CONFIMI Rassegna Stampa del 07/05/2014

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CONFIMI
   Rassegna Stampa del 07/05/2014

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INDICE

CONFIMI

  07/05/2014 La Voce di Mantova                                                         8
  Gli incontri di Api e Randstad per i giovani che cercano lavoro

CONFIMI WEB
  06/05/2014 agenparl.com 17:27                                                         10
  TARI: AGNELLI (CONFIMI IMPRESA), DEVE PREMIARE ATTIVITA' DI PREVENZIONE
  E RIDUZIONE RIFIUTI

  06/05/2014 impresamia.com 17:37                                                       11
  FISCO - Tari: Confimi impresa, deve premiare le attività di prevenzione e riduzione
  dei rifiuti

  06/05/2014 ildiariodellavoro.it 18:39                                                 12
  Confimi Impresa: Tari deve premiare attività prevenzione e riduzione rifiuti

SCENARIO ECONOMIA
  07/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                            14
  Spending Review sugli Spiccioli Stop ai Pezzi da 1 e 2 Centesimi

  07/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                            15
  Stress test, per il credito italiano scenari migliori della media Ue

  07/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                            16
  Il processo Mps trasloca a Milano. Per una «email»

  07/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                            18
  le Analisi originali di Gary Becker che superò i Confini dell'Economia

  07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             19
  Un'identità di marchi forti

  07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             21
  Un'ambiziosa sfida globale
07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             22
Il mercato non perdona il maxidebito

07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             24
Un impatto molto forte sui risparmiatori stranieri

07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             25
L'urgenza di politiche monetarie espansive

07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             26
«Un mandato più ampio per l'Eurotower»

07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             27
«All'Europa servono politiche strutturali ma non l'austerity»

07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             29
Gay: un grande patto generazionale

07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             30
«Usa pronti a fornire gas all'Europa»

07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                                             31
Si fa strada la finanza che genera valore sociale

07/05/2014 La Repubblica - Nazionale                                                  33
Medici e notai tra i nuovi ricchi passo indietro degli imprenditori

07/05/2014 La Repubblica - Nazionale                                                  35
Marchionne mette sul tavolo 50 miliardi di investimenti "Impianti italiani al 100%"

07/05/2014 La Repubblica - Nazionale                                                  37
Ue, Tobin tax dal 2016 e la Svizzera rinuncia al segreto bancario

07/05/2014 La Repubblica - Nazionale                                                  39
Azioni Intesa ai dipendenti "È un premio"

07/05/2014 La Stampa - Nazionale                                                      40
NELLA PARTITA GLOBALE VINCE ANCHE L'ITALIA

07/05/2014 La Stampa - Nazionale                                                      42
La rinascita del Biscione

07/05/2014 La Stampa - Nazionale                                                      43
2 mila miliardi spesi bene

07/05/2014 La Stampa - Nazionale                                                      45
Fiat•-Chrysler, piano da 7 milioni di auto

07/05/2014 MF - Nazionale                                                             47
Ecco il piano del governo Renzi per la crescita delle aziende italiane in Cina
SCENARIO PMI
  07/05/2014 Corriere della Sera - Bergamo                            49
  Dodici mesi di «ripresina» E l'occupazione cala meno

  07/05/2014 Corriere della Sera - Bergamo                            51
  È sempre crisi dei consumi: meno 1,9%

  07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                           52
  L'industria riparte in Lombardia

  07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                           53
  «Calzedonia cresce oltre la crisi»

  07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                           55
  «E ora il brevetto unitario europeo»

  07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                           57
  L'European Patent Office premia le invenzioni più rivoluzionarie

  07/05/2014 Il Sole 24 Ore                                           59
  Ma l'italiano fatica a tutelarsi

  07/05/2014 La Repubblica - Roma                                     60
  Dalla Pontina alla Cassia il piano anti-buche

  07/05/2014 L Unita - Nazionale                                      61
  Ideal Standard 400 licenziamenti

  07/05/2014 MF - Nazionale                                           62
  Agronomia al debutto sull'Aim

  06/05/2014 Valori                                                   63
  La lunga corsa del riciclo: il settore vale più di vino e tessuti
07/05/2014                               Giornale di Brescia                Pag. 9
                                       (diffusione:48023, tiratura:59782)

CONFIMI

1 articoli

CONFIMI - Rassegna Stampa 07/05/2014                                             6
07/05/2014                                   La Voce di Mantova                                               Pag. 8

                                                                                                                           La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 Gli incontri di Api e Randstad per i giovani che cercano lavoro

 "Cosa farò da grande": Apindustria Mantova e Randstad hanno organizzato un percorso di incontri dedicato
 ai giovani che si affacciano sul mercato del lavoro per fornire loro gli strumenti efficaci su come prepararsi alla
 ricerca della prima occupazione: dal bilancio di competenze al curriculum vitae, dall'analisi del mercato a
 come proporsi. Tre incontri di orientamento per spiegare ai ragazzi: "chi" (le attidudini), "cosa" (il mercato del
 lavoro), "come" (la trasferibilità). Il progetto, inizierà con il primo incontro di lunedì 19 maggio.

CONFIMI - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                                   7
CONFIMI WEB

3 articoli
06/05/2014                                      agenparl.com                                                 Sito Web
17:27

                                                                                                                         La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 TARI: AGNELLI (CONFIMI IMPRESA), DEVE PREMIARE ATTIVITA' DI
 PREVENZIONE E RIDUZIONE RIFIUTI
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 (AGENPARL) - Roma, 06 mag - "Ancora una volta si sceglie di penalizzare la produttività del Paese, ponendo
 aumenti sulla gestione dei rifiuti, un tema che tocca trasversalmente tutte le imprese - dichiara Paolo Agnelli,
 Presidente di Confimi Impresa, l'associazione che rappresenta le piccole e medie industrie del settore
 manifatturiero.
 Prosegue il Presidente: "La Tari, nata sulle ceneri della Tarsu per premiare le attività di prevenzione e
 riduzione dei rifiuti, viene di fatto stravolta con una tariffa che "investe" anche i rifiuti che vengono gestiti
 direttamente e privatamente dall'azienda".
 "Inoltre - conclude Paolo Agnelli - vengono riviste in peius per le imprese i meccanismi di assimilazione (i
 cosiddetti speciali - assimilati) con la possibilità da parte dei Comuni di poter estendere le fattispecie di rifiuti
 produttivi e conseguentemente avere la possibilità di "ampliare" le categorie di rifiuti soggette alla tassazione.
 Siamo completamente sulla strada sbagliata".
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CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                            10
06/05/2014                                    impresamia.com                                                 Sito Web
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                                                                                                                         La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 FISCO - Tari: Confimi impresa, deve premiare le attività di prevenzione e
 riduzione dei rifiuti
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 Ancora una volta si sceglie di penalizzare la produttività del Paese, ponendo aumenti sulla gestione dei rifiuti,
 un tema che tocca trasversalmente tutte le imprese - dichiara Paolo Agnelli, presidente di Confimi Impresa,
 l'associazione che rappresenta le piccole e medie industrie del settore manifatturiero.
 Prosegue il presidente: "La Tari, nata sulle ceneri della Tarsu per premiare le attività di prevenzione e
 riduzione dei rifiuti, viene di fatto stravolta con una tariffa che "investe" anche i rifiuti che vengono gestiti
 direttamente e privatamente dall'azienda".
 "Inoltre - conclude Paolo Agnelli - vengono riviste in peius per le imprese i meccanismi di assimilazione (i
 cosiddetti speciali - assimilati) con la possibilità da parte dei Comuni di poter estendere le fattispecie di rifiuti
 produttivi e conseguentemente avere la possibilità di "ampliare" le categorie di rifiuti soggette alla tassazione.
 Siamo completamente sulla strada sbagliata".

CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                            11
06/05/2014                                    ildiariodellavoro.it                                           Sito Web
18:39

                                                                                                                         La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 Confimi Impresa: Tari deve premiare attività prevenzione e riduzione rifiuti

 Ancora una volta si sceglie di penalizzare la produttività del Paese, ponendo aumenti sulla gestione dei rifiuti,
 un tema che tocca trasversalmente tutte le imprese - dichiara Paolo Agnelli, Presidente di Confimi Impresa,
 l'associazione che rappresenta le piccole e medie industrie del settore manifatturiero.
 Prosegue il Presidente: "La Tari, nata sulle ceneri della Tarsu per premiare le attività di prevenzione e
 riduzione dei rifiuti, viene di fatto stravolta con una tariffa che "investe" anche i rifiuti che vengono gestiti
 direttamente e privatamente dall'azienda".
 "Inoltre - conclude Paolo Agnelli - vengono riviste in peius per le imprese i meccanismi di assimilazione (i
 cosiddetti speciali - assimilati) con la possibilità da parte dei Comuni di poter estendere le fattispecie di rifiuti
 produttivi e conseguentemente avere la possibilità di "ampliare" le categorie di rifiuti soggette alla tassazione.
 Siamo completamente sulla strada sbagliata".

CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                            12
SCENARIO ECONOMIA

23 articoli
07/05/2014                        Corriere della Sera - Ed. nazionale                                       Pag. 25
                                          (diffusione:619980, tiratura:779916)

                                                                                                                      La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 La lente
 Spending Review sugli Spiccioli Stop ai Pezzi da 1 e 2 Centesimi
 Lorenzo Salvia

 C'è chi chiede di uscire dall'euro e chi si accontenta di eliminarne gli spiccioli. Almeno per il momento l'Italia
 ha scelto la seconda ipotesi. Ieri la Camera ha approvato all'unanimità una mozione che potrebbe portare alla
 morte delle monetine da uno e due centesimi. Di fatto quegli spiccioli sono già fuori corso, perché non c'è
 macchinetta automatica che le accetti, né essere umano che le accolga con un sorriso quando gli vengono
 rifilate come resto. Ma adesso sono finite sotto la lente spietata della spending review con l'accusa di essere
 uno spreco perché costano più di quanto valgono.
 Tra rame di rivestimento e macchinari di produzione, per fabbricare 1 centesimo
 di euro ne servono 4 e mezzo, per la monetina da 2 centesimi ce ne vogliono 5,2. Fermando la loro
 produzione si stima che l'Italia risparmierebbe 20 milioni di euro l'anno. Per questo la versione originale della
 mozione presentata da Sergio Boccadutri, tesoriere di Sel, e appoggiata da tutti gli altri partiti, chiedeva di
 sospendere il conio delle monetine. In realtà il testo approvato dall'Aula è stato limato su richiesta del
 governo. E con una formula molto più vaga non parla più di stop alla fabbricazione ma solo di «misure
 finalizzate a ridurre in maniera significativa la domanda di monete
 da 1 e 2 centesimi» da studiare «previa valutazione dell'impatto delle misure stesse sull'inflazione». Il modello
 è quello della Finlandia e dell'Olanda, dove i prezzi vengono arrotondati verso il basso ai cinque centesimi.
 Una regola prevista per legge che non vale per i singoli prodotti ma solo per il totale da pagare alla cassa che
 ha portato alla scomparsa di fatto delle monetine.
  @lorenzosalvia
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                   14
07/05/2014                         Corriere della Sera - Ed. nazionale                                         Pag. 25
                                           (diffusione:619980, tiratura:779916)

                                                                                                                          La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 Le linee guida Corsa agli aumenti di capitale, già raccolti 35 miliardi
 Stress test, per il credito italiano scenari migliori della media Ue
 Danilo Taino

