Consiglio Nazionale dei Geologi - 12 gennaio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...

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Consiglio Nazionale dei Geologi - 12 gennaio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...
Consiglio Nazionale dei Geologi

           12 gennaio 2018
Consiglio Nazionale dei Geologi - 12 gennaio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...
Quotidiano   Data     12-01-2018
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Ordine Nazionale Geologi
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TERREMOTI
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12/1/2018                                    Strade post-terremoto, a 8 mesi dal via appaltate o in corso opere per il 53% del valore

            12 Gen 2018

            Strade post-terremoto, a 8 mesi dal via
            appaltate o in corso opere per il 53% del
            valore
            Alessandro Arona

            A otto mesi dall'approvazione definitiva, i primi due stralci (i principali) del piano Anas per la
            ricostruzione delle strade colpite dai terremoti di agosto e ottobre 2016, in tutto 240 lotti per
            473,3 milioni di euro, sono in fase di piena attuazione. Per 117 lotti, pari a un valore di 251
            milioni, il 53% del totale, i lavori sono stati ultimati, sono in corso o sono stati almeno appaltati
            (affidati alle imprese con contratto, dopo la progettazione e la gara d'appalto). Le opere
            completate sono una piccola minoranza, 12 lotti per 2,686 milioni di euro, lo 0,6% del valore
            totale, ma per alcune strade, anche a lavori ancora in corso, sono state aperte corsie o tratte in
            modalità provvisoria, e per molti interventi in corso è previsto il completamento entro la
            primavera. I lotti con lavori in corso sono 60, per un valore di 112,79 milioni (il 23,8% dei due
            Piani Stralcio). I lotti appaltati e in fase di avvio sono 55, per 135,6 milioni (28,7%).
            Tuttavia rispetto ai cronoprogrammi di un anno fa (si veda i documenti allegati) il ritardo è
            evidente: per tutte le opere era previsto almeno l'affidamento alle imprese entro la fine del 2017,
            mentre oggi la quota appaltata o completata si ferma al 24,4% del valore. Si prevedeva inoltre di
            completare gli ultimi interventi, quelli più grandi e complessi, entro l'estate 2018, mentre in
            realtà arriveremo all'estate prossima con ancora opere in fase d'appalto.

            IL SOGGETTO ATTUATORE
            L'Anas è stato individuato come "Soggetto attuatore" degli interventi, anche per le strade gestite
            da Regioni, Province e Comuni, con l'ordinanza 408 del 15 novembre 2016. «Il primo obiettivo è
            stato sbloccare i grandi itinerari - spiega Fulvio Soccodato, dirigente Anas responsabile
            dell'operazione - e già nei mesi scorsi abbiamo potuto rendere di nuovo percorribile la Sp della
            Valnerina e le strade della Piana di Castelluccio, anche se i cantieri per completare i lavori sono
            ancora in corso».
            «Come ingegnere che si occupa di lavori pubblici in Italia - commenta Soccodato - sono molto
            soddisfatto dei tempi strettissimi con i quali siamo riusciti a fare i rilievi, i progetti, le conferenze
            di servizi e le gare d'appalto, e ad avere già a luglio i primi risultati per gli abitanti delle zone
            colpite, sul versante umbro della piana di Castelluccio, e il 17 ottobre con la riapertura
            provvisoria della Valnerina». L'Anas ricorda che su queste strade i danni del sisma del 30 ottobre
            sono stati pesanti, con chiusure diffuse imposte dai danni al corpo stradale, a ponti e gallerie, e
            spesso da frane: la Valnerina è stata chiusa dal crollo di massi e terra per 60mila mc di
            materiale. «C'è stata una concertazione totale con Regioni ed enti locali - spiega Soccodato -
            abbiamo utilizzato le deroghe dell'ordinanza solo sui tempi, ridicendo all'osso i termini di legge,
            ad esempio solo 7 giorni solari per dare i pareri in conferenza di servizi anziché 60, e nella quasi
            totalità dei casi abbiamo avuto la piena collaborazione e abbiamo chiuso le conferenze con i

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12/1/2018                                    Strade post-terremoto, a 8 mesi dal via appaltate o in corso opere per il 53% del valore

            pareri di tutti (solo in pochi casi abbiamo chiuso senza aspettare alcuni pareri, come l'ordinanza
            ci concedeva). Abbiamo fatto sempre le gare d'appalto sopra un milione di euro, e sempre gli
            inviti per le procedure negoziate con gli ali Anas per importi sotto il milione».
            «Entro marzo - annuncia il dirigente Anas - manderemo in gara quasi tutte le opere».

            i «Poi, certo - aggiunge Soccodato - come persona che frequenta quei luoghi, avrei voluto fare di
            più, e capisco che ogni cittadino e ogni frazione abbia la legittima aspettativa, come promesso
            dal governo, di veder ripristinata al più presto la sua strada, per quanto marginale e destinata a
            pochi abitanti».

            I CRONOPROGRAMMI
            Se guardiamo i cronoprogrammi iniziali, infatti, emergono obiettivo molto ambiziosi, e rispetto
            a quelli la situazione appare in evidente ritardo. Mettendo insieme il 1° Stralcio(sbloccato
            operativamente il 20 marzo scorso) e il 2° Stralcio (più piccolo, 85 milioni su 473 totali, operativo
            dal 20 aprile), i cronoprogrammi prevedevano di appaltare tutte le opere (100% lotti e 100%
            valore) entro la fine del 2017, mentre la quota appaltata o completata si ferma oggi al 24,4% del
            valore. Si prevedeva inoltre di completare gli ultimi interventi, quelli più grandi e complessi,
            entro l'estate 2018, mentre in realtà arriveremo all'estate prossima con ancora opere in fase
            d'appalto.

            Clicca qui per lo stato d'attuazione al 10 gennaio

            LA VALUTAZIONE DI SOCCODATO
            «I cronoprogrammi del 1° Stralcio (388 milioni su 473) - spiega Soccodato - sono stati elavorati a
            inizio gennaio, e il piano è partito a fine marzo, per i tempi di concertazione con Regioni ed enti
            gestori delle strade. Per il 2° Stralcio si è fatto tutto in un mese, invece».
            Per il "grosso" del piano questo ha portato via tre mesi.

            «Ma soprattutto - spiega Soccodato - quelli indicati nei cronoprogrammi sono i tempi teorici se
            avessimo utilizzato le deroghe massime sui termini delle procedure approvative e di gara, e lo
            avessimo fatto contemporaneamente per 511 opere, accorpate in 240 lotti. Siamo partiti con
            questo ritmo, "con il turbo" diciamo, per aggredire le criticità principali, che isolavano intere
            valli e i centri principali, dunque la Salaria, la 64, la Valnerina. Era però improbabile che si
            potesse fare questo, e soprattutto lavori in contemporanea, su 511 cantieri. Anche solo trovare
            imprese esperte in questo tipo di sondaggi non è facile. Gli interventi da cui partire sono stati
            concordati con le Regioni e le Province, e a cascata con i 131 sindaci».

