ALTO ADIGE PAESAGGI E BORGHI D'ITALIA - Viaggio Italiano
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L’Italia parla la sua lingua più sincera e potente attraverso paesaggi unici e piccoli borghi che, dall’entroterra alle coste, raccontano i ter- ritori attraverso i segni della natura e gli insediamenti dell’uomo ma anche con la storia, la cultura e le antiche tradizioni delle popolazioni che li abitano. L’opera dei più illustri letterati italiani e stranieri e le testimonianze dell’architettura e dell’arte descrivono le tante destinazioni eccellenti di uno straordinario viaggio sentimentale alla scoperta di una terra che emoziona. 100 Paesaggi e 1000 Borghi, tra storici e marinari: una varietà e una ricchezza di immagini difficile da eguagliare in tutto il mondo e ovun- que si può trovare un’ospitalità autentica e cordiale che fa sentire il turista a casa. “Viaggio Italiano” accompagna a visitare l’Italia e a “vederla” con la sensibilità dell’artista, del viaggiatore vero e dell’interprete appassio- nato dell’identità dei luoghi.
ALTO ADIGE INDICE PAESAGGI L’ALTO ADIGE E LE SUE VALLI DA NORD A SUD.................................................................................9 L’ALTO ADIGE E LE SUE VALLI DA EST A OVEST..............................................................................29 LE DOLOMITI .....................................................................................................................................................45 BORGHI CAMPO TURES..................................................................................................................................................68 CASTELROTTO................................................................................................................................................. 70 CHIUSA.................................................................................................................................................................. 72 EGNA...................................................................................................................................................................... 74 GLORENZA.......................................................................................................................................................... 76 VIPITENO.............................................................................................................................................................. 78 BIBLIOGRAFIA PAESAGGI........................................................................................................................... 82
L’ALTO ADIGE E LE SUE VALLI DA NORD A SUD di fieno, hanno la piacevolezza e L’Alto Adige: quando il paesaggio la dedizione di raffinati giardini. diventa identità e l’identità pae- Sobrietà e ornamento “nordico” saggio. “Un paesaggio non più convivono in architetture forti e italiano e non ancora tedesco” insieme serene, capaci di dare come dice Giorgio Bocca, ma importanza ai monumenti della soprattutto una veduta sempre storia più antica, come ai luoghi stupefacente per la combinazio- della vita e del lavoro quotidiano. ne speciale di forza e di grazia, È stato scritto che attraversando per una maniera unica di porsi queste terre “se ne riceve la net- agli occhi del visitatore ispirando ta impressione di un’esistenza ovunque una sensazione di cura fattiva ed agiata”, il tutto vissuto amorevole e costante. Ci sono le dentro la cornice dei paesi ap- cime dei monti più spettacolari poggiati tra i monti come nelle d’Europa, i boschi e i prati d’altura civilissime piccole città che con- che disegnano gioielli con infinite servano un’atmosfera “romanti- gradazioni di verde, e ci sono le ca” vera, non esibita ma autenti- campagne dove le colture delle ca, frutto di un preciso modo di vigne, degli alberi da frutto, dei vivere conservando come meglio piccoli orti, persino delle distese si può cultura e natura. 9
Il Brennero ci aspetta. Al di là di Bressanone comincia a salire la via che supera uno dei varchi più importanti della cerchia alpina. Affrettiamoci a dare un saluto ai castani e alle viti; fra poco non ci si faranno innanzi che praterie e boschi di pini, e sulle cime più eccelse diademi di ghiaccio e neve. La vegetazione non muore del tutto mai; l’allettano questi orizzonti cristallini e fin nella fredda e triste valloncella in cui si trova la stazione del Brennero il dorso degli alberi ci si mostrerà vestito d’alberi e morbido d’erbe e stillante d’acque. Giovanni de Castro, 1869 (Passo del Brennero) Ma ecco che l’aria a poco a poco s’imbruna; i particolari sfumano e le masse si fanno sempre più grandi e imponenti; infine, mentre innanzi a me tutto passa come un fosco quadro misterioso, ecco da lontano ancora delle cime biancheggianti illuminate dalla luna. Adesso non aspetto se non che l’aurora rischiari questa gola di rupi in cui mi sono inerpicato sulla linea di confine tra sud e nord. Johann Wolfang Goethe, 1786 10
[…] Giunto verso le nove a Sterzing (Vipiteno), (il postiglione) mi si fece comprendere che si aveva fretta di rimettersi in cammino. […] Così procedemmo fino a Bressanone, dove si riprese il cammino […] come sempre vertiginosamente, finché allo spuntar del giorno arrivammo a Collmann (Kollmann, Colma). […] Allo spuntar del giorno, scorsi i primi vigneti e incontrai anche una donna con pere e pesche. Si continuò così di gran trotto fino a Teutschen (Santa Trinità sul Renon), dove arrivai alle sette per rimettermi subito in cammino. E dopo d’aver preso un poco verso nord, scorsi finalmente, e il sole era già alto, la valle in cui giace Bolzano. Bolzano è tutta circondata da ardui monti, coltivati fino a una certa altezza, […]. Al piede del monte le colline sono coltivate a viti. Johann Wolfgang von Goethe, 1786 11
Dal Brennero la strada portava in giù, presto la neve si sciolse, comparvero tratti verdi. Pranzammo a Bressanone, all’una e mezza, mangiamo zuppa di piselli e trota, bevemmo del vino rosso tirolese. […] raggiungemmo Bolzano dopo le 3 e scendemmo alla “Kaiserkrone”. Hans Christian Andersen, 1872 L’Isargo è un fiume operoso. […] E incollerito precipita di rupe in rupe, serpeggiando tra le roccie di porfido che accennano spesso di chiudergli la via e che gli lasciano uno stretto passaggio, perché la valle è formata da una serie di conche, i cui orli grandiosi costellati di punte diamantine sorprendono l’occhio anche più abituato alle bellezze alpine. Giovanni de Castro, 1869 12
