Consiglio Nazionale dei Geologi - 9 gennaio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...
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TERREMOTI
9/1/2018 Progettazione, 2017 anno da record: in gara servizi per 1,2 miliardi. Boom Anas nell'ultimo bimestre 09 Gen 2018 Progettazione, 2017 anno da record: in gara servizi per 1,2 miliardi. Boom Anas nell'ultimo bimestre Alessandro Lerbini Un anno record per il settore della progettazione in Italia. Le novità introdotte dal codice appalti hanno trovato un terreno fertile nel settore delle gare pubbliche di ingegneria. Secondo l'osservatorio Oice/Informatel, il bilancio complessivo del 2017 è decisamente positivo: rispetto al 2016 i bandi di sola progettazione sono cresciuti del 26,6% nel numero e del 149,7% in valore. Il valore complessivo messo in gara ha superato, per la prima volta da quando è iniziata la rilevazione del mercato nel 1996, il miliardo di euro, arrivando quasi a 1,2 miliardi. Una spinta notevole l'ha data l'Anas con una raffica di gare immesse nel mercato a fine anno. Con la pubblicazione a dicembre di 35 bandi, dal valore totale di 104,7 milioni (più del 71% di quanto messo in gara nel mese), l'Anas provoca per il secondo mese consecutivo un boom di bandi: per la sola progettazione in totale nel mese sono state bandite 327 gare, per un importo di 146,1 milioni. Senza le 35 gare dell'Anas il valore messo in gara sarebbe di 41,4 milioni (+18,8% su dicembre 2016). Negli ultimi due mesi del 2017 l'Anas ha pubblicato 67 gare con un importo di 301 milioni che rappresenta l'81,3% dei 370,1 milioni di valore complessivo delle gare pubblicate nel bimestre. Rispetto a novembre, in cui i bandi Anas erano pari a circa 200 milioni, il valore è in calo del 34,7%. Il numero complessivo delle gare di sola progettazione è invece in aumento del 13,5% sul mese precedente, con una significativa inversione di rotta al calo di novembre. Il confronto con dicembre 2016 vede incrementi del 34,6% in numero e del 319% in valore. L'impatto dei bandi Anas è stato forte anche sul complesso di tutti i servizi di ingegneria e architettura: a dicembre il numero delle gare è stato di 575 con un importo 185,8 milioni: +10,8% nel numero e -21,8% per il valore sul precedente mese di novembre, e +6,9% in numero e +102,9% in valore su dicembre 2016. Il 2017 si chiude con un +17,1% in numero e un +56,4% in valore sul 2016. I bandi per appalti integrati rilevati a dicembre sono stati 10, con valore complessivo di 74,4 milioni. Dei 10 bandi, cinque hanno riguardato i settori speciali, per un importo di 30,8 milioni, e cinque i settori ordinari, di cui quattro con valore noto, per un importo di 43,5 milioni. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEEJ3qdD/0 1/1
9/1/2018 Grandi eventi, opere strategiche e gare post-calamità, ecco quando l'Anac può impugnare il bando davanti al Tar 09 Gen 2018 Grandi eventi, opere strategiche e gare post- calamità, ecco quando l'Anac può impugnare il bando davanti al Tar Massimo Frontera L'Autorità anticorruzione ha chiarito in quali casi potrà esercitare i suoi poteri per impugnare i bandi che, a suo giudizio, presentano irregolarità rispetto al codice appalti. Il chiarimento riguarda i "nuovi" poteri (previsti dall'articolo 211, comma 1-bis, 1-ter e 1-quater del codice appalti) introdotti dalla manovrina (Dl 50/2017) in sostituzione dell'"atto di raccomandazione" che il correttivo al codice aveva cancellato pochi giorni prima dal dlgs 50/2016. Dallo scorso quattro gennaio l'Authority ha messo in consultazione la bozza di regolamentoche perimetra con esattezza i confini del potere di intervento dell'Authority di Raffaele Cantone contro le stazioni appaltanti, in due distinti casi. Il documento - va ricordato - è per ora allo stadio di proposta offerta in consultazione pubblica con possibilità di inviare "contributi" all'Anac entro il 24 gennaio prossimo (attraverso un apposito modulo on line). Il testo definitivo del regolamento potrà arrivare solo dopo la conclusione dell'inchiesta pubblica e dopo il parere del Consiglio di Stato. L'intervento diretto dell'Anac con impugnazione al Tar dell'atto della Pa Il primo tipo di azione che il legislatore ha riservato all'Anac è l'impugnazione al Tar dell'atto contestato senza previa interlocuzione o comunicazione con la stazione appaltante che l'ha emesso (articolo 211, comma 1-bis del codice appalti). Questo intervento, dice il codice, si applica a bandi o documenti di gara relativi a «contratti di rilevante impatto», in caso in cui l'Anac riscontri violazioni al codice appalti. Ebbene, nella proposta di regolamento, l'Anac precisa cosa debba intendersi per «contratti di rilevante impatto». Si tratta, come recita l'articolo 3 del testo dell'Anac, di tutti i contratti di servizi da 25 milioni di euro in su e di tutti i contratti di lavori da 50 milioni di euro in su. Ci sono poi alcuni tipi di appalti che, indipendentemente dall'importo, secondo l'Anac sono da considerare di "rilevante impatto". Si tratta «dei contratti che riguardino, anche potenzialmente, un ampio numero di operatori, i contratti relativi ad interventi in occasione di grandi eventi di carattere sportivo, religioso, culturale o a contenuto economico, ad interventi disposti a seguito di calamità naturali, di interventi di realizzazione di grandi infrastrutture strategiche, i contratti riconducibili a fattispecie criminose, situazioni anomale o sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti, nonché quelli relativi ad opere, servizi o forniture aventi particolare impatto sull'ambiente, il paesaggio, i beni culturali, il territorio, la salute, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale». L'intervento dell'Anac con parere motivato alla stazione appaltante La seconda modalità di intervento è quella dell'azione verso la stazione appaltante attraverso un parere motivato in cui si indicano le «gravi violazioni» al codice e i «vizi di legittimità» http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEE9CqdD/0 1/2
