Consiglio Nazionale dei Geologi - 9 gennaio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...

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Consiglio Nazionale dei Geologi - 9 gennaio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...
Consiglio Nazionale dei Geologi

           9 gennaio 2018
Consiglio Nazionale dei Geologi - 9 gennaio 2018 - Consiglio Nazionale dei ...
Quotidiano   Data     09-01-2018
                                        Pagina   31
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TERREMOTI
9/1/2018                              Progettazione, 2017 anno da record: in gara servizi per 1,2 miliardi. Boom Anas nell'ultimo bimestre

           09 Gen 2018

           Progettazione, 2017 anno da record: in gara
           servizi per 1,2 miliardi. Boom Anas
           nell'ultimo bimestre
           Alessandro Lerbini

           Un anno record per il settore della progettazione in Italia. Le novità introdotte dal codice appalti
           hanno trovato un terreno fertile nel settore delle gare pubbliche di ingegneria. Secondo
           l'osservatorio Oice/Informatel, il bilancio complessivo del 2017 è decisamente positivo: rispetto
           al 2016 i bandi di sola progettazione sono cresciuti del 26,6% nel numero e del 149,7% in valore.
           Il valore complessivo messo in gara ha superato, per la prima volta da quando è iniziata la
           rilevazione del mercato nel 1996, il miliardo di euro, arrivando quasi a 1,2 miliardi.

           Una spinta notevole l'ha data l'Anas con una raffica di gare immesse nel mercato a fine anno.
           Con la pubblicazione a dicembre di 35 bandi, dal valore totale di 104,7 milioni (più del 71% di
           quanto messo in gara nel mese), l'Anas provoca per il secondo mese consecutivo un boom di
           bandi: per la sola progettazione in totale nel mese sono state bandite 327 gare, per un importo di
           146,1 milioni. Senza le 35 gare dell'Anas il valore messo in gara sarebbe di 41,4 milioni (+18,8% su
           dicembre 2016). Negli ultimi due mesi del 2017 l'Anas ha pubblicato 67 gare con un importo di
           301 milioni che rappresenta l'81,3% dei 370,1 milioni di valore complessivo delle gare pubblicate
           nel bimestre.

           Rispetto a novembre, in cui i bandi Anas erano pari a circa 200 milioni, il valore è in calo del
           34,7%. Il numero complessivo delle gare di sola progettazione è invece in aumento del 13,5% sul
           mese precedente, con una significativa inversione di rotta al calo di novembre. Il confronto con
           dicembre 2016 vede incrementi del 34,6% in numero e del 319% in valore.

           L'impatto dei bandi Anas è stato forte anche sul complesso di tutti i servizi di ingegneria e
           architettura: a dicembre il numero delle gare è stato di 575 con un importo 185,8 milioni: +10,8%
           nel numero e -21,8% per il valore sul precedente mese di novembre, e +6,9% in numero e
           +102,9% in valore su dicembre 2016. Il 2017 si chiude con un +17,1% in numero e un +56,4% in
           valore sul 2016.

           I bandi per appalti integrati rilevati a dicembre sono stati 10, con valore complessivo di 74,4
           milioni. Dei 10 bandi, cinque hanno riguardato i settori speciali, per un importo di 30,8 milioni,
           e cinque i settori ordinari, di cui quattro con valore noto, per un importo di 43,5 milioni.

                                        P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved

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9/1/2018                        Grandi eventi, opere strategiche e gare post-calamità, ecco quando l'Anac può impugnare il bando davanti al Tar

           09 Gen 2018

           Grandi eventi, opere strategiche e gare post-
           calamità, ecco quando l'Anac può impugnare
           il bando davanti al Tar
           Massimo Frontera

           L'Autorità anticorruzione ha chiarito in quali casi potrà esercitare i suoi poteri per impugnare i
           bandi che, a suo giudizio, presentano irregolarità rispetto al codice appalti. Il chiarimento
           riguarda i "nuovi" poteri (previsti dall'articolo 211, comma 1-bis, 1-ter e 1-quater del codice
           appalti) introdotti dalla manovrina (Dl 50/2017) in sostituzione dell'"atto di raccomandazione"
           che il correttivo al codice aveva cancellato pochi giorni prima dal dlgs 50/2016.
           Dallo scorso quattro gennaio l'Authority ha messo in consultazione la bozza di regolamentoche
           perimetra con esattezza i confini del potere di intervento dell'Authority di Raffaele Cantone
           contro le stazioni appaltanti, in due distinti casi. Il documento - va ricordato - è per ora allo
           stadio di proposta offerta in consultazione pubblica con possibilità di inviare "contributi"
           all'Anac entro il 24 gennaio prossimo (attraverso un apposito modulo on line). Il testo definitivo
           del regolamento potrà arrivare solo dopo la conclusione dell'inchiesta pubblica e dopo il parere
           del Consiglio di Stato.

           L'intervento diretto dell'Anac con impugnazione al Tar dell'atto della Pa
           Il primo tipo di azione che il legislatore ha riservato all'Anac è l'impugnazione al Tar dell'atto
           contestato senza previa interlocuzione o comunicazione con la stazione appaltante che l'ha
           emesso (articolo 211, comma 1-bis del codice appalti). Questo intervento, dice il codice, si applica
           a bandi o documenti di gara relativi a «contratti di rilevante impatto», in caso in cui l'Anac
           riscontri violazioni al codice appalti.
           Ebbene, nella proposta di regolamento, l'Anac precisa cosa debba intendersi per «contratti di
           rilevante impatto». Si tratta, come recita l'articolo 3 del testo dell'Anac, di tutti i contratti di
           servizi da 25 milioni di euro in su e di tutti i contratti di lavori da 50 milioni di euro in su.
           Ci sono poi alcuni tipi di appalti che, indipendentemente dall'importo, secondo l'Anac sono da
           considerare di "rilevante impatto". Si tratta «dei contratti che riguardino, anche potenzialmente,
           un ampio numero di operatori, i contratti relativi ad interventi in occasione di grandi eventi di
           carattere sportivo, religioso, culturale o a contenuto economico, ad interventi disposti a seguito
           di calamità naturali, di interventi di realizzazione di grandi infrastrutture strategiche, i contratti
           riconducibili a fattispecie criminose, situazioni anomale o sintomatiche di condotte illecite da
           parte delle stazioni appaltanti, nonché quelli relativi ad opere, servizi o forniture aventi
           particolare impatto sull'ambiente, il paesaggio, i beni culturali, il territorio, la salute, la sicurezza
           pubblica o la difesa nazionale».

