THETHE THE - OTHERS - THE OTHERS ART FAIR
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01 THE OTHERS VIEW “Una rivista online”di Lorenzo Bruni 02 CURATORI “L’era della video arte?”di Yuloia Belousova Intervista a Sergey Vlasov di Yulia Belousova “Sui margini di visualizzazione e condivisione” di Romuald Demiden- “Towards a newer white cube” di Simone Ciglia 03 THE OTHERS AWARDS 2019 Premio Zenato Academy Felipe van Cauwaelaer Residenza “Artist in Residency” in Rousseau 04 LE ACCADEMIE Aant di Giulia Cecconi e Gianluca di Maula Brera di Caterina Migliore ed Elena Castiglia IED di Antonio La Grotta Reggio Calabria di Filippo Toscano 05 COS’E’ THE OTHERS? Testo di Lorenzo Bruni
ONLI O N L Nel 2019, alla sua nona edizione, The Others Art Fair ha deciso di do- tarsi – a conclusione del primo anno della dire- zione artistica del sot- toscritto – di un nuovo I strumento di riflessione e di indagine: UNA RIVISTA Tale scelta è collegata a tre questioni fonda- mentali che voglio af- frontare in questo reda- zionale. N LINE
La prima questione riguarda il motivo per cui The Others si è trovata ad adottare una strut- tura rigida e ormai obsoleta di informazione come quel- la della rivista, pur essendo fruibile online. Sembrerebbe apparentemente uno stru- mento non adatto all’attuale comunicazione – immediata, smaterializzata e globalizzata –, che grazie alle innumerevo- li app ci rende tutti produttori di informazioni, e non più sol- tanto dei consumatori. In re- altà proprio la struttura della rivista risulta essere perfetta per stabilire un dibattito pro- positivo durevole nel tempo, a differenza dei social media che evidenziano frammenta- riamente l’esistenza di innu- merevoli progetti diversi in un dato istante, ma slegati ri- spetto al tutto. The Others nella sua ultima edizione ha deciso di ripensa- re a tutta la comunicazione sui social con la collaborazione degli studenti di alcune pre- stigiose accademie italiane; tuttavia, proprio quando ci si stava avviando verso questa direzione, si è resa evidente la mancanza di qualcosa. Con il modello rivista – i cui corri- spondenti cambiano ad ogni edizione – è possibile non sol- tanto creare una rete, ma an- che estendere al di là della du- rata della fiera una riflessione più ampia e strutturata, e non semplicemente limitata agli spazi che partecipano all’e- vento di Torino. Così, all’in- terno di questa nuova rivista divisa in rubriche, trovano po- sto i racconti in prima persona dei curatori, delle istituzioni
e degli spazi espositivi che puntano a strategie comuni- cative alternative rispetto a quelle adottate dall’attuale sistema dell’arte. Lo scopo non è esclusivamente quello di informare sulle varie espe- rienze di auto-organizzazione a livello internazionale, bensì quello di ragionare su qual è l’elemento comune che anima tali progetti, al fine di creare un’azione collettiva e comune di rinnovamento del sistema. Quest’ultimo è in crisi ormai da tempo: gli errori endogeni sono stati ampiamente ana- lizzati negli ultimi venti anni ed è risultato evidente che la soluzione non consiste nell’u- tilizzo di nuove tecnologie per raggiungere il più ampio numero di audience . Il pub- blico, oggi, è attivo e interat- tivo e dobbiamo tenere conto di questo anche nella produ- zione e nelle modalità di fru- izione dell’arte e della sua economia. Di conseguenza, la scelta dello strumento rivista da una parte equivale a dare continuità nel corso dell’anno ai dibattiti emersi nei giorni della fiera per allargarli a un numero maggiore di attori, e dall’altra anche di reagire all’attuale perdita di memoria dovuta all’eccesso di informa- zioni risultante in un’apatia generalizzata. Questo sembra essere l’unico modo – come dimostra la rinascita della fan- zine in ambito femminista e in quello legato al dibattito sul post-colonialismo – per evi- tare l’estetizzazione e la per- sonalizzazione delle informa- zioni di cui le fake news sono solo un aspetto laterale.
La seconda questione riguar- da il perché una fiera come The Others dovrebbe dotarsi di una rivista che non presen- ta soltanto i temi e gli addetti ai lavori coinvolti nell’even- to di tre giorni. Non esisto- no esempi di questo tipo se non quello di Frieze, sebbene in questo caso rivista e fiera d’arte siano due entità auto- nome non in dialogo tra loro. Il suo percorso è stato inver- so: da una rivista di ricerca nata nel 1991 che speculava sulle nuove tendenze dell’ar- te, è nata poi nel 2003 una fie- ra che voleva imporre un nuo- vo establishment. Nel caso di The Others nel 2011, invece, dotarsi di una rivista aveva a che fare con la necessità di interrogarsi sulla sua natu- ra e raison d’être. Quando è stata fondata, The Others voleva rivolgersi agli ‘altri’, a tutti coloro che si ponevano in modo alternativo al nuovo sistema – da spazi non profit a giovani curatori, da nuove gallerie a collezionisti –. Era un modo per interrogarsi su come il sistema stava cam- biando e doveva cambiare nella società economica, che procedeva spedita verso un modello finanziario produt- tore di servizi invece che di oggetti, e che di conseguen- za stava trasformando i con- sumatori in produttori dando vita alla crisi dei musei, delle riviste e delle fiere per come erano impostate fino a quel momento. Per questa ragio- ne The Others ha adottato fin dall’inizio l’inclusione di spazi di ricerca non profit e di giova- ni gallerie all’interno del pro-
prio sistema economico, non più separabile dalla comunica- zione in generale, come hanno dimostrato prima il fenomeno degli youtuber e degli influen- cer poi. Infatti la fiera risulta- va il modello migliore per tutti questi spazi nati dal 2005 in poi per farsi notare a livello internazionale e per ottene- re, grazie alla vendita di ope- re, la possibilità di finanziare i loro futuri programmi senza incorrere in pratiche assisten- zialiste. Si tratta di spazi che, a differenza dei loro prede- cessori degli anni ‘60, non na- scono come protesta e rifiuto dell’ingerenza economica nel- la valorizzazione della ricerca artistica, ma hanno l’intento di produrre modalità econo- miche e di valore alternative al modello globale.Questo ha determinato la particolare identità di The Others, ossia una piattaforma di scambio di strategie e di idee in cui pos- sono convivere spazi non pro- fit, giovani gallerie, progetti sperimentali. Oggi, nel 2020, adottare lo strumento rivista vuol dire amplificare questa modalità e applicarla durante tutto il corso dell’anno. I temi centrali e indicativi per le scel- te delle differenti rubriche e dei molteplici corrispondenti rispondono principalmente a due domande: 1) Cosa inten- diamo oggi con la parola indi- pendente? Indipendente da cosa e da chi? E, soprattutto, per ottenere cosa? 2) A cosa pensiamo se parliamo di spe- rimentazione e ricerca artisti- ca, considerando che tutto è già stato sperimentato a livel- lo di new media, o così sem- bra?