9/1/2018 Grandi eventi, opere strategiche e gare post-calamità, ecco quando l'Anac può impugnare il bando davanti al Tar riscontrati nell'atto. Anche in questo caso, se la stazione appaltante non ci ripensa l'Anac può impugnare l'atto di fornite al Tar. Anche in questo caso, l'Anac, ha specificato i casi in cui si può percorre questa seconda strada. La lista, indicata all'articolo 6 del testo dell'Anac, compone la seguente ampia casistica: affidamento di contratti pubblici senza previa pubblicazione di bando o avviso nella Guue, nella Guri, sul profilo di committente della stazione appaltante e sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l'Autorità, laddove tale pubblicazione sia prescritta dal codice; affidamento mediante procedura diversa da quella aperta e ristretta fuori dai casi consentiti, e quando questo abbia determinato l'omissione di bando o avviso ovvero l'irregolare utilizzo dell'avviso di pre- informazione di cui all'articolo 59, comma 5 e all'art. 70 del codice; divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture; modifica sostanziale del contratto che avrebbe richiesto una nuova procedura di gara; mancata esclusione di un concorrente per il quale ricorra uno dei motivi previsti dall'art. 80 del codice ovvero il mancato possesso dei requisiti di cui all'art. 83, comma 1; contratti affidati in presenza di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell'Ue in procedimento ai sensi dell'art. 258 del Tfue; mancata risoluzione del contratto nei casi di cui all'art. 108, co. 2 del d.lgs. 50/2016; artificioso frazionamento del contratto quando comporti la disapplicazione o elusione della normativa sui contratti pubblici; applicazione della clausola revisione prezzi e dell'adeguamento dei prezzi in violazione dei limiti di cui alla normativa vigente; ipotesi in cui sia configurato come contratto di partenariato pubblico-privato o di concessione un contratto che non presenti le caratteristiche di trasferimento del rischio operativo sul soggetto privato; ipotesi di ricorso alla disciplina derogatoria prevista per i casi di somma urgenza e di protezione civile in contrasto con le disposizioni del Codice; affidamenti in house in violazione delle previsioni di cui all'art. 5 co. 1 e 192 del Codice; conclusione di accordi tra amministrazioni in mancanza dei presupposti di cui all'art. 5, co. 6 del Codice; nomina dei commissari di gara in violazione degli art. 77 e 78 del Codice; procedure bandite in violazione degli obblighi di centralizzazione degli acquisti, nonché di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza; mancato utilizzo dei prezzi di riferimento pubblicati dall'Autorità. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEE9CqdD/0 2/2
9/1/2018 Legge di Bilancio, 2,1 miliardi per investimenti nel 2018, 8,4 nel triennio 09 Gen 2018 Legge di Bilancio, 2,1 miliardi per investimenti nel 2018, 8,4 nel triennio Alessandro Arona Secondo i calcoli dell'Ufficio studi Ance l'articolato della legge di Bilancio 2018, andata in Gazzetta il 29 dicembre, prevede nuovi finanziamenti statali alle infrastrutture (lavori pubblici in generale) per 1.214 milioni di euro, che salgono a 2,1 miliardi di euro considerando anche gli "spazi finanziari" agli enti locali, e per 6,6 miliardi di euro nel triennio 2018-2020, che salgono a 8,4 miliardi considerando gli spazi finanziari. Questi ultimi sono autorizzazioni di spesa agli enti locali in aggiunta ai "patti nazionali" e non si tratta dunque di nuovi finanziamenti, ma di fatto sbloccano nuovi investimenti nei Comuni che hanno risorse ma anche vincoli di contabilità pubblica che li bloccano. In più c'è anche il nuovo fondo progettazione destinato ai Comuni, che ha 30 milioni di euro all'anno dal 2018 al 2030. Vediamo dunque le principali misuire, con l'aiuto dell'Ufficio studi Ance e della sua tabella. Per l'articolatosi veda la legge di bilancio 2018. FONDO INVESTIMENTI COMMA 140 (comma 1072) La parte del leone è giocata dal Fondo Investimenti di cui al comma 140 della legge di Bilancio 2017, rifinanziato dal comma 1072 per 36,115 miliardi di euro complessivi in 16 anni: 800 milioni per il 2018, 1.615 per il 2019, 2.180 per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, per 2.480 milioni nel 2024 e infine 2.500 mln per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033. Fondi che vanno a sommarsi ai 46 miliardi della legge di Bilancio 2016 assegnati con il Dpcm Gentiloni del 27/7/2017, e fanno dunque salire i finanziamenti a 3.562 milioni nel 2018, 4.775 nel 2019, 5.180 nel 2020. Si veda il servizio per approfondire MANUTENZIONE STRADE PROVINCIALI (comma 1076) Per il finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane è autorizzata la spesa di 120 milioni di euro per il 2018 e di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023. In tutto si tratta di 1.620 milioni di euro in sei anni, da assegnare con decreto del Ministro delle Infrastrutture da emanare entro il 31 gennaio 2018, previa intesa in sede di Conferenza Unificata. Si tratta del primo finanziamento destinato a questo scopo dop molti anni di trascuratezza. FONDO PROGETTAZIONE DEI COMUNI (comma 1079) Nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture è istituito il Fondo per la progettazione degli enti locali, destinato al cofinanziamento della redazione dei progetti di fattibilità tecnica ed economica e dei progetti definitivi degli enti locali per opere destinate alla http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEXb5sdD/0 1/3