Similmente nel contorno di Brixen (Bressanone), in sulla via che mette a Innsbruck, è il santuario della Madonna del Soccorso, e a trecento passi da quello, più accosto alla valle di Brunechen (Val Pusteria), giace l’antica Badia di Neistift (Abbazia di Novacella). Antonio Bresciani, 1840 Per cena venimmo in una sola tappa a Brixen (Bressanone), quattro leghe; cittadina assai graziosa attraversata dal detto fiume (l’Isarco) sotto un ponte di legno, e sede di vescovado. Vedemmo qui due chiese assai belle, e fummo alloggiati all’aquila, ottima locanda. La pianura non è molto ampia; ma i monti d’intorno - specie sulla nostra sinistra - si stendono dolcemente da lasciarsi acconciare e pettinare fino alle orecchie, e tutto è pieno di campanili e villaggi fino a grande altezza sui monti. Michel de Montaigne, 1581 13
Amico mio, Brixen, che gli Italiano dicono Bressanone, è una gentile città posta in bellissimo sito a piè delle montagne, che dall’un lato conducono in Baviera, e nella Pusteria dall’altro. Essa è la sede del principato, e sorge in mezzo a larghe praterie ombrate da folte macchie d’alberi, e tutte corse dalle fresche Bressanone acque delle fontane, che scendono limpidissime e copiose dalle circostanti valli. Antonio Bresciani, 1840 I dintorni di Brixen (Bressanone), per luogo montano, sono assai deliziosi; conciossiaché le montagnuole, che costeggiano il Rienz (Rienza) e la diritta mano dell’Eisack (Isarco), porgono alla vista le più graziose prospettive che mai vedeste. Noi eravamo nell’agosto quando i frutti degli alberi maturano, i prati da tante acque irrigati verdeggiano, sono biondeggianti i campi della vena, della segala, dell’orzo e della spelta: per il che i dossi e le chine d’e monti paiono variamente dipinti. Antonio Bresciani, 1840 14
Se mai vi foste dimenticate le casette di legno con cui giuocavate da bambini, Bressanone ve le ricorda. È una città in miniatura; tutto vi è pulito, ridente e grazioso. Giovanni De Castro, 1868 (Bressanone) – la città santa del Trentino e del Tirolo – siede nell’angolo formato dall’Isargo e dalla Rienza. I due fiumi chiudono nel mezzo bellissime isolette di ontani e salici (Non vidi mai tanti salici come da Bolzano a Bressanone). La natura ha una grazia tutta italiana. C’è una luce ed un profumo che ricorda la nostra Brianza. Ti diresti non a piè del Brennero, ma a piè delle ultime diramazioni delle Alpi. Quegli insensibili pendii si vestono di un’erba soffice e fina. I dintorni della città sono tutti a viti. E cime più elevate a castani. Quei prati danno proprio una matta voglia di correre e di saltare. Giovanni De Castro, 1868 15
La strada tra Bressanone e Bolzano è estremamente romantica. Sulla destra si vedono rocce aguzze, sulla sinistra, scoscesi precipizi e di sotto, la corrente rapida dell’Eisack (Isarco), che potrei quasi definire una cataratta lunga varie miglia. Eppure il suolo aspro è molto spesso diversificato perché ci sono dei punti pieni di frutti e milioni di vigne spuntano fuori tra le rocce. Le vigne sono particolarmente ben coltivate. Il vino del Tirolo è molto buone ed economico; sono sorpreso che non arrivi a nord; o lo beviamo forse con un’etichetta più sofisticata? Sulla strada si vedono dei crocifissi a centinaia. I devoti li hanno adornati di decorazioni di tutti i tipi. In alcuni luoghi il Salvatore ha dei mazzolini di fiori ai piedi; in altri, granturco tra le braccia. In un caso c’è una vigna a lato del crocifisso, che ne è completamente avvolto dalla testa ai piedi, tanto dovremmo pensare di trovarci di fronte a una rappresentazione di Bacco. August von Kotzbue, 1805 Da Bressanone a Chiusa la strada segue la riva destra dell’Isarco, che ha già l’aspetto di un fiume notevole; ad intervalli regolari, rocce di granito verde si elevano attraverso la valle come delle mura in rovina, dando al paese un spetto fra i più selvaggi […] il convento di Seben è stato edificato sulla cima di una piramide di roccia. Ai piedi e sui fianchi del monte, dodici o quindici terrazze naturali, cariche di vigne, si alzano ad anfiteatro come gradini di un grande salone. […] Dopo Chiusa, attraversando una gola profonda, ho notato una maniera assolutamente nuova di irrigare i prati che per la loro elevazione non erano suscettibili di coltura. Una ruota enorme, munita di grandi recipienti depositava, passando, l’acqua di cui si era riempito nell’Isarco in un tubo che conduceva a diversi canaletti. Qui hi riconosciuto di nuovo il genio tirolese. M. Frédéric Mercey, 1833 16
Tra Bressanone e Kollmann (Colma) abbiamo incontrato sul lato sinistro della strada un convento femminile, chiamato Sabiona, costruito su rocce scoscese, molto in alto. Marianne Kraus, 1791 A mezzo il mattino si giunse a Clauzen (Chiusa), ch’è una fortezza in quadro con alte mura a merli, bertesche e contrafforti; e di là si pervenne fino a Colmann (Colma), ch’è una doppia terra di qua e di là dall’Eisack (Isarco), congiunta da un gran ponte di legno, tutto a guisa di lunghissima galleria ricoperto. Ivi soprastando alquanto, si salì ad un albergo, ove ci fu imbandita quella famosa minestra, ch’è il nettare d’e Tedeschi, e la si dicono speckcannedel (Speckknödelsuppe, minestra di canederli allo speck). Antonio Bresciani, 1840 17
Da Bolzano in su gli alberi sono diversi; non più italiani, non ancora tedeschi. Questa terra di nessuno e di entrambi. Scompaiono i tabernacoli e le cappelle venete con i santi contadini che hanno colori rosso, blu, oro e visi bonari; e già comincia la terra dei crocifissi lignei sotto il tettuccio a guardia dei sentieri. […] Un paesaggio non più italiano e non ancora tedesco; nelle ombre fitte e taciturne delle abetaie si possono aprire anche psicologicamente dei giardini, il riso e il canto sciolto della val Gardena, dove la giuntura è allo stato di mescolanza: i ladini che parlano tedesco, cantano italiano, hanno parentele venete. […] A Bressanone la valle si divide: a sinistra la valle ombra dell’Isarco, a destra quella luce del Rienza, la Pusteria. Ombra e luce stanno, ovviamente per impressioni psicologiche. La valle dell’Isarco è una valle ombra perché è scabra, chiusa, come ossessionata dall’attesa del valico. Curva dopo curva, pianoro dopo pianoro, sempre quell’indicazione del “Brenner pass” “Passo del Brennero” quell’avvicinarsi al punto della separazione definitiva. Giorgio Bocca, 1964 18