La terza questione è connes- sa alle modalità operative che The Others ha scelto di seguire dalla sua nona edi- zione, svoltasi a novembre 2019 nella ex Caserma Riberi di Torino, mettendo al centro una nuova idea di produzione partecipativa. La fiera ha infat- ti coinvolto giovani studenti selezionati precedentemente da cinque accademie italiane nei processi di lavoro legati alla comunicazione sui social, alla didattica e alla creazione del canale Youtube. Il gruppo di studenti dell’Accademia di Brera di Milano si è occupa- to della creazione del canale YouTube, curando le rubriche e i contenuti e dialogando di- rettamente con il pubblico e gli artisti presenti; gli studen- ti dell’AANT (Accademia di Arti e Nuove Tecnologie) di Roma si sono occupati delle strategie della comunicazio- ne digitale per Instagram e Facebook, creando una nar- razione che non sostituiva la visita diretta, ma la ampliava; il progetto di documentazio- ne fotografica realizzato dagli studenti dello IED di Torino, invece, si è svolta sotto forma di workshop che si focalizzava sul catturare il momento di un gesto unico, che doveva esse- re poi equilibrato con la pos- sibilità di veicolare al meglio i contenuti legati alle opere in mostra; gli studenti dell’ac- cademia di Reggio Calabria si sono occupati del ruolo di mediatori culturali e delle at- tività legate a percorsi guidati, che tenevano conto del luogo particolare in cui si svolgeva la fiera e della natura site speci-
fic delle singole opere; infine lo IUAV di Venezia, con la su- pervisione di Angela Vettese, ha deciso di lavorare sulla rac- colta dei materiali legati ai talk della web tv al fine di creare nuovi contenuti per far nasce- re nuovi dibattiti sui social. Tale impostazione ha permes- so un vero lavoro di interdi- sciplinarietà mettendo in dia- logo studenti di accademie e dipartimenti differenti, come nel caso di Brera i dipartimen- ti di studi curatoriali e di nuo- ve tecnologie. Un approccio di questo tipo vuol andare oltre al solito sistema di stage, per- ché vuole rendere autonomi nelle loro decisioni i singoli gruppi di lavoro. La scelta è stata quella di metterli nella posizione di organizzare tali canali di informazione inse- rendoli dentro ai processi di The Others, in modo da poter imparare tutti nel corso del- la loro esperienza lì. Questo costituisce l’unico modo per comprendere appieno il pun- to di vista delle nuove gene- razioni – molto legato alle po- tenzialità della comunicazione – oltre che l’unica strada pos- sibile per creare nuove pro- fessioni nel settore dell’arte, e per evitare che le esigenze dell’arte debbano adattarsi a sistemi già sviluppati per al- tri settori. Da questa presa di coscienza è nata l’idea di migrare verso lo strumento rivista, che permette alle col- laborazioni delle scuole dimo- strare il loro lavoro nel corso dell’anno e finalmente di dare voce a curatori e artisti che decidono di lavorare in manie- ra alternativa. Nel sistema ri-
vista sarà possibile così creare un vero collegamento tra ge- nerazioni differenti – come lo staff o i galleristi intervenuti al progetto – senza dimenticare che siamo in un momento di perenne formazione, conside- rata la continua mutazione dei contesti e degli strumenti con cui interagirvi. THIRD O N E
ANALISI ANALISI ANALISI Le tre questioni qui sopra indagate sono accomunate dall’esigenza di The Others di condividere con un pubblico più ampio le ricerche, le analisi e le indagini attorno ai proget- ti alternativi più interessanti presentati in quell’edizione, oltre al fatto di permettere loro di confrontarsi su moda- lità e obiettivi comuni. La rivi- sta però non è soltanto que- sto, visto che vuole essere soprattutto uno strumento di aggiornamento e di indagine sulle esperienze più interes- santi in contesti particolari. Queste ricerche non sono li- mitate agli spazi che parte- ciperanno a The Others, ma anzi spazieranno in modo da permettere di condividere con il pubblico e gli altri addetti ai lavori gli interessi e le rifles- sioni dei curatori del board di quell’anno per aggiornarsi al meglio sui fatti del sistema dell’arte. Questo naturalmen- te influirà sulle scelte finali del board curatoriale nella sele- zione degli spazi, nell’organiz- zazione dei temi per la web-tv e nell’impostazione di quella specifica edizione.
La presente rivista online per poter essere un luogo di ag- giornamento è stata impo- stata per avere quattro uscite annuali ed è divisa in rubriche: SKYLINE Skyline: si tratta di articoli le- gati ad indagini su quelle città in cui spazi non profit, progetti speciali e giovani gallerie con- tribuiscono in quel momento a trasformare il territorio e a farsi promotori di nuove ener- gie. Nei primi numeri saranno prese in considerazione città come Lisbona e Istanbul; FAC FACE Face to Face: è una raccolta di interviste ai protagonisti del sistema dell’arte per ri- flettere su come il sistema sia cambiato negli ultimi decenni rispetto anche alla nuova co- municazione immateriale e globalizzata; FACE TO
REV REVOLVINGD Revolving door: contie- ne articoli teorici su al- cuni temi toccati dalle OOR nuove generazioni di ar- EVO tisti e curatori che van- no dal tema dell’ironia nell’arte che ha caratte- rizzato l’ultimo decen- nio alla trasformazione del medium della per- formance a partire dal 2000 – che da opera che utilizza il corpo dell’ar- tista si è concentrata sulla messa in scena del tempo dell’opera in dialogo con quella dello spettatore. INC INCHIESTE Inchieste: è la sezione dedica- ta a brevi interviste ai protago- nisti di settori specifici come collezionisti italiani, fiere al- ternative a livello mondiale o progetti di didattica museale con cui misurare gli interessi di alcuni settori in quel mo- mento specifico.