 Un altro pezzo della crisi dell'euro è in via di riparazione. Forse il più importante: si tratta dello stato di salute
 delle banche della Ue. L'Eba - l'Autorità bancaria europea - ha appena pubblicato le linee guida che utilizzerà
 per effettuare gli stress test (simulazioni sotto condizioni estreme) agli istituti di credito dell'Unione Europea,
 per verificarne la capacità di resistere a possibili choc esterni: annuncia sorprese. Saranno test seri, ma
 piuttosto duri per le banche britanniche e svedesi, non eccessivamente impegnativi per italiane e francesi,
 intermedi per le spagnole. Questo perché lo «scenario avverso» sotto il quale saranno condotti riscrive
 almeno in parte la geografia dei «solidi» e dei «deboli».
 Per dire, lo stress test supporrà che una crisi farebbe perdere ai Btp decennali il 28% di valore nel 2014, il
 19,2% nel 2015 e il 20,7% nel 2016; non poco, ma la cosa interessante è che anche i Bund tedeschi
 perderebbero parecchio: nei tre anni i loro prezzi scenderebbero del 19,6, del 14,2 e del 16,2%.
 La authority guidata da Andrea Enria parte dallo scenario economico di riferimento 2014-2016 tracciato dalla
 Commissione Europea. A questo applica uno «scenario avverso» - cioè determinato da uno o più choc
 esterni - ipotizzato dall'European Systemic Risk Board, un organismo della supervisione finanziaria europea.
 Lo scenario avverso conduce a una deviazione dallo scenario di base: parte dalla possibilità di un rialzo dei
 tassi d'interesse globali amplificato da una fuga degli investitori verso lidi a basso rischio; verifica un
 deterioramento ulteriore del credito in Paesi con fondamentali economici deboli e banche vulnerabili; prende
 in considerazione il blocco delle riforme strutturali, la stabilità dei conti pubblici e i conseguenti allargamenti
 degli spread; analizza gli effetti della crisi sulla capacità di imprese e famiglie di accedere al credito.
 L'impatto negativo di questo choc porta a un peggioramento del Prodotto lordo della Ue, rispetto allo scenario
 di base, del 2,2% nel 2014, del 5,6% nel 2015 e del 7% nel 2016. E così per disoccupazione, inflazione, tassi
 di mercato, prezzi degli immobili. Le variazioni sono poi articolate Paese per Paese. È in questa cornice che
 le 124 banche maggiori della Ue saranno sottoposte a un test per vedere come reagirebbero. In parallelo, gli
 uomini di Mario Draghi condurranno l'analisi dello stato patrimoniale degli istituti dell'eurozona. La somma dei
 check-up gemelli porterà a decidere quali banche sono solide, quali devono effettuare aumenti di capitale,
 quali andrebbero chiuse o fuse con altre.
 Nel merito, lo scenario avverso prevede che la crescita italiana diventi negativa, con il Pil che peggiora
 rispetto allo scenario di base dell'1,5% nel 2014, del 2,8% l'anno seguente e del 2% nel 2016. Meno peggio
 sia della media della Ue sia dell'eurozona. E meglio della Germania, che nei tre anni vedrebbe un
 peggioramento rispetto all'andamento senza choc del 2,7, del 3,8 e dell'1,5%. Anche la Spagna e la Grecia
 avrebbero deviazioni inferiori di quelle tedesche. In termini di disoccupazione, l'aumento al 2016, rispetto alla
 base sarebbe dell'1,8% in Germania, del 2,4% in Italia, del 5,1% nel Regno Unito, del 4,5% in Danimarca.
 Nel settore immobiliare, in Italia la correzione al ribasso dei prezzi nel triennio sarebbe del 13,4%,
 decisamente meno del 20,8% della Germania, del 26,6% della Francia, del 29,2% della Gran Bretagna, del
 29,1% della Svezia, del 24,9% del Belgio.
 In autunno, al momento degli annunci dei risultati dei test dell'Eba e dell'analisi dei patrimoni delle banche
 condotta dalla Bce, a meno di eventi imprevedibili scopriremo che il sistema bancario europeo non è più
 ragione di crisi di sistema e che i rischi negli istituti dei Paesi mediterranei non sono necessariamente più alti
 che in Germania e nei Paesi nordici.
 Non è strano che, in questa cornice, le banche greche, spagnole, italiane che devono prepararsi al check-up
 trovino investitori disposti a rafforzare il loro capitale. È che i mercati hanno colto la nuova geografia del
 rischio in Europa.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                       15
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 Sussurri & Grida
 Il processo Mps trasloca a Milano. Per una «email»

 (f.mas.) Quella di scandagliare i server delle società alla ricerca del minuto e del secondo esatto delle mail
 sembra ormai una prassi delle difese nei processi finanziari. È successo il 18 marzo nell'inchiesta Ligresti a
 Torino e si è ripetuto ieri a Siena per Mps-Antonveneta. L'obiettivo è lo stesso: spostare il processo dalla
 sede della procura che ha avviato l'inchiesta verso il «giudice naturale», che è Milano. Lì ha sede il sistema
 Nis della Borsa attraverso cui le società quotate diffondono al mercato le informazioni rilevanti. La decisione
 su Mps è stata presa dal gup Monica Gaggelli: gli ex vertici Giuseppe Mussari e Antonio Vigni con i
 coimputati Daniele Pirondini, Giovanni Rizzi, Michele Crisostomo, Tommaso Di Tanno, Leonardo Pizzichi e
 Pietro Fabretti vanno processati a Milano perché il reato si è consumato alle 7:13 del 28 agosto 2008 e alle
 7:47 del 27 marzo 2009, ora in cui il dirigente Mps, Fabio Bizzarri, trasmette al settore comunicazione
 l'inserimento e la «diffusione» sul Nis dei bilanci ritenuti falsi dai pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e
 Giuseppe Grosso, perché attesterebbero un livello di patrimonio inesistente. Le mail sono state fatte valere
 dalle difese di Vigni (de Martino e Borgogno), Mussari (Pisillo e Padovani) e Pirondini (Bellacosa)
 esattamente come a Torino i legali di Paolo Ligresti, che avevano trovato nei server di Fonsai la mail al Nis
 che sposta indietro le lancette del reato facendo così incardinare a Milano il processo.
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  Finmeccanica, aumentano gli ordini
 (a.bac. ) Finmeccanica chiude il primo trimestre con una perdita di 12 milioni a fronte di un utile per 6 milioni
 nello stesso periodo 2013. Il dato è condizionato da una maggiore incidenza degli oneri di ristrutturazione e
 da un calo dell'Ebita, sceso a 153 milioni (161). I ricavi calano del 4,9% a 2,94 miliardi mentre gli ordini
 aumentano del 10,8% a quasi 2,9 miliardi. L'indebitamento netto è di 5,06 miliardi, in calo del 3,7% rispetto al
 31 marzo dello scorso anno, ma superiore ai 3,9 miliardi di fine 2013. Finmeccanica ha confermato «le
 previsioni per l'intero anno». Intanto aumenta del 30% la retribuzione dei consiglieri del gruppo su indicazione
 del ministero dell'Economia (azionista al 30,2%). Il Tesoro proporrà alla prossima assemblea un compenso-
 base per il presidente, Gianni De Gennaro, di 90 mila euro lordi l'anno, uguale a quello fissato nell'ultimo
 triennio per quella carica. Mentre la retribuzione-base dei cinque membri del consiglio di amministrazione
 passerà dagli attuali 60 mila euro a 80 mila.
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  La visita di Serra all'Economia
 (a.bac. ) Missione segreta di Davide Serra, il finanziere del fondo londinese Algebris, al ministero
 dell'Economia. Ieri mattina, intorno alle 11, il manager, zainetto in spalla, è stato ricevuto in via XX Settembre.
 Una cosa è certa: Serra non ha visto il «padrone di casa», Pier Carlo Padoan, impegnato nell'Ecofin a
 Bruxelles insieme a una nutrita delegazione. In via XX Settembre si trovavano invece al lavoro i viceministri e
 i sottosegretari.
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  La mediazione politica per sbloccare l'accordo su Alitalia
 (a.bac. ) Non è ancora il giorno dell'accordo con Etihad per Alitalia. Oggi l'ad Gabriele Del Torchio, che ieri a
 Abu Dhabi ha incontrato James Hogan, riferirà al ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. Etihad avrebbe chiesto
 di chiudere al più presto l'accordo con i sindacati (saranno ricevuti venerdì) e di accelerare sul decreto Linate.
 Del Torchio ha illustrato un piano per una nuova Alitalia in cui far confluire le attività della compagnia mentre
 nella vecchia resterebbero contenziosi e parte del debito. La nuova Alitalia verrebbe ricapitalizzata da Etihad,
 con una quota al massimo del 49%, mentre gli utili servirebbero ai vecchi soci per ripagare i debiti rimasti
 nella vecchia compagnia. La trattativa riguarda quanto debito dovrà essere accollato alla nuova compagnia.
 Sapendo che il restante dovrebbe gravare sulla vecchia dove, tra i soci, c'è anche Poste. Lupi ha detto che

