Vino economia e sviluppo: interazione sistemica
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Vino economia e sviluppo: interazione sistemica Antonino Bacarella 1. Premessa Il vino nei trascorsi due decenni è divenuto un mondo complesso. E’ fenomeno economico, ma anche (o soprattutto?) fenomeno di costume; registra un processo di rivisitazione nella fase consumo come in quella produttiva; assume aspetti localistici ed insieme aspetti internazionali; è coinvolgente nello scenario enogastronomico e nello stesso tempo si espande ed è coinvolgente di altre attività produttive e sociali; intercetta le tendenze espresse dalle modificazioni della sensibilità alimentare del consumatore, sia nei diversi livelli ed occasioni di consumo come nei diversi livelli di reddito; modifica l’aspetto concettuale di prodotto (vino sfuso) in quello di merce (vino imbottigliato) e l’aspetto concettuale di alimento in quello di esperienza culturale; impegna la formazione e la ricerca all’interno del sistema e dell’impresa e le sollecita in altri ambiti scientifico culturali; si inserisce sempre più nel mondo finanziario, come si accompagna a diverse attività culturali sociali e del tempo libero; ha un mercato mondiale come le commodity, ma non è commodity (piuttosto speciality); espande la produzione ed il consumo in nuovi paesi, in nuove aree geopolitiche, e li contrae nei paesi e nelle aree tradizionali; amplia la platea dei protagonisti della produzione e del mercato; consente sul mercato spazio operativo sia alla grande impresa, anche multinazionale, sia alla piccola e media impresa. Altri aspetti e/o fenomeni potrebbero evidenziarsi, ma quelli accennati sono sufficienti a dimostrare la dinamicità connessa non tanto e non solo al “prodotto” vino, quanto alla sua eccezionalità, che sollecita una nuova e diversa concettualità di prodotto. Che rappresenta e contiene fatti materiali ed immateriali, che non ha solo una destinazione d’uso, quella alimentare, ma una destinazione più che molteplice coinvolgendo anche la sfera culturale e sociale della civiltà. Tutto questo dà contezza della sua storia millenaria, raccontata dalla letteratura e dalla tecnologia, e spiega perché il vino costituisce una interazione sistemica con l’economia e lo sviluppo, sia territoriale che del mercato, e perché oggi più che nel passato. 1
Dimostrare sufficientemente questo assunto è compito arduo, perché i soggetti, i protagonisti, le figure, i territori, i mercati, le azioni, le occasioni, le motivazioni, insomma gli stessi aspetti della vita economica, sociale e culturale coinvolti, sono numerosi e differenziati. Ma è proprio tutto questo che rende il vino risorsa per lo sviluppo economico territoriale, specialmente nel contesto europeo, sollecitata dalle politiche comunitarie per lo sviluppo rurale. Il tema è affascinante ed impegnativo, meriterebbe una atmosfera conviviale, ma lo svolgimento è quello dell’economista, freddo nel ragionamento e rivolto soprattutto all’impresa. 2. Lo scenario mondiale Nell’ultimo decennio la superficie vitata mondiale (Tab. 1) non registra apprezzabili modificazioni (con una contrazione del 2% si attesta intorno a 7,4 milioni di ettari nella media del quinquennio 2000-2004), perché vi è stata una sostanziale compensazione fra la diminuzione rilevabile in Europa (all’incirca 550 mila ettari, di cui 100 mila nella UE) e l’aumento rilevabile nelle Americhe (circa 110 mila ettari, quasi esclusivamente in USA e Cile), in Asia (circa 200 mila ettari, quasi esclusivamente in Cina), in Oceania (50 mila ettari in Australia) ed in Africa (Sud Africa). Tab. 1 - Superficie vitata nel mondo (000 ha) Media 93 - 97 Media 00 - 04 Differenza 2004 Europa 5.126 4.575 -551 4.615 - UE 3.511 3.405 -106 3.584 - Resto 1.615 1.170 -445 1.031 Asia 1.310 1.502 192 1.546 Oceania 70 149 79 167 America 778 891 113 907 Africa 303 327 24 338 Mondo 7.587 7.444 -143 7.572 Fonte: FAO La produzione di vino (Tab. 2) invece è aumentata (in quasi tutti i continenti) del 6,5% registrando una media triennale 2000-2002 di 285,8 milioni di ettolitri. Gli incrementi più sostanziali si sono avuti in Oceania-Australia (91%) ed in Asia-Cina (44%). Decrementi di rilievo si sono registrati nel resto d’Europa, ma con 2
l’ampliamento dell’UE ai PECO è da attendersi una ripresa; nella UE la media triennale registra un aumento del 5%, c’è però da aspettarsi un leggero decremento nei prossimi anni per effetto delle politiche vitivinicole comunitarie che continuano a penalizzare i vini da tavola o comunque non di qualità. Tab. 2 - Produzione di vino nel mondo (000 hl) Media 93 - 97 Media 00 - 02 Differenza 2002 Europa 193.960 199.786 5.826 188.815 - UE 161.432 169.660 8.228 160.237 - Resto 32.528 30.126 -2.402 28.578 Asia 8.880 12.803 3.923 12.888 Oceania 5.620 10.723 5.103 12.630 America 48.214 54.395 6.181 54.014 Africa 8.732 8.130 -602 8.455 Mondo 265.406 285.837 20.431 276.802 Fonte: FAO La produzione commercializzata (Tab. 3) nel complesso registra incrementi