Suini, pronto decreto Mipaaf che risolve questione origine genetica per produzione Dop e Igp. Eccolo - Agricolae

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Suini, pronto decreto Mipaaf
che risolve questione origine
genetica per produzione Dop e
Igp. Eccolo
Predisposto al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
il decreto riguardante la lista positiva dei tipi genetici che
rispondano ai criteri delle produzioni del suino pesante
indicati nei disciplinari delle DOP e IGP per quanto riguarda
la suinicoltura.

Alcune procedure previste dai disciplinari del circuito delle
denominazioni nel corso degli anni hanno evidenziato infatti
diverse criticità nell’individuare i tipi genetici ottenuti da
schemi di selezione o incrocio attuati con finalità non
incompatibili con quelle del libro genealogico italiano per la
produzione del suino pesante e per quanto riguarda il
controllo sull’esatta origine genetica del verro padre dei
suini destinati alla produzione DOP.

I due capo dipartimento, Saverio Abate e Giuseppe Blasi,
scrivono al ministro Stefano Patuanelli per metterlo al
corrente della problematica e predispongono un decreto che
possa risolvere la questione.

Ritenendo che occorre prevedere per la sostituzione delle
scrofe già in uso ma che non rispondono ai criteri delle
produzioni DOP e IGP, un periodo di 36 mesi decorrente dalla
data del decreto di rigetto.

Il decreto sostituisce di fatto il capoverso aggiunto dopo il
comma 4 dell’articolo 3 del decreto Mipaaf (recante le
modalità per l’ammissione e controllo dei tipi genetici che
rispondano ai criteri delle produzioni del suino):
“In considerazione dei tempi biologici necessari ai cicli
riproduttivi e di quelli di allevamento dei suini pesanti
nonché allo scopo di consentire l’ordinato reimpiego degli
animali per i tipi genetici che risultano già in uso per la
produzione di suini nell’ambito dei circuiti DOP e IGP il
provvedimento di rigetto della richiesta di iscrizione
stabilisce un periodo di 12 mesi durante il quale è possibile
l’utilizzo dei verri e di 36 mesi durante il quale è possibile
l’utilizzo delle scrofe nell’ambito dei circuiti DOP e IGP
dandone pubblicità sul sito Internet del ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali con le modalità di
comunicazione previste ai sensi del presente decreto”.

Qui di seguito AGRICOLAE pubblica il decreto:

DECRETO SUINI

Dop-Igp, Corte Ue: protette
anche da evocazioni e non
solo per i prodotti. In gioco
la garanzia della qualità e
sforzi per ottenerla
Ancora un capitolo sulla disputa che riguarda Francia e Spagna
sui termine Champanillo (usato per chiamare una catena di bar
di tapas) e sul segno distintivo che raffigura due coppe
riempite di una bevanda di spumante.

La Corte di Giustizia Ue parla chiaro: il regolamento Ue
protegge le DOP da condotte relative sia a prodotti che a
servizi. E non solo, precisa che: puòsussistere evocazione di
una IGP o di una DOP qualora, trattandosi di prodotti di
apparenza analoga, vi sia un’affinità fonetica e visiva tra
l’IGP o la DOP e il segno contestato.

In gioco c’è la garanzia di qualità dovuta alla loro
provenienza geografica, allo scopo di consentire agli
operatori agricoli che abbiano compiuto effettivi sforzi
qualitativi di ottenere in contropartita migliori redditi e di
impedire che terzi si avvantaggino abusivamente della
notorietà discendente dalla qualità di tali prodotti.

In sostanza secondo la Corte Ue la nozione di «evocazione» si
estende all’ipotesi in cui il segno utilizzato per designare
un prodotto incorpori una parte di una indicazione geografica
protetta (IGP) o di una DOP, di modo che il consumatore, in
presenza del nome del prodotto di cui trattasi, sia indotto ad
aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che
fruisce di detta indicazione o denominazione.

GB possiede dei bar di tapas in Spagna e utilizza il segno
CHAMPANILLO per designare e promuovere i suoi locali. Nelle
sue pubblicità
              , egli utilizza un supporto grafico raffigurante
due coppe riempite di una bevanda spumante.

Il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (CIVC),
organismo per la tutela degli interessi dei produttori di
champagne, ha adito i giudici spagnoli al fine di ottenere che
sia vietato l’uso del termine champanillo (che in lingua
spagnola significa «piccolo champagne») in quanto l’uso di
tale segno costituisce una violazione della denominazione
d’origine protetta (DOP) «Champagne».

