Missione negli Emirati Arabi Uniti Abu Dhabi, 8-9 maggio 2006 - Documentazione di supporto

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Missione negli Emirati Arabi Uniti

  Abu Dhabi, 8-9 maggio 2006

     Documentazione di supporto
CONTENUTO

•   Dossier Emirati Arabi Uniti: presenza e operatività del sistema
    bancario   italiano     negli   Emirati      ed   altri    elementi       di
    approfondimento su questioni economico-finanziarie

•   Dati   macroeconomici      relativi   agli   Emirati      Arabi   Uniti   e
    rapporti con l’Italia

•   Dati di sintesi sul sistema bancario emiratino

                                                                               2
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     DOOS
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                     RAAT
                        TII A
                            ARRA
                               ABBII U
                                     UNNIIT
                                          TII
Presenza e operatività del sistema bancario italiano negli
Emirati Arabi Uniti ed altri elementi di approfondimento su
             questioni economico-finanziarie

                                                              3
I.     Presenza e operatività del sistema bancario e finanziario italiano negli
     Emirati Arabi Uniti

     a. Presenza diretta ed indiretta delle banche italiane negli Emirati Arabi Uniti

     b. Operatività delle banche italiane con gli Emirati Arabi Uniti

     c. Restrizioni alla presenza in loco di banche estere

     d. Rischio Paese Emirati Arabi Uniti e rischio bancario

     e. Sviluppo della finanza islamica negli Emirati Arabi Uniti (cenni)

 II. Questioni di carattere generale che potrebbero essere oggetto di
     approfondimento con le Autorità degli Emirati Arabi Uniti

     a. Diversificazione dell’economia emiratina: progetti infrastrutturali e relative
        opportunità di investimento e collaborazione industriale per le imprese
        italiane

     b. Economic Free Trade Zones

     c. Dubai International Financial Centre (DIFC)

     d. Business Climate: fattori di attrazione degli Investimenti Diretti Esteri

     e. Il processo di integrazione intra-regionale: Il Consiglio di Cooperazione del
        Golfo (GCC) e gli Accordi di Libero Scambio

     f. Accordi di cooperazione Emirati Arabi Uniti - Italia

     g. Politica commerciale e accesso al mercato

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I. Presenza e operatività del sistema bancario e finanziario italiano negli
      Emirati Arabi Uniti1

      a. Presenza diretta ed indiretta delle banche italiane negli Emirati Arabi Uniti

      Nell’area sono presenti due uffici di rappresentanza, rispettivamente del Gruppo San
      Paolo IMI a Dubai e di HVB (Unicredit Group) ad Abu Dhabi.

      Prospetto riepilogativo
      SanPaolo IMI                                           Ufficio di rappresentanza               Dubai
      Unicredit – HVB                                        Ufficio di rappresentanza               Abu Dhabi

      b. Operatività delle banche italiane con gli Emirati Arabi Uniti

      L’operatività delle banche italiane con gli Emirati Arabi Uniti è volta sia al
      finanziamento delle esportazioni sia al finanziamento diretto a imprese locali
      partecipate da imprese italiane o interamente estere. In particolare, per quanto
      riguarda il finanziamento di operazioni commerciali, si tratta in prevalenza di
      esportazioni di beni di consumo (articoli di oreficeria, prodotti tessili, abbigliamento,
      calzature, mobili e arredo), materiali da costruzione, macchinari e componenti
      meccaniche per la realizzazione di impianti, soprattutto impianti per derivati
      dell’industria petrolchimica.

      Al fine di disporre di un quadro dettagliato ed aggiornato circa l’operatività
      dell’industry bancaria negli Emirati Arabi Uniti, nel mese di aprile 2006 l’ABI ha
      condotto una specifica indagine presso il Gruppo di Lavoro Relazioni Internazionali,
      composto dalle maggiori banche più attive sui mercati esteri. Nella tabella che segue
      sono riportati i risultati quantitativi dell’indagine.

      Plafond Complessivo (mln di €)
  (totale impegni in essere e disponibilità a                           Plafond utilizzato (mln di €)
                aprile 2006)
                  Con      Senza                    Con       Senza       di cui per     di cui per                  Util./
                                      Totali                                                             Totale
                  Sace      Sace                    Sace       Sace        export       altre finalità               Totale
Totale a breve      0      467,1      467,1          0        294,2         242,2            52,0         294,2       63%
Totale a m.l.t.     0      602,7      602,7          0        462,9          45,1           417,7         462,9       77%
Totale              0      1.069,8     1.069,8        0       757,0         287,3          469,7         757,0        71%

      1
        Il presente documento è stato redatto sulla base delle seguenti fonti: sito ufficiale dell’Unione Europea
      (www.europa.eu.int/comm/external_relations/brazil/intro/index.htm), Istituto per il Commercio Estero
      (www.ice.gov.it), World Investment Report (www.unctad.org), Ministero degli Affari Esteri (www.esteri.it),
      Servizi Assicurativi del Commercio Estero (www.sace.it), Istituto nazionale di statistica, (www.coeweb.istat.it),
      Sintesi 2000 srl (www.sintesi2000.com), Fondo Monetario Internazionale (www.imf.org), Banca Mondiale
      (www.worldbank.org), CIA-The World Factbook (www.cia.gov/cia/publications/factbook), United Arab Emirates
      Ministry of Economy Planning Sector (www.uae.gov.ae/mop/E_home.htm), Department of Planning and
      Economy – Abu Dhabi (www.addop.gov.ae/web/english), Central Bank of the United Arab Emirates
      (www.centralbank.ae),        Emirates        Banks          Association,        Arab         Bank       Review
      (www.arabbank.com/user_rev_home.asp), Ufficio Italiano Cambi, rilevazioni ABI.

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Complessivamente risulta un plafond stanziato di 1 miliardo di euro, utilizzato al
71%. Il 43,7% del plafond è destinato ad operazioni a breve, mentre il rimanente
56,3% è allocato sul medio-lungo termine.
Gli Emirati Arabi Uniti non sono inseriti nelle convenzioni quadro con SACE, né è
previsto un plafond con copertura assicurativa. In realtà, in considerazione
dell’elevato rating (A1) assegnato al Paese, superiore all’investment grade, alcune
banche hanno dichiarato di non avere un plafond predeterminato per operazioni negli
EAU. Le delibere avvengono caso per caso, senza limiti prefissati. Da qui deriva anche
il livello di utilizzo elevato rispetto al plafond “stanziato” che è in una certa misura
fittizio, in quanto meramente corrispondente alle operazioni deliberate.
Per quanto riguarda il livello di utilizzo delle risorse, il 61,1% del totale utilizzato è
impegnato per operazioni a medio-lungo termine e il 62% ha finalità diverse
dall’export (pari a circa 757 milioni di euro), trattandosi di finanziamenti concessi a
società locali partecipate da imprese italiane o a capitale interamente straniero. Il
38% dell’utilizzato ha finalità commerciale, attraverso i tradizionali prodotti di trade
finance (conferma di lettere di credito/rilascio garanzie commerciali/sconto pro-soluto
di impegni di pagamento) a breve termine.