consistenti nella quantità, ma soprattutto in valore; a significare la svolta che la produzione mondiale ha seguito per soddisfare le esigenti richieste del consumatore internazionale. Sia l’import che l’export registrano incrementi in media in quantità del 20% ed in valore del 40%, superando nell’export i 67 milioni di ettolitri nella media 2000-2003 e ragguagliando una incidenza del 23% sulla produzione in volume e si stima almeno del 40% in valore. Tab. 3 – Commercio mondiale di vino Media 93 - 97 Media 00 - 03 Differenza 2003 Importazioni Quantità (000 hl) 49.910 61.288 11.378 68.574 Valore (000.000 dollari) 9.985 14.423 4.438 17.564 Esportazioni Quantità (000 hl) 55.494 65.010 9.516 67.157 Valore (000.000 dollari) 10.162 14.225 4.063 17.318 Fonte: FAO Il maggior incremento nel valore rispetto alla quantità significa non soltanto che si commercializzano vini di miglior qualità, ma anche vini prevalentemente confezionati. Il moderno fenomeno della valorizzazione qualitativa e della valorizzazione territoriale 3
si riscontra in tutto il mondo: nella vecchia Europa, come nelle nuove aree dell’Australia o del Cile. Ad evidenziare ancora che nel mondo si beve meno, ma meglio, supporta il dato che il consumo procapite è attestato su 6,8 litri, compensandosi la diminuzione registrata nei paesi tradizionali produttori e consumatori della vecchia Europa con l’aumento registrato nei nuovi paesi consumatori dell’area industrializzata del mondo. Tutto questo significa anche che sul mercato mondiale incomincia a mutare la mappa dei competitors, che vede elencare accanto ai nomi storici della vitivinicoltura internazionale (essenzialmente Francia, Italia e Spagna) i nomi di imprese dei paesi emergenti (USA, Australia, Cile, Sud Africa, Argentina), ma anche la mappa delle aree di consumo oltre i tradizionali mercati dell’Europa (Francia, Italia, Spagna, Germania ed altri), conquistando grandi aree come USA, Giappone, Cina ed altri, a scarsa o nulla tradizione vinicola. Tutto questo significa anche che sono in essere modifiche nella struttura, nell’organizzazione, nella tipologia produttiva, modifiche nei canali di vendita e nella struttura distributiva, modifiche nelle strategie di marketing, ed in definitiva inasprimento della concorrenza fra i grandi gruppi (multinazionali e nazionali) e fra questi e le piccole e medie imprese territoriali, sia dal lato dell’industria vitivinicola, sia dal lato della distribuzione commerciale. E la concorrenza viene svolta sempre e ovunque all’insegna della migliore qualità dei prodotti, anche in presenza di incremento dei prezzi reali dei vini (nel segmento premium-price, piuttosto che nei segmenti mid- price e low-price), per soddisfare le esigenze di una domanda competente ed informata. Questa peraltro si esprime sempre più nel canale horeca (hotel, restaurant, café) con i consumi outdoor rispetto al canale retail (prevalentemente rappresentato dalla moderna distribuzione) per i consumi indoor. Il fenomeno si registra sia nei mercati tradizionali, quale effetto del cambiamento delle abitudini dei consumatori (riduzione dei consumi domestici del vino da tavola ed aumento dei consumi extradomestici con vino di qualità imbottigliato), sia nei mercati a nuova vocazione vinicola, dove il canale horeca serve anche a diffondere la conoscenza del vino in un contesto di costume: socializzazione e convivialità. 4
3. Lo scenario italiano Nel quadro dell’economia nazionale in termini di valore aggiunto a prezzi di base il sistema agroindustriale pesa (con 196 miliardi di euro) per il 16,7%, che diventa 18,1%, se si considera l’indotto extra agroalimentare (17 miliardi di euro); in questo ambito l’agricoltura pesa (con 28 miliardi di euro di V.A.) per il 2,4% sul V.A. nazionale (o il 2,6% se si considera l’indotto extra agricolo, 2,5 miliardi di euro), ed il 23,5% (con 44 miliardi di euro di produzione agricola ai prezzi di base) sul valore del sistema agroindustriale. La vite da vino pesa sul valore della produzione agricola ai prezzi di base con 3.000 milioni di euro, il 6,5%, mentre pesa, con 8.700 milioni di euro, il 4,4% sul valore aggiunto del sistema agroindustriale. In termini di valore al consumo il mercato nazionale vale 9.400 milioni di euro, e pesa sul valore dei consumi alimentari (165 miliardi di euro) per il 5,7%. Sul mercato mondiale l’Italia con un valore dell’esportazione di vino di 2.700 milioni di euro pesa circa il 20%, mentre pesa per il 15,0% sull’esportazione agroalimentare nazionale (18 miliardi di euro). Il sistema vino pertanto sul mercato nazionale finale con 12.100 milioni di euro pesa sulla catena del valore dell’agroalimentare (183 miliardi di euro) per il 6,6%, e pesa per almeno il 5% sull’indotto extra agroalimentare. Sull’economia nazionale il vino pesa pertanto lo 0,9% del PIL. Questa performance non si riscontra per nessun altro prodotto agroalimentare, in considerazione anche del fatto che i processi produttivi (coltivazione della vite e industria enologica) sono