           L'intervento dell'Anac con parere motivato alla stazione appaltante
           La seconda modalità di intervento è quella dell'azione verso la stazione appaltante attraverso un
           parere motivato in cui si indicano le «gravi violazioni» al codice e i «vizi di legittimità»

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9/1/2018                        Grandi eventi, opere strategiche e gare post-calamità, ecco quando l'Anac può impugnare il bando davanti al Tar

           riscontrati nell'atto. Anche in questo caso, se la stazione appaltante non ci ripensa l'Anac può
           impugnare l'atto di fornite al Tar.
           Anche in questo caso, l'Anac, ha specificato i casi in cui si può percorre questa seconda strada.
           La lista, indicata all'articolo 6 del testo dell'Anac, compone la seguente ampia casistica:
           affidamento di contratti pubblici senza previa pubblicazione di bando o avviso nella Guue, nella
           Guri, sul profilo di committente della stazione appaltante e sulla piattaforma digitale dei bandi
           di gara presso l'Autorità, laddove tale pubblicazione sia prescritta dal codice; affidamento
           mediante procedura diversa da quella aperta e ristretta fuori dai casi consentiti, e quando questo
           abbia determinato l'omissione di bando o avviso ovvero l'irregolare utilizzo dell'avviso di pre-
           informazione di cui all'articolo 59, comma 5 e all'art. 70 del codice; divieto di rinnovo tacito dei
           contratti pubblici di lavori, servizi, forniture; modifica sostanziale del contratto che avrebbe
           richiesto una nuova procedura di gara; mancata esclusione di un concorrente per il quale ricorra
           uno dei motivi previsti dall'art. 80 del codice ovvero il mancato possesso dei requisiti di cui
           all'art. 83, comma 1; contratti affidati in presenza di una grave violazione degli obblighi
           derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell'Ue in procedimento ai sensi
           dell'art. 258 del Tfue; mancata risoluzione del contratto nei casi di cui all'art. 108, co. 2 del d.lgs.
           50/2016; artificioso frazionamento del contratto quando comporti la disapplicazione o elusione
           della normativa sui contratti pubblici; applicazione della clausola revisione prezzi e
           dell'adeguamento dei prezzi in violazione dei limiti di cui alla normativa vigente; ipotesi in cui
           sia configurato come contratto di partenariato pubblico-privato o di concessione un contratto
           che non presenti le caratteristiche di trasferimento del rischio operativo sul soggetto privato;
           ipotesi di ricorso alla disciplina derogatoria prevista per i casi di somma urgenza e di protezione
           civile in contrasto con le disposizioni del Codice; affidamenti in house in violazione delle
           previsioni di cui all'art. 5 co. 1 e 192 del Codice; conclusione di accordi tra amministrazioni in
           mancanza dei presupposti di cui all'art. 5, co. 6 del Codice; nomina dei commissari di gara in
           violazione degli art. 77 e 78 del Codice; procedure bandite in violazione degli obblighi di
           centralizzazione degli acquisti, nonché di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali
           di committenza; mancato utilizzo dei prezzi di riferimento pubblicati dall'Autorità.

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9/1/2018                                           Legge di Bilancio, 2,1 miliardi per investimenti nel 2018, 8,4 nel triennio

           09 Gen 2018

           Legge di Bilancio, 2,1 miliardi per
           investimenti nel 2018, 8,4 nel triennio
           Alessandro Arona

           Secondo i calcoli dell'Ufficio studi Ance l'articolato della legge di Bilancio 2018, andata in
           Gazzetta il 29 dicembre, prevede nuovi finanziamenti statali alle infrastrutture (lavori pubblici
           in generale) per 1.214 milioni di euro, che salgono a 2,1 miliardi di euro considerando anche gli
           "spazi finanziari" agli enti locali, e per 6,6 miliardi di euro nel triennio 2018-2020, che salgono a
           8,4 miliardi considerando gli spazi finanziari.
           Questi ultimi sono autorizzazioni di spesa agli enti locali in aggiunta ai "patti nazionali" e non si
           tratta dunque di nuovi finanziamenti, ma di fatto sbloccano nuovi investimenti nei Comuni che
           hanno risorse ma anche vincoli di contabilità pubblica che li bloccano.
           In più c'è anche il nuovo fondo progettazione destinato ai Comuni, che ha 30 milioni di euro
           all'anno dal 2018 al 2030.
           Vediamo dunque le principali misuire, con l'aiuto dell'Ufficio studi Ance e della sua tabella.

           Per l'articolatosi veda la legge di bilancio 2018.

           FONDO INVESTIMENTI COMMA 140 (comma 1072)
           La parte del leone è giocata dal Fondo Investimenti di cui al comma 140 della legge di Bilancio
           2017, rifinanziato dal comma 1072 per 36,115 miliardi di euro complessivi in 16 anni: 800
           milioni per il 2018, 1.615 per il 2019, 2.180 per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, per 2.480
           milioni nel 2024 e infine 2.500 mln per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033. Fondi che vanno a
           sommarsi ai 46 miliardi della legge di Bilancio 2016 assegnati con il Dpcm Gentiloni del
           27/7/2017, e fanno dunque salire i finanziamenti a 3.562 milioni nel 2018, 4.775 nel 2019, 5.180
           nel 2020.

           Si veda il servizio per approfondire

           MANUTENZIONE STRADE PROVINCIALI (comma 1076)
           Per il finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della
           rete viaria di province e città metropolitane è autorizzata la spesa di 120 milioni di euro per il
           2018 e di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023. In tutto si tratta di 1.620
           milioni di euro in sei anni, da assegnare con decreto del Ministro delle Infrastrutture da
           emanare entro il 31 gennaio 2018, previa intesa in sede di Conferenza Unificata.
           Si tratta del primo finanziamento destinato a questo scopo dop molti anni di trascuratezza.

           FONDO PROGETTAZIONE DEI COMUNI (comma 1079)
           Nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture è istituito il Fondo per la
           progettazione degli enti locali, destinato al cofinanziamento della redazione dei progetti di
           fattibilità tecnica ed economica e dei progetti definitivi degli enti locali per opere destinate alla
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9/1/2018                                           Legge di Bilancio, 2,1 miliardi per investimenti nel 2018, 8,4 nel triennio

           messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche, con una dotazione di 30 milioni di euro per
           ciascuno degli anni dal 2018 al 2030 (390 milioni di euro in 13 anni). E' destinato a finanziare
           soltanto progetti per messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche. Criteri e modalità di
           assegnazione dei fondi sono stabiliti con decreto del Ministro delle Infrastrutture (non c'è
           termine) .