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 «non si possono scaricare sullo Stato i debiti che si sono contratti». Oggi Renzi incontrerà il ministro degli
 Esteri emiratino. Ci sarà una mediazione politica?
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 le Analisi originali di Gary Becker che superò i Confini dell'Economia

 L'economia è tradizionalmente ritenuta la scienza triste. A buon diritto: i freddi modelli matematici degli
 economisti hanno qualcosa da dire solo quando ci sono da prendere decisioni difficili, quando ci vuole la
 razionalità per eliminare gli sprechi. Razionalità, scarsità, efficienza rappresentano un cocktail di tristezza e
 noia per la maggior parte degli esseri umani.
 Eppure c'è stato chi ha allargato gli orizzonti dell'economia. E, sebbene impiegando gli strumenti di questa
 scienza, si è occupato di argomenti tutt'altro che tristi. Di questo filone Gary Becker, uno dei premi Nobel
 dell'università di Chicago, scomparso sabato, è stato il leader indiscusso per più di mezzo secolo.
 Chicago e l'allegria dell'economia: una contraddizione in termini in Italia dove l'università di quella città è
 sempre stata il tempio dell'economia tradizionale, la fucina delle idee neoliberiste. Ma, proprio a Chicago,
 nella sua tesi di dottorato negli anni 50, Becker cominciò a studiare come sorgevano, quali forme
 assumessero e come si potessero usare i mercati e le politiche per combattere la discriminazione.
 Un tema oggetto delle politiche di affirmative action (interventi di giustizia sociale) che però poteva secondo
 Becker essere affrontato promuovendo la concorrenza così da punire gli imprenditori che discriminassero
 persone meritevoli. Con le sue ricerche accademiche e con la sua seguitissima rubrica su Businessweek
 Becker fu anche un pioniere delle analisi delle dipendenze (dal fumo, dalla droga, dalle nostre abitudini) e
 della loro importanza nelle nostre decisioni quotidiane, così come dello studio dei costi e benefici nel
 combattere la criminalità e nel disegnare leggi che raggiungano lo scopo prefisso . Temi tutti oltre i normali
 orizzonti e confini dell'economia.
 Ora che non c'è più, di lui rimarrà ciò che anche gli economisti che non condividevano le sue idee gli hanno
 sempre riconosciuto: un'impareggiabile capacità di spostare le frontiere e di aprire autostrade di pensiero
 libero e irriverente dal chiuso del suo ufficio. È un privilegio di pochi.
  Francesco Daveri
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 VISTO DA DETROIT
 Un'identità di marchi forti
 Mario Platero

 di Mario Platero
   Siamo all'anno zero, ma la svolta c'è tutta. Da ieri l'Italia ha un'azienda, la Fca; un management,
 rappresentato da Sergio Marchionne; e un capitale, rappresentato da John Elkann.
   Tutti i protagonisti partecipano a pieno titolo alla battaglia per il mercato globale delle grandi dell'auto. Da
 oggi a Detroit e a Torino si legge un «nuovo libro, non un nuovo capitolo» ha detto Marchionne durante la
 presentazione del suo primo piano quinquennale congiunto. Un libro che chiude la prima sfida, quella per
 l'integrazione, tecnologica e culturale, a lancia quella per l'espansione, che punta alla ricerca di una spiccata
 identità per le marche e per i nuovi modelli, alla crescita in una segmentazione di mercato che si svilupperà
 molto sull'estero - Cina, India e Sud America in particolare -, che vuole moltiplicare impianti di produzione nel
 mondo, investendo oltre 30 miliardi di dollari entro il 2018, di questi cinque in Italia per i nuovi modelli Alfa
 Romeo, uno a Melfi dove si produrranno 200mila Jeep e la 500L e a Mirafiori dove si produrranno i nuovi
 SUV Maserati. Alfa, Maserati e Ferrarari resteranno autonome, alfieri del lusso. Per il resto contineuranno ad
 esserci scambi tecnologici e produttivi per aumentare volumi e tenere costi sotto controllo. Con un obiettivo:
 raggiungere un livello di 7 milioni di veicoli venduti entro il 2018 contro i 4,4 circa del 2013.
  Siamo arrivati a Detroit con alcune domande chiave che fanno da preambolo all'obiettivo di vendita: come si
 riesce a recuperare la profittabilità, a imporre un prezzo vantaggioso, ad realizzare gli aumenti di quota di
 mercato? La risposta che abbiamo avuto è su più livelli. Puntare su tre o quattro marchi, alcuni già con una
 forte identità: la Jeep per il mercato globale, che nel 2014 dovrebbe già toccare il milione di vetture vendute a
 livello globale; il Ram, per il mercato chiave e profittevole dei pick up, soprattutto interno dominato dalla Ford,
 un mercato dove gli aumenti sono già stati molto forti dall'11% della quota mercato del 2009 al 21,7%
 quest'anno. Ma la risposta più nuova è venuta con l'annuncio di una diminuzione del numero dei modelli della
 Dodge per aumentare e concentrare le risorse dei modelli famigliari, inclusi i modelli minivan, tutti sul marchio
 Chrysler, che torna ad essere la grande macchina famigliare americana con il nuovo 200, e con un debutto
 nel compact con un modello 100 atteso epr il 2016. Obiettivo: passare dalla vendita di 350mila vetture oggi a
 800mila vetture nel 2018. Ambizioso. Alcuni fra gli analisti che abbiano interpellato ieri dopo la presentazione
 hanno espresso cautela, sia per l'aggressivo aumento delle vendite Chrysler in cambio di una tenuta della
 Dodge, sia perché in quel segmento di mercato i margini di profitto sono molto bassi e potrebbero contribuire
 molto meno al "bottom line" di quello che potrà contribuire un Ram o una Jeep.
  Non c'è dubbio che negli anni la strategia di maggior successo per Marchionne è stata quella di riconquistare
 il cuore degli americani di esprimere valori, emozioni, storie con l'aiuto di personaggi come Eminem, Clint
 Eastwood e più recentemente Bob Dylan per il valore del "Made in Detroit", per il recupero dell'orgoglio
 nazionale, della profondità delle radici con lo spot costruito sul "farmer" sull'agricoltore, l'allevatore americano.
 Ma ora occorre capitalizzare, occorre creare le condizioni finanziarie perché i ritorni di un'azienda con quasi
 100 miliardi di dollari di fatturato e con una forza lavoro di 300mila persone consentano di creare valore. La
 capitalizzazione congiunta resta attorno a circa 9 miliardi di dollari. Come finanziare gli investimenti? Un
 aumento di capitale è escluso. Una vendita di Alfa Romeo o Ferrari per fare cassa e finanziare gli
 investimenti è anche da escludersi per quel che ci ha detto Marchionne (che ha però attribuito alla Ferrari una
 produzione teorica di 10.000 vetture all'anno invece delle 7.000 attuali per un valore potenziale di 8 miliardi di
 dollari). Resta dunque, per creare valore, l'aumento del titolo in borsa, Obiettivo per chiudere il cerchio con il
 rilancio dei marchi forti e la conquista di mercati ancora inforte crescita. E qui l'obiettivo espansivo per fare
 massa e dunque margini riemerge coi singoli "brand". Il caso Jeep è esemplare, resta la punta di diamante.
 Mike Manley ha annunciato obiettivi e sviluppi aggressivi. Si passerà da una produzione globale di 798.000
 veicoli tutti concetranti nell'impianto di Toledo e di Jefferson a una produzione di 1,9 milioni di veicoli entro il