presenti in tutte le regioni italiane, anche se le maggiori concentrazioni delle superfici vitate si hanno in alcune di esse (Sicilia, Puglia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Piemonte – insieme il 65,3% del totale nazionale) (Tab. 4), e che le attività (l’indotto) extra agroalimentari si svolgono intense nelle regioni del Nord Italia. Seppur con variazioni, a volte di certo peso, la distribuzione della produzione di vino riflette quella territoriale della superficie coltivata (Tab. 5). Il fenomeno da evidenziare però è che nel trascorso decennio la produzione, al pari della superficie, è diminuita consistentemente (-26,8%), mentre è migliorata notevolmente la qualità. Difatti, sebbene non sia un indice perfettamente significativo della qualità, la produzione di vino DOC e DOCG in tutte le regioni è aumentata anche in modo 5
rilevante. A livello nazionale l’incidenza della produzione DOC e DOCG è passata da 1/7 a 1/3 della produzione di vino totale. I miglioramenti si riscontrano in tutte le regioni, ma i valori più elevati si hanno in Piemonte e Lombardia, nel Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, in Toscana e Marche, mentre quelli più modesti si riscontrano nel Sud e nelle Isole. Tab. 4 - Superficie a vite per uva da vino. Censimento ISTAT 2000 Altri vini DOC - DOCG Totale Ha % % Ha % % Ha % Nord Ovest 21.567 4,9 27,9 55.811 23,9 72,1 77.378 11,5 Nord Est 81.739 18,5 49,5 83.330 35,7 50,5 165.069 24,4 Centro 65.185 14,7 53,8 56.077 24,0 46,2 121.257 17,9 Sud 145.111 32,8 83,1 29.501 12,6 16,9 174.612 25,8 Isole 128.455 29,1 93,6 8.808 3,8 6,4 137.263 20,3 Italia 442.057 100,0 65,4 233.522 100,0 34,6 675.580 100,0 Anche le esportazioni all’estero confermano il forte miglioramento qualitativo del vino; è aumentato infatti in quantità ed in valore l’esportazione di vini confezionati e DOC-DOCG, mentre una stasi o un crollo hanno registrato i vini sfusi ed i vini non innovativi (Tab. 6). Nel decennio trascorso la competitività dei vini italiani sul mercato mondiale è migliorata in modo vistoso: infatti le esportazioni complessivamente sono diminuite in modo contenuto in quantità, ma sono aumentate dell’86,2% in valore. Gli aumenti in valore sono determinati dall’incremento consistente dei vini da tavola confezionati (143,8% in quantità) e dei vini DOC-DOCG (38% in quantità). L’apprezzamento del vino italiano sul mercato mondiale è ancor più significativo se si considera che si è verificato con un valore unitario più che raddoppiato (mediamente per il totale export da 87,90 euro/hl a 191,40 euro/hl). 6
Tab. 5 - Produzione di vino Incidenza sul Vino in totale Vino DOC - DOCG totale Media Media Media 92 - 94 Media 02 - 04 Variazione % Media 92 - 94 Media 02 – 04 Variazione % 92 - 94 02 - 04 (000) hl % (000) hl % (000) hl % (000) hl % Nord Ovest 5.159 8,1 3.788 8,2 -26,6 1.900 20,0 2.782 18,8 46,4 36,8 73,4 Nord Est 18.424 30,0 15.928 34,2 -13,6 4.172 44,1 5.641 38,1 35,2 22,6 35,4 Centro 9.498 15,0 7.201 15,5 -24,2 2.304 24,3 3.342 22,6 45,0 24,2 46,4 Sud 18.897 29,7 12.711 27,3 -36,7 830 8,8 2.460 16,6 196,4 4,4 19,3 Isole 11.569 18,2 6.894 14,8 -40,4 261 2,8 582 3,9 123,0 2,2 8,4 Italia 63.547 100,0 46.522 100,0 -26,8 9.467 100,0 14.807 100,0 56,4 14,9 31,8 Fonte: ISTAT 7
Tab. 6 - Esportazioni nazionali di vino per tipologia Media 93 - 94 Media 03 - 04 Variazione % (000) hl % (000) hl % Vini da tavola 9.276 58,2 7.299 53,5 -21,3 - confezionati 1.508 9,5 3.677 27,0 143,8 - sfusi 7.768 48,7 3.589 26,5 -53,8 Vini DOC - DOCG 3.375 21,1 4.042 29,6 19,8 - confezionati 2.928 18,3 3.747 27,5 28,8 - sfusi 447 2,8 284 2,1 -36,5 Vini frizzanti 960 6,0 1.122 8,2 16,9 Vini spumanti 1.764 11,1 827 6,1 -53,1 Mosti 575 3,6 351 2,6 -39,0 Totale 15.950 100,0 13.641 100,0 -14,5 Valore totale (mio €) 1.402 - 2.611 - 86,2 Valore unitario (€/hl) 87,90 - 191,40 - 117,7 Incidenza sulla produzione % 25,0 - 29,3 - 4,3 Fonte: ISTAT Considerando la distribuzione delle esportazioni per regioni (Tab. 7) si evince che a determinare questo fenomeno fortemente positivo sono state le regioni del Nord e nel Centro la regione Toscana, che presentano tassi di incidenza dell’export rispetto alla produzione di gran lunga superiore alla media nazionale (32,5%). Addirittura il Trentino Alto Adige esporta una quantità di vino superiore del 30% alla sua produzione, a significare che questa regione valorizza commercialmente i vini provenienti sfusi da altre regioni, in specie meridionali. Ed è proprio il Meridione (Sud e Isole) a non partecipare alla performance nazionale sul mercato mondiale, continuando a commercializzare, sia sul territorio nazionale che su quello estero, vini sfusi e vini da tavola prevalentemente non di qualità (la incidenza dei vini a DOC-DOCG è molto bassa in assoluto rispetto alla produzione totale ed irrisoria rispetto alla incidenza registrabile nelle regioni del Centro-Nord). Ad avvalorare questo quadro insoddisfacente per le regioni meridionali supportano i dati delle distillazioni facoltative di vino (distillazioni per alcol ad uso alimentare e distillazione di crisi) previste dall’OCM, che per l’area registrano valori superiori al 60% dei quantitativi concessi dalla UE (nella campagna 2002/2003 62,2%, concentrati per il 39,7% in Sicilia). 8
