THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR

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THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
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   Others
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
01   THE OTHERS VIEW
     “Una rivista online”di Lorenzo Bruni

02   CURATORI
      “L’era della video arte?”di Yuloia
      Belousova
      Intervista a Sergey Vlasov di
      Yulia Belousova
      “Sui margini di visualizzazione e
      condivisione” di Romuald Demiden-

      “Towards a newer white cube”
      di Simone Ciglia

03   THE OTHERS AWARDS 2019
       Premio Zenato Academy
       Felipe van Cauwaelaer Residenza
       “Artist in Residency” in Rousseau

04   LE ACCADEMIE
       Aant di Giulia Cecconi e
       Gianluca di Maula
       Brera di Caterina Migliore ed
       Elena Castiglia
       IED di Antonio La Grotta

       Reggio Calabria di Filippo Toscano

05   COS’E’ THE OTHERS?
        Testo di Lorenzo Bruni
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
THE
  OTHERS

VIEW
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
ONLI
  O
  N
  L
Nel 2019, alla sua nona
edizione, The Others
Art Fair ha deciso di do-
tarsi – a conclusione del
primo anno della dire-
zione artistica del sot-
toscritto – di un nuovo

  I
strumento di riflessione
e di indagine:

UNA RIVISTA
Tale scelta è collegata
a tre questioni fonda-
mentali che voglio af-
frontare in questo reda-
zionale.

  N
LINE
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
La prima questione riguarda il
motivo per cui The Others si è
trovata ad adottare una strut-
tura rigida e ormai obsoleta
di informazione come quel-
la della rivista, pur essendo
fruibile online. Sembrerebbe
apparentemente uno stru-
mento non adatto all’attuale
comunicazione – immediata,
smaterializzata e globalizzata
–, che grazie alle innumerevo-
li app ci rende tutti produttori
di informazioni, e non più sol-
tanto dei consumatori. In re-
altà proprio la struttura della
rivista risulta essere perfetta
per stabilire un dibattito pro-
positivo durevole nel tempo,
a differenza dei social media
che evidenziano frammenta-
riamente l’esistenza di innu-
merevoli progetti diversi in
un dato istante, ma slegati ri-
spetto al tutto.

                                   The Others nella sua ultima
                                   edizione ha deciso di ripensa-
                                   re a tutta la comunicazione sui
                                   social con la collaborazione
                                   degli studenti di alcune pre-
                                   stigiose accademie italiane;
                                   tuttavia, proprio quando ci si
                                   stava avviando verso questa
                                   direzione, si è resa evidente
                                   la mancanza di qualcosa. Con
                                   il modello rivista – i cui corri-
                                   spondenti cambiano ad ogni
                                   edizione – è possibile non sol-
                                   tanto creare una rete, ma an-
                                   che estendere al di là della du-
                                   rata della fiera una riflessione
                                   più ampia e strutturata, e non
                                   semplicemente limitata agli
                                   spazi che partecipano all’e-
                                   vento di Torino. Così, all’in-
                                   terno di questa nuova rivista
                                   divisa in rubriche, trovano po-
                                   sto i racconti in prima persona
                                   dei curatori, delle istituzioni
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
e degli spazi espositivi che
                                   puntano a strategie comuni-
                                   cative alternative rispetto a
                                   quelle adottate dall’attuale
                                   sistema dell’arte. Lo scopo
                                   non è esclusivamente quello
                                   di informare sulle varie espe-
                                   rienze di auto-organizzazione
                                   a livello internazionale, bensì
                                   quello di ragionare su qual è
                                   l’elemento comune che anima
                                   tali progetti, al fine di creare
                                   un’azione collettiva e comune
                                   di rinnovamento del sistema.
                                   Quest’ultimo è in crisi ormai
                                   da tempo: gli errori endogeni
                                   sono stati ampiamente ana-
                                   lizzati negli ultimi venti anni
                                   ed è risultato evidente che la
                                   soluzione non consiste nell’u-
                                   tilizzo di nuove tecnologie
                                   per raggiungere il più ampio
                                   numero di audience . Il pub-
                                   blico, oggi, è attivo e interat-
                                   tivo e dobbiamo tenere conto

di questo anche nella produ-
zione e nelle modalità di fru-
izione dell’arte e della sua
economia. Di conseguenza, la
scelta dello strumento rivista
da una parte equivale a dare
continuità nel corso dell’anno
ai dibattiti emersi nei giorni
della fiera per allargarli a un
numero maggiore di attori,
e dall’altra anche di reagire
all’attuale perdita di memoria
dovuta all’eccesso di informa-
zioni risultante in un’apatia
generalizzata. Questo sembra
essere l’unico modo – come
dimostra la rinascita della fan-
zine in ambito femminista e in
quello legato al dibattito sul
post-colonialismo – per evi-
tare l’estetizzazione e la per-
sonalizzazione delle informa-
zioni di cui le fake news sono
solo un aspetto laterale.
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
FIRST
    O
    N
    E
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
La seconda questione riguar-
da il perché una fiera come
The Others dovrebbe dotarsi
di una rivista che non presen-
ta soltanto i temi e gli addetti
ai lavori coinvolti nell’even-
to di tre giorni. Non esisto-
no esempi di questo tipo se
non quello di Frieze, sebbene
in questo caso rivista e fiera
d’arte siano due entità auto-
nome non in dialogo tra loro.
Il suo percorso è stato inver-
so: da una rivista di ricerca
nata nel 1991 che speculava
sulle nuove tendenze dell’ar-
te, è nata poi nel 2003 una fie-
ra che voleva imporre un nuo-
vo establishment. Nel caso di
The Others nel 2011, invece,
dotarsi di una rivista aveva a
che fare con la necessità di
interrogarsi sulla sua natu-
ra e raison d’être. Quando
è stata fondata, The Others

                                   voleva rivolgersi agli ‘altri’, a
                                   tutti coloro che si ponevano
                                   in modo alternativo al nuovo
                                   sistema – da spazi non profit
                                   a giovani curatori, da nuove
                                   gallerie a collezionisti –. Era
                                   un modo per interrogarsi su
                                   come il sistema stava cam-
                                   biando e doveva cambiare
                                   nella società economica, che
                                   procedeva spedita verso un
                                   modello finanziario produt-
                                   tore di servizi invece che di
                                   oggetti, e che di conseguen-
                                   za stava trasformando i con-
                                   sumatori in produttori dando
                                   vita alla crisi dei musei, delle
                                   riviste e delle fiere per come
                                   erano impostate fino a quel
                                   momento. Per questa ragio-
                                   ne The Others ha adottato fin
                                   dall’inizio l’inclusione di spazi
                                   di ricerca non profit e di giova-
                                   ni gallerie all’interno del pro-
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
prio sistema economico, non
                                     più separabile dalla comunica-
                                     zione in generale, come hanno
                                     dimostrato prima il fenomeno
                                     degli youtuber e degli influen-
                                     cer poi. Infatti la fiera risulta-
                                     va il modello migliore per tutti
                                     questi spazi nati dal 2005 in
                                     poi per farsi notare a livello
                                     internazionale e per ottene-
                                     re, grazie alla vendita di ope-
                                     re, la possibilità di finanziare
                                     i loro futuri programmi senza
                                     incorrere in pratiche assisten-
                                     zialiste. Si tratta di spazi che,
                                     a differenza dei loro prede-
                                     cessori degli anni ‘60, non na-
                                     scono come protesta e rifiuto
                                     dell’ingerenza economica nel-
                                     la valorizzazione della ricerca
                                     artistica, ma hanno l’intento
                                     di produrre modalità econo-
                                     miche e di valore alternative
                                     al modello globale.Questo
                                     ha determinato la particolare

