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I taccuini del museumgrandtour Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico Una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 6 di Andrea Fiasco
Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico Una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete di Andrea Fiasco
Collana: I Taccuini del Museum Grand Tour, volume VI Testi: Andrea Fiasco In Copertina: J. Hullmandel, Walls at Praeneste, 1834 (da DODWELL, 1834, tav. CXIII) Edizioni Articolo Nove di Articolo Nove Arte in Cammino srls Palazzo Barberini Via Barberini, 24 Palestrina - Roma www.articolonove.com ISBN: 9788894837131 Copyright 2019 Finito di stampare dicembre 2019
Museumgrandtour - Sistema Museale Territoriale Castelli Romani e Prenestini XI Comunità Montana Castelli Romani e Prenestini: Ente Capofila e gestore Istituzioni Museali aderenti al Sistema: Museo Civico “Mario Antonacci”, Museo della Seconda Legione Partica - Albano Laziale, Museo Diocesano di Albano; Museo Civico Archeologico “Roger Lambrechts”- Artena; Museo Diffuso Castel San Pietro Romano; Museo Archeologico del Territorio Toleriense - Colleferro; Ferrovia Museo della Stazione di Colonna; Museo Tuscolano Scuderie Aldobrandini - Frascati; Acquedotti Romani e Castello di Passerano - Gallicano nel Lazio; Centro Internazionale d’Arte Contemporanea - Genazzano; Museo Nazionale dell’Abbazia di Grottaferrata; Museo Civico di Lanuvio; Complesso Archeologico del Barco Borghese, Museo della Città - Monte Porzio Catone; Tuscolo Parco Archeologico Culturale; Museo Archeologico delle Navi - Nemi; Museo Civico d’Arte - Olevano Romano; Museo Archeologico Nazionale - Palestrina; Museo Diocesano Prenestino di Arte Sacra; Museo Geopaleontologico “Ardito Desio” - Rocca di Cave, Museo Geofisico - Rocca di Papa, Polo Culturale “Monsignor Francesco Giacci” - Rocca Priora, Museo di Palazzo Doria Pamphilj - Valmontone, Museo del Giocattolo - Zagarolo. MiBACT Polo Museale del Lazio Diocesi di Albano Laziale Diocesi Suburbicaria di Palestrina Fondazione per la Ferrovia-Museo della Stazione di Colonna Comitato Scientifico: Paola Arena Ferrovia Museo della Stazione di Colonna; Luca Attenni Museo Civico, Lanuvio; Valeria Beolchini EEHAR - CSIC - Parco Archeologico di Tuscolo, Comunità Montana; Serena Borghesani Museo del Giocattolo, Zagarolo; Giovanna Cappelli Museo Tuscolano - Scuderia Aldobrandini, Frascati; Maurizio Chirri Museo Geopaleontologico “Ardito Desio”, Rocca di Cave; Maria Teresa Ciprari Museo Diocesano Prenestino di Arte Sacra, Palestrina; Giuliana D’Addezio Museo Geofisico, Rocca di Papa; Monica Di Gregorio Museo Civico d’Arte, Olevano Romano - Museo di Palazzo Doria Pamphilj, Valmontone; Roberta Iacono Museo Diffuso di Castel San Pietro Romano; Roberto Libera Museo Diocesano, Albano Laziale; Angelo Luttazzi Museo Archeologico del territorio Toleriense, Colleferro; Massimiliano Valenti Musei Civici, Albano Laziale - Museo Civico “Roger Lambrechts”, Artena; Coordinamento del Comitato Scientifico Monica Di Gregorio Museo Civico d’Arte, Olevano Romano - Museo di Palazzo Doria Pamphilj, Valmontone. Coordinamento Tecnico Amministrativo Patrizia Di Fazio Responsabile del Progetto, Comunità Montana Francesca Galli Segreteria tecnico organizzativa, Comunità Montana
Il Sistema Museale Territoriale dei Castelli Romani e Prenestini interessa un’area geografica molto ampia e diversificata, con la presenza di 27 servizi culturali tra musei e siti archeologici che fanno del Museumgrandtour una delle più estese reti museali della Regione Lazio. Si tratta di un territorio che esprime una propria identità fortemente radicata nella ricchezza diffusa di un patrimonio culturale unico nel suo genere, caratterizzato da un paesaggio straordinario che ancora oggi offre scorci di incontaminata bellezza. Con le loro collezioni di manufatti di estremo interesse allestite in edifici storici prestigiosi, i musei raccontano la storia di un territorio attraverso un arco cronologico che prende avvio dalle ere geologiche e percorre le tappe dell’evoluzione dell’uomo, in un affascinante viaggio attraverso il tempo. Le diverse tipologie museali (archeologica, storico-artistica, demoetnoantropologica e scientifica) propongono al visitatore un ampio ventaglio di offerte culturali e di servizi, con attività didattiche multidisciplinari, percorsi guidati e strumenti tecnologici in grado di soddisfare un pubblico dalle molteplici esigenze. La Comunità Montana dei Castelli Romani e Monti Prenestini, ente capofila e gestore del Sistema Museale, fa della sua lunga esperienza di lavoro in rete un proprio punto di forza poiché il network, ad oggi, rappresenta – ed i risultati lo dimostrano - la modalità più efficace di promuovere il patrimonio culturale di un territorio. E’per questo che saluto con grande piacere ed orgoglio la nuova iniziativa editoriale I taccuini del Museum Grand Tour che, in questa prima fase, raccoglie e documenta le numerose iniziative realizzate dai Musei del Sistema nell’ambito del progetto Visioni di paesaggio tra arte scienza e letteratura. Danilo Sordi Il Commissario XI Comunità Montana dei Castelli Romani e Monti Prenestini
“Visioni di paesaggio tra arte scienza e letteratura” è un progetto diffuso che ha visto protagoniste ben 14 sedi museali del territorio dei Castelli Romani e dei Monti Prenestini e che è stato realizzato nel corso dell’anno 2019 grazie ad un finanziamento della Legge Regionale 23 ottobre 2009, n. 26 - Avviso pubblico “La Cultura fa Sistema”. Da una riflessione collegiale su quale fosse un tema rilevante e comune denominatore del Sistema Museale “Museumgrandtour”, il paesaggio è emerso come il trait d’union capace di esprimere in maniera trasversale un territorio ampio ed eterogeneo, su cui insistono numerosi musei differenti per tipologia, allestimenti e contenuti. Quindi il paesaggio si è posto sin da subito come un tema la cui interpretazione poteva essere mediata dallo sguardo dell’uomo, sia esso letterato, artista, architetto, scienziato, collezionista. Nelle varie sedi che hanno ospitato il progetto, la tematica del paesaggio è stata declinata secondo desinenze e modalità di comunicazione di volta in volta adattate a contesti e strumenti eterogenei. La nuova collana I taccuini del Museum Grand Tour si apre dunque con una serie di piccoli cataloghi che raccolgono e documentano le molteplici iniziative realizzate sul territorio. I musei scientifici di Rocca di Cave e di Rocca di Papa, attraverso plastici 3D, hanno raccontato la lunga storia geologica ed evolutiva dell’area dei Castelli Romani e Monti Prenestini: dalle scogliere coralline e i dinosauri del Cretacico Superiore, al Vulcano Laziale, attivo negli ultimi 700 mila anni, alle glaciazioni e alle modifiche della linea di costa, fino ad arrivare al paesaggio attuale. Nel Museo Civico di Albano Laziale, il