Tutti i dati sull'aborto in Italia - Donnissima

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Tutti i dati sull'aborto in Italia - Donnissima
Tutti i dati sull’aborto in
Italia
A 40 anni dalla storica approvazione della legge 194, qualche
numero (e qualche considerazione) sugli aborti effettuati nel
nostro paese.

22 maggio 1978. Una data storica, quella in cui entra in
vigore la legge 194, che regola le Norme per la tutela
sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della
gravidanza, e che per la prima volta in Italia depenalizza e
disciplina le modalità di accesso all’aborto, considerato
fino a quel momento un reato penale. Un argomento
naturalmente molto controverso, che tira in ballo questioni
etiche, religiose e, per l’appunto, legali. Con
l’appropinquarsi del quarantesimo compleanno della legge,
mettiamo per un attimo da parte le opinioni e lasciamo che a
parlare siano i dati, per capire qual è e quale è stato
l’impatto della depenalizzazione dell’aborto e come è
cambiata la situazione dall’approvazione della legge a oggi.
I numeri (e le considerazioni) che vi presentiamo di seguito
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sono estratti dalla Relazione del ministro della Salute
sull’attuazione della Legge 194/78 per la tutela sociale
della maternità e per l’interruzione volontaria di
gravidanza e sono stati ufficialmente trasmessi al parlamento
i 29 dicembre 2017.

Si tratta dei dati più recenti pubblicamente disponibili sul
tema dell’interruzione volontaria di gravidanza (relativi
all’anno 2016), raccolti dal Sistema di sorveglianza
epidemiologica della Ivg coordinata dall’Istituto superiore
di sanità, dal ministero della Salute, dall’Istat e da
regioni e province autonome.

Le interruzioni volontarie di gravidanza sono in calo
La prima considerazione che balza agli occhi guardando i
numeri è che gli aborti sono in calo. Un trend che va avanti
inalterato, anche se con diverse entità, sin dal 1982. In
particolare, nel 2016 le regioni hanno riferito un numero
totale di 84.926 interruzioni di gravidanza, il 3,1% in
menorispetto all’anno precedente, quando si era registrato
invece un calo più consistente (-9,3%). Complessivamente,
considerando solo gli aborti effettuati da cittadine
italiane, per la prima volta il numero è sceso al di sotto di
60mila, il che rappresenta una riduzione del 74,7% rispetto
ai dati del 1982.

Il trend si conferma anche guardando indicatori che tengono
conto del numero di donne in età fertile e del tasso di
natalità, e che quindi danno un quadro più verosimile del
fenomeno di quanto non facciano le cifre assolute. Questi
indicatori, ossia il tasso di abortività (numero di
interruzioni volontarie di gravidanza su 1000 donne tra 15 e
49 anni) e il rapporto di abortività (numero di interruzioni
volontarie di gravidanza per 1000 nati vivi), sono in calo,
con sporadiche eccezioni, dal 1982 a oggi: in particolare, il
rapporto di abortività è passato da 380,2 su 1000 nati vivi a
182,4 su 1000 nati vivi.
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Stesso discorso per quanto riguarda la distribuzione
geografica delle interruzioni volontarie di gravidanza.
La mobilità regionale è piuttosto bassa: il 91,4% degli
aborti viene effettuato nella regione di residenza, e l’86,5%
nella provincia di residenza. Il rapporto di abortività è
inoltre leggermente maggiore al centro-nord che nel sud e
nelle isole, considerazione che resta più o meno inalterata
tra il 1982 e oggi.

Identikit
I dati ci aiutano, tra l’altro, a capire quali sono
le caratteristiche delle donne che fanno ricorso
all’interruzione volontarie di gravidanza. I tassi più
elevati si registrano tra donne di età compresa tra 25 e 34
anni; per quanto riguarda le donne italiane, il 46% di quelle
che hanno abortito nel 2016 era in possesso di licenza media
superiore, il 47% risultava occupata, il 57,8%
risultava nubile e il 44% non aveva figli. Il 46% delle donne
straniere che hanno effettuato un aborto nel 2016, invece,
era in possesso di licenza media inferiore e il 39,2%
risultava occupata.