identità di The Others, ossia
una piattaforma di scambio di
strategie e di idee in cui pos-
sono convivere spazi non pro-
fit, giovani gallerie, progetti
sperimentali. Oggi, nel 2020,
adottare lo strumento rivista
vuol dire amplificare questa
modalità e applicarla durante
tutto il corso dell’anno. I temi
centrali e indicativi per le scel-
te delle differenti rubriche e
dei molteplici corrispondenti
rispondono principalmente a
due domande: 1) Cosa inten-
diamo oggi con la parola indi-
pendente? Indipendente da
cosa e da chi? E, soprattutto,
per ottenere cosa? 2) A cosa
pensiamo se parliamo di spe-
rimentazione e ricerca artisti-
ca, considerando che tutto è
già stato sperimentato a livel-
lo di new media, o così sem-
bra?
THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
SECOND
    O
    N
    E
La terza questione è connes-
                                    sa alle modalità operative
                                    che The Others ha scelto di
                                    seguire dalla sua nona edi-
                                    zione, svoltasi a novembre
                                    2019 nella ex Caserma Riberi
                                    di Torino, mettendo al centro
                                    una nuova idea di produzione
                                    partecipativa. La fiera ha infat-
                                    ti coinvolto giovani studenti
                                    selezionati precedentemente
                                    da cinque accademie italiane
                                    nei processi di lavoro legati
                                    alla comunicazione sui social,
                                    alla didattica e alla creazione
                                    del canale Youtube. Il gruppo
                                    di studenti dell’Accademia di
                                    Brera di Milano si è occupa-
                                    to della creazione del canale
                                    YouTube, curando le rubriche
                                    e i contenuti e dialogando di-
                                    rettamente con il pubblico e
                                    gli artisti presenti; gli studen-
                                    ti dell’AANT (Accademia di
                                    Arti e Nuove Tecnologie) di

Roma si sono occupati delle
strategie della comunicazio-
ne digitale per Instagram e
Facebook, creando una nar-
razione che non sostituiva la
visita diretta, ma la ampliava;
il progetto di documentazio-
ne fotografica realizzato dagli
studenti dello IED di Torino,
invece, si è svolta sotto forma
di workshop che si focalizzava
sul catturare il momento di un
gesto unico, che doveva esse-
re poi equilibrato con la pos-
sibilità di veicolare al meglio i
contenuti legati alle opere in
mostra; gli studenti dell’ac-
cademia di Reggio Calabria
si sono occupati del ruolo di
mediatori culturali e delle at-
tività legate a percorsi guidati,
che tenevano conto del luogo
particolare in cui si svolgeva la
fiera e della natura site speci-
fic delle singole opere; infine
lo IUAV di Venezia, con la su-
pervisione di Angela Vettese,
ha deciso di lavorare sulla rac-
colta dei materiali legati ai talk
della web tv al fine di creare
nuovi contenuti per far nasce-
re nuovi dibattiti sui social.
Tale impostazione ha permes-
so un vero lavoro di interdi-
sciplinarietà mettendo in dia-
logo studenti di accademie e
dipartimenti differenti, come
nel caso di Brera i dipartimen-
ti di studi curatoriali e di nuo-
ve tecnologie. Un approccio di
questo tipo vuol andare oltre
al solito sistema di stage, per-
ché vuole rendere autonomi
nelle loro decisioni i singoli
gruppi di lavoro. La scelta è
stata quella di metterli nella
posizione di organizzare tali
canali di informazione inse-
rendoli dentro ai processi di

                                     The Others, in modo da poter
                                     imparare tutti nel corso del-
                                     la loro esperienza lì. Questo
                                     costituisce l’unico modo per
                                     comprendere appieno il pun-
                                     to di vista delle nuove gene-
                                     razioni – molto legato alle po-
                                     tenzialità della comunicazione
                                     – oltre che l’unica strada pos-
                                     sibile per creare nuove pro-
                                     fessioni nel settore dell’arte,
                                     e per evitare che le esigenze
                                     dell’arte debbano adattarsi a
                                     sistemi già sviluppati per al-
                                     tri settori. Da questa presa
                                     di coscienza è nata l’idea di
                                     migrare verso lo strumento
                                     rivista, che permette alle col-
                                     laborazioni delle scuole dimo-
                                     strare il loro lavoro nel corso
                                     dell’anno e finalmente di dare
                                     voce a curatori e artisti che
                                     decidono di lavorare in manie-
                                     ra alternativa. Nel sistema ri-
vista sarà possibile così creare
un vero collegamento tra ge-
nerazioni differenti – come lo
staff o i galleristi intervenuti al
progetto – senza dimenticare
che siamo in un momento di
perenne formazione, conside-
rata la continua mutazione dei
contesti e degli strumenti con
cui interagirvi.

THIRD
                                      O
                                      N
                                      E
ANALISI
ANALISI
ANALISI
Le tre questioni qui sopra
indagate sono accomunate
dall’esigenza di The Others di
condividere con un pubblico
più ampio le ricerche, le analisi
e le indagini attorno ai proget-
ti alternativi più interessanti
presentati in quell’edizione,
oltre al fatto di permettere
loro di confrontarsi su moda-
lità e obiettivi comuni. La rivi-
sta però non è soltanto que-
sto, visto che vuole essere
soprattutto uno strumento di
aggiornamento e di indagine
sulle esperienze più interes-
santi in contesti particolari.
Queste ricerche non sono li-
mitate agli spazi che parte-
ciperanno a The Others, ma
anzi spazieranno in modo da
permettere di condividere con
il pubblico e gli altri addetti ai
lavori gli interessi e le rifles-
sioni dei curatori del board di
quell’anno per aggiornarsi al
meglio sui fatti del sistema
dell’arte. Questo naturalmen-
te influirà sulle scelte finali del
board curatoriale nella sele-
zione degli spazi, nell’organiz-
zazione dei temi per la web-tv
e nell’impostazione di quella
specifica edizione.
La presente rivista online per
poter essere un luogo di ag-
giornamento è stata impo-
stata per avere quattro uscite
annuali ed è divisa in rubriche:
SKYLINE

          Skyline: si tratta di articoli le-
          gati ad indagini su quelle città
          in cui spazi non profit, progetti
          speciali e giovani gallerie con-
          tribuiscono in quel momento
          a trasformare il territorio e a
          farsi promotori di nuove ener-
          gie. Nei primi numeri saranno
          prese in considerazione città
          come Lisbona e Istanbul;

FAC
                                                              FACE

                            Face to Face: è una raccolta
                            di interviste ai protagonisti
                            del sistema dell’arte per ri-
                            flettere su come il sistema sia
                            cambiato negli ultimi decenni
                            rispetto anche alla nuova co-
                            municazione immateriale e
                            globalizzata;

                FACE TO
REV REVOLVINGD                      Revolving door: contie-
                                    ne articoli teorici su al-
                                    cuni temi toccati dalle

                                                                 OOR
                                    nuove generazioni di ar-

EVO
                                    tisti e curatori che van-
                                    no dal tema dell’ironia
                                    nell’arte che ha caratte-
                                    rizzato l’ultimo decen-
                                    nio alla trasformazione
                                    del medium della per-
                                    formance a partire dal
                                    2000 – che da opera che
                                    utilizza il corpo dell’ar-
                                    tista si è concentrata
                                    sulla messa in scena
                                    del tempo dell’opera in
                                    dialogo con quella dello
                                    spettatore.