Accordi di collaborazione

La maggior parte delle banche italiane non ha sottoscritto accordi di collaborazione
con banche locali; l’operatività è gestita tradizionalmente attraverso consolidati
rapporti di corrispondenza rispetto ai quali non si registra alcuna criticità. Circa le
prospettive di sviluppo delle attività sul mercato emiratino e nella regione del Golfo,
numerose banche hanno segnalato l’intenzione di: a) sviluppare contatti con primarie
controparti finanziarie locali per l’individuazione di opportunità di investimento; b)
allacciare rapporti di collaborazione con banche locali in funzione del crescente
interesse manifestato dalla propria clientela; c) incrementare le linee di credito e
l’attività di assistenza e consulenza alle imprese che manifestano interesse sia con
finalità di export sia per la costituzione di società in loco, anche sviluppando nuovi
accordi di cooperazione con controparti locali.

c. Restrizioni alla presenza in loco di banche estere

L’unica rilevante restrizione agli Investimenti Diretti Esteri negli Emirati Arabi Uniti è
la previsione della legge emiratina che impone all’investitore estero la costituzione di
una società il cui capitale sia detenuto almeno al 51% da persona fisica o giuridica
locale. Questa restrizione non si applica agli investimenti industriali e commerciali
effettuati nelle zone franche (cfr. paragrafo II.b). Tale norma vige peraltro sulle sole

                                                                                        6
società per azioni2, mentre per le società pubblico-private la quota locale è pari al
100% e per gli studi professionali (avvocati, ingegneri e commercialisti) deve essere
almeno pari al 25%. Le società a responsabilità limitata nel settore degli idrocarburi,
idrico ed elettrico sono esentate dalla quota di maggioranza locale.
In particolare, per quanto riguarda il settore bancario, nel 1987 il Governo decise di
congelare le aperture di nuove succursali di banche estere nel Paese. Tale
atteggiamento perdura ancora oggi e non vengono concesse licenze per l’apertura di
nuove succursali né autorizzazioni ad operare in valuta locale. Questo atteggiamento
è riconducibile a due ragioni principali: in primo luogo, il settore bancario emiratino
risultava già all’epoca prossimo alla saturazione rispetto alle dimensioni dell’economia
locale; in secondo luogo, l’apertura di sussidiarie avrebbe comportato l’afflusso di
rilevanti capitali nel Paese, laddove l’apertura di succursali avrebbe implicato un
investimento meno consistente.
Allo stesso tempo, alle banche estere già operanti negli EAU venne imposto un limite
al proprio network, che non poteva essere costituito da più di 8 succursali. Questo
impedì      alle    banche       di    sviluppare       rapporti      con     la   clientela      retail,    che
conseguentemente passò in buona parte alle banche locali. Infatti, le banche locali
coprono attualmente più del 75% della clientela immigrata, che rappresenta l’80%
della popolazione; esse hanno inoltre un market share dell’80% circa dell’attività
creditizia e di oltre il 90% per i depositi (con le prime cinque banche che assorbono
quasi il 70% del mercato3).
Nonostante le restrizioni esistenti, negli EAU sono oggi presenti 25 banche estere su
un totale di 46, che detengono una quota leggermente superiore al 30% degli assets
di settore (in base all’ultimo dato disponibile pubblicato dalla Banca Centrale nel
giugno 2003). Le 25 banche estere sono presenti con 87 branches, mentre le 21
banche locali dispongono di una rete di 362 branches. Il numero degli uffici di
rappresentanza di banche estere a dicembre 2004 era invece di 51.
Si segnala infine una disparità di trattamento fiscale delle succursali di banche estere
rispetto alle altre imprese estere: le prime sono infatti soggette a una corporate tax
del 20% laddove le seconde sono esentate da tale imposizione fiscale. Tali limitazioni
non si applicano tuttavia nella zona franca dedicata ai servizi finanziari creata a Dubai
(Dubai International Financial Centre) illustrata in dettaglio al paragrafo II.c. Peraltro
si sottolinea che il DIFC avrebbe la finalità di incentivare la delocalizzazione di alcune
tipologie di servizi e rami di attività (private banking e capital market) di grandi

2
  Le imprese che operano nel settore bancario, finanziario ed assicurativo possono costituirsi solo sotto forma di
società per azioni.
3
  Fonte: Emirates Banks Association, 2003.

                                                                                                                7
banche commerciali che operano su scala globale e non quella di promuovere
un’operatività delle banche estere sul mercato locale.

d. Rischio Paese Emirati Arabi Uniti e rischio bancario

Il Paese è percepito dagli operatori internazionali come solido e con un profilo di
rischio contenuto, anche grazie ai rilevanti sforzi compiuti per una maggiore
diversificazione dell’economia e per l’attrazione di capitali esteri. Per questo, ed in
ragione della costante crescita economica realizzata dagli EAU negli ultimi dieci anni
(ad un tasso annuo medio pari al 5,4%) e della stabilità dell’assetto politico, l’agenzia
Moody’s ha innalzato il rating da A2 ad A1 già all’inizio del 2005.
Per quanto riguarda la valutazione del rischio Paese effettuata dalla SACE – che
segue, come noto, la classificazione stabilita in sede OCSE da uno specifico gruppo
cui partecipano le Export Credit Agencies dei Paesi dell’Organizzazione - gli Emirati di
Abu Dhabi e Dubai si posizionano nella seconda categoria di rischio, con un
atteggiamento assicurativo senza particolari restrizioni. Sono posti, invece, nella
quarta categoria di rischio gli Emirati di Sharjah, di Ras Al Khaimah, di Umm Al
Qaiwain e di Fuhairah (tutti senza particolari restrizioni); l’emirato di Ajman è anche
in categoria quattro ma attualmente l’operatività è sospesa.
Secondo invece la valutazione effettuata sulla base della matrice ABI-Banca d’Italia
per la valutazione del rischio Paese ai fini della determinazione del patrimonio di
vigilanza, gli Emirati Arabi Uniti si collocano nella prima categoria cui corrisponde
un’aliquota di rettifica pari allo 0% sulle esposizioni non garantite.

Per quanto riguarda il rischio connesso direttamente all’evoluzione del settore
bancario emiratino si sottolinea che, secondo gli analisti, il comparto è solido e si sta
progressivamente muovendo verso una maggiore apertura alla concorrenza estera,
anche grazie all’adozione di standard operativi internazionali ed alla progressiva
riduzione delle barriere di accesso al mercato.
Il sistema bancario emiratino (per un approfondimento si rimanda alla scheda
predisposta da Sintesi 2000 riportata nella terza parte del presente dossier) è il
secondo per dimensione nel mondo arabo dopo quello saudita in termini di assets4 e
svolge un ruolo particolarmente rilevante non solo per l’economia locale, ma anche
per quell’80% della popolazione composta da immigrati (il 90% della forza lavoro
locale è di origine straniera) che trasferisce le proprie rimesse nei Paesi di origine.
Esso ha fatto registrare straordinari tassi di crescita negli ultimi anni (2001-2004):
+13,7% nei depositi, +21,7% nel credito (+25,9% l’aumento del lending ai non

4
    Fonte: Arab Bank, The Arab Bank Review, Vol. 7, N. 1, April 2005

                                                                                       8
residenti) e incrementi molto alti nei profitti (in media c’è stato un incremento del
50% della redditività5). Il livello di capitalizzazione è inoltre molto elevato rispetto
agli standard internazionali e si attesta in media intorno al 18%6, mentre i non
performing loans costituiscono solo il 2,88% del totale del credito.
Gli IAS sono stati introdotti (ancorché non resi obbligatori) alla fine degli anni
novanta e, secondo alcune fonti, l’Accordo di Basilea II dovrebbe essere applicato
entro il 2007 (anche se su questo fronte si registrerebbero rilevanti ritardi).
I passi che le Autorità dovrebbero compiere per assicurare un ulteriore allineamento
agli standard internazionali e per la creazione di un effettivo level playing field con gli
intermediari esteri riguardano la privatizzazione del settore, il consolidamento dello
stesso mediante una politica di fusioni che riduca il numero di operatori sul mercato,
e la rimozione delle barriere ancora esistenti segnalate nel precedente paragrafo.

e. Sviluppo della finanza islamica negli Emirati Arabi Uniti (cenni)

Negli ultimi anni la finanza islamica7 ha subito un rapido sviluppo nel mercato
emiratino. Nel 2004 il numero delle banche islamiche è raddoppiato, passando da due
a quattro, con un incremento del 35% negli assets8; esse rappresentano oggi circa il
22% degli assets di settore ed hanno una market share ancora più alto nel retail
banking. La National Bank dell’Emirato di Sharjah, di proprietà pubblica, si è
recentemente trasformata in banca islamica. Inoltre, il Dubai Interantional Financial
Centre,      la   free    zone      dedicata      allo    sviluppo       dei    servizi    finanziari,      è    stata
espressamente creata anche con l’obiettivo di divenire un centro globale per la
finanza islamica.