Quanto c’è da aspettare
Il ministero della Salute identifica nei tempi di attesa tra
il rilascio della certificazione e dell’intervento un
possibile indicatore di efficienza dei servizi. I numeri
dicono che la situazione è in miglioramento: i tempi di
attesa, infatti, sono in diminuzione in tutto il paese. In
particolare, è aumentata la percentuale di interruzioni
volontarie di gravidanza effettuate entro 14 giorni dal
rilascio del documento, passando dal 59,6% del 2011 al 65,3%
del 2015 e al 66,3% del 2016. Specularmente è diminuita la
percentuale di aborti effettuati oltre le tre settimane di
attesa, passando al 15,7% del 2011 al 13,2% del 2014 e 2015 e
infine al 12,4% del 2016. Il grafico seguente mostra la
percentuale di interventi con tempo di attesa superiore a tre
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settimane rispetto al totale degli interventi, su base
regionale: la situazione è abbastanza omogenea in tutto il
paese.

Come si abortisce
Per quanto riguarda le modalità di esecuzione dell’aborto nel
nostro paese, la tecnica più utilizzata è la metodica Karman,
basata sull’asprazione del contenuto dell’utero (rappresenta
il 52,5% degli interventi effettuati nel 2016). In aumento
l’aborto farmacologico: nel 2016, infatti, il mifepristone
abbinato a successiva somministrazione di prostaglandine è
stato utilizzato nel 15,7% dei casi (nel 2014 la percentuale
era del 12,9%), anche se il ricorso all’aborto farmacologico
varia molto tra le regioni.

Obiettori, obiettori ovunque
Un altro dato interessante è quello relativo agli obiettori
di coscienza, cioè i professionisti sanitari che non
praticano l’interruzione volontaria di gravidanza. Mentre gli
aborti sono in calo, la percentuale di obiettori è rimasta
più o meno stabile nel tempo: nel 2016 in Italia il 70% dei
ginecologi era obiettore, a fronte del 69,3% del 2010 e del
2011 e del 70% del 2013. La distribuzione regionale non è
omogenea: al centro-sud gli obiettori sono di più e toccano
addirittura quota 97% nel Molise e 88% in Basilicata.

                                                    Tratto da: WIRED
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Emicrania:  quali  sono   i
sintomi prima che arrivi e
tutti    i  consigli    per
combatterla   in   maniera
naturale
L’emicrania è una forma di mal di testa molto diffusa che può
creare numerosi disturbi. Scopriamo insieme i nostri consigli
su come combatterla ricorrendo a rimedi naturali.

Emicrania: cos’è
L’emicrania è un tipo di cefalea primaria, ovvero non è
possibile identificare un unico fattore causale. All’interno
di questa categoria vi rientrano anche la cefalea a grappolo
e la cefalea tensiva.

Questo disturbo è molto frequente e colpisce maggiormente
le donne rispetto agli uomini. Può verificarsi solo in alcuni
periodi dell’anno o anche tutte le settimane. Le statistiche
variano da persona a persona.
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Cause e fattori scatenanti
Ad oggi non sono ancora chiare le cause. Fino a qualche anno
fa l’eziologia veniva imputata alla vasodilatazionesuccessiva
ad una costrizione anomala dei vasi sanguigni.

Adesso sono in via di studio altre sperimentazioni, dove si
stanno prendendo in considerazione alterazioni di tipo
genetico o a carico dei segnali nervosi.

Di certo i fattori scatenanti possono essere diversi:

     ambientali: cambiamenti climatici, odori o luci molto
     forti, altitudine, esposizione al sole.
     ormonali: modificazioni del ciclo mestruale, assunzione
     di contraccettivi orali;
     alimentari: alcuni cibi sembrano essere correlati ad
     uno sviluppo del mal di testa; anche il digiuno o
     un’alimentazione sbagliata possono influire.
     emotivi: ansia, depressione, stress, paure intense.

Sintomi dell’emicrania
Saranno sfortunatamente ben noti a molti i sintomi tipici
dell’emicrania. Si tratta di un mal di testa fortissimo,
avvertito come un dolorepulsante, prima su un lato della
testa e poi su un altro.