INC
INCHIESTE
Inchieste: è la sezione dedica-
ta a brevi interviste ai protago-
nisti di settori specifici come
collezionisti italiani, fiere al-
ternative a livello mondiale o
progetti di didattica museale
con cui misurare gli interessi
di alcuni settori in quel mo-
mento specifico.
I
Il primo numero di ogni

              N
anno.

             ID
Questo numero presenta
un’eccezione alla suddivisio-
ne in rubriche perché riporta
i risultati del dibattito emerso
nel corso dell’ultima edizio-
ne precedente di The Others.

            NA
Questo numero in effetti è
l’unico che è impostato come
traccia di un evento e si rife-
risce direttamente ai temi e
alle proposte emerse duran-
te i giorni della fiera. Gli altri
tre numeri si concentreranno

            DG
su riflessioni teoriche e inda-
gini sulle energie interessanti
adesso sul territorio – indipen-
dentemente dalla loro parte-
cipazione a The Others – al
fine di osservare il processo di
analisi per produrre l’edizione

           IA I
successiva.

        I N G N
       N  D  I I
?
Perciò, perché
The Others Art Fair
dovrebbe realizzare una

UNA RIVISTA

ONLINE
        Per proporre possibilità di dia-
        logo in una prospettiva orga-
        nica. Questo è l’unico modo
        per sviluppare un pensiero
        critico collettivo che non si
        limiti a celebrare la libertà di
        informazione posseduta dal
        singolo cittadino nell’attuale
        informazione digitale e globa-
        lizzata. The Others View non
        punta solo a creare una forma
        di scambio di informazioni ed
        esperienze, ma anche a crea-
        re un contenitore – la rivista
        online –, che faccia sedimen-
        tare le varie esperienze e os-
        servare questi dibattiti pro-
        posti in prospettiva. Oggi c’è
        ancora più bisogno di questo
        tipo di piattaforma che è l’u-
        nica che permette, tramite
        un dibattito aperto, di attiva-
        re una serie di meccanismi di
        produzione di senso, comuni-
        cazione e di nuovo marketing.
CURATORI
CURATORI
L’ERA DELLA

                                  A?
VIDEO
di   Yulia Belousova

                                  R
A
        ll’edizione 2019 della
        Biennale di Venezia il
        Leone d’oro per il mi-
        glior artista è andato

                                  T ?
                                  E?
ad Arthur Jafa per il suo film
The White Album (2018). Una
Biennale senza opera d’arte
immateriali non esiste. Una
Biennale contemporanea è
impensabile senza l’inclusio-
ne di opere d’arte a tempo nel
suo programma.
Nel 2019, la video arte è di-
ventata una parte importante
di ogni istituzione di arte mo-

                                   ?
derna e contemporanea del
collezionismo. Ogni museo
che si rispetti ha un diparti-
mento dedicato alla program-
mazione e alla promozione
dell’immagine in movimento.
Il programma cinematografi-
co della Tate Modern film de-
scrive la sua missione come
“un incontro unico con il ci-
nema d’artista in tutte le sue
forme”.
Il MoMA ha lanciato il primo
programma di mostre cine-
matografiche negli Stati Uniti
già nel 1939. Oggi la sua col-
lezione è cresciuta fino a su-
perare le 30.000 opere. Ispi-
randosi al settore pubblico, i
collezionisti privati hanno mo-
strato un grande interesse per
l’acquisto di opere a tempo.
In Asia, la video arte è stata
un mezzo chiave nelle mostre
degli spazi d’arte locali nel
corso dell’ultimo decennio.
Per alcuni collezionisti, la vi-
deo arte è stata il mezzo di
comunicazione da tempo: la
collezionista tedesca Julia
Stoschek dedica le sue acqui-
sizioni fin dai primi anni 2000
alle immagini in movimento,
gestendo due spazi espositi-
vi, uno a Düsseldorf e l’altro
a Berlino. A quanto pare, la
collezione di video arte di Sto-
schek conta oltre 850 opere e
continua ogni anno a crescere.
Un’altra nota sede londinese,
la Zabludowicz Collections,
ha aperto nel gennaio 2018
“360”, il “primo spazio espo-
sitivo del Regno Unito dedica-
to alla presentazione di opere
in Realtà Virtuale”. La coppia
Zabludowicz è infatti nota
all’interno della comunità arti-
stica per essere visionaria nel-
la promozione delle arti con-
temporanee.
Nel 2003 è stata fondata a
Barcellona una piattaforma
dedicata allo studio e alla pro-
mozione dell’immagine in mo-
vimento. Sotto il nome LOOP
la piattaforma ospita ogni
anno una fiera e un festival
dell’immagine in movimento.
La fiera comprende una sele-
zione di film e video di artisti
contemporanei presentati da
gallerie internazionali in una
sede speciale. Il Festival con-
siste in mostre, proiezioni e
performance dal vivo in giro
per la città e in Studies, una
serie di conferenze, workshop
incentrati su video e film.
Le dinamiche del settore pub-
blico che dedica la sua atten-
zione e le sue risorse finan-
ziarie mostrano un impatto
positivo sul mercato dell’ar-
te e sul modo in cui i giova-
ni collezionisti si relazionano
con la video arte. È vero che
i collezionisti sono stati e ri-
mangono concentrati sull’arte
materiale: dipinti e sculture
sono più facili da inserire in
una situazione abitativa, in un
appartamento o in un ufficio.
La videoarte ha bisogno di es-
sere proiettata o addirittura di
una sala di proiezione e la sua
durata può superare il tempo
che uno spettatore è disposto
a dedicare all’opera. Tuttavia,
il collezionismo di video è di-
ventato più popolare e presti-
gioso.

The Others ha dedicato una         opere di giovani artisti in un
delle sue tre sezioni alle gal-    contesto internazionale. Se la
lerie che lavorano con le im-      videoarte sia la forma d’arte
magini in movimento. La            del momento, come ha recen-
sezione Expanded Screen è          temente annunciato Artsy, è
“ispirata all’idea di cinema       ancora discutibile: una cosa
espanso, introdotta dal criti-     è certa, l’interesse globale si
co e accademico americano          sta spostando verso i media
Gene Youngblood nel 1970”.         delle immagini in movimento,
Expanded Screen è la sezione       VR e AI. The Others Torino è
dedicata alle videoinstallazio-    sulla stessa lunghezza d’onda
ni che utilizzano immagini in      con i sostenitori delle imma-
movimento combinate con            gini in movimento, offrendo
altri media. Con questa ini-       una piattaforma per gli arti-
ziativa The Others Torino in-      sti giovani ed emergenti per
coraggia i giovani artisti e gli   esprimersi.
spazi espositivi a mostrare
INTERVISTA A
SERGEY
VLASOV
Sergey Vlasov, collector, Moscow, Russia
di   Yulia Belousova

     1. Qual è stato il primo pezzo che ha acquistato
     come collezionista?
     Attraverso una galleria/ una fiera d’arte/ online?

Preferisco sia la galleria che
la fiera d’arte, non l’acquisto
online. È un tipo di esperien-
za diversa. È un ritmo diverso.
Quando trovi qualcosa in una
fiera d’arte è come un volto in
mezzo alla folla, come un’e-
mozione, come un’immagine.
È come un’impressione forte
ma fugace e fuorviante. Qual-
cosa in fuga, come un fast
food. Comprare in una galleria
è come una cena con gli amici.
2. C’è una sorta di linea guida per la sua colle-
   zione, un particolare medium/artista/soggetto
   che colleziona?