5
  La Abu Dhabi Commercial Bank, una delle top five insieme a National Bank of Abu Dhabi, National Bank of
Dubai, Emirates Bank e Mashreq Bank (tutte di proprietà dello Stato) ha registrato un incremento del 98% dei
profitti.
6
  Dato elaborato da Sintesi 2000 su un campione di 19 banche locali, su un totale di 21.
7
    Si ricorda che per finanza islamica s’intende un sistema di relazioni di tipo economico tra le persone
(Muamalat) che trae i suoi principi informatori dalla legge islamica (Shariah). Elemento specifico e di contrasto
con la pratica finanziaria occidentale è il divieto di pagamento degli interessi equiparati all’usura (Riba). La
proibizione della Riba si fonda sul credo secondo il quale non ci può essere guadagno senza l’assunzione di
rischi: il profitto, in una visione islamica, sarebbe legittimato solo dal rischio. Oltre alla Riba sono espressamente
vietate pratiche economiche che implicano i concetti di Gharar (“irragionevole incertezza”, ambiguità), di Maisir
(speculazione) e di Haram (ciò che è esplicitamente proibito dal Corano, ossia attività economiche connesse alla
distribuzione/produzione di alcol, tabacco, armi, carne suina, pornografia, gioco d’azzardo etc). Le prime
iniziative di sviluppo di strumenti finanziari coerenti con la Shariah risalgono all’inizio degli anni ’60 in Algeria ed
Egitto, dove vennero costituite banche islamiche pubbliche. Il processo subì una netta accelerazione agli inizi
degli anni ’70 quando venne istituita la Islamic Development Bank, con la missione di favorire nei paesi membri
e nelle comunità musulmane uno sviluppo economico e sociale coerente con i precetti coranici. Da allora sono
sorte numerose altre istituzioni finanziarie in regioni islamiche e non. Oggi la finanza islamica gestisce assets
stimati in ca. Usd 500 mld con tassi di crescita medi del 15% all’anno. Essa trova crescente applicazione sia nel
campo dell’Islamic banking (che ne rappresenta la componente più strutturata e di rilievo in termini di volumi)
che nel mercato assicurativo e dei capitali internazionali con titoli di debito e fondi azionari. Non si conoscono ad
oggi esperienze di Islamic banking in Italia (Fonte L. Alfano e L. Fiordoni, Lo Sviluppo della Finanza Islamica e
l’”Islamic Banking”, Studi e Note di Economica, No. 2 2005, Banca Monte dei Paschi di Siena Spa – Siena e
Banca Toscana – Firenze).
8
  Fonte: International Monetary Fund, Staff Report for the 2005 Article IV Consultation.

                                                                                                                      9
II. Questioni         di   carattere       generale         che     potrebbero           essere       oggetto        di
   approfondimento con le Autorità degli Emirati Arabi Uniti

   a. Diversificazione             dell’economia          emiratina:         progetti       infrastrutturali          e
   relative opportunità di investimento e collaborazione industriale per le
   imprese italiane

   I sette Emirati arabi (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ajman, Fujeirah, Ras Al Khaimah,
   Umm al Quwain) si sono costituiti in Federazione (Emirati Arabi Uniti – EAU) nel
   1971. Abu Dhabi e Dubai rappresentano l’85% del PIL di tutti gli EAU. Quaranta anni
   fa il Paese era un deserto e la popolazione viveva con i proventi della pesca, delle
   perle e delle risorse ittiche. Con la scoperta di giacimenti petroliferi e di gas naturale
   negli anni sessanta, gli EAU si sono trasformati rapidamente in un’economia aperta e
   liberale9.

   Secondo la Energy Information Administration, nel 2005 gli EAU occupavano il sesto
   posto10 al mondo per riserve di petrolio (con una quota del 10%, pari a 97,8 miliardi
   di barili) e il quinto posto11 per riserve di gas12 (con una quota del 3,5%, pari a 6.000
   miliardi di metri cubi)13. Si stima che le riserve petrolifere siano in grado di garantire
   il livello attuale di produzione per i prossimi 140 anni14. Gli EAU sono il decimo

   9
      Dal punto di vista politico i sette emirati sono retti da un Consiglio Supremo costituito dai rispettivi emiri,
   ognuno dei quali è sovrano assoluto del proprio Stato. Negli UAE non esistono partiti politici né si tengono
   elezioni, il sistema giudiziario è basato sulla legge coranica (sharia) ed è in vigore la pena di morte. I governanti
   detengono il potere in virtù della posizione dinastica e della legittimazione che deriva loro da un sistema di
   consenso tribale. La modernizzazione economica non è riuscita ad influenzare il sistema politico tradizionale,
   accettato e supportato dalla maggioranza della popolazione locale e sostenuto dalle forze armate.
   L’organizzazione socio-politica del Paese si presenta fortemente contraddittoria: i locali rappresentano solo il
   20% della popolazione residente e godono di forti privilegi sia in termini di reddito sia in termini di opportunità.
   Il 5% è costituito da espatriati di ceto sociale medio/alto, mentre il restante 75% da lavoratori immigrati, spesso
   senza le loro famiglie, con reddito basso, scarse garanzie economiche e nessuna tutela sociale. In dettaglio, la
   composizione della popolazione è così strutturata: 19% emiratini, 23% altri arabi e iraniani, 50% immigrati
   dall'Asia meridionale, 8% immigrati dall'Asia orientale e occidentale.
   10
       Dopo Arabia Saudita, Canada, Iran, Iraq e Kuwait.
   11
        Dopo Russia, Iran, Qatar ed Arabia Saudita.
   12
       I giacimenti più importanti sono quelli all’interno dei campi petroliferi di Umm Shaif e Abu Al Bukhoosh. La
   Abu Dhabi Gas Industries (GASCO) si occupa degli impianti di estrazione onshore, mentre la Abu Dhabi Gas
   Liquefaction Company (ADGAS) di quelli offshore , la cui produzione viene incanalata a Das Island. La
   produzione di gas alimenta gli impianti di estrazione petrolifera, le centrali elettriche e gli impianti di
   desalinizzazione, oltre che ad altri impianti industriali minori. L’aumento della domanda ha spinto il Governo a
   ideare un progetto ambizioso di distribuzione che copra tutto il Paese e lo colleghi alle altre nazioni GCC per
   poter servire energia ad una rete capillare di fruitori commerciali. Il più importante progetto in fase di
   realizzazione è il Dolphin Gas, che prevede la realizzazione di un impianto di trasporto del gas naturale dai
   giacimenti del Nord Qatar all’Oman ed agli Emirati. La Dolphin Energy, società controllata al 51% da Mubadala
   Development Company (di proprietà del Governo di Abu Dhabi) e per il 49% da Total ed Oxy, si è aggiudicata
   tutti i migliori contratti. L’ente responsabile per il controllo del progetto è l’Emirates General Petroleum
   Corporation (EMARAT).
   13
       Secondo fonti locali (Ministero dell’Economia e Ministero dell’Informazione), gli EAU sono invece il quinto
   produttore mondiale di petrolio ed occupano il quinto posto per riserve di petrolio (9,4% del totale mondiale) ed
   il quarto posto per riserve di gas naturale (5% del totale mondiale).
   14
        Gli esperti hanno tuttavia stimato che i giacimenti ancora inesplorati dovrebbero contenere risorse doppie
   rispetto a quelle sfruttate fino ad oggi, pertanto si ritiene che nei prossimi anni saranno avviati numerosi
   progetti di esplorazione.