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 2018 in nove impianti distribuiti in sei località diverse uno di questi a Melfi dove si faranno 200.000 Jeep
 all'anno con l'obiettivo di aumentare le vendite da 54.000 veicoli a 200.000 veicoli sempre per il 2018. Per il
 mercato asiatico, soprattutto cinese dove le vendite per il 2014 hanno toccato 94.000 unità si prevede una
 fortissima espansione della produzione fino a 500.000 veicoli prodotti localmente, la produzione latino
 americana salirà a 200.000 unità, quella americana passerà a un milione di vetture. Fra i nuovi modelli, un
 nuovo cSUv nel 2016, un nuovo Wrangler, un nuovo Grand Cherokee nel 2017 e un nuovo attesissimo Grand
 Wagoneer nel 2018. Per il resto, soprattutto nel comparto Fiat forza alla 500 alla 500L, ma come obiettivo di
 crescita potenzialmente forte l'ingresso in America sotto il marchio Ram dei Fiat Professional con un nuovo
 Ducato già quest'anno, un nuovo Fiorino nel 2016, DOb lo nel 2015e con l'introduzione di un nuovo Pickup
 Midsize per il 2016. Obiettivo di crescita: da 431.000 veicoli a oltre 600.000. Oltre agli Usa le priorità sono un
 punto di riferimento per le performance geografiche: «Tenere la quota in Europa, crescere in Russia,
 rafforzare Medio Oriente e pentrazione africana, crescere in Asia e America Latina».
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 Foto: - Fonte: dati societari

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                   20
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 VISTO DA TORINO
 Un'ambiziosa sfida globale

 di Andrea Malan
  Un nuovo libro o un libro dei sogni? Il piano presentato ieri a Detroit da Sergio Marchionne è ambizioso come
 i precedenti: quasi 7 milioni l'obiettivo di vendita contro i quasi 6 del piano 2010-2014.
  Nel caso di quest'ultimo, però, i risultati - almeno sul mercato - sono stati nettamente inferiori alle ambizioni.
 Riuscirà la nuova Fca a fare centro?
  Gli obiettivi di vendita sono in realtà in alcuni casi relativamente modesti. La marca Fiat, per esempio, punta
 a crescere di fatto solo in Asia (e più modestamente negli Usa); se la ripresa in Europa si confermerà nei
 prossimi anni, la stabilità dei volumi significherebbe una perdita di quote di mercato. La buona notizia è che il
 marchio non abdica, come si era temuto, all'ambizione di avere una gamma completa anche in Europa: sia
 Punto che Bravo avranno eredi (ma non necessariamente prodotte in Italia); Fiat prende atto della
 polarizzazione del mercato fra premium e low cost, ma punta a coprire entrambe le fasce.
  La questione che più interessa l'Italia è la saturazione delle fabbriche nel nostro Paese. Alfredo Altavilla ha
 assicurato ieri che nel 2018 l'utilizzo della capacità tornerà al 100% (su due turni). Per raggiungere l'obiettivo
 saranno decisive le esportazioni (dalle Jeep di Melfi alle 150mila Alfa negli Usa), esportazioni che a loro volta
 dipenderanno da un fattore imprevedibile (e attualmente sfavorevole) come il tasso di cambio euro/dollaro.
  Il secondo punto di domanda riguarda gli investimenti e il loro finanziamento da parte di un gruppo il cui
 debito netto industriale è salito a 10 miliardi di euro a fine marzo. Difficile pensare che possano arrivare molti
 fondi dalla gestione, visto che in Europa continua la guerra dei prezzi, in Brasile la concorenza è sempre più
 agguerrita e sul mercato Usa Chrysler produce utili comunque inferiori a quelli delle due grandi concorrenti di
 Detroit. Sarà disposto Marchionne (insieme ai suoi azionisti) a trovare i fondi necessari e a tollerare gli anni di
 perdite inevitabili per rilanciare Alfa Romeo? Se gli investimenti arriveranno davvero, e se Fiat avrà la
 pazienza di lasciarli fruttare, le potenzialità dei marchi lasciano sperare in un successo.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                    21
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 OLTRE I TASSI BASSI
 Il mercato non perdona il maxidebito
 Carlo Bastasin