Non c’è un soggetto in par-
ticolare, ma come poeta mi
sento e trovo che il tutto suoni
nel complesso. Atteggiamen-
to simile. Si tratta più di un’in-
tuizione che mi viene dal cuo-
re che di una ragione. È una
storia molto privata. Diciamo
solo che alcuni dei miei verbi
sono stati motivati da opere
d’arte della mia collezione e
viceversa diverse opere d’ar-
te assomigliano a un’immagi-
ne dei miei verbi precedenti.
Inoltre, diversi anni fa io e mia
moglie abbiamo presentato
una performance basata su
un’immagine della nostra col-
lezione.

   3. Dove tieni la maggior parte delle tue
   opere d’arte? Hai uno spazio espositivo, installi
   le opere nel tuo appartamento o le conservi in
   un deposito?

Alcune opere sono installate
nel mio appartamento, altre
sono in mostra nel mio ufficio.
Mi piace cambiarle.
4. Quando vai ad una fiera d’arte, cosa ti piace
   scoprire? Opere nuove e inaspettate o opere
   di artisti che già conosci e segui, giovani artisti
   sconosciuti, artisti di luoghi “esotici” o qual-
   cos’altro?
Una fiera d’arte per me è la
ricerca di qualcosa di nuovo e
di insolito, indipendentemen-
te dalla popolarità dell’artista.
È come un’istantanea del luo-
go e del tempo, e poi cerco
di raccogliere e classificare le
mie impressioni e continuo a
cercare gli artisti che seguono
la mia strada.

   5. Quanto spenderesti per un lavoro di un arti-
   sta sconosciuto rappresentato da una piccola
   galleria/project space/associazione non profit
   che semplicemente ti piace?

Non più di 5.000$.
SU I MARGINI DI
VISUALIZZAZIONE
E CONDIVISIONI
di Romulad Demidenko

 Molte persone provano un
 senso d’ansia nei confronti del
 futuro. I Project space, le gal-
 lerie e le organizzazioni d’ar-
 te contemporanea cercano
 tutti di trovare soluzioni per
 resistere al generale rallenta-
 mento, mantenere la loro rile-
 vanza all’interno del sistema
 e rimanere visibili nelle nuove
 condizioni che si sono crea-
 te. Nonostante tutto, possia-
 mo vedere come i contenuti
 vengano sempre più generati
 online. Incoraggiati a vedere
 la cultura in modalità on-de-
 mand, attraverso mostre onli-
 ne e documentazione video di
 atti e performance dal vivo,
 non ricordiamo quasi mai che
 se non fosse per gli sforzi e
 il contributo degli artisti non
 riusciremmo a vedere nulla
 di tutto ciò – ed è essenziale
 capire che molti di loro do-
 vranno effettivamente perse-
 verare nella ricerca di nuove
 modalità per sostenere il pro-
 prio lavoro.
La crisi attuale colpirà molti di
noi su diversi livelli: la mag-
gior parte dei musei dovrà
rimandare mostre e accordi,
riformulare i propri obiettivi e
ridimensionare le proprie ini-
ziative. Quello che sappiamo
già è che dobbiamo abbando-
nare i vecchi metodi e i mezzi
sorpassati e allo stesso tempo
siamo coscienti che è ancora
un po’ troppo presto per ve-
dere cosa verrà dopo. Ciò che
possiamo fare nel frattempo
è guardare indietro a quello
che è stato fatto. La cultura
è ora disponibile online, ma
non possiamo trascurare il
cambiamento che è iniziato.
L’emergere di piattaforme di
social media come Instagram
ha coinciso con l’affermarsi
di iniziative gestite da artisti
o curatori con modalità ope-
rative spesso nomadi, così
come tutti gli altri nuovi tipi
di organizzazioni, fondazioni
e istituzioni semi-private. Ciò
che li accomuna è l’essere
presenti online, sia attraverso
programmi specifici, sia attra-
verso progetti pensati inte-
ramente per essere usufruiti
comodamente da casa.
Una rivoluzione silenziosa del-
le tecnologie Web 2.0 non è
da sopravvalutare, in quanto
ha completamente cambiato il
modo in cui interagiamo tra di
noi attraverso social network
e della messaggistica istanta-
nea. Ma l’accelerazione ci sta
sfuggendo di mano lavorando
sempre più online. Una nuova
cultura orientata all’utente ha
influenzato ogni aspetto del-
la realtà culturale, per quan-
to banale, e ha provocato lo
sfruttamento come sua con-
troparte. I social media assor-
bono e diffondono facilmente
le nostre proiezioni, le nostre
speranze e le nostre paure. È
anche lo schermo attraverso il
quale guardiamo le riflessio-
ni di noi stessi, che ci aiuta a
vedere ciò che accade intor-
no, eppure vediamo solo una
parte del tutto. La creatività
contemporanea come moneta
chiede di essere sempre onli-
ne e di trovare soluzioni. An-
che gli artisti, spesso privi di
sicurezze sociali di base, sono
abituati a trovare nuovi modi Oltre a passare le loro gior-
per portare avanti il loro lavo- nate in studio o ad avere un
ro, non solo in isolamento.      lavoro diurno, sono spinti a
                                 generare contenuti. Al giorno
                                 d’oggi, il destino di molte per-
                                 sone è in discussione. La po-
                                 sta in gioco è la presenza nel
                                 mercato dell’arte di tutte le
                                 iniziative provenienti dal bas-
                                 so emerse negli ultimi anni.
                                 Ma sono questi gli artisti che
                                 dovremmo sostenere in primo
                                 luogo. È possibile attraverso
                                 diversi canali, acquistando le
                                 loro opere essenzialmente:
                                 edizioni, schizzi, selezioni e
                                 altre tracce della loro attività
                                 sono tutte accessibili a porta-
                                 ta di mano.
“Ogni figura ed evento politi-
co importante viene immedia-
tamente registrato, rappresen-
tato, descritto, rappresentato,
raccontato e interpretato”,
come ha osservato Boris
Groys nel suo testo Self-Desi-
gn and Aesthetic Responsibi-
lity (2009), dove ha elaborato
i modi in cui l’immediatezza
ha influenzato le nostre atti-
vità o i nostri gesti mondani
manifestandosi attraverso i
grandi flussi dei social media.
L’aumento dei contenuti ge-
nerati dagli utenti e orientati
all’utente stesso ha aiutato
la cultura del fai-da-te (Do It
Yourself) a tornare in auge,
ma lo sfruttamento che ne è
alla base non può più essere
trascurato.