                                                                                                                    10
produttore15 mondiale di petrolio con circa 2,5 milioni di barili al giorno ed il sesto
esportatore16. L’Emirato di Abu Dhabi detiene il 95% circa del totale delle riserve di
petrolio e di gas degli EAU.

Per ridurre l’impatto della volatilità dei prezzi del greggio sulla crescita economica,
all’inizio degli anni ottanta gli EAU hanno avviato un programma di diversificazione
dell’economia. Grazie a tale programma, il contributo del petrolio al PIL si è ridotto
dall’84% nel 1980 a meno del 24% nel 2004, mentre quello dei servizi è aumentato
dal 23% al 33,8% e quello dell’industria dal 4% al 23%17. Il settore petrolifero
rimane comunque un importante pilastro dell’economia emiratina, rappresentando il
60-75% delle entrate governative e il 46% delle esportazioni.

Anche la struttura delle esportazioni degli EAU si è trasformata radicalmente: la
tradizionale prevalenza di prodotti dell’industria petrolchimica locale, dei fertilizzanti,
del cemento e dell’alluminio è stata superata dallo sviluppo di settori nuovi quali
l’Information Technology e l’elettronica di consumo, il manifatturiero di base, la
produzione di macchine leggere e di forniture per i trasporti, prodotti soprattutto nelle
zone franche. Secondo le Nazioni Unite il grado di diversificazione delle esportazioni è
tra i più alti dei Paesi del Golfo, ad eccezione del Bahrain. Nel 2004 il settore non oil
ha contribuito al 77,4% del PIL (circa 57 miliardi di dollari) e, grazie al dinamismo nei
settori manifatturiero, turistico ed edile, è cresciuto ad un tasso pari all’8% dal 1995
– contro un tasso medio del 5% negli altri Paesi del Golfo - rispetto al 4,4% del
settore oil. Tra il 1991 e il 2004 l’occupazione nel settore non oil è cresciuta ad un
tasso medio dell’8,7% e gli investimenti fissi lordi sono aumentati del 9%.

Riepilogando, il recente sviluppo dell’economia emiratina si basa sui seguenti fattori:

      a. rialzo del prezzo internazionale del greggio;

      b. crescita del settore non oil;

      c. sviluppo del settore delle infrastrutture, in particolare in settori strategici quali
           gas naturale, trasporti, costruzioni;

      d. positivo andamento della bilancia commerciale (nel 2004 le esportazioni hanno
           fatto registrare un aumento rispetto all’anno precedente, con un volume di
           75,1 miliardi di dollari contro i 60,8 miliardi di dollari del 2003, ed un surplus
           commerciale stimato in 12,6, miliardi equivalente al 14% del PIL).

15
     Dopo Arabia Saudita, Russia, Stati Uniti, Iran, Messico, Cina, Norvegia, Canada e Venezuela.
16
     Dopo Arabia Saudita, Russia, Norvegia, Iran e Venezuela.
17
     La riduzione media del settore oil degli altri Paesi del Golfo è risultata modesta.

                                                                                                    11
Grazie a tali fattori gli EAU stanno consolidando il loro ruolo di centro produttivo,
turistico e commerciale, in particolare nei confronti dei paesi del Golfo e dell’Estremo
Oriente. Inoltre si attende che il nuovo Esecutivo, insediatosi nel novembre 2004
dopo il decesso del precedente Presidente, Sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, potrà
migliorare la capacità di attrazione del mercato emiratino. In particolare, tale
obiettivo potrà essere raggiunto grazie alla nuova legge federale, attualmente in
discussione, che potrà consentire l’accesso degli stranieri alla proprietà18 immobiliare,
nonché al progetto di legge (corporate law) che, se approvato, permetterà alle
imprese straniere di detenere una quota di maggioranza in società locali (superando
quindi l’attuale limite del 49%).

Nonostante una tendenza comune alla diversificazione economica, restano marcate
differenze tra i singoli Stati, che riflettono il forte divario tra le rispettive strutture
economiche. Abu Dhabi fonda infatti il proprio successo economico sull'industria
petrolifera, mentre Dubai sul commercio, sulle telecomunicazioni, sul turismo e sui
servizi finanziari, Sharjah sull'industria manifatturiera leggera, gli Emirati del Nord su
agricoltura, cave, cemento e trasporto marittimo.

Di seguito si riportano alcuni approfondimenti sui due Emirati maggiori: Abu Dhabi e
Dubai.

Abu Dhabi
Considerando l’entità delle sue risorse petrolifere, Abu Dhabi è stato l’Emirato più
lento nel perseguire la diversificazione economica ed il più resistente all’apertura agli
investimenti esteri. Tuttavia, con l’insediamento del nuovo Governo federale nel
novembre 2004, l’Emirato di Abu Dhabi ha fortemente accelerato il percorso di
crescita e diversificazione economica attraverso una serie di iniziative che mirano a
coinvolgere il settore privato nello sviluppo delle infrastrutture e dei servizi di base
(acqua ed energia), nei settori turistico, siderurgico e metallurgico. Tra le iniziative di
maggior rilievo avviate ricordiamo: l’istituzione nel maggio 2004 della Higher
Corporation for Specialised Economic Zones19 (HCSEZ), la creazione alla fine del 2004

18
    Tale misura (che ha anche una portata politica e sociale, data la concentrazione della proprietà nelle mani
degli Sceicchi e della classe dirigente) avrà tra l’altro l’effetto di attirare investimenti dall’estero (inclusi i capitali
arabi in aumento a causa del rialzo del prezzo del petrolio) verso un comparto, quello immobiliare, nel quale i
mercati degli EAU e dell’Arabia Saudita pesano per l’80% sul totale dei Paesi del CCG.
Ad agosto 2005, il governo di Abu Dhabi ha emanato la legge n. 19 che regola la proprietà immobiliare,
autorizzando gli stranieri ad acquistare e possedere la superficie della proprietà, ma non la terra, in alcune aree
di investimento. Tale diritto reale ha una durata di 99 anni oppure di 50 anni rinnovabili con il consenso delle
parti. Il diritto di possedere completamente la proprietà rimane ai cittadini emiratini e degli altri Paesi del Golfo.
Anche l’Emirato di Dubai ha avviato la preparazione della nuova normativa nel settore immobiliare, che
dovrebbe prevedere la proprietà per gli emiratini ed i cittadini dei Paesi del Golfo per una durata di 99 anni. Agli
stranieri la proprietà sarà consentita limitatamente a determinate aree identificate dall’Emiro di Dubai.
19
   Fondato nel giugno del 2004 per promuovere gli investimenti nell’Emirato di Abu Dhabi, è l’ente governativo
per lo sviluppo e la diversificazione dell’economia di Abu Dhabi che avviene attraverso la creazione e la

                                                                                                                        12
dell’Abu     Dhabi      Tourism      Authority      (ADTA)20      e    il   rilancio    del    processo      di
                   21
privatizzazione .

