ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano

Pagina creata da Roberto Righi
 
CONTINUA A LEGGERE
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
ALTO ADIGE
PAESAGGI E BORGHI D’ITALIA
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
ALTO ADIGE
PAESAGGI E BORGHI D’ITALIA
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
L’Italia parla la sua lingua più sincera e potente attraverso paesaggi
unici e piccoli borghi che, dall’entroterra alle coste, raccontano i ter-
ritori attraverso i segni della natura e gli insediamenti dell’uomo ma
anche con la storia, la cultura e le antiche tradizioni delle popolazioni
che li abitano.
L’opera dei più illustri letterati italiani e stranieri e le testimonianze
dell’architettura e dell’arte descrivono le tante destinazioni eccellenti
di uno straordinario viaggio sentimentale alla scoperta di una terra
che emoziona.
100 Paesaggi e 1000 Borghi, tra storici e marinari: una varietà e una
ricchezza di immagini difficile da eguagliare in tutto il mondo e ovun-
que si può trovare un’ospitalità autentica e cordiale che fa sentire il
turista a casa.
“Viaggio Italiano” accompagna a visitare l’Italia e a “vederla” con la
sensibilità dell’artista, del viaggiatore vero e dell’interprete appassio-
nato dell’identità dei luoghi.
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
ALTO ADIGE

                                                                       INDICE

                                                                           PAESAGGI
L’ALTO ADIGE E LE SUE VALLI DA NORD A SUD.................................................................................9
L’ALTO ADIGE E LE SUE VALLI DA EST A OVEST..............................................................................29
LE DOLOMITI .....................................................................................................................................................45

                                                                              BORGHI
CAMPO TURES..................................................................................................................................................68
CASTELROTTO................................................................................................................................................. 70
CHIUSA.................................................................................................................................................................. 72
EGNA...................................................................................................................................................................... 74
GLORENZA.......................................................................................................................................................... 76
VIPITENO.............................................................................................................................................................. 78

BIBLIOGRAFIA PAESAGGI........................................................................................................................... 82
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
6
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
PAESAGGI

   7
ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
8
L’ALTO ADIGE E LE SUE VALLI
              DA NORD A SUD

                                            di fieno, hanno la piacevolezza e
L’Alto Adige: quando il paesaggio           la dedizione di raffinati giardini.
diventa identità e l’identità pae-          Sobrietà e ornamento “nordico”
saggio. “Un paesaggio non più               convivono in architetture forti e
italiano e non ancora tedesco”              insieme serene, capaci di dare
come dice Giorgio Bocca, ma                 importanza ai monumenti della
soprattutto una veduta sempre               storia più antica, come ai luoghi
stupefacente per la combinazio-             della vita e del lavoro quotidiano.
ne speciale di forza e di grazia,           È stato scritto che attraversando
per una maniera unica di porsi              queste terre “se ne riceve la net-
agli occhi del visitatore ispirando         ta impressione di un’esistenza
ovunque una sensazione di cura              fattiva ed agiata”, il tutto vissuto
amorevole e costante. Ci sono le            dentro la cornice dei paesi ap-
cime dei monti più spettacolari             poggiati tra i monti come nelle
d’Europa, i boschi e i prati d’altura       civilissime piccole città che con-
che disegnano gioielli con infinite         servano un’atmosfera “romanti-
gradazioni di verde, e ci sono le           ca” vera, non esibita ma autenti-
campagne dove le colture delle              ca, frutto di un preciso modo di
vigne, degli alberi da frutto, dei          vivere conservando come meglio
piccoli orti, persino delle distese         si può cultura e natura.

                                        9
Il Brennero ci aspetta. Al di là di Bressanone comincia a salire
           la via che supera uno dei varchi più importanti della cerchia
alpina. Affrettiamoci a dare un saluto ai castani e alle viti; fra poco
non ci si faranno innanzi che praterie e boschi di pini, e sulle cime più
eccelse diademi di ghiaccio e neve.
La vegetazione non muore del tutto mai; l’allettano questi orizzonti
cristallini e fin nella fredda e triste valloncella in cui si trova la stazione
del Brennero il dorso degli alberi ci si mostrerà vestito d’alberi
e morbido d’erbe e stillante d’acque.

                                                 Giovanni de Castro, 1869

          (Passo del Brennero) Ma ecco che l’aria a poco a poco
          s’imbruna; i particolari sfumano e le masse si fanno sempre
più grandi e imponenti; infine, mentre innanzi a me tutto passa come
un fosco quadro misterioso, ecco da lontano ancora delle cime
biancheggianti illuminate dalla luna. Adesso non aspetto se non che
l’aurora rischiari questa gola di rupi in cui mi sono inerpicato
sulla linea di confine tra sud e nord.

                                           Johann Wolfang Goethe, 1786

                                      10
[…] Giunto verso le nove a Sterzing (Vipiteno), (il postiglione)
          mi si fece comprendere che si aveva fretta di rimettersi in
cammino. […] Così procedemmo fino a Bressanone, dove si riprese il
cammino […] come sempre vertiginosamente, finché allo spuntar del
giorno arrivammo a Collmann (Kollmann, Colma). […] Allo spuntar del
giorno, scorsi i primi vigneti e incontrai anche una donna con pere e
pesche. Si continuò così di gran trotto fino a Teutschen (Santa Trinità
sul Renon), dove arrivai alle sette per rimettermi subito in cammino.
E dopo d’aver preso un poco verso nord, scorsi finalmente, e il sole
era già alto, la valle in cui giace Bolzano. Bolzano è tutta circondata da
ardui monti, coltivati fino a una certa altezza, […]. Al piede del
monte le colline sono coltivate a viti.

                                   Johann Wolfgang von Goethe, 1786

                                    11
Dal Brennero la strada portava in giù, presto la neve si sciolse,
          comparvero tratti verdi. Pranzammo a Bressanone, all’una e
mezza, mangiamo zuppa di piselli e trota, bevemmo del vino rosso
tirolese. […] raggiungemmo Bolzano dopo le 3 e scendemmo
alla “Kaiserkrone”.

                                         Hans Christian Andersen, 1872

          L’Isargo è un fiume operoso. […] E incollerito precipita di rupe
          in rupe, serpeggiando tra le roccie di porfido che accennano
spesso di chiudergli la via e che gli lasciano uno stretto passaggio,
perché la valle è formata da una serie di conche, i cui orli grandiosi
costellati di punte diamantine sorprendono l’occhio anche
più abituato alle bellezze alpine.

                                               Giovanni de Castro, 1869

                                    12
Similmente nel contorno di Brixen (Bressanone), in sulla
        via che mette a Innsbruck, è il santuario della Madonna
del Soccorso, e a trecento passi da quello, più accosto alla valle di
Brunechen (Val Pusteria), giace l’antica Badia di Neistift
(Abbazia di Novacella).

                                                Antonio Bresciani, 1840

           Per cena venimmo in una sola tappa a Brixen (Bressanone),
           quattro leghe; cittadina assai graziosa attraversata dal detto
fiume (l’Isarco) sotto un ponte di legno, e sede di vescovado. Vedemmo
qui due chiese assai belle, e fummo alloggiati all’aquila, ottima locanda.
La pianura non è molto ampia; ma i monti d’intorno - specie sulla nostra
sinistra - si stendono dolcemente da lasciarsi acconciare e pettinare
fino alle orecchie, e tutto è pieno di campanili e villaggi fino a
grande altezza sui monti.