Internet è diventato da tempo
il più grande museo e la più
grande piattaforma per la vi-
sibilità artistica. Solo recente-
mente la maggior parte delle
mostre che guardavamo fisica-
mente sono diventate virtuali.
Questo è anche il prodotto di
un numero sempre maggiore
di artisti che utilizzano stru-
menti come le stampanti 3D e
la grafica computerizzata per
sviluppare installazioni e mo-
stre avvincenti e digitalmente
native. I social media hanno
capitalizzato la necessità di
guardare. Ciò che è diventato
prezioso ora sono le visualiz-
zazioni e le condivisioni. Ma la
nota finale da ricordare è che
tutti noi decidiamo come na-
vigare in questo spazio espo-
sitivo infinito e immateriale e,
contribuendo ad esso, come
renderlo sostenibile.
di Simone Ciglia

TOWARDS
TOWARDS
A NEWER
A NEWER
WHITE
WHITE
CUBE:
CUBE:
APPUNTI
SUL PARADIGMA
DELLA FIERA
D’ARTE
11   L’ideologia che governa lo
     spazio della fiera - prima al-
     meno che la pandemia di Co-
     vid-19 avviasse un ridisegno
     del sistema dell’arte contem-
     poranea, tuttora in corso -
     rappresenta in un certo sen-
     so la quintessenza del white
     cube emblematicamente illu-
     strato da Brian O’Doherty: un
     luogo separato dall’esterno
     attraverso una serie di dispo-
     sitivi (quali le pareti bianche,
     la pavimentazione in legno o
     moquette, la chiusura di fine-
     stre, ecc.) in cui “l’arte è libe-
     ra, come si dice, ‘di prendere
     vita’”; uno spazio “senza om-
     bre, bianco, pulito, artificiale”,
     in cui l’opera appare “non toc-
     cata dal tempo e dalle sue vi-
     cissitudini”. Tale caratteristica
     di atemporalità è connessa -
     come nota Thomas McEvilley
     - alla dimensione economica
     dell’opera d’arte, in quanto
     “assicurazione di buon inve-
     stimento”. È pertanto com-
     prensibile che tale ideologia
     venga replicata e riadattata
     nella definizione del paradig-
     ma espositivo commerciale
     per eccellenza, quello della
     fiera d’arte.
2
2
    Questo prototipo è stabili-
    to fin dalle origini della fiera
    d’arte contemporanea, nella
    seconda metà degli anni Ses-
    santa del Novecento. Come ri-
    costruisce Christine Mehring,
    quello che è considerato il pri-
    mo esempio in questo campo
    - KUNSTMARKT 67 a Colonia
    - inaugura “un modello che ri-
    mane sorprendentemente vi-
    cino ai suoi attuali successori,
    che così spesso strombazzano
    le loro innovazioni commer-
    ciali ed estetiche”. Nato nel
    1967 dall’iniziativa congiunta
    dei mercanti Rudolf Zwirner
    e Hein Stünke, l’evento racco-
    glie diciotto gallerie tedesche
    che presentano più di due-
    cento artisti presso il Gürz-
    enich, sala cerimoniale della
    città tedesca. La planimetria
    che riproduce quella della via
    commerciale (Ladenstrasse),
    con la teoria di stand delimi-
    tati da pareti temporanee, co-
    stituisce il carattere determi-
    nante della logica espositiva,
    derivante dal precedente della
    fiera antiquaria. La natura di-
    chiaratamente commerciale
    dell’impresa si risolve in un
    deliberato abbandono dell’au-
    ra dell’opera d’arte, come ri-
    conosce Zwirner, “allo scopo
    di vendere veramente per
    qualche giorno... Abbiamo
    scelto il nome KUNSTMARKT
    molto      consapevolmente!”;
    una concezione che ricondu-
    ce alla filosofia commerciale
    warholiana della Factory.
3
3
    Pur nella continuità di fondo
    di questo archetipo, la fie-
    ra ha percorso una parallela
    traiettoria di uscita dalla di-
    mensione restrittiva del whi-
    te cube: un ampio ventaglio
    di proposte alternative - dalle
    fiere satellite concomitanti ai
    programmi espositivi diffusi
    nella città ospitante - l’hanno
    portata fuori dai luoghi depu-
    tati. Anche questa opzione
    può farsi risalire all’episodio
    fondativo appena ricordato.
    Essendo stata respinta la sua
    richiesta di partecipazione a
    KUNSTMARKT 67, il gallerista
    di Monaco Heiner Friedrich
    affitta uno spazio espositivo
    nelle vicinanze in cui presen-
    ta una selezione di artisti della
    propria scuderia, convinto che
    “la soluzione costruttiva sia
    una dimostrazione di non-par-
    tecipazione piuttosto che una
    querela o un lamento” (De-
    monstrative 67 è appunto il
    titolo dell’iniziativa).
    In questi casi, la contrappo-
    sizione alla fiera “principale”
    avviene primariamente attra-
    verso la scelta di spazi espo-
    sitivi non canonici o connotati:
    luoghi spesso in disuso che
    avvicinano tali eventi alla logi-
    ca della mostra. Queste pos-
    sibilità sembrano asseconda-
    re quella “legge proiettiva”
    del modernismo individuata
    da O’Doherty secondo la qua-
    le “il contesto diventa il con-
    tenuto”.
4
4
    Il paradigma fieristico sta su-
    bendo con ogni probabilità la
    più grande svolta nella sua
    storia a causa della recente
    pandemia di Covid-19. Non
    sembra ancora possibile, nel
    momento in cui si scrive, usci-
    re dalle strettoie della cronaca
    per ogni ipotesi critica che vo-
    glia misurarsi con le implica-
    zioni dell’emergenza sanitaria
    sul sistema dell’arte. La fiera
    costituisce uno dei contesti
    maggiormente interessati da
    questa congiuntura senza pre-
    cedenti: le dinamiche sociali
    di assembramento e la mobi-
    lità globale sono due fra le cri-
    ticità maggiormente ricorrenti
    nella retorica che ha accompa-
    gnato questo periodo. Ciò ha
    determinato un ripensamento
    sistemico, con uno spettro di
    soluzioni che va dalla cancella-
    zione alla completa migrazio-
    ne digitale (le viewing rooms
    online come risposta ubiqua),
    accanto al recupero di forme
    ridotte di presenza o ancora
    l’ibridazione fra varie modali-
    tà.
5
5
    La logica emergenziale che
    continua a dominare costitu-
    isce un’ulteriore possibilità di
    ridefinizione del paradigma
    della fiera. Le misure preva-
    lentemente adottate finora
    hanno privato del contatto fi-
    sico con l’opera d’arte (e con
    il suo autore). Da questa pro-
    spettiva, l’esplosione nell’uti-
    lizzo delle piattaforme digitali
    costringe a un tipo di fruizio-
    ne indirizzata agli aspetti più
    smaterializzati     dell’oggetto
    artistico, che da un lato pre-
    senta certamente grandi po-
    tenzialità (ancora davvero da
    esplorare), dall’altro è appiat-
    tita su una dimensione parzia-
    le, priva della prossimità inso-
    stituibile con l’opera d’arte. In
    questo, l’emergenza ha enfa-
    tizzato la tendenza già ampia-
    mente in corso a una sempre
    più prepotente mediazione
    tecnologica. Per molti versi,
    questa potrebbe essere inte-
    sa come una forma più radi-
    cale di white cube, nella quale
    il processo di assolutizzazio-
    ne dell’opera è portato a un
    grado estremo di riduzione a
    pura immagine, fruibile unica-
    mente attraverso la mediazio-
    ne di uno schermo.
La “tecnologia dell’estetica”
di cui O’Doherty discuteva nel
saggio succitato, assume qui
un ulteriore significato: l’idea
di una fruizione disincarnata
già prodotta dallo spazio del-
la galleria - che rende il corpo
“superfluo, un’intrusione” - si
realizza compiutamente sullo
schermo, nel quale “gli oc-
chi e le menti sono accettati,
i corpi che occupano spazio
non lo sono”.
Difficile valutare in questo
momento ‒ e in questa sede
‒ quale traiettoria seguirà il
paradigma della fiera dopo
queste vicende. Con ogni pro-
babilità, il carattere mediato
resterà un punto determinan-
te, indirizzando l’attenzione a
una sempre maggiore integra-
zione fra dimensioni diverse.
THE
OTHERS
OTHERS A
OTHERS
OTHERS W
OTHERS
OTHERS A
Artist
in Residency
               R
in Rousseau
               D
               S
Zenato Academy Award
IL PREMIO ZENATO
ACADEMY A