Inoltre, particolare importanza rivestono alcuni progetti di sviluppo della capitale
emiratina, tra cui:

     -    l’espansione della zona industriale della città e la sua incorporazione nella
     nuova Abu Dhabi Industrial City (ICAD), per la quale è stato investito finora 1
     miliardo e mezzo di euro, grazie ad un forte impegno dell’elite locale e di alcune
     grandi banche del Paese (in particolare la Abu Dhabi Commercial Bank). È stata
     inoltre annunciata la realizzazione di altre due città industriali (ICAD222, i cui
     contratti sono stati già aggiudicati, ed ICAD3);

     -    i progetti nel settore edilizio annunciati nei primi mesi del 2005 dai grandi
     Gruppi economici locali23 (ALDAR e ALDAR Properties): a) la costruzione del Central
     Market di Abu Dhabi, dove dovrebbero sorgere un Centro commerciale, un souk
     arabo e centri servizi; b) il progetto per 10 miliardi di Euro di un nuovo
     insediamento urbano, completo di servizi e infrastrutture sia residenziali che
     turistiche, nell’area di Al Raha Beach, alla periferia di Abu Dhabi (la nuova città avrà
     una dimensione di 6.8 milioni di metri quadri, e prevede di poter ospitare fino a
     120.000 abitanti).

L’Emirato di Abu Dhabi mira ad attrarre dall’estero imprese grandi, piccole e medie,
produttrici di macchinari industriali e del settore manifatturiero, sia con finalità
commerciali che in un’ottica di più stabile penetrazione in questo mercato e di
cooperazione con partners locali, mediante la conclusione di joint-ventures.

Un altro settore rilevante per possibili investimenti italiani è quello del marmo e della
piastrellistica in genere, dove le imprese emiratine sono fortemente interessate ad
acquisire il know-how dell’Italia nel tentativo di ridurre le importazioni di prodotti
finiti24.

promozione di Zone Economiche Speciali. La HCSEZ è presieduta dallo Sceicco Hamed Bin Zayed Al Nahyan,
anche Presidente del Dipartimento di Programmazione ed Economia di Abu Dhabi.
20
   L’obiettivo è attrarre 3 milioni di turisti all’anno per il 2010, rispetto agli attuali 800 mila.
21
    Si ricorda, tra gli altri, il progetto di istituzione di un Abu Dhabi International Business Council, che
raggrupperà le dirigenze delle comunità di affari straniere, organizzate in Business Councils o Business Groups.
22
    In un’area di 10 km2 si realizzeranno magazzini di materiale da costruzione e complessi di servizi per
l’industria petrolifera e del gas. Tra i principali investitori vi sono la Dubai Investment Company, Ali & Sons,
Emirates International Investment Company e Bukhater Group.
23
    Tra i grandi Gruppi Economici locali ricordiamo la Mudabala Development Company (società di investimento
del Governo di Abu Dhabi, il cui Amministratore Delegato interverrà al Forum, H.E. Khaldoon Khalifa al
Mubarak), la società Aldar (i cui principali azionisti sono Mubadala Development Company, Abu Dhabi
Investment Company, Abu Dhabi National Hotels Company e la National Corporation for Tourism and Hotels), e
la società Emaar (società pubblica quotata sulla Borsa di Dubai).
24
    In questo settore è importante segnalare la commessa recentemente ottenuta da Fantini Mosaici per la
realizzazione delle finiture interne della Grande Moschea di Abu Dhabi.

                                                                                                             13
Dubai
Ad eccezione di Abu Dhabi, negli altri Emirati si avverte maggiormente la necessità di
diversificare le entrate, a causa delle modeste riserve petrolifere. A questo proposito
è significativa l’esperienza di Dubai che, per fronteggiare il declino della produzione e
dell’esportazione di greggio, ha concentrato i suoi sforzi sulla diversificazione della
sua economia in settori industriali non petroliferi e, soprattutto, sull’espansione del
settore dei servizi, al fine di diventare uno snodo commerciale regionale ed
internazionale. Dubai è diventato il terzo centro mondiale delle riesportazioni, dopo
Hong Kong e Singapore, contribuendo per l’85% alle riesportazioni degli EAU.

Il consistente volume delle correnti di riesportazione (33% del commercio estero
degli EAU) è dovuto ad una molteplicità di fattori quali dazi alle importazioni molto
bassi (al massimo 5%), assenza di tassazione sulle esportazioni e sulle riesportazioni,
buone infrastrutture, tempi di consegna ridotti e una storica concentrazione di
commercianti nell’area. Le principali voci delle riesportazioni sono metalli preziosi,
macchinari, veicoli e prodotti tessili, che rappresentano complessivamente il 75% del
flusso totale.
L’Iran (per le macchine, i prodotti tessili ed i veicoli) e l’India (per l’argento e la
gioielleria) costituiscono le principali destinazioni delle riesportazioni, seguiti dagli
altri Paesi del Golfo e dai Paesi CIS (Commonwealth of Independent States)25.
Tra il 2003 e il 2004 le importazioni degli EAU sono cresciute eccezionalmente
(+37%), come conseguenza dell’espansione del settore non-oil; nello stesso periodo
le riesportazioni sono cresciute del 49,6%. Otto tra le maggiori destinazioni delle
riesportazioni degli EAU sono Paesi esportatori di petrolio (ad eccezione dell’India e
del Pakistan). Pertanto, i crescenti introiti derivanti dall’aumento del prezzo del
greggio hanno alimentato la domanda di importazioni degli EAU, favorendone le
riesportazioni.
La posizione predominante di smistamento di merci assunta soprattutto da Dubai ha
determinato lo sviluppo di una serie di attività collaterali quali servizi finanziari ed
assicurativi,     trasporti,      manifestazioni        fieristiche.     Il   principale     contributo       alla
formazione del PIL di Dubai viene infatti dai settori commerciale, manifatturiero, dei
trasporti, finanziario, immobiliare e turistico26.

25
   Nel 2004, secondo il Dipartimento Porti e Dogane di Dubai, le principali destinazioni delle riesportazioni di
Dubai erano India, Iran, Iraq, Svizzera e Pakistan. L’Italia figurava al 36° posto. Le esportazioni erano dirette a
India, Stati Uniti, Iran, Taiwan e Iraq, con l’Italia alla 23° posto. Le importazioni di Dubai provenivano nel 2004
da Cina, India, Giappone, Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Francia, Svizzera e Italia. Nel 2004 l’Italia era il
decimo partner per interscambio di Dubai preceduto da India, Cina, Iran, Giappone, Stati Uniti, Regno Unito,
Germania, Svizzera e Francia.
26
   Attualmente circa 5 milioni di turisti all’anno visitano Dubai, ma il target dell’Emirato è di raggiungere 15
milioni entro il 2010. Il traffico di passeggeri all’aeroporto di Dubai è raddoppiato da 22 milioni nel 2000 a 40
milioni nel 2004. Lo sviluppo di alcuni progetti avveniristici quali The Palm Islands (da completare nel 2007),

                                                                                                               14
Sebbene Abu Dhabi sia l’Emirato più ricco degli EAU, Dubai è diventato il più dinamico
ed innovativo all’interno della federazione e sta cercando di proporsi come centro
commerciale e finanziario dell’area, attirando gli investitori esteri con una politica di
sgravi fiscali alle aziende.

In particolare, Dubai sta investendo per espandere l’industria alberghiera e per
incrementare la ricettività dell’aeroporto e, allo scopo di attrarre capitali dall’estero e
trattenere al suo interno quelli emiratini, ha realizzato nel 2004 una free zone
dedicata ai servizi finanziari, il Dubai International Financial Centre – DIFC (cfr. par.
c). Complessivamente, nell’Emirato si stimano progetti di costruzione per 30 miliardi
di dollari da realizzare nei prossimi anni.

Nell’ottobre 2004, inoltre, è stata creata la Dubai Holding27, compagnia che gestisce
numerosi       grandi     progetti     nei    settori     ICT    (Dubai      Internet     City28),     media      e
                                                                                              29
telecomunicazioni (Dubai Media City), sanità (Dubai Healthcare City ), attrazioni e
divertimenti (Dubailand), umanitario (Dubai Humanitarian City30), formazione e
conoscenza (Dubai Knowledge Village31, immobiliare (Dubai International Properties),
industriale (Dubai Industrial City32), cinematografico e televisivo (Dubai Studio City),
biotecnologia (DuBiotech), energetico (Dubai Energy33).