                                             Michel de Montaigne, 1581

                                    13
Amico mio, Brixen, che gli Italiano dicono Bressanone, è una
          gentile città posta in bellissimo sito a piè delle montagne, che
dall’un lato conducono in Baviera, e nella Pusteria dall’altro. Essa è la
sede del principato, e sorge in mezzo a larghe praterie ombrate da
folte macchie d’alberi, e tutte corse dalle fresche Bressanone acque
delle fontane, che scendono limpidissime e copiose dalle
circostanti valli.

                                                 Antonio Bresciani, 1840

           I dintorni di Brixen (Bressanone), per luogo montano, sono
           assai deliziosi; conciossiaché le montagnuole, che costeggiano
il Rienz (Rienza) e la diritta mano dell’Eisack (Isarco), porgono alla vista
le più graziose prospettive che mai vedeste. Noi eravamo nell’agosto
quando i frutti degli alberi maturano, i prati da tante acque irrigati
verdeggiano, sono biondeggianti i campi della vena, della segala,
dell’orzo e della spelta: per il che i dossi e le chine d’e monti
paiono variamente dipinti.

                                                 Antonio Bresciani, 1840

                                     14
Se mai vi foste dimenticate le casette di legno con cui
         giuocavate da bambini, Bressanone ve le ricorda.
È una città in miniatura; tutto vi è pulito, ridente e grazioso.

                                                  Giovanni De Castro, 1868

           (Bressanone) – la città santa del Trentino e del Tirolo – siede
           nell’angolo formato dall’Isargo e dalla Rienza. I due fiumi
chiudono nel mezzo bellissime isolette di ontani e salici (Non vidi mai
tanti salici come da Bolzano a Bressanone). La natura ha una grazia tutta
italiana. C’è una luce ed un profumo che ricorda la nostra Brianza. Ti
diresti non a piè del Brennero, ma a piè delle ultime diramazioni delle
Alpi. Quegli insensibili pendii si vestono di un’erba soffice e fina. I dintorni
della città sono tutti a viti. E cime più elevate a castani. Quei
prati danno proprio una matta voglia di correre e di saltare.

                                                  Giovanni De Castro, 1868

                                       15
La strada tra Bressanone e Bolzano è estremamente
          romantica. Sulla destra si vedono rocce aguzze, sulla sinistra,
scoscesi precipizi e di sotto, la corrente rapida dell’Eisack (Isarco),
che potrei quasi definire una cataratta lunga varie miglia. Eppure il
suolo aspro è molto spesso diversificato perché ci sono dei punti pieni
di frutti e milioni di vigne spuntano fuori tra le rocce. Le vigne sono
particolarmente ben coltivate. Il vino del Tirolo è molto buone ed
economico; sono sorpreso che non arrivi a nord; o lo beviamo forse
con un’etichetta più sofisticata? Sulla strada si vedono dei crocifissi a
centinaia. I devoti li hanno adornati di decorazioni di tutti i tipi. In alcuni
luoghi il Salvatore ha dei mazzolini di fiori ai piedi; in altri, granturco
tra le braccia. In un caso c’è una vigna a lato del crocifisso, che ne è
completamente avvolto dalla testa ai piedi, tanto dovremmo
pensare di trovarci di fronte a una rappresentazione di Bacco.

                                                 August von Kotzbue, 1805

           Da Bressanone a Chiusa la strada segue la riva destra
           dell’Isarco, che ha già l’aspetto di un fiume notevole; ad
intervalli regolari, rocce di granito verde si elevano attraverso la valle
come delle mura in rovina, dando al paese un spetto fra i più selvaggi
[…] il convento di Seben è stato edificato sulla cima di una piramide
di roccia. Ai piedi e sui fianchi del monte, dodici o quindici terrazze
naturali, cariche di vigne, si alzano ad anfiteatro come gradini di un
grande salone. […] Dopo Chiusa, attraversando una gola profonda, ho
notato una maniera assolutamente nuova di irrigare i prati che per la
loro elevazione non erano suscettibili di coltura. Una ruota enorme,
munita di grandi recipienti depositava, passando, l’acqua di cui si
era riempito nell’Isarco in un tubo che conduceva a diversi
canaletti. Qui hi riconosciuto di nuovo il genio tirolese.

                                                  M. Frédéric Mercey, 1833

                                      16
Tra Bressanone e Kollmann (Colma) abbiamo incontrato sul
        lato sinistro della strada un convento femminile,
chiamato Sabiona, costruito su rocce scoscese, molto in alto.

                                                     Marianne Kraus, 1791

           A mezzo il mattino si giunse a Clauzen (Chiusa), ch’è una fortezza
           in quadro con alte mura a merli, bertesche e contrafforti; e di
là si pervenne fino a Colmann (Colma), ch’è una doppia terra di qua e di
là dall’Eisack (Isarco), congiunta da un gran ponte di legno, tutto a guisa
di lunghissima galleria ricoperto. Ivi soprastando alquanto, si salì ad un
albergo, ove ci fu imbandita quella famosa minestra, ch’è il nettare d’e
Tedeschi, e la si dicono speckcannedel (Speckknödelsuppe,
minestra di canederli allo speck).

                                                  Antonio Bresciani, 1840

                                     17
Da Bolzano in su gli alberi sono diversi; non più italiani, non
           ancora tedeschi. Questa terra di nessuno e di entrambi.
Scompaiono i tabernacoli e le cappelle venete con i santi contadini
che hanno colori rosso, blu, oro e visi bonari; e già comincia la terra dei
crocifissi lignei sotto il tettuccio a guardia dei sentieri. […] Un paesaggio
non più italiano e non ancora tedesco; nelle ombre fitte e taciturne
delle abetaie si possono aprire anche psicologicamente dei giardini, il
riso e il canto sciolto della val Gardena, dove la giuntura è allo stato
di mescolanza: i ladini che parlano tedesco, cantano italiano, hanno
parentele venete. […]
A Bressanone la valle si divide: a sinistra la valle ombra dell’Isarco,
a destra quella luce del Rienza, la Pusteria. Ombra e luce stanno,
ovviamente per impressioni psicologiche. La valle dell’Isarco è una valle
ombra perché è scabra, chiusa, come ossessionata dall’attesa del valico.
Curva dopo curva, pianoro dopo pianoro, sempre quell’indicazione del
“Brenner pass” “Passo del Brennero” quell’avvicinarsi al punto
della separazione definitiva.

                                                      Giorgio Bocca, 1964

                                     18
Giunsi a Bolzano con un bel sole allegro. La visita di tutti
         quei volti di mercati mi piacque: se ne riceve la netta
impressione di un’esistenza fattiva ed agiata. Sulla piazza erano sedute
de fruttivendole; nelle loro ceste rotonde e piatte, larghe più di
quattro piedi, le pesche erano ben allineate, in modo da non
schiacciarsi; così pure le pere.

                                   Johann Wolfgang von Goethe, 1786

           Adesso sono a Bolzano […]. Ora davanti al nostro albergo Al
           Sole c’è un mercato della frutta tale che voi non avete mai
visto in vita vostra, pere, prugne, uva, noci, fichi: perché qui crescono
già i fichi e presto arriveremo anche dove crescono alberi di
aranci e limoni.