           Questo fondo si aggiunge al Fondo per la progettazione definitiva ed esecutiva di opere pubbliche
           nelle zone a rischio sismico (istituito dall'art. 41-bis del D.L. 50/2017), su cui interviene l'art. 17-
           quater del D.L. 148/2017 al fine di rifinanziarlo nonché di ampliarne il campo di applicazione: per l'
           anno 2018 è dotato di 25 milioni, per il 2019 30 milioni, per i Comuni in zone sismiche 1 e 2, per
           progettazioni definitive ede esecutive di opere di messa in sicurezza sismica di edifici pubblici e per
           opere anti-dissesto idrogeologico.
           .
           PIANO STRAORDINARIO «INVASI» (comma 523)
           Per combattere la siccità e potenziare le opere idriche viene istituito il Piano nazionale di
           interventi nel settore idrico, da emanare con Dpcm (entro giugno 2018) su proposta del Ministro
           delle Infrastrutture, d'intesa con la Conferenza Unificata, con elenco degli interventi definito
           dall'Autorità Energia, gas, risorse idriche per la sezione "acquedotti" e dal ministero delle
           Infrastrutture per la parte "invasi". Il finanziamento del piano avviene con le risorse a
           legislazione vigente. Nelle more del "piano nazionale" di cui ai commi precedenti, è adottato
           (senza termine) un "Piano straordinario per la realizzazione degli interventi urgenti riguardanti
           gli invasi multiobiettivo e il risparmio di acqua negli usi agricoli e civili". Finanziamenti: 250
           milioni di euro totali, 50 milioni all'anno dal 2018 al 2022.

           FONDI AI COMUNI PER MESSA IN SICUREZZA EDIFICI (comma 853)
           Per favorire gli investimenti, ai Comuni non beneficiari del Piano periferie 2016 (art. 1 comma
           974 legge di Bilancio 2016) sono assegnati contributi per 850 milioni di euro complessivi: 150
           milioni di euro per l'anno 2018, 300 per il 2019 e 400 milioni per il 2020. Per opere pubbliche di
           messa in sicurezza degli edifici e del territorio. Richieste dei Comuni al Ministero dell'Interno
           entro il 28 febbraio 2018 per quest'anno, poi entro il 20 settembre 2018 per il 2019, e 20
           settembre 2019 per il 2020. Massima richiesta per ogni Comune 5,225 milioni. Assegnazione
           fondi con decreto Ministero dell'Interno entro il 31 marzo per il 2018.

           SPAZI FINANZIARI AGLI ENTI LOCALI PER SCUOLE E SPORT (comma 874)
           Al fine di favorire gli investimenti, sono assegnati agli enti locali spazi finanziari ai Comuni per
           900 milioni di euro aggiuntivi per ciascuno degli anni 2018 e 2019, 200 milioni in più rispetto
           ai 700 milioni che già erano nella legge di Bilancio dello scorso anno per il 2018 e 2019. Non si
           tratta di finanziamenti in più, perché gli enti locali se vogliono fare questi investimenti devo
           coprire la spesa con avanzi di amministrazione o mutui, ma di fatto è un tappo dei limiti di
           finanza pubblica che viene allentato, dunque di fatto sono investimenti in più autorizzati. Tali
           spazi possono essere così destinati: 400 milioni di euro annui per interventi di edilizia scolastica
           e 100 milioni di euro annui destinati a interventi di impiantistica sportiva.

           FONDO SPORT E PERIFERIE (comma 362)
           Il Fondo «Sport e Periferie» di cui all'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 25 novembre 2015,
           n. 185 viene finanziato stabilmente con 10 milioni all'anno a partire dal 2018. Entro giugno
           2018 il Dpcm che fissa criteri e modalità per l'erogazione dei finanziamenti (Ufficio Sport di
           Palazzo Chigi).

           SALVAGUARDIA LAGUNA VENEZIA (comma 852)

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9/1/2018                                           Legge di Bilancio, 2,1 miliardi per investimenti nel 2018, 8,4 nel triennio

           Per gli interventi per la salvaguardia della laguna di Venezia di cui all'articolo 6 della legge
           speciale 798/1984 sono stanziati 105 milioni di euro complessivi: 25 milioni per l'anno 2018 e 40
           milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024.

           ALTRI INTERVENTI
           Si veda la tabella allegata

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9/1/2018                                    Il mancato ritiro del permesso di costruire non comporta la decadenza del titolo edilizio

           09 Gen 2018

           Il mancato ritiro del permesso di costruire
           non comporta la decadenza del titolo edilizio
           Pietro Verna

           Il permesso di costruire ha effetto fin dal momento della sua emanazione, indipendentemente
           dal fatto che sia comunicato all'interessato e che questi lo ritiri.
           È quanto ha stabilito il TAR Lombardia- Milano (sentenza 14 novembre 2017, n.
           2173)accogliendo il ricorso proposto contro l'ordinanza con la quale il Sindaco di Merate (Lecco)
           aveva ingiunto al proprietario di un edificio di demolirlo per non aver ritirato il permesso di
           costruire. Circostanza che, ad avviso dell'amministrazione comunale, aveva comportato la
           decadenza del titolo edilizio ai sensi dell' articolo 15, comma 2, del decreto del Presidente della
           Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 ( Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
           materia edilizia- TUE) .

           La pronuncia del Collegio meneghino
           La sentenza muove dal tenore letterale dell' articolo 15, comma 2, del TUE ("Il termine per
           l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di
           ultimazione […] non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso
           decade di diritto per la parte non eseguita") per rilevare che tale disposizione: a) non contempla
           la decadenza del titolo edilizio né in caso mancato ritiro, né nell'ipotesi di ritardato/mancato
           pagamento del contributo di costruzione per la quale l'articolo 42 del TUE prevede l'applicazione
           di una sanzione pecuniaria rapportata all'entità del contributo non pagato e al ritardo
           accumulato e, nei casi, di più grave ritardo, la possibilità per l'ente locale di tutelarsi mediante la
           riscossione coattiva; b) ha il solo scopo di dare certezza al termine di validità del titolo abilitativo
           ai fini di una puntuale individuazione del termine di inizio dei lavori di costruzione. Motivo per
           il quale è da escludere che il mancato ritiro del permesso di costruire costituisca causa di
           decadenza, anche perché – argomenta la sentenza- il Comune di Merate " non contesta […] la
           violazione dei termini di inizio e fine lavori [e] riconosce che l'intervento sanzionato è conforme,
           sia per sagoma che volumetria, al permesso di costruire".