Burj Dubai e The Pinnacle (i grattacieli più alti del mondo), The World (300 isole artificiali che riproducono i
cinque continenti), Dubai Marina, Jumeirah Islands, Hydropolis Hotel (il primo albergo sott’acqua), Madinat
Jumeirah, Dubai Festival City e, da ultimo, Dubailand e The Mall of the Emirates (costruzione di un luogo di
villeggiatura invernale con neve artificiale in pieno deserto) dovrebbero stimolare ulteriormente la crescita nel
settore non oil nei prossimi anni.
27
    Dubai Holding di proprietà dell’Excecutive Office (Governo di Dubai e famiglia reale) opera attraverso venti
società e 14000 dipendenti. Creata nel 2004 per consolidare e riorganizzare il portafoglio di attività e di progetti
dell’Executive Office, nell’arco dei prossimi due anni intende mettere sul mercato parte delle proprie azioni.
28
   Dubai Internet City (DIC) offre una piattaforma alle imprese ICT per estendersi nel mercato del Medio
Oriente, del subcontinente Indiano, dell’Africa e dell’Asia Centrale. Realizzata nel 2000, conta tra i propri
partners Microsoft, Cisco Systems, IBM, HP, Dell, Siemens, Sun Microsystems, Computer Associates, PeopleSoft
e Sony Ericsson, oltre a numerose PMI. Le imprese affiliate coprono vari settori: Software Development,
Business Services, Web Based e e-Commerce, Consultancy, Sales e Marketing e Back Office. Il DIC rappresenta
la più grande infrastruttura IT, costruita in una zona franca, e dispone del più grande sistema IPT (Internet
Protocol Telephony) nel mondo.
29
   Centro di assistenza medica (servizi medici, formazione, ricerca e sviluppo).
30
   La struttura offre alle organizzazioni internazionali di assistenza umanitaria una posizione logistica ideale, da
dove immagazzinare, accumulare le riserve e distribuire carichi di aiuti via mare, via terra o via aerea verso
tutte le destinazioni del mondo.
31
    L’obiettivo del Knowledge Village è costituire una comunità di università, centri culturali e di ricerca ed
imprese per la formazione di talenti ed accelerare il passaggio all’economia della conoscenza.
32
   La Dubai Industrial City raggruppa gli impianti manifatturieri in settori ad alto valore aggiunto: ingegneria
avanzata (macchinari e apparecchiature meccaniche, apparecchiature per trasporti, metalli di base), agro-
industria e chimica (prodotti chimici e prodotti di metallo).
33
   Collocato nell’area del DIFC, il Dubai Energy si presenta come il partner regionale per gli investimenti nel
settore energetico.

                                                                                                                15
Opportunità nel settore delle Infrastrutture
 Nel campo alberghiero e residenziale è in atto una forte accelerazione degli stanziamenti
 pubblici e privati, con la costruzione ex-novo di intere aree (Palm Islands, The World, The
 Waterfront, Burj Dubai ecc.) e la creazione di zone “a tema” sopra menzionate.
 Le infrastrutture portuali sono numerose: Dubai, Sharjah, Fujeirah, Ras Al Khaimah, Abu
 Dhabi. Il porto di Jebel Ali è il quindicesimo porto mondiale in termini di traffico.
 Gli aeroporti internazionali più importanti sono quelli di Abu Dhabi, Dubai e Sharjah: gli
 ultimi due hanno costituito al loro interno zone franche che offrono interessanti possibilità
 per la movimentazione delle merci. L’aeroporto di Dubai è in fase di ampliamento
 (costruzione del terzo terminal passeggeri e del “Mega Cargo Terminal”); l’apertura del
 nuovo terminal è prevista per il 2006 e prevede di portare il numero di passeggeri dai 22
 milioni del 2001 ai 60 milioni nel 2007.
 La rete stradale ed autostradale è di ottimo livello, anche se limitata alle direttrici
 principali; non esistono ferrovie e fiumi navigabili. Nell’Emirato di Dubai è in progetto la
 costruzione della metropolitana.
 La struttura delle telecomunicazioni è a un buon livello tecnologico e ancora sotto il
 controllo di un monopolio pubblico attraverso la società Etisalat; le Autorità stanno
 studiando però la possibilità di una sua graduale privatizzazione.

b. Economic Free Trade Zones

L’Emirato di Dubai, a causa della scarsità delle risorse petrolifere, ha svolto un ruolo
guida nella differenziazione settoriale dell’economia, creando le condizioni per attirare
investimenti ad alta tecnologia attraverso particolari facilitazioni per le imprese
estere. Costituiscono un fattore di attrazione le numerose free trade zones34
(attualmente sono 23 di cui più di 10 a Dubai), dove le aziende straniere presenti
possono operare esentate dalle tasse e possono rimpatriare completamente i profitti.
Tra i principali investitori esteri nelle free trade zones figurano il Regno Unito, gli Stati
Uniti, la Francia, l’India, il Giappone e la Germania.

Più in particolare, le zone economiche speciali offrono agli investitori i seguenti
incentivi:
     -   Proprietà straniera del 100%
     -   Nessuna imposta sulle società per 15 anni (rinnovabile per ulteriori 15 anni)
     -   Libertà di rimpatriare il capitale e il reddito
     -   Nessuna imposta sul reddito personale
     -   Completa esenzione dai dazi doganali
     -   Nessuna restrizione valutaria
     -   Agevolazioni burocratiche
     -   Manodopera a costi contenuti e assenza di sindacalizzazione dei lavoratori

34
   Si riporta di seguito il dettaglio delle Free Zones create nei singoli Emirati. Abu Dhabi: Saadiyat Free Zone
Authority, Dubai: Jebel Ali Free Zone, Dubai Airpot Free Zone, Dubai Internet City, Dubai Media City, Dubai
International Financial Centre, Dubai Health Care City, Dubai Knowledge Villane, Dubai Gold and Diamond Park,
Dubai Cars and Automotive, Zone Dubai Metals e Commodities Centre; Ajman: Ajman Free Zone; Fujairah:
Fujairah Free Zone; Sharjah: Hamriyah Free Zone Authority e Sharjah International Airport Free Zone; Ras Al
Khaima: Ras Al Khaimah Free Zone Authoriy

                                                                                                             16
-   Sistemi di comunicazione moderni ed efficienti
     -   Dotazioni infrastrutturali all'avanguardia
     -   Ampie disponibilità energetiche
Grazie a tali incentivi si è assisto, in questi ultimi anni, ad un incremento della
presenza estera nelle zone economiche speciali (soltanto nella Jebel Ali Free Zone35,
alle porte di Dubai, sono presenti più di 5.000 aziende, di cui il 39% di provenienza
dagli altri Paesi del Golfo e Medio Oriente, il 29,4% dall’Asia, il 20,4% dall’Europa, il
7,15% dagli USA), per attività di stoccaggio, distribuzione, assemblaggio e
produzione.

Nell’Emirato di Abu Dhabi è in corso di realizzazione una zona economica speciale a
Sadiyaat Island. In un’area di 26 kmq sarà realizzato un centro commerciale di
50.000 mq con una borsa valori, zone per l’immagazzinamento e lo stoccaggio delle
merci, un porto ed un aeroporto commerciali. Un ponte a sei corsie collegherà l’isola
ad Abu Dhabi e nella zona saranno creati un exhibition center, un hotel di lusso, un
campo da golf, un club di equitazione, un circuito moto, stabilimenti per il
trattamento dell’acqua e per la produzione di energia, nonché un network per le
comunicazioni.

c. Dubai International Financial Centre (DIFC)

Uno dei settori soggetti a maggiori restrizioni dell’economia emiratina, accanto a
quello assicurativo (ora in fase di privatizzazione), è il settore bancario. Infatti, dopo
aver perseguito una politica molto restrittiva all’ingresso di intermediari esteri, le
Autorità emiratine - che da circa un ventennio non concedevano più licenze per
l’apertura di succursali a banche estere - hanno recentemente annunciato l’intenzione
di riaprire il settore, anche se non è ancora stato chiarito in quali termini si svilupperà
tale apertura (cfr paragrafo I.c).