I Il primo numero di ogni N anno. ID Questo numero presenta un’eccezione alla suddivisio- ne in rubriche perché riporta i risultati del dibattito emerso nel corso dell’ultima edizio- ne precedente di The Others. NA Questo numero in effetti è l’unico che è impostato come traccia di un evento e si rife- risce direttamente ai temi e alle proposte emerse duran- te i giorni della fiera. Gli altri tre numeri si concentreranno DG su riflessioni teoriche e inda- gini sulle energie interessanti adesso sul territorio – indipen- dentemente dalla loro parte- cipazione a The Others – al fine di osservare il processo di analisi per produrre l’edizione IA I successiva. I N G N N D I I
? Perciò, perché The Others Art Fair dovrebbe realizzare una UNA RIVISTA ONLINE Per proporre possibilità di dia- logo in una prospettiva orga- nica. Questo è l’unico modo per sviluppare un pensiero critico collettivo che non si limiti a celebrare la libertà di informazione posseduta dal singolo cittadino nell’attuale informazione digitale e globa- lizzata. The Others View non punta solo a creare una forma di scambio di informazioni ed esperienze, ma anche a crea- re un contenitore – la rivista online –, che faccia sedimen- tare le varie esperienze e os- servare questi dibattiti pro- posti in prospettiva. Oggi c’è ancora più bisogno di questo tipo di piattaforma che è l’u- nica che permette, tramite un dibattito aperto, di attiva- re una serie di meccanismi di produzione di senso, comuni- cazione e di nuovo marketing.
CURATORI CURATORI L’ERA DELLA A? VIDEO di Yulia Belousova R A ll’edizione 2019 della Biennale di Venezia il Leone d’oro per il mi- glior artista è andato T ? E? ad Arthur Jafa per il suo film The White Album (2018). Una Biennale senza opera d’arte immateriali non esiste. Una Biennale contemporanea è impensabile senza l’inclusio- ne di opere d’arte a tempo nel suo programma. Nel 2019, la video arte è di- ventata una parte importante di ogni istituzione di arte mo- ? derna e contemporanea del collezionismo. Ogni museo che si rispetti ha un diparti- mento dedicato alla program- mazione e alla promozione dell’immagine in movimento. Il programma cinematografi- co della Tate Modern film de- scrive la sua missione come “un incontro unico con il ci- nema d’artista in tutte le sue forme”.
Il MoMA ha lanciato il primo programma di mostre cine- matografiche negli Stati Uniti già nel 1939. Oggi la sua col- lezione è cresciuta fino a su- perare le 30.000 opere. Ispi- randosi al settore pubblico, i collezionisti privati hanno mo- strato un grande interesse per l’acquisto di opere a tempo. In Asia, la video arte è stata un mezzo chiave nelle mostre degli spazi d’arte locali nel corso dell’ultimo decennio. Per alcuni collezionisti, la vi- deo arte è stata il mezzo di comunicazione da tempo: la collezionista tedesca Julia Stoschek dedica le sue acqui- sizioni fin dai primi anni 2000 alle immagini in movimento, gestendo due spazi espositi- vi, uno a Düsseldorf e l’altro a Berlino. A quanto pare, la collezione di video arte di Sto- schek conta oltre 850 opere e continua ogni anno a crescere. Un’altra nota sede londinese, la Zabludowicz Collections, ha aperto nel gennaio 2018 “360”, il “primo spazio espo- sitivo del Regno Unito dedica- to alla presentazione di opere in Realtà Virtuale”. La coppia Zabludowicz è infatti nota all’interno della comunità arti- stica per essere visionaria nel- la promozione delle arti con- temporanee.
Nel 2003 è stata fondata a Barcellona una piattaforma dedicata allo studio e alla pro- mozione dell’immagine in mo- vimento. Sotto il nome LOOP la piattaforma ospita ogni anno una fiera e un festival dell’immagine in movimento. La fiera comprende una sele- zione di film e video di artisti contemporanei presentati da gallerie internazionali in una sede speciale. Il Festival con- siste in mostre, proiezioni e performance dal vivo in giro per la città e in Studies, una serie di conferenze, workshop incentrati su video e film. Le dinamiche del settore pub- blico che dedica la sua atten- zione e le sue risorse finan- ziarie mostrano un impatto positivo sul mercato dell’ar- te e sul modo in cui i giova- ni collezionisti si relazionano con la video arte. È vero che i collezionisti sono stati e ri- mangono concentrati sull’arte materiale: dipinti e sculture sono più facili da inserire in una situazione abitativa, in un appartamento o in un ufficio.
La videoarte ha bisogno di es- sere proiettata o addirittura di una sala di proiezione e la sua durata può superare il tempo che uno spettatore è disposto a dedicare all’opera. Tuttavia, il collezionismo di video è di- ventato più popolare e presti- gioso. The Others ha dedicato una opere di giovani artisti in un delle sue tre sezioni alle gal- contesto internazionale. Se la lerie che lavorano con le im- videoarte sia la forma d’arte magini in movimento. La del momento, come ha recen- sezione Expanded Screen è temente annunciato Artsy, è “ispirata all’idea di cinema ancora discutibile: una cosa espanso, introdotta dal criti- è certa, l’interesse globale si co e accademico americano sta spostando verso i media Gene Youngblood nel 1970”. delle immagini in movimento, Expanded Screen è la sezione VR e AI. The Others Torino è dedicata alle videoinstallazio- sulla stessa lunghezza d’onda ni che utilizzano immagini in con i sostenitori delle imma- movimento combinate con gini in movimento, offrendo altri media. Con questa ini- una piattaforma per gli arti- ziativa The Others Torino in- sti giovani ed emergenti per coraggia i giovani artisti e gli esprimersi. spazi espositivi a mostrare
INTERVISTA A SERGEY VLASOV Sergey Vlasov, collector, Moscow, Russia di Yulia Belousova 1. Qual è stato il primo pezzo che ha acquistato come collezionista? Attraverso una galleria/ una fiera d’arte/ online? Preferisco sia la galleria che la fiera d’arte, non l’acquisto online. È un tipo di esperien- za diversa. È un ritmo diverso. Quando trovi qualcosa in una fiera d’arte è come un volto in mezzo alla folla, come un’e- mozione, come un’immagine. È come un’impressione forte ma fugace e fuorviante. Qual- cosa in fuga, come un fast food. Comprare in una galleria è come una cena con gli amici.
2. C’è una sorta di linea guida per la sua colle- zione, un particolare medium/artista/soggetto che colleziona? Non c’è un soggetto in par- ticolare, ma come poeta mi sento e trovo che il tutto suoni nel complesso. Atteggiamen- to simile. Si tratta più di un’in- tuizione che mi viene dal cuo- re che di una ragione. È una storia molto privata. Diciamo solo che alcuni dei miei verbi sono stati motivati da opere d’arte della mia collezione e viceversa diverse opere d’ar- te assomigliano a un’immagi- ne dei miei verbi precedenti. Inoltre, diversi anni fa io e mia moglie abbiamo presentato una performance basata su un’immagine della nostra col- lezione. 3. Dove tieni la maggior parte delle tue opere d’arte? Hai uno spazio espositivo, installi le opere nel tuo appartamento o le conservi in un deposito? Alcune opere sono installate nel mio appartamento, altre sono in mostra nel mio ufficio. Mi piace cambiarle.