            I progetti indicati nel programma erano privi di progetto ovviamente, essendo opere per
            riparare i danni post-terremoto, dunque in pochi mesi bisognava fare i rilievi, affidare o fare in
            house i progetti, approvare i progetti in Conferenza di servizi, fare le gare, e poi i lavori. «Sono
            zone - spiega Soccodato - con vastissime aree soggette a tutela paesistica o alla tutela di un Ente
            parco. Salvo pochissimi casi, meno di dieci, abbiamo raccolto in sette giorni solari i pareri di
            tutti. In accordo con le Regioni abbiamo ora deciso che, appaltate le grandi criticità, ora
            possiamo tornare a tempi più morbidi, seppure accelerati, per le approvazioni, perché
            comunque avere i paeri degli enti parco o delle Soprintendenze può servire a migliorare i
            progetti. Lo sforzo dei primi sei mesi, di tutti gli enti coinvolti, non poteva essere infinito».

            Ora comunque i progetti ci sono, quasi tutti: a circa 240 giorni dall'avvio operativo del
            Programma, è stata completata la progettazione esecutiva di 180 progetti (su 240), utili a
            risolvere 381 criticità delle 505 finanziate, per un investimento di circa 368 milioni di

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12/1/2018                                    Strade post-terremoto, a 8 mesi dal via appaltate o in corso opere per il 53% del valore

            euro (pari al 78% del totale); di questi, circa 250 milioni di euro sono stati già appaltati. I cantieri
            sono già stati aperti per circa 113 milioni di euro.
            Guardando il bicchiere mezzo vuoto, però, sono ancora in fase di affidamento della
            progettazione o "da attivare" tre lotti per 3,87 milioni, e la progettazione è in corso per 58 lotti
            per 102 milioni di euro (il 21,6% del valore totale).
            Sempre guardando il bicchiere mezzo vuoto, i lotti ultimati sono solo 12 per 2,68 milioni di euro.

            LE APERTURE PARZIALI
            L'ampio resoconto che pubblichiamo, comunque, fa capire che sulle principali direttrici che
            erano state bloccate con il sisma il lavoro ferve.
            Per fare qualche esempio, nella Piana di Castelluccio i primi lavori sull'itinerario «SP 477 (tratto
            I) – SP477 (tratto II), versante umbro (da Norcia)» hanno consentito, già a metà luglio 2017, la
            riapertura della viabilità, seppur a carattere provvisorio, sotto monitoraggio e a senso unico
            alternato, rendendo nuovamente raggiungibile la piana di Castelluccio.
            Sempre sul versante umbro, da Arquata del Tronto, i lavori per la riapertura parziale della Sp 34
            sono stati appaltati e ultimati: la strada è stata quindi aperta con limitazioni a senso unico
            alternato.

            Sul versante marchigiano della Piana, itinerario Sp 34-Sp 136, i bandi di appalto sono previsto in
            questo mese di gennaio 2018, e i lavori richiederanno oltre 12 mesi, «tuttavia - spiega l'Anas - si
            prevede di realizzare una fase intermedia, dopo circa 60 gg dalla consegna, in cui dare una
            percorribilità con limitazioni ed in fasce orarie dell'itinerario». Il lavoro risulta in corso, ma le
            macchine possono già percorerre la strada.

            Nella Valnerina, sulla Sp 209 bloccata dalle frane, sono previsti interventi per 15 milioni di euro.
            Il 19/05/2017 presso la sede della Provincia di Macerata, si sono tenute le Conferenze dei
            Servizi. Successivamente, in data 15/06/2017 il Soggetto Attuatore ha emesso le determine di
            chiusura delle Conferenze, preso atto dei pareri acquisiti e concordando con Dipartimento della
            Protezione Civile l'utilizzo specifiche deroghe anche in ordine a temi ambientali per superare la
            mancata espressione di alcuni Enti competenti. Tutti gli interventi sono stati appaltati ed i lavori
            avviati il 17/08/2017. Il 17/10/2017 la strada è stata riaperta al traffico seppur con una viabilità
            provvisoria, con limitazioni ed in fasce orarie.

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12/1/2018                                      Ricostruzione, opere pubbliche anche in Pf: ok alle regole per coinvolgere i privati

            12 Gen 2018

            Ricostruzione, opere pubbliche anche in Pf:
            ok alle regole per coinvolgere i privati
            Massimo Frontera

            Negli interventi della ricostruzione pubblica si apre anche la possibilità del partenariato
            pubblico privato. Le regole per l'applicazione del Ppp alla ricostruzione del Centro Italia sono
            contenute nell'ordinanza n.47 che è stata bollinata ieri dalla Corte del Conti ed è in vigore da
            oggi.
            La disposizione firmata dalla commissaria Paola De Micheli costruisce il collegamento
            normativo tra le regole del codice dei contratti sulla finanza di progetto e l'utilizzo dei fondi
            commissariali per la ricostruzione pubblica. A precisarlo è l'ordinanza nel punto in cui si osserva
            che «il modulo procedimentale speciale delineato dal citato art. 14 del decreto-legge n. 189 del
            2016, incentrato sull'affidamento di contratti di appalto dei lavori di ricostruzione o riparazione
            sulla base dei progetti esecutivi approvati dal Commissario straordinario, non esclude la
            possibilità di ricorrere agli strumenti di partenariato pubblico-privato disciplinati dal Codice dei
            contratti pubblici in relazione agli edifici pubblici ed alle infrastrutture strumentali allo
            svolgimento di servizi pubblici, trattandosi di interventi prodromici al ripristino della
            funzionalità di servizi pubblici ai sensi dell'art. 14, comma 1, dello stesso decreto-legge».

            L'ambito di applicazione
            Le opere pubbliche che si poranno realizzare in Ppp sono quelli richiamati dall'articolo 14,
            comma 1, lettera a) del decreto legge 189/2016 sulla ricostruzione pubblica. E cioè: scuole
            università, edifici comunali. caserme, immobili demaniali o di proprietà di enti ecclesiastici
            sottoposti a tutela. L'altra condizione è che il singolo intervento di ricostruzione venga inlcuso
            in uno dei piani da approvare con ordinanze del commissario. In concreto, l'opportunità
            riguarda certamente il nuovo piano di opere pubbliche già annunciato da DeMicheli e che sarà
            approvato a giorni. Ma l'opportunità potrebbe anche essere subito utilizzata per alcuni
            interventi inclusi nel piano scuole a suo tempo varato dal commissario Errani.