                                    ZENATO
THE OTHERS
“È stato per noi un onore es-
sere stati invitati a partecipare
a The Others lo scorso anno.
The Others nasce con l’ambi-
zioso progetto di uno spazio
d’incontro che crei nuove pre-
messe di approccio culturale.
E noi, con Zenato Academy,
vogliamo supportare giovani
artisti e promuovere un labo-
ratorio permanente di studio
e sperimentazione che sappia
guardare oltre, esplorare al di
là di ciò che già conosciamo”.
È così che Nadia Zenato, l’im-
prenditrice veneta che con l’o-
monima azienda esporta nel
mondo, insieme alla pregiate
etichette di Lugana e Amaro-
ne, la bellezza e la cultura del
nostro Paese, racconta come
è nata la collaborazione con
The Others. Ed è stata proprio
la fiera torinese l’occasione
per ufficializzare il dialogo con
il pubblico interessato all’ar-
te contemporanea attraverso
l’istituzione del primo Premio
Zenato Academy per la
Fotografia Contemporanea.
La giuria del Premio, compo-
sta dal direttore artistico di
The Others Lorenzo Bruni, dal
critico d’arte
Luca Panaro e dall’imprendi-
trice Nadia Zenato, ha asse-
gnato il riconoscimento all’ar-
tista svizzera Daniela Droz
della Galleria Daniele Agostini
di Lugano.
“L’opera di Daniela Droz –
spiega Nadia Zenato - rievoca
nella composizione le ricer-
che dell’astrattismo degli anni
’20/’30, utilizzando elementi
molto più eterei e giocando
con le rifrazioni, le trasparen-
ze e le ombre delicate che
questi elementi producono.
Daniela non si preoccupa solo
della composizione, ma lavo-
ra nel dettaglio inserendo una
cura artigianale e un’attenzio-
ne che sentiamo molto affine
al nostro modo di operare”.
L’opera della Droz è entrata a
far parte della Collezione della
Zenato Academy.
“Siamo felici di comunicare
che anche per l’edizione 2020
di The Others – prosegue la
Zenato - istituiremo il Premio
Zenato Academy”.
Le selezioni del Premio hanno
portato anche a stringere una
collaborazione con la fotogra-
fa argentina Jimena Croceri,
la cui opera “My window” ha
fatto il suo ingresso nella
collezione della Zenato
Academy.

  Daniela Droz
A The Others Zenato Aca-
demy ha presentato anche la
prima “esperienza” del pro-
getto quadriennale “Oltre”: la
mostra fotografica con relati-
vo catalogo bilingue (edizioni
Biblos) Vino. Oltre gli ogget-
ti, realizzati in collaborazione
con il Master di Fotografia
dell’Accademia di Belle Arti di
Brera in Milano. Cinque stu-
denti dell’Accademia di Brera,
Giacomo Alberico, Cecilia Del
Gatto, Alessandra Draghi,
Cesare Lopopolo e
Anna Vezzosi, coordinati dal
docente e critico d’arte Luca
Panaro, hanno indagato gli
oggetti utilizzati per la produ-
zione del vino, rendendo vivo
e presente un significato
latente, pensandoli in maniera
nuova e fresca al di là dell’uso
convenzionale.

“Vino. Oltre il Paesaggio sarà
la seconda tappa del proget-
to di Zenato Academy – rac-
conta il critico Luca Panaro
– che vedrà il coinvolgimento
degli allievi di f/16 Schule für
Fotografie di Berlino indivi-
duati dalla docente Martina
della Valle. Il tema scelto per
questa seconda edizione del
progetto è il paesaggio, inte-
so come fonte di conoscen-
za, testimone nobile e silente
della produzione del vino, in-
terpretato in modo originale,
nel desiderio di andare “oltre”
l’iconografia tradizionale del
paesaggio attraverso il po-
tere immaginifico della foto-
grafia”. Un’anteprima della
mostra fotografica sarà pre-
sentata presso l’Ambasciata
Italiana di Berlino il 19 ottobre
2020 all’interno dell’European
Month of Photography. La mo-
stra completa sarà poi allestita
a Verona nell’aprile 2021.
Box Zenato Academy

Zenato Academy è un pro-
getto dell’azienda vitivinicola
fondata da Sergio Zenato nel
1960, che nasce come labo-
ratorio permanente di studio
e sperimentazione in cam-
po culturale, e in particolare
nell’ambito fotografico.
Nata nel 2019 con il proposito
di qualificare le esperienze e
gli sforzi compiuti negli ultimi
dieci anni in ambito culturale,
Zenato Academy diviene luo-
go ideale in cui sostenere gio-
vani artisti.
Da qui il dialogo con altri enti
e istituti dediti alla cultura
dell’immagine, le collabora-
zioni con scuole di fotografia
nazionali e internazionali, la
realizzazione di mostre e volu-
mi fotografici capaci di creare
interesse e attenzione verso
temi e valori che animano il
mondo del vino.
ARTIST
IN RESIDENCY AWARD.

Hedi Jaansoo

                       The Others?

               Come Art Dealer la necessità
               di incontrare gli altri per poter-
               si distinguere a tempi specifi-
               ci, e per presentare il proprio
               lavoro nella maniera migliore,
               è sempre presente.
               Senza il rapporto con gli altri,
               senza la consapevolezza di sé,
               da soli, non esistiamo.
               Parlare dell’altro è parlare di
               coscienza e la nostra coscien-
               za del mondo non è più la
               stessa in questo 2020, in cui
               stiamo vivendo un “dopo”
               che non si ripeterà più, e un
               “ora” che deve essere costru-
               ita in modo ponderato.
Gli altri sono la cultura, il corpo
e la ricchezza della civiltà, que-
sto incontro con gli altri, questo
divario (e non una differenza) tra
gli altri e noi, è una terra di crea-
zione e di conoscenza.
Gli artisti che parlano degli altri,
parlano di tutta l’umanità. Per
questo ho naturalmente accet-
tato l’invito a partecipare all’e-
dizione 2019 di The Others art
Fair. Quello che propone questa
fiera d’arte è una nuova forma
di relazione con il lavoro degli
artisti, al di fuori dei percorsi co-
nosciuti di fiere tradizionali. The
Others, guidata da Lorenzo Bru-
ni e dal suo team, ha capito di
dover offrire opzioni diverse per
gli artisti, come sono le residen-
ze, sono - per gli artisti, prender-
li e fare ciò che ritengono giusto
per il loro lavoro, perché un ar-
tista non è definito da una re-
sidenza, da una mostra, da una
partecipazione ad una fiera...
un artista ha bisogno solo di se
stesso per esistere.

THE
OTHERS
AWARDS
La decisione del comitato di
The Others di selezionare
Hedi Jaansso come artista
meritevole di vincere la resi-
denza è stata eccellente, poi-
ché il genere di residenza che
propongo parla degli altri, par-
la di tutta questa umanità che,
oggi più che mai, ha bisogno
di un cambiamento radicale,
senza compromessi, nell’inte-
sa con la natura, abbiamo un
imperativo bisogno di impa-
rare dalle nostre deviazioni, di
imparare a riapprendere.