racconto dell’evoluzione antropologica - e non solo - del paesaggio è stato affidato alla fotografia attraverso due esposizioni di ampio respiro; nella Torre Medievale di Lanuvio è stata invece ospitata una mostra multimediale dedicata ai grandi viaggiatori di scoperta dell’800 (Middleton, Dodwell e l’erudita Marianna Dionigi) che avevano come meta quei siti archeologici dell’Italia Centrale fuori dalle tradizionali direttrici di viaggio e che rappresentavano per gli studiosi di allora oggetto di grande interesse. Il Museo Civico Archeologico “Roger Lambrechts” ha affrontato il tema del paesaggio in chiave storico-urbanistica, dedicando due convegni di studio, corredati da mostre documentarie, riguardanti uno le origini medioevali dell’abitato di Artena, l’altro i contesti urbani laziali della media Repubblica a confronto con l’abitato del Piano della Civita di Artena. La mostra Formazione e crescita del sistema urbano dei castelli romani e prenestini tra la tarda antichità ed il pieno medioevo, tenutasi presso le Scuderie Aldobrandini di Frascati, ha posto interrogativi interessanti: in che modo la Storia, l’Archeologia e l’Arte tracciano i segni per la ricostruzione del sistema insediativo. Il Museo di Palazzo Doria Pamphilj di Valmontone ha proposto del paesaggio una lettura in chiave contemporanea ospitando Microcosmo. Visioni
contemporanee di paesaggio dal mondo, una mostra internazionale con opere di oltre 40 artisti che hanno dialogato con le allegorie secentesche dei quattro continenti affrescate nelle volte. La Ferrovia-Museo della Stazione di Colonna ha prodotto Un itineracconto nella campagna romana, volume e progetto di ricerca presentati insieme ad un laboratorio di stampa artigianale: Un paesaggio in carta e inchiostro, realizzato per l’occasione in tiratura limitata. A Colleferro due giornate di rievocazione storica con personaggi in costume hanno ridato vita alla famosa Battaglia di Sacriporto, con paesaggi, documenti, materiali e immagini. Il Museo Diocesano di Albano Laziale ha raccontato invece le Trasformazioni e le rappresentazioni del paesaggio urbano attraverso conferenze, pannelli illustrativi ed un video con riprese aeree da drone, che restituiscono l’insieme della città di Albano da un punto di vista decisamente suggestivo. Il Museo Civico d’Arte di Olevano Romano, incentrato sulla pittura di paesaggio europea del Lazio, ha celebrato i suoi trent’anni di istituzione con una conferenza tenutasi presso il Museo Casa di Goethe in Roma e dedicata alle molteplici testimonianze pittoriche del paesaggio olevanese attraverso due secoli di storia dell’arte. La straordinaria cornice di uno dei borghi più belli d’Italia, Castel San Pietro Romano, attraverso il proprio Museo Diffuso, ha ospitato una mostra immersiva che ha accompagnato il visitatore attraverso le trasformazioni del paesaggio urbano dall’Antichità ai nostri giorni. Il Museo Diocesano Prenestino di Arte Sacra, infine, ha illustrato Il paesaggio prenestino, il territorio diocesano, gli insediamenti e la spiritualità con una mostra documentaria tesa ad evidenziare l’evoluzione dell’identità diocesana nel territorio prenestino a partire dalla testimonianza del martire Agapito. Dott.ssa Monica Di Gregorio Coordinatrice del Comitato Scientifico “Museumgrandtour”
Tener vivo il senso di meraviglia. È questo il compito a cui siamo chiamati, tanto come istituzione quanto come individui. Il patrimonio artistico è il simbolo culturale di un popolo, è testimonianza di uomini, narrazione di storie che si sono intrecciate negli anni fino a condurci dove siamo ora, o meglio, a determinare CHI siamo ora. Sono contento e orgoglioso di rappresentare un territorio così ricco da questo punto di vista come Castel San Pietro Romano, territorio che proprio su tale bellezza paesaggistica, artistica, ambientale, ha fatto leva per ricevere importanti certificazioni, come quella di “Uno dei Borghi più belli d’Italia” e il premio “Borgo più bello del Mediterraneo”. In particolare il patrimonio archeologico di Castel San Pietro Romano e l’acquedotto delle Cannuccete, riconosciuto come Monumento Naturale della Regione Lazio nel 1995, sono stati inseriti nell'idea del Museo Diffuso, un vero museo a cielo aperto, in modo tale da garantire una adeguata valorizzazione e promozione degli stessi. Il Museo Diffuso fa parte di una più ampia rete, quella del Sistema Museale Territoriale dei Castelli Romani e Prenestini, che trae linfa vitale proprio dalla valorizzazione e dalla promozione del nostro variegato patrimonio artistico ed archeologico: una prerogativa fondamentale per tener vivo il nostro bellissimo territorio. I nostri musei “a cielo aperto” rappresentano un’autentica ricchezza da ammirare, da curare, un giacimento culturale importante da non trascurare e da non dimenticare. Siamo circondati da autentiche meraviglie, da paesaggi che entrano nel cuore; non a caso si dice che il paesaggio è “il luogo dell’anima”, è in essa infatti che confluiscono tutti i sentimenti che un determinato panorama, uno scorcio, una certa veduta, possono trasmettere. Sentimenti fatti di forme, colori, odori, suoni. Per questo il nostro patrimonio archeologico va considerato come una risorsa, da proteggere, da valorizzare, da promuovere, e da far conoscere. È questo l’obiettivo della presente guida, uno strumento per il turista che si trova nei nostri territori e che può, in questo modo, “incontrare” il nostro territorio. Buon cammino! Gianpaolo Nardi Sindaco di Castel San Pietro Romano
Il territorio di Castel San Pietro Romano, per le sue precipue caratteristiche storiche e morfologiche, offre interessanti spunti di ricerca e di approfondimento. Il Museo Diffuso porta avanti, fin dalla sua costituzione nel 2016, una programmazione culturale rivolta alla promozione della ricerca scientifica, sostenuto dall’Amministrazione comunale sempre attenta e ben disposta. Negli anni il Museo Diffuso ha offerto sostegno e promosso numerose iniziative volte alla riscoperta del patrimonio culturale del Borgo e delle sue meraviglie. Per una fortunata casualità diversi concittadini laureatisi negli ultimi anni, hanno scelto di affrontare come tema di ricerca edifici e spazi urbani di Castel San Pietro Romano, seguiti dalla prof.ssa Daniela Esposito, ordinario di Restauro architettonico all’Università La Sapienza di Roma. Nello stesso periodo il Museo Diffuso, in sinergia con il Comune, ha stretto una convenzione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Tor Vergata per l’inserimento di Castel San Pietro Romano nei temi della ricerca del Laboratorio di Restauro diretto dalla prof.ssa Nicoletta Marconi. Questa proficua esperienza di studi è confluita in una mostra dal titolo “Castel San Pietro Romano e i suoi monumenti. Proposte progettuali sul patrimonio architettonico: un contributo universitario” aperta da una conferenza sotto