                                        Johann Gottfried Herder, 1788

                                   19
(Bolzano) è una città piuttosto considerevole e ricca, tanto per
          le sue fiere, quando per la sua posizione geografica, che le dà
il mezzo di trafficare senza gran difficoltà colla Svizzera, Alsazia, Baviera,
Carinzia, Carniola e colla parte settentrionale dell’Italia. I contorni di
Bolzano sono pittoreschi, il suolo fruttifero, e sebbene a cinquanta
miglia al nord di Roveredo, pur dobbiamo cederle il vanto in fatto di
grani, frutta, legumi, uve & C. Le sete e i tabacchi non valgono molto,
ma i vini che fanno que’ bolzanesi sono squisiti e se li bevono e godono
copiosamente e in allegria. Hanno essi un proverbio che ripetono, e che
mettono in pratica, più volte al giorno:
Qui bene bibit bene dormit:
Qui bene dormit non peccat:
Et qui non peccat in Pardisum volat.

                                          Giacomo Gotifredo Ferrari, 1830

                                     20
Bolzano nel Tirolo, 16 ottobre 1883
         Caro consigliere di giustizia Hegel,
non avrei pensato di scriverle di nuovo nel corso dell’anno dal Tirolo,
ma il tempo, la temperatura e in generale tutto quanto è qui così
magnifico, al confine con l’Italia, che non riusciamo a strapparcene, e
ragionevolmente credo che rimarremo qui fin verso (la fine del) mese.
Da Gossensaß (Colle Isarco) siamo partiti un po’ più di una settimana fa.
La neve era alta, e quaggiù, dopo 2 ore e mezzo di ferrovia, ci
ritroviamo nel bel mezzo della vendemmia.

                                                      Henrik Ibsen, 1883

          A Bolzano finirà il nostro giro di mezza estate; lo prolunghia-
          mo trattenendoci per una settimana in questa antica città
medioevale e, per una settimana, le guglie dello Schlern (Sciliar) e la
grande parete del Rosengarten (Catinaccio) saranno ancora in vista ol-
tre l’Eisack (Isarco). Finché tutte le sere potremo scender fino a al vec-
chio ponte dietro la Cattedrale per ammirare il tramonto che incendia
quelle magiche vette, avremo la sensazione di non essercene ancora
definitivamente allontanate. Sono le nostre ultime Dolomiti e
da qui ben presto, troppo presto, diremo loro addio.

                                                  Amelia Edwards, 1973

                                    21
Come giace distesa, luminosa e ridente
           La città di montagna: dolce e pesante risuona da lei
Il passato, e leggera scivola intorno a me
La canzone d’amore da Walther.
Là si allargherà lo spazio per la neve alpina,
l’anima, sulle ali dello scampanio della sera,
si innalza a quell’ultimo rosseggiare
nel giardino in cui fioriscono le rose di Laurino.
E non sono nemmeno argento, queste sante guardie,
sfiorate dal piede della creatura celeste,
già sbocciate dal prodigioso giardino delle rose,
di cui resta sulla mia anima il dolce profumo.
Oh, se la sua meraviglia si manifestasse
a me, a te, al bambino che tende la mano verso di loro!
Non appena penso questo, una verde fiammella
sprizza, e tutte le rose divengono scure.

                                             Gerhard Hauptmann, 1923

          (Un giorno a Bolzano) Mi incammino verso i Portici. Bisogna
          bene andar subito a presentare i nostri omaggi a questa
caratteristica via, Venire a Bolzano e non andare a salutarla, sarebbe
imperdonabile, come andare a Padova e non vistare il
Pedrocchi, o a Venezia e non girare sotto le Procuratie.

                                                      Tiziana Melli, 1932

                                    22
[…] La Weinstube, Cà de Bezzi, è il più caratteristico ritrovo
          di Bolzano. È una casa del XIV secolo, a due piani, piccolina,
col suo erker e l’edera che si arrampica a ombreggiarla da un lato. Sulla
porta, in ferro battuto, pende l’insegna dei vinai: il Buschen, così detto.
[…] Per fortuna non vendono soltanto vino, e posso fermarmi anch’io in
quel famoso angolo dove i poeti fantasticavano, e cantavano le
bellezze del paese dell’Adige.

                                                         Tiziana Melli, 1932

          Quando siamo entrati nella valle di Bolzano ci siamo stupiti di
          trovare l’area dolce e temperata. Le vigne erano tutte verdi,
così come erano fioriti i salici, le rose, i lamponi e molti alberi e cespugli.
Una vera e propria primavera nel bel mezzo dell’inverno e della neve.
Ciò deriva dal fatto che la città è riparata dai venti cattivi e,
forse, da altre circostanze di esposizione del terreno.

                                        François-Maxímilien Misson, 1688

                                      23
Davvero difficile pensare a un panorama più bello. Sembra
            tutto un enorme frutteto e vigneto, con qua e là piccoli paesi
e case; è circondato da montagne in gran parte ricoperte di boschi sulle
vette e, sulle loro pendici si vedono chiese, castelli e case sparse. […]
Due parole sul panorama di Bolzano: da segnalare la cuspide e il tozzo
spazioso campanile gotico della chiesa, di notevole bellezza, ma la torre
quadrata su cui si innalza a quanto pare non ha le giuste proporzioni. […]
I fichi, i melograni e i cedri vengono coltivati alle pendici delle colline;
mentre i prodotti del fiume sono molto diffuse e di ottima qualità. […]
La città ha numerosi portici, come a Berna e rivi d’acqua fresca
passano in strada.

                                           Charles Joseph Latrobe, 1832

            Il borgo di Caldaro è un luogo di millecinquecento abitanti,
            sitato nella diocesi di Trento. Dall’alto della collina su cui è
collocato, si gode una vista estremante pittoresca. Da una parte gli occhi
si riposano piacevolmente su un piccolo lago dalle acque tranquille che
dormono nel seno di un vallone, dall’altra osservano una corona di vigne
fertili, coltivate con i migliori vini nobili d’Italia. Il borgo, anche
se costruito all’antica, è ben realizzato.

                                              Don Antonio Riccardi, 1840

                                     24
Soprabolzano (Oberbozen), dove mi sono fermato per la
           colazione, è un luogo di soggiorno che mi è parso ancora
più gradevole in quanto vi arrivavo pressoché morto di fatica e di
spossatezza. Nella bella stagione, questo posto è frequentato da molti
valligiani benestanti e dagli abitanti della zona di Trento, che vengono a
respirare l’aria di montagna e a godere i piaceri di una casa molto ben
tenuta e di una società scelta. […] L’immensa e magnifica vista che si gode
da queste altezze ripaga ampiamente di tutte le fatiche. Scorgevo ai miei
piedi Bolzano e i suoi superbi dintorni; più lontano si snodava l’Àdige dalle
celeri onde; […] (le piramidi argillose), formate dall’acqua che circolando
ha asportato attorno ad esse le parti di terreno meno solide rispetto al
nucleo, sono piazzate là come un gigantesco gioco di birilli.

                                                       M. Fédéric Mercey, 1833

           Era ancora alto il sole quando giungemmo a Salurn (Salorno),
           dove i cavalli delle poste, in luogo d’essere nelle stalle, erano
sciolti per li prati a pascer l’erba, come, lungo il Simoenta ed il Xanto, i cavalli
d’Achille. […] In contesto paesello di Salurn, sul ciglio d’una scheggiosa
rupe, era un tempo fabbricata una rocca [la Haderburg, Castel Salorno],
inaccessibile a chi non era falcone o sparaviere, poiché lo scoglio v’è da
tutte le bande così nudo, scosceso e isolato, che non vi si potea giugnere
se non per mezzo d’alcuni ponti che cavalcavano di rupe in rupe,
fino ad appoggiarsi al dosso di quel rapidissimo sasso.