 Chi avesse acquistato titoli greci nel 2008 e da allora non li avesse mai venduti, oltre a un paio di infarti oggi
 avrebbe ottenuto un piccolo guadagno. Osservano molti analisti che, sulla superficie piatta dei grafici
 finanziari, la crisi dell'euro sembra finita. Il governo spagnolo non ha mai potuto finanziarsi a costi nominali
 tanto bassi dall'adesione alla moneta unica in poi. Anche il titolo pubblico decennale italiano è sceso ieri sotto
 il 3 per cento.
   Se si aggiunge una dimensione in più sul grafico, cioè si ragiona in termini di sostenibilità nel corso del
 tempo, i dubbi invece tornano apprezzabili. I bassi rendimenti nominali riflettono prospettive di crescita che le
 organizzazioni internazionali stimano modeste e che si traducono in bassi profitti delle imprese e bassi
 investimenti. I tassi inoltre incorporano un'inflazione che tutti prevedono molto bassa, mantenendo i tassi
 reali, rilevanti per debitori e investitori, poco distanti da quelli dell'orribile 2011. Infine non potrà continuare in
 eterno l'offerta di liquidità di cui, secondo i meno ottimisti, la periferia euro beneficia doppiamente grazie alla
 "rotazione" che sposta i capitali dai Paesi emergenti. Per dirla con le parole dell'Ocse sull'Italia: la migliorata
 fiducia dei mercati ha aiutato a ridurre i tassi di interesse, «tuttavia i rischi di una reazione avversa del
 mercato finanziario a un disimpegno in campo fiscale persisteranno fino a quando il debito pubblico non
 inizierà chiaramente a scendere rispetto al Pil». Ma purtroppo il debito quest'anno non scenderà, anzi salirà
 al 135 per cento.
   Anche quando i mercati ragionano in modo miope, possono però autorealizzare le proprie previsioni e
 renderle più lungimiranti.
  Era successo quando, vedendo la crisi dell'euro, la stavano in realtà provocando. E forse succederà ora nel
 senso inverso. È un fatto che le condizioni istituzionali dell'area euro sono cambiate. Il timore di una rottura
 dell'euro è distante. Infatti anche in Italia ad aprile ci sono stati segnali di ottimismo da parte delle imprese e
 delle famiglie che non si erano più visti dalla metà del 2011, quando il Paese era sull'orlo del fallimento.
 L'analisi dei bilanci da parte della Bce sta modificando i comportamenti delle banche europee che da un anno
 rafforzano il loro capitale. Gli stress test sui bilanci cominceranno questo mese, non si attendono brutte
 sorprese ma se ce ne fossero le banche avrebbero 6-9 mesi per rimediare. Il rapporto della Bce sui prestiti
 all'economia mostra che c'è un po' di allentamento anche sui tassi alle imprese piccole e medie, scesi al
 4,17% contro una media euro non distante, al 3,79%. Inoltre a Bruxelles l'applicazione delle regole avviene in
 un clima che sembra molto meno ultimativo e intransigente rispetto a quello del 2011. Infine, la promessa
 della Bce di utilizzare nuovi strumenti monetari in caso di necessità è sufficiente a correggere la miopia degli
 ottimisti senza toglier loro il buon umore.
   Nel complesso dunque l'aggiustamento istituzionale europeo ha aperto una finestra di opportunità per
 rafforzare l'economia italiana prima che sia troppo tardi. E ce n'è bisogno: nelle previsioni dell'Ocse e della
 Commissione la ripresa trainata dai settori esportatori - controprova del necessario recupero di competitività -
 non è molto evidente. Il contributo dell'export alla crescita è pari allo 0,2% del Pil quest'anno, ma si azzera
 l'anno prossimo, quando sarà solo la domanda interna a sostenere l'economia. È un sintomo di ciò che tutti
 pensano: la parte strutturale della terapia anti-crisi è ancora assai incompleta. Ed è un vero guaio perdere
 questa occasione: la combinazione tra la ripresa nella domanda interna e un sistema bancario più sicuro
 permetterebbe la fondamentale ripresa degli investimenti, la riqualificazione delle produzioni e il recupero di
 competitività.
  È in questo quadro che si misurano le responsabilità della politica. La fragilità economica e la fragilità politica
 italiane sono infatti due facce della stessa medaglia. Sapere che cosa deve essere fatto non è mai stato il
 problema italiano. Ma farlo... quella è sempre stata un'altra cosa. Le riforme istituzionali su cui si litiga in
 questi giorni, per esempio, servono a rendere più efficiente il processo legislativo e quindi a realizzare

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                        22
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 politiche economiche tempestive. La crescente aggressività di toni sulla riforma del lavoro pesano di più se il
 processo decisionale è farraginoso e quello legislativo particolarmente lungo. Se la politica non sarà in grado
 di prendere decisioni, non c'è ragione di pensare che la crescita italiana sia più che insignificante. Un clima
 finanziario benevolo può distrarre Parlamento e governo dalle emergenze, ma se chi prende le decisioni ha
 bisogno di spaventarsi, è sufficiente che pensi al fatto che, per i prossimi 10 anni almeno, l'Italia dovrà
 assicurare una differenza tra entrate e spese pubbliche (al netto della spesa per il servizio del debito) vicina
 al 5% del Pil. Senza un'economia che cresce, sarà politicamente impossibile.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Debito/Pil Più che il valore assoluto del debito, un
 importante indice della solidità finanziaria ed economica di uno Stato (come prescritto anche nel caso del
 Patto di stabilità e crescita della Ue) è il rapporto tra il debito pubblico ed il Prodotto interno lordo, in quanto il
 PIL in questo caso rappresenta un indice o parametro di quanto lo Stato è in grado di risanare il proprio
 debito pubblico tramite ad esempio l'imposizione fiscale.

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 L'ANALISI
 Un impatto molto forte sui risparmiatori stranieri