Adita in appello, l’Audiencia Provincial de Barcelona (Corte
provinciale di Barcellona, Spagna) ha chiesto alla Corte di
giustizia di interpretare il diritto dell’Unione in materia di
protezione dei prodotti DOP qualora il termine champanillo sia
utilizzato nel commercio per designare non già prodotti ma
servizi.

La Corte di Giustizia Ue precisa, in via preliminare, che, nel
caso di specie, trova applicazione il regolamento recante
organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli 1 e,
in particolare, la disposizione 2 relativa alle condotte che
non utilizzano ne   ́ direttamente ne  ́ indirettamente la
denominazione protetta stessa, ma la suggeriscono in modo tale
che il consumatore sia indotto a stabilire un sufficiente
nesso di vicinanza con quest’ultima.

In primo luogo, la Corte dichiara che il regolamento protegge
le DOP da condotte relative sia a prodotti che a servizi.
Detto regolamento, infatti, e   ̀ diretto essenzialmente a
garantire ai consumatori che i prodotti agricoli muniti di
un’indicazione geografica registrata presentino, a causa della
loro provenienza da una determinata zona geografica, talune
caratteristiche particolari. Essi offrono pertanto una
garanzia di qualità dovuta alla loro provenienza geografica,
allo scopo di consentire agli operatori agricoli che abbiano
compiuto effettivi sforzi qualitativi di ottenere in
contropartita migliori redditi e di impedire che terzi si
avvantaggino abusivamente della notorietà discendente dalla
qualità di tali prodotti.

Il regolamento predispone dunque una protezione ad ampio
raggio destinata ad estendersi a tutti gli usi che sfruttano
la notorietà associata ai prodotti protetti da una di tali
indicazioni. Date tali circostanze, la Corte considera che
un’interpretazione dell’articolo 103, paragrafo 2, lettera b),
di detto regolamento che non consenta di proteggere una DOP
quando il segno controverso designa un servizio non solo non
sarebbe coerente con l’ampia portata riconosciuta alla
protezione delle indicazioni geografiche registrate, ma non
consentirebbe di conseguire pienamente tale obiettivo di
protezione, dal momento che la notorietà di un prodotto DOP
può essere indebitamente sfruttata anche quando la pratica
prevista da tale disposizione riguarda un servizio.

In secondo luogo, la Corte rileva che il regolamento non
contiene indicazioni riguardo al fatto che la protezione
contro qualsiasi evocazione sarebbe limitata alle sole ipotesi
in cui i prodotti designati dalla DOP e i prodotti o i servizi
per i quali e  ̀ utilizzato il segno controverso siano
«comparabili» o «simili», ne ́ nel senso di un’estensione di
tale protezione ai casi in cui il segno si riferisca a
prodotti o servizi non simili a quelli che beneficiano della
DOP.

Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di
«evocazione» si estende all’ipotesi in cui il segno utilizzato
per designare un prodotto incorpori una parte di una
indicazione geografica protetta (IGP) o di una DOP, di modo
che il consumatore, in presenza del nome del prodotto di cui
trattasi, sia indotto ad aver in mente, come immagine di
riferimento, la merce che fruisce di detta indicazione o
denominazione.

Inoltre, può sussistere evocazione di una IGP o di una DOP
qualora, trattandosi di prodotti di apparenza analoga, vi sia
un’affinità fonetica e visiva tra l’IGP o la DOP e il segno
contestato. Tuttavia, ne
                       ́ la parziale incorporazione di una DOP
in un segno che contraddistingue prodotti o servizi non
protetti da tale denominazione, ne ́ l’identificazione di una
similaritàfonetica e visiva del segno con detta denominazione
costituiscono condizioni che devono essere obbligatoriamente
soddisfatte per accertare l’esistenza di un’evocazione di tale
medesima denominazione. L’evocazione può infatti risultare
anche da una «vicinanza concettuale» tra la denominazione
protetta e il segno di cui trattasi.

La Corte considera che, per quanto riguarda la nozione di
«evocazione», il criterio determinante è quello di accertare
se il consumatore, in presenza di una denominazione
controversa, sia indotto ad avere direttamente in mente, come
immagine di riferimento, la merce protetta dalla DOP,
circostanza che spetta al giudice nazionale valutare tenendo
conto, se del caso, dell’incorporazione parziale di una DOP
nella denominazione contestata, di un’affinità fonetica e/o
visiva di tale denominazione con tale DOP, o ancora di una
vicinanza concettuale tra detta denominazione e detta DOP.