Il Dubai International Finance Centre – DIFC36, zona franca “on shore”, è stato
inaugurato ufficialmente nel settembre 2004 con l’obiettivo di attirare le migliori
istituzioni finanziarie mondiali e regionali, offrendo una sorta di sportello unico per i
servizi finanziari ai potenziali utenti del DIFC. Il centro finanziario di Dubai mira a
divenire il centro regionale della finanza internazionale sul modello di Londra, Hong
Kong e Singapore, facendo da ponte tra Asia ed Europa e funzionando come porta

35
   Alla fine del 1985 la Jabel Ali Free Zone (Jafza) registrava solo 19 imprese. Nel 1990 erano circa 300 fino ad
arrivare alle attuali 5000, provenienti da 119 Paesi. Si registra una media di 15 nuove imprese al mese. Tra le
principali ricordiamo: Acer, Black & Decker, Compaq, Daewoo, GAP, Honda, Johnson & Johnson, Nestle, Nissan,
Nivea, Philips, Samsung, Sony, Bridgestone, Bayer, Hewlett-Packard, Xerox, Nokia, DaimlerChrysler, Toshiba. Le
imprese italiane sono 42.
36
   Il presidente del DIFC è lo Sceicco Mohammed Bin Rashid Al Maktoum.

                                                                                                             17
d’accesso per i flussi di capitale da e per la regione, rafforzando così i collegamenti
regionali ai mercati internazionali di capitale. Tra i membri internazionali già insediati
si annoverano Barclays, Standard Chartered, Merrill Lynch, Credit Suisse e Morgan
Stanley. Nel 2005 circa 90 intermediari finanziari hanno ottenuto la licenza per
operare nel DIFC e dal gennaio 2005 fino ad oggi se ne sono aggiunti altri 49. Nel
settembre 2005 è stata inaugurata anche la borsa di Dubai37 (Dubai International
Financial Exchange – DIFX), nuova piazza di riferimento per il Medio Oriente.

L'obiettivo del DIFC è quello di riuscire a trattenere almeno una parte dei patrimoni
dei Paesi arabi limitrofi, che attualmente sono investiti in buona parte (circa il 45%)
all'estero. L'”hub” finanziario di Dubai conta di attrarre società attive nelle seguenti
aree: servizi bancari (investment banking, corporate banking & private banking),
mercati dei capitali (equity, strumenti di debito, derivati e commodity trading),
gestione     degli investimenti finanziari, assicurazione e riassicurazione, finanza
islamica, business processing operations e servizi sussidiari. Il DIFC intende inoltre
accogliere i fornitori di servizi professionali, le agenzie di valutazione dei crediti, le
imprese di servizi professionali, studi legali e fornitori di servizi informativi. Il centro,
ospitato in un'area di 44 ettari nel cuore di Dubai, dovrebbe essere completato entro
il 2008. Tutte le attività si uniformano ai regolamenti internazionali sotto il controllo
della Dubai Financial Services Authority (DFSA).

Analogamente a quanto previsto per le Economic Free Zones, le imprese finanziarie
che operano nel DIFC beneficiano dei seguenti incentivi:

     -   proprietà estera al 100%;
     -   assenza di tassazione sul reddito;
     -   rete di convenzioni sulla doppia imposizione fiscale38;
     -   libero rimpatrio del capitale e dei profitti;
     -   denominazione in dollari delle operazioni;
     -   applicazione dei principi fondamentali di integrità e trasparenza;
     -   applicazione della normativa antiriciclaggio e rigida supervisione degli operatori
         che fanno parte del DIFC;
     -   infrastrutture moderne e tecnologicamente avanzate.

Come già sottolineato in precedenza, il DIFC avrebbe la finalità di incentivare la
delocalizzazione di alcune tipologie di servizi e rami di attività (private banking e

37
   Sul listino, secondo le aspettative del Direttore esecutivo Steffen Schubert, saranno negoziati i titoli di 10-15
società, con una capitalizzazione di mercato di 2 miliardi di dollari. Compatibilmente con la legge islamica, il
DIFX sarà la prima Borsa del Medio Oriente a consentire la quotazione di prodotti finanziari.
38
   Le Convenzioni per evitare la doppia imposizione fiscale rappresentano il risultato di un accordo tra due Stati
per regolamentare sulla base del principio di reciprocità la sovranità tributaria di ciascuno.

                                                                                                                18
capital market) di grandi banche commerciali che operano su scala globale e non
quella di promuovere un’operatività delle banche estere sul mercato locale.

d. Business Climate: fattori di attrazione degli Investimenti Diretti Esteri

Come evidenziato anche nel precedente paragrafo I.d, la comunità internazionale ha
una percezione positiva dei rischi economici e finanziari associati all’investimento
negli Emirati Arabi Uniti. Una serie di indicatori attribuiscono agli EAU punteggi molto
alti, non solo rispetto ai Paesi della stessa area, ma a livello internazionale. Ad
esempio, il Growth Competitiveness Index39 elaborato dal World Economic Forum -
WEF, posiziona il Paese al diciottesimo posto nel 2005 con un punteggio pari a 4,99,
prima di tutti gli altri Paesi del Golfo40 e prima dell’Italia (quarantasettesimo posto
con un punteggio pari a 4,21). Inoltre, gli Emirati Arabi Uniti ricoprono il 28° posto41
a livello mondiale (l’Italia è al 42° posto) per quanto riguarda l’ICT42.

In particolare, secondo quanto rilevato dall’Arab World Competitiveness Report 2005
del WEF, gli Emirati Arabi Uniti dispongono di:

     - una politica economica liberale, aperta ed orientata al mercato, con tariffe e
      barriere non tariffare43 tra le più basse al mondo insieme a Singapore, Hong Kong
      e Australia;
     - una gestione macroeconomica prudente che ha portato ad una significativa
      crescita degli assets;
     - un sistema fiscale che incentiva ad operare nel Paese;
     - un mercato del lavoro flessibile (cfr. successiva tabella 1), che ha favorito
      un’offerta     di   lavoro   abbondante         a   salari    altamente       competitivi       a   livello
                                                                                                 44
      internazionale; al riguardo si ricorda che circa l’85% della forza lavoro                       è formata
      da immigrati provenienti dagli altri Paesi arabi, dall’Iran e, soprattutto, dal

39
    L’indice prende in considerazione tre componenti: fondamentali macroeconomici, istituzioni pubbliche e
dinamismo tecnologico.
40
   Al primo posto figura la Finlandia con 5,94 punti. Singapore ed Hong Kong rispettivamente alla sesta ed alla
ventottesima posizione.
41
   Le prime tre posizioni nella graduatoria sono ricoperte da Stati Uniti, Singapore e Danimarca.
42
    La componente tecnologica dell’Indice di Competitività Globale misura l’accesso ad internet nelle scuole, la
frequenza delle interruzioni nella connessione, la priorità del Governo nell’ICT, i personal computer pro capite e
gli utenti internet.
43
   Nel 2004, rispetto ad una tariffa media pari al 12% in tutta l’area del Medio Oriente, gli EAU registrano una
tariffa del 5%
44
    Lavoratori immigrati hanno scioperato per la prima volta lo scorso 28 marzo, a causa della mancanza di
sicurezza sul lavoro, delle condizioni abitative (la maggior parte degli operai vive in accampamenti alle porte di
Dubai, in baracche senza luce e senza acqua), e al salario irrisorio (il salario giornaliero per un operaio
specializzato è di circa 6 euro, per un operaio senza qualifica scende a meno di 4 euro, per giornate lavorative
di 12/14 ore). Si è assistito a scontri violenti con la polizia locale che, secondo fonti della stampa di Dubai,
avrebbero causato danni per un milione di dollari. Successivamente, gli ispettori del ministero del Lavoro degli
Emirati hanno fatto sapere che sono in corso colloqui per sanare la controversia tra gli operai e i manager della
al-Naboodah, l’impresa di costruzioni che ha ottenuto l’appalto per la costruzione della Burj Dubai, la torre più
alta al mondo.