9/1/2018 Legge di Bilancio, 2,1 miliardi per investimenti nel 2018, 8,4 nel triennio messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2030 (390 milioni di euro in 13 anni). E' destinato a finanziare soltanto progetti per messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche. Criteri e modalità di assegnazione dei fondi sono stabiliti con decreto del Ministro delle Infrastrutture (non c'è termine) . Questo fondo si aggiunge al Fondo per la progettazione definitiva ed esecutiva di opere pubbliche nelle zone a rischio sismico (istituito dall'art. 41-bis del D.L. 50/2017), su cui interviene l'art. 17- quater del D.L. 148/2017 al fine di rifinanziarlo nonché di ampliarne il campo di applicazione: per l' anno 2018 è dotato di 25 milioni, per il 2019 30 milioni, per i Comuni in zone sismiche 1 e 2, per progettazioni definitive ede esecutive di opere di messa in sicurezza sismica di edifici pubblici e per opere anti-dissesto idrogeologico. . PIANO STRAORDINARIO «INVASI» (comma 523) Per combattere la siccità e potenziare le opere idriche viene istituito il Piano nazionale di interventi nel settore idrico, da emanare con Dpcm (entro giugno 2018) su proposta del Ministro delle Infrastrutture, d'intesa con la Conferenza Unificata, con elenco degli interventi definito dall'Autorità Energia, gas, risorse idriche per la sezione "acquedotti" e dal ministero delle Infrastrutture per la parte "invasi". Il finanziamento del piano avviene con le risorse a legislazione vigente. Nelle more del "piano nazionale" di cui ai commi precedenti, è adottato (senza termine) un "Piano straordinario per la realizzazione degli interventi urgenti riguardanti gli invasi multiobiettivo e il risparmio di acqua negli usi agricoli e civili". Finanziamenti: 250 milioni di euro totali, 50 milioni all'anno dal 2018 al 2022. FONDI AI COMUNI PER MESSA IN SICUREZZA EDIFICI (comma 853) Per favorire gli investimenti, ai Comuni non beneficiari del Piano periferie 2016 (art. 1 comma 974 legge di Bilancio 2016) sono assegnati contributi per 850 milioni di euro complessivi: 150 milioni di euro per l'anno 2018, 300 per il 2019 e 400 milioni per il 2020. Per opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio. Richieste dei Comuni al Ministero dell'Interno entro il 28 febbraio 2018 per quest'anno, poi entro il 20 settembre 2018 per il 2019, e 20 settembre 2019 per il 2020. Massima richiesta per ogni Comune 5,225 milioni. Assegnazione fondi con decreto Ministero dell'Interno entro il 31 marzo per il 2018. SPAZI FINANZIARI AGLI ENTI LOCALI PER SCUOLE E SPORT (comma 874) Al fine di favorire gli investimenti, sono assegnati agli enti locali spazi finanziari ai Comuni per 900 milioni di euro aggiuntivi per ciascuno degli anni 2018 e 2019, 200 milioni in più rispetto ai 700 milioni che già erano nella legge di Bilancio dello scorso anno per il 2018 e 2019. Non si tratta di finanziamenti in più, perché gli enti locali se vogliono fare questi investimenti devo coprire la spesa con avanzi di amministrazione o mutui, ma di fatto è un tappo dei limiti di finanza pubblica che viene allentato, dunque di fatto sono investimenti in più autorizzati. Tali spazi possono essere così destinati: 400 milioni di euro annui per interventi di edilizia scolastica e 100 milioni di euro annui destinati a interventi di impiantistica sportiva. FONDO SPORT E PERIFERIE (comma 362) Il Fondo «Sport e Periferie» di cui all'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185 viene finanziato stabilmente con 10 milioni all'anno a partire dal 2018. Entro giugno 2018 il Dpcm che fissa criteri e modalità per l'erogazione dei finanziamenti (Ufficio Sport di Palazzo Chigi). SALVAGUARDIA LAGUNA VENEZIA (comma 852) http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEXb5sdD/0 2/3
9/1/2018 Legge di Bilancio, 2,1 miliardi per investimenti nel 2018, 8,4 nel triennio Per gli interventi per la salvaguardia della laguna di Venezia di cui all'articolo 6 della legge speciale 798/1984 sono stanziati 105 milioni di euro complessivi: 25 milioni per l'anno 2018 e 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024. ALTRI INTERVENTI Si veda la tabella allegata P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEXb5sdD/0 3/3
9/1/2018 Il mancato ritiro del permesso di costruire non comporta la decadenza del titolo edilizio 09 Gen 2018 Il mancato ritiro del permesso di costruire non comporta la decadenza del titolo edilizio Pietro Verna Il permesso di costruire ha effetto fin dal momento della sua emanazione, indipendentemente dal fatto che sia comunicato all'interessato e che questi lo ritiri. È quanto ha stabilito il TAR Lombardia- Milano (sentenza 14 novembre 2017, n. 2173)accogliendo il ricorso proposto contro l'ordinanza con la quale il Sindaco di Merate (Lecco) aveva ingiunto al proprietario di un edificio di demolirlo per non aver ritirato il permesso di costruire. Circostanza che, ad avviso dell'amministrazione comunale, aveva comportato la decadenza del titolo edilizio ai sensi dell' articolo 15, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 ( Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia- TUE) . La pronuncia del Collegio meneghino La sentenza muove dal tenore letterale dell' articolo 15, comma 2, del TUE ("Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione […] non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita") per rilevare che tale disposizione: a) non contempla la decadenza del titolo edilizio né in caso mancato ritiro, né nell'ipotesi di ritardato/mancato pagamento del contributo di costruzione per la quale l'articolo 42 del TUE prevede l'applicazione di una sanzione pecuniaria rapportata all'entità del contributo non pagato e al ritardo accumulato e, nei casi, di più grave ritardo, la possibilità per l'ente locale di tutelarsi mediante la riscossione coattiva; b) ha il solo scopo di dare certezza al termine di validità del titolo abilitativo ai fini di una puntuale individuazione del termine di inizio dei lavori di costruzione. Motivo per il quale è da escludere che il mancato ritiro del permesso di costruire costituisca causa di decadenza, anche perché – argomenta la sentenza- il Comune di Merate " non contesta […] la violazione dei termini di inizio e fine lavori [e] riconosce che l'intervento sanzionato è conforme, sia per sagoma che volumetria, al permesso di costruire". Panorama giurisprudenziale La decisione del Tar Lombardia si allinea all' indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, fatta salva la potestà dell'amministrazione di annullare il titolo edilizio in autotutela prima di darne comunicazione all'interessato ( Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 30 novembre 2006, n. 25536), il perfezionamento della concessione edilizia o del permesso a costruire si ha quando il Comune, conclusa favorevolmente l'istruttoria, comunica l'esito positivo della domanda; mentre il successivo pagamento degli oneri e il rilascio materiale del permesso a costruire costituiscono momenti di perfezionamento dell'efficacia di un provvedimento già esistente ( ex multis Consiglio di Stato, Sezione IV: sentenza 21 dicembre, n. 5791 e sentenza, 22 agosto 2013, n. 4255). Motivo per il quale il titolo edilizio è ex se valido ed efficace, a prescindere dalla circostanza che l'interessato abbia materialmente provveduto a ritirarlo ( Consiglio di Stato, 22 agosto 2013, n. http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AE72HCeD/0 1/2