           Panorama giurisprudenziale
           La decisione del Tar Lombardia si allinea all' indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, fatta
           salva la potestà dell'amministrazione di annullare il titolo edilizio in autotutela prima di darne
           comunicazione all'interessato ( Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 30 novembre 2006, n.
           25536), il perfezionamento della concessione edilizia o del permesso a costruire si ha quando il
           Comune, conclusa favorevolmente l'istruttoria, comunica l'esito positivo della domanda; mentre
           il successivo pagamento degli oneri e il rilascio materiale del permesso a costruire costituiscono
           momenti di perfezionamento dell'efficacia di un provvedimento già esistente ( ex multis
           Consiglio di Stato, Sezione IV: sentenza 21 dicembre, n. 5791 e sentenza, 22 agosto 2013, n. 4255).
           Motivo per il quale il titolo edilizio è ex se valido ed efficace, a prescindere dalla circostanza che
           l'interessato abbia materialmente provveduto a ritirarlo ( Consiglio di Stato, 22 agosto 2013, n.
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9/1/2018                                    Il mancato ritiro del permesso di costruire non comporta la decadenza del titolo edilizio

           4255 ).
           Il che implica che una volta che il Comune manifesti la volontà di rilasciare il titolo, l'interessato
           ha diritto "al mero rilascio del documento formale di concessione edilizia" ( Consiglio di Stato,
           Sezione IV, sentenza 30 giugno 2005, n. 3594), fatta salva la possibilità di esercitare tale diritto
           anche nel caso di una "concessione implicita": ipotesi che si configura quando
           l'amministrazione, pur non adottando formalmente il provvedimento , "ne determina
           univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero
           determinandosi in una direzione […] a cui non può essere ricondotto altro volere che quello
           equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente" (Consiglio di Stato,
           Sezione IV, sentenza 7 febbraio 2001, n. 813).

           Mentre un altro filone giurisprudenziale è dell'avviso che il momento di perfezionamento del
           permesso di costruire si ha con la materiale consegna del titolo edilizio, poiché il termine
           «rilascio» che si rinviene nel testo dell'articolo 15, comma 2, del D.P.R. 380/2001, ancorché in
           prima lettura si presti a più di una interpretazione, " è in realtà ricollegabile alla materiale
           consegna di questo, essendo tale significato preferibile poiché più rispondente al lessico del
           legislatore, se si considera che, laddove quest'ultimo avesse voluto fare riferimento alla data
           della «emanazione» dell'atto, avrebbe usato sinonimi dal più corretto significato tecnico, come «
           data dell'atto » oppure, «data di adozione» o, più semplicemente «adozione»" (TAR Campania-
           Napoli, sentenza 28 agosto 2017, n.4126). Ciò in ragione della natura di "atto recettizio" del
           permesso di costruire che si perfeziona con la comunicazione agli interessati ( ex pluris,
           Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 27 settembre 1996, n 1152).

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SOS codice appalti
09/01/2018

Su Il Sole24Ore del 4 gennaio scorso, nell’intervista “Cantone: “Sul codice appalti le
correzioni sono in arrivo”” il presidente dell’Anac annuncia: “Sul codice stiamo già
correggendo le cose principali che le imprese ci hanno chiesto, come eliminare
l'obbligatorietà del sorteggio e della rotazione nelle gare "sotto soglia" e rivedere le cause
di esclusione”.

Ancora, a quasi due anni di distanza dalla frettolosa approvazione del d.lgs 50/2016, dopo
centinaia di correzioni “formali” di pochi mesi dopo ed un primo “correttivo” che ha
stravolto metà quasi dell’impianto, in attesa ancora di decine e decine tra linee guida e
decreti attuativi, il codice dei contratti si conferma per quello che è: un cantiere di lavoro
aperto, gestito in fretta e furia, complicandolo eccessivamente rispetto alle indicazioni delle
direttive europee, capace di scontentare le imprese, rendere difficilissima la gestione
operativa e, di fatto bloccare gli appalti.

Indice molto preciso è una delle questioni maggiormente paradossali: la “rotazione”,
ricordata anche dal presidente dell’Anac nell’intervista citata prima.

La rotazione non è prevista, come principio, dalle direttive europee. E’ una “creazione”
nostrana, che ha causato enorme confusione operativa. Nonostante sia chiarissimo ed
evidente il contrasto tra l’obbligo di rotazione, tendente ad escludere dalla stessa
partecipazione alle gare il precedente aggiudicatario, ed il principio di libera concorrenza,
sia Anac, sia giurisprudenza si sono cacciate nel vicolo cieco di considerare prevalente la
rotazione su tutto. Anche in presenza di decisioni giurisprudenziali del tutto ambigue, che
“aprono” alla possibilità di invitare comunque il precedente affidatario, in presenza di
elementi astratti, impossibili da motivare in concreto, come la dimostrazione che nel
mercato non vi siano sufficienti operatori economici.

Si è giunti, perfino, ad un approdo inevitabile: la paradossale sentenza del Tar Toscana,
Firenze, sez. I, 2 gennaio 2018 n. 17, secondo la quale nelle procedure negoziate va negata
la possibilità di invitare il precedente affidatario, anche se sia stato individuato, a suo tempo,
a seguito di procedure aperte o a seguito di adesione a convenzioni con la Consip.

Maggiore e paradossale violazione del principio di concorrenza non avrebbe potuto essere
enunciato. Eppure, l’irragionevolezza del peso dell’enunciazione di un principio non
comunitario, come quello di rotazione, non poteva che condurre a questo controsenso.

Ora, il presidente dell’Anac afferma che ritiene opportuno modificare il peso della
“rotazione” sotto soglia. Ma non basteranno orientamenti dell’Anac mediante le linee guida.
Il problema è nel codice, che enunciando il principio induce la giurisprudenza a darvi peso,
perfino con sentenze oggettivamente paradossali come quella del Tar Toscana.

Per il codice dei contratti non basta un’ulteriore semplice piccola correzione di qua e di là.
E’ una vera e propria emergenza ordinamentale, un’altra delle troppe riforme fatte per
essere fatte, senza ponderazione, senza valutazione preventiva degli effetti, con l’incapacità
di prendere atto dei vizi in fase di valutazione posteriore.

Basti pensare ad un altro impedimento al regolare fluire delle procedure: la possibilità di far
partecipare o meno il responsabile unico del procedimento nella commissione di gara, cui si
connette la possibilità che a presiedere la commissione sia, come sarebbe naturale che fosse,
il dirigente della struttura competente.

Anche qui la giurisprudenza si è scatenata tra chi ritiene che Rup e dirigente del servizio
non possano mai far parte della commissione e chi, invece, lo ammette e chi, ancora lo
ammette a certe condizioni invece di altre.

Il Tar Marche, sez. I, 2 gennaio 2018 n. 7, ha ritenuto necessario che l’esclusione del Rup
(ma anche del presidente) dalla commissione dovrebbe fondarsi su una concreta
dimostrazione dell’effettivo pericolo di condizionamento di questi soggetti nell’esprimere i
loro giudizi.
Il legislatore, ormai, si comporta da “capo ufficio”. L’idea che norme che dovrebbero essere
generali ed astratte debbano, invece, regolare casi concreti generalizza il sospetto di
conflitto di interesse, oppure moduli gestionali che possono andare bene per alcune
tipologie di enti, ma malissimo per altri. Le linee guida sul responsabile del procedimento si
sono persino spinte ad individuare titolo di studio ed anni di esperienza ai fini
dell’assegnazione dell’incarico al Rup, travalicando nelle competenze normative in tema di
gestione del personale (interferendo con la contrattazione collettiva) e sottraendo qualsiasi
autonomia operativa e gestionale alla dirigenza, che, però, poi viene accusata di
“boicottare”.