                                                       Antonio Bresciani, 1840

                                         25
Kaltern (Caldaro) presso Bolzano, Tirolo, 15 settembre 1876
         Caro signor Hegel,
[…] La regione, quaggiù al confine con l’Italia, è straordina-
riamente bella, e il clima è il più gradevole che ci si possa
immaginare.
                                                     Henrik Ibsen, 1876

           Quel giallo squillante e festoso decorava le rive delle montagne,
           ai lati della strada, le siepi o i giardini delle casette e delle
villette, con ininterrotta frequenza, da Rovereto e Trento, da Trento
fino a Bolzano: e mi pareva identico, o quasi, al giallo delle ginestre. Ma
capivo che ginestre non erano: distingueva qualcosa di più delicato, più
fragile ed eretto, in ciascun arbusto: e, nei fasci, nei ciuffi dei piccoli fiori,
qualcosa di più sparso e magro. “Sono forsizie” disse Bóccoli. Forsizie:
nome che, lo confesso con un po’ di vergogna, mi era ignoto: mentre
Bóccoli lo pronunciò con una naturalezza, con una familiarità affettuosa,
con un tono di ricordo d’infanzia e non certo di cultura botanica. Sul
finire del pomeriggio, arrivammo a Bolzano, in tempo per la chiusura
della quarantottesima Mostra-Assaggio Vini. La città era un
trionfo di fioriture primaverili.

                                                          Mario Soldati, 1970

                                        26
27
28
L’ALTO ADIGE E LE SUE VALLI
              DA EST A OVEST

                                               me una civiltà e una storia ben de-
“Maestria del passaggio: questa è              finita, dove lo splendore e la cultu-
la forza di queste valli sudtirolesi.          ra delle montagne segna non solo
E non solo nella struttura, nella loro         intere città, ma ogni strada, ogni
propria vita è domata la trasfor-              metro di terra, abitazione, fienile,
mazione di ciò che appare, anche               quasi ogni centimetro delle belle
i cambi di stagione, il cielo, sotto il        case della tradizione rurale come
quale stanno, sembra ammansito                 dell’architettura urbana. Anche la
dalla loro forza rassicurante”, così           luce, la luminosità dell’Alto Adige
scrive Stefan Zweig nel 1910, co-              è particolare, e disegna panorami
gliendo un tratto distintivo di que-           famosi nel mondo che fanno la gio-
ste terre, quello della maestria, di           ia degli appassionati di montagna
una particolare energia e capaci-              in tutte le stagioni. Da parte loro
tà di far bene le cose. Le vicende             le città e i paesi hanno saputo tutti
e le radici antiche del Alto Adige             conservare uno “stile Alto Adige”
sono raccontate dai castelli da fia-           inconfondibile, attraverso imma-
ba che sorgono numerosi in queste              gini, sapori, profumi che conqui-
valli, ma si può dire che ogni edifi-          stano chi cerca luoghi che hanno
cio, addirittura ogni spazio, dal più          un proprio carattere e offrono op-
semplice al più complesso, espri-              portunità mai scontate.

                                          29
I fianchi della catena a nord di Merano sono costellati di antichi
           manieri e castelli. Tra questi, il vecchio e dirupato castello di
Tirolo che, appartenuto in tempi passati ai Conti di Merano, dà il nome
a questa regione delle Alpi. Le montagne sono ricche di boschi sin quasi
alle sommità, in particolare quelle sulla riva destra del fiume; separano la
valle dell’Adige dalla Ultental (Val d’Ultimo). […] Da qui a Naturno la valle
varia di dimensioni e di caratteristiche. In lontananza si scorge una parte
del massiccio dell’Ortler (Ortles) dietro cui il sole tramontava poco pri-
ma che giungessi al villaggio dove avevo deciso di trascorrere la notte. …
lasciavo il villaggio di Naturno. Prima di mezzogiorno avevo già risalito la
valle per la via di Latsch (Laces) che porta nella piccola città di Schlanders
(Silandro). […] I due punti più pittoreschi sono nelle immediate vicinanze
di Kastelbell (Castelbello) e Latsch. La piccola città di Schlanders è situata
in una fertile zone ai piedi della catena settentrionale. Da qui la strada per
qualche chilometro passa su un tratto a forma di ventaglio coperto dai
detriti dello sregolato torrente che esce dallo stretto di Laasertal (Val di
Lasa) e discende verso il villaggio di Laas (Lasa). Di qui si può osservare
una piccola parte dei ghiacciai dell’Ortler attraverso un precipitoso e
stretto crepaccio che taglia le montagne a sud del villaggio e sovrasta la
restante parte della valle ad ovest, in direzione di Glurns (Glo-
renza) dove forma una sorta di stagno paludoso.

                                            Charles Joseph Latrobe, 1830

                                     30
Bagni di Mezzo presso Merano d. 18 VII 1901 Tirolo
          Caro Paul: […] Siamo partiti da Monaco il 10 u.s. e arrivammo
la sera a Bolzano, una piccola città calda e collocata in modo pittoresco,
piena di forestieri e perciò assai divertente. Vi pernottammo e prose-
guimmo la mattina dopo col trenino di Merano fino a Lana, una piccola
stazione tra Bolzano e Merano, da dove percorremmo a cavallo una strada
meravigliosa tra i monti. Io v´cavalcai una specie di cavallo da battaglia
dalla corporatura fantastica che però aveva il temperamento del bradipo
e faceva i capricci di un asino mezzo addormentato. Alla fine arrivammo
tuttavia sani e salvi a Bagni di Mezzo.
Qui si vive bene e rilassati.
La casa di cura se ne sta solitaria a un paesaggio montano davvero meravi-
glioso, una cascata giù in valle produce un rumore che tranquillizza, si vive
nel modo più razionale e rinfrescante che si possa pensare. Abbiamo per
così dire vocino alle nuvole, una cosa certamente romantica. Siamo gior-
nalmente per circa dici ore nell’aria pura – un’aria da mille metri di quota,
fresca, pura, aromatica – e abbiamo alle spalle già un paio di ascensioni assai
considerevoli. Ma questi è solo allenamento; prossimamente ci sarà la salita
a una cima e più avanti, come pezzo forte, una vera escursione sui ghiacci.
Gell, da schaugst! – Probabile che rimarrò qui fino alla fine del
mese prossimo.

                                                        Thomas Mann, 1901

                                      31
Nel tardo pomeriggio sono tornata a Merano, verso la valle
          dell’Adige. Attraversati i portici penombrati che fiancheggiano
la strada principale e girando lungo il chiostro dei Cappuccini, ho
raggiunto la porta della città. Ho già detto che l’Adige forma un angolo
retto nella valle. Ero diretto ora verso la città alta ad ovest. La strada e
la valle nel primo tratto offrono uno splendido e vario panorama della
bellezza alpina. Particolare è quello del villaggio di Partschins (Parcines).
Da un ripido declivio disseminato di casolari e lussureggianti vigneti, le
cui foglie e frutti fanno da tettoia alla strada, l’occhio dello spettatore
domina la valle, la fantastica ondulazione di vigneti, la grazia della città. Su
ogni lato casolari, ville, frutteti, verdi e ineguali colline formano
uno splendido quadro, incorniciato dalle alte montagne.