9/1/2018 Il mancato ritiro del permesso di costruire non comporta la decadenza del titolo edilizio 4255 ). Il che implica che una volta che il Comune manifesti la volontà di rilasciare il titolo, l'interessato ha diritto "al mero rilascio del documento formale di concessione edilizia" ( Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 30 giugno 2005, n. 3594), fatta salva la possibilità di esercitare tale diritto anche nel caso di una "concessione implicita": ipotesi che si configura quando l'amministrazione, pur non adottando formalmente il provvedimento , "ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione […] a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente" (Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 7 febbraio 2001, n. 813). Mentre un altro filone giurisprudenziale è dell'avviso che il momento di perfezionamento del permesso di costruire si ha con la materiale consegna del titolo edilizio, poiché il termine «rilascio» che si rinviene nel testo dell'articolo 15, comma 2, del D.P.R. 380/2001, ancorché in prima lettura si presti a più di una interpretazione, " è in realtà ricollegabile alla materiale consegna di questo, essendo tale significato preferibile poiché più rispondente al lessico del legislatore, se si considera che, laddove quest'ultimo avesse voluto fare riferimento alla data della «emanazione» dell'atto, avrebbe usato sinonimi dal più corretto significato tecnico, come « data dell'atto » oppure, «data di adozione» o, più semplicemente «adozione»" (TAR Campania- Napoli, sentenza 28 agosto 2017, n.4126). Ciò in ragione della natura di "atto recettizio" del permesso di costruire che si perfeziona con la comunicazione agli interessati ( ex pluris, Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 27 settembre 1996, n 1152). P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AE72HCeD/0 2/2
SOS codice appalti 09/01/2018 Su Il Sole24Ore del 4 gennaio scorso, nell’intervista “Cantone: “Sul codice appalti le correzioni sono in arrivo”” il presidente dell’Anac annuncia: “Sul codice stiamo già correggendo le cose principali che le imprese ci hanno chiesto, come eliminare l'obbligatorietà del sorteggio e della rotazione nelle gare "sotto soglia" e rivedere le cause di esclusione”. Ancora, a quasi due anni di distanza dalla frettolosa approvazione del d.lgs 50/2016, dopo centinaia di correzioni “formali” di pochi mesi dopo ed un primo “correttivo” che ha stravolto metà quasi dell’impianto, in attesa ancora di decine e decine tra linee guida e decreti attuativi, il codice dei contratti si conferma per quello che è: un cantiere di lavoro aperto, gestito in fretta e furia, complicandolo eccessivamente rispetto alle indicazioni delle direttive europee, capace di scontentare le imprese, rendere difficilissima la gestione operativa e, di fatto bloccare gli appalti. Indice molto preciso è una delle questioni maggiormente paradossali: la “rotazione”, ricordata anche dal presidente dell’Anac nell’intervista citata prima. La rotazione non è prevista, come principio, dalle direttive europee. E’ una “creazione” nostrana, che ha causato enorme confusione operativa. Nonostante sia chiarissimo ed
evidente il contrasto tra l’obbligo di rotazione, tendente ad escludere dalla stessa partecipazione alle gare il precedente aggiudicatario, ed il principio di libera concorrenza, sia Anac, sia giurisprudenza si sono cacciate nel vicolo cieco di considerare prevalente la rotazione su tutto. Anche in presenza di decisioni giurisprudenziali del tutto ambigue, che “aprono” alla possibilità di invitare comunque il precedente affidatario, in presenza di elementi astratti, impossibili da motivare in concreto, come la dimostrazione che nel mercato non vi siano sufficienti operatori economici. Si è giunti, perfino, ad un approdo inevitabile: la paradossale sentenza del Tar Toscana, Firenze, sez. I, 2 gennaio 2018 n. 17, secondo la quale nelle procedure negoziate va negata la possibilità di invitare il precedente affidatario, anche se sia stato individuato, a suo tempo, a seguito di procedure aperte o a seguito di adesione a convenzioni con la Consip. Maggiore e paradossale violazione del principio di concorrenza non avrebbe potuto essere enunciato. Eppure, l’irragionevolezza del peso dell’enunciazione di un principio non comunitario, come quello di rotazione, non poteva che condurre a questo controsenso. Ora, il presidente dell’Anac afferma che ritiene opportuno modificare il peso della “rotazione” sotto soglia. Ma non basteranno orientamenti dell’Anac mediante le linee guida. Il problema è nel codice, che enunciando il principio induce la giurisprudenza a darvi peso, perfino con sentenze oggettivamente paradossali come quella del Tar Toscana. Per il codice dei contratti non basta un’ulteriore semplice piccola correzione di qua e di là. E’ una vera e propria emergenza ordinamentale, un’altra delle troppe riforme fatte per essere fatte, senza ponderazione, senza valutazione preventiva degli effetti, con l’incapacità di prendere atto dei vizi in fase di valutazione posteriore. Basti pensare ad un altro impedimento al regolare fluire delle procedure: la possibilità di far partecipare o meno il responsabile unico del procedimento nella commissione di gara, cui si connette la possibilità che a presiedere la commissione sia, come sarebbe naturale che fosse, il dirigente della struttura competente. Anche qui la giurisprudenza si è scatenata tra chi ritiene che Rup e dirigente del servizio non possano mai far parte della commissione e chi, invece, lo ammette e chi, ancora lo ammette a certe condizioni invece di altre. Il Tar Marche, sez. I, 2 gennaio 2018 n. 7, ha ritenuto necessario che l’esclusione del Rup (ma anche del presidente) dalla commissione dovrebbe fondarsi su una concreta dimostrazione dell’effettivo pericolo di condizionamento di questi soggetti nell’esprimere i loro giudizi.