Se non si capisce che l’unica strada per avere un codice funzionante è limitarsi ad adeguare
quel poco che è utile e necessario le direttive Ue, rinunciando all’iper regolamentazione
ed alle superfetazioni normative, tra linee guida ed autorità varie, l’emergenza-codice
resterà sempre viva e le correzioni, come gli esami, non finiranno mai.

                                                         Tratto da luigioliveri.blogspot.com

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Documenti Allegati
Sentenza TAR Toscana 2 gennaio 2018, n. 17
Sentenza TAR Marche 2 gennaio 2018, n. 7
Codice dei contratti: Tutti i numeri di un
pasticcio
09/01/2018

Il Codice dei contratti di cui al Decreto legislativo18 aprile 2016, n. 50 era costituito
da 220 articoli ed entrò immediatamente in vigore il giorno stesso della pubblicazione sulla
Gazzetta ufficiale.

Fu, sin da subito, comprensibile come il nuovo codice dei contratti non sarebbe stata la
panacea di tutti i mali che affliggevano i lavori pubblici non ultimo la corruzione ma
nessuno poteva aspettarsi che a distanza di quasi due anni, pur con leggi di modifica che
ne hanno cambiato in gran parte i connotati avremmo avuto un Codice che si dimena tra
provvedimenti non approvati, pareri del Consiglio di Stato, della Conferenza unificata e
delle competenti Commissioni parlamentari, linee guida ed altri provvedimenti dell’ANAC.

Ma, andiamo con ordine.

Il testo del decreto legislativo n, 50/2016, probabilmente, fu predisposto velocemente e
senza i controlli necessari tanto che nel mese di luglio del 2016 fu pubblicato, sulla Gazzetta
ufficiale n. 164 del 15 luglio 2016, un avviso di rettifica di ben 8 pagine in cui erano
inserite circa 170 correzioni (su un testo composto da 220 articoli) che modificano
circa 100 articoli pari al 44% dell'articolato (leggi articolo).

Successivamente, alcune modifiche furono inserite:

   •   dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232 recante "Bilancio di previsione dello Stato per
       l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019"
   •   dal decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 recante "Proroga e definizione di
       termini" convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19.

Ad un anno esatto dell’entrata in vigore arriva il decreto legislativo 19 aprile 2017, n.
56 (c.d. "decreto correttivo") composto da 131 articoli in cui sono riportate circa 400
modifiche a circa 130 articoli del Codice (leggi articolo).

Successivamente, altre modifiche furono inserite:

   •   dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 recante “Disposizioni urgenti in materia
       finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone
       colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo” convertito dalla legge 21 giugno
       2017, n. 96,
   •   dalla legge 27 dicembre 2017. n. 205 recante “Bilancio di previsione dello Stato per
       l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020” (c.d. “Legge
       di bilancio 2018”).

Di certo, in fatto di correzioni, questo nuovo Codice batte ogni record con circa 600
correzioni e modifiche sulla maggior parte dei 220 articoli che lo compongono.

In aggiunta al testo base c’è, anche da segnalare che, in atto, agli articoli del Codice
dobbiamo aggiungere i 114 articoli del Regolamento n. 207/2010 ancora in vigore(vedi
parte residuale Regolamento n.207/2010) e precisamente:

   •   gli articoli dal 14 al 43 che saranno abrogati successivamente all’emanazione del
       decreto del Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti previsto all’articolo 23,
       comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016 e che definirà i contenuti della progettazione dei tre
       nuovi livelli progettuali;
   •   gli articoli dal 60 al 96 che saranno abrogati successivamente all’emanazione delle
       linee guida dell’ANAC previste all’articolo 83, comma 2 del D.Lgs. n. 50/2016 e che
       disciplineranno il sistema di qualificazione, i casi e le modalità di avvalimento ed
       altro;
   •   gli articoli dal 178 al 210 che saranno abrogati successivamente all’emanazione del
       decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previsto all’articolo 111,
comma 1 del D.Lgs. n. 50/2016 e che definirà le linee guida che individuano le
       modalità e la tipologia di atti attraverso i quali il direttore dei lavori effettua l’attività
       di controllo tecnico, contabile ed amministrativo dei lavori
   •   gli articoli dal 215 al 238 che saranno abrogato successivamente all’emanazione del
       decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previsto all’articolo 102,
       comma 8 del D.Lgs. n. 50/2016 e che disciplinerà le modalità tecniche e di
       svolgimento del collaudo.

Agli articoli del Codice dei contratti dobbiamo, anche, aggiungere i residuali 14 articoli (1-
6, 8, 16-19, 27, 35-36) del Capitolato generale d’appalto di cui al Decreto Ministero dei
lavori pubblici 19 aprile 2000, n, 145 (vedi parte residuale DM n. 145/2000)
parzialmente abrogato dal Regolamento n. 207/2010.

Ma vediamo di tirar fuori altri numeri del pasticcio.

Dopo 28 pareri del Consiglio di Stato che iniziano con il parere n. 855 dell’1 aprile 2016 e
terminano, in atto, con il parere n. 26998 del 22 dicembre 2017 (vedere per credere), 10
provvedimenti a carico dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e 7
provvedimenti dell’ANAC (oltre a 4 provvedimenti non previsti specificatamente
nell’articolato) ci ritroviamo, a distanza di quasi due anni dall’entrata in vigore del Codice
dei contratti, con 36 provvedimenti ancora da approvare da parte dei Ministeri e della
Presidenza del Consiglio dei Ministri e con 13 provvedimenti ancora da approvare da
parte dell’ANAC (vedi tabella allegata).