                                             Charles Joseph Latrobe, 1830

                                       32
La notte riposiamo nel bell’hotel di Trafoi. […] La splendida
          strada del passo dello Stelvio, che sale zig zag alle enormi
altezze, che pure è liscia e curata come un trottatoio, sembra troppo
facile: optiamo per sentieri più complicati, solo per poter ammirare
l’impianto meraviglioso di questa strada che bianca e liscia come un
serpente chiaro si arrampica fino al passo. Già al Weißer Knott, una
piramide di pietra, che guarda orgogliosa sulla valle di Trafoi, ci succede
qualcosa di strano: un cambiamento assoluto nel modo di percepire le
cose. Trafoi, che ieri, nell’arrivare a salire ammirammo come una chiara
meta, è dimenticata, persa, un povero punticino nel profondo della valle,
che pare avvitato da una trottola gigantesca in queste enormi masse.
Le vedrette, che dal basso apparivano come scintille bianche, poi panni
chiari che da lontano sembrano muoversi quasi già nel cielo, sono vicine,
molto vicine, e i giganti come l’Ortles e il Madaccio, ieri ancora torri nelle
nuvole, oggi sono raggiungibili, quasi amici, potenti compagni
dai quali si potrebbe anche andare.

                                                        Stefan Zweig, 1905

                                      33
Maestria del passaggio: questa è la forza di queste valli
           sudtirolesi. E non solo nella struttura, nella loro propria vita è
domata la trasformazione di ciò che appare, anche i cambi di stagione,
il cielo, sotto il quale stanno, sembra ammansito dalla loro forza
rassicurante. Le stagioni, le quattro pacifiche sorelle, qui si tengono
ancora pacificamente per mano, alternandosi in un silenzioso girotondo.
[…] Così non saprei dire se ora è ancora autunno o già inverno, quasi
si direbbe che altezze e profondità, roccia e valle si siano accordate,
qui, per dare insieme accoglienza. Là sulle vedrette scintilla già la neve,
l’inverno irrompe con bufere selvagge tra gli abeti, mentre in basso la
valle sfavilla tutta d’oro nell’aria percorsa dal sole, e riflette sull’alto
dalle rocce grigie un’estate meridionale, un’eterna giovinezza. E ancora
in estate, quando luglio ribolle nel profondo surriscaldato della conca,
lassù a San Viglio e sulla Mendola riluce una chiara primavera attraverso
l’aria gelida e pungente quasi come d’inverno. […] e persino in un’unica
giornata, nel giro di poche ore, si possono provare entrambi, l’inverno al
mattino, la Primavera a mezzogiorno, quando il sole si è bevuto la bianca
brina e ha disteso sulla valle il suo calore gentile. Qui le stagioni
sono sorelle. Come in un vecchio quadro.

                                                        Stefan Zweig, 1910

                                     34
In realtà Merano è inizio d’un mondo pacifico e portentoso che
           sa ancora schiudersi verso la val d’Ultimo, la val Venosta […] - al
ricercatore di bellezze naturali intatte e addirittura protette – secondo
ampiezze impensate. Una grande parte di questa è compresa nel Parco
Nazionale detto dello Stelvio […] . Vi abbonda una flora ricchissima e
rara, dalle palme all’abete al mugo, dalle betulle ai faggi, dai mirtilli ai
rododendri, dai ranuncoli alle genzione, dalle orchidee alle sassifraghe,
dai garofani di monte alle grandissime stelle alpine.
Fra le mandrie bovine al pascolo passano, a volte, cerbiatti e caprioli,
mentre più in alto stanno all’erta i camosci, fra voli brevi di galli cedroni
e coturnici. È un Eden, un vero Eden superstite, per altro rallegrato dal
canto degli uccelli […] . E i laghi della Mute e di Resia verso le sorgenti
dell’Adige, e le ultime muraglie castellane a chiusura: un paesaggio
verde – rosa, oscuro e chiaro di toni all’infinito, la quieta, la frescura, il
silenzio,, un perpetuo idillio nelle fioriture, una perenne pace di flora e
faune in simbiosi fin dal primissimo giorno della creazione. E più in giù,
in fondovalle, sugli estremi pendii roridi di fontane, i vigneti e i frutteti, i
grembiuli azzurri dei contadini indaffarati fra sole e ombra, le villette e i
giardini, le insegne pittoresche delle locande, i vivaci affreschi
sui vecchi muri, i Cristi antichi sotto il timpanetto di legno.

                                                         Leone Comini, 1964

                                       35
Se due si trovano nella
            primavera che viene
sarà un bel passeggiare.
Ogni parola è rifinitura,
la via s’allarga senza confini,
e il bosco ha mille abissi.
E aspettano pergolati assai
silenziosi,
e vanno arie dolcissime
sussurrando tra i teneri rami
di betulla, perché per il giardino
dei fiori
la nostalgia vaga in
punta di piedi.

        Rainer Maria Rilke, 1897

          Azzurreggiano al
          crepuscolo lunare
Monti […] come ricordi
Di se stessi; nemmeno più monti.
Solo ancora sogni, lasciati dietro
Da masse rocciose trascorse:
come campane, che spegnendosi
catturano ancora l’aria
che trema.

    Christian Morgenstern, 1906

                                      36
A Castel Tirolo tutta
                l’aria è piena
     Del suono di tante campane;
     ma ancora dormono trenta castelli
     fra l’edera dei loro avelli.

     Là dormono pure i verzieri
     Ebbri del nobile vino,
     celando leggende e misteri
     fra le pietre incantate.

     E là nelle notti profonde
     Profumo di rose si effonde:
     l’ombra di re Laurino incede
     per l’argentea vallata.

     La sua corona splende
     Con lunare chiarore
     E nel paese tutti in fiore
     Laurino benedice le rose.

     Più di trenta campanili
     fiancheggiano l’Adige,
     ma non svegliano trenta castelli
     fra l’edera dei loro avelli.

     Tutti intorno nel gran vigneto
     Non spira un alito di vento;
     sotto la finestra il roseto
     tremola solo un
     momento.

     Gertrud von Le Fort, 1905-1932

37
Dal balcone arioso, al cui parapetto
           avvolto fitto d’edera, uno sciame d’api
circonda i fiori ronzando operoso,
mi piace guarda giù, quando il dì sbiadisce,
ai miei piedi affonda il pendio
con le sue vigne ubertose,
ancor caldo del bacio del sole,
e dal verde con torri merlate
si ergono castelli silenti, Trauttmansdorff,
Rametz, a destra Planta – ben noto.
E più giù, dove nella gola rocciosa
rumoreggia il Passirio selvaggio, i vicoli ombrosi
di Merano, al cui centro la torre
Dell’antica chiesa s’innalza. Ben oltre però
scende, a tratti brillando nel sole,
l’Adige, come un bimbo che apposta
salta i gradini e porge
al fratello di Passiria la mano
e manda il saluto consueto lassù al castel Tirolo.

                                           Paul Heyse, 1863

                                    38
Carissima, […] penso che il suo (parla di Delka, suo figlio) sog-
          giorno a Trafoi, in una grandiosa cornice di montagne
e di ghiacciai, lascerà nella sua memoria tracce molto profonde.