Il legislatore, ormai, si comporta da “capo ufficio”. L’idea che norme che dovrebbero essere generali ed astratte debbano, invece, regolare casi concreti generalizza il sospetto di conflitto di interesse, oppure moduli gestionali che possono andare bene per alcune tipologie di enti, ma malissimo per altri. Le linee guida sul responsabile del procedimento si sono persino spinte ad individuare titolo di studio ed anni di esperienza ai fini dell’assegnazione dell’incarico al Rup, travalicando nelle competenze normative in tema di gestione del personale (interferendo con la contrattazione collettiva) e sottraendo qualsiasi autonomia operativa e gestionale alla dirigenza, che, però, poi viene accusata di “boicottare”. Se non si capisce che l’unica strada per avere un codice funzionante è limitarsi ad adeguare quel poco che è utile e necessario le direttive Ue, rinunciando all’iper regolamentazione ed alle superfetazioni normative, tra linee guida ed autorità varie, l’emergenza-codice resterà sempre viva e le correzioni, come gli esami, non finiranno mai. Tratto da luigioliveri.blogspot.com © Riproduzione riservata Documenti Allegati Sentenza TAR Toscana 2 gennaio 2018, n. 17 Sentenza TAR Marche 2 gennaio 2018, n. 7
Codice dei contratti: Tutti i numeri di un pasticcio 09/01/2018 Il Codice dei contratti di cui al Decreto legislativo18 aprile 2016, n. 50 era costituito da 220 articoli ed entrò immediatamente in vigore il giorno stesso della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Fu, sin da subito, comprensibile come il nuovo codice dei contratti non sarebbe stata la panacea di tutti i mali che affliggevano i lavori pubblici non ultimo la corruzione ma nessuno poteva aspettarsi che a distanza di quasi due anni, pur con leggi di modifica che ne hanno cambiato in gran parte i connotati avremmo avuto un Codice che si dimena tra provvedimenti non approvati, pareri del Consiglio di Stato, della Conferenza unificata e delle competenti Commissioni parlamentari, linee guida ed altri provvedimenti dell’ANAC. Ma, andiamo con ordine. Il testo del decreto legislativo n, 50/2016, probabilmente, fu predisposto velocemente e senza i controlli necessari tanto che nel mese di luglio del 2016 fu pubblicato, sulla Gazzetta ufficiale n. 164 del 15 luglio 2016, un avviso di rettifica di ben 8 pagine in cui erano
inserite circa 170 correzioni (su un testo composto da 220 articoli) che modificano circa 100 articoli pari al 44% dell'articolato (leggi articolo). Successivamente, alcune modifiche furono inserite: • dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232 recante "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019" • dal decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 recante "Proroga e definizione di termini" convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19. Ad un anno esatto dell’entrata in vigore arriva il decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. "decreto correttivo") composto da 131 articoli in cui sono riportate circa 400 modifiche a circa 130 articoli del Codice (leggi articolo). Successivamente, altre modifiche furono inserite: • dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo” convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, • dalla legge 27 dicembre 2017. n. 205 recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020” (c.d. “Legge di bilancio 2018”). Di certo, in fatto di correzioni, questo nuovo Codice batte ogni record con circa 600 correzioni e modifiche sulla maggior parte dei 220 articoli che lo compongono. In aggiunta al testo base c’è, anche da segnalare che, in atto, agli articoli del Codice dobbiamo aggiungere i 114 articoli del Regolamento n. 207/2010 ancora in vigore(vedi parte residuale Regolamento n.207/2010) e precisamente: • gli articoli dal 14 al 43 che saranno abrogati successivamente all’emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti previsto all’articolo 23, comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016 e che definirà i contenuti della progettazione dei tre nuovi livelli progettuali; • gli articoli dal 60 al 96 che saranno abrogati successivamente all’emanazione delle linee guida dell’ANAC previste all’articolo 83, comma 2 del D.Lgs. n. 50/2016 e che disciplineranno il sistema di qualificazione, i casi e le modalità di avvalimento ed altro; • gli articoli dal 178 al 210 che saranno abrogati successivamente all’emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previsto all’articolo 111,
comma 1 del D.Lgs. n. 50/2016 e che definirà le linee guida che individuano le modalità e la tipologia di atti attraverso i quali il direttore dei lavori effettua l’attività di controllo tecnico, contabile ed amministrativo dei lavori • gli articoli dal 215 al 238 che saranno abrogato successivamente all’emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previsto all’articolo 102, comma 8 del D.Lgs. n. 50/2016 e che disciplinerà le modalità tecniche e di svolgimento del collaudo. Agli articoli del Codice dei contratti dobbiamo, anche, aggiungere i residuali 14 articoli (1- 6, 8, 16-19, 27, 35-36) del Capitolato generale d’appalto di cui al Decreto Ministero dei lavori pubblici 19 aprile 2000, n, 145 (vedi parte residuale DM n. 145/2000) parzialmente abrogato dal Regolamento n. 207/2010. Ma vediamo di tirar fuori altri numeri del pasticcio. Dopo 28 pareri del Consiglio di Stato che iniziano con il parere n. 855 dell’1 aprile 2016 e terminano, in atto, con il parere n. 26998 del 22 dicembre 2017 (vedere per credere), 10 provvedimenti a carico dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e 7 provvedimenti dell’ANAC (oltre a 4 provvedimenti non previsti specificatamente nell’articolato) ci ritroviamo, a distanza di quasi due anni dall’entrata in vigore del Codice dei contratti, con 36 provvedimenti ancora da approvare da parte dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con 13 provvedimenti ancora da approvare da parte dell’ANAC (vedi tabella allegata). Restano irrisolti, tra gli altri, e non crediamo possano essere risolti sino all’insediamento del nuovo Parlamento, i problemi relativi: • alla qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza di cui all’articolo 38 del Codice; ci chiediamo che fine ha fatto il DPCM, previsto al comma 2 del citato art. 38 che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del codice (entro il 18 luglio 2016) avrebbe dovuto definire i requisiti tecnico organizzativi per l’iscrizione all’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione. A distanza di oltre un anno tutto tace; • ai nuovi livelli di progettazione di cui all’articolo 23 del Codice; per tali nuovi livelli (progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo) avrebbero dovuto essere definiti i contenuti della progettazione; • alle commissioni giudicatrici di cui all’articolo 77 del Codice con la precisazione che tali commissioni hanno il compito della valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalti o