Tab. 7 - Esportazioni regionali di vino Media 00 - 02 Incidenza sulla produzione % (000) hl % Nord Ovest 2.559 15,6 60,0 Nord Est 8.933 54,6 52,8 Centro 1.589 9,7 20,0 Sud 2.020 12,3 14,8 Isole 1.274 7,8 16,8 Italia 16.375 100,0 32,5 Fonte: ISTAT Nel decennio trascorso, ma il fenomeno è iniziato qualche anno prima, i consumi di vino si sono modificati dimostrando l’assunto corrente che si beve meno, ma meglio. Ma è tutta la struttura del sistema vitivinicolo a modificarsi (Tab. 8): come si è già visto la produzione è nel complesso diminuita, ma in questo contesto aumenta la produzione di vini a DOC–DOCG, significando che sono i vini comuni da tavola a cedere; le importazioni, seppur ancora contenute in valore assoluto, incominciano ad essere di peso significativo, a dimostrazione che anche in Italia si va verso una internazionalizzazione dei consumi; il consumo umano è diminuito in modo consistente (-24%), ma in quest’ambito quello dei vini DOC–DOCG è aumentato e la sua incidenza sul totale nel decennio è passata dal 19,9% al 31,7%; le distillazioni sono diminuite, ma il fatto che le distillazioni di vino DOC–DOCG invece siano aumentate sembra significare che nuovi percorsi sono intrapresi per l’industria dell’alcol (come appunto dimostra la migliorata qualità delle grappe); l’esportazione tutto sommato si mantiene sostenuta, seppur in presenza di una consistente diminuzione della produzione, ma si modifica, come in precedenza detto, nella composizione. In Italia la distribuzione del vino consumato avviene in quantità per il 68% nel canale retail e per il 32% in quello horeca, ma in valore fra i due canali vi è equipollenza, per effetto dei prezzi che nel canale horeca risultano più che doppi rispetto al retail. Fra i canali del retail la distribuzione in volume vede prevalere la distribuzione moderna con il 68 – 70%, mentre la distribuzione tradizionale e l’acquisto presso le cantine assorbono il restante 30 – 32%, fra cui bottiglierie ed enoteche rappresentano il 10% circa. 9
Tab. 8 - Bilancio di approvvigionamento nazionale di vino Media 93/94 - 95/96 Media 01/02 - 03/04 Variazione % (000) hl % (000) hl % Totale vini Produzione 58.853 98,6 46.994 98,2 -20,2 Importazione 269 0,5 1.327 2,8 393,3 Variazione scorte 551 0,9 -472 -1,0 “ Disponibilità 59.673 100,0 47.849 100,0 -19,2 Consumo umano 34.889 58,5 26.504 55,4 -24,0 Distillazione 6.109 10,2 3.792 7,9 -37,9 Altri usi industriali 2.314 3,9 3.124 6,5 35,0 Esportazione 16.361 27,4 14.429 30,2 -21,8 Vini DOC - DOCG Produzione 10.442 94,4 13.243 99,7 26,8 Importazione 101 0,9 132 1,0 30,7 Variazione scorte 519 4,7 -89 -0,7 “ Disponibilità 11.062 100,0 13.286 100,0 20,1 Consumo umano 6.943 62,8 8.397 63,2 20,9 Distillazione 40 0,3 436 3,3 990,0 Altri usi industriali - - 40 0,3 “ Esportazione 4.079 36,9 4.413 33,2 8,2 Vini da tavola Produzione 48.411 99,6 33.751 97,6 -30,3 Importazione 168 0,3 1.195 3,5 611,3 Variazione scorte 32 0,1 -383 -1,1 “ Disponibilità 48.611 100,0 34.563 100,0 -28,9 Consumo umano 27.946 57,5 18.107 52,4 -35,2 Distillazione 6.069 12,5 3.356 9,7 -44,7 Altri usi industriali 2.314 4,8 3.084 8,9 33,3 Esportazione 12.282 25,2 10.016 29,0 -18,5 Fonte: ISMEA Il vino venduto sfuso è limitato ormai quasi alle zone di produzione e ragguaglia orientativamente il 12 – 15% dei consumi nazionali (ivi compreso l’autoconsumo). L’offerta di vino si presenta piuttosto polverizzata; essa conta circa 2.800 stabilimenti enologici; in quest’ambito hanno peso rilevante le aziende cooperative e gli organismi associativi, presenti in maggior numero in Puglia, Sicilia, Emilia Romagna e Veneto. Il numero di imprese industriali orientativamente così si distribuisce per tipologia di vino e per quota di mercato: 10
- vino da pasto 1.300 imprese, quota di mercato prime 8 imprese 20%; - vino fine e DOC-DOCG 1400 imprese, quota di mercato prime 8 imprese 7%; - vino spumante 400 imprese, quota di mercato prime 8 imprese 55%. Sono invece ben 37.600 le imprese imbottigliatrici. La maggior presenza territoriale di queste imprese si ha nel Centro – Nord, mentre nel Sud e nelle Isole si concentrano le imprese con produzione e commercializzazione di vino sfuso. 