Giunsi a Bolzano con un bel sole allegro. La visita di tutti quei volti di mercati mi piacque: se ne riceve la netta impressione di un’esistenza fattiva ed agiata. Sulla piazza erano sedute de fruttivendole; nelle loro ceste rotonde e piatte, larghe più di quattro piedi, le pesche erano ben allineate, in modo da non schiacciarsi; così pure le pere. Johann Wolfgang von Goethe, 1786 Adesso sono a Bolzano […]. Ora davanti al nostro albergo Al Sole c’è un mercato della frutta tale che voi non avete mai visto in vita vostra, pere, prugne, uva, noci, fichi: perché qui crescono già i fichi e presto arriveremo anche dove crescono alberi di aranci e limoni. Johann Gottfried Herder, 1788 19
(Bolzano) è una città piuttosto considerevole e ricca, tanto per le sue fiere, quando per la sua posizione geografica, che le dà il mezzo di trafficare senza gran difficoltà colla Svizzera, Alsazia, Baviera, Carinzia, Carniola e colla parte settentrionale dell’Italia. I contorni di Bolzano sono pittoreschi, il suolo fruttifero, e sebbene a cinquanta miglia al nord di Roveredo, pur dobbiamo cederle il vanto in fatto di grani, frutta, legumi, uve & C. Le sete e i tabacchi non valgono molto, ma i vini che fanno que’ bolzanesi sono squisiti e se li bevono e godono copiosamente e in allegria. Hanno essi un proverbio che ripetono, e che mettono in pratica, più volte al giorno: Qui bene bibit bene dormit: Qui bene dormit non peccat: Et qui non peccat in Pardisum volat. Giacomo Gotifredo Ferrari, 1830 20
Bolzano nel Tirolo, 16 ottobre 1883 Caro consigliere di giustizia Hegel, non avrei pensato di scriverle di nuovo nel corso dell’anno dal Tirolo, ma il tempo, la temperatura e in generale tutto quanto è qui così magnifico, al confine con l’Italia, che non riusciamo a strapparcene, e ragionevolmente credo che rimarremo qui fin verso (la fine del) mese. Da Gossensaß (Colle Isarco) siamo partiti un po’ più di una settimana fa. La neve era alta, e quaggiù, dopo 2 ore e mezzo di ferrovia, ci ritroviamo nel bel mezzo della vendemmia. Henrik Ibsen, 1883 A Bolzano finirà il nostro giro di mezza estate; lo prolunghia- mo trattenendoci per una settimana in questa antica città medioevale e, per una settimana, le guglie dello Schlern (Sciliar) e la grande parete del Rosengarten (Catinaccio) saranno ancora in vista ol- tre l’Eisack (Isarco). Finché tutte le sere potremo scender fino a al vec- chio ponte dietro la Cattedrale per ammirare il tramonto che incendia quelle magiche vette, avremo la sensazione di non essercene ancora definitivamente allontanate. Sono le nostre ultime Dolomiti e da qui ben presto, troppo presto, diremo loro addio. Amelia Edwards, 1973 21
Come giace distesa, luminosa e ridente La città di montagna: dolce e pesante risuona da lei Il passato, e leggera scivola intorno a me La canzone d’amore da Walther. Là si allargherà lo spazio per la neve alpina, l’anima, sulle ali dello scampanio della sera, si innalza a quell’ultimo rosseggiare nel giardino in cui fioriscono le rose di Laurino. E non sono nemmeno argento, queste sante guardie, sfiorate dal piede della creatura celeste, già sbocciate dal prodigioso giardino delle rose, di cui resta sulla mia anima il dolce profumo. Oh, se la sua meraviglia si manifestasse a me, a te, al bambino che tende la mano verso di loro! Non appena penso questo, una verde fiammella sprizza, e tutte le rose divengono scure. Gerhard Hauptmann, 1923 (Un giorno a Bolzano) Mi incammino verso i Portici. Bisogna bene andar subito a presentare i nostri omaggi a questa caratteristica via, Venire a Bolzano e non andare a salutarla, sarebbe imperdonabile, come andare a Padova e non vistare il Pedrocchi, o a Venezia e non girare sotto le Procuratie. Tiziana Melli, 1932 22
[…] La Weinstube, Cà de Bezzi, è il più caratteristico ritrovo di Bolzano. È una casa del XIV secolo, a due piani, piccolina, col suo erker e l’edera che si arrampica a ombreggiarla da un lato. Sulla porta, in ferro battuto, pende l’insegna dei vinai: il Buschen, così detto. […] Per fortuna non vendono soltanto vino, e posso fermarmi anch’io in quel famoso angolo dove i poeti fantasticavano, e cantavano le bellezze del paese dell’Adige. Tiziana Melli, 1932 Quando siamo entrati nella valle di Bolzano ci siamo stupiti di trovare l’area dolce e temperata. Le vigne erano tutte verdi, così come erano fioriti i salici, le rose, i lamponi e molti alberi e cespugli. Una vera e propria primavera nel bel mezzo dell’inverno e della neve. Ciò deriva dal fatto che la città è riparata dai venti cattivi e, forse, da altre circostanze di esposizione del terreno. François-Maxímilien Misson, 1688 23
Davvero difficile pensare a un panorama più bello. Sembra tutto un enorme frutteto e vigneto, con qua e là piccoli paesi e case; è circondato da montagne in gran parte ricoperte di boschi sulle vette e, sulle loro pendici si vedono chiese, castelli e case sparse. […] Due parole sul panorama di Bolzano: da segnalare la cuspide e il tozzo spazioso campanile gotico della chiesa, di notevole bellezza, ma la torre quadrata su cui si innalza a quanto pare non ha le giuste proporzioni. […] I fichi, i melograni e i cedri vengono coltivati alle pendici delle colline; mentre i prodotti del fiume sono molto diffuse e di ottima qualità. […] La città ha numerosi portici, come a Berna e rivi d’acqua fresca passano in strada. Charles Joseph Latrobe, 1832 Il borgo di Caldaro è un luogo di millecinquecento abitanti, sitato nella diocesi di Trento. Dall’alto della collina su cui è collocato, si gode una vista estremante pittoresca. Da una parte gli occhi si riposano piacevolmente su un piccolo lago dalle acque tranquille che dormono nel seno di un vallone, dall’altra osservano una corona di vigne fertili, coltivate con i migliori vini nobili d’Italia. Il borgo, anche se costruito all’antica, è ben realizzato. Don Antonio Riccardi, 1840 24
Soprabolzano (Oberbozen), dove mi sono fermato per la colazione, è un luogo di soggiorno che mi è parso ancora più gradevole in quanto vi arrivavo pressoché morto di fatica e di spossatezza. Nella bella stagione, questo posto è frequentato da molti valligiani benestanti e dagli abitanti della zona di Trento, che vengono a respirare l’aria di montagna e a godere i piaceri di una casa molto ben tenuta e di una società scelta. […] L’immensa e magnifica vista che si gode da queste altezze ripaga ampiamente di tutte le fatiche. Scorgevo ai miei piedi Bolzano e i suoi superbi dintorni; più lontano si snodava l’Àdige dalle celeri onde; […] (le piramidi argillose), formate dall’acqua che circolando ha asportato attorno ad esse le parti di terreno meno solide rispetto al nucleo, sono piazzate là come un gigantesco gioco di birilli. M. Fédéric Mercey, 1833 Era ancora alto il sole quando giungemmo a Salurn (Salorno), dove i cavalli delle poste, in luogo d’essere nelle stalle, erano sciolti per li prati a pascer l’erba, come, lungo il Simoenta ed il Xanto, i cavalli d’Achille. […] In contesto paesello di Salurn, sul ciglio d’una scheggiosa rupe, era un tempo fabbricata una rocca [la Haderburg, Castel Salorno], inaccessibile a chi non era falcone o sparaviere, poiché lo scoglio v’è da tutte le bande così nudo, scosceso e isolato, che non vi si potea giugnere se non per mezzo d’alcuni ponti che cavalcavano di rupe in rupe, fino ad appoggiarsi al dosso di quel rapidissimo sasso. Antonio Bresciani, 1840 25