Restano irrisolti, tra gli altri, e non crediamo possano essere risolti sino all’insediamento del
nuovo Parlamento, i problemi relativi:

   •   alla qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza di cui
       all’articolo 38 del Codice; ci chiediamo che fine ha fatto il DPCM, previsto al
       comma 2 del citato art. 38 che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del
       codice (entro il 18 luglio 2016) avrebbe dovuto definire i requisiti tecnico
       organizzativi per l’iscrizione all’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, in
       applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione. A distanza di
       oltre un anno tutto tace;
   •   ai nuovi livelli di progettazione di cui all’articolo 23 del Codice; per tali nuovi
       livelli (progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto
       esecutivo) avrebbero dovuto essere definiti i contenuti della progettazione;
   •   alle commissioni giudicatrici di cui all’articolo 77 del Codice con la precisazione
       che tali commissioni hanno il compito della valutazione delle offerte dal punto di
       vista tecnico ed economico nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalti o
di concessioni, limitatamente ai casi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta
       economicamente più vantaggiosa; i componenti delle commissioni avrebbero dovuto
       essere scelti fra gli esperti iscritti all’Albo istituito presso l’ANAC così come
       previsto all’articolo 78 del Codice;
   •   alle linee guida che individuano le modalità e, se del caso, la tipologia di atti,
       attraverso i quali il direttore dei lavori o il direttore dell’esecuzione del
       contratto di servizi o di forniture effettua l’attività di propria competenza, in
       maniera da garantirne trasparenza, semplificazione, efficientamento informatico, con
       particolare riferimento alle metodologie e strumentazioni elettroniche anche per i
       controlli di contabilità; tali linee guida predisposte dall’ANAC e previo parere
       favorevole delle commissioni parlamentari competenti e sentito il Consiglio
       superiore dei lavori pubblici avrebbero dovuto essere adottate entro 90 giorni dalla
       data di entrata in vigore del codice (entro il 18 luglio 2016) e con decreto del
       Ministro delle infrastrutture e trasporti. L’ANAC ha predisposto le linee guida ma
       non si hanno notizie né del parere delle Commissioni parlamentari né, ovviamente,
       del decreto del Ministero;
   •   alla razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche
       attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali
       quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (BIM); con decreto del
       Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro il 31 luglio 2016
       (anche in questo caso il ritardo accumulato è di oltre un anno) avrebbero dovuto
       essere definiti le modalità e i tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà
       dei suddetti metodi presso le stazioni appaltanti, le amministrazioni concedenti e gli
       operatori economici con la precisazione che l’utilizzo di tali metodologie costituisce
       parametro di valutazione dei requisiti premianti di cui all’articolo 38 del codice.

Ci chiediamo, e vi chiediamo, se questo è il modo di legiferare ed il perché di un simile
pasticcio che rende difficile il lavoro delle amministrazioni, dei professionisti e delle
imprese e crediamo di non sbagliare se affermiamo che, come per un buon film giallo, il
nuovo Codice dei contratti ci riserverà, dopo le elezioni del 4 marzo, nuove sorprese.

                                                                      A cura di Paolo Oreto

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Tabella provvedimenti attuativi del Codice
Abusi edilizi, la sanabilità dell'opera non esclude
la sanzione
09/01/2018

La sanabilità, anche ai fini paesaggistici, di un abuso edilizio in zona vincolata non esclude
l’applicabilità della sanzione prevista.

Lo ha ricordato l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la Sentenza 3 gennaio 2018,
n. 18 nella quale ha trattato il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto
contro una determinazione della indennità risarcitoria, di cui all’art. 167 del d.lgs. n.
42/2004, per opere oggetto di sanatoria edilizia.

I fatti
Entrando nel dettaglio, il ricorrente aveva presentato, in data 20 settembre 1986, domanda di
condono edilizio per l’ampliamento di una costruzione, in area sottoposta a vincolo
paesaggistico. Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ha impugnato il
provvedimento, in data 28 novembre 2005, con il quale il Comune ha determinato, ai sensi
dell’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004, in € 25.811,83 la sanzione per il danno ambientale per le
opere oggetto della domanda di sanatoria.
Il ricorso
Il ricorrente ha sostenuto l’illegittimità della determinazione per diversi motivi, tra i quali (il
più interessante) la violazione dell’art. 2, comma 46, della legge n. 662/1996, perché la
disposizione che prevede il pagamento di una indennità risarcitoria per la sanatoria delle
opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo paesaggistico è applicabile solo per gli
abusi paesaggistici successivi al 1996.

La tesi dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

I giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che per principio oramai consolidato l’indennità
di cui all’art. 167 del d. lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio)
costituisce una sanzione amministrativa pecuniaria che è dovuta per ogni lesione prodotta ai
valori paesaggistici oggetto di tutela ed è dovuta anche per gli abusi anteriori alla legge n.
662/1996. Si è anche chiarito che la circostanza che l’abuso edilizio in zona vincolata sia
stato poi ritenuto sanabile, anche ai fini paesaggistici, non esclude l’applicabilità della
sanzione medesima.

                                                           A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Sentenza Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 3 gennaio 2018, n. 18
Prestazione energetica in edilizia: scarica il D.L.
n. 63/2013 aggiornato alla Legge di Stabilità 2018
09/01/2018

La legge 27 dicembre 2017, n. 205 (c.d. Legge di Stabilità per il 2018), pubblicata sul S.O.
n. 62 alla Gazzetta Ufficiale 29/12/2017, n. 302, ha apportato interessanti modifiche
al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto
2013, n. 90, che riguardano le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica (art.
14) e la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per
l'acquisto di mobili (art. 16).

In allegato la versione aggiornata alla Legge di Stabilità del D.L. n. 63/2013. Di seguito
riportiamo le principali modifiche apportate.

Modifiche all'art. 14 del D.L. n. 63/2013
Le detrazioni previste per gli interventi di efficienza energetica sono:

   •   prorogate al 31 dicembre 2018
•   ridotte al 50% per le spese, sostenute dall'1 gennaio 2018, relative agli interventi di
       acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di
       sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a
       condensazione con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal
       regolamento delegato (UE) n. 811/2013 della Commissione, del 18 febbraio 2013.
       Esclusione - Sono esclusi dalla detrazione gli interventi di sostituzione di impianti di
       climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con
       efficienza inferiore alla classe di cui al periodo precedente.
       Maggiorazione - La detrazione si applica nella misura del 65% per gli interventi di
       sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a
       condensazione di efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal citato
       regolamento delegato (UE) n. 811/2013 e contestuale installazione di sistemi di
       termoregolazione evoluti, appartenenti alle classi V, VI oppure VIII della
       comunicazione della Commissione 2014/C 207/02, o con impianti dotati di
       apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione,
       assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in
       abbinamento tra loro, o per le spese sostenute all'acquisto e posa in opera di
       generatori d'aria calda a condensazione.

Micro-cogeneratori

La legge di Stabilità, in aggiunta alle detrazioni esistenti, prevede la detrazione del 50% fino
a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro, delle spese sostenute per l'acquisto e
la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti, sostenute dall'1
gennaio 2018 al 31 dicembre 2018.
Per poter beneficiare della suddetta detrazione gli interventi in oggetto devono condurre a
un risparmio di energia primaria (PES), come definito all'allegato III del decreto del
Ministro dello sviluppo economico 4 agosto 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
218 del 19 settembre 2011, pari almeno al 20%.