l’alta supervisione della dott.ssa Sandra Gatti, nella quale sono stati esposti i primi risultati di queste indagini. Non si può affrontare la storia di Castel San Pietro Romano senza parlare di Praeneste, di cui era arx, e delle sue mura poligonali. Alla succitata dott.ssa Gatti va dato il merito di aver per la prima volta elaborato un’ampia disamina delle fortificazioni di Praeneste, in un prezioso ed organico studio scientifico del circuito murario effettuato nel 2011, fino a quel momento rimaste sostanzialmente in secondo piano nell’ambito degli studi sulle antichità prenestine di epoca repubblicana. Così come il circuito murario, anche l’importante acquedotto delle Cannuccete, ha segnato profondamente il paesaggio di quest’area dei Monti Prenestini e la storia della città nel periodo arcaico. Il crescente interesse da parte degli addetti ai lavori non può che favorire il sorgere di nuovi spunti di riflessione e di riletture aggiornate, tali da aprire scorci inaspettati e stimolare la ricerca. In un tale quadro di contributi scientifici, di cui è stato, e continua ad essere, oggetto Castel San Pietro Romano, lo studio del dott. Andrea Fiasco si inserisce perfettamente. L’autore si muove in una prima rilettura del patrimonio archeologico dell’acropoli di Praeneste, andando a sostanziare un probabile culto dedicato a Marte sull’acropoli, attraverso un’attenta analisi delle testimonianze epigrafiche, ma soprattutto andando a ridefinire il forte valore strategico militare dell’acropoli e del suo circuito murario, legato indubbiamente alle prerogative di questa
divinità. Interessante poi l’approfondimento sull’acquedotto, che nasce probabilmente da una commistione di popoli. I saperi e le tecniche delle popolazioni greche di area ionica confluirono, come in un melting pot, nel Latium Vetus alla fine del VI sec. a.C., producendo così un notevole sviluppo delle popolazioni latine. L’impegno profuso negli anni dal MuDi, in accordo con l’Amministrazione comunale, in favore della conoscenza e della valorizzazione del patrimonio di Castel San Pietro Romano ha avuto effetti tangibili sulla vita del piccolo borgo al quale sono stati conferiti i riconoscimenti di Uno dei Borghi più Belli d’Italia (2017) e di Borgo più bello del Mediterraneo (2019), a dimostrazione che la cultura è in grado di avviare e alimentare processi di rinascita e crescita di un territorio. Dott.ssa Roberta Iacono Direttrice del Museo Diffuso di Castel San Pietro Romano
I | Stralcio del CTR dei comuni di Palestrina e Castel San Pietro Romano con sovrapposizione delle fortificazioni dell'antica città di Praeneste (Elaborazione autore) 14 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
Castel San Pietro Romano (RM) e il in secondo piano nell’ambito degli studi sulle suo patrimonio archeologico. Una antichità prenestine di epoca repubblicana, rilettura dell’acropoli di Praeneste e appesantite dalle colorite interpretazioni resegli dell’acquedotto delle Cannuccete.* dai viaggiatori stranieri sullo scorcio del Grand Tour (fig. 2)5 e dagli “eruditi” resoconti dei primi “archeologi” impegnati nello studio della La città di Praeneste era dotata di un’acropoli sulla Campagna Romana6. cima del rilievo soprastante, il Monte Ginestro. Lo Non è questa la sede quindi per ripercorrere scrittore tardoantico Vibio Sequestre ne segnalava passo passo il perimetro delle mura cittadine nel IV-V d.C. secolo il nome, nel suo trattato De di Praeneste ma è invece una buona occasione fluminibus, fontibus, lacubus, nemoribus, paludibus, per evidenziare alcuni nuovi dati riguardanti fontibus, gentibus, per litteras libellus, ricordando soprattutto il circuito dell’acropoli e alcuni che Arentinus mons, in quo civitas Praeneste1. settori limitrofi, allo stato attuale rimasti inediti L’antico monte Arentino, oggi Ginestro per via o parzialmente documentati, frutto di ricerche della pianta selvatica, la ginestra, che fiorisce in effettuate nell’ultimo quinquennio, utili a primavera su gran parte del territorio circostante, chiarire maggiormente alcuni aspetti costruttivi e con la sua cima costituiva l’arx della città antica cronologici, con un’attenzione anche all’acropoli e (fig. 1). Questo rapporto indissolubile fra alle sue funzioni. l’oppidum, situato sul pendio meridionale del La grande opera difensiva fu progettata infatti monte, e l’acropoli soprastante è sancito dal includendo la cima del monte e il pendio a possente circuito di fortificazioni che attualmente mezzo costa, che la topografia di Praeneste fa si conserva ancora per gran parte del suo coincidere con l’arx e l’oppidum della città, oggi originario perimetro2. Le mura poligonali di rispettivamente corrispondenti all’abitato del Praeneste è stato finalmente stabilito, grazie ad un borgo montano di Castel San Pietro Romano e intervento di archeologia preventiva effettuato su all’attuale Centro Storico di Palestrina. un breve tratto montano del circuito, che la loro Un’ottima circostanza anche per offrire una costruzione è avvenuta in un periodo circoscritto rilettura delle altre testimonianze relative al fra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C., nel patrimonio archeologico del comune di Castel San periodo arcaico della storia del Latium Vetus3. Pietro Romano, come l’importante acquedotto Un prezioso ed organico studio scientifico del delle Cannuccete, che ha segnato profondamente, circuito murario è stato effettuato per la prima volta così come il circuito murario, il paesaggio di in maniera sistematica da Sandra Gatti nel 20114. quest’area dei Monti Prenestini e la storia della Alla studiosa va dato il merito di aver elaborato città nel periodo arcaico. un’ampia disamina delle fortificazioni di Praeneste, fino a quel momento rimaste sostanzialmente una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 15
L’arx della città antica: il borgo di Castel San Pietro Romano Un possente anello realizzato in opera poligonale circonda l’abitato urbano di Castel San Pietro Romano segnando all’interno dell’oppidum prenestino uno spazio ben preciso: l’antica acropoli della città. La sua configurazione architettonica segue l’andamento irregolare della cima del monte. Costruito in grandi poligoni di calcare messi in opera a secco, fu realizzato cavando direttamente in loco la materia prima. Questa attività estrattiva deve aver anche contribuito a modificare 1 | Veduta aerea del Monte Ginestro: in cima Castel San Pietro Romano, in antropicamente la cima del monte, che oggi appare basso Palestrina (foto A. Gamboni) frutto di un evidente intervento di livellamento7. La sua orografia in particolare mostra un’ampia insenatura che divide la spianata occidentale che volge verso Roma dalla più aspra conformazione del settore orientale, su cui fu costruito, in età medievale, il castrum fortificato della famiglia Colonna, la Rocca. L’anello di mura attualmente delimita la cima del monte sui versanti ovest, sud-ovest, sud, sud- est, con un lungo tratto unitario, affiancato da un percorso pedonale per il visitatore (fig. 3) che dalla Chiesa di Santa Maria della Costa, sorta nei pressi di un antico eremo dove visse la Beata Margherita Colonna, conduce sino all’attuale parcheggio del Belvedere di Ponente. Lungo questo settore si contano ben tre accessi all’acropoli. L’ingresso principale presenta una copertura ad ogiva (fig. 4), che trova confronti con la porta d’ingresso all’acropoli di Arpino 2 | J.Hullmandel, Walls at Praeneste, 1834 (da DODWELL, 1834, tav. CXIII) (FR)8. Una seconda porta di dimensioni simili, 16 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