4. I grandi fenomeni in essere nella società L’analisi, seppur sintetica fin qui svolta, ha riguardato la performance del vino, limitata al suo ambito strutturale ed organizzativo ed al suo business in senso stretto, ed il riferimento al successo della qualità, sia in ambito nazionale che internazionale. La evoluzione economica del vino, nella sua accezione di merce e di esperienza culturale, però non può spiegarsi, come non può spiegarsi la sua funzione di fattore dello sviluppo territoriale, se preliminarmente non si chiariscono e si richiamano alcuni fenomeni in essere nella nostra società, come nei paesi industrializzati del mondo o in paesi a forte crescita economica. Innanzi tutto una precisazione sul fenomeno coinvolgente la qualità, con specifico riferimento al caso del vino. Il concetto di qualità deve essere visto da due ottiche diverse, seppur confluenti in un unico effetto: dal lato del consumatore e dal lato dell’impresa. La qualità dal lato della domanda di vino viene percepita attraverso componenti sostanzialmente immateriali: servizi incorporati, immagine, grado di novità, corrispondenza alle funzioni d’uso, comodità di acquisto e di consumo, garanzie igienico - sanitarie, ampiezza e profondità degli assortimenti, garanzia della qualità, informazioni sulle modalità di consumo (accoppiamento con i cibi, temperatura di servizio, ecc.) e viene stimata attraverso parametri sostitutivi: tipo di confezione, forma della bottiglia, etichetta, tappo e soprattutto prezzo. 11
Il concetto di qualità espresso da questi aspetti, ed acquisito dalla maggior parte dei consumatori, si esplica nella denominazione di origine, nella indicazione geografica, nel vitigno, nella confezione, nella marca che associa l’impresa produttrice. In quest’ambito si distinguono i vini con immagine di prestigio, derivante dalla zona di produzione e dalla cantina di rinomanza, che hanno domanda fortemente elastica rispetto al reddito, fino a far considerare secondaria, se non trascurabile, la determinante prezzo. L’impresa vitivinicola ed enologica di fronte a questi comportamenti della domanda e del consumatore adotta strategie competitive e di marketing tali da avere un portafogli prodotti a diversa caratura qualitativa, sempre però nei livelli tipologici alti o elevati, in modo da creare un equilibrio nell’approvvigionamento dei diversi segmenti di mercato e realizzare l’obiettivo di rendere quanto più consistente possibile il valore dei profitti. Tali strategie competitive e di marketing da parte dell’impresa nei confronti della domanda mirano a far si che il consumatore abbia coscienza del prodotto e di tutto ciò che esso esprime sia in termini sociali e di servizio, sia in termini psicologici. La qualità dal lato dell’offerta pertanto diventa la somma di una vasta gamma di variabili legati ad un complesso di fattori: microambiente, vitigno, tecniche di coltivazione della vite, processi di vinificazione, maturazione, invecchiamento, confezione, storia, tradizione, cultura territoriale, ecc. Tutti questi fattori insieme contribuiscono a determinare le caratteristiche organolettiche del prodotto (qualità tecnologica), a definire le peculiarità vere e proprie del vino (qualità percepita dal consumatore), ad esplicitare i valori condivisi sul prodotto e sul processo produttivo (qualità integrale per la società), a dare rinomanza all’impresa per l’assenza di difetti e per la rispondenza a norme e procedure di verifica (qualità totale per l’impresa), a diffondere la conoscenza del territorio e dell’ambiente nella storia, nell’arte, nella tradizione, nella gastronomia, nel paesaggio, nella ecocompatibilità naturale (qualità territoriale ambientale culturale sociale). L’impresa vitivinicola ed enologica realizzando in tal modo il sistema qualità della filiera adegua sul mercato l’offerta alla domanda del moderno consumatore e del consumatore raffinato e ricercato e suscita in questi curiosità ed interesse per il territorio dove il vino viene prodotto. 12
Questa evoluzione del concetto (o dei concetti?) di qualità del vino è stata indotta dalle grandi tendenze di fondo che si sono manifestate nella società, nella economia, nella politica da un ventennio a questa parte nel mondo ed in special modo nei paesi sviluppati. Il processo di globalizzazione delle economie e dei commerci ha modificato l’impostazione strutturale ed organizzativa del settore agricolo trasformandolo in sistema agroalimentare, dove risulta ampliata non solo la rete delle relazioni con il mercato, ma anche quella con i servizi e con altre attività territoriali. Per cui ha finito con il prevalere sulla innovazione meramente tecnica, la innovazione organizzativa, culturale, professionale, e sulla mera utilizzazione della terra la tutela e la cura del paesaggio ed il rispetto e la tutela ambientale. Il processo di globalizzazione ha indotto un altro grande fenomeno: la rivoluzione alimentare, nei due contrapposti aspetti: la omologazione alimentare (uniformità dei modelli alimentari) di massa, con conseguente allentamento o eliminazione del rapporto economico e culturale fra cibo (o modello alimentare) e territorio, fra consumo e produzione, e la personalizzazione alimentare (o la ricomposizione tra cibo e territorio) che comporta la qualità del prodotto, del territorio, del sistema ambientale. Quest’ultimo aspetto induce a sua volta, nei tempi più recenti, una modifica nel sistema dell’ospitalità, sollecitata anche da diffuse strategie di marketing in relazione alla segmentazione del mercato. Si passa così dal concetto, omologato