Biomasse

La detrazione del 50% si applica altresì alle spese sostenute nell'anno 2018 per l'acquisto e
la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di
calore alimentati da biomasse combustibili, fino a un valore massimo della detrazione di
30.000 euro.

Interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali

Per le spese relative agli interventi su parti comuni di edifici condominiali ricadenti nelle
zone sismiche 1, 2 e 3 finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla
riqualificazione energetica spetta una detrazione dell'80%, ove gli interventi determinino il
passaggio ad una classe di rischio inferiore, o dell'85% ove gli interventi determinino il
passaggio a due classi di rischio inferiori. Tale detrazione è ripartita in dieci quote annuali di
pari importo e si applica su un ammontare delle spese non superiore a 136.000 euro
moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio.

Modifiche all'art. 16 del D.L. n. 63/2013
Le detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia vengono estese al 31
dicembre 2018 e viene previsto che al fine di effettuare il monitoraggio e la valutazione del
risparmio energetico conseguito a seguito della realizzazione degli interventi, in analogia a
quanto già previsto in materia di detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli
edifici, sono trasmesse per via telematica all'ENEA le informazioni sugli interventi
effettuati.

L'ENEA elabora le informazioni pervenute e trasmette una relazione sui risultati degli
interventi al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'economia e delle finanze,
alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle rispettive
competenze territoriali.

                                                       A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Documenti Allegati
D.L. n. 53/2013 aggiornato
Legge di Stabilità 2018
FER non fotovoltaiche, al 30 novembre contatore
a 5,122 miliardi di euro
09/01/2018

Il contatore delle fonti rinnovabili non fotovoltaiche ha indicato, lo scorso 30 novembre, un
costo indicativo medio di 5,122 miliardi di euro. Tale ammontare va confrontato con il
tetto di 5,8 miliardi di euro. Si segnala una diminuzione del contatore (-57 € mln), dovuta
principalmente ai segnali di rialzo del prezzo dell’energia, nonché all’aggiornamento della
producibilità di alcune classi di impianti e alla scadenza del periodo di incentivazione di
impianti con tariffe incentivanti ex-CVe CIP6.
Nel contatore rientrano gli oneri d’incentivazione riguardanti gli impianti CIP6 (quota
rinnovabile), l’incentivo sostitutivo dei Certificati Verdi e le Tariffe
Onnicomprensive (DM 18/12/2008), gli impianti incentivati mediante il Conto
Energiaper il solare termodinamico e quelli in esercizio ai sensi del DM 6/7/2012 e del
DM 23/6/2016 (FER non fotovoltaiche).
Per maggiori informazioni è possibile consultare sul sito del GSE i documenti relativi
alle modalità di calcolo e allo Scenario Evolutivo del contatore.

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Risparmio energetico, come cambia
l’ecobonus nel 2018
di Alessandra Marra
La detrazione per singole unità e condomini varia dal 50% al 85%. Ecco gli interventi
agevolabili con la relativa percentuale

09/01/2018 – Sul fronte dell’efficienza energetica il 2018 sarà caratterizzato da
una detrazione con aliquote differenziate a seconda dell’intervento; la Legge di
Bilancio 2018, infatti, ha ridisegnato gli incentivi sul risparmio energetico con
l’obiettivo di agevolare maggiormente i lavori capaci di migliorare la prestazione
globale degli edifici.

Ecobonus 65% sulla singola unità: quando è previsto
Fino al 31 dicembre 2018 sarà possibile usufruire della detrazione del 65% per
le spese relative agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici come gli
interventi che migliorano di almeno il 20% il fabbisogno annuo di energia
primaria rispetto ai requisiti del DM 11 marzo 2008 e gli interventi
di coibentazioni di strutture opache verticali e orizzontali che rispettano i
requisiti del DM 11 marzo 2008.
Tra gli altri interventi che continuano ad usufruire della detrazione 65% ci sono:
- installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda;
- sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore;
- sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di
caldaie a condensazione di efficienza pari alla classe A e contestuale
installazione di sistemi di termoregolazione evoluti;
- l'acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti
esistenti, fino a un valore massimo della detrazione di 100mila euro, a condizione
che l’intervento porti a un risparmio di energia primaria pari al 20%;
- l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per
il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento, acqua calda e
climatizzazione.

Ecobonus singola unità: quando scende al 50%
La detrazione è ridotta al 50% per le spese, sostenute dal 1º gennaio 2018 al 31
dicembre 2018, relative a:
- acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi;
- acquisto e posa in opera di schermature solari;
- sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di
caldaie a biomassa e caldaie a condensazione con efficienza pari alla classe A di
prodotto prevista dal Regolamento delegato (VE) N. 811/2013;
- acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti
dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a un valore
massimo della detrazione di 30mila euro.

Ricordiamo che a prescindere dalla percentuale detraibile (50% o
65%) l'ecobonus si applica come detrazione dall’Imposta sul reddito delle persone
fisiche (IRPEF) o dall’Imposta sul reddito delle società (IRES) e deve essere
ripartita in dieci quote annuali di pari importo, nell’anno in cui è sostenuta la spesa
e in quelli successivi.

Ecobonus condomini: agevolazione maggiorata fino al 2021
L’Ecobonus sui condomìni resta invariato fino al 2021. I lavori sulle parti comuni
degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità di cui si compone il
condominio potranno usufruire di una detrazione del 70% nel caso di operazioni
che interessino più del 25% della superficie disperdente dell'edificio e di
una detrazione del 75% se si migliora la prestazione energetica invernale ed
estiva almeno pari alla qualità media di cui al DM 26 giugno 2015.

Avranno un incentivo maggiore gli interventi sulle parti comuni degli edifici
condominiali situati nelle zone sismiche 1, 2 e 3, finalizzati non solo alla riduzione
del rischio sismico, ma anche alla riqualificazione energetica. A questi lavori sarà
riconosciuta una detrazione dell’80% se determinano il passaggio a una classe di
rischio inferiore, e dell’85% in caso di passaggio a due classi di rischio inferiori.

La detrazione sarà ripartita in dieci quote annuali di pari importo e verrà calcolata
su una spesa massima di 136 mila euro moltiplicata per il numero delle unità
immobiliari che compongono l’edificio. Si tratta della somma del tetto di 96mila
euro per unità immobiliare previsto dal sismabonus “tradizionale” e di quello di
40mila euro per unità immobiliare fissato per l'ecobonus.
Un altra novità riguarda gli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp) che da
quest'anno possono beneficiare di tutte le detrazioni per gli interventi di
riqualificazione energetica (e non più solo di quelle sulle parti comuni che danno
diritto a detrazioni maggiorate del 70% e del 75%).