            La procedura
            I riferimenti normativi, come si diceva, sono quelli del codie appalti e in particolare degli articoli
            del codice dei contratti numero 180 e numero 183, commi 15 e 16 (pf in doppia fase con gara).
            L'iniziativa parte dal privato che presenta la proposta di intervento accompagnata da un
            progetto di fattibilità, una bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato. Nel
            caso della ricostruzione post terremoto, la proposta va presentata «direttamente agli enti
            proprietari» degli edifici, i quali «provvedono alla valutazione di fattibilità entro un mese dalla
            presentazione della proposta». «Nel piano economico-finanziario - precisa l'ordinanza - è in
            ogni caso contenuta la separata indicazione degli importi che dovranno essere coperti dal
            contributo erogato dal Commissario straordinario ai sensi dell'art. 14 del decreto-legge. Tale
            indicazione rispetta in ogni caso i limiti quantitativi di cui all'art. 180, comma 6, quinto periodo,
            del Codice dei contratti pubblici». In altre parole il contributo pubblico complessivo non può
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            superare il 49 per cento.

            La definizione del contributo
            Dopo avere valutato la fattibilità «il progetto di fattibilità o il progetto definitivo da porre a base
            di gara è trasmesso al Commissario straordinario per l'approvazione e la quantificazione del
            contributo a carico della struttura commissariale».
            Spetta al commissario il compito di determinare il contributo pubblico e alla sua concessione.
            «Ai fini della valutazione di congruità del contributo - si legge ancora - si tiene conto del
            complessivo equilibrio economico-finanziario dell'operazione quale risultante dal piano e dalla
            documentazione allegata al progetto».

            La stazione appaltante
            La gestione dell'appalto è affidata alle stazioni appaltanti regionali, che dovranno applicare il
            percorso tracciato dall'articolo 181 del codice appalti. Nel bando sono indicati «modalità e tempi
            di pagamento che siano in ogni caso idonei ad assicurare che la successiva verifica di congruità
            sul progetto esecutivo», prima dell'erogazione completa del contributo pubblico.
            Il progetto esecutivo dell'impresa è inviato alla struttura commissariale «per la verifica del
            permanere della congruità del contributo» pubblico. Nel caso di una modifica del quadro
            economico sarà il commissario a rideterminare il contributo.

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12/1/2018                                      Fondo Investimenti, proposte dei Ministeri al Mef entro il 31 gennaio. I tempi slittano

            12 Gen 2018

            Fondo Investimenti, proposte dei Ministeri
            al Mef entro il 31 gennaio. I tempi slittano
            Alessandro Arona

            Le proposte dei Ministeri per la ripartizione con Dpcm del Fondo Investimenti 2018, e cioè 36
            miliardi di euro di nuove risorse quindicennali stanziate dall'ultima legge di Bilancio 2018
            (comma 1072), devono pervenire al Ministero dell'Economia entro il 31 gennaio. Il dicastero
            guidato da Pier Carlo Padoan ha fatto pervenire ieri sera una lettera a tutti i ministeri interessati
            (Infrastrutture, Sviluppo, Ambiente, Istruzione, Difesa i principali), nella quale si sollecita l'invio
            dei "dossier di candidatura", con dettagli su programmi di investimento e cronoprogrammi di
            spesa previsti, entro il 31 gennaio, ai fini dell'elaborazione della proposta di Dpcm, che per legge
            il Mef deve inviare al presidente del Consiglio. La firma di Gentiloni dello schema di decreto è
            prevista a febbraio .

            Si veda il precedente servizio

            È stata la stessa legge di Bilancio (commi 1072 e seguenti) a stabilire quest'anno che il Dpcm di
            riparto del fondo debba essere «adottato» entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge
            di Bilancio, dunque entro il 28 febbraio. Un obiettivo posto per evitare i tempi lunghissimi dello
            scorso anno (il Fondo Investimenti è stato istituito dalla legge di Bilancio 2017, comma 140) ,
            quando il Dpcm è stato firmato in via definitiva da Gentiloni a fine luglio, e pubblicato in
            Gazzetta a fine settembre dopo la registrazione della Corte dei Conti. L'obiettivo iniziale del
            governo uscente era di arrivare alla prima firma entro gennaio, per poi sottoporre lo schema di
            Dpcm a un veloce parere delle Commissioni Bilancio di Camera e Denato e quindi alla firma
            finale prima delle elezioni. La scadenza del 31 gennaio per le proposte al Mef sembra far slittare
            questo obiettivo.
            Il comma 140 della legge di Bilancio 2017 stabilisce che le commissioni hanno 30 giorni per il
            parere, decorso il quale il presidente del Consiglio può comunque emanare il Dpcm (firma
            finale). L'istruttoria Mef metterà probabilmente Gentiloni in grado di firmare lo schema di
            decreto per metà febbraio, e potrà dunque firmare il Dpcm definitivo a metà marzo. A quel
            punto saremo però già dopo le elezioni. C'è da dubitare che un presidente del Consiglio uscente
            possa riparire fondi per 36 miliardi di euro per i 15 anni successivi, dal 2018 al 2033. Aro

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12/1/2018                                   Bonus ristrutturazioni, ecco come si sceglie l'Iva giusta sulle parti di «beni significativi»

            12 Gen 2018

            Bonus ristrutturazioni, ecco come si sceglie
            l'Iva giusta sulle parti di «beni significativi»
            Luca De Stefani

            Via libera alla proroga per il 2018 delle detrazioni Irpef del 50% sul recupero del patrimonio
            edilizio e sull'acquisto di mobili ed elettrodomestici, con l'introduzione però di una nuova
            comunicazione all'Enea. Sono queste alcune delle novità che riguardano il settore edile, previste
            dalla Legge di Stabilità 2018 (la 205/2017), che ha anche introdotto una nuova detrazione Irpef
            del 36% per la realizzazione e la manutenzione di giardini, ha chiarito cosa si intende per beni
            significativi ai fini dell'applicazione dell'Iva del 10% e ha previsto una nuova detrazione Irpef e
            Ires dell'80% (da ripartire in 10 anni, su una spesa massima di 136.000 euro da moltiplicare per
            le unità dell'edificio) per le spese, sostenute dal primo gennaio 2018, per tutti gli interventi su
            parti comuni di edifici condominiali, ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3 (Opcm 20 marzo
            2003, n. 3274), finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico, con riduzione di 1
            classe di rischio (definita dal decreto 28 febbraio 2017, n. 58) e alla riqualificazione energetica
            (elevata all'85%, se la riduzione è di 2 classe) (articolo 16, comma 2-quater.1, decreto legge 4
            giugno 2013, n. 63).Anche se la norma non lo dice, questa nuova detrazione dovrebbe valere per
            le spese sostenute fino al 31 dicembre 2021, in quanto è alternativa alle altre due detrazioni
            speciali per le misure antisismiche, quella del 70-80% (articolo 16, comma 1-quater, del Dl
            63/2013) e quella del 75-85% (comma 1-quinquies).