Kaltern (Caldaro) presso Bolzano, Tirolo, 15 settembre 1876 Caro signor Hegel, […] La regione, quaggiù al confine con l’Italia, è straordina- riamente bella, e il clima è il più gradevole che ci si possa immaginare. Henrik Ibsen, 1876 Quel giallo squillante e festoso decorava le rive delle montagne, ai lati della strada, le siepi o i giardini delle casette e delle villette, con ininterrotta frequenza, da Rovereto e Trento, da Trento fino a Bolzano: e mi pareva identico, o quasi, al giallo delle ginestre. Ma capivo che ginestre non erano: distingueva qualcosa di più delicato, più fragile ed eretto, in ciascun arbusto: e, nei fasci, nei ciuffi dei piccoli fiori, qualcosa di più sparso e magro. “Sono forsizie” disse Bóccoli. Forsizie: nome che, lo confesso con un po’ di vergogna, mi era ignoto: mentre Bóccoli lo pronunciò con una naturalezza, con una familiarità affettuosa, con un tono di ricordo d’infanzia e non certo di cultura botanica. Sul finire del pomeriggio, arrivammo a Bolzano, in tempo per la chiusura della quarantottesima Mostra-Assaggio Vini. La città era un trionfo di fioriture primaverili. Mario Soldati, 1970 26
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L’ALTO ADIGE E LE SUE VALLI DA EST A OVEST me una civiltà e una storia ben de- “Maestria del passaggio: questa è finita, dove lo splendore e la cultu- la forza di queste valli sudtirolesi. ra delle montagne segna non solo E non solo nella struttura, nella loro intere città, ma ogni strada, ogni propria vita è domata la trasfor- metro di terra, abitazione, fienile, mazione di ciò che appare, anche quasi ogni centimetro delle belle i cambi di stagione, il cielo, sotto il case della tradizione rurale come quale stanno, sembra ammansito dell’architettura urbana. Anche la dalla loro forza rassicurante”, così luce, la luminosità dell’Alto Adige scrive Stefan Zweig nel 1910, co- è particolare, e disegna panorami gliendo un tratto distintivo di que- famosi nel mondo che fanno la gio- ste terre, quello della maestria, di ia degli appassionati di montagna una particolare energia e capaci- in tutte le stagioni. Da parte loro tà di far bene le cose. Le vicende le città e i paesi hanno saputo tutti e le radici antiche del Alto Adige conservare uno “stile Alto Adige” sono raccontate dai castelli da fia- inconfondibile, attraverso imma- ba che sorgono numerosi in queste gini, sapori, profumi che conqui- valli, ma si può dire che ogni edifi- stano chi cerca luoghi che hanno cio, addirittura ogni spazio, dal più un proprio carattere e offrono op- semplice al più complesso, espri- portunità mai scontate. 29
I fianchi della catena a nord di Merano sono costellati di antichi manieri e castelli. Tra questi, il vecchio e dirupato castello di Tirolo che, appartenuto in tempi passati ai Conti di Merano, dà il nome a questa regione delle Alpi. Le montagne sono ricche di boschi sin quasi alle sommità, in particolare quelle sulla riva destra del fiume; separano la valle dell’Adige dalla Ultental (Val d’Ultimo). […] Da qui a Naturno la valle varia di dimensioni e di caratteristiche. In lontananza si scorge una parte del massiccio dell’Ortler (Ortles) dietro cui il sole tramontava poco pri- ma che giungessi al villaggio dove avevo deciso di trascorrere la notte. … lasciavo il villaggio di Naturno. Prima di mezzogiorno avevo già risalito la valle per la via di Latsch (Laces) che porta nella piccola città di Schlanders (Silandro). […] I due punti più pittoreschi sono nelle immediate vicinanze di Kastelbell (Castelbello) e Latsch. La piccola città di Schlanders è situata in una fertile zone ai piedi della catena settentrionale. Da qui la strada per qualche chilometro passa su un tratto a forma di ventaglio coperto dai detriti dello sregolato torrente che esce dallo stretto di Laasertal (Val di Lasa) e discende verso il villaggio di Laas (Lasa). Di qui si può osservare una piccola parte dei ghiacciai dell’Ortler attraverso un precipitoso e stretto crepaccio che taglia le montagne a sud del villaggio e sovrasta la restante parte della valle ad ovest, in direzione di Glurns (Glo- renza) dove forma una sorta di stagno paludoso. Charles Joseph Latrobe, 1830 30
Bagni di Mezzo presso Merano d. 18 VII 1901 Tirolo Caro Paul: […] Siamo partiti da Monaco il 10 u.s. e arrivammo la sera a Bolzano, una piccola città calda e collocata in modo pittoresco, piena di forestieri e perciò assai divertente. Vi pernottammo e prose- guimmo la mattina dopo col trenino di Merano fino a Lana, una piccola stazione tra Bolzano e Merano, da dove percorremmo a cavallo una strada meravigliosa tra i monti. Io v´cavalcai una specie di cavallo da battaglia dalla corporatura fantastica che però aveva il temperamento del bradipo e faceva i capricci di un asino mezzo addormentato. Alla fine arrivammo tuttavia sani e salvi a Bagni di Mezzo. Qui si vive bene e rilassati. La casa di cura se ne sta solitaria a un paesaggio montano davvero meravi- glioso, una cascata giù in valle produce un rumore che tranquillizza, si vive nel modo più razionale e rinfrescante che si possa pensare. Abbiamo per così dire vocino alle nuvole, una cosa certamente romantica. Siamo gior- nalmente per circa dici ore nell’aria pura – un’aria da mille metri di quota, fresca, pura, aromatica – e abbiamo alle spalle già un paio di ascensioni assai considerevoli. Ma questi è solo allenamento; prossimamente ci sarà la salita a una cima e più avanti, come pezzo forte, una vera escursione sui ghiacci. Gell, da schaugst! – Probabile che rimarrò qui fino alla fine del mese prossimo. Thomas Mann, 1901 31