Secondo la Corte, per accertare l’esistenza di un’evocazione e
                                                             ̀
essenziale che il consumatore stabilisca un nesso tra il
termine utilizzato per designare il prodotto in questione e
l’IGP. Detto nesso deve essere sufficientemente diretto e
univoco. L’evocazione può quindi essere accertata solo
mediante una valutazione globale del giudice nazionale che
comprenda l’insieme degli elementi rilevanti della causa.

Di conseguenza, la nozione di «evocazione», ai sensi del
regolamento, non esige che il prodotto protetto dalla DOP e il
prodotto o il servizio contrassegnato dalla denominazione
contestata siano identici o simili.

La Corte ha precisato che, nel valutare l’esistenza di una
tale evocazione, si deve fare riferimento alla percezione di
un consumatore europeo medio, normalmente informato e
ragionevolmente attento e avveduto. Secondo la giurisprudenza,
la protezione effettiva e uniforme delle denominazioni
protette su tutto il territorio dell’Unione esige che non si
tenga conto delle circostanze che possano escludere
l’esistenza di un’evocazione per i consumatori di un solo
Stato membro. Resta comunque il fatto che, per attuare la
protezione prevista, l’esistenza di un’evocazione può essere
valutata anche con riferimento ai consumatori di un solo
Stato.

La Corte conclude che l’articolo 103, paragrafo 2, lettera b),
del regolamento deve essere interpretato nel senso che
l’«evocazione» di cui a tale disposizione, da un lato, non
richiede, quale presupposto, che il prodotto che beneficia di
una DOP e il prodotto o il servizio contrassegnato dal segno
controverso siano identici o simili e, dall’altro, si
configura quando l’uso di una denominazione produce, nella
mente di un consumatore europeo medio, normalmente informato e
ragionevolmente attento e avveduto, un nesso sufficientemente
diretto e univoco tra tale denominazione e la DOP.

L’esistenza di un tale nesso può risultare da diversi
elementi, in particolare, dall’incorporazione parziale della
denominazione protetta, dall’affinità fonetica e visiva tra le
due denominazioni e dalla somiglianza che ne deriva, e anche
in assenza di tali elementi, dalla vicinanza concettuale tra
la DOP e la denominazione di cui trattasi o ancora da una
somiglianza tra i prodotti protetti da tale medesima DOP e i
prodotti o servizi contrassegnati da tale medesima
denominazione.   Nell’effettuare tale valutazione, spetta
all’Audiencia    Provincial de Barcelona prendere in
considerazione tutti i fattori pertinenti connessi all’uso
della denominazione di cui trattasi.

Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati
membri, nell’ambito di una controversia della quale sono
investiti,     di   interpellare     la   Corte   in   merito
all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di
un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia
nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa
conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione
vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga
sottoposto un problema simile.

Era già stato scritto:

 Dop Sounding, Corte Ue: stop parassitismi denominazioni, non
 solo da parte dei prodotti ma anche da ristorazione e
 servizi. Ora la palla a tutti i paesi
Report Istat su Dop, Igp e
Stg: prosegue nel 2019 la
crescita dei prodotti di
qualità. Bene al Sud
Prosegue la crescita dei prodotti italiani di qualità
riconosciuti dalla Ue. E’ quanto emerge nel Report Istat sui
prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg per l’anno
2019.

Sono 300 i prodotti agroalimentari italiani di qualità
riconosciuti nell’Ue al 31 dicembre 2019.

E’ pari al 41,2% la quota di operatori Dop, Igp e Stg nel
Mezzogiorno mentre è al 15,7% la quota ‘rosa’ di operatori
nelle produzioni di qualità. 31% nel settore degli Oli
extravergine di Oliva.

Nel 2019 gli operatori certificati nel settore agroalimentare
di qualità sono oltre 87.000, in lieve calo rispetto al 2018.

I produttori di qualità in Sardegna rappresentano il 22,2% del
totale nazionale e gestiscono quasi il 43% degli allevamenti.

Tra i prodotti zootecnici cui fa capo il maggior numero di
allevamenti si confermano il Pecorino Romano, il Pecorino
Sardo e l’Agnello di Sardegna

Torna a salire, dopo il calo registrato nell’anno precedente,
la quota femminile fra gli operatori.