            Comunicazione all'Enea
            Per tutti gli interventi sul recupero del patrimonio edilizio, per quelli antisismici speciali e per il
            bonus mobili, viene introdotta una nuova comunicazione telematica all'Enea dal 1° gennaio
            2018, ai fini del monitoraggio e della valutazione del risparmio energetico conseguito. Si tratta
            forse di un errore, che potrà essere corretto dal probabile provvedimento attuativo delle Entrate,
            perché l'Enea ha sempre gestito solo le problematiche del risparmio energetico "non
            qualificato".

            Bonus mobili
            La detrazione Irpef del 50% per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici è stata prorogata
            fino al 31 dicembre 2018 e potrà essere utilizzata solo da chi beneficerà della detrazione Irpef del
            50% per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio iniziati a decorrere dal 1º gennaio
            2017. La data del bonifico "parlante" per questi ultimi deve essere compresa tra il 26 giugno 2012
            e la fine del 2018, ma la data di "inizio" lavori deve essere successiva al 31 dicembre 2016 e deve
            precedere il pagamento dei mobili o degli elettrodomestici. Il pagamento dei mobili deve quindi
            avvenire dopo l'inizio dei lavori edili.

            Parti di «beni significativi»
            Per individuare l'aliquota Iva del 10% o del 22% da applicare alle manutenzioni, ristrutturazioni
            e risanamenti conservativi di abitazioni (articolo 7 della legge 488/1999), non va sommato al
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12/1/2018                                   Bonus ristrutturazioni, ecco come si sceglie l'Iva giusta sulle parti di «beni significativi»

            valore dei beni significativi quello delle "singole parti o pezzi staccati che li
            compongono".Quindi, per esempio, considerando il caso del bene significativo "caldaia", il
            bruciatore è un suo "componente staccato", e il suo valore non va sommato a quello della
            caldaia, indipendentemente dal fatto che abbia una notevole rilevanza rispetto al valore, alla
            struttura o alla funzionalità del bene significativo in cui viene collocato. Come sulla manodopera
            e sulle materie prime, quindi, si applica l'Iva del 10% anche sulle componenti staccate e il loro
            valore va sommato alla manodopera e alle materie prime per determinare il plafond dei beni
            significativi su cui applicare l'Iva del 10% (solo sull'eccedenza si calcola il 22%).Questo
            chiarimento (già contenuto nella circolare 71/E/2000) è stato dato, con effetto retroattivo, dalla
            legge di Bilancio (205/2017). Sono però fatti salvi gli eventuali "comportamenti difformi" tenuti
            fino al 31 dicembre 2017 ma non sarà possibile il rimborso dell'eventuale maggiore Iva applicata,
            nel caso in cui il valore delle "parti staccate" dei beni significativi sia stato sommato a questi
            ultimi.

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12/1/2018                            Per l'acquisto della casa è corsa al mutuo a tasso fisso (prima che finisca il quantitative easing della Bce)

            12 Gen 2018

            Per l'acquisto della casa è corsa al mutuo a
            tasso fisso (prima che finisca il quantitative
            easing della Bce)
            Vito Lops

            Il mutuo cambia pelle. Da sempre è uno di quei prodotti che offrono agli istituti di credito
            margini interessanti a fronte di rischi molto contenuti. Soprattutto in mercati come quello
            italiano in cui l'appeal della proprietà dell'immobile è ancora molto forte a differenza del Nord
            d'Europa dove l'affitto in pianta stabile viene preso più in considerazione. Negli ultimi tempi,
            però, molte banche hanno cambiato approccio rispetto al prestito ipotecario: il mutuo sta
            diventando più un mezzo che un fine. Un mezzo per tenere ancorati nel lungo periodo dei
            clienti a cui proporre altri prodotti finanziari su cui guadagnare di più (contratti assicurativi,
            prodotti di risparmio gestito) attraverso logiche di cross selling. Una strategia che emerge in
            modo lampante osservando le attuali offerte a tasso fisso (che rappresentano oltre il 70% dei
            mutui erogati/surrogati nel 2017). Gli spread applicati su questi prodotti sono crollati addirittura
            sotto lo 0,2% mentre nella migliore delle ipotesi quelli sul tasso variabile viaggiano allo 0,95%.

            Certo, il tasso finale pagato dal mutuatario non è composto solo dallo spread deciso dalla banca.
            A questo bisogna poi aggiungere l'indice Eurirs pari alla durata del mutuo nel caso del tasso
            fisso e l'Euribor (che dal 2015 è negativo e quindi andrebbe sottratto) sul variabile. Fatte le
            dovute somme il variabile (in termini di tasso finale) torna ad essere in partenza più competitivo
            (di circa 100 punti base) rispetto al fisso. Ma la distanza sulle durate brevi (10 anni) - dove il
            sovrapprezzo dell'Eurirs è minore rispetto all'Euribor - scende a 30 punti base. Come mai in
            questa fase le banche preferiscono erogare mutui a tasso fisso e per farlo sono disposte a
            schiacciare gli spread come mai prima? «I mutui a tasso fisso non sono mai stati a livelli così
            attraenti come in questi ultimi mesi - spiega Stefano Rossini, ad di Mutuisupermarket.it -.
            Questa convenienza può essere parzialmente spiegata da un ritardo di revisione dei tassi finiti
            di offerta sui mutui a tasso fisso da parte del sistema bancario a valle di un recente aumento dei
            tassi Eurirs avvenuto da fine 2017 ad oggi.

            Ma il motivo per cui l'impressione è che le banche da diversi mesi stiano "svendendo" mutui a
            tasso fisso - continua Rossini - è da correlarsi a una scelta precisa di investimento della liquidità.
            I tassi di default della categoria di impieghi mutui a tasso fisso a clientela privata sono a livelli
            quanto mai contenuti, da tempo prossimi all'1,3% a livello di sistema, e quindi il costo del rischio
            è molto ridotto. E per investimenti di lunga durata a basso rischio le opzioni di impiego
            alternative della liquidità non sono numerose». Un altro motivo per cui alle banche ora
            "conviene svendere" i fissi è che in questo modo la probabilità che un nuovo mutuatario effettui
            una surroga (cambi banca)sugli anni futuri è praticamente assente, quindi erogando un mutuo a
            tasso fisso oggi si riesce a fidelizzare un cliente per 20-30 anni senza dover poi incorrere in
            eventuali costi o perdite di guadagno correlate a un'estinzione anticipata del mutuo.