Nel tardo pomeriggio sono tornata a Merano, verso la valle dell’Adige. Attraversati i portici penombrati che fiancheggiano la strada principale e girando lungo il chiostro dei Cappuccini, ho raggiunto la porta della città. Ho già detto che l’Adige forma un angolo retto nella valle. Ero diretto ora verso la città alta ad ovest. La strada e la valle nel primo tratto offrono uno splendido e vario panorama della bellezza alpina. Particolare è quello del villaggio di Partschins (Parcines). Da un ripido declivio disseminato di casolari e lussureggianti vigneti, le cui foglie e frutti fanno da tettoia alla strada, l’occhio dello spettatore domina la valle, la fantastica ondulazione di vigneti, la grazia della città. Su ogni lato casolari, ville, frutteti, verdi e ineguali colline formano uno splendido quadro, incorniciato dalle alte montagne. Charles Joseph Latrobe, 1830 32
La notte riposiamo nel bell’hotel di Trafoi. […] La splendida strada del passo dello Stelvio, che sale zig zag alle enormi altezze, che pure è liscia e curata come un trottatoio, sembra troppo facile: optiamo per sentieri più complicati, solo per poter ammirare l’impianto meraviglioso di questa strada che bianca e liscia come un serpente chiaro si arrampica fino al passo. Già al Weißer Knott, una piramide di pietra, che guarda orgogliosa sulla valle di Trafoi, ci succede qualcosa di strano: un cambiamento assoluto nel modo di percepire le cose. Trafoi, che ieri, nell’arrivare a salire ammirammo come una chiara meta, è dimenticata, persa, un povero punticino nel profondo della valle, che pare avvitato da una trottola gigantesca in queste enormi masse. Le vedrette, che dal basso apparivano come scintille bianche, poi panni chiari che da lontano sembrano muoversi quasi già nel cielo, sono vicine, molto vicine, e i giganti come l’Ortles e il Madaccio, ieri ancora torri nelle nuvole, oggi sono raggiungibili, quasi amici, potenti compagni dai quali si potrebbe anche andare. Stefan Zweig, 1905 33
Maestria del passaggio: questa è la forza di queste valli sudtirolesi. E non solo nella struttura, nella loro propria vita è domata la trasformazione di ciò che appare, anche i cambi di stagione, il cielo, sotto il quale stanno, sembra ammansito dalla loro forza rassicurante. Le stagioni, le quattro pacifiche sorelle, qui si tengono ancora pacificamente per mano, alternandosi in un silenzioso girotondo. […] Così non saprei dire se ora è ancora autunno o già inverno, quasi si direbbe che altezze e profondità, roccia e valle si siano accordate, qui, per dare insieme accoglienza. Là sulle vedrette scintilla già la neve, l’inverno irrompe con bufere selvagge tra gli abeti, mentre in basso la valle sfavilla tutta d’oro nell’aria percorsa dal sole, e riflette sull’alto dalle rocce grigie un’estate meridionale, un’eterna giovinezza. E ancora in estate, quando luglio ribolle nel profondo surriscaldato della conca, lassù a San Viglio e sulla Mendola riluce una chiara primavera attraverso l’aria gelida e pungente quasi come d’inverno. […] e persino in un’unica giornata, nel giro di poche ore, si possono provare entrambi, l’inverno al mattino, la Primavera a mezzogiorno, quando il sole si è bevuto la bianca brina e ha disteso sulla valle il suo calore gentile. Qui le stagioni sono sorelle. Come in un vecchio quadro. Stefan Zweig, 1910 34
In realtà Merano è inizio d’un mondo pacifico e portentoso che sa ancora schiudersi verso la val d’Ultimo, la val Venosta […] - al ricercatore di bellezze naturali intatte e addirittura protette – secondo ampiezze impensate. Una grande parte di questa è compresa nel Parco Nazionale detto dello Stelvio […] . Vi abbonda una flora ricchissima e rara, dalle palme all’abete al mugo, dalle betulle ai faggi, dai mirtilli ai rododendri, dai ranuncoli alle genzione, dalle orchidee alle sassifraghe, dai garofani di monte alle grandissime stelle alpine. Fra le mandrie bovine al pascolo passano, a volte, cerbiatti e caprioli, mentre più in alto stanno all’erta i camosci, fra voli brevi di galli cedroni e coturnici. È un Eden, un vero Eden superstite, per altro rallegrato dal canto degli uccelli […] . E i laghi della Mute e di Resia verso le sorgenti dell’Adige, e le ultime muraglie castellane a chiusura: un paesaggio verde – rosa, oscuro e chiaro di toni all’infinito, la quieta, la frescura, il silenzio,, un perpetuo idillio nelle fioriture, una perenne pace di flora e faune in simbiosi fin dal primissimo giorno della creazione. E più in giù, in fondovalle, sugli estremi pendii roridi di fontane, i vigneti e i frutteti, i grembiuli azzurri dei contadini indaffarati fra sole e ombra, le villette e i giardini, le insegne pittoresche delle locande, i vivaci affreschi sui vecchi muri, i Cristi antichi sotto il timpanetto di legno. Leone Comini, 1964 35
Se due si trovano nella primavera che viene sarà un bel passeggiare. Ogni parola è rifinitura, la via s’allarga senza confini, e il bosco ha mille abissi. E aspettano pergolati assai silenziosi, e vanno arie dolcissime sussurrando tra i teneri rami di betulla, perché per il giardino dei fiori la nostalgia vaga in punta di piedi. Rainer Maria Rilke, 1897 Azzurreggiano al crepuscolo lunare Monti […] come ricordi Di se stessi; nemmeno più monti. Solo ancora sogni, lasciati dietro Da masse rocciose trascorse: come campane, che spegnendosi catturano ancora l’aria che trema. Christian Morgenstern, 1906 36
A Castel Tirolo tutta l’aria è piena Del suono di tante campane; ma ancora dormono trenta castelli fra l’edera dei loro avelli. Là dormono pure i verzieri Ebbri del nobile vino, celando leggende e misteri fra le pietre incantate. E là nelle notti profonde Profumo di rose si effonde: l’ombra di re Laurino incede per l’argentea vallata. La sua corona splende Con lunare chiarore E nel paese tutti in fiore Laurino benedice le rose. Più di trenta campanili fiancheggiano l’Adige, ma non svegliano trenta castelli fra l’edera dei loro avelli. Tutti intorno nel gran vigneto Non spira un alito di vento; sotto la finestra il roseto tremola solo un momento. Gertrud von Le Fort, 1905-1932 37
Dal balcone arioso, al cui parapetto avvolto fitto d’edera, uno sciame d’api circonda i fiori ronzando operoso, mi piace guarda giù, quando il dì sbiadisce, ai miei piedi affonda il pendio con le sue vigne ubertose, ancor caldo del bacio del sole, e dal verde con torri merlate si ergono castelli silenti, Trauttmansdorff, Rametz, a destra Planta – ben noto. E più giù, dove nella gola rocciosa rumoreggia il Passirio selvaggio, i vicoli ombrosi di Merano, al cui centro la torre Dell’antica chiesa s’innalza. Ben oltre però scende, a tratti brillando nel sole, l’Adige, come un bimbo che apposta salta i gradini e porge al fratello di Passiria la mano e manda il saluto consueto lassù al castel Tirolo. Paul Heyse, 1863 38