di un tragitto che attualmente, dal quartiere prenestino degli Scacciati sale in cima al borgo montano. Il toponimo richiama, nell’immediato, il suo percorso di arrivo, l’antica cappella di Santa Maria. Il sentiero è ricavato direttamente sul banco calcareo dello sperone montuoso ed è contenuto in più punti da muri in pezzame di calcare medio- piccolo, disposti a secco, le cd. macere (fig. 5), in particolar modo nel tratto che passa a nord della provinciale Palestrina-Castel San Pietro Romano, costruita all’inizio del Novecento. Il sentiero deve essere stato impiegato almeno dal Medioevo per i collegamenti con l’abitato prenestino sottostante e nulla vieta che esso possa ricalcare, forse con 3 | Il percorso pedonale che corre lungo l’anello di mura che cinge il borgo di Castel San Pietro Romano un itinerario approssimativamente simile, una viabilità antica14. con un varco d’ingresso di poco più stretto9, è È stato sostenuto da studi recenti e pregressi che perpendicolare al tracciato e per tale ragione è l’anello di mura che cinge la cima del monte non da identificare con una porta “scea”10. Un terzo si estendesse in antico sui versanti nord ed est, ingresso, una posterula, si colloca più ad ovest11. anche in relazione alla natura molto impervia Tutte e tre le porte sono chiuse da tamponature realizzate con paramento in blocchetti di calcare. Ciò significa che nessuna di esse fu impiegata in età medievale per l’accesso all’interno dell’acropoli12. È presumibile che in questo periodo l’ingresso fu decentrato più ad est, nei pressi della Chiesa di Santa Maria della Costa. Qui è probabile che sia stato ricavato una varco nelle mura antiche, nei pressi di una possente struttura in conglomerato cementizio, databile fra III e II a.C., che ancora funge da contrafforte alla piccola cappella, costruita probabilmente con funzioni di controllo e avvistamento sul settore orientale del suburbio prenestino13. Ciò sembrerebbe indicarlo anche il percorso del “Sentiero della Costa”. Si tratta 4 | La porta principale d’ingresso all’acropoli di Praeneste una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 17
dei declivi sottostanti, tali da costituire, pertanto, di accesso alla valle del Giovenzano, nei pressi del un baluardo difensivo naturale15. Ciò è solo comune di Ciciliano (RM), sede dell’antica città parzialmente verosimile. Una tale circostanza di Trebula Suffenas, prenda il nome di Passo della infatti sembrerebbe poco giustificabile: è noto Fortuna, un chiaro riferimento alla direzione da fin da età arcaica come l’entroterra appenninico cui si proveniva raggiungendo questo luogo e sia stata abitato da popolazioni aggressive e verso il quale ci si poteva dirigere19. ben equipaggiate militarmente, come gli Equi16, Attraverso una serie di ripetuti sopralluoghi è stato gravitanti sul fronte nord-occidentale intorno ai possibile effettuare nuove acquisizioni su questi Monti Simbruini, o gli Ernici17, disposti più a sud, versanti dell’acropoli e, nondimeno, sui salienti i quali è difficile pensare che non abbiano mai che collegano le fortificazioni dell’oppidum con individuato nel corridoio prenestino una duplice quelle dell’arx. Sul pendio retrostante la Rocca dei occasione per tentare di ottenere un diretto Colonna è stato possibile documentare un muro in sbocco alla costa tirrenica e per partecipare più opera poligonale con andamento nord-sud (fig.7)20. attivamente ai traffici commerciali fra l’Etruria e la Si tratta del settore più avanzato in direzione Magna Grecia (fig. 6)18. Ciò rende plausibile invece nord che fino ad ora sia stato mai documentato. l’ipotesi che anche questi versanti dell’acropoli Sulla base del suo orientamento questo breve siano stati fortificati, ancor di più proprio se saliente potrebbe aver costituito l’estremità si pensa al carattere di frontiera che dovette più settentrionale del braccio orientale delle assumere quest’area rivolta verso l’entroterra fortificazioni dell’arx o la propaggine orientale appenninico. Non è un caso che il varco naturale di un possibile braccio settentrionale. Inoltre, 5 | Un tratto del muro di contenimento del “sentiero della Costa” 6 | Il Lazio antico in età arcaica con le aree di pertinenza dei popoli dell’Italia centrale 18 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
8 | Una torretta di età medievale inglobata in un’abitazione moderna sul lato ovest dell’acropoli alle opere di fortificazione approntate in età medievale su questo versante21. Sul lato opposto, al di sotto del nuovo parcheggio del Belvedere di Ponente, perlustrazioni effettuate a più riprese hanno permesso di documentare una struttura in opera poligonale, 7 | Tratto in opera poligonale sul versante nord-est del Monte con andamento nord-sud: farebbe pensare ad un Ginestro (foto G. Gasbarri) opera di terrazzamento anche se la sua posizione sembrerebbe piegare in direzione settentrionale22. al di sotto di gran parte delle abitazioni che si Si tratta di un dato di particolare interesse, perché affacciano a strapiombo sul lato est dell’acropoli, potrebbe rappresentare l’estremità più occidentale sono a più riprese ben visibili conci in opera di un ipotetico braccio settentrionale dell’anello poligonale: la loro presenza testimonia l’esistenza dell’acropoli. di una lunga fortificazione che chiudeva l’anello I dati raccolti indicano abbastanza chiaramente anche sul versante orientale. A conferma di ciò la che anche il lato orientale dell’acropoli era presenza in piazza Zirillo di una torretta circolare fortificato ed è probabile che lo sia stato anche inglobata in un’abitazione moderna (fig. 8), simile quello settentrionale. D’altronde questi dati alle altre diffuse lungo il circuito murario, relativa sembrano trovare parziale corrispondenza in una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 19