                                                      Antonio Gramsci, 1926

           La città (Merano), antichissima come rivelano i portici e i castelli,
           ha pure residenze nobiliari e nuove ville di buon gusto e quindi
fonde passato e presente in un insieme gradevole. Bianca e tuttavia
immersa nel verde di parchi e giardini pubblici, si estende gradualmente
verso i prati ed i vigneti, che a loro volta salgono verso le scure selve. ….Il
nord ed il sud, la città e la campagna, la Germania e l’Italia, tutti questi
aspri contrasti si fondano placidamente e persino gli elementi
più ostili sembrano qui concilianti e familiari.

                                                          Stefan Zweig, 1910

                                      39
Questo è il primo mistero della bellezza meranese, l’inimicizia
          col vento, e il secondo è la sua viva amicizia col sole. Merano
vive della luce […] . Merano vive solo nella luce. Perché il sole qui ha un
potere raro, quasi mitico; conta le ore, ripartisce la giornata,
nutre i malati di speranza e i frutti di sangue caldo.

                                                      Stefan Zweig, 1910

          […] le montagne che la (Merano) circondano sono molto alte e
          ricoperte di boschi. La sua posizione è ancora più romantica e
più bella di quella pur imponente di Bolzano. È situata su un territorio
assai mosso che si estende ai piedi delle colline intorno alle quali il
torrente Passirio esce dalla Val Passiria per entrare nella grande valle
dell’Adige che qui si piega ad angolo retto, circondata da magnifiche
catene di monti. Le sue chiese sono assai belle. Ha portici bassi
e un aspetto più campagnolo di quello di Bolzano.

                                          Charles Joseph Latrobe, 1830

                                    40
Quattro ore di viaggio ci hanno portato da Merano a Bolzano.
          Abbiamo seguito la valle dell’Adige, in cui si vedono solo stagni
e paludi. Durante il tragitto, abbiamo continuato a vedere la Hohe
Mendel [Mendola] che erge, rivolta a destra, la sua cima bizzarra. Vicino
a Bolzano, il paesaggio diviene più ripido, le montagne sono scoscese
e esibiscono le forme più strane, in distanza tinte vaghe e vellutate si
stagliano contro un cielo in tempesta e fissiamo avidamente gli
occhi su questa apparizione fatata.

                                                         Jules Leclerq, 1880

           S’apre a un mezzo miglio da Brixen la boscosa valle di Burgstall
           (Postal), alle cui bocche menano bellissimi prati, pieni di ruscelli
e d’acquatici arbusti. Le radici di quei due monti sono vestite d’alberi
fruttiferi, e più in su castagneti foltissimi vanno ascendendo, insino al
mettere in cupe boscaglie di piante silvestri.
La valle, quanto più piglia dell’alto, più si serra e le si affoltano addosso
le selve, che la tengono ombrosa e fresca anche nel più acceso
bollor dell’Agosto.

                                                   Antonio Bresciani, 1840

                                      41
A Brunico città e dintorni sono indaffarati e in grande
          confusione per la fiera dell’indomani. Sono passato in fretta
tra le due file di baracche su ambo i lati della strada, fuori del fossato
della città, e mi sono diretto al mio vecchio albergo a San
Lorenzo.

                                          Charles Joseph Latrobe, 1830

         Il cammino di cinque leghe, tra St. Jakob (località austrica della
         valle di Defereggen) e il villagio di Antholz (Anterselva), nella
valle omonima, l’ho fatto in circa quattro ore. […] Il luogo e l’aspetto
del lago alla testata della valle di Antholz sono romanticamente
pittoreschi. […] Discesa senza problemi dal villaggio di Antholz e di qui,
per Niederrasen (Rasun di Sotto), lungo la valle della Rienza. Alcune
sorgenti minerali, non molto lontane da Antholz, sono famose
per le acque curative di alcuni tipi di infermità.

                                          Charles Joseph Latrobe, 1830

                                    42
43
LE DOLOMITI

                                            Trentino, l’Alto Adige, il Veneto e
Il paesaggio dolomitico come pa-            il Friuli.
radigma della perfezione della              Le Dolomiti hanno avuto da sem-
veduta alpestre, le Dolomiti come           pre un enorme impatto sull’imma-
montagne che grazie alla loro               ginazione di chiunque le abbia vi-
spettacolarità e particolarità si           ste. L’imponenza di questi giganti
esprimono sempre e ovunque in               di pietra ha ispirato alle popola-
termini di bellezza assoluta.               zioni che le abitano un’epica che
Montagne che nulla nascondono               affonda le sue radici nella preisto-
e tutto esaltano: i colori, le for-         ria, al punto da divenire un riferi-
me, le armonie che si creano con            mento imprescindibile per la loro
quello che sta intorno, naturale o          stessa identità culturale. Dopo la
umano che sia.                              loro scoperta scientifica, i viag-
Una catena montuosa riconosciu-             giatori romantici vi riconobbero
ta come Patrimonio dell’Umanità             l’incarnazione di quei paesaggi
che rappresenta uno dei paesag-             ideali che i pittori fino ad allora
gi più famosi d’Italia e d’Europa,          avevano solo immaginato.
segnando nel profondo sia le                Nessuno può rimanere indifferen-
espressioni ambientali che quel-            te alla loro indescrivibile fascina-
le culturali, di diverse regioni: il        zione, tanto che sono considerate

                                       45
universalmente “le più belle mon-           Le primissime immagini di que-
tagne della Terra”.                         ste montagne non furono dipinti
I caratteri chiave di questo parti-         o ritratti, ma descrizioni, parole
colare paesaggio sono molteplici.           che raccontavano di visioni stra-
In primo luogo la topografia estre-         ordinarie e di emozioni potenti
mamente articolata, in secondo              che invadevano la mente e che
luogo l’insolita varietà di forme           occupavano – con una forza quasi
che le caratterizzano in verticale          ineluttabile – le frasi di apertura
(pale, guglie, campanili, pinnacoli,        delle prime relazioni scientifiche e
torri, denti) e in orizzontale (cen-        dei primi resoconti di viaggio. Le
ge, tetti, cornicioni, spalti, alto-        parole con cui vennero espressi i
piani). Tuttavia le Dolomiti sono           caratteri delle Dolomiti corrispon-
note soprattutto per l’eccezionale          dono esattamente alle categorie
varietà di colori e lo straordinario        del Sublime: verticalità, grandiosi-
contrasto fra le linee morbide del-         tà, monumentalità, tormento delle
le praterie e l’improvviso sviluppo         forme, purezza essenziale, intensi-
verticale di possenti cime comple-          tà di colorazioni, stupore, ascesi
tamente nude.                               mistica, trascendenza.