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12/1/2018                            Per l'acquisto della casa è corsa al mutuo a tasso fisso (prima che finisca il quantitative easing della Bce)

            Tassi fissi intorno all'1-1,5% rappresentano per certi versi una sorta di "saldi di fine Qe". Le
            ragioni per cui oggi sono piombati ai minimi sono legate alla politica espansiva adottata dalla
            Bce dalla primavera del 2015 quando, dopo aver azzerato il costo del denaro, ha aggiunto
            un'iniezione costante di liquidità sui mercati che ha portato i tassi ai minimi termini. Queste
            politiche stanno però per giungere al termine. A settembre la Bce dovrebbe terminare gli
            acquisti di titoli (quantitative easing) e dalla primavera del 2019 dovrebbe alzare i tassi. Il che
            lascia pensare che sul fronte mutui siamo nel momento più basso della curva dell'offerta. Nei
            prossimi mesi i tassi proposti potrebbero risalire, un po' perché gli Eurirs stanno già crescendo
            (anticipando le prossime mosse della Bce). E un altro po' perché è francamente difficile
            ipotizzare che la "svendita" possa continuare a lungo.

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Codice dei contratti e Concessionari, prorogata la
consultazione delle Linee guida ANAC
12/01/2018

Dopo le ultime modifiche al D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti), apportate dalla
Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (c.d. Legge di Bilancio 2018), l'Autorità Nazionale
Anticorruzione (ANAC) ha prorogato il termine di consultazione relativo alle Linee guida
per gli affidamenti da parte dei concessionari (art. 177, comma 1, del Codice) al 22 gennaio
2018, per permettere ai soggetti interessati di tener conto delle modifiche normative
intervenute nell’invio dei propri contributi.

Ricordiamo, infatti, che con il comma 568 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2018 viene
modificato il comma 1 dell’articolo 177 (rubricato “Affidamenti dei concessionari”) e viene
sostituito il comma 3 dello stesso articolo 177. Al comma 1 del citato articolo 177 viene
aggiunto il seguente ultimo periodo “Per i titolari di concessioni autostradali, ferme
restando le altre disposizioni del presente comma, la quota di cui al primo periodo è pari al
sessanta per cento” ed il comma 3 viene così sostituito “La verifica del rispetto dei limiti di
cui al comma 1 da parte dei soggetti preposti e dell’ANAC viene effettuata annualmente,
secondo le modalità indicate dall’ANAC stessa in apposite linee guida, da adottare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Eventuali
situazioni di squilibrio rispetto ai limiti indicati devono essere riequilibrate entro l’anno
successivo. Nel caso di situazioni di squilibrio reiterate per due anni consecutivi, il
concedente applica una penale in misura pari al 10 per cento dell’importo complessivo dei
lavori, servizi o forniture che avrebbero dovuto essere affidati con procedura ad evidenza
pubblica“.

L’art. 177 del codice ha previsto in capo ai concessionari titolari di concessioni già in essere
alla data di entrata in vigore del codice, non affidate con la formula della finanza di progetto
o con procedure di gara ad evidenza pubblica, l’obbligo di affidare a terzi, mediante
procedura ad evidenza pubblica, di una quota pari all’80% dei contratti di lavori, servizi e
forniture riferiti alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro. La restante
parte può essere realizzata da società in house di cui all’articolo 5 per i soggetti pubblici,
ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati,
ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo
semplificato. Il termine per l’adeguamento a tale disposizione è stato fissato, nel comma 2
del richiamato art. 177, in ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del codice.

Il comma 3 della disposizione in parola attribuisce il compito di verificare annualmente il
rispetto del citato limite dell’80% ai «soggetti preposti» e all’ANAC, «secondo le modalità
indicate dall’ANAC stessa in apposite linee guida, da adottare entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente codice».

In allegato le linee guida.

                                                      A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Documenti Allegati
Linee guida
Split payment, OK al decreto con le modalità di
attuazione
12/01/2018

È stato firmato lo scorso 10 gennaio il decreto 9 gennaio 2018 con cui il Ministero
dell'Economia e delle Finanze ha definito le modalità di attuazione relative all’ampliamento
dell’ambito di applicazione dello split payment (scissione dei pagamenti) per il versamento
dell’Iva sui servizi resi alle amministrazioni pubbliche e alle società quotate, introdotte dal
collegato fiscale alla manovra di bilancio 2018 (articolo 3 del decreto-legge 16 ottobre
2017, n. 148 convertito dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172).
Il nuovo perimetro applicativo
A seguito delle modifiche introdotte dal collegato fiscale, è stato previsto l’ampliamento del
perimetro applicativo dello split payment con ulteriori soggetti:

   •   enti pubblici economici nazionali, regionali e locali (incluse le aziende speciali e le
       aziende pubbliche di servizi alla persona);
   •   fondazioni partecipate dalle amministrazioni pubbliche;
   •   società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni;
   •   le società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, da enti o società pubbliche per
       una quota non inferiore al 70 per cento.

Il nuovo decreto firmato dal MEF, oltre ad alcuni interventi di coordinamento normativo,
prevede che:
•   per le operazioni per le quali è emessa fattura nel 2018 e negli anni successivi,
       lo split payment si applica alle società controllate o incluse nell’indice Ftse Mib,
       identificate ai fini Iva, agli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali
       (comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alle persone), alle
       fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale
       complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70%, alle società partecipate, per
       una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, da amministrazioni
       pubbliche o da enti e società, che risultano tali alla data del 30 settembre precedente;
   •   a regime, l’elenco dei soggetti sottoposti a split payment è pubblicato dal
       dipartimento delle Finanze entro il 20 ottobre di ciascun anno con effetti a valere per
       l’anno successivo;
   •   solo per il 2017 i soggetti interessati allo split payment devono fare riferimento
       all’elenco già pubblicato dal dipartimento lo scorso 19 dicembre 2017 e consultabile
       sulla specifica applicazione informatica;
   •   fondazioni, enti e società possono segnale al dipartimento eventuali errori o
       incongruenze;
   •   nell’ipotesi in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice Ftse Mib si
       verifichi in corso d’anno, ma entro il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e
       società controllate, partecipate o incluse nell’indice, applicano lo split paymentalle
       operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo;
   •   nel caso in cui, invece, il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice Ftse
       Mib si verifichi in corso d’anno, ma dopo il 30 settembre, la scissione dei pagamenti
       deve essere applicata alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1°
       gennaio del secondo anno successivo;
   •   se il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice Ftse Mib viene a mancare
       in corso d’anno, ma entro il 30 settembre, le fondazioni, gli enti e le società non più
       controllate, partecipate o incluse nell’indice continuano ad applicare lo split
       payment alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell’anno;
   •   se, invece, il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice Ftse Mib viene
       meno in corso d’anno, ma dopo il 30 settembre, le fondazioni, gli enti e le società
       non più controllate, partecipate o incluse nell’indice devono continuare ad applicare
       lo split payment alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre
       dell’anno successivo.