Ecobonus: cessione estesa alle singole unità
La possibilità di cessione del credito corrispondente alla detrazione viene estesa
anche alle ipotesi di interventi di riqualificazione energetica effettuati sulle singole
unità immobiliari, non essendo più circoscritta a quelli relativi alle parti comuni
degli edifici condominiali.
I contribuenti incapienti (con meno di 8mila euro di reddito nel 2017) potranno
quest’anno cedere il loro credito d’imposta anche a banche e
intermediari finanziari per lavori sul singolo appartamento.

SCARICA LA GUIDA DI EDILPORTALE ALL’ECOBONUS
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Volumi edificabili, il calcolo si
effettua solo sulle aree libere
di Paola Mammarella
Consiglio di Stato: non vanno computate le aree che, pur non essendo edificate, sono
asservite ad altri fabbricati

09/01/2018 – Nel calcolo dei volumi edificabili vanno considerate solo le aree
libere. Individuarle con precisione non è sempre facile e il Consiglio di Stato, con
la sentenza 5419/2017 ha fornito qualche chiarimento.

Volumi edificabili e aree libere
Per essere considerata libera, un’area non deve essere edificata. Questa condizione
però non basta. È necessario infatti che l’area, anche se fisicamente libera da
immobili, non sia stata già sfruttata, perché asservita o annessa ad altri lotti o
perché destinata a parcheggi o ad altre finalità collettive.
Per capire quanto e dove è possibile costruire, i giudici hanno spiegato che bisogna
considerare due elementi: la densità edilizia territoriale e la densità edilizia
fondiaria. La densità edilizia territoriale, riferendosi a ciascuna zona omogenea
dello strumento di pianificazione, definisce il complessivo carico di edificazione
che può gravare su ciascuna zona. Il relativo indice è rapportato all’intera
superficie della zona, compresi gli spazi pubblici, quelli destinati alla viabilità,
ecc. La densità edilizia fondiaria, invece, riguarda la singola area e definisce il
volume massimo edificabile sulla stessa. Questo implica che il relativo indice è
rapportato all’effettiva superficie suscettibile di edificazione. È a quest’ultimo
indice, ha sottolineato il CdS, “che occorre fare concreto riferimento ai fini della
individuazione della volumetria effettivamente assentibile con il permesso di
costruire”.

Volumi edificabili, il caso
Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, il gestore di un lido balneare aveva
realizzato dei fabbricati adibiti a bar e ristorante. Il Comune aveva rilevato la loro
illegittimità, ordinandone la demolizione.

Il gestore aveva chiesto la sanatoria dei manufatti realizzati, sostenendo che erano
stati edificati su aree libere. I giudici hanno invece accertato che le aree, anche se
prive di costruzioni, non potevano essere considerate libere e che il gestore avesse
sforato gli indici di edificabilità consentiti. Per questo motivo il CdS ha
confermato l’ordine di demolizione.

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Norme correlate
Sentenza 22/11/2017 n.5419
Consiglio di Stato - Indici di fabbricabilità e aree libere
Acquisto prima casa, quando si
possono detrarre le spese di
intermediazione immobiliare?
di Alessandra Marra
La Posta dell'Agenzia delle Entrate spiega cosa accade in caso di mancata stipula del
contratto definitivo di compravendita

09/01/2018 – E’ possibile beneficiare della detrazione per spese di
intermediazione immobiliare in caso di mancata stipula del contratto definitivo di
compravendita?

La risposta alla domanda di un contribuente arriva dalla Posta di Fisco Oggi,
rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate.
Intermediazioni immobiliari: la detrazione
Fisco Oggi ha ricordato che dall’Irpef lorda è possibile detrarre il 19% dei
compensi comunque denominati, pagati a soggetti di intermediazione immobiliare
in dipendenza dell’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione
principale, per un importo non superiore a 1.000 euro per ciascuna annualità.

Intermediazione immobiliare: detrazione collegata all’acquisto
Poiché la legge subordina l’agevolazione alla condizione che l’immobile sia
adibito ad abitazione principale, il beneficio viene meno qualora l’acquisto
dell’immobile non si concluda a causa della mancata stipula del contratto
definitivo di compravendita.

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Cassazione: Sequestro per le scuole a
rischio sismico, anche lieve
Redazione INGENIO 08/01/2018

I terremoti non sono soggetti a "prevedibilità"

L'ha compreso la cassazione, e lo ha affermato, e dunque i sindaci non devono opporsi al
sequestro delle scuole che, anche nelle zone a "basso rischio sismico", sono a ipotetico rischio
crollo seppure per un "minimo scostamento dai parametri" di edificazione emanati nel 2008.

E' quanto contenuto nella sentenza 190/2018 della Sesta Sez. Penale della Corte di Cassazione
pubblicata lo scorso 8 gennaio e disponibile in allegato, che ha accolto il ricorso della Procura di
Grosseto contro Francesco Limatola, sindaco di Roccastrada, il quale aveva ottenuto la riapertura di
una scuola a 'leggero' rischio sismico, pari allo 0,985 su una scala che soddisfa a '1' il parametro di
sicurezza statica. Sindaco indagato per omissione di atti di ufficio per non aver chiuso il plesso
scolastico della frazione di Ribolla "nonostante dal certificato di idoneità statica dell'immobile, redatto
il 28 giugno 2013, ne emergesse la non idoneità sismica".

Contro il sequestro della scuola primaria e secondaria, frequentata da quasi trecento bambini, e
disposta dalla magistratura grossetana, Limatola aveva fatto ricorso e il tribunale del riesame lo scorso
26 aprile lo aveva accolto togliendo i sigilli.

Ad avviso del riesame, era insussistente "un pericolo concreto ed attuale di crollo
ragionevolmente derivante dal protratto utilizzo del bene secondo destinazione d'uso, avuto
riguardo all'attività scolastica svolta ininterrottamente dalla fine degli anni sessanta".

L'ordinanza rilevava inoltre che "in applicazione del cosiddetto indicatore del rischio di collasso
previsto dalle 'Norme tecniche per le costruzioni' emanate con decreto il 14 gennaio 2008",
dall'accertamento redatto nel certificato di idoneità statica "il rischio sismico era risultato pari a 0,985
registrando in tal modo una inadeguatezza minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici
soddisfatti al raggiungimento del valore '1'".

Contro il sindaco di Roccastrada, la Procura di Grosseto ha protestato in Cassazione sostenendo che
la scuola deve essere chiusa perchè il pericolo per la incolumità pubblica "nella non prevedibilità dei
terremoti, doveva intendersi insito nella violazione della normativa di settore,
indipendentemente dall'esistenza di un pericolo in concreto".

Secondo il pm, "nessun rilievo avrebbe pertanto potuto attribuirsi alla circostanza che l'edificio
insistesse su un territorio classificato a bassa sismicità o che l'inadeguatezza dell'immobile
rispetto ai parametri costruttivi antisismici fosse minima".
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