e di massa, di “vacanza” al concetto di “quella vacanza”, con valenze di personalizzazione culturale, paesaggistica, naturale, sportiva, gastronomica, ecc. legate sempre più al territorio, a “quel territorio”. E’ questo sentire che da contezza del fenomeno agriturismo che impegna oltre 12.000 aziende agricole (concentrate per oltre il 50% in Trentino Alto Adige, Toscana, Veneto) con circa 2 milioni di arrivi (quasi il 30% stranieri) e con 12 – 13 milioni di presenze all’anno per un giro d’affari di oltre 700 milioni di euro. Per tutti questi eventi o fenomeni, determinati in definitiva dallo sviluppo economico e sociale, l’alimentazione da funzione di mero nutrimento diventa una funzione sociale complessa. Esemplificando al massimo l’evoluzione è la seguente: l’aspetto primario del soddisfacimento della fame diventa soddisfazione di vita (dunque più composita sommandosi alla prima necessità il piacere gustativo, la simbologia, lo 13
status sociale) fino a diventare gastronomia (cioè arte della tavola), dietetica (regime salutistico), scienza dell’alimentazione (in medicina). Il vino (o meglio il sistema vino) è stato influenzato dai grandi fenomeni descritti ed in essere, ed a sua volta ha avuto la capacità di divenire protagonista nello sviluppo territoriale. Dimostrarlo ci sembra approccio relativamente alquanto semplice, anche se fatto in termini assolutamente sintetici e a sprazzi con riferimento all’Italia. 5. Il protagonismo del vino nella società Innanzi tutto il vino nell’agroalimentare è legato al territorio (tipico e topico) e sollecita la speculazione innovativa. L’agroalimentare italiano infatti conta 136 prodotti alimentari a DOP e IGP, 3.713 prodotti alimentari tradizionali (elenco MIPAF) e ben 445 vini a DOC–DOCG e IGT. Un patrimonio già notevole, ma ancora tutto da esplorare specialmente nel meridione, come appunto dimostrano le numerose iniziative su nuove proposte di denominazione di origine e indicazione geografica (per valorizzare produzioni locali), di denominazione comunale (DECO) e le iniziative innovative, come per i vini di vitigni autoctoni o per il vino novello. Nell’ambito economico sociale culturale il vino viene distinto dall’agroalimentare e dalla gastronomia per evidenziarne il protagonismo: nell’un caso fa parte a se (vino, enologia, vitivinicoltura), nell’altro caso diventa enogastronomia. Nell’uno e nell’altro caso irrompe in molteplici attività culturali, sociali, industriali, artigianali, commerciali, turistiche. Il vino nella stampa e nell’editoria ha dato e continua a dare una produzione enorme che affonda le radici nei millenni passati stimolando nuove scoperte storiche e letterarie, nuove iniziative d’impresa o sociali, nuove occasioni di consumo enogastronomico. Le manifestazioni culturali in tal senso non si possono contare avendo dimensione locale o assurgendo a iniziativa nazionale, come Vin Art a Rovereto nel Trentino, i Parchi letterari in diverse regioni, Vino Vip a Cortina d’Ampezzo, e numerose altre connesse con la poesia, la musica, il cinema, i personaggi, le famiglie storiche, l’architettura, la fotografia, la moda, ecc. Non si possono contare neppure le manifestazioni locali dedicate al vino essendo numerosissime le sagre, mostre, kermesse, rassegne, fiere, con degustazione di vino, 14
cantine aperte, escursioni nei vigneti, degustazioni di piatti tradizionali, stand enologici, gastronomici, enogastronomici. Mentre rilevanza nazionale ed internazionale hanno talune manifestazioni periodiche, che servono a fare business, ma anche e talvolta soprattutto ad essere vetrina mondiale del vino e delle imprese, come il Vinitaly, il Salone del Vino al Lingotto di Torino, il Salone del Vino Novello a Vicenza, Banco d’Assaggio dei vini d’Italia a Torgiano, Fiera dei particolari a Milano, ecc. e dal 2004 anche Super Tuscany a Firenze (in ottobre) e Miwine a Milano (in giugno). Nessun prodotto alimentare come il vino è sottoposto ad analisi competitiva continua come dimostrano le numerose guide enologiche nazionali (fra cui le principali sono quelle dell’Associazione Italiana Sommelier, Gambero Rosso, L’Espresso, Luca Maroni, Veronelli) ed i numerosi concorsi e riconoscimenti nazionali ed internazionali (fra cui i più prestigiosi: concorso enologico internazionale di Verona, International Wine and Spirits Competition, Concours International de Bruxelles, rassegna della rivista statunitense Wine Spectator, ecc.). Le associazioni culturali e scientifiche specifiche alimentano l’innovazione e la sostanza qualitativa del vino sia dal lato della produzione (come l’Asso enologi) che dal lato del consumo (come l’Associazione Italiana Sommelier), come le organizzazioni professionali ed imprenditoriali (es. Unione Italiana Vini), o gli enti internazionali (come l’OIV, Organizzazione Internazionale Vino). La evoluzione culturale e qualitativa dell’enogastronomia ha recentemente dato impulso a nuove attività nei luoghi di consumo, facendo uscire il vino dal ghetto delle storiche