Talvolta può essere accompagnato anche da:

     nausea
     vomito
     estrema sensibilità ai rumori, alla luce e agli
     odori (fono -foto-osmofobia)
     diarrea e aumento della minzione
     sensazione di naso chiuso
     collo rigido.
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I sintomi possono durare da 4 ore a 3 giorni nei casi più
gravi, con evidenti ricadute quindi sulla vita privata e
professionale. Il dolore peggiora se la persona è in
movimento.

Nella maggior parte dei casi si tratta comunque di un
malessere passeggero senza alcuna conseguenza, ma chi l’ha
provato sa bene quanto l’emicrania possa essere invalidante.

L’emicrania comporta diversi sintomi invalidanti

Fasi dell’emicrania
Un vero e proprio attacco di emicrania si sviluppa seguendo
diverse fasi:

     fase prodromica: alcuni giorni prima la persona
     potrebbe avvertire alcuni sintomi come irrigidimento
     muscolare, alterazione dell’umore, stanchezza, maggiore
     sensibilità a odori e rumori.
     Aura: in alcuni soggetti compare anche la
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cosiddetta aura, pertanto si parlerà di emicrania con
     aura. Si tratta di sintomi neurologici che inducono
     disturbi nella visione, come comparsa di puntini neri o
     flash luminosi, ma anche vista annebbiata. Questi
     sintomi possono durare fino ad 1 ora. Possono
     comportare anche perdita di equilibrio, formicolio,
     temporanea difficoltà a parlare.
     Fase di dolore: questa è la fase di dolore acuto,
     quindi siamo nel vivo dell’emicrania vera e propria con
     tutti i sintomi sopra elencati.
     Fase di recupero: una volta terminato l’attacco di
     emicrania, i sintomi tendono a risolversi in maniera
     autonoma. Tuttavia alcune persone potrebbero portare
     degli strascichi nei giorni seguenti, avvertendo
     confusione e debolezza.

Come combattere l’emicrania con
rimedi naturali
Prima di ricorrere ai classici analgesici, è necessario
sapere che esistono dei rimedi naturali per l’emicrania.
Questi possono aiutare in una certa misura a fronteggiare la
situazione, anche nel caso in ci si vogliano prevenire gli
attacchi.

Bere molta acqua
Una delle soluzioni da provare subito per fronteggiare il mal
di testa consiste nel bere molta acqua, poiché
la disidratazione potrebbe essere proprio all’origine di
questo malessere e sarà così possibile anche purificare il
corpo.

Patate crude
In pochi lo sanno ma l’amido contenuto nelle patate è un
potente antinfiammatorio. Tagliatene qualche fettina da
stendere sulla fronte e lasciatele agire fin quando saranno
umide così penetreranno a fondo nella pelle. Poi le potete
sostituire con altre fresche.

Relax
Anche la tensione è spesso una causa dei dolori muscolari e
alla testa. Cercate di rilassarvi dedicandovi un bagno
caldo, magari con l’aggiunta di sali e aromi. Così
ritroverete il vostro benessere dopo una giornata stancante e
carica di stress.

È preferibile comunque creare una situazione che possa
conciliare il più possibile il relax, quindi meglio stare
a luci spente o soffuse ed evitare rumori o suoni troppo
attivanti.

Yoga e meditazione
Anche lo yoga, la meditazione e il rilassamento muscolare
progressivo potranno aiutarvi a raggiungere una condizione di
calma e tranquillità.
Il riposo aiuta a combattere il dolore dell’emicrania

Cibi contro l’emicrania
Anche se non ci sono sufficienti dati scientifici a supporto
di questa tesi, abbiamo anticipato che alcuni cibi sembrano
essere direttamente associati allo scoppio dell’emicrania.

Tra questi si annoverano il formaggio, il vino rosso,
i peperoni e la salsa di soia, ovvero quegli alimenti
stagionati con una maggiore concentrazione di tiramina,
sostanza in grado di provocare la costrizione e la
dilatazione successiva dei vasi sanguigni.

Dunque, curare l’alimentazione e tenere sempre nota di cosa
si è mangiato alla vigilia di un episodio di mal di testa è
sempre una cosa consigliabile, chiaramente senza allarmismi e
rinunce inutili.