4. Quando vai ad una fiera d’arte, cosa ti piace scoprire? Opere nuove e inaspettate o opere di artisti che già conosci e segui, giovani artisti sconosciuti, artisti di luoghi “esotici” o qual- cos’altro? Una fiera d’arte per me è la ricerca di qualcosa di nuovo e di insolito, indipendentemen- te dalla popolarità dell’artista. È come un’istantanea del luo- go e del tempo, e poi cerco di raccogliere e classificare le mie impressioni e continuo a cercare gli artisti che seguono la mia strada. 5. Quanto spenderesti per un lavoro di un arti- sta sconosciuto rappresentato da una piccola galleria/project space/associazione non profit che semplicemente ti piace? Non più di 5.000$.
SU I MARGINI DI VISUALIZZAZIONE E CONDIVISIONI di Romulad Demidenko Molte persone provano un senso d’ansia nei confronti del futuro. I Project space, le gal- lerie e le organizzazioni d’ar- te contemporanea cercano tutti di trovare soluzioni per resistere al generale rallenta- mento, mantenere la loro rile- vanza all’interno del sistema e rimanere visibili nelle nuove condizioni che si sono crea- te. Nonostante tutto, possia- mo vedere come i contenuti vengano sempre più generati online. Incoraggiati a vedere la cultura in modalità on-de- mand, attraverso mostre onli- ne e documentazione video di atti e performance dal vivo, non ricordiamo quasi mai che se non fosse per gli sforzi e il contributo degli artisti non riusciremmo a vedere nulla di tutto ciò – ed è essenziale capire che molti di loro do- vranno effettivamente perse- verare nella ricerca di nuove modalità per sostenere il pro- prio lavoro.
La crisi attuale colpirà molti di noi su diversi livelli: la mag- gior parte dei musei dovrà rimandare mostre e accordi, riformulare i propri obiettivi e ridimensionare le proprie ini- ziative. Quello che sappiamo già è che dobbiamo abbando- nare i vecchi metodi e i mezzi sorpassati e allo stesso tempo siamo coscienti che è ancora un po’ troppo presto per ve- dere cosa verrà dopo. Ciò che possiamo fare nel frattempo è guardare indietro a quello che è stato fatto. La cultura è ora disponibile online, ma non possiamo trascurare il cambiamento che è iniziato. L’emergere di piattaforme di social media come Instagram ha coinciso con l’affermarsi di iniziative gestite da artisti o curatori con modalità ope- rative spesso nomadi, così come tutti gli altri nuovi tipi di organizzazioni, fondazioni e istituzioni semi-private. Ciò che li accomuna è l’essere presenti online, sia attraverso programmi specifici, sia attra- verso progetti pensati inte- ramente per essere usufruiti comodamente da casa.
Una rivoluzione silenziosa del- le tecnologie Web 2.0 non è da sopravvalutare, in quanto ha completamente cambiato il modo in cui interagiamo tra di noi attraverso social network e della messaggistica istanta- nea. Ma l’accelerazione ci sta sfuggendo di mano lavorando sempre più online. Una nuova cultura orientata all’utente ha influenzato ogni aspetto del- la realtà culturale, per quan- to banale, e ha provocato lo sfruttamento come sua con- troparte. I social media assor- bono e diffondono facilmente le nostre proiezioni, le nostre speranze e le nostre paure. È anche lo schermo attraverso il quale guardiamo le riflessio- ni di noi stessi, che ci aiuta a vedere ciò che accade intor- no, eppure vediamo solo una parte del tutto. La creatività contemporanea come moneta chiede di essere sempre onli- ne e di trovare soluzioni. An- che gli artisti, spesso privi di sicurezze sociali di base, sono abituati a trovare nuovi modi Oltre a passare le loro gior- per portare avanti il loro lavo- nate in studio o ad avere un ro, non solo in isolamento. lavoro diurno, sono spinti a generare contenuti. Al giorno d’oggi, il destino di molte per- sone è in discussione. La po- sta in gioco è la presenza nel mercato dell’arte di tutte le iniziative provenienti dal bas- so emerse negli ultimi anni. Ma sono questi gli artisti che dovremmo sostenere in primo luogo. È possibile attraverso diversi canali, acquistando le loro opere essenzialmente: edizioni, schizzi, selezioni e altre tracce della loro attività sono tutte accessibili a porta- ta di mano.
“Ogni figura ed evento politi- co importante viene immedia- tamente registrato, rappresen- tato, descritto, rappresentato, raccontato e interpretato”, come ha osservato Boris Groys nel suo testo Self-Desi- gn and Aesthetic Responsibi- lity (2009), dove ha elaborato i modi in cui l’immediatezza ha influenzato le nostre atti- vità o i nostri gesti mondani manifestandosi attraverso i grandi flussi dei social media. L’aumento dei contenuti ge- nerati dagli utenti e orientati all’utente stesso ha aiutato la cultura del fai-da-te (Do It Yourself) a tornare in auge, ma lo sfruttamento che ne è alla base non può più essere trascurato. Internet è diventato da tempo il più grande museo e la più grande piattaforma per la vi- sibilità artistica. Solo recente- mente la maggior parte delle mostre che guardavamo fisica- mente sono diventate virtuali. Questo è anche il prodotto di un numero sempre maggiore di artisti che utilizzano stru- menti come le stampanti 3D e la grafica computerizzata per sviluppare installazioni e mo- stre avvincenti e digitalmente native. I social media hanno capitalizzato la necessità di guardare. Ciò che è diventato prezioso ora sono le visualiz- zazioni e le condivisioni. Ma la nota finale da ricordare è che tutti noi decidiamo come na- vigare in questo spazio espo- sitivo infinito e immateriale e, contribuendo ad esso, come renderlo sostenibile.
di Simone Ciglia TOWARDS TOWARDS A NEWER A NEWER WHITE WHITE CUBE: CUBE: APPUNTI SUL PARADIGMA DELLA FIERA D’ARTE
11 L’ideologia che governa lo spazio della fiera - prima al- meno che la pandemia di Co- vid-19 avviasse un ridisegno del sistema dell’arte contem- poranea, tuttora in corso - rappresenta in un certo sen- so la quintessenza del white cube emblematicamente illu- strato da Brian O’Doherty: un luogo separato dall’esterno attraverso una serie di dispo- sitivi (quali le pareti bianche, la pavimentazione in legno o moquette, la chiusura di fine- stre, ecc.) in cui “l’arte è libe- ra, come si dice, ‘di prendere vita’”; uno spazio “senza om- bre, bianco, pulito, artificiale”, in cui l’opera appare “non toc- cata dal tempo e dalle sue vi- cissitudini”. Tale caratteristica di atemporalità è connessa - come nota Thomas McEvilley - alla dimensione economica dell’opera d’arte, in quanto “assicurazione di buon inve- stimento”. È pertanto com- prensibile che tale ideologia venga replicata e riadattata nella definizione del paradig- ma espositivo commerciale per eccellenza, quello della fiera d’arte.