osterie, per approdare nei bar, luoghi dell’aperitivo, nelle enoteche, che diventano luoghi sociali d’incontro e degustazione, e da alcuni anni a questa parte, nei wine bar, dove viene coniugata una nuova logica enogastronomica, e nel wine restaurant, dove la carta dei vini assume nella cucina e nel menù un posto di rilievo. Questi ultimi esercizi sono sottoposti ad analisi competitive da numerose Guide (le più rinomate: Michelin, L’Espresso, Panorama, Veronelli, Touring Club, Accademia Italiana della Cucina, Gambero Rosso) che hanno l’effetto di favorire la diffusione degli esercizi e la rinomanza dei vini di qualità. Tutte le attività finora accennate, ma tantissime altre si potrebbero citare, hanno favorito quel grande fenomeno economico del turismo del vino (enoturismo) la cui data di nascita (ma la gestazione si ha in anni precedenti) si pone nel 1993 in Toscana, 15
quando fu costituita (ad iniziativa di Donatella Cinelli Colombini) l’associazione Movimento Turismo del Vino, fra una settantina di cantine per lo più toscane. L’enoturismo sta diventando fenomeno di massa sia perché il numero delle cantine aderenti al MTV oggi è di circa un migliaio, distribuite in tutta Italia, anche se concentrate nel Centro Nord, sia perché l’associazione coinvolge enotecari, agenti di viaggio, tour operator, ristoranti, albergatori, giornalisti, enti regionali ecc., sia perché sono aumentate le occasioni enoturistiche (Cantine aperte, Calici di stelle, tour di assaggi, trekking urbano, corsi di formazione e perfezionamento, ecc.) e soprattutto perché gli enoturisti sono aumentati velocemente: il CENSIS Servizi Spa stima che si sia raggiunto il numero di 5 milioni, con 15 milioni di presenze ed un giro di affari di 5 milioni di euro (dei quali circa il 20% riguarda strettamente il vino). Tali valori, specialmente quello del business, sembrano sovrastimati, tuttavia non vi è dubbio che l’enoturismo è in forte ascesa. In relazione a questi avvenimenti un fatto significativo ed importante si vuole sottolineare: la collaborazione nascente fra le organizzazioni del turismo del vino e della gastronomia (Città del vino, che associa 500 città; Movimento Turismo del Vino, Slow Food, ICE, ENIT) od anche con le Regioni, gli enti locali, le Camere di Commercio, ecc. Come si vuole evidenziare che tutte le attività connesse e/o indotte dal vino sono gestite essenzialmente da imprenditoria giovanile (30 – 40 anni di età) e fruita da un pubblico (clienti e famiglie) tendenzialmente giovanile. Il fenomeno dell’enoturismo si riflette sulle imprese vitivinicole ed enologiche, sollecitandole sempre più ad investire nella ristrutturazione delle cantine, al fine di rendere gradevole ed efficiente l’accoglienza. La grande innovazione del vino, ed in definitiva il grande business economico, sociale, culturale che ruota attorno ad esso, ha avuto rifluenza anche nel mercato finanziario, però in modo particolare ed esclusivo per i grandi vini ( le cosiddette “blue chips” o etichette super top) e comunque per i vini di altissima qualità. Si può infatti investire nel vino come se fosse un titolo azionario o futures (certificati en primeur) o acquistare nelle migliori aste del mondo (Christie’s, Sotheby’s, Pandolfini) alcune etichette di vini d’autore. 16
La rifluenza più consistente del successo economico del vino si ha nel mercato fondiario: i prezzi dei vigneti in alcune aree hanno raggiunto valori proibitivi, in alcuni casi ( in Trentino Alto Adige) anche oltre 500 mila euro per ettaro. I valori più alti si riscontrano nelle aree intensamente vitate del Trentino, del Veneto, della Toscana (compresi fra 129 e 400 mila euro), i valori più bassi nel meridione (nelle ampie aree vocate difficilmente superano i 40 mila euro). Gli elevati valori fondiari inducono le imprese vitivinicole, al fine di controllare la produzione, ad ampliare la base aziendale e produttiva con forma diverse dall’acquisto dei terreni e prevalentemente basate su joint-venture, su concentrazione per fusione di più aziende e/o costituendo società per azioni. Il fenomeno degli alti valori fondiari ha indotto i grandi gruppi ed i grandi nomi dell’enologia italiana ad ampliare la base aziendale acquistando terreni nelle migliori aree vocate del meridione, dove i prezzi dei terreni medi e vitati oscillano fra un minimo di 10 ed un massimo di 40 mila euro. 6. Il vino fattore di sviluppo territoriale Finora si è descritto il fenomeno vino sotto gli aspetti economici, sociali, culturali, commerciali, finanziari in una visione sistemica e coinvolgente attività economiche certamente diverse, tuttavia sempre connesse con l’agroalimentare e riconducibili al vino ed all’enogastronomia. Resta da trattare l’aspetto connesso con il territorio e conseguentemente con il suo sviluppo economico. Naturalmente ci si riferisce alla zona, all’area territoriale, dove significativa è la presenza della vite e del vino, e non solo per dimensione fisica (superficie, produzione ed ambiente pedoclimatico), ma anche per dimensione tecnica, storica, culturale, artistica, paesaggistica, architettonica, ecc. Il riferimento al territorio richiama la politica di sviluppo rurale della Unione Europea, che costituisce uno dei pilastri della PAC 2000 – 2006, rafforzato e potenziato con la revisione di medio termine del giugno 2003; difatti alle misure mirate al sostegno del settore agricolo e forestale economicamente valido e vitale, allo sviluppo delle condizioni territoriali economiche e sociali necessarie al mantenimento della popolazione rurale del territorio, alla salvaguardia ed al miglioramento dell’ambiente, 17