Sempre per quanto riguarda l’alimentazione, va detto che cibi
ricchi di acidi grassi polinsaturi (omega-3 in particolare)
come   l’olio    e  i   semi   di   lino   o alcuni   tipi
di pesce, hanno proprietà anti-infiammatorie. Pertanto sono
utili per ridurre gli stati infiammatori, che a loro volta
esacerbano il dolore portato dall’emicrania.

Anche una dieta ad elevato contenuto di magnesio può aiutare
a prevenire gli episodi di emicrania. Troviamo molti cibi
ricchi di magnesio e con diverse proprietà salutari, quali:

     bietole
     spinaci
     quinoa
     amaranto
     semi di girasole
     cereali integrali

Agopuntura
Anche ricorrere all’agopuntura può rappresentare un valido
rimedio naturale per sconfiggere il dolore da emicrania.
Affidandosi nelle mani di un esperto e impostando un
programma di trattamento personalizzato, si potranno provare
notevoli benefici.

Tisane
Sono tante le piante che aiutano a ridurre il dolore da
emicrania. La melissa, la camomilla romana, i fiori
ditiglio e il partenio, sono solo alcuni dei rimedi
fitoterapici adatti. Rivolgetevi al vostro erborista di
fiducia per farvi guidare nella scelta.
Alcune erbe aiutano a contrastare gli attacchi di emicrania

Attività fisica
Praticare regolarmente esercizio fisico del tipo
aerobico, come la corsa o la camminata, agevola la produzione
delle endorfine che agiscono direttamente sulla percezione
del dolore.

Inoltre lo sport aiuta a migliorare la qualità del sonno e ad
evitare l’accumularsi di tensioni emotive e muscolari.

                                                 Tratto da: TuttoGreen
Perché   il   dating   online
funziona (secondo la scienza)
e Facebook vuole investirci?

Dopo il successo di Tinder e
simili,    anche    Facebook    si
inserisce nel piatto ricco del
dating online. Ecco cosa dice la
scienza a proposito delle app che
promettono di far incontrare
l’anima gemella e quali sono le
differenze rispetto alla seduzione
offline
Si chiamerà, semplicemente, Dating. Sarà incorporato nel
proprio profilo Facebook ma del tutto indipendente da esso –
per ovvie questioni di riservatezza: nessuno vuole che i
propri contatti (o il proprio partner) sappiano come, quando
e con chi si sta flirtando – e consentirà, almeno all’inizio,
di interagire solo con messaggi di testo per scongiurare
l’invio (e la ricezione) di immagini oscene o inappropriate.
È la mossa proterva con cui Mark Zuckerberg, appena un mese
dopo lo scandalo Cambridge Analytica e le polemiche
sulla tutela della privacy e sull’uso improprio dei dati
degli utenti, ha annunciato di volersi lanciare nel (ricco)
mercato del dating online. “Negli Stati Uniti”, ha detto il
Ceo di Facebook parlando dal palco dell’F8 a San José, “un
matrimonio su tre viene combinato grazie a un incontro
online. E noi non abbiamo ancora costruito uno strumento per
il dating”. Tinder e simili cominciano a tremare, vista la
potenza    di   fuoco    di  Menlo    Park:    subito   dopo
l’annuncio, Match, la società che controlla per l’appunto
Tinder e OkCupid, tra le più popolari e usate app per il
dating online, ha perso oltre il 22% del suo valore in borsa.

Ma lasciamo da parte gli aspetti economico-finanziari della
questione, e proviamo a concentrarci su quelli
più scientifici. Visto l’innegabile successo degli strumenti
per trovare l’amore online, psicologi e neuroscienziati,
infatti, si sono occupati a più riprese della questione,
cercando di enuclearne le peculiarità e di capire se e come
questi strumenti stiano cambiando      le   dinamiche   della
seduzione e dell’innamoramento.