Carissima, […] penso che il suo (parla di Delka, suo figlio) sog- giorno a Trafoi, in una grandiosa cornice di montagne e di ghiacciai, lascerà nella sua memoria tracce molto profonde. Antonio Gramsci, 1926 La città (Merano), antichissima come rivelano i portici e i castelli, ha pure residenze nobiliari e nuove ville di buon gusto e quindi fonde passato e presente in un insieme gradevole. Bianca e tuttavia immersa nel verde di parchi e giardini pubblici, si estende gradualmente verso i prati ed i vigneti, che a loro volta salgono verso le scure selve. ….Il nord ed il sud, la città e la campagna, la Germania e l’Italia, tutti questi aspri contrasti si fondano placidamente e persino gli elementi più ostili sembrano qui concilianti e familiari. Stefan Zweig, 1910 39
Questo è il primo mistero della bellezza meranese, l’inimicizia col vento, e il secondo è la sua viva amicizia col sole. Merano vive della luce […] . Merano vive solo nella luce. Perché il sole qui ha un potere raro, quasi mitico; conta le ore, ripartisce la giornata, nutre i malati di speranza e i frutti di sangue caldo. Stefan Zweig, 1910 […] le montagne che la (Merano) circondano sono molto alte e ricoperte di boschi. La sua posizione è ancora più romantica e più bella di quella pur imponente di Bolzano. È situata su un territorio assai mosso che si estende ai piedi delle colline intorno alle quali il torrente Passirio esce dalla Val Passiria per entrare nella grande valle dell’Adige che qui si piega ad angolo retto, circondata da magnifiche catene di monti. Le sue chiese sono assai belle. Ha portici bassi e un aspetto più campagnolo di quello di Bolzano. Charles Joseph Latrobe, 1830 40
Quattro ore di viaggio ci hanno portato da Merano a Bolzano. Abbiamo seguito la valle dell’Adige, in cui si vedono solo stagni e paludi. Durante il tragitto, abbiamo continuato a vedere la Hohe Mendel [Mendola] che erge, rivolta a destra, la sua cima bizzarra. Vicino a Bolzano, il paesaggio diviene più ripido, le montagne sono scoscese e esibiscono le forme più strane, in distanza tinte vaghe e vellutate si stagliano contro un cielo in tempesta e fissiamo avidamente gli occhi su questa apparizione fatata. Jules Leclerq, 1880 S’apre a un mezzo miglio da Brixen la boscosa valle di Burgstall (Postal), alle cui bocche menano bellissimi prati, pieni di ruscelli e d’acquatici arbusti. Le radici di quei due monti sono vestite d’alberi fruttiferi, e più in su castagneti foltissimi vanno ascendendo, insino al mettere in cupe boscaglie di piante silvestri. La valle, quanto più piglia dell’alto, più si serra e le si affoltano addosso le selve, che la tengono ombrosa e fresca anche nel più acceso bollor dell’Agosto. Antonio Bresciani, 1840 41
A Brunico città e dintorni sono indaffarati e in grande confusione per la fiera dell’indomani. Sono passato in fretta tra le due file di baracche su ambo i lati della strada, fuori del fossato della città, e mi sono diretto al mio vecchio albergo a San Lorenzo. Charles Joseph Latrobe, 1830 Il cammino di cinque leghe, tra St. Jakob (località austrica della valle di Defereggen) e il villagio di Antholz (Anterselva), nella valle omonima, l’ho fatto in circa quattro ore. […] Il luogo e l’aspetto del lago alla testata della valle di Antholz sono romanticamente pittoreschi. […] Discesa senza problemi dal villaggio di Antholz e di qui, per Niederrasen (Rasun di Sotto), lungo la valle della Rienza. Alcune sorgenti minerali, non molto lontane da Antholz, sono famose per le acque curative di alcuni tipi di infermità. Charles Joseph Latrobe, 1830 42
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LE DOLOMITI Trentino, l’Alto Adige, il Veneto e Il paesaggio dolomitico come pa- il Friuli. radigma della perfezione della Le Dolomiti hanno avuto da sem- veduta alpestre, le Dolomiti come pre un enorme impatto sull’imma- montagne che grazie alla loro ginazione di chiunque le abbia vi- spettacolarità e particolarità si ste. L’imponenza di questi giganti esprimono sempre e ovunque in di pietra ha ispirato alle popola- termini di bellezza assoluta. zioni che le abitano un’epica che Montagne che nulla nascondono affonda le sue radici nella preisto- e tutto esaltano: i colori, le for- ria, al punto da divenire un riferi- me, le armonie che si creano con mento imprescindibile per la loro quello che sta intorno, naturale o stessa identità culturale. Dopo la umano che sia. loro scoperta scientifica, i viag- Una catena montuosa riconosciu- giatori romantici vi riconobbero ta come Patrimonio dell’Umanità l’incarnazione di quei paesaggi che rappresenta uno dei paesag- ideali che i pittori fino ad allora gi più famosi d’Italia e d’Europa, avevano solo immaginato. segnando nel profondo sia le Nessuno può rimanere indifferen- espressioni ambientali che quel- te alla loro indescrivibile fascina- le culturali, di diverse regioni: il zione, tanto che sono considerate 45
universalmente “le più belle mon- Le primissime immagini di que- tagne della Terra”. ste montagne non furono dipinti I caratteri chiave di questo parti- o ritratti, ma descrizioni, parole colare paesaggio sono molteplici. che raccontavano di visioni stra- In primo luogo la topografia estre- ordinarie e di emozioni potenti mamente articolata, in secondo che invadevano la mente e che luogo l’insolita varietà di forme occupavano – con una forza quasi che le caratterizzano in verticale ineluttabile – le frasi di apertura (pale, guglie, campanili, pinnacoli, delle prime relazioni scientifiche e torri, denti) e in orizzontale (cen- dei primi resoconti di viaggio. Le ge, tetti, cornicioni, spalti, alto- parole con cui vennero espressi i piani). Tuttavia le Dolomiti sono caratteri delle Dolomiti corrispon- note soprattutto per l’eccezionale dono esattamente alle categorie varietà di colori e lo straordinario del Sublime: verticalità, grandiosi- contrasto fra le linee morbide del- tà, monumentalità, tormento delle le praterie e l’improvviso sviluppo forme, purezza essenziale, intensi- verticale di possenti cime comple- tà di colorazioni, stupore, ascesi tamente nude. mistica, trascendenza. 46
