di Nancy, La Favorite a Palermo, concorsi ed è chiamato a tenere UN CARCERIERE William Corrò Francesco Lanzillotta La Traviata a Venezia, Le nozze masterclass di canto corale, di UN PASTORE Valeria Cazacu maestro concertatore di Figaro a Mosca, Carmen direzione e sulla leadership. e direttore a Macerata; una nuova Fa parte della Commissione DIRETTORE Giampaolo Bisanti È considerato uno dei più produzione de Il viaggio a Reims Artistica dell’ASAC Veneto e REGIA Massimo Gasparon alla Semperoper di Dresda e Le collabora con le più importanti interessanti giovani direttori * (Vincitori del XXXVIII Concorso Internazionale per cantanti “Toti Dal Monte” Treviso 2008) nel panorama musicale italiano. nozze di Figaro a Pechino. Tra istituzioni corali nazionali e Ha diretto nei più importanti gli impegni futuri: Risurrezione internazionali. È direttore teatri italiani ed è regolarmente a Firenze, Il viaggio a Reims a artistico del Festival corale ospite di importanti compagini Valencia, Un ballo in maschera internazionale “VOCE!” e orchestrali, fra le quali a Budapest, Rigoletto ad del Festival della vocalità l’Orchestra Nazionale della RAI Amburgo, Tosca a Macerata, “Dodekantus”. di Torino, Orchestra Haydn di Aida a Brisbane, L’elisir d’amore Bolzano, Filarmonica Toscanini a Monaco. di Parma, Orchestra Regionale È regolarmente invitato Toscana. È stato direttore dalla Tokyo Philharmonic, musicale dell’Orchestra dall’Orchestra Rai di Torino, Filarmonica Toscanini per dalla Czech Philharmonic. quattro anni, e continua con questa Istituzione una collaborazione regolare per altri progetti. Si dedica intensamente alla musica del XX secolo e all’opera contemporanea. Ha inaugurato il Macerata Opera Festival Livia Rado nel 2015 dirigendo Rigoletto maestro del coro e nel 2017 viene nominato di Voci Bianche Direttore Musicale del Festival. Si distingue per la sua attività Nella stagione 2016-17 ottiene costantemente rivolta al grande successo nel debutto repertorio contemporaneo, con la Tokyo Philharmonic Matteo Valbusa avendo eseguito numerosissime Orchestra, all’Opera Nazionale maestro del coro prime assolute di compositori di Montpellier, al Teatro Direttore d’orchestra, maestro provenienti da tutto il mondo. dell’Opera di Essen, nelle di coro e insegnante. Dopo la Voce dell’Ensemble L’arsenale, produzioni di Roberto Devereux maturità classica, si è laureato ha collaborato inoltre con gli con Mariella Devia a Genova e brillantemente in Scienze dei ensemble Algoritmo, Prometeo, Mosca, nella Norma a Tokyo e beni culturali, Direzione di Contempoartensemble, al Rossini Opera Festival con Coro e Direzione d’Orchestra, Ex Novo, RepertorioZero, Torvaldo e Dorliska, in cui viene perfezionandosi in decine di Eutopia, Ensemble U, Hyoid, unanimemente acclamato dalla corsi e masterclass in tutta Aton et Armide. Si è esibita critica. Europa. per La Biennale di Venezia, ENRICO CARUSO “Mario Cavaradossi” e ETTORE BORELLI (il sagrestano) nel suo Tra gli impegni recenti: Lucia Nel 2019 ha diretto il Coro della Nuova Consonanza (Roma), debutto in TOSCA al Teatro di Treviso (23 ottobre 1900)
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