acropoli” più spostata ad ovest e corrispondente all’attuale zona su cui gravita la chiesa di San Pietro e di una “piccola acropoli” situata più a nord, coincidente con l’area su cui insiste il fortilizio medievale. Fra l’antico oppidum e l’arx di Praeneste si sviluppa invece ancora oggi una zona in pendio, che costituisce parte del declivio meridionale del Monte Ginestro. Quest’area, sgombra 9 | L. Canina, Pianta della città di Palestrina e sue adiacenze (da CANINA, 1856, tav. CXI) alcune rappresentazioni della città di Palestrina, come nella planimetria di Giovanni Battista Belluzzi del 155023 o in quella più recente, del 1856, di Luigi Canina24 (fig. 9). Queste acquisizioni suggeriscono anche che l’asperità rocciosa su cui si innalza la Rocca costruita dai Colonna a partire dal XII-XIII secolo abbia già in origine fatto parte della superficie dell’arx antica, come dimostrerebbe il tratto di mura in opera poligonale che corre nella sua zona retrostante e come testimoniato da strutture in laterizio inglobate in una delle torrette esterne (fig. 10). Verrebbe così a delinearsi un contesto 10 | Strutture in laterizio inglobate nella torre est della Rocca dei topografico dotato, in età antica, di una “grande Colonna 20 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
sembrano assimilabili, per forma e dimensioni, alla porta più occidentale dell’anello dell’acropoli mentre per ciò che riguarda l’uso che se ne fece è molto probabile che possano aver avuto origine nella fase di costruzione dell’opera e che siano state poi impiegate per attività di manutenzione, come mostra il braccio occidentale delle mura che conserva un breve ripristino in opus incertum del suo paramento murario. È altrettanto verosimile pensare, osservando i punti in cui si aprono sul tracciato, che abbiano assolto anche ad una qualche funzione di controllo dei lati est ed ovest delle fortificazioni. L’arx di Praeneste nell’antichità deve aver avuto 11 | La posterula sul saliente est che ascende all’acropoli (foto G. una funzione militare, almeno in età arcaica e Gasbarri) fino alla conquista romana nella seconda metà del IV secolo a.C. La “cittadella” rappresentò, per da vegetazione ad alto fusto, separava i due Praeneste, un vero e proprio baluardo difensivo. Le spazi della città similmente a come oggi fa da capacità di controllo e avvistamento del territorio spartiacque fra i due comuni. Questa zona è circostante sono da qui strategiche. Dalla cima delimitata, ad est e ad ovest, dai due salienti delle del monte di Palestrina si ha la possibilità di mura che ascendono all’acropoli. Essi, in maniera del tutto speculare, salgono verso il monte piegando similmente a metà del loro percorso: è stato possibile documentare per la prima volta, su entrambi e proprio nel punto della loro flessione, la presenza di due piccole porte che permettevano l’ingresso e l’uscita. La loro forma è per nulla complessa. Il varco est (fig. 11), abbastanza stretto, mostra gli stipiti composti in blocchi di opera poligonale, un tempo probabilmente coronati da architrave25. Simile, per forma e composizione, è quello ovest (fig. 12), il cui ingresso però è chiuso da una tamponatura di età medievale. La 12 | La posterula sul saliente ovest che ascende all’acropoli (foto G. loro funzione è di difficile interpretazione: esse Gasbarri) una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 21
traguardare in più direzioni: verso la Ciociaria erano poderosi: stando alle notizie fornite da e la costa Tirrenica attraverso il varco naturale Livio nel 380 a.C. i Romani, prima della conquista fra i Lepini e i Colli Albani, passando per Roma della città, dovettero superare le resistenze di ben e l’Etruria laziale, fino alla foce del Tevere da nove oppida che fortificavano l’ager Praenestinus e una parte e all’entroterra appenninico dall’altra che dovevano fungere come avamposti difensivi (fig. 13). Questo strumento che la città ebbe a a protezione dell’abitato e di quella fascia di disposizione sotto il profilo strategico-militare suburbio e ager che dal punto di vista agricolo dovette contribuire a consolidare l’indipendenza dovevano svolgere un ruolo fondamentale per di Praeneste e a respingere l’offensiva romana, l’approvvigionamento alimentare della città26. almeno dal lontano trattato firmato dalla Lega È molto probabile che in scenari come questi Latina con Roma nel 500 a.C. fino al 338 a.C., l’acropoli diveniva strategica quale punto di anno della resa incondizionata dei prenestini. In riferimento e collegamento visivo degli oppida questo lasso di tempo la città si trovò più volte sparsi sul territorio. Ma purtroppo ciò non sempre nelle condizioni di dover fronteggiare guerre bastò: proprio in questa occasione Tito Quinzio e scontri militari alle porte del suo territorio Cincinnato riuscì a sfondare la difesa periferica ed è probabile che in più di qualche occasione puntando al cuore della città, conquistandola e le proprie condizioni logistiche, unite alle saccheggiando la statua di Giove Imperatore dal caratteristiche morfologiche e urbanistiche del tempio cittadino, condotta in trionfo a Roma e proprio territorio, giocarono a suo favore. Gli dedicata sul Campidoglio27. approntamenti difensivi di cui era dotata la città Il carattere inespugnabile della città, che la 13 | Veduta dal Belvedere di Ponente dell’area a sud-est di Roma, dei Colli Albani e della costa tirrenica (foto MuDi) 22 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
“cittadella” in cima al monte doveva rafforzare, era ben noto: Strabone in età augustea scriveva chiaramente che Praeneste era fortificata naturalmente, perché «[…] ha come rocca un’alta montagna che domina la città e posteriormente è separata dalla catena montuosa da una gola che si eleva verticalmente per due stadi […]»28. L’arx oltre a svolgere funzioni difensive, dovette assolvere anche compiti rituali e religiosi. Negli anni ’80 del secolo scorso Mario Torelli suggerì che l’acropoli era la sede di riti riguardanti le pratiche di augurium ed auspicium - come ad esempio l’osservazione del volo degli uccelli o l’analisi delle viscere degli animali - ipotizzando che sul suolo dell’arx prenestina trovasse collocazione un luogo di culto dedicato a Iuppiter Arkanus (Giove Arcano) e un tempio dedicato a Mars (Marte)29. La prima ipotesi si basava su una serie di iscrizioni (fig. 14) che riferiscono dell’esistenza, in età imperiale, di un collegium di cultores et amatores di 14 | Base di statua di Publius Acilius Paullus, 243 d.C. - Città del Iuppiter Arkanus, situato in regionis Macelli, nell’area Vaticano, Musei Vaticani (Da Granino Cecere, 2005, n.648) del Macellum della città, la cui localizzazione però va ricondotta all’abitato inferiore della cd. Città urbano della città, posto fuori l’oppidum, in una Bassa30. Tale Iuppiter Arkanus secondo Torelli zona extramoenia, ben distante dall’acropoli in risulterebbe un’epiclesi del più ampio culto reso cima al monte, senza nessun riscontro o confronto a Giove ed etimologicamente riconducibile alla con l'epigrafia repubblicana della città, secondo parola arx e, per tale motivo, da riferire all’area Torelli è da ricondurre all’acropoli cittadina per il dell’acropoli31. L’ipotesi di Torelli seppur semplice accostamento delle parole arx-arcanus33. convincente presenta una serie di problematiche. Sia il periodo storico di diffusione del culto - il Solo una delle iscrizioni prese in esame, sulla base III secolo d.C. - che il significato dell’aggettivo delle informazioni riportate nel CIL, potrebbe accostato a Giove, arcanus o arkanus se seguissimo essere stata rinvenuta in una zona genericamente la lettura epigrafica - sembrerebbero più definita «[…] territorio di San Pietro […]»32. richiamare l’associazione con un culto misterico, Un culto in onore di Giove Arcano, particolarmente occulto, magico34, seguendo anche l’etimologia diffuso in età imperiale in un determinato settore della parola. Questa tipologia di culti ebbe larga una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 23