di concessioni, limitatamente ai casi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; i componenti delle commissioni avrebbero dovuto essere scelti fra gli esperti iscritti all’Albo istituito presso l’ANAC così come previsto all’articolo 78 del Codice; • alle linee guida che individuano le modalità e, se del caso, la tipologia di atti, attraverso i quali il direttore dei lavori o il direttore dell’esecuzione del contratto di servizi o di forniture effettua l’attività di propria competenza, in maniera da garantirne trasparenza, semplificazione, efficientamento informatico, con particolare riferimento alle metodologie e strumentazioni elettroniche anche per i controlli di contabilità; tali linee guida predisposte dall’ANAC e previo parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti e sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici avrebbero dovuto essere adottate entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del codice (entro il 18 luglio 2016) e con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti. L’ANAC ha predisposto le linee guida ma non si hanno notizie né del parere delle Commissioni parlamentari né, ovviamente, del decreto del Ministero; • alla razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (BIM); con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro il 31 luglio 2016 (anche in questo caso il ritardo accumulato è di oltre un anno) avrebbero dovuto essere definiti le modalità e i tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei suddetti metodi presso le stazioni appaltanti, le amministrazioni concedenti e gli operatori economici con la precisazione che l’utilizzo di tali metodologie costituisce parametro di valutazione dei requisiti premianti di cui all’articolo 38 del codice. Ci chiediamo, e vi chiediamo, se questo è il modo di legiferare ed il perché di un simile pasticcio che rende difficile il lavoro delle amministrazioni, dei professionisti e delle imprese e crediamo di non sbagliare se affermiamo che, come per un buon film giallo, il nuovo Codice dei contratti ci riserverà, dopo le elezioni del 4 marzo, nuove sorprese. A cura di Paolo Oreto © Riproduzione riservata Documenti Allegati Tabella provvedimenti attuativi del Codice
Abusi edilizi, la sanabilità dell'opera non esclude la sanzione 09/01/2018 La sanabilità, anche ai fini paesaggistici, di un abuso edilizio in zona vincolata non esclude l’applicabilità della sanzione prevista. Lo ha ricordato l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la Sentenza 3 gennaio 2018, n. 18 nella quale ha trattato il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto contro una determinazione della indennità risarcitoria, di cui all’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004, per opere oggetto di sanatoria edilizia. I fatti Entrando nel dettaglio, il ricorrente aveva presentato, in data 20 settembre 1986, domanda di condono edilizio per l’ampliamento di una costruzione, in area sottoposta a vincolo paesaggistico. Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ha impugnato il provvedimento, in data 28 novembre 2005, con il quale il Comune ha determinato, ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004, in € 25.811,83 la sanzione per il danno ambientale per le opere oggetto della domanda di sanatoria.
Il ricorso Il ricorrente ha sostenuto l’illegittimità della determinazione per diversi motivi, tra i quali (il più interessante) la violazione dell’art. 2, comma 46, della legge n. 662/1996, perché la disposizione che prevede il pagamento di una indennità risarcitoria per la sanatoria delle opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo paesaggistico è applicabile solo per gli abusi paesaggistici successivi al 1996. La tesi dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato I giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che per principio oramai consolidato l’indennità di cui all’art. 167 del d. lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) costituisce una sanzione amministrativa pecuniaria che è dovuta per ogni lesione prodotta ai valori paesaggistici oggetto di tutela ed è dovuta anche per gli abusi anteriori alla legge n. 662/1996. Si è anche chiarito che la circostanza che l’abuso edilizio in zona vincolata sia stato poi ritenuto sanabile, anche ai fini paesaggistici, non esclude l’applicabilità della sanzione medesima. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Sentenza Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 3 gennaio 2018, n. 18
Prestazione energetica in edilizia: scarica il D.L. n. 63/2013 aggiornato alla Legge di Stabilità 2018 09/01/2018 La legge 27 dicembre 2017, n. 205 (c.d. Legge di Stabilità per il 2018), pubblicata sul S.O. n. 62 alla Gazzetta Ufficiale 29/12/2017, n. 302, ha apportato interessanti modifiche al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, che riguardano le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica (art. 14) e la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili (art. 16). In allegato la versione aggiornata alla Legge di Stabilità del D.L. n. 63/2013. Di seguito riportiamo le principali modifiche apportate. Modifiche all'art. 14 del D.L. n. 63/2013 Le detrazioni previste per gli interventi di efficienza energetica sono: • prorogate al 31 dicembre 2018
• ridotte al 50% per le spese, sostenute dall'1 gennaio 2018, relative agli interventi di acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal regolamento delegato (UE) n. 811/2013 della Commissione, del 18 febbraio 2013. Esclusione - Sono esclusi dalla detrazione gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza inferiore alla classe di cui al periodo precedente. Maggiorazione - La detrazione si applica nella misura del 65% per gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione di efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal citato regolamento delegato (UE) n. 811/2013 e contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti, appartenenti alle classi V, VI oppure VIII della comunicazione della Commissione 2014/C 207/02, o con impianti dotati di apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro, o per le spese sostenute all'acquisto e posa in opera di generatori d'aria calda a condensazione. Micro-cogeneratori La legge di Stabilità, in aggiunta alle detrazioni esistenti, prevede la detrazione del 50% fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro, delle spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti, sostenute dall'1 gennaio 2018 al 31 dicembre 2018. Per poter beneficiare della suddetta detrazione gli interventi in oggetto devono condurre a un risparmio di energia primaria (PES), come definito all'allegato III del decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 agosto 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 19 settembre 2011, pari almeno al 20%. Biomasse La detrazione del 50% si applica altresì alle spese sostenute nell'anno 2018 per l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro. Interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali Per le spese relative agli interventi su parti comuni di edifici condominiali ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3 finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla
riqualificazione energetica spetta una detrazione dell'80%, ove gli interventi determinino il passaggio ad una classe di rischio inferiore, o dell'85% ove gli interventi determinino il passaggio a due classi di rischio inferiori. Tale detrazione è ripartita in dieci quote annuali di pari importo e si applica su un ammontare delle spese non superiore a 136.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Modifiche all'art. 16 del D.L. n. 63/2013 Le detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia vengono estese al 31 dicembre 2018 e viene previsto che al fine di effettuare il monitoraggio e la valutazione del risparmio energetico conseguito a seguito della realizzazione degli interventi, in analogia a quanto già previsto in materia di detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, sono trasmesse per via telematica all'ENEA le informazioni sugli interventi effettuati. L'ENEA elabora le informazioni pervenute e trasmette una relazione sui risultati degli interventi al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'economia e delle finanze, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle rispettive competenze territoriali. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati D.L. n. 53/2013 aggiornato Legge di Stabilità 2018
FER non fotovoltaiche, al 30 novembre contatore a 5,122 miliardi di euro 09/01/2018 Il contatore delle fonti rinnovabili non fotovoltaiche ha indicato, lo scorso 30 novembre, un costo indicativo medio di 5,122 miliardi di euro. Tale ammontare va confrontato con il tetto di 5,8 miliardi di euro. Si segnala una diminuzione del contatore (-57 € mln), dovuta principalmente ai segnali di rialzo del prezzo dell’energia, nonché all’aggiornamento della producibilità di alcune classi di impianti e alla scadenza del periodo di incentivazione di impianti con tariffe incentivanti ex-CVe CIP6. Nel contatore rientrano gli oneri d’incentivazione riguardanti gli impianti CIP6 (quota rinnovabile), l’incentivo sostitutivo dei Certificati Verdi e le Tariffe Onnicomprensive (DM 18/12/2008), gli impianti incentivati mediante il Conto Energiaper il solare termodinamico e quelli in esercizio ai sensi del DM 6/7/2012 e del DM 23/6/2016 (FER non fotovoltaiche). Per maggiori informazioni è possibile consultare sul sito del GSE i documenti relativi alle modalità di calcolo e allo Scenario Evolutivo del contatore. © Riproduzione riservata
Risparmio energetico, come cambia l’ecobonus nel 2018 di Alessandra Marra La detrazione per singole unità e condomini varia dal 50% al 85%. Ecco gli interventi agevolabili con la relativa percentuale 09/01/2018 – Sul fronte dell’efficienza energetica il 2018 sarà caratterizzato da una detrazione con aliquote differenziate a seconda dell’intervento; la Legge di Bilancio 2018, infatti, ha ridisegnato gli incentivi sul risparmio energetico con l’obiettivo di agevolare maggiormente i lavori capaci di migliorare la prestazione globale degli edifici. Ecobonus 65% sulla singola unità: quando è previsto Fino al 31 dicembre 2018 sarà possibile usufruire della detrazione del 65% per le spese relative agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici come gli interventi che migliorano di almeno il 20% il fabbisogno annuo di energia primaria rispetto ai requisiti del DM 11 marzo 2008 e gli interventi di coibentazioni di strutture opache verticali e orizzontali che rispettano i requisiti del DM 11 marzo 2008.
Tra gli altri interventi che continuano ad usufruire della detrazione 65% ci sono: - installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda; - sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore; - sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione di efficienza pari alla classe A e contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti; - l'acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti, fino a un valore massimo della detrazione di 100mila euro, a condizione che l’intervento porti a un risparmio di energia primaria pari al 20%; - l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento, acqua calda e climatizzazione. Ecobonus singola unità: quando scende al 50% La detrazione è ridotta al 50% per le spese, sostenute dal 1º gennaio 2018 al 31 dicembre 2018, relative a: - acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi; - acquisto e posa in opera di schermature solari; - sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a biomassa e caldaie a condensazione con efficienza pari alla classe A di prodotto prevista dal Regolamento delegato (VE) N. 811/2013; - acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a un valore massimo della detrazione di 30mila euro. Ricordiamo che a prescindere dalla percentuale detraibile (50% o 65%) l'ecobonus si applica come detrazione dall’Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o dall’Imposta sul reddito delle società (IRES) e deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo, nell’anno in cui è sostenuta la spesa e in quelli successivi. Ecobonus condomini: agevolazione maggiorata fino al 2021 L’Ecobonus sui condomìni resta invariato fino al 2021. I lavori sulle parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità di cui si compone il condominio potranno usufruire di una detrazione del 70% nel caso di operazioni che interessino più del 25% della superficie disperdente dell'edificio e di una detrazione del 75% se si migliora la prestazione energetica invernale ed estiva almeno pari alla qualità media di cui al DM 26 giugno 2015. Avranno un incentivo maggiore gli interventi sulle parti comuni degli edifici condominiali situati nelle zone sismiche 1, 2 e 3, finalizzati non solo alla riduzione del rischio sismico, ma anche alla riqualificazione energetica. A questi lavori sarà riconosciuta una detrazione dell’80% se determinano il passaggio a una classe di rischio inferiore, e dell’85% in caso di passaggio a due classi di rischio inferiori. La detrazione sarà ripartita in dieci quote annuali di pari importo e verrà calcolata su una spesa massima di 136 mila euro moltiplicata per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio. Si tratta della somma del tetto di 96mila
euro per unità immobiliare previsto dal sismabonus “tradizionale” e di quello di 40mila euro per unità immobiliare fissato per l'ecobonus. Un altra novità riguarda gli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp) che da quest'anno possono beneficiare di tutte le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica (e non più solo di quelle sulle parti comuni che danno diritto a detrazioni maggiorate del 70% e del 75%). Ecobonus: cessione estesa alle singole unità La possibilità di cessione del credito corrispondente alla detrazione viene estesa anche alle ipotesi di interventi di riqualificazione energetica effettuati sulle singole unità immobiliari, non essendo più circoscritta a quelli relativi alle parti comuni degli edifici condominiali. I contribuenti incapienti (con meno di 8mila euro di reddito nel 2017) potranno quest’anno cedere il loro credito d’imposta anche a banche e intermediari finanziari per lavori sul singolo appartamento. SCARICA LA GUIDA DI EDILPORTALE ALL’ECOBONUS © Riproduzione riservata
Volumi edificabili, il calcolo si effettua solo sulle aree libere di Paola Mammarella Consiglio di Stato: non vanno computate le aree che, pur non essendo edificate, sono asservite ad altri fabbricati 09/01/2018 – Nel calcolo dei volumi edificabili vanno considerate solo le aree libere. Individuarle con precisione non è sempre facile e il Consiglio di Stato, con la sentenza 5419/2017 ha fornito qualche chiarimento. Volumi edificabili e aree libere Per essere considerata libera, un’area non deve essere edificata. Questa condizione però non basta. È necessario infatti che l’area, anche se fisicamente libera da immobili, non sia stata già sfruttata, perché asservita o annessa ad altri lotti o perché destinata a parcheggi o ad altre finalità collettive.