2 2 Questo prototipo è stabili- to fin dalle origini della fiera d’arte contemporanea, nella seconda metà degli anni Ses- santa del Novecento. Come ri- costruisce Christine Mehring, quello che è considerato il pri- mo esempio in questo campo - KUNSTMARKT 67 a Colonia - inaugura “un modello che ri- mane sorprendentemente vi- cino ai suoi attuali successori, che così spesso strombazzano le loro innovazioni commer- ciali ed estetiche”. Nato nel 1967 dall’iniziativa congiunta dei mercanti Rudolf Zwirner e Hein Stünke, l’evento racco- glie diciotto gallerie tedesche che presentano più di due- cento artisti presso il Gürz- enich, sala cerimoniale della città tedesca. La planimetria che riproduce quella della via commerciale (Ladenstrasse), con la teoria di stand delimi- tati da pareti temporanee, co- stituisce il carattere determi- nante della logica espositiva, derivante dal precedente della fiera antiquaria. La natura di- chiaratamente commerciale dell’impresa si risolve in un deliberato abbandono dell’au- ra dell’opera d’arte, come ri- conosce Zwirner, “allo scopo di vendere veramente per qualche giorno... Abbiamo scelto il nome KUNSTMARKT molto consapevolmente!”; una concezione che ricondu- ce alla filosofia commerciale warholiana della Factory.
3 3 Pur nella continuità di fondo di questo archetipo, la fie- ra ha percorso una parallela traiettoria di uscita dalla di- mensione restrittiva del whi- te cube: un ampio ventaglio di proposte alternative - dalle fiere satellite concomitanti ai programmi espositivi diffusi nella città ospitante - l’hanno portata fuori dai luoghi depu- tati. Anche questa opzione può farsi risalire all’episodio fondativo appena ricordato. Essendo stata respinta la sua richiesta di partecipazione a KUNSTMARKT 67, il gallerista di Monaco Heiner Friedrich affitta uno spazio espositivo nelle vicinanze in cui presen- ta una selezione di artisti della propria scuderia, convinto che “la soluzione costruttiva sia una dimostrazione di non-par- tecipazione piuttosto che una querela o un lamento” (De- monstrative 67 è appunto il titolo dell’iniziativa). In questi casi, la contrappo- sizione alla fiera “principale” avviene primariamente attra- verso la scelta di spazi espo- sitivi non canonici o connotati: luoghi spesso in disuso che avvicinano tali eventi alla logi- ca della mostra. Queste pos- sibilità sembrano asseconda- re quella “legge proiettiva” del modernismo individuata da O’Doherty secondo la qua- le “il contesto diventa il con- tenuto”.
4 4 Il paradigma fieristico sta su- bendo con ogni probabilità la più grande svolta nella sua storia a causa della recente pandemia di Covid-19. Non sembra ancora possibile, nel momento in cui si scrive, usci- re dalle strettoie della cronaca per ogni ipotesi critica che vo- glia misurarsi con le implica- zioni dell’emergenza sanitaria sul sistema dell’arte. La fiera costituisce uno dei contesti maggiormente interessati da questa congiuntura senza pre- cedenti: le dinamiche sociali di assembramento e la mobi- lità globale sono due fra le cri- ticità maggiormente ricorrenti nella retorica che ha accompa- gnato questo periodo. Ciò ha determinato un ripensamento sistemico, con uno spettro di soluzioni che va dalla cancella- zione alla completa migrazio- ne digitale (le viewing rooms online come risposta ubiqua), accanto al recupero di forme ridotte di presenza o ancora l’ibridazione fra varie modali- tà.
5 5 La logica emergenziale che continua a dominare costitu- isce un’ulteriore possibilità di ridefinizione del paradigma della fiera. Le misure preva- lentemente adottate finora hanno privato del contatto fi- sico con l’opera d’arte (e con il suo autore). Da questa pro- spettiva, l’esplosione nell’uti- lizzo delle piattaforme digitali costringe a un tipo di fruizio- ne indirizzata agli aspetti più smaterializzati dell’oggetto artistico, che da un lato pre- senta certamente grandi po- tenzialità (ancora davvero da esplorare), dall’altro è appiat- tita su una dimensione parzia- le, priva della prossimità inso- stituibile con l’opera d’arte. In questo, l’emergenza ha enfa- tizzato la tendenza già ampia- mente in corso a una sempre più prepotente mediazione tecnologica. Per molti versi, questa potrebbe essere inte- sa come una forma più radi- cale di white cube, nella quale il processo di assolutizzazio- ne dell’opera è portato a un grado estremo di riduzione a pura immagine, fruibile unica- mente attraverso la mediazio- ne di uno schermo.
La “tecnologia dell’estetica” di cui O’Doherty discuteva nel saggio succitato, assume qui un ulteriore significato: l’idea di una fruizione disincarnata già prodotta dallo spazio del- la galleria - che rende il corpo “superfluo, un’intrusione” - si realizza compiutamente sullo schermo, nel quale “gli oc- chi e le menti sono accettati, i corpi che occupano spazio non lo sono”. Difficile valutare in questo momento ‒ e in questa sede ‒ quale traiettoria seguirà il paradigma della fiera dopo queste vicende. Con ogni pro- babilità, il carattere mediato resterà un punto determinan- te, indirizzando l’attenzione a una sempre maggiore integra- zione fra dimensioni diverse.