diffusione in età imperiale: per il ceto dei liberti immaginarlo con l’inizio dell’Età del Ferro. La simili associazioni rappresentavano un’occasione presenza di vasellame da mensa e da cucina per prendere parte alla vita cittadina pubblica, per potrebbe essere letta anche sotto un profilo gli altri esponenti dell' élite cittadina, che occupava diverso, quello rituale. Spazi come le acropoli già le magistrature locali, un’ulteriore opportunità dovevano costituire un luogo privilegiato alla per esprimere la propria devozionalità e per celebrazione periodica di cerimonie di carattere rafforzare i legami e i sodalizi con altre gentes, comunitario. Lo scenario in cui esse dovevano sia per scopi politici che sociali. Il riesame di svolgersi era enfatizzato dall’ubicazione di questi questi dati farebbe pensare che il perimetro del spazi, solitamente situati nelle aree di maggiore culto offerto a Praeneste a Iuppiter Arcanus sia da preponderanza visiva degli insediamenti, circoscrivere più ad un contesto urbano della nei punti più elevati o nelle zone di rilievo cd. Città Bassa, dove aveva sede il collegio, più topografico. Questi luoghi dovevano rivestire che metterlo in relazione con un’area sacra come una delle principali sfere d’interazione locale l’acropoli cittadina, dotata di particolari risvolti all’interno degli insediamenti. Nell’immaginario giuridico-sacrali, dove comunque, a buona collettivo della città lo spazio dell’arx deve quindi ragione, aveva sede un culto dedicato a Giove. aver assunto un riferimento significativo, nel Sappiamo dalle recenti indagini archeologiche quale ricercare i primordi della formazione della effettuate presso la cinta muraria dell’acropoli comunità. Solo per citare un caso simile in Sicilia, che in età preistorica la cima del Monte Ginestro è uno studio della Ferrer, ha mostrato come gran stata oggetto di frequentazione: saggi stratigrafici parte delle acropoli dei centri abitati dell’isola, fra effettuati sul terrapieno adiacente la linea interna X e VI secolo a.C., ospitò pratiche di commensalità delle fortificazioni hanno permesso di recuperare collettiva36. Nulla vieta pensare, ancor di più se ceramica riferibile ad un arco cronologico del si osserva la funzione che andò ad assolvere XV-XIV secolo a.C. Si tratta in larga parte di la cima del Monte Ginestro in età pienamente ceramica da mensa, che indicherebbe, secondo gli storica, che essa possa aver ospitato pratiche esploratori, una iniziale frequentazione del sito a simili, le quali è possibile che abbiano anticipato cui potrebbe aver fatto seguito uno stanziamento, lo svolgimento di quelle relative agli auguria e agli interrottosi intorno al IX secolo a.C35. L’acropoli auspicia, anch’esse caratterizzate da ampi risvolti è possibile che abbia avuto, in una fase pre- comunitari e contribuendo a rafforzare l’identità protostorica, una vocazione insediativa, a cui sacra dell’altura. si avvicendò successivamente, a partire dal VI Mentre ad altro culto fa riferimento un’altra secolo a.C., una prerogativa militare e sacrale. epigrafe, purtroppo frammentaria e perduta37. Se l’uso dell’altura montana a scopo abitativo, Essa è segnalata nel CIL come proveniente «[…] anche per ragioni difensive, sembra coniugarsi da quella parte che dicesi S. Pietro […]» ed è così con il periodo preistorico più difficile risulterebbe riportata: 24 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
in città collegato alla statua del dio, nel 214 a.C., prima della battaglia combattuta dai Romani a Benevento durante la Seconda Guerra Punica38. Una dedica a Marte sull’arx prenestina farebbe pensare alla presenza di un luogo cultuale dedicato al dio della guerra, come aveva anche suggerito Torelli. Ma c’è di più, perché a sostegno di questa ipotesi giunge un’altra importante testimonianza epigrafica, rinvenuta con certezza all’interno dell’arce prenestina, e rimasta fino ad oggi in secondo piano. Fu scoperta sotto l’altare maggiore della chiesa di San Pietro - situata nella piazza principale del borgo di Castel San Pietro Romano - e reimpiegata a partire dalla sua scoperta come acquasantiera del luogo di culto. Si tratta di un basamento (fig. 15) che in origine sosteneva la statua di Publius Aelius Tiro39: P(ublio) Ael(io) P(ubli) f(ilio) Pal(atina) Tironi, 15 | Base di statua di Publius Aelius Tiro, fine II sec. d.C. Chiesa di San salio arcis Pietro, Castel San Pietro Romano Albanae, quem Imp(erator) Caes(ar) 〚Marcus Aurelius〛 Marti [—] 〚[Commodus]〛 Antoninus [—] solverunt [—] Aug(ustus) Pius 〚[Felix]〛 Germ(anicus) Sarm(aticus) Britt(annicus) Il verbo solverunt rimanda ad una dedica sacra e al agentem aetatis suo corrente formulario. Nella trascrizione del CIL annum XIIII era stata proposta l’integrazione solum solverunt militia prima ma è più corretto proporre la formula donum o praefecturae votum solverunt. La dedica è rivolta a Marte, dio equit(um) Brauco= della guerra. La cronologia dell’iscrizione resta num D exornare incerta. dignatus est, Il culto di Marte a Praeneste è attestato fin dal III dec(reto) dec(urionum). secolo a.C. Livio ricorda un prodigio accaduto Blandus pater una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 25