Per capire quanto e dove è possibile costruire, i giudici hanno spiegato che bisogna considerare due elementi: la densità edilizia territoriale e la densità edilizia fondiaria. La densità edilizia territoriale, riferendosi a ciascuna zona omogenea dello strumento di pianificazione, definisce il complessivo carico di edificazione che può gravare su ciascuna zona. Il relativo indice è rapportato all’intera superficie della zona, compresi gli spazi pubblici, quelli destinati alla viabilità, ecc. La densità edilizia fondiaria, invece, riguarda la singola area e definisce il volume massimo edificabile sulla stessa. Questo implica che il relativo indice è rapportato all’effettiva superficie suscettibile di edificazione. È a quest’ultimo indice, ha sottolineato il CdS, “che occorre fare concreto riferimento ai fini della individuazione della volumetria effettivamente assentibile con il permesso di costruire”. Volumi edificabili, il caso Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, il gestore di un lido balneare aveva realizzato dei fabbricati adibiti a bar e ristorante. Il Comune aveva rilevato la loro illegittimità, ordinandone la demolizione. Il gestore aveva chiesto la sanatoria dei manufatti realizzati, sostenendo che erano stati edificati su aree libere. I giudici hanno invece accertato che le aree, anche se prive di costruzioni, non potevano essere considerate libere e che il gestore avesse sforato gli indici di edificabilità consentiti. Per questo motivo il CdS ha confermato l’ordine di demolizione. © Riproduzione riservata Norme correlate Sentenza 22/11/2017 n.5419 Consiglio di Stato - Indici di fabbricabilità e aree libere
Acquisto prima casa, quando si possono detrarre le spese di intermediazione immobiliare? di Alessandra Marra La Posta dell'Agenzia delle Entrate spiega cosa accade in caso di mancata stipula del contratto definitivo di compravendita 09/01/2018 – E’ possibile beneficiare della detrazione per spese di intermediazione immobiliare in caso di mancata stipula del contratto definitivo di compravendita? La risposta alla domanda di un contribuente arriva dalla Posta di Fisco Oggi, rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate.
Intermediazioni immobiliari: la detrazione Fisco Oggi ha ricordato che dall’Irpef lorda è possibile detrarre il 19% dei compensi comunque denominati, pagati a soggetti di intermediazione immobiliare in dipendenza dell’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, per un importo non superiore a 1.000 euro per ciascuna annualità. Intermediazione immobiliare: detrazione collegata all’acquisto Poiché la legge subordina l’agevolazione alla condizione che l’immobile sia adibito ad abitazione principale, il beneficio viene meno qualora l’acquisto dell’immobile non si concluda a causa della mancata stipula del contratto definitivo di compravendita. © Riproduzione riservata
Cassazione: Sequestro per le scuole a rischio sismico, anche lieve Redazione INGENIO 08/01/2018 I terremoti non sono soggetti a "prevedibilità" L'ha compreso la cassazione, e lo ha affermato, e dunque i sindaci non devono opporsi al sequestro delle scuole che, anche nelle zone a "basso rischio sismico", sono a ipotetico rischio crollo seppure per un "minimo scostamento dai parametri" di edificazione emanati nel 2008. E' quanto contenuto nella sentenza 190/2018 della Sesta Sez. Penale della Corte di Cassazione pubblicata lo scorso 8 gennaio e disponibile in allegato, che ha accolto il ricorso della Procura di Grosseto contro Francesco Limatola, sindaco di Roccastrada, il quale aveva ottenuto la riapertura di una scuola a 'leggero' rischio sismico, pari allo 0,985 su una scala che soddisfa a '1' il parametro di sicurezza statica. Sindaco indagato per omissione di atti di ufficio per non aver chiuso il plesso scolastico della frazione di Ribolla "nonostante dal certificato di idoneità statica dell'immobile, redatto il 28 giugno 2013, ne emergesse la non idoneità sismica". Contro il sequestro della scuola primaria e secondaria, frequentata da quasi trecento bambini, e disposta dalla magistratura grossetana, Limatola aveva fatto ricorso e il tribunale del riesame lo scorso 26 aprile lo aveva accolto togliendo i sigilli. Ad avviso del riesame, era insussistente "un pericolo concreto ed attuale di crollo ragionevolmente derivante dal protratto utilizzo del bene secondo destinazione d'uso, avuto riguardo all'attività scolastica svolta ininterrottamente dalla fine degli anni sessanta". L'ordinanza rilevava inoltre che "in applicazione del cosiddetto indicatore del rischio di collasso previsto dalle 'Norme tecniche per le costruzioni' emanate con decreto il 14 gennaio 2008", dall'accertamento redatto nel certificato di idoneità statica "il rischio sismico era risultato pari a 0,985 registrando in tal modo una inadeguatezza minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici soddisfatti al raggiungimento del valore '1'". Contro il sindaco di Roccastrada, la Procura di Grosseto ha protestato in Cassazione sostenendo che la scuola deve essere chiusa perchè il pericolo per la incolumità pubblica "nella non prevedibilità dei terremoti, doveva intendersi insito nella violazione della normativa di settore, indipendentemente dall'esistenza di un pericolo in concreto". Secondo il pm, "nessun rilievo avrebbe pertanto potuto attribuirsi alla circostanza che l'edificio insistesse su un territorio classificato a bassa sismicità o che l'inadeguatezza dell'immobile rispetto ai parametri costruttivi antisismici fosse minima".
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