Il decreto ministeriale specifica, infine, che l’elenco dei soggetti sottoposti a split payment è
pubblicato dal Dipartimento delle Finanze entro il 20 ottobre di ciascun anno con effetti a
valere per l’anno successivo. Soltanto per il 2018 i soggetti interessati allo split payment
devono fare riferimento all’elenco già pubblicato dal Dipartimento Finanze in data 19
dicembre 2017 e consultabile sulla specifica applicazione informatica (clicca qui).
Il decreto è in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
                                                       A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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Documenti Allegati
Decreto
Legge di bilancio 2018: Per edifici pubblici
contributo investimenti di 850mln in tre anni
12/01/2018

Con l’articolo 1, comma 853 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 sono stati stanziati 850
milioni di euro in tre anni per interventi di messa in sicurezza di edifici pubblici
(scuole comprese) e del territorio. Nel citato comma 853 è precisato che il complessivo
stanziamento è suddiviso in 150 milioni per il 2018, 300 milioni per il 2019 e 400 milioni
per il 2020.

Così come disposto nello stesso comma 853, beneficiari dei contributi potranno essere gli
Enti locali che non hanno beneficiato delle risorse di cui all’articolo 1, comma 974, ovvero
esclusi dal Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la
sicurezza delle periferie delle Città metropolitane e dei Comuni capoluogo di Provincia.

Come disposto al comma 854, l’ammissione al finanziamento, nel limite di € 5.225.000 a
Comune, sarà decisa dal Ministero dell’interno, selezionando le richieste esclusivamente
sulla base dei dati di bilancio, ovvero desunti dalle comunicazioni obbligatore effettuate alla
BDAP. I Comuni dovranno presentare le loro richieste entro il termine perentorio del 20
febbraio 2018 per l’anno 2018, del 20 settembre 2018 per l’anno 2019 e del 20 settembre
2019 per l’anno 2020.

Il Ministero dell’interno ha in corso di predisposizione il modello di certificato che dovrà
essere utilizzato dai comuni per formulare la richiesta di contributo di cui al citato comma
853 e seguenti e la procedura che consentirà di inviare al Ministero dell’interno,
esclusivamente con modalità telematica tramite il Sistema Certificazioni Enti Locali,
accessibile dal sito internet della stessa Direzione, alla
pagina http://www.finanzalocale.interno.it/apps/tbel.php/login/verify sarà resa disponibile,
presumibilmente, entro la fine del mese di gennaio 2018 e, soltanto successivamente i
Comuni potranno iniziare a presentare le domande . La modalità di richiesta di contributo è
tassativa e, pertanto, non saranno accolte le certificazioni che verranno trasmesse in
modo difforme da quella prevista. Il Ministero dell’interno, con successivo comunicato,
darà notizia dell’approvazione del modello di certificato, nonché indicazioni più precise
sulla procedura operativa da seguire.

Come disposto al comma 855, l’assegnazione delle risorse è prevista per il 31 marzo.
Al comma 858 è, poi, precisato che i contributi assegnati saranno erogati dal Ministero
dell’interno ai comuni beneficiari per il 20 per cento entro il 15 aprile 2018per l’anno
2018, entro il 28 febbraio 2019 per l’anno 2019 ed entro il 28 febbraio 2020 per l’anno
2020, per il 60 per cento entro il 30 novembre 2018 per l’anno 2018, entro il 31 maggio
2019 per l’anno 2019 ed entro il 31 maggio 2020 per l’anno 2020, previa verifica
dell’avvenuto affidamento dei lavori e per il restante 20 per cento previa trasmissione, al
Ministero dell’interno, del certificato di collaudo, ovvero del certificato di regolare
esecuzione rilasciato per i lavori dal direttore dei lavori, ai sensi dell’articolo 102 del codice
di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Come si evince, poi, dal comma 857 i Comuni devono appaltare i lavori entro otto
mesi dall’approvazione del finanziamento e le economie resteranno nella loro disponibilità,
purché utilizzate rapidamente. Oltre al monitoraggio sono previsti anche controlli a
campione effettuati in collaborazione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

                                                        A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Legge 27 dicembre 2017, n. 205
Siamo tutti colpevoli
12/01/2018

In questi giorni sta facendo scalpore la sentenza della Corte Suprema di Cassazione(n°
2118/2017) che ha portato al sequestro di una scuola perché risultata non adeguata alla
normativa antisismica; la suddetta sentenza creerà un precedente interessante e avrà
conseguenze al momento difficilmente valutabili.
Prima di tutto occorre tenere conto che, quando si esprime, quest’organo lo fa sempre In
nome del Popolo Italiano, come scritto all’inizio di ogni documento.
Vediamo un breve riassunto della sentenza in questione e cerchiamo di capirne le
implicazioni più ampie.
Il Dirigente dell’Area Tecnica di un Comune del Grossetano si trova sulla scrivania
un certificato d’idoneità statica (non vulnerabilità sismica, NdR) riferito a una scuola, con
data 28 giugno 2013, che riporta un indicatore del rischio di collasso previsto dalle Norme
Tecniche per le Costruzioni pari a 0,985, registrando in tal modo una inadeguatezza
minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici soddisfatti al raggiungimento del
valore 1.
Chiunque abbia mai fatto una verifica di sicurezza su un edificio e stia leggendo queste
righe, in questo momento sta probabilmente ridendo nel pensare alla sopra
citata inadeguatezza minima.
Al Dirigente in questione (e al Sindaco) viene contestato (penalmente, NdR) di non aver
immediatamente operato mediante il sequestro preventivo (art. 321 C.P.P.) in
quanto mantenere in funzione un edificio scolastico non rispettoso della normativa
antisismica può essere portatore di possibili conseguenze sulla incolumità dei terzi. La
sentenza aggiunge poi che la inosservanza della regola tecnica di edificazione
proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest’ultimo si attesti su percentuali
basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del
pericolo e come tale va indagata e rileva ai fini dell’applicabilità del sequestro preventivo.
Ma proviamo adesso a vedere nel dettaglio chi sono i colpevoli in questa storia.
Presidenza del Consiglio dei Ministri: COLPEVOLE. Il 4 novembre 2010 la Presidenza
del Consiglio dei Ministri ha emanato una nota di chiarimenti (prot. DPC/SISM/0083283)
sulla gestione degli esiti delle verifiche sismiche: I provvedimenti sono necessari e
improcrastinabili nel caso in cui non siano soddisfatte le verifiche relative alle azioni
controllate dall’uomo, ossia prevalentemente ai carichi permanenti e alle altre azioni di
servizio. Più complessa è la situazione che si determina nel momento in cui si manifesti
l’inadeguatezza di un’opera rispetto alle azioni ambientali (p. es. terremoto, NdR); per le
problematiche connesse, non si può pensare di imporre l’obbligatorietà dell’intervento o
del cambiamento di destinazione d’uso o, addirittura, la messa fuori servizio dell’opera,
non appena se ne riscontri l’inadeguatezza.
Commissione Grandi Rischi: COLPEVOLE. Anni 2000, scuola di Bojano (CB). I
genitori degli alunni non volevano consentire ai figli l'ingresso nell'edificio a seguito di una
verifica con esito negativo. Fu chiamata a esprimersi la Commissione Grandi Rischi e
concluse che l'indice di rischio poteva essere utilizzato per stabilire il tempo entro il quale
dovevano essere presi provvedimenti di messa in sicurezza.
Ministeri Infrastrutture e Trasporti: COLPEVOLE. Le NTC2008 ammettono la
possibilità di effettuare, su qualsiasi edificio, un intervento di miglioramento sismico, senza
dover obbligatoriamente raggiungere il livello dell’adeguamento. Ancora più colpevole
perché nella nuova versione delle NTC, per alcune tipologie di interventi sugli edifici
esistenti, è stata introdotta la possibilità di assumere il coefficiente ζE =0,80 anziché ζE =1
per effettuare l’adeguamento sismico, cioè di conseguire un livello di sicurezza pari
all’80% rispetto a quello delle nuove costruzioni.
Ministero per i Beni, le Attività Culturale e il Turismo: COLPEVOLE. Nelle Linee
Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale allineate
alle nuove Norme tecniche per le costruzioni, emanate dal MiBACT con la Circolare 26 del
2 dicembre 2010, si precisa che per i beni culturali tutelati è necessario attenersi ad
interventi di miglioramento, a riparazioni o ad interventi locali. Da questa impostazione
risulta che spesso è opportuno accettare consapevolmente un livello di rischio sismico più
elevato rispetto a quello delle strutture ordinarie, piuttosto che intervenire in modo
contrario ai criteri di conservazione del patrimonio culturale.
Dipartimento di Protezione Civile: COLPEVOLE. Nel corso degli ultimi anni ha
stanziato innumerevoli milioni di euro quale contributo per gli interventi di miglioramento
sismico al 60% su edifici strategici e rilevanti.
Professionisti che operano nel campo degli edifici esistenti: COLPEVOLI. Qualora
siano intervenuti con semplici miglioramenti sismici invece di un adeguamento.
Geni Civili, Amministrazioni e Strutture di controllo: COLPEVOLI. Qualora abbiano
autorizzato interventi soggetti a semplici miglioramenti sismici invece di un adeguamento.
Tutte le casistiche sopra riportate, da soggetti potenzialmente colpevoli, riconducono
a edifici che andrebbero immediatamente evacuati e sigillati, in quanto non adeguati
sismicamente. Da ingegnere che si occupa di strutture e rischio sismico confesso che l’idea
è allettante...