 Paolo
  Bernasconi Ecco un'altra data storica per gli Stati a fiscalità forte: la Svizzera e Singapore si arrendono di
 fronte al fuoco incrociato del G20, dell'Ocse e dell'Ue. La capitolazione viene annunciata alla Conferenza
 annuale dell'Ocse. Si teme la prossima ispezione dei Commissari Ocse e si vuole allontanare lo spettro della
 lista nera. Si apre contemporaneamente una nuova stagione di negoziati del Governo svizzero, che potrebbe
 durare alcuni anni. La priorità verrà data ai Paesi membri dell'Unione europea, dopo che è caduta la
 resistenza dell'Austria e del Lussemburgo, e ciò sulla scia del programma Fatca avviato dagli Usa. La base di
 lavoro: le 42 pagine del Rapporto pubblicato il 17 gennaio di quest'anno dal Comitato degli Affari fiscali
 dell'Ocse, già benedetto anche dal G20 e dall'Ue. Quindi, mentre alcuni Paesi vagheggiano l'entrata in vigore
 per il 1° gennaio 2017, per la Svizzera i tempi saranno molto più lunghi. Il Rapporto comune contiene come
 allegato anche il modello dei futuri Trattati bilaterali, che però non è vincolante. La destinazione è però
 definitivamente fissata. Un tema di battaglia sarà sicuramente quello della retroattività, ossia stabilire se le
 informazioni che verranno scambiate dalla Svizzera con i Paesi prescelti potranno riguardare situazioni e
 comportamenti precedenti all'entrata in vigore di ciascun Trattato bilaterale. Un'altra condizione che è già
 stata posta dal Governo svizzero è, ovviamente, quella della parità di trattamento, nel senso che lo scambio
 automatico comincerà da parte della Svizzera solamente quando sarà cominciato anche da parte delle piazze
 finanziarie dello stesso calibro. Inoltre, un'altra condizione preannunciata dal Governo svizzero è quella della
 reciprocità, ossia che gli Stati destinatari di informazioni da parte della Svizzera forniscano al fisco svizzero le
 informazioni riguardanti i contribuenti svizzeri. Lo standard comune (il cosiddetto Common Reporting
 Standard/CRS) si riferisce a ogni tipo di reddito lordo da capitali, dividendi e ogni altro reddito generato,
 pagato oppure accreditato a favore di un determinato conto bancario, come pure a ogni reddito lordo
 derivante dalla vendita o cessione in qualsiasi modo di proprietà.
   L'impatto sulla clientela, non soltanto quella privata ma anche quella aziendale, potrà essere violento.
 Questa è la ragione per cui le banche svizzere, già da un paio di anni, si stanno preparando in modo da
 giungere al D-Day con il volume minimo possibile di patrimoni non conformi fiscalmente.
   La preoccupazione riguarda però un impatto di altra natura: grazie alla massa di informazioni messa a
 disposizione al fisco dei Paesi prescelti, le autorità degli stessi potranno apprendere in modo completo e
 preciso quali fossero i modelli di affari messi in atto dalle singole banche e società finanziarie svizzere. Farà
 strada pertanto, ancora una volta, il modello Usa: ancora recentemente, le autorità Usa hanno avviato
 procedure contro il Credit Suisse per asserite violazioni di norme di regolamentazione bancaria e borsistica
 interna, scoperte proprio in base ai dati forniti al fisco.
  Quale sarà la reazione del popolo svizzero, che da qualche tempo comincia ad affezionarsi al giocattolo del
 referendum e del voto popolare? Il colpo è molto duro, poiché nessuno finora ha osato dire al popolo svizzero
 che nel 2008 era cominciata la guerra finanziaria da parte degli Usa contro le banche svizzere, che agli Usa
 si erano alleati il G20, l'Ocse, l'Ue e i loro paesi locomotori, che la guerra sarebbe durata ancora parecchi
 anni e che le sconfitte subite avrebbero costretto la Svizzera a una capitolazione tanto meno gravosa tanto
 più fosse stata celere.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                     24
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 L'ANALISI
 L'urgenza di politiche monetarie espansive

 Riccardo
  Sorrentino L'euro punta di nuovo al rialzo: ha superato 1,39 dollari, e resta elevato verso tutte le valute. Gli
 interessi a breve termine di Eurolandia sono in tensione: ad aprile l'Eonia (overnight) medio è stato pari allo
 0,254%, il triplo dell'anno precedente, lo stesso livello del tasso di riferimento, già superato dall'Euribor a tre
 mesi.
  I mercati finanziari lanciano segnali preoccupanti e preoccupati alla Banca centrale europea. Se li si
 considera, come è ragionevole fare, un "termometro" delle condizioni monetarie, indicano che l'orientamento
 della Bce non è abbastanza espansivo. Il loro messaggio si aggiunge inoltre a quello dell'economia reale: i
 prestiti alle aziende calano ancora, malgrado un aumento della domanda di credito e persino un leggerissimo
 miglioramento nella propensione delle banche a fornire credito; e l'inflazione, per quanto condizionata da
 fattori non sempre governabili dalla politica monetaria, resta bassa.
  Non basta per intervenire di nuovo? Pochi, tra gli analisti, si aspettano qualcosa dalla riunione di domani
 della Bce. Giugno, con la pubblicazione delle proiezioni trimestrali su Pil e prezzi, sembra essere il momento
 più appropriato.
  Anche allora, però, la Bce non potrà che intervenire con un piccolo taglio del tasso di riferimento (lo spazio
 residuo è di 0,25 punti...), e forse con l'introduzione di tassi negativi sui depositi. L'unico intervento che possa
 incidere sui bilanci delle banche, quel quantitative easing che, con l'acquisto di titoli di Stato, libererebbe
 risorse per usi alternativi agli investimenti in bond, non è ancora possibile. Non solo e non tanto per la nota -
 ma non categorica... - opposizione tedesca, quanto per l'esigenza di evitare di risanare a un prezzo troppo
 basso aziende di credito non sane, premiandole.
  La Bce è impegnata in una difficile valutazione, l'asset quality review, degli attivi delle banche. Il processo
 sarà seguito dagli stress test di ottobre. Quale sarà l'esito di questo lungo esame è noto: il presidente della
 Bce Mario Draghi ha evocato il concetto della "distruzione creativa" di Joseph Schumpeter, una nobile
 espressione per dire a tutti che alcune banche dovranno essere accorpate, altre potrebbero chiudere (con
 tutte le garanzie per i correntisti). Fin quando le diagnosi non saranno chiare, sarà difficile che la Bce possa
 adottare misure incisive, per non alterare i test.
  Quello che può fare, da qui a ottobre, è curare la propria credibilità, mostrare che alle parole possono
 seguire i fatti, andare avanti in quella che - se sarà il caso - potrà apparire in futuro un'escalation di misure,
 ciascuna mirata a risolvere un problema. Al momento, mercato monetario ed euro sembrano le situazioni più
 urgenti e alla Bce non mancano gli strumenti per intervenire: tassi negativi sui depositi per il cambio e
 un'ampia scelta di interventi che vanno dalla fine della sterilizzazione dei titoli già acquistati - di natura
 temporanea, perché molti bond sono vicini alla scadenza - alle operazioni di liquidità per i tassi a breve.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                     25
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 Il Nobel Stiglitz. Per rafforzare l'unione monetaria tra gli obiettivi vanno incluse crescita e occupazione
 «Un mandato più ampio per l'Eurotower»
 .