pro amore civi= sul Monte Albano di ovationes, cerimonie trionfali tatis summam et di più basso profilo che avevano luogo in forma sumptum omnem privata, non ufficiale45. reì p(ublicae) remisit. Un collegio di Salii attivo sul Monte Albano è attestato anche da altre testimonianze Al giovane Publius Aelius Tiro è dedicato questo epigrafiche46. È noto come questi preti danzanti titolo, innalzato per decreto dei decurioni di fossero legati a Marte47, tanto che all’apertura della Praeneste. Egli apparteneva all'ordine equestre e stagione della guerra portavano in processione gli aveva ottenuto il prestigio di guidare, alla sola ancilia, i dodici scudi del dio48. età di quattordici anni, il comando di un numerus Il collegamento fra Marte e il Monte Albano va quingenario di equites Braucones40. A concedergli rintracciato nelle vicende mitiche tramandate questo incarico fu l’imperatore Commodo, dalla tradizione letteraria sulla fondazione di il cui nome, seppur cancellato in virtù del Roma49. Ad Albalonga si consumò il dramma provvedimento di “damnatio memoriae”, doveva di Rea Silvia. Il protagonista di questa vicenda campeggiare nel corpo del testo dell’epigrafe41. fu Marte che, fecondando la figlia di Numitore, Sulla base della titolatura e dell’onomastica sacerdotessa vestale, dette avvio alla dinastia imperiale l’iscrizione è databile fra il 184 e il 191 romana, a partire dal capostipite Romolo, fratello d.C.42. Nel titolo onorario del giovane spicca la sua di Remo, entrambi suoi figli50. L’episodio mitico partecipazione al collegio dei Salii che operavano si svolse infatti nel lucus Martis, ad Alba, un bosco presso l’arx Albana, l’area sacra sul Mons Albanus sacro al dio dove avvenne il concepimento dei sede del santuario di Iuppiter Latiaris. Qui, fin da gemelli. età arcaica, il luogo di culto assunse un ruolo di Questa tradizione trova un riscontro iconografico collante fra i Latini e Roma, assumendo i connotati in due cicli pittorici. Nei fregi della decorazione ad di un santuario “panlatino”43. In età romana affresco del colombario dei liberti della famiglia questo retaggio, antico e così sentito nell’Urbe, degli Statilii, sull’Esquilino, databile fra la fine del si manifestava ogni anno nella celebrazione I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. L’episodio delle Feriae Latinae44, festività particolarmente mostra Rea Silvia coperta da un mantello bianco importante del calendario romano che aveva luogo (il suffibulum) intercettata da Marte, armato e nei giorni successivi l’annuale entrata in carica avvolto in una clamide rossa51. Stessa scena, ma dei consoli. L’importanza del luogo di culto in età con una paratassi più articolata, nell’affresco della romana, una sorta di alter ego del tempio di Giove domus di Fabio Secondo a Pompei (fig. 16), di Ottimo Massimo sul Campidoglio, era sancita età augustea: ambientata sul Palatino qui Marte, anche dalla funzione che assunse nell’ambito della armato, è in volo verso Rea Silvia distesa su un celebrazione del trionfo: la tradizione letteraria, declivio ai piedi di un tempio e con sullo sfondo fin da età repubblicana, attesta lo svolgimento la vetta del Monte Albano. Di fronte un gruppo di 26 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
tre salii indica il dio che è in procinto di fecondare Ciò, chiaramente, non esclude il culto di Iuppiter, la donna di fronte un altro edificio, forse la Curia a cui rimanderebbero i rituali di auspicium e Saliorum52. augurium. C'è anche da dire però che Praeneste La presenza dei Salii sul Monte Albano53, come non fu una colonia romana, come altre nella zona, abbiamo appurato riscontrabile anche nell’ambito ma ebbe una sua identità religiosa ben specifica, delle fonti iconografiche relative a Marte e alla consolidata, che mantenne con caparbietà dalle sua attività in area albana, non può che essere origini della sua fondazione, sia in termini di giustificata da tali circostanze. La presenza comunità che di agglomerato urbano, e almeno pregnante del dio fin dalle origini delle vicende fino alla conquista romana del 338 a.C. Pensare mitiche che ebbero come teatro questi luoghi che il modello dell’arx Capitolina possa essere stato costituisce un importante riferimento che dovette trovare eco sia all’interno delle Feriae Latinae che nell’ambito cultuale dei più ampli Sacra Albana che avevano sede sull’altura. Il riferimento al collegio dei Salii attivi presso l’arx Albana e il loro collegamento con Marte non possono che risultare l’anello di congiunzione e corrispondenza con la dedica onoraria sull’acropoli di Praeneste, che è probabile sia da interpretare come un richiamo diretto al culto di Marte sulla cima del Monte Ginestro. Un eco di esso giunge anche da un’altra iscrizione, scoperta sempre in questa zona montana, nei dintorni di Capranica Prenestina: attualmente non reperibile, fu rinvenuta in un appezzamento di terra della famiglia Cialdea e condotta in paese dove fu vista murata ad un palazzo. È una dedica sacra di uno schiavo di nome Antullus, offerta in onore del dio Silvano, di Marte, di Ercole e di Giove Sabazio54. Inoltre, il ritrovamento della dedica onoraria presso la Chiesa di San Pietro farebbe supporre che il posizionamento di un eventuale tempio o sacello dedicato a Marte possa aver trovato 16 | Pompei. Domus di Fabio Secondo. Affresco con scene della collocazione proprio nell’area dell’attuale piazza fondazione di Roma - età augustea (Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo - Museo Archeologico principale del borgo. Nazionale di Napoli). una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 27
reiterato sull’acropoli di Praeneste stonerebbe con negli strati di fondazione di un tratto dell’anello tale evoluzione del processo storico della città. La intorno al borgo di Castel San Pietro Romano, duplicazione del modello capitolino trovò invece si collocherebbe fra la fine del VI e l’inizio del V applicazione nelle città di fondazione romana, secolo a.C. Si tratta di un periodo “caldo” della come dimostra ad esempio - per citarne una nei storia del Latium Vetus. Siamo nei decenni in cui dintorni dell’area prenestina - il caso di Signia ebbero svolgimento due scontri militari di grande (Segni, RM), dove sull’acropoli è attestato un rilevanza storica57. Nel 504 a.C. presso Aricia le tempio dedicato a Giunone Moneta, medesimo città federate della Lega Latina guidate da Ottavio culto che esisteva a Roma sul Campidoglio55. Non Mamilio, sostenute dai cumani con a capo il loro si può individuare altra spiegazione, se non un tiranno Aristodemo, appoggiarono Tarquinio il richiamo quindi a Marte, nella dedica a Publio Superbo nel tentativo di fermare l’affermazione Elio Tiro sull’acropoli di Praeneste. al potere a Roma del re di Chiusi Lars Porsenna Ciò, anche se indirettamente, contribuisce a e di suo figlio Arrunte58. Nel 499/496 a.C. le fornire un ulteriore indizio circa l’ambito sacro forze in campo si rovesciarono nella battaglia del che caratterizzava l’arx prenestina, che con un Lago Regillo59. Qui i Romani difesero il nuovo culto offerto a Marte si collega direttamente alle ordinamento repubblicano instauratosi dopo prerogative di questa divinità e alle funzioni la caduta dei Tarquini contro lo stesso Ottavio strategico-militari della “cittadella”. Mamilio. Le truppe del duce di Tusculum non A corroborare questa vocazione militare riuscirono a sfondare la difesa romana, che ebbe sopraggiunge anche l’analisi degli ingressi all’acropoli, dotata, lungo il suo anello di fortificazioni, di ben due porte “scee”. Come già in parte illustrato si tratta di una particolare tipologia di ingresso che si apre lungo le mura di un centro urbano, con finalità esclusivamente difensive: l’angolazione ortogonale con il quale questo varco era predisposto all’interno della linea difensiva conduceva gli assalitori obbligatoriamente ad assaltare le fortificazioni lasciando esposto ai difensori il fianco destro, quello con cui si impugnava l’arma, non potendo così schermare i colpi con il fianco sinistro, sul quale agiva lo scudo (fig. 17)56. La costruzione delle mura cittadine, sulla base della datazione 17 | La poliorcetica antica e gli ingressi detti “porte scee”. Disegno stratigrafica relativa alla ceramica rinvenuta ricostruttivo (C. Giuliani per MuDi) 28 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