Due note conclusive.
La prima è che io sarei felice che i miei figli andassero in una scuola con indice di rischio
pari a 0,985.
La seconda è che questa sentenza è lo specchio di una grande fallimento, quello della
sensibilizzazione e consapevolezza nei confronti del rischio sismico; una profonda
ignoranza permeata in tutti i livelli della società. E mi chiedo: la Commissione che ha
pronunciato la sentenza, è certa di vivere in abitazioni con un indice di rischio superiore a
uno? Il collegio di periti che ha consentito alla Commissione di esprimersi, di quale materia
sono esperti? Di cosa si occupano? Quanto sono sicure le case in cui abitano?
Signor Giudice, mi dichiaro colpevole!

                                                               A cura di Ing. Andrea Barocci
                                                                  Ingegneria delle Strutture

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Sentenza
Oneri di urbanizzazione: Dall’1 gennaio 2018
modificata la destinazione
12/01/2018

È entrato in vigore il 1° gennaio scorso l’articolo 1, comma 460 della legge 11 dicembre
2016, n. 232 (c.d. “legge di bilancio 2017") recante “Bilancio di previsione dello Stato per
l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017”. Il citato comma 460 ha
modificato, appunto dall’1 gennaio 2018, la destinazione dei proventi dei titoli abilitativi
edilizi e delle sanzioni previste dal DPR n. 380/2001 “Testo Unico Edilizia” devolvendoli
esclusivamente e senza vincoli temporali all’urbanizzazione e alla manutenzione del
territorio.

L’articolo 1, comma 461, poi, della citata Legge n. 232/2016, conseguentemente, ha
previsto l’abrogazione a decorrere sempre dal 1° gennaio 2018 dell’art. 2, comma 8
della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, più volte prorogato negli anni che consentiva
l’utilizzo dei proventi per il finanziamento di spese correnti. Occorre, poi, ricordare che non
può più essere utilizzato l’art. 1, comma 737 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 che per
gli anni 2016 e 2017 aveva consentito ai comuni di utilizzare una quota sino 100% per spese
di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per
spese di progettazione delle opere pubbliche.

Il citato articolo 1, comma 460 della legge n. 232/2016 entrata in vigore dal 1 gennaio 2018
destina i proventi edilizi in particolare a:

   •   realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione
       primaria e secondaria;
•   risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie
       degradate;
   •   interventi di riuso e di rigenerazione;
   •   interventi di demolizione di costruzioni abusive;
   •   acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico;
   •   interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della
       prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e
       riqualificazione del patrimonio rurale pubblico;
   •   interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano;
   •   spese di progettazione per opere pubbliche.

Tra l’altro, l’ultima destinazione del precedente elenco è stata inserita dal Decreto-legge 16
ottobre 2017, n. 148 (c.d. “Decreto Fiscale”) convertito dalla Legge 4 dicembre 2017, n.
172.

                                                       A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Legge 11 dicembre 2016, n. 232
Finanziamenti agevolati per indennizzi calamità
2013 e 2015
12/01/2018

Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 22 dicembre 2017 ha provveduto, con propria
delibera ed a seguito di richiesta avanzata dal dalla Regione Abruzzo, a determinare gli
importi autorizzabili con riferimento agli eventi calamitosi che hanno colpito il territorio
della regione Abruzzo nei giorni dall'11 al 13 novembre ed il 1° e 2 dicembre
2013 nonché nei mesi di febbraio e marzo 2015 per l'effettiva attivazione dei previsti
finanziamenti agevolati in favore dei soggetti privati titolari delle attività economiche e
produttive ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera d) della legge 24 febbraio 1992, n. 225
e successive modifiche ed integrazioni.

Per la Regione Abruzzo i contributi ai soggetti privati per i danni occorsi alle attività
economiche e produttive sono concessi, con le modalità del finanziamento agevolato, nel
limite di euro 4.904.096,08 suddivisi come segue:

   •   eventi meteorologici verificatisi nei giorni dall'11 al 13 novembre ed il 1° e 2
       dicembre 2013 nel territorio della Regione Abruzzo,
       euro 3.630.631,40 per n.67attività economiche e produttive operanti in 17 Comuni;
•   eventi meteorologici verificatesi nei mesi di febbraio e marzo 2015 nel territorio
       della Regione Abruzzo, euro 1.273.464,68 per n.42 attività economiche e produttive
       operanti in 21Comuni.