del paesaggio e del patrimonio naturale nelle zone rurali, si sono aggiunte le misure ancora più a favore dell’ambiente, della qualità alimentare e del benessere animale. In questo contesto lo sviluppo può essere perseguito attraverso la costituzione di un processo integrato che crei sinergia interattiva fra pubblico (le istituzioni) e privato (le imprese). Tale sinergia si può concretizzare nel distretto rurale* o meglio ancora nei distretti agroalimentari di qualità. Nel caso del vino dunque nel distretto enologico o enogastronomico, con forte identità culturale e di immagine. Ed è nell’ambito del distretto che possono trovare realizzazione le strade del vino. E’ infatti nel distretto, cioè nel territorio con identità produttiva, storica, culturale, omogenea, che si ha una elevata concentrazione di imprese ed una peculiare organizzazione interna, che fa interagire le istituzioni private (le imprese vitivinicole, agroalimentari, della ricettività, della ristorazione, del commercio, dell’artigianato, della informazione, del turismo, ecc.) con le istituzioni pubbliche (enti locali, regionali, nazionali, istituzioni culturali, storiche, artistiche) in un contesto paesaggistico ed ambientale tutelato e valorizzato. L’effetto risultante ai fini dello sviluppo è duplice: con strategie di marketing territoriali si promuove lo sviluppo del turismo (nelle diverse forme: agriturismo, turismo rurale, turismo culturale, artistico, archeologico, ecc.) e tutte le attività ad esso connesse, naturalmente con il vino e l’enogastronomia al centro delle iniziative (la domanda esterna di vino si porta nel territorio); con strategie di marketing sul mercato nazionale ed internazionale del vino e della enogastronomia l’immagine del territorio promuove e rafforza la competitività del prodotto ( l’offerta di vino si rafforza e a sua volta agevola la conoscenza del territorio ai fini del turismo). Dato che le politiche di sviluppo rurale della UE, dei paesi, delle regioni, degli enti locali prevedono interventi e azioni e dispongono comunque di risorse, seppure limitate, affinché si possa realizzare nel territorio il distretto, condizione necessaria * Il D.L. n. 228/2001, all’art. 13 così definisce i distretti rurali: sistemi produttivi locali caratterizzati da una identità storica e territoriale omogenea derivante dall’integrazione tra attività agricole ed altre attività locali, nonché dalla produzione di beni e servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali; mentre definisce distretti agroalimentari di qualità: sistemi produttivi locali caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione ed interdipendenza produttiva delle imprese agricole ed agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche. La legge n. 40/1999 definisce i sistemi produttivi locali: aree produttive omogenee caratterizzate da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna. 18
diventa la presenza della impresa. E non solo vitivinicola o enologica, o agroalimentare, ma anche l’impresa dell’ospitalità, dell’artigianato, del commercio, dei servizi. L’impresa, qualunque sia la tipologia, si ha con l’imprenditore. Questi è tale se possiede professionalità e capacità innovativa. Professionalità e innovazione sono prodotte dalla formazione e dalla ricerca. Il distretto, o se si preferisce l’accezione territorio, è dunque alimentato dalla cultura, i cui attributi possono essere molteplici: tecnica, scientifica, gastronomica, turistica, estetica, ambientale, storica, ecc., divenendo diffusamente cultura professionale. La cultura professionale porta in se la cultura imprenditoriale in tutti i campi delle attività economiche e sociali; cultura dunque necessaria per produrre benessere, occupazione e reddito. Non è dunque un caso che nel sistema vino si diffondano sempre più i corsi di laurea ed i master, i corsi di degustazione e di cucina, e si rafforza e si intensifica la ricerca agronomica, enologica, economica, storica. Come non è un caso che sempre più sono coinvolti i giovani, nelle imprese come nel consumo, e come non è un caso che distretti e strade del vino siano fenomeni economici consolidati nel Centro-Nord dell’Italia, con la regione Toscana esemplare realtà. Come infine non è un caso che nelle aree più vitate del Sud si registrano ritardi nello sviluppo territoriale. 19
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