“L’altro è vicino e lontano”
Cit. Charles Baudelaire

Felipe van Cauwelaert
Direttore Galerie van Cauwelaert,
Berlino

THE
OTHERS
AWARDS
ACCADEMIE
   ACCADEMIE
ACCADEMIE
ACCADEMIE
ACCADEMIE
ACCADEMIE
AANT

S O C I A L E M AG A Z I N E
T H E O T H E R S A R T FA I R

di Giulia Cecconi e
Gianluca di Maula
L’edizione 2019 di The Others
Art Fair si è tenuta presso il
complesso dell’ex ospeda-
le militare Riberi in Corso IV
Novembre, a Torino. Le date
previste per l’apertura al pub-
blico dell’evento prevedeva-
no quattro giorni di fiera, dal
31 Ottobre al 3 Novembre.
Gli studenti del team AANT,
addetti all’amministrazione e
gestione dei canali social della
fiera, sono arrivati sul posto
un giorno prima dell’apertu-
ra al pubblico per reperire ed
elaborare il materiale neces-
sario. Fin dall’arrivo, i mem-
bri del team hanno provve-
duto a prendere contatti con
i vari galleristi - italiani ed
esteri - per le consuete pro-
cedure di tutela della privacy
per la condivisione di conte-
nuti multimediali inerenti alle
opere presentate. Durante
l’allestimento della fiera sono
state scattate foto e girati
video che, adeguatamente
post-prodotti dagli studen-
ti AANT di Graphic Design,
sono stati utilizzati durante
le pubblicazioni social. Dalle
quarantanove gallerie coinvol-
te nella fiera, fra artisti italiani
e stranieri, sono stati reperiti
e sviluppati materiali per l’in-
tera durata dell’evento.
Il team AANT si è anche oc-
cupato, su richiesta dell’or-
ganizzazione della fiera, di
comunicare tramite i canali
social la presenza della WEB
TV, un canale culturale in-
stituito accuratamente per
la fiera di The Others e che
ha ospitato artisti, galleristi,
critici ed esperti nel campo
dell’arte. Il fine principale del
canale WEB TV è stato di tra-
smettere esperienze perso-
nali di fiera, concept artistici
A
e piccole anticipazioni per le
future esposizioni. Tali azioni
hanno suscitato un sensibile
coinvolgimento del pubblico
sia durante che dopo la fiera:

                                     C
curatori, studenti e pubblico
hanno contribuito in modo
esemplare per la riuscita del
progetto.
Invece, la strategia di social
media marketing svolta dall’A-

                                     C
ANT si è mossa su un doppio
binario: da un lato, la creazio-
ne di una texture grafica con il
fine di un feed il più possibile
omogeneo; dall’altro, la rile-
vante pubblicazione di post

                                     A
pre, durante e dopo l’evento
è stata gestita mediante l’uti-
lizzo di hashtag specifici con
il risultato di un incremento di
followers e interazioni sopra la
media desiderata. Fin dal day

                                     D
one, il team AANT suddiviso
per aree di competenza, si è
occupato in primis di reperire
tutto il materiale fotografico,
informativo e testuale da po-

                                     E
ter poi riadattare in termini
grafici e di content per i social.
Una delle prime attività è sta-
ta quella di tradurre il materia-
le raccolto in un concept ben
preciso da poter poi veicolare

                                     M
mediante hashtag per per-
mettere all’algoritmo di insta-
gram di mettere in prima linea
le pubblicazioni. La sinergia
tra concept grafico e indicizza-
zione mirata ha permesso un

                                      I
flusso di lavoro inarrestabile
che ha portato un risultato in
termini di numeri molto signi-
ficativo, ma principalmente ha
permesso a The Others di po-
ter da un lato, dare visibilità

                                     E
maggiore ai vari galleristi e
curatori; dall’altro, far cono-
scere il proprio nome ad un
pubblico più ampio.
Questa azione è stata possi-
bile non solo da una pubbli-
cazione mirata e coordinata,
ma anche ad un’incessabi-
le pubblicazioni di vita reale
all’interno della fiera median-
te l’utilizzo delle stories di In-
stagram: il pubblico poteva
visionare o rivivere da mobile
cosa succedeva o ciò che ave-
va vissuto durante l’evento.A
tal proposito, la studentessa
Giulia Cecconi è stata indi-
spensabile: la sua velocità e
coordinazione di reperimento
di materiale artistico ha per-
messo a tutto il team di avere
contenuti sempre nuovi e di
qualità. Ivan, Michael, Miche-
le e Daniele sono stati altresì
indispensabili in quanto la loro
sinergia comunicativa e di la-
voro ha permesso di arricchire
graficamente e comunicativa-
mente tutto il feed Instagram
di The Others.
Alla gestione della pubblica-
zione, indicizzazione e scrit-
tura copy, il nostro studente
Gianluca Di Maula ha svolto
un’azione mirata, istantanea
ed equilibrata che ha consen-
tito all’algoritmo di instagram
di elevare ogni singolo post
pubblicato con il risultato po-
sitivo in termini di incrementi
di interazione e comunicazio-
ne.
La direttrice di AANT Rossana
Quarta si è occupata, in qua-
lità di supervisore del team,
di amministrare ogni singolo
passaggio o pubblicazione. La
sua esperienza è stata deter-
minante per il successo di tut-
to il gruppo. In conclusione,
l’esperienza fieristica ha sicu-
ramente arricchito il bagaglio
di ogni singolo studente, ren-
dendo possibile un incontro
tra più realtà accademiche ed
artistiche.

AA
NT
BRERA

I N T E RV I S T E E
VIDEO
D O C U M E N TA Z I O N E
T H E O T H E R S A R T FA I R

di Caterina Migliore ed
Elena Castiglia.
L’edizione del 2019 di The
Others si è svolta dal 31 ot-
tobre al 3 novembre e gli stu-
denti di Brera arrivano presso
la sede della manifestazio-
ne - l’ex ospedale militare
Alessandro Riberi in corso IV
Novembre 80 a Torino - un
paio di giorni prima, muniti
di attrezzature video per le ri-
prese, microfoni e notebook,
pronti per iniziare il lavoro sul
campo. Dopo una prima fase
di sopralluogo del posto, in
cui hanno familiarizzato con
gli spazi spogli, ma estre-
mamente suggestivi dell’ex
ospedale militare, gli studen-
ti si sono dedicati alla cono-
scenza degli ospiti della fiera.
The Others 2019 ha coinvolto
quarantanove progetti espo-
sitivi italiani ed esteri, cinque
performance distribuite in due
giornate, ed infine una webTv
in cui i membri del board cu-
ratoriale della manifestazione
dialogano e riflettono su al-
cuni temi, relazionandosi con
importanti professionisti del
sistema dell’arte contempo-
ranea italiana e non solo.

Gli studenti di Brera sono stati
immediatamente coinvolti dal
team organizzativo della fiera,
che li ha invitati a documen-
tare le fasi di allestimento
pre-inaugurazione, seguendo
lo staff al lavoro e iniziando ad
interagire con i curatori e gli
artisti dei vari espositori. L’at-
mosfera inclusiva e frenetica
dei preparativi ha permesso
di iniziare ad immaginare i
diversi contenuti da sviluppa-
re durante i giorni effettivi di
apertura al pubblico. Tra inter-
viste, dialoghi rubati e riprese
casuali, i risultati emersi sono
stati essenzialmente
A
documentativi; tuttavia, es-
sendo costituiti da una ricer-
ca di contenuti per immagini,
sono anche un ricco punto di
partenza per la realizzazione

                                    C
di una potenziale piattaforma
di discussione e comunicazio-
ne, che vada oltre la durata
della manifestazione.