In base a quanto previsto dalla legge n. 208/2015, il contributo effettivamente spettante
viene riconosciuto, sotto forma di finanziamento, a cura dell’Istituto di credito
convenzionato che sarà individuato dal titolare del contributo e comunicato al competente
Comune. Si precisa che trattasi di un finanziamento agevolato, assistito dalla garanzia dello
Stato, e non genera alcun onere a carico del beneficiario.

Si comunica inoltre che, per i Comuni che hanno concluso le attività istruttorie
successivamente alla data del 20 novembre 2017, la Regione Abruzzo ha richiesto
ulteriori euro 1.416.993,52.

                                                A cura di Ufficio Stampa Regione Abruzzo

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Elenco beneficiari 2014
Elenco beneficiari 2015
Bonus ristrutturazione vs ecobonus
50%: quale scegliere?
di Alessandra Marra
Le due agevolazioni hanno differenti beneficiari, procedure e tetti di spesa

12/01/2018 – Con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2018, l’ecobonus
per la sostituzione di finestre, caldaie non evolute e schermature solari è stato
ridotto dal 65% al 50%.
Poiché la detrazione prevista dal nuovo ecobonus è la stessa prevista dal bonus
ristrutturazione, molti si sono chiesti le differenze tra le due agevolazioni.

Ecobonus e Bonus ristrutturazioni: interventi con doppia
chance
Tra gli interventi per cui si pone la scelta tra bonus ristrutturazione ed ecobonus ci
sono:
- sostituzione di serramenti;
- sostituzione di caldaie a biomassa e caldaie a condensazione (sotto la classe A e
senza sistemi intelligenti di termoregolazione).
Per l’acquisto e la posa in opera di schermature solari, invece, l’ecobonus è
l’unica strada percorribile.

Ecobonus 65%: unico strumento per le imprese
La differenza principale tra bonus ristrutturazione ed ecobonus consiste nella
platea dei beneficiari; il primo consiste in una detrazione irpef del 50%
e interessa solo i privati. Inoltre sono coinvolti unicamente gli immobili
residenziali.

L’ecobonus, invece, è anche una detrazione Ires, oltre che Irpef, e quindi
coinvolge anche i contribuenti che conseguono reddito d’impresa (persone fisiche,
società di persone, società di capitali) e le associazioni tra professionisti. Inoltre,
possono accedere al beneficio gli edifici esistenti di tutte le categorie catastali
(anche rurali e strumentali) su cui vengono effettuati lavori di efficientamento
energetico.

Di conseguenza, l’ecobonus (anche se ridotto rispetto agli anni precedenti)
rimane l’unica agevolazione a cui possono accedere le imprese mentre
i privati hanno la possibilità di scegliere tra le due agevolazioni nel caso di
immobili residenziali o sfruttare l’ecobonus per edifici non residenziali.

Ecobonus e Bonus Ristrutturazione: due plafond da
sfruttare
Il bonus ristrutturazione ha un limite di spesa complessivo di 96 mila
euro; i singoli interventi edilizi effettuati (sostituzione finestre, realizzazione di
divisioni interne, ecc) non hanno un autonomo limite di spesa, ma rientrano nel
limite previsto per l’unità abitativa.

Optando per l’ecobonus, che ha un plafond di spesa dedicato per ogni
intervento (sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale 30.000 euro,
acquisto e posa in opera delle schermature solari 60.000 euro ecc), chi fa interventi
rilevanti evita di “sforare” i 96mila euro previsti dal bonus ristrutturazione e può
godere del beneficio ottenuto dalla somma dei due plafond.

Ecobonus: ok alla cessione del credito
Inoltre, da quest’anno i soggetti beneficiari dell’ecobonus possono optare per la
cessione del credito di imposta corrispondente alla spettante quota di
detrazione ai fornitori che hanno effettuato gli interventi o ad altri soggetti privati,
tranne che alle banche o ad altri intermediari finanziari. Tale opzione non è
prevista per chi gode del bonus ristrutturazione.
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Norme correlate
Legge dello Stato 27/12/2017 n.205
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (Legge di
Bilancio 2018)
Impianti geotermici, le Regioni
chiedono più tempo per accedere
agli incentivi
di Paola Mammarella
Con i termini previsti oggi, gli operatori rischiano di perdere i bonus mentre completano
le procedure di autorizzazione

12/01/2018 - Più tempo per consentire agli impianti geotermici di completare le
procedure di autorizzazione ed entrare in esercizio, evitando di perdere gli
incentivi a causa della burocrazia. È la condizione che le Regioni hanno posto per
il via libera alla bozza di decreto con cui il Ministero dell’Ambiente intende
regolare l’accesso agli aiuti per le rinnovabili.
Impianti geotermici, gli incentivi
Ricordiamo che il D.lgs 28/2011, sulla promozione dell’uso di energia
rinnovabile, ha previsto incentivi per gli impianti che utilizzano tecnologie
avanzate non pienamente commerciali.

Gli incentivi per gli impianti geotermici che utilizzano tecnologie avanzate sono
stati quantificati dall’articolo 27 del DM 6 luglio 2012.

Il DM 23 giugno 2016 ha stabilito le modalità di incentivazione degli impianti
per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico.
Il decreto indica inoltre i tempi entro i quali gli impianti devono entrare in
esercizio per non perdere gli incentivi.

La bozza di decreto del Ministero dell’Ambiente, esaminata dalla Conferenza
delle Regioni, chiude il cerchio degli aiuti agli impianti geotermici che utilizzano
tecnologie innovative definendo le modalità con cui verificare che gli impianti
siano idonei ad ottenere gli incentivi.

Impianti geotermici, tempi più lunghi per completare le
autorizzazioni
Per dare il via libera alla bozza del Ministero dell’Ambiente, la Conferenza delle
Regioni ha chiesto una modifica al DM 23 giugno 2016, che fissa i termini da
rispettare per non perdere gli incentivi.

Il decreto del 2016 stabilisce che gli impianti geotermoelettrici debbano entrare in
funzione entro 51 mesi decorrenti dalla data della comunicazione di esito
positivo della procedura. Ogni mese di ritardo è punito con una decurtazione
della tariffa incentivante di riferimento dello 0,5%. Ad ogni modo, il ritardo
massimo consentito è di sei mesi. Dopo l’impianto decade dal diritto all’accesso ai
benefici.

Un termine che le Regioni considerano troppo breve. Come si legge nel parere
rilasciato dalla Conferenza, il termine di 51 mesi più 6 sarebbe congruo nella
possibilità di aprire subito i cantieri. In molti casi, però, per completare le
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