la meglio, vanificando così le mire restauratrici porte che si apre dentro la superficie delle mura: di Tarquinio il Superbo, che, sebbene anziano, si tratta di una mera circostanza legata ad una aveva sollecitato lo scontro bellico nel tentativo di delimitazione dello spazio relativa a questioni restaurare la monarchia60. L’esito della battaglia giuridico-sacrali, nelle forme di un temenos, o condurrà alla sottoscrizione del foedus Cassianum, l’anello dell’arx prenestina rappresenta “il primo nel 493 a.C., che regolerà i rapporti fra Roma e la lotto” di costruzione del circuito? Il caso analogo Lega Latina per più di un secolo. di Signia, che morfologicamente ha caratteristiche Questi eventi ebbero svolgimento a cavallo fra comuni con l’urbanistica di Praeneste, mostra la fine del VI secolo e l’inizio del V, lo stesso invece come i rettifili delle mura che dall’abitato periodo a cui riconduce la datazione ceramica salgono in cima all’acropoli non circoscrivano per la costruzione del circuito murario, almeno come a Praeneste un anello. per ciò che riguarda l’anello dell’acropoli: una Altro dato quello della “maniera” costruttiva corrispondenza particolarmente interessante impiegata nella messa in opera dei poligoni di che sembrerebbe suggerire la costruzione delle calcare63: sull’acropoli è attestato il cd. tipo II fortificazioni in quei decenni turbolenti fra maniera, con alcuni settori, soprattutto nei livelli l’espansione romana promossa da Tarquinio inferiori del versante occidentale, che presentano il Superbo e i primordi della Repubblica. In i blocchi sommariamente sbozzati e con piani quel periodo Praeneste non era stabilmente di posa molto approssimativi, di I maniera, a schierata all’interno della Lega Latina ma anzi differenza dell’abitato urbano, soprattutto nei assunse atteggiamenti altalenanti, come nel pressi di Porta del Sole, dove invece si riscontra caso della battaglia del Lago Regillo, in cui è l’uso del cd. tipo III maniera (fig. 18). Inoltre i ricordato da Livio che «[…] Praeneste ab Latinis salienti che ascendono all’acropoli, soprattutto ad Romanos descivit […]»61, appoggiando Roma. ad ovest nel tratto a monte della provinciale Furono molto probabilmente anche le pressioni Palestrina-Castel San Pietro Romano e ad est a delle popolazione erniche, eque e volsche, che ridosso di Porta San Cesareo, mostrano invece sopraggiunsero nei decenni centrali del V secolo, i blocchi che seguono il tipo cd. II maniera, con unite al deterioramento dei rapporti con Roma e alcuni punti che sembrano anticipare il passaggio alle rivalità instauratesi con le altre città latine, a al cd. III tipo. dare avvio alla costruzione del circuito murario Altro problema giunge dalle fonti letterarie. della città. Sebbene si ritenga che esso sia frutto Cicerone infatti nel suo De Divinatione, nel di un progetto unitario molti sono i dubbi, a tal passo riguardante il racconto della leggenda di proposito, che i dati sembrano sollevare62. Prima fondazione del culto di Fortuna a Praeneste, che egli di tutto l’opera di fortificazione dell’acropoli, ricorda attinto da «[…] Praenestinorum monumenta che si configura come un anello all’interno di un […]» tramanda che Numerio Suffustio, dopo aver più ampio circuito, con la principale delle sue avuto degli incubi, fu spinto «[…] ad extremum una rilettura dell’acropoli di Praeneste e dell’acquedotto delle Cannuccete 29
[…]» della città e lì, in mezzo alle pietre al di fuori della città in senso abitativo, ai limiti, «[…] in loco silicem […]», estrasse le sortes64. Il «[…] ad extremum […]» . Ciò potrebbe essere il riferimento topografico che si evince dal passo retaggio, verosimilmente, di una costruzione del ciceroniano è che Numerio fu spinto ai confini circuito murario per fasi, in un lasso di tempo di della città, all’estremo limite, insomma in una molti decenni, ampliando via via, anche secondo le zona non urbanizzata potremmo dire: questo esigenze urbanistiche, lo spazio dell’area urbana, luogo - è oramai opinione comune - corrisponde e includendo via via nuova superficie, cosa che alla terrazza degli emicicli nel Santuario di nel tempo potrebbe aver finito per ricucire il Fortuna Primigenia, dove ha sede, sul lato est, circuito murario dell’abitato con le fortificazioni il pozzo delle sortes65. Oggi quest’area si trova dell’acropoli, andando così ad inglobare l'area all’interno del Centro Storico di Palestrina, nella del santuario di Fortuna. D’altronde ciò che parte superiore, dentro le mura urbane antiche, conosciamo, dal punto di vista architettonico, del ma al tempo di Cicerone, che riconduce la periodo più antico della città all’interno dell’area notizia ad un tempo mitistorico - che in ragione urbana, è rappresentato dall’acquedotto delle dei riferimenti topografici ai suoi tempi trovava Cannuccete (VI-V secolo a.C.) e dal tempio italico attualizzazione ed era pienamente riconoscibile - dell’area del foro (fine IV secolo a.C.), entrambi era il locus saeptus religiosus, che veniva a trovarsi collocabili nel settore inferiore dell’area urbana ai limiti della città, se non addirittura fuori, e in cinta dalle mura e non nella zona superiore, sede una zona calcarea, «[…] in loco silicem […]» , come del culto di Fortuna Primigenia66. è effettivamente quell’area, essendo sul declivio del monte. Questi dati contribuiscono a rendere più complessa l’analisi delle fasi costruttive delle mura lasciando forti dubbi sull’idea che il circuito possa essere frutto di un progetto unitario. Il quadro topografico relativo ai luoghi più sacri del culto di Fortuna che si desume dalle fonti letterarie e che si riscontra sul terreno farebbe pensare che in qualche modo tutta la parte superiore dell’area urbana antica sia stata occupata in una seconda fase della storia repubblicana della città e che per tale ragione nel periodo arcaico questa zona, solo successivamente stravolta dall’imponente ricostruzione del grande Santuario di Fortuna, è 18 | Palestrina. La seicentesca Porta del Sole inquadra l’antico possibile che fosse percepita come una zona quasi accesso e le mura di fortificazione 30 Castel San Pietro Romano (RM) e il suo patrimonio archeologico
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