                                       46
Vi è qui […] per i viaggiatori la possibilità di vedere le montagne
           Dolomitiche. Diverse da ogni altra montagna, non è consentito
osservarne di eguali in alcun altro posto delle Alpi. Esse attirano l’attenzione
per la singolarità e il carattere pittoresco delle forme, dei picchi aguzzi e
delle guglie, talvolta emergenti quali pinnacoli ed obelischi, oppure allineati
in creste ininterrotte, dentate come la mascella di un alligatore; in altri casi
esse cingono le valli con ripide pareti alte molte migliaia di piedi, spesso sol-
cate da numerose fessure, tutte verticali. Questi monti sono perfettamente
spogli, privi di vegetazione d’ogni tipo e, di solito, presentano una lieve tinta
gialla o bianchiccia. Esse offrono un netto contrasto con tutte le altre mon-
tagne per il loro candore abbagliante, per la loro aridità totale […]. Talvolta
hanno l’aspetto di torri e obelischi divisi tra loro da baratri profondi migliaia
di piedi; altrove le guglie sono così numerose e sottili da evocare l’immagine
di un fascio di baionette o di spade. Nell’insieme esse conferiscono un’aria
di inedita e sublime grandezza alla scena e solo coloro che le
hanno viste sono in grado di apprezzarle come conviene.

                                                            John Murray, 1837

                                       47
Natura ha posto in esse più fantasia che logica. Mentre nelle
           Alpi classiche predominò un ordine di costruzione simile
a quello della vita umana, le Dolomiti si ribellarono contro l’ordine,
contro la legge, e li travolsero. Nelle montagne classiche c’è un ordine
d’autorità, nelle Dolomiti c’è sobillazione: ogni cima tenta di rompere
i legami con le vicine, e quando li tollera nasce un capriccio. Le rocce
dolomitiche sono esseri ebbri, insofferenti, anarchici, tumultuosamente
personali, ansiosamente anelanti ad un sogno svincolato dalla solidità
del vero, pervase in sommo grado di inquietudine, di tormento, di
ardore, di eccitazione, esseri la cui passione predomina sul raziocinio. La
dolomia è una essenza lunare. Un paesaggio dolomitico è prima di ogni
altra cosa una illusione d’incanto. È l’istintivo sfrenato impulso verso
una utopia solidificata in pietra grigio-giallo-rosa. L’architettura di massa
è ardita e vertiginosa nei particolari, ma il dominio spetta al colore, al
profilo, al movimento. Davanti alle Dolomiti anche la fantasia
più equilibrata di poeta vibra leggera e libera.

                                                     Arturo Tanesini, 1997

                                     48
Tra tutte le regioni alpine più altamente ammirate, e più
          largamente frequentate, sta in primissimo rango il regno
fatato delle Dolomiti, questo «unicum» nelle Alpi, che la stessa
Svizzera ha ragione di invidiarci: delle Dolomiti, con le loro bellezze
bizzarre e pur profondamente incantatrici, con le loro crode,
ripidissimamente levantisi e avvampanti in quasi tutti i colori con le
loro vaste distese ondulate di pascoli, placidamente innalzantisi fino
a gioghi che offrono sui monti e sulle valli panorami così vasti quali in
altre regioni delle Alpi si possono contemplare soltanto da
un’alta cima!

                                                 Paul Grohmann, 1886

                                   49
Immagina delle montagne a forma di cattedrali gotiche,
          castelli in rovina, bastioni, alte torri, rampe e cime, fulmini
pietrificati. Montagne fatte di un’unica roccia, che cambiano colore con
il trascorrere del giorno: alba, mattino, mezzogiorno, tramonto, sera,
notte […] Possono essere bianche come la neve, gialle come il sole,
grigie come le nuvole, rosa come le rose, nere come il legno bruciato,
rosse come il sangue... Che colore hanno le Dolomiti? È bianco?
Giallo? Grigio? Madreperla? È color cenere? È riflesso d’argento? È
il pallore dei morti? È l’incarnato delle rose? Sono pietre o
sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno?

                                               Buzzati Dino, 1932 – 1971

                                   50
Nelle linee e nei colori, nelle forme e nei modi, sono diverse da
           tutte le altre montagne. Sembrano barriere coralline sulle quali
si sono abbattute nel corso delle ere le ondate di oceani burrascosi. Alcuni
ritengono che siano stati proprio organismi corallini a costruirle. In tal caso
quelle minuscole creature, insieme al vento e alle onde in loro supporto,
avrebbero dimostrato di essere degli ottimi architetti. A differenza delle
catene montuose, (le Dolomiti) per la maggior parte si ergono isolate e per
questo, sebbene molto più basse delle montagne svizzere (la più alta, l’Antelao
– “davanti alla gente” (sic) – la cui corona di neve e ghiaccio si vede da Venezia
nelle giornate limpide, non raggiunge i 3400m), sembrano invece decisamente
più alte. Niente può superare la maestà e la bellezza delle loro cime, che di
volta in volta prendono la forma di torri e bastioni, di mura merlate e castelli
inespugnabili o di cattedrali dalle eleganti guglie. Un’altra loro peculiarità
straordinaria è la colorazione: molte hanno meravigliosi colori brillanti e
catturano lo sguardo con la ricchezza di profondi toni di rosso, di sgargianti
sfumature di giallo, di tonalità di bianco argenteo, di blu scuro o nero delle loro
rocce. Eppure non sono toni crudi e duri. Questi colori sono tutti ammorbiditi
da una leggera e caratteristica tonalità a metà tra il bianco e il grigio. Queste
montagne sembrano cosparse di una sostanza più soffice e meno fredda della
neve appena caduta. È come se fossero ricoperte da un morbido lichene. Se
descrivendone l’aspetto dicessi che sembrano “insaponate”, ne descriverei
allo stesso tempo anche una caratteristica fisica. Infatti queste rocce calcaree
ricche di magnesio degradano per effetto della pioggia e dell’atmosfera e per
questo la loro superficie è come se fosse “insaponata”. Al tatto, un pezzo di
dolomia avrà la morbida consistenza di un pezzo di sapone. Da qui però si
intuisce anche la loro instabilità. Nessuno nel guardarle può pensare a dei
“colli eterni”. Sorprende non tanto il fatto che stiano crollando, bensì il fatto
che svettino ancora così. Alcune sono in frantumi, piene di enormi lacerazioni
e fenditure. Ammassati ai loro piedi si vedono giganteschi cumuli di ghiaia
e massi. Sembra come se l’oceano che si estendeva attorno ad esse abbia
generato nella sua furia questi candidi ghiaioni. In realtà sono il frutto di crolli
dovuti al gelo invernale, allo scioglimento delle nevi in primavera e
alle piogge autunnali.
                                                       Alexander Robertson, 1896

                                         51
A cavallo se ne andarono, come a caccia, al cavalleresco
          cimento: l’uno era Teodorico di Verona, principe immune da
ogni biasimo, l’altro era l’agile Vitige, suo compagno. Gli impetuosi eroi
pensavano di raggiungere il bosco nel Tirolo. Quando furono arrivati alla
verde foresta, cavalcarono senza esitare nel bosco per ben sette miglia.
Ed ecco che gli eroi arditi sono arrivati ad una verde prateria, davanti
ad un giardino di rose. Là aveva, con nastri di oro e con pietre preziose,
re Laurino il Piccolo, ornato le sue rose. Chi, passando per là, ammirava
tutto quello splendore, dimenticava di sicuro ogni pena. Com’era
deliziosa l’aria del giardino! Le rose spandevano dolce profumo
ed insieme una luce così chiara.