Vi è qui […] per i viaggiatori la possibilità di vedere le montagne Dolomitiche. Diverse da ogni altra montagna, non è consentito osservarne di eguali in alcun altro posto delle Alpi. Esse attirano l’attenzione per la singolarità e il carattere pittoresco delle forme, dei picchi aguzzi e delle guglie, talvolta emergenti quali pinnacoli ed obelischi, oppure allineati in creste ininterrotte, dentate come la mascella di un alligatore; in altri casi esse cingono le valli con ripide pareti alte molte migliaia di piedi, spesso sol- cate da numerose fessure, tutte verticali. Questi monti sono perfettamente spogli, privi di vegetazione d’ogni tipo e, di solito, presentano una lieve tinta gialla o bianchiccia. Esse offrono un netto contrasto con tutte le altre mon- tagne per il loro candore abbagliante, per la loro aridità totale […]. Talvolta hanno l’aspetto di torri e obelischi divisi tra loro da baratri profondi migliaia di piedi; altrove le guglie sono così numerose e sottili da evocare l’immagine di un fascio di baionette o di spade. Nell’insieme esse conferiscono un’aria di inedita e sublime grandezza alla scena e solo coloro che le hanno viste sono in grado di apprezzarle come conviene. John Murray, 1837 47
Natura ha posto in esse più fantasia che logica. Mentre nelle Alpi classiche predominò un ordine di costruzione simile a quello della vita umana, le Dolomiti si ribellarono contro l’ordine, contro la legge, e li travolsero. Nelle montagne classiche c’è un ordine d’autorità, nelle Dolomiti c’è sobillazione: ogni cima tenta di rompere i legami con le vicine, e quando li tollera nasce un capriccio. Le rocce dolomitiche sono esseri ebbri, insofferenti, anarchici, tumultuosamente personali, ansiosamente anelanti ad un sogno svincolato dalla solidità del vero, pervase in sommo grado di inquietudine, di tormento, di ardore, di eccitazione, esseri la cui passione predomina sul raziocinio. La dolomia è una essenza lunare. Un paesaggio dolomitico è prima di ogni altra cosa una illusione d’incanto. È l’istintivo sfrenato impulso verso una utopia solidificata in pietra grigio-giallo-rosa. L’architettura di massa è ardita e vertiginosa nei particolari, ma il dominio spetta al colore, al profilo, al movimento. Davanti alle Dolomiti anche la fantasia più equilibrata di poeta vibra leggera e libera. Arturo Tanesini, 1997 48
Tra tutte le regioni alpine più altamente ammirate, e più largamente frequentate, sta in primissimo rango il regno fatato delle Dolomiti, questo «unicum» nelle Alpi, che la stessa Svizzera ha ragione di invidiarci: delle Dolomiti, con le loro bellezze bizzarre e pur profondamente incantatrici, con le loro crode, ripidissimamente levantisi e avvampanti in quasi tutti i colori con le loro vaste distese ondulate di pascoli, placidamente innalzantisi fino a gioghi che offrono sui monti e sulle valli panorami così vasti quali in altre regioni delle Alpi si possono contemplare soltanto da un’alta cima! Paul Grohmann, 1886 49
Immagina delle montagne a forma di cattedrali gotiche, castelli in rovina, bastioni, alte torri, rampe e cime, fulmini pietrificati. Montagne fatte di un’unica roccia, che cambiano colore con il trascorrere del giorno: alba, mattino, mezzogiorno, tramonto, sera, notte […] Possono essere bianche come la neve, gialle come il sole, grigie come le nuvole, rosa come le rose, nere come il legno bruciato, rosse come il sangue... Che colore hanno le Dolomiti? È bianco? Giallo? Grigio? Madreperla? È color cenere? È riflesso d’argento? È il pallore dei morti? È l’incarnato delle rose? Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno? Buzzati Dino, 1932 – 1971 50
Nelle linee e nei colori, nelle forme e nei modi, sono diverse da tutte le altre montagne. Sembrano barriere coralline sulle quali si sono abbattute nel corso delle ere le ondate di oceani burrascosi. Alcuni ritengono che siano stati proprio organismi corallini a costruirle. In tal caso quelle minuscole creature, insieme al vento e alle onde in loro supporto, avrebbero dimostrato di essere degli ottimi architetti. A differenza delle catene montuose, (le Dolomiti) per la maggior parte si ergono isolate e per questo, sebbene molto più basse delle montagne svizzere (la più alta, l’Antelao – “davanti alla gente” (sic) – la cui corona di neve e ghiaccio si vede da Venezia nelle giornate limpide, non raggiunge i 3400m), sembrano invece decisamente più alte. Niente può superare la maestà e la bellezza delle loro cime, che di volta in volta prendono la forma di torri e bastioni, di mura merlate e castelli inespugnabili o di cattedrali dalle eleganti guglie. Un’altra loro peculiarità straordinaria è la colorazione: molte hanno meravigliosi colori brillanti e catturano lo sguardo con la ricchezza di profondi toni di rosso, di sgargianti sfumature di giallo, di tonalità di bianco argenteo, di blu scuro o nero delle loro rocce. Eppure non sono toni crudi e duri. Questi colori sono tutti ammorbiditi da una leggera e caratteristica tonalità a metà tra il bianco e il grigio. Queste montagne sembrano cosparse di una sostanza più soffice e meno fredda della neve appena caduta. È come se fossero ricoperte da un morbido lichene. Se descrivendone l’aspetto dicessi che sembrano “insaponate”, ne descriverei allo stesso tempo anche una caratteristica fisica. Infatti queste rocce calcaree ricche di magnesio degradano per effetto della pioggia e dell’atmosfera e per questo la loro superficie è come se fosse “insaponata”. Al tatto, un pezzo di dolomia avrà la morbida consistenza di un pezzo di sapone. Da qui però si intuisce anche la loro instabilità. Nessuno nel guardarle può pensare a dei “colli eterni”. Sorprende non tanto il fatto che stiano crollando, bensì il fatto che svettino ancora così. Alcune sono in frantumi, piene di enormi lacerazioni e fenditure. Ammassati ai loro piedi si vedono giganteschi cumuli di ghiaia e massi. Sembra come se l’oceano che si estendeva attorno ad esse abbia generato nella sua furia questi candidi ghiaioni. In realtà sono il frutto di crolli dovuti al gelo invernale, allo scioglimento delle nevi in primavera e alle piogge autunnali. Alexander Robertson, 1896 51
A cavallo se ne andarono, come a caccia, al cavalleresco cimento: l’uno era Teodorico di Verona, principe immune da ogni biasimo, l’altro era l’agile Vitige, suo compagno. Gli impetuosi eroi pensavano di raggiungere il bosco nel Tirolo. Quando furono arrivati alla verde foresta, cavalcarono senza esitare nel bosco per ben sette miglia. Ed ecco che gli eroi arditi sono arrivati ad una verde prateria, davanti ad un giardino di rose. Là aveva, con nastri di oro e con pietre preziose, re Laurino il Piccolo, ornato le sue rose. Chi, passando per là, ammirava tutto quello splendore, dimenticava di sicuro ogni pena. Com’era deliziosa l’aria del giardino! Le rose spandevano dolce profumo ed insieme una luce così chiara. Matilde Accolti-Egg, secolo XIII 52