Più o meno come fa un piccione
Cominciamo dalle basi. In generale, tutte le app per il
dating online funzionano facendo leva sugli stessi meccanismi
psicologici,      in   particolare     quelli    legati    ai
cosiddetti circuiti di ricompensa (ci torneremo tra un
attimo). Tuttavia, ci sono alcune sfumature di differenza.
OkCupid ed eHarmony, tanto per citarne due, sottopongono agli
utenti una serie di domande su interessi, stile di vita e
inclinazioni, e successivamente li accoppiano in base ad
affinità e convergenze; Tinder, invece, si basa
sulla geolocalizzazione: agli utenti vengono proposti i
profili di potenziali partner che si trovano nella stessa
area geografica e questi esprimono la propria preferenza
valutandone una manciata di foto e poche righe di testo.
L’interfaccia di queste app è estremamente intuitiva e
orientata alla velocità(le valutazioni si esprimono nell’arco
di pochi secondi) e la loro user experience fa leva su un
meccanismo psicologico chiamato variable ratio reward
schedule. Si tratta, sostanzialmente, di un tipo di
interazione in cui la potenziale ricompensa (in questo caso
il match con il/la partner) è così impredicibile da essere
percepita come completamente casuale.

Si tratta di una trappola psicologica abbastanza nota: la
promessa della ricompensa aumenta la motivazione degli
utenti, e il fatto che tale ricompensa possa arrivare in modo
(quasi) casuale incoraggia la dipendenza, proprio come accade
con il gioco d’azzardo. Una dinamica già osservata in tempi
non sospetti – gli anni quaranta – in una serie
di esperimenti condotti dallo psicologo americano Burrhus
Skinner, che osservò come dei piccioni che venivano
sollecitati con stimoli e ricompense casuali esibissero
strani modelli di comportamento: in particolare, dopo un
periodo di apprendimento, gli animali cominciavano a muoversi
in cerchio, convinti che tale azione avrebbe favorito
l’erogazione della ricompensa.

L’idea è che una ricompensa pseudocasuale solleciti il
cervello dei piccioni (e degli esseri umani) più di
una ricompensa predicibile, perché lo costringe a continuare
ad arrovellarsi alla ricerca di un pattern, e di conseguenza
a ripetere l’azione. Poco importa che sia girare in cerchio,
tirare la leva di una slot machine o far scorrere il dito
verso destra sullo schermo del proprio smartphone. Uno studio
pubblicato nel 2011 suiProceedings of the National Academy of
Sciences ha confermato, per l’appunto, che l’attesa della
ricompensa genera, a livello cerebrale, un maggiore rilascio
di dopamina (il neurotrasmettitore responsabile, tra le altre
cose, della sensazione di benessere), rispetto a quella
rilasciata nel momento in cui si riceve la ricompensa.

Uomini vs donne
Uno dei primi studi quantitativi condotti sul tema delle app
per il dating online ha indagato le differenze di
genere nell’utilizzo di questi strumenti, con l’obiettivo di
confermare (o smentire) le dinamiche già note per la
seduzione offline: “Le dinamiche di genere nell’ambito della
seduzione e del corteggiamento online”, ci spiega Marta
Giuliani, esperta di psicologia della sessualità dell’Ordine
degli psicologi della Regione Lazio, “sono note da tempo alla
comunità scientifica: in generale, gli uomini sono più
propensi a cercare incontri occasionali di carattere erotico-
sessuale, mentre le donne sono alla ricerca di relazioni
stabili”: lo studio The Gender Similarities Hypotesis,
pubblicato nel 2005 da Janet Shibley Hyde, psicologa
alla University of Wisconsin-Madison, aveva per esempio
evidenziato come gli uomini, in media, aspirassero a
relazioni a breve termine, e due lavori successivi
(questo e questo) avevano sottolineato che gli uomini fossero
più propensi a cercare partner usando metodi di
approccio veloci e diretti. Il che porta a una diversa
ponderazione della risposta al corteggiamento, con dinamiche
analoghe sia offline che online.