THE OTHERS OTHERS A OTHERS OTHERS W OTHERS OTHERS A Artist in Residency R in Rousseau D S Zenato Academy Award
IL PREMIO ZENATO ACADEMY A ZENATO THE OTHERS “È stato per noi un onore es- sere stati invitati a partecipare a The Others lo scorso anno. The Others nasce con l’ambi- zioso progetto di uno spazio d’incontro che crei nuove pre- messe di approccio culturale. E noi, con Zenato Academy, vogliamo supportare giovani artisti e promuovere un labo- ratorio permanente di studio e sperimentazione che sappia guardare oltre, esplorare al di là di ciò che già conosciamo”. È così che Nadia Zenato, l’im- prenditrice veneta che con l’o- monima azienda esporta nel mondo, insieme alla pregiate etichette di Lugana e Amaro- ne, la bellezza e la cultura del nostro Paese, racconta come è nata la collaborazione con The Others. Ed è stata proprio la fiera torinese l’occasione per ufficializzare il dialogo con il pubblico interessato all’ar- te contemporanea attraverso l’istituzione del primo Premio Zenato Academy per la Fotografia Contemporanea. La giuria del Premio, compo- sta dal direttore artistico di The Others Lorenzo Bruni, dal critico d’arte Luca Panaro e dall’imprendi- trice Nadia Zenato, ha asse- gnato il riconoscimento all’ar- tista svizzera Daniela Droz della Galleria Daniele Agostini di Lugano.
“L’opera di Daniela Droz – spiega Nadia Zenato - rievoca nella composizione le ricer- che dell’astrattismo degli anni ’20/’30, utilizzando elementi molto più eterei e giocando con le rifrazioni, le trasparen- ze e le ombre delicate che questi elementi producono. Daniela non si preoccupa solo della composizione, ma lavo- ra nel dettaglio inserendo una cura artigianale e un’attenzio- ne che sentiamo molto affine al nostro modo di operare”. L’opera della Droz è entrata a far parte della Collezione della Zenato Academy. “Siamo felici di comunicare che anche per l’edizione 2020 di The Others – prosegue la Zenato - istituiremo il Premio Zenato Academy”. Le selezioni del Premio hanno portato anche a stringere una collaborazione con la fotogra- fa argentina Jimena Croceri, la cui opera “My window” ha fatto il suo ingresso nella collezione della Zenato Academy. Daniela Droz
A The Others Zenato Aca- demy ha presentato anche la prima “esperienza” del pro- getto quadriennale “Oltre”: la mostra fotografica con relati- vo catalogo bilingue (edizioni Biblos) Vino. Oltre gli ogget- ti, realizzati in collaborazione con il Master di Fotografia dell’Accademia di Belle Arti di Brera in Milano. Cinque stu- denti dell’Accademia di Brera, Giacomo Alberico, Cecilia Del Gatto, Alessandra Draghi, Cesare Lopopolo e Anna Vezzosi, coordinati dal docente e critico d’arte Luca Panaro, hanno indagato gli oggetti utilizzati per la produ- zione del vino, rendendo vivo e presente un significato latente, pensandoli in maniera nuova e fresca al di là dell’uso convenzionale. “Vino. Oltre il Paesaggio sarà la seconda tappa del proget- to di Zenato Academy – rac- conta il critico Luca Panaro – che vedrà il coinvolgimento degli allievi di f/16 Schule für Fotografie di Berlino indivi- duati dalla docente Martina della Valle. Il tema scelto per questa seconda edizione del progetto è il paesaggio, inte- so come fonte di conoscen- za, testimone nobile e silente della produzione del vino, in- terpretato in modo originale, nel desiderio di andare “oltre” l’iconografia tradizionale del paesaggio attraverso il po- tere immaginifico della foto- grafia”. Un’anteprima della mostra fotografica sarà pre- sentata presso l’Ambasciata Italiana di Berlino il 19 ottobre 2020 all’interno dell’European Month of Photography. La mo- stra completa sarà poi allestita a Verona nell’aprile 2021.
Box Zenato Academy Zenato Academy è un pro- getto dell’azienda vitivinicola fondata da Sergio Zenato nel 1960, che nasce come labo- ratorio permanente di studio e sperimentazione in cam- po culturale, e in particolare nell’ambito fotografico. Nata nel 2019 con il proposito di qualificare le esperienze e gli sforzi compiuti negli ultimi dieci anni in ambito culturale, Zenato Academy diviene luo- go ideale in cui sostenere gio- vani artisti. Da qui il dialogo con altri enti e istituti dediti alla cultura dell’immagine, le collabora- zioni con scuole di fotografia nazionali e internazionali, la realizzazione di mostre e volu- mi fotografici capaci di creare interesse e attenzione verso temi e valori che animano il mondo del vino.
ARTIST IN RESIDENCY AWARD. Hedi Jaansoo The Others? Come Art Dealer la necessità di incontrare gli altri per poter- si distinguere a tempi specifi- ci, e per presentare il proprio lavoro nella maniera migliore, è sempre presente. Senza il rapporto con gli altri, senza la consapevolezza di sé, da soli, non esistiamo. Parlare dell’altro è parlare di coscienza e la nostra coscien- za del mondo non è più la stessa in questo 2020, in cui stiamo vivendo un “dopo” che non si ripeterà più, e un “ora” che deve essere costru- ita in modo ponderato.