 ROMA
   Il diavolo si annida nei dettagli. Ne è convinto il premio Nobel Joseph Stiglitz, che ieri ha tenuto nell'aula
 magna della Luiss la lezione Angelo Costa, dedicata a un'analisi sul futuro della moneta unica.
  Per Stiglitz tra i "dettagli" trascurati al momento di progettare l'euro c'è stata l'incapacità di definire i modi per
 far fronte a uno shock esterno, com'è stata la crisi internazionale del 2007. Con l'euro «si è dato vita a un
 sistema inefficiente e intrinsecamente instabile» ha osservato, ricordando che negli Stati Uniti, quando il
 sistema bancario si è trovato alle prese con la crisi finanziaria, il Governo non ha esitato a mettere mille
 miliardi di dollari sul tavolo per far riaffluire i capitali nel paese. Invece in Europa, secondo Stiglitz, non si è
 pensato a costruire da subito un sistema in grado di reagire prontamente alle crisi: «Quando è stato creato
 l'euro tutti, a cominciare da Robert Mundell, si rendevano conto che non erano state soddisfatte le condizioni
 necessarie per una moneta condivisa. Ma è stata un'iniziativa politica e non economica».
  Stiglitz si è poi soffermato su tutti i mali causati da quella che a suo giudizio è stata una dose eccessiva di
 austerity: la recessione non ancora scongiurata, la disoccupazione al 12%, i costi elevatissimi in termini di
 capitale umano, la perdita cumulata di prodotto potenziale. Tutti elementi che danno il senso dell'urgenza di
 un salto di qualità nelle politiche europee. Per uscire dalla crisi, ha spiegato, all'Eurozona «serve un quadro
 fiscale unico, un sistema finanziario comune con l'Unione bancaria e un'armonizzazione delle aliquote, senza
 la corsa al ribasso nella tassazione alle imprese». Ma, soprattutto, ha aggiunto «serve una modifica nel
 mandato della Bce, che non deve concentrarsi solo sull'inflazione ma anche su crescita e occupazione».
 Senza modifiche profonde, ha ribadito, il sistema non è sostenibile. E un brivido è corso in sala quando
 l'economista, pur riconoscendo che un break up dell'euro porrebbe ai singoli partecipanti dilemmi dolorosi,
 non ha escluso l'idea di una ristrutturazione del debito. «Se proprio ci deve essere una rottura dell'unione
 monetaria - ha concluso, rispondendo a una domanda su un'ipotetica fine della moneta unica - allora la via
 più facile sarebbe che la Germania fosse la prima a dire addio»
  R.Boc.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/05/2014                                                                        26
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 INTERVISTA Amartya Sen
 «All'Europa servono politiche strutturali ma non l'austerity»
 «Unione fiscale, politica e poi bancaria: non può esserci approccio diverso da questa sequenza»
 Davide Colombo

 ROMA
  È un'Europa avvolta in una sorta di amnesia generale quella che si avvicina alle elezioni. Un continente che
 sembra aver dimenticato le lezioni fondamentali non solo della macroeconomia ma anche dei grandi classici
 come Adam Smith, A. C. Pigou, J. M. Keynes, Alfred Marshall. Governi che hanno confuso la necessità di
 realizzare riforme strutturali per sostenere la crescita con gli obiettivi di austerity. L'analisi, dai toni forti, arriva
 da un europeista tra i più convinti: Amartya Sen, premio Nobel per l'economia, da ieri a Roma per una serie di
 convegni a partire da quello organizzato dall'Accademia dei Lincei per ricordare un altro scienziato sociale,
 Albert Hirschman - appuntamento al quale ha partecipato anche il presidente Giorgio Napolitano - per
 proseguire oggi con un seminario sul tema del welfare e dello sviluppo territoriale, cui parteciperà su invito di
 Censis e Unipol.
  «Le politiche dei governi europei degli ultimi anni - spiega Sen in questo colloquio con il Sole 24Ore - sono
 piene di errori. Si è confuso l'obiettivo dell'austerity con quello dei programmi strutturali indispensabili per
 sostenere l'economia. Ma quando il reddito disponibile dei cittadini crolla e la disoccupazione raggiunge livelli
 insostenibili l'ultima cosa da fare sono i tagli di spesa».
  Professore è stata la scelta dei consolidamenti fiscali a portarci dove siamo oggi?
  L'Europa sta uscendo da una lunga recessione con una ripresa ancora debole e senza aver risolto le sue
 vulnerabilità di fondo. Tutti gli indicatori sono peggiorati: il reddito pro capite, il tasso di occupazione, la
 diffusione di capitale e la capacità degli individui di rimettersi in gioco sul mercato del lavoro. In questo
 contesto servono politiche capaci di riavviare l'economia, ridare abilità alle persone che sono senza impiego,
 servono politiche di contrasto alla povertà. I governi devono trovare più entrate per finanziare queste misure
 non devono solo tagliare la spesa, altrimenti s'innescano solo spirali negative. Servono più servizi alla
 persona, persino Bismarck lo aveva compreso ai suoi tempi.
  È il prezzo che stiamo pagando per aver adottato la moneta unica?
  Ho sempre sostenuto che fare l'unione monetaria prima di aver realizzato l'unione politica, fiscale e bancaria
 è stato un grave errore. L'unione bancaria non rientrava nella visione d'Europa di Altiero Spinelli e del suo
 manifesto di Ventotene. I paesi dell'Unione hanno economie molto diverse e quello che può avvantaggiare
 l'ex area del marco non va bene per un'economia che utilizzava la dracma. Ci penalizza il differenziale di
 competitività?
  Nel contesto attuale il limite maggiore dell'euro è l'incapacità di fare svalutazioni che consentano maggiori
 spazi di competitività. In questo modo sono spiazzate le imprese e gli stessi lavoratori.
  Da dove si può ripartire?
  Da una politica più forte e coraggiosa orientata alla crescita e basata su un maggior coordinamento. Non c'è
 altro approccio fuori da questa sequenza: unione fiscale, unione politica e unione bancaria.
  Quali priorità bisognerebbe affrontare con maggiori spazi fiscali?
  Bisogna ridurre la diseguaglianza sociale. È una delle priorità anche se non la sola. Il mio amico Joe Stiglitz,
 che è anche lui un convinto sostenitore del progetto di unione europea, ha studiato l'impatto che una
 crescente diseguaglianza può determinare sul potenziale di crescita di un'economia. Servono, lo ripeto,
 politiche fortemente orientate alla crescita e allo sviluppo del capitale umano. Bisogna uscire da misure anti-
 debito che equivalgono a misure anti-crescita. I debiti sovrani europei erano molto peggiori dopo la seconda
 guerra mondiale ma grazie alla crescita economica i paesi sono riusciti a ripagarli.
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 Foto: Premio Nobel. Amartya Sen

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