Gli autori di uno studio pubblicato nel 2006 hanno
generato profili Tinderfasulli maschili e femminili
ugualmente attraenti e hanno espresso preferenza positiva per
ogni partner proposto dall’app. Per i profilifemminili si è
osservato un tasso di match del 10,5%; gli uomini, invece,
hanno ricevuto feedback positivi solo nello 0,6% dei casi. La
maggior parte dei quali, tra l’altro, veniva da altri uomini,
gay o bisessuali. Le differenze si acuiscono anche dopo il
fatidico match: i risultati dello studio, infatti, hanno
anche evidenziato che le donne sono tre volte più propense a
inviare un messaggio al potenziale partner rispetto agli
uomini, e che i loro messaggi sono in media dieci volte più
lunghi     di    quelli    dei    maschi.     Riassumendo:
gli uomini sono meno selettivi, ma le loro conversazioni sono
molto più laconiche; le donne, invece, ponderano di più la
scelta del partner, ma successivamente cercano di
instaurare dialoghi più profondi ed elaborati. Non troppo
sorprendente né diverso, tutto sommato, rispetto a quello che
succede offline.

Chiacchierate asincrone
Non finisce qui. La lista di affinità e divergenze tra
il corteggiamentooffline e quello online, e le
caratteristiche che rendono quest’ultimo così popolare, è
ancora ampia. È ancora Giuliani a darcene contezza: “La
modalità di selezione e di conoscenza del partner online si
basa prevalentemente sulla scrittura, quindi manca
completamente di tutta laparte non verbale (quella che
esploriamo, per esempio, con tatto, olfatto e udito) presente
invece nel corteggiamento offline. La componente visiva è
presente, ma è più bidimensionale. Non solo perché si basa
unicamente sulle foto, ma perché le app di dating, almeno
all’inizio, ci permettono di vedere (e di far vedere) solo
quello che il partner vuole farci vedere, restringendo in
qualche modo il nostro campo di valutazione. Le app di
dating, infatti, danno la possibilità di costruire un’auto-
rappresentazione di sé stessi, una versione potenziata di sé
in cui le caratteristiche positive vengono valorizzate a
discapito di quelle negative. Il sé reale lascia spazio a
un sé ideale, ovvero all’immagine di come vorremmo essere”.

Il vero elemento di successo di Tinder e compagni, ci spiega
la psicologa, sta nella deformazione di tempi e modalità di
interazione: “Sulle app di dating la comunicazione è del
tutto asincrona: mentre nella vita reale abbiamo poche
frazioni di secondo per elaborare una risposta, dietro lo
smartphone possiamo prenderci tutto il tempo che ci serve e
pianificare accuratamente le strategie di corteggiamento”.
Una questione non da poco, quella della pianificazione, che
può incidere in modo determinante sul successo: uno studio
condotto nel 2017 da parte dei creatori di Hinge (altra app
di dating molto popolare negli Stati Uniti) ha svelato, per
esempio, che attendere più o meno quattro ore prima di
inviare un secondo messaggio aumenta la probabilità di
ottenere una risposta dall’interlocutore. Una strategia
certamente non replicabile offline.

La dinamica della comunicazione asincrona e a distanza,
inoltre, è particolarmente efficace anche per un altro
motivo: “Le persone più timidee introverse”, spiega ancora
Giuliani, “possono certamente beneficiare delle modalità di
interazione tipiche delle app di dating online, perché in
qualche modo vengono sgravate dall’ansia di essere
immediatamente prestazionali e dal livello di frustrazione
per un eventuale rifiuto”. Un due di picche ricevuto sullo
schermo di un telefono, sostanzialmente, è meno ansiogeno di
un rifiuto incassato vis-à-vis, perché viene a mancare la
necessità imbarazzante di gestire la comunicazione non
verbale. “Ma se è vero”, dice la psicologa, “che la
comunicazione asincrona abbatte l’ansia dell’incertezza,
contemporaneamente addormenta la capacità di leggere il
comportamento non verbale dell’altro. Basti pensare che negli
Stati Uniti sono nati veri e propri corsi per preparare gli
utenti al primo incontro reale dopo una conoscenza online”.

Basta bugie
Flirtare con lo smartphone non rende soltanto possibile
pianificare i tempi del corteggiamento. Diventa anche molto
più semplice mentire al proprio partner, almeno nelle prime
fasi. Una dinamica più diffusa di quello che si potrebbe
pensare: uno studio condotto da Catalina Toma, della
University of Wisconsin-Madison, ha svelato per esempio che
l’81% degli utenti mente su altezza, peso o età nei propri
profili online. Le donne, in particolare, tendono
ad alleggerirsi di circa quattro chili, e gli uomini
ad alzarsi di un paio di centimetri. Nei casi più gravi si
arriva al cosiddetto catfishing, che consiste, spiega
Giuliani, nel “creare un falso profilo virtuale per
instaurare relazioni con altre persone, utilizzando immagini
e informazioni personali fasulle: in questi casi il passaggio
a un incontro reale diventa estremamente difficile, se non
proibitivo, perché si è costruita un’immagine di sé
completamente scollata da quella reale”. Online come offline,
insomma, le bugie hanno sempre le gambe corte.