                                         Matilde Accolti-Egg, secolo XIII

                                    52
Ho continuato il cammino diretto al successivo villaggio di
          Stern (La Villa), seguendo una diramazione della Gadera che
scorre dalla parte opposta e abbandonando la parte più ampia della
valle lungo cui passa la strada per Cortina e verso la parte italiana. La
Villa è situata ai piedi di una montagna dolomitica. Dopo una breve
sosta, ho continuato il cammino passando per Colfosco, ultimo villaggio
della valle. Sono poi salito al passo che separa la valle della Gadera
dalla Gardena: si eleva a notevole altezza tra due contrafforti di monti
che si guardano l’un l’altro nel loro profilo impervio e bizzarro. La parte
che volge a sud dev’esser di altezza notevole: larghi nevai si
insinuano fra i pinnacoli.

                                          Charles Joseph Latrobe, 1830

                                    53
La Val Badia e la rossa dolomite – […] Alcune vette, che appaiono
          verso ovest, mi dicono che le mie attese non saranno deluse. Ne
ho conferma appena raggiunto l’inizio della valle di St. Ulrich. Qui infatti,
si osserva una serie impressionante di montagne calcaree che ho potuto
ancora meglio studiare, qualche ora dopo, al mio arrivo nel villaggio di San
Leonardo. Sono montagne composte di una roccia cristallina chiamata dai
geologi dolomite e innalzatisi sopra un sottostante strato di porfido. Si
elevano verticalmente sulla superficie ondulata circostante e l’occhio ne
osserva le grandi pareti a tinte di vari colori tra i quali i predomina il rosso.
Le vette sono varie e di forme caratteristiche. L’assenza di vegetazione
su queste rocce chiaramente inaccessibili è tale che nessun
animale, neppure il camoscio, vi alberga.

                                               Charles Joseph Latrobe, 1830

                                       54
In Val Gardena, terra d’intagliatori e di emigranti – Proseguo
          la discesa. Un sentiero rotto e disuguale mi ha condotto in un
piccolo villaggio in prossimità di alcune sorgenti d’acqua minerale. Che
limpide acque scorrono subito dopo! Il villaggio di Santa Maria (Selva)
è situato sulla sponda destra del torrente che attraversa gli anfratti
selvaggi del Castello di Wolkenstein.
A sera, sosta in una locanda paesana, anch’essa accanto ad una sorgente
di acqua minerale, nei pressi del villaggio di Santa Cristina non lontano
dal castello di Fischburg (Castel Gardena) di proprietà della famiglia
Wolkenstein, dominato da un imponente pinnacolo dolomitico. […]
Gli abitanti della Gardena sono veri artisti del legno, Pinus
Cembra, esperti di lavori di intaglio d’ogni genere.

                                        Charles Joseph Latrobe, 1830

                                   55
Verso Bolzano - […] Adatta allo scopo mi è sembrata la strada
          segnata sulla mia mappa che partendo da St. Ulrich (Ortisei)
passa per i villaggi di Kastelruth e Vels (Castelrotto e Fiè).
Dopo St. Ulrich, superato il torrente, sono salito sul lato sinistro della
montagna fino al villaggio di Runggaditsch per giungere alla solitaria
chiesa di San Michele. Qui mi sono goduto il panorama che offre la
parte più bassa della Gardena e quello ancora più esteso di Kastelruth
e delle montagne ad est dell’Isarco. - […] Kastelruth è un piccolo paese
con una grande chiesa e più di un convento. Ecco poi un Sacro Monte
con il suo grazioso e solitario percorso. Da qui, senza note di rilievo, il
cammino verso Vels lungo le pendici dei monti e poi sul bordo
della profonda valle dell’Isarco.

                                          Charles Joseph Latrobe, 1830

                                    56
Tutti, in un momento di abbandono, in una sosta di lavoro
           assillante, in un breve riposo della mente, abbiamo sognato
un angolo tranquillo, fra le montagne, lontano dal mondo, dove l’animo
può svegliarsi alla sua vera vita, dove il carattere può riprendere la sua
naturalezza falsata dalle necessità della vita in comune, dove è permesso
fare i selvaggi e scuotere di dosso il pesante mantello delle preoccupazioni
che schiaccia lo sguardo a terra impedendoci di fissate il sole. E per quanto
si abbia girati il mondo, per quanti luoghi siano passati davanti al nostro
sguardo, mai l’angolo del breve sogno ha trovato riscontro nella realtà.
Ma con me la fortuna è stata amica: Tires è il paesino che avevo
costruito con la mia fantasia e che credevo esistesse soltanto
nella mia mente.

                                                         Tiziana Melli, 1932

                                     57
È un peccato che Tires non sia conosciuta per le gite che
          offre: Ma è anche una fortuna. […] le gite sono molto belle.
Passeggiate fra boschi e sulle roccie, come dappertutto. Belle
le gite sul Ciafon, da cui si vede tutto l’Alto Adige, dal Brennero
fino all’Adamello, sullo Sciliar, a Monte Pez. Stupenda quella sul
Catinaccio. […] Verso il tramonto, quando le Torri del Vajolett vestono
il manto rosato, e la luce non permette più di leggere le antiche fiabe
tedesche, il professore che mi è guida in questi luoghi, prende la
cetra e suona per me le leggende del Rosengarten: >.

                                                      Tiziana Melli, 1932

           Per i Ladini questo è il il Lac del ergobando, il Lago
           dell’arcobaleno, […] Sembra che attorno al Lago di Carezza
si affollino tutte le Dolomiti con le loro fantasie cromatiche: le più
lontane pareti della Roda di Vael e del Catinaccio – il Rosengarten,
il giardino delle rose di un’altra leggenda – fiammeggiano come solo
questi monti sanno fare e mandano nel cielo sfumature segrete che il
Lago cattura con tutti gli altri riflessi. Così il Lago è già una tavolozza
di colori, il Lago compone un quadro sempre uguale e sempre nuovo.
Gli abeti delle rive sembrano affondare a testa in giù, dritti e lucenti
come canne d’organo; poi c’è la fascia verde cupo delle loro chiome,
dentellata come un pizzo, e infine proprio nel centro del Lago, c’è il
Latemar. Di che colore sia non si può dire. Lo decidono insieme, per
misteriose vie, la montagna, le nuvole, il sole e il Lago. Lo decidono
di minuto in minuto, di attimo in attimo, e tutto continua a
cambiare lassù e quaggiù, nell’immagine riflessa.

                                                  Carlo Graffigna, 1976

                                    58
Basta dire o sentir dire: Val Gardena, per pensar subito a tre
            cose: ai lavori in legno, ai maestri di sci e ai costumi sfarzosi. […]
C’è lassù, in alto, una muraglia lunga ed eguale che sembra chiudere la
valle: è il Sella, e più a destra si vedono i piccoli dentini delle Torri, e il
Sasso Lungo. Ed ecco, spunta anche il campanile a cipolla, e le
case si avvicinano e arginano la strada. È Ortisei. Siamo giunti.

                                                           Tiziana Melli, 1932

          Pe ore e ore si può camminare in mezzo ai pini: da Tires a Fossa
          del Lupo, a Rifugio Cisgolo, a Rifugio Nigra e giù nuovamente
a Tires per S. Cipriano da Lavina Bianca fino quasi al Rifugio Bergamo.
[…] E qui non resta che una pace incredibile e un silenzio che fa pensare
talvolta di avere gli orecchi turati. Ma non può esser che così. Nei teatri,
quando c’è qualche numero eccezionale, non si fa tacere l’orchestra?
Qui il numero eccezionale è permanente: per ammirare il
Catinaccio non ci vuole che silenzio.

                                                           Tiziana Melli, 1932

                                        59
Puoi anche leggere