Ho continuato il cammino diretto al successivo villaggio di Stern (La Villa), seguendo una diramazione della Gadera che scorre dalla parte opposta e abbandonando la parte più ampia della valle lungo cui passa la strada per Cortina e verso la parte italiana. La Villa è situata ai piedi di una montagna dolomitica. Dopo una breve sosta, ho continuato il cammino passando per Colfosco, ultimo villaggio della valle. Sono poi salito al passo che separa la valle della Gadera dalla Gardena: si eleva a notevole altezza tra due contrafforti di monti che si guardano l’un l’altro nel loro profilo impervio e bizzarro. La parte che volge a sud dev’esser di altezza notevole: larghi nevai si insinuano fra i pinnacoli. Charles Joseph Latrobe, 1830 53
La Val Badia e la rossa dolomite – […] Alcune vette, che appaiono verso ovest, mi dicono che le mie attese non saranno deluse. Ne ho conferma appena raggiunto l’inizio della valle di St. Ulrich. Qui infatti, si osserva una serie impressionante di montagne calcaree che ho potuto ancora meglio studiare, qualche ora dopo, al mio arrivo nel villaggio di San Leonardo. Sono montagne composte di una roccia cristallina chiamata dai geologi dolomite e innalzatisi sopra un sottostante strato di porfido. Si elevano verticalmente sulla superficie ondulata circostante e l’occhio ne osserva le grandi pareti a tinte di vari colori tra i quali i predomina il rosso. Le vette sono varie e di forme caratteristiche. L’assenza di vegetazione su queste rocce chiaramente inaccessibili è tale che nessun animale, neppure il camoscio, vi alberga. Charles Joseph Latrobe, 1830 54
In Val Gardena, terra d’intagliatori e di emigranti – Proseguo la discesa. Un sentiero rotto e disuguale mi ha condotto in un piccolo villaggio in prossimità di alcune sorgenti d’acqua minerale. Che limpide acque scorrono subito dopo! Il villaggio di Santa Maria (Selva) è situato sulla sponda destra del torrente che attraversa gli anfratti selvaggi del Castello di Wolkenstein. A sera, sosta in una locanda paesana, anch’essa accanto ad una sorgente di acqua minerale, nei pressi del villaggio di Santa Cristina non lontano dal castello di Fischburg (Castel Gardena) di proprietà della famiglia Wolkenstein, dominato da un imponente pinnacolo dolomitico. […] Gli abitanti della Gardena sono veri artisti del legno, Pinus Cembra, esperti di lavori di intaglio d’ogni genere. Charles Joseph Latrobe, 1830 55
Verso Bolzano - […] Adatta allo scopo mi è sembrata la strada segnata sulla mia mappa che partendo da St. Ulrich (Ortisei) passa per i villaggi di Kastelruth e Vels (Castelrotto e Fiè). Dopo St. Ulrich, superato il torrente, sono salito sul lato sinistro della montagna fino al villaggio di Runggaditsch per giungere alla solitaria chiesa di San Michele. Qui mi sono goduto il panorama che offre la parte più bassa della Gardena e quello ancora più esteso di Kastelruth e delle montagne ad est dell’Isarco. - […] Kastelruth è un piccolo paese con una grande chiesa e più di un convento. Ecco poi un Sacro Monte con il suo grazioso e solitario percorso. Da qui, senza note di rilievo, il cammino verso Vels lungo le pendici dei monti e poi sul bordo della profonda valle dell’Isarco. Charles Joseph Latrobe, 1830 56
Tutti, in un momento di abbandono, in una sosta di lavoro assillante, in un breve riposo della mente, abbiamo sognato un angolo tranquillo, fra le montagne, lontano dal mondo, dove l’animo può svegliarsi alla sua vera vita, dove il carattere può riprendere la sua naturalezza falsata dalle necessità della vita in comune, dove è permesso fare i selvaggi e scuotere di dosso il pesante mantello delle preoccupazioni che schiaccia lo sguardo a terra impedendoci di fissate il sole. E per quanto si abbia girati il mondo, per quanti luoghi siano passati davanti al nostro sguardo, mai l’angolo del breve sogno ha trovato riscontro nella realtà. Ma con me la fortuna è stata amica: Tires è il paesino che avevo costruito con la mia fantasia e che credevo esistesse soltanto nella mia mente. Tiziana Melli, 1932 57
È un peccato che Tires non sia conosciuta per le gite che offre: Ma è anche una fortuna. […] le gite sono molto belle. Passeggiate fra boschi e sulle roccie, come dappertutto. Belle le gite sul Ciafon, da cui si vede tutto l’Alto Adige, dal Brennero fino all’Adamello, sullo Sciliar, a Monte Pez. Stupenda quella sul Catinaccio. […] Verso il tramonto, quando le Torri del Vajolett vestono il manto rosato, e la luce non permette più di leggere le antiche fiabe tedesche, il professore che mi è guida in questi luoghi, prende la cetra e suona per me le leggende del Rosengarten: >. Tiziana Melli, 1932 Per i Ladini questo è il il Lac del ergobando, il Lago dell’arcobaleno, […] Sembra che attorno al Lago di Carezza si affollino tutte le Dolomiti con le loro fantasie cromatiche: le più lontane pareti della Roda di Vael e del Catinaccio – il Rosengarten, il giardino delle rose di un’altra leggenda – fiammeggiano come solo questi monti sanno fare e mandano nel cielo sfumature segrete che il Lago cattura con tutti gli altri riflessi. Così il Lago è già una tavolozza di colori, il Lago compone un quadro sempre uguale e sempre nuovo. Gli abeti delle rive sembrano affondare a testa in giù, dritti e lucenti come canne d’organo; poi c’è la fascia verde cupo delle loro chiome, dentellata come un pizzo, e infine proprio nel centro del Lago, c’è il Latemar. Di che colore sia non si può dire. Lo decidono insieme, per misteriose vie, la montagna, le nuvole, il sole e il Lago. Lo decidono di minuto in minuto, di attimo in attimo, e tutto continua a cambiare lassù e quaggiù, nell’immagine riflessa. Carlo Graffigna, 1976 58
Basta dire o sentir dire: Val Gardena, per pensar subito a tre cose: ai lavori in legno, ai maestri di sci e ai costumi sfarzosi. […] C’è lassù, in alto, una muraglia lunga ed eguale che sembra chiudere la valle: è il Sella, e più a destra si vedono i piccoli dentini delle Torri, e il Sasso Lungo. Ed ecco, spunta anche il campanile a cipolla, e le case si avvicinano e arginano la strada. È Ortisei. Siamo giunti. Tiziana Melli, 1932 Pe ore e ore si può camminare in mezzo ai pini: da Tires a Fossa del Lupo, a Rifugio Cisgolo, a Rifugio Nigra e giù nuovamente a Tires per S. Cipriano da Lavina Bianca fino quasi al Rifugio Bergamo. […] E qui non resta che una pace incredibile e un silenzio che fa pensare talvolta di avere gli orecchi turati. Ma non può esser che così. Nei teatri, quando c’è qualche numero eccezionale, non si fa tacere l’orchestra? Qui il numero eccezionale è permanente: per ammirare il Catinaccio non ci vuole che silenzio. Tiziana Melli, 1932 59
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