                                                    Tratto da: WIRED
Cina, sessismo negli annunci
di lavoro dell’industria tech
Huawei, Tencent, Alibaba e altri colossi dell’industria tech
cinese sono accusati di sessismo nella fase di reclutamento
che penalizza fortemente la forza lavoro femminile

Il sessismo nelle fasi di assunzione del personale nelle
aziende tech ha portato alla diminuzione della forza lavoro
femminile in Cina. Questa la denuncia dello Human Rights
Watch, che ha presentato un rapporto di 99 pagine a riguardo,
che ha preso in analisi 36.000 annunci di lavoro pubblicati
tra il 2013 e il 2018.

Secondo quanto riporta la Bbc, i giganti della tecnologia,
così come le agenzie governative, sono tacciate di aver
prodotto campagne pubblicitarie di reclutamento rivolte
esclusivamente a un pubblico maschile, così come di aver
chiesto alle candidate di essere particolarmente “ordinate”
ed “esteticamente gradevoli”.

Qualcuno ha già risposto: Alibaba, colosso dell’e-commerce,
già più volte accusato di sessidmo nelle campagne di
assunzione, usando anche un linguaggio palese sui social
media (“le bellezze di Ali” e “dee”), ha detto che condurrà
più severe revisioni, mentre Tencent ha porto le sue scuse
(“le pratiche evidenziate non riflettono i nostri valori“).

Secondo l’indagine di Hrw, il problema sarebbe trasversale
nell’ambiente tech, e riguarderebbe, oltre ad Alibaba e il
proprietario di We Chat, Tencent, anche Baidu e Huawei. Come
sappiamo da anni, il problema fra l’altro non è solo cinese,
ma coinvolge la comunità tech di tutto il mondo. Silicon
Valley in testa.

Restano di in Cina, secondo l’analisi di Human Rights Watch
gli annunci riflettono “visioni tradizionali e profondamente
discriminatorie”, come quella che vede le donne meno capaci
dei colleghi maschi e meno impegnate, in prospettiva, nel
proprio lavoro per via dell’indole naturale di curatrici
della famiglia.
“Il nostro trascorso non solo di assunzione, ma promozione
delle donne nelle posizioni di leadership, parla da sé”, ha
detto un portavoce di Alibaba alla Bbc, sottolineando che un
terzo dei fondatori e dirigenti sono donne. Nonostante
questo, si è impegnato in una più severa applicazione della
propria policy, fornendo “pari opportunità, indipendentemente
dal genere”.

Secondo la Cnn, un portavoce di Baidu ha commentato:
“Apprezziamo l’importante lavoro svolto dalle nostre
dipendenti di donne in tutta l’organizzazione e ci
rammarichiamo profondamente dei casi in cui i nostri annunci
di lavoro non siano risultati allineati con i valori di
Baidu”.
Huawei, uno dei maggiori produttori di smartphone al mondo,
ha affermato che esaminerà le accuse e lavorerà per garantire
che i materiali di reclutamento siano “pienamente sensibili
all’uguaglianza di genere”.

                                                    Tratto da: WIRED
Come curare la pelle                                  con
ingredienti naturali
Oggi andremo alla scoperta dei migliori consigli per curare
la pelle con ingredienti naturali.

Perché è importante sapere come curare la pelle con rimedi
naturali? La nostra pelle, la parte più estesa del nostro
corpo, è già messa a dura prova da vari fattori. Pensiamo
all’inquinamento atmosferico. Ma anche le radiazioni solari,
lo stress, il caldo o il freddo. Per non parlare del vento o
il sole, elementi che possono farla soffrire in qualunque
periodo dell’anno.
Ricordiamoci sempre che la pelle è la nostra prima difesa. Un
soldato instancabile che si rinnova costantemente mentre
funge da barriera per ogni agente patogeno regolando,
contemporaneamente, l’espulsione di tossine e scorie varie.
Ecco perché diventa necessario trattarla nel migliore dei
modi. Non solo attraverso una buona nutrizione e una normale
dose di sonno, ma anche proteggendola ed idratandola,
nutrendola con rimedi naturali che non alterino nessuna delle
sue importantissime funzioni.