Gli altri sono la cultura, il corpo e la ricchezza della civiltà, que- sto incontro con gli altri, questo divario (e non una differenza) tra gli altri e noi, è una terra di crea- zione e di conoscenza. Gli artisti che parlano degli altri, parlano di tutta l’umanità. Per questo ho naturalmente accet- tato l’invito a partecipare all’e- dizione 2019 di The Others art Fair. Quello che propone questa fiera d’arte è una nuova forma di relazione con il lavoro degli artisti, al di fuori dei percorsi co- nosciuti di fiere tradizionali. The Others, guidata da Lorenzo Bru- ni e dal suo team, ha capito di dover offrire opzioni diverse per gli artisti, come sono le residen- ze, sono - per gli artisti, prender- li e fare ciò che ritengono giusto per il loro lavoro, perché un ar- tista non è definito da una re- sidenza, da una mostra, da una partecipazione ad una fiera... un artista ha bisogno solo di se stesso per esistere. THE OTHERS AWARDS
La decisione del comitato di The Others di selezionare Hedi Jaansso come artista meritevole di vincere la resi- denza è stata eccellente, poi- ché il genere di residenza che propongo parla degli altri, par- la di tutta questa umanità che, oggi più che mai, ha bisogno di un cambiamento radicale, senza compromessi, nell’inte- sa con la natura, abbiamo un imperativo bisogno di impa- rare dalle nostre deviazioni, di imparare a riapprendere. “L’altro è vicino e lontano” Cit. Charles Baudelaire Felipe van Cauwelaert Direttore Galerie van Cauwelaert, Berlino THE OTHERS AWARDS
ACCADEMIE ACCADEMIE ACCADEMIE ACCADEMIE ACCADEMIE ACCADEMIE
AANT S O C I A L E M AG A Z I N E T H E O T H E R S A R T FA I R di Giulia Cecconi e Gianluca di Maula
L’edizione 2019 di The Others Art Fair si è tenuta presso il complesso dell’ex ospeda- le militare Riberi in Corso IV Novembre, a Torino. Le date previste per l’apertura al pub- blico dell’evento prevedeva- no quattro giorni di fiera, dal 31 Ottobre al 3 Novembre. Gli studenti del team AANT, addetti all’amministrazione e gestione dei canali social della fiera, sono arrivati sul posto un giorno prima dell’apertu- ra al pubblico per reperire ed elaborare il materiale neces- sario. Fin dall’arrivo, i mem- bri del team hanno provve- duto a prendere contatti con i vari galleristi - italiani ed esteri - per le consuete pro- cedure di tutela della privacy per la condivisione di conte- nuti multimediali inerenti alle opere presentate. Durante l’allestimento della fiera sono state scattate foto e girati video che, adeguatamente post-prodotti dagli studen- ti AANT di Graphic Design, sono stati utilizzati durante le pubblicazioni social. Dalle quarantanove gallerie coinvol- te nella fiera, fra artisti italiani e stranieri, sono stati reperiti e sviluppati materiali per l’in- tera durata dell’evento. Il team AANT si è anche oc- cupato, su richiesta dell’or- ganizzazione della fiera, di comunicare tramite i canali social la presenza della WEB TV, un canale culturale in- stituito accuratamente per la fiera di The Others e che ha ospitato artisti, galleristi, critici ed esperti nel campo dell’arte. Il fine principale del canale WEB TV è stato di tra- smettere esperienze perso- nali di fiera, concept artistici
A e piccole anticipazioni per le future esposizioni. Tali azioni hanno suscitato un sensibile coinvolgimento del pubblico sia durante che dopo la fiera: C curatori, studenti e pubblico hanno contribuito in modo esemplare per la riuscita del progetto. Invece, la strategia di social media marketing svolta dall’A- C ANT si è mossa su un doppio binario: da un lato, la creazio- ne di una texture grafica con il fine di un feed il più possibile omogeneo; dall’altro, la rile- vante pubblicazione di post A pre, durante e dopo l’evento è stata gestita mediante l’uti- lizzo di hashtag specifici con il risultato di un incremento di followers e interazioni sopra la media desiderata. Fin dal day D one, il team AANT suddiviso per aree di competenza, si è occupato in primis di reperire tutto il materiale fotografico, informativo e testuale da po- E ter poi riadattare in termini grafici e di content per i social. Una delle prime attività è sta- ta quella di tradurre il materia- le raccolto in un concept ben preciso da poter poi veicolare M mediante hashtag per per- mettere all’algoritmo di insta- gram di mettere in prima linea le pubblicazioni. La sinergia tra concept grafico e indicizza- zione mirata ha permesso un I flusso di lavoro inarrestabile che ha portato un risultato in termini di numeri molto signi- ficativo, ma principalmente ha permesso a The Others di po- ter da un lato, dare visibilità E maggiore ai vari galleristi e curatori; dall’altro, far cono- scere il proprio nome ad un pubblico più ampio.
Questa azione è stata possi- bile non solo da una pubbli- cazione mirata e coordinata, ma anche ad un’incessabi- le pubblicazioni di vita reale all’interno della fiera median- te l’utilizzo delle stories di In- stagram: il pubblico poteva visionare o rivivere da mobile cosa succedeva o ciò che ave- va vissuto durante l’evento.A tal proposito, la studentessa Giulia Cecconi è stata indi- spensabile: la sua velocità e coordinazione di reperimento di materiale artistico ha per- messo a tutto il team di avere contenuti sempre nuovi e di qualità. Ivan, Michael, Miche- le e Daniele sono stati altresì indispensabili in quanto la loro sinergia comunicativa e di la- voro ha permesso di arricchire graficamente e comunicativa- mente tutto il feed Instagram di The Others. Alla gestione della pubblica- zione, indicizzazione e scrit- tura copy, il nostro studente Gianluca Di Maula ha svolto un’azione mirata, istantanea ed equilibrata che ha consen- tito all’algoritmo di instagram di elevare ogni singolo post pubblicato con il risultato po- sitivo in termini di incrementi di interazione e comunicazio- ne.
La direttrice di AANT Rossana Quarta si è occupata, in qua- lità di supervisore del team, di amministrare ogni singolo passaggio o pubblicazione. La sua esperienza è stata deter- minante per il successo di tut- to il gruppo. In conclusione, l’esperienza fieristica ha sicu- ramente arricchito il bagaglio di ogni singolo studente, ren- dendo possibile un incontro tra più realtà accademiche ed artistiche. AA NT
BRERA I N T E RV I S T E E VIDEO D O C U M E N TA Z I O N E T H E O T H E R S A R T FA I R di Caterina Migliore ed Elena Castiglia.