Il lavoro principale è stato

                                    C
quello di intervistare tutti i
quarantanove espositori du-
rante i quattro giorni di fie-
ra, dando spazio a riflessioni
specifiche per ogni progetto.
Il clima di libertà creativa ha

                                    A
permesso agli studenti di Bre-
ra di estrapolare qualche com-
mento riguardo la fiera anche
agli ospiti della webtv, tra cui
di seguito alcuni esempi delle
testimonianze raccolte: Cor-

                                    D
nelia Lauf, storica dell’arte
e curatrice; Massimo Melot-
ti, critico d’arte e sociologo;
Giorgio Fasol, collezionista;
Gianni Melotti, fotografo; Lau-

                                    E
ra Cherubini, storica dell’arte
e docente di storia dell’arte
contemporanea – Accademia
di Brera; Elio Grazioli, scrit-
tore, critico d’arte e curato-
re; Giacinto Di Pietrantonio,

                                    M
storico dell’arte e curatore,
Ester Coen, storica dell’arte,
curatrice e scrittrice; Umberto
Croppi, presidente della Qua-
driennale di Roma e altri.

                                     I
Procedendo con questa mo-
dalità di lavoro gli studenti
hanno avuto la possibilità di
entrare in contatto con le di-
verse realtà che compongono
un sistema dell’arte aperto

                                    E
alla sperimentazione come
The Others; in fiera erano in-
fatti presenti artist-run spa-
ces, gallerie giovani, collettivi
di artisti, associazioni cultu-
rali e gallerie più consolida-
te, che presentavano artisti
emergenti al fianco di alcuni
nomi più conosciuti. Le inter-
viste ai galleristi e agli artisti,
ai membri dei collettivi o del-
le associazioni - tutti molto
aperti e disponibili al dialogo
- si sono sviluppate attraver-
so domande aperte, in modo
tale da accogliere l’intervista-
to in un contesto amichevo-
le, che ha permesso una pre-
sentazione spontanea dello
spazio gestito, del progetto
proposto e del rapporto con
The Others come fiera an-
ti-convenzionale. Il risultato
di questo approccio e que-
sta modalità di lavoro è la
produzione di una raccolta
ampissima di materiale, poi
rielaborato e pubblicato nelle
settimane successive ai gior-
ni di apertura della fiera.
L’attenzione delle teleca-
mere tuttavia non è stata
rivolta soltanto ai principa-
li attori dell’arte (esposito-
ri e ospiti della webtv), ma
anche al pubblico vario e a
tutti i fruitori di questa ma-
nifestazione, con l’intento di
restituire per immagini vi-
deo l’atmosfera della fiera e
i suoi obiettivi. Gli studenti
di Brera sono così riusciti a
dare voce agli spettatori, al-
cuni componenti dello staff,
ufficiali militari e partners
dei foodtrucks, nell’ottica di
presentare il contesto in cui
una manifestazione d’arte
contemporanea opera e si
sviluppa. Una visione a 360°
che comprendesse anche le
dimensioni che siamo soliti
vedere come marginali, ma
che in realtà contribuiscono a
rendere l’esperienza comple-
ta e inclusiva.
Durante i giorni della fiera i
ragazzi di Brera sono stati im-
pegnati in diverse operazioni,
attive su più fronti: la creazio-
ne di contenuti video specifici,
il caricamento di quest’ultimi
nel canale YouTube e la ricer-
ca di altre modalità di comu-
nicazione. In conclusione, gli
studenti hanno sviluppato un
piano editoriale così suddivi-
so: 3 video di riassunto delle
singole giornate, in cui si mo-
strano momenti di connessio-
ne tra il pubblico e le opere,
tra i vari protagonisti della fie-
ra e immagini documentative
dello spazio; 2 video chiamati
“Prospettive”, in cui abbiamo
scelto personaggi di contorno
particolarmente significativi
legati al luogo che parlassero
della relazione con lo spazio e
l’importanza della manifesta-
zione per il territorio di Torino;
infine 2 video di documenta-
zione delle performance di
Re-Flow e della coreografa
Elisabetta Consonni.
Inoltre non è mancato un la-
voro di ricerca di immagini
che ha permesso la creazione
di elementi visivi interessanti
e importanti per la ricerca di
chi in particolare si occupa di
fotografia.
L’esperienza The Others 2019
si è rivelata profondamente
formativa, perché ha dato la
possibilità di entrare in con-
tatto in modo concreto con
diversi personaggi del siste-
ma dell’arte contemporanea,
oltre al fatto di essere stati
inclusi all’interno dell’organiz-
zazione di una manifestazione
complessa che punta alla ri-
cerca e al coinvolgimento; ciò
per esempio ha permesso di
comprenderne i punti di forza
e i limiti.
Da un punto di vista tecnico
gli studenti hanno imparato a
lavorare sul campo, a coglie-
re spontaneamente spunti di
riflessione e possibilità di dia-
logo e confronto su tematiche
inerenti le peculiarità del mon-
do dell’arte contemporanea e
la sua relazione con una realtà
cittadina attiva culturalmente
come Torino. Per quanto ri-
guarda l’aspetto più teorico,
gestito in particolare dalle stu-
dentesse di Visual Cultures e
Pratiche Curatoriali, l’espe-
rienza torinese ha permesso
di ragionare su tematiche fon-
damentali per comprendere
il contemporaneo, attraverso
un esercizio di dialogo con di-
versi tipi di interlocutori, più o
meno esperti. La concezione
delle domande, la necessità
di improvvisazione nel gestire
gli spazi di dialogo e l’organiz-
zazione dei tempi sono stati
elementi di sfida che hanno
consentito di apprendere me-
todologie fondamentali per un
lavoro di questo tipo in futuro.

La collaborazione del gruppo
è stata immediata nonostan-
te formazione e competenze
diverse, rendendo possibile la
gestione di una mole di lavo-
ro notevole. Riguardo il lavo-
ro degli studenti di Cinema e
Fotografia, con il passare dei
giorni della fiera si è verificato
un miglioramento nel velociz-
zare la scelta delle inquadra-
ture, provando al contempo
a sviluppare una continuità
- non solo dal punto di vista
contenutistico ma proprio
strettamente visuale - e ad
individuare tempestivamente
come utili degli elementi nuo-
vi che sarebbero andati ad ar-
ricchire la documentazione.
Il progetto di collaborazio-
ne con The Others Art Fair è
stato portato avanti fino alla
conclusione delle pubblicazio-
ni, che riguardano diversi con-
tenuti raccolti durante il sog-
giorno a Torino: interviste ai
vari espositori, testimonian-
ze del pubblico e degli ospiti
della webTv, commenti degli
addetti ai lavori, documenta-
zione di performance e premi,
ed infine suggestioni visive
catturate durante la fiera.

L’esperienza sul campo per
futuri professionisti del setto-
re, quali gli studenti di Brera
aspiriamo ad essere, è stata
fondamentale per prendere le
misure con il lavoro di una ma-
nifestazione di tale portata. E’
nella speranza di questi ragaz-
zi avere sempre più spazio e
opportunità di essere coin-
volti in realtà indipendenti ed
emergenti come The Others
Art Fair, una fiera carica di
forza creativa e organizzativa,
che ha saputo influenzare ed
ispirare il lavoro degli studenti
coinvolti.
Le collaborazioni con gli istitu-
ti universitari o accademici, a
prescindere dalla tipologia di
corso o facoltà, sono di fonda-
mentale importanza per una
realizzazione progettuale di
successo.
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