                                                                                                              19
subcontinente indiano (India, Sri Lanka, Bangladesh), dal Pakistan e dalle
      Filippine;
     - un sistema amministrativo e procedurale efficiente (gli EAU si collocano infatti in
      seconda posizione, dopo il Qatar, per regolamenti amministrativi non gravosi);
     - un sistema infrastrutturale tra i migliori al mondo, in particolare per le
      infrastrutture portuali ed aeroportuali.
Sulla base degli indicatori della Banca Mondiale “Doing Business”45 si rileva che i costi
per avviare un’impresa (in termini di tasse, numero di procedure, tempi) sono
inferiori rispetto alla media regionale. Il finanziamento bancario è valutato accessibile
anche se i mercati di capitali non sono ancora ben sviluppati; è invece ancora molto
carente l’informazione sul credito (centrali rischi pubbliche e private). Inoltre, la
tabella seguente riporta indici di trasparenza e misure di applicazione dei contratti
commerciali che sebbene siano superiori ai valori regionali ancora non raggiungono i
livelli dei Paesi OCSE.

Tabella 1 Doing Business Indicators
Indicatore                                        Emirati Arabi Uniti               Regione              OCSE
                              46
Indice di rigidità del lavoro                                 33                      40.2               35.8
Avviare un’impresa
        Costo (% reddito pro capite)                         44.3                     64.2                6.8
Accesso al credito47
        Legal Rights Index                                     4                       4.1                6.3
        Credit Information Index                               2                        2                  5
        Public registry coverage                              1.5                      1.9                7.5
        Private bureau coverage                               0.0                      1.7                 59
Protezione degli Investitori
        Indice di trasparenza48                                4                       5.5                6.1
                                           49
Applicazione dei contratti commerciali
        Numero di procedure                                   53                      39.5                9.5
        Costo (% del debito)                                 16.0                     17.7               10.6
Fonte: Doing Business Database – World Bank 2005

45
   Il database Doing Business misura una serie di indicatori (avviare un’impresa, accesso al credito, protezione
degli investitori, applicazione dei contratti, costi di assunzione e licenziamento, ecc) di 155 Paesi.
46
   L’indice misura le difficoltà che i datori di lavori incontrano nell’assumere e nel licenziare, assegnando un
valore tra 0 e 100, con valori più alti per normative più rigide.
47
   Il Legal Rights Index è compreso tra 0-10, con un punteggio più alto per le leggi meglio disegnate per
espandere l’accesso al credito. Il Credit Information Index misura l’accesso e la qualità dell’informazione sul
credito fornita sia da uffici pubblici (Public registry coverage) sia da privati (Private bureau coverage),
attribuendo un valore più elevato (compreso tra 0 e 6) per la maggiore disponibilità di informazioni.
48
   Misura la trasparenza nelle transazioni per il pubblico e per gli azionisti.
49
    Gli indicatori dell’applicazione dei contratti misurano l’efficienza del sistema giudiziario (o amministrativo)
nell’incasso del debito in sofferenza. L’indicatore di costo misura il costo ufficiale delle procedure giudiziarie,
incluso I costi per il tribunale e per gli avvocati, o il costo di una procedura amministrativa di recupero del
debito, espresso in percentuale del valore del debito.

                                                                                                                20
e. Il processo di integrazione intra-regionale: il Consiglio di Cooperazione
del Golfo (GCC) e gli accordi di libero scambio

Gli Emirati Arabi Uniti fanno parte, con l’Arabia Saudita, il Kuwait, il Bahrain, l’Oman
e il Qatar50 del Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC)51, istituito nel 1981 con
l'obiettivo      di    promuovere         l'integrazione        economica,         sociale      e    culturale,      la
collaborazione scientifica e tecnologica, nonché la cooperazione nella politica estera e
di sicurezza tra i sei Stati della Penisola Arabica.

In particolare, l’organizzazione regionale mira al progressivo abbattimento delle
barriere doganali, all’introduzione di una moneta unica e anche alla costituzione di
una forza armata comune. All’epoca della fondazione del GCC infatti, i Paesi del Golfo
compresero l’esigenza di “blindare” la penisola araba di fronte agli arsenali militari di
Iran e Iraq, in modo da poter assicurarsi condizioni di pace e sicurezza. Nonostante
gli ambiziosi obiettivi iniziali, dal 1981 ad oggi i sei paesi del Golfo non sono riusciti a
realizzare gli obiettivi prefissati a causa di numerosi rallentamenti burocratici e
dell’assenza di una comune volontà politica. Vi sono infatti questioni che sono state
rinviate per anni, quali la realizzazione dell’unione doganale, rimandata per due
decenni e ulteriormente prorogata al 2007, e la realizzazione dell’unione monetaria,
rinviata al 2010. A ciò vanno poi aggiunti i problemi legati alla sicurezza, connessi alla
situazione irachena, alla tensione crescente tra la Siria ed il Libano52, al fenomeno del
terrorismo ed alla diffusione delle armi di distruzione di massa nella regione. Ne
deriva la necessità per i Paesi del Golfo di rafforzare la cooperazione reciproca nel
campo della sicurezza e della difesa.

Al momento gli EAU non hanno sottoscritto alcun Accordo di Libero Scambio con Paesi
terzi. Sono tuttavia in corso negoziati con gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda e
l’Australia53 che dovrebbero giungere a conclusione entro la fine del 2006.

I negoziati per la realizzazione di un’area di libero scambio tra Stati Uniti54 e EAU
sono stati avviati nel marzo 2005; rimangono aperte però alcune questioni in materia
di telecomunicazioni, servizi finanziari, investimenti, con particolare riferimento alla

50
     Lo Yemen sta negoziando il suo ingresso nel GCC previsto per il 2016.
51
   La somma del PIL dei sei Paesi GCC è superiore a 536 miliardi di dollari, per un totale di 36 milioni di abitanti,
di cui circa 11 milioni di stranieri (siriani, palestinesi, indiani, pakistani, egiziani), con un prodotto interno lordo
pro-capite di 15 mila dollari all’anno.
52
   I rapporti tra Siria e Libano sono peggiorati con l’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafik Hariri, il 14
febbraio 2005, nel quale l’opposizione libanese ritiene coinvolta la Siria. La rottura dei rapporti diplomatici è
stata accompagnata da forti scontri e manifestazioni anti-siriane in Libano, costringendo la Siria a ritirare il
proprie esercito, mettendo fine a 29 anni di occupazione libanese. Lo scorso marzo anche le Nazioni Uniti hanno
riconosciuto il coinvolgimento di Damasco nell’assassinio.
53
   Negli Emirati Arabi Uniti risiedono circa 6000 australiani ed operano 600 imprese australiane.
54
  Si ricorda che gli EAU rappresentano per gli Stati Uniti il terzo mercato di sbocco nell’area, dopo Arabia
Saudita ed Israele.

                                                                                                                    21
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