L’edizione del 2019 di The Others si è svolta dal 31 ot- tobre al 3 novembre e gli stu- denti di Brera arrivano presso la sede della manifestazio- ne - l’ex ospedale militare Alessandro Riberi in corso IV Novembre 80 a Torino - un paio di giorni prima, muniti di attrezzature video per le ri- prese, microfoni e notebook, pronti per iniziare il lavoro sul campo. Dopo una prima fase di sopralluogo del posto, in cui hanno familiarizzato con gli spazi spogli, ma estre- mamente suggestivi dell’ex ospedale militare, gli studen- ti si sono dedicati alla cono- scenza degli ospiti della fiera. The Others 2019 ha coinvolto quarantanove progetti espo- sitivi italiani ed esteri, cinque performance distribuite in due giornate, ed infine una webTv in cui i membri del board cu- ratoriale della manifestazione dialogano e riflettono su al- cuni temi, relazionandosi con importanti professionisti del sistema dell’arte contempo- ranea italiana e non solo. Gli studenti di Brera sono stati immediatamente coinvolti dal team organizzativo della fiera, che li ha invitati a documen- tare le fasi di allestimento pre-inaugurazione, seguendo lo staff al lavoro e iniziando ad interagire con i curatori e gli artisti dei vari espositori. L’at- mosfera inclusiva e frenetica dei preparativi ha permesso di iniziare ad immaginare i diversi contenuti da sviluppa- re durante i giorni effettivi di apertura al pubblico. Tra inter- viste, dialoghi rubati e riprese casuali, i risultati emersi sono stati essenzialmente
A documentativi; tuttavia, es- sendo costituiti da una ricer- ca di contenuti per immagini, sono anche un ricco punto di partenza per la realizzazione C di una potenziale piattaforma di discussione e comunicazio- ne, che vada oltre la durata della manifestazione. Il lavoro principale è stato C quello di intervistare tutti i quarantanove espositori du- rante i quattro giorni di fie- ra, dando spazio a riflessioni specifiche per ogni progetto. Il clima di libertà creativa ha A permesso agli studenti di Bre- ra di estrapolare qualche com- mento riguardo la fiera anche agli ospiti della webtv, tra cui di seguito alcuni esempi delle testimonianze raccolte: Cor- D nelia Lauf, storica dell’arte e curatrice; Massimo Melot- ti, critico d’arte e sociologo; Giorgio Fasol, collezionista; Gianni Melotti, fotografo; Lau- E ra Cherubini, storica dell’arte e docente di storia dell’arte contemporanea – Accademia di Brera; Elio Grazioli, scrit- tore, critico d’arte e curato- re; Giacinto Di Pietrantonio, M storico dell’arte e curatore, Ester Coen, storica dell’arte, curatrice e scrittrice; Umberto Croppi, presidente della Qua- driennale di Roma e altri. I Procedendo con questa mo- dalità di lavoro gli studenti hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con le di- verse realtà che compongono un sistema dell’arte aperto E alla sperimentazione come The Others; in fiera erano in- fatti presenti artist-run spa- ces, gallerie giovani, collettivi di artisti, associazioni cultu-
rali e gallerie più consolida- te, che presentavano artisti emergenti al fianco di alcuni nomi più conosciuti. Le inter- viste ai galleristi e agli artisti, ai membri dei collettivi o del- le associazioni - tutti molto aperti e disponibili al dialogo - si sono sviluppate attraver- so domande aperte, in modo tale da accogliere l’intervista- to in un contesto amichevo- le, che ha permesso una pre- sentazione spontanea dello spazio gestito, del progetto proposto e del rapporto con The Others come fiera an- ti-convenzionale. Il risultato di questo approccio e que- sta modalità di lavoro è la produzione di una raccolta ampissima di materiale, poi rielaborato e pubblicato nelle settimane successive ai gior- ni di apertura della fiera. L’attenzione delle teleca- mere tuttavia non è stata rivolta soltanto ai principa- li attori dell’arte (esposito- ri e ospiti della webtv), ma anche al pubblico vario e a tutti i fruitori di questa ma- nifestazione, con l’intento di restituire per immagini vi- deo l’atmosfera della fiera e i suoi obiettivi. Gli studenti di Brera sono così riusciti a dare voce agli spettatori, al- cuni componenti dello staff, ufficiali militari e partners dei foodtrucks, nell’ottica di presentare il contesto in cui una manifestazione d’arte contemporanea opera e si sviluppa. Una visione a 360° che comprendesse anche le dimensioni che siamo soliti vedere come marginali, ma che in realtà contribuiscono a rendere l’esperienza comple- ta e inclusiva.
Durante i giorni della fiera i ragazzi di Brera sono stati im- pegnati in diverse operazioni, attive su più fronti: la creazio- ne di contenuti video specifici, il caricamento di quest’ultimi nel canale YouTube e la ricer- ca di altre modalità di comu- nicazione. In conclusione, gli studenti hanno sviluppato un piano editoriale così suddivi- so: 3 video di riassunto delle singole giornate, in cui si mo- strano momenti di connessio- ne tra il pubblico e le opere, tra i vari protagonisti della fie- ra e immagini documentative dello spazio; 2 video chiamati “Prospettive”, in cui abbiamo scelto personaggi di contorno particolarmente significativi legati al luogo che parlassero della relazione con lo spazio e l’importanza della manifesta- zione per il territorio di Torino; infine 2 video di documenta- zione delle performance di Re-Flow e della coreografa Elisabetta Consonni. Inoltre non è mancato un la- voro di ricerca di immagini che ha permesso la creazione di elementi visivi interessanti e importanti per la ricerca di chi in particolare si occupa di fotografia. L’esperienza The Others 2019 si è rivelata profondamente formativa, perché ha dato la possibilità di entrare in con- tatto in modo concreto con diversi personaggi del siste- ma dell’arte contemporanea, oltre al fatto di essere stati inclusi all’interno dell’organiz- zazione di una manifestazione complessa che punta alla ri- cerca e al coinvolgimento; ciò per esempio ha permesso di comprenderne i punti di forza e i limiti.
Da un punto di vista tecnico gli studenti hanno imparato a lavorare sul campo, a coglie- re spontaneamente spunti di riflessione e possibilità di dia- logo e confronto su tematiche inerenti le peculiarità del mon- do dell’arte contemporanea e la sua relazione con una realtà cittadina attiva culturalmente come Torino. Per quanto ri- guarda l’aspetto più teorico, gestito in particolare dalle stu- dentesse di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali, l’espe- rienza torinese ha permesso di ragionare su tematiche fon- damentali per comprendere il contemporaneo, attraverso un esercizio di dialogo con di- versi tipi di interlocutori, più o meno esperti. La concezione delle domande, la necessità di improvvisazione nel gestire gli spazi di dialogo e l’organiz- zazione dei tempi sono stati elementi di sfida che hanno consentito di apprendere me- todologie fondamentali per un lavoro di questo tipo in futuro. La collaborazione del gruppo è stata immediata nonostan- te formazione e competenze diverse, rendendo possibile la gestione di una mole di lavo- ro notevole. Riguardo il lavo- ro degli studenti di Cinema e Fotografia, con il passare dei giorni della fiera si è verificato un miglioramento nel velociz- zare la scelta delle inquadra- ture, provando al contempo a sviluppare una continuità - non solo dal punto di vista contenutistico ma proprio strettamente visuale - e ad individuare tempestivamente come utili degli elementi nuo- vi che sarebbero andati ad ar- ricchire la documentazione.
Il progetto di collaborazio- ne con The Others Art Fair è stato portato avanti fino alla conclusione delle pubblicazio- ni, che riguardano diversi con- tenuti raccolti durante il sog- giorno a Torino: interviste ai vari espositori, testimonian- ze del pubblico e degli ospiti della webTv, commenti degli addetti ai lavori, documenta- zione di performance e premi, ed infine suggestioni visive catturate durante la fiera. L’esperienza sul campo per futuri professionisti del setto- re, quali gli studenti di Brera aspiriamo ad essere, è stata fondamentale per prendere le misure con il lavoro di una ma- nifestazione di tale portata. E’ nella speranza di questi ragaz- zi avere sempre più spazio e opportunità di essere coin- volti in realtà indipendenti ed emergenti come The Others Art Fair, una fiera carica di forza creativa e organizzativa, che ha saputo influenzare ed ispirare il lavoro degli studenti coinvolti. Le collaborazioni con gli istitu- ti universitari o accademici, a prescindere dalla tipologia di corso o facoltà, sono di fonda- mentale importanza per una realizzazione progettuale di successo.
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