I prodotti specifici per la pelle, da usare in inverno, sono
quasi tutti a base di oli vegetali di erbe officinali. Di
solito, hanno proprietà emollienti e lenitive importanti.

Per sapere come curare la pelle con ingredienti naturali,
quindi, è indispensabile individuare quei prodotti, semplici
da trovare in qualsiasi erboristeria.
Prodotti che si possano utilizzare per aiutare la nostra
pelle a rimanere idratata e nutrita. E che, in caso di
arrossamenti e irritazioni, aiutino a lenirne i fastidi.

Come curare la pelle con ingredienti naturali: le 3 attività
più importanti
Idratare, nutrire e lenire sono le tre parole d’ordine.
Vediamo i migliori aiuti per queste tre fasi fondamentali.

1. Idratare la pelle:
L’acido ialuronico è una molecola normalmente presente nel
nostro corpo. E’ proprio questa sostanza che dona compattezza
e freschezza nei visi dei giovani e che tende a diminuire man
mano che l’età avanza. Una delle sue funzioni principali,
infatti, è la stimolazione della produzione di collageni.
Quest’ultimo conferisce turgore ed elasticità alla pelle.

Quindi, quando la nostra pelle è secca e screpolata, è
consigliabile usare creme o integratori alimentari a base di
questa molecola.

L’olio di jojoba per la sua particolare formula chimica è
molto simile al sebo prodotto dalla pelle umana. Il sebo è
una sostanza ricca di acidi grassi e colesterolo. Idrata e
difende la pelle dai fattori esterni come il freddo, i
batteri, lo smog.

L’olio di jojoba è una manna per curare la pelle in modo
naturale, grazie alle sue proprietà emollienti e idratanti.

Quando questa barriera naturale viene a mancare si
creano screpolature e irritazioni. Si tratta di fastidi che,
oltre ad essere antiestetici e fastidiosi, possono mettere in
difficoltà le difese del nostro corpo. In questi casi basta
aiutarsi con un po’ d’olio di jojoba. Questo olio
viene     facilmente      assorbito      e    penetra      in
profondità, rigenerando le zone irritate e agendo anche da
prevenzione delle rughe.

2. Nutrire la pelle:
Gli oli vegetali sono forse il migliore nutrimento esistente
per la pelle. Ricchissimi di sostanze necessarie alla vita
come vitamine (in particolare A ed E), minerali e soprattutto
gli acidi grassi essenziali. Queste sostanze, unite insieme,
creano un’azione nutriente, emolliente ed elasticizzante,
prevenendo così anche rughe e smagliature.

L’olio di argan, il burro di karité e l’olio di germe di
grano sono fondamentali per rinforzare lo strato idrolipidico
della pelle che, dove viene a mancare, provoca screpolature e
irritazioni.

Come curare la pelle con ingredienti naturali: l’olio di
argan

3. Lenire:
L’oleolito di calendula è ottenuto dalla macerazione dei
fiori di questa pianta in un olio vegetale, la sostanza che
ne deriva possiede proprietà antinfiammatorie, antisettiche,
cicatrizzanti, rinfrescanti ed emollienti così utili da
venire considerata il rimedio migliore per arrossamenti,
irritazioni screpolature e infiammazioni della pelle.

La camomilla, grazie all’azione protettiva sulle mucose e
alle buone proprietà antinfiammatorie, viene usata in molti
cosmetici per lenire, decongestionare e calmare le
irritazioni cutanee.

Con un minimo di attenzione, dunque, possiamo aiutare la
nostra pelle senza utilizzare prodotti chimici e sintetici,
semplicemente affidandoci al buon senso e alle sostanze che
la natura mette generosamente a nostra disposizione.

                                                 Tratto da: TuttoGreen
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