 Report Istat su prodotti agroalimentari: produttori e
 operatori in crescita nel Mezzogiorno
Report Istat su prodotti agroalimentari: leggera flessione
carni fresche

Report Istat su prodotti agroalimentari: numerosi           i
produttori in Lombardia per preparazione di carni

Report Istat su prodotti agroalimentari: stazionario il
settore dei Formaggi

Report Istat su prodotti agroalimentari: al settore
Ortofrutta e cereali il maggior numero di riconoscimenti

Report Istat su prodotti agroalimentari: Oli extravergine di
oliva è il settore più rosa

Report Istat su prodotti agroalimentari: prosegue la crescita
dei produttori negli altri settori

Report Istat su prodotti
agroalimentari: produttori e
operatori in                     crescita              nel
Mezzogiorno
Produttori e operatori in crescita nel Mezzogiorno

Nel 2019 si registra a livello nazionale un lieve calo degli
operatori (-1,6%) e dei produttori (-2,1%) dovuto
principalmente alla flessione nelle regioni del Nord. Al
contrario, nel Mezzogiorno prosegue il trend positivo già
emerso negli anni precedenti sia per i produttori (+4,6) che
per gli operatori (+4,8%), anche per effetto dell’ingresso
dell’Olio di Puglia e dell’incremento registrato nel comparto
degli ‘Altri prodotti di origine animale’ (che include la
Ricotta di Bufala Campana). Al Centro la situazione è
sostanzialmente stazionaria. Prosegue invece il calo dei
trasformatori (-5,7%) in tutte le ripartizioni territoriali.

Sull’aumento registrato nel Mezzogiorno ha inciso anche la
modifica del Disciplinare di Produzione della Ricotta di
Bufala Campana. Con questa modifica tutti gli allevamenti
della Mozzarella di Bufala Campana presenti in Puglia, Molise
e Campania (nel Mezzogiorno) e nel Lazio (al Centro) devono
infatti essere registrati anche come allevamenti della Ricotta
di Bufala Campana.

Oltre il 41% dei produttori si trova nelle aree meridionali.
Nella sola Sardegna opera il 22,2% del totale dei produttori,
seguono la Toscana (14,7%) e il Trentino-Alto Adige (12,8%).
La radicata tradizione di queste regioni in alcune produzioni
di qualità ha favorito lo sviluppo e l’incremento della loro
specializzazione. In Sardegna è particolarmente forte la
produzione lattiero-casearia e quasi il 74% dei produttori
della regione è attivo nel settore dei formaggi. In Toscana è
molto diffusa l’attività olivicola-olearia (dei 12.029
produttori della regione, 10.232 sono nel settore degli Oli
extravergine di oliva: pari a circa l’85%) mentre in Trentino-
Alto Adige quasi l’89% dei produttori della regione opera nel
settore ortofrutticolo.

A conferma della ‘tipicità’ dei territori, gli allevamenti
sono presenti soprattutto in Sardegna (42,9% delle strutture),
in Lombardia (12,3%) e in Emilia-Romagna (9%).

La superficie agricola è destinata quasi esclusivamente alla
produzione olivicola-olearia e ortofrutticola. Toscana
(27,8%), Puglia (20,6%) e Sicilia (13,3%) sono le regioni con
la maggior quota di superficie investita in produzioni Dop e
Igp rispetto al totale nazionale. All’olio extravergine di
oliva è destinato oltre il 95% della superficie utilizzata in
Toscana e in Puglia e quasi il 62% in Sicilia (mentre il 36,4%
è riservato al settore ortofrutticolo).

Nel 2019, il 42,6% dei trasformatori si distribuisce tra
Emilia-Romagna (18,8%), Toscana (14,5%) e Campania (9,2%). In
Emilia-Romagna si localizza oltre il 40% dei trasformatori
(ossia macellatori, elaboratori e porzionatori) operanti nella
preparazione di carni e il 33,5% di quelli presenti nella
filiera lattiero-casearia. In Toscana, quasi il 63% dei
trasformatori svolge la propria attività come molitore e/o
imbottigliatore nel settore olivicolo-oleario. Più articolata
è la specializzazione della Campania, anche se il 47% dei
propri trasformatori è macellatore e/o elaboratore e/o
porzionatore nel settore delle carni fresche.

Parmigiano Reggiano e Grana
Padano, le due Dop italiane
più importanti in Italia e al
mondo   insieme   contro   il
Nutriscore
I sistemi di etichettature a semaforo sono “pratiche svalorizzanti”: i
Consorzi del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano non autorizzeranno
le etichette degli operatori della filiera che inseriranno tali
informazioni sul packaging delle due DOP.

I Consorzi del Formaggio Parmigiano Reggiano e del Formaggio Grana
Padano per la prima volta si sono riuniti in un Cda congiunto per dire
no al sistema Nutriscore nel rispetto di uno dei compiti importanti a
loro assegnati: “adottare misure per la valorizzazione dei prodotti e,
se necessario, adottare provvedimenti volti a impedire o contrastare
misure che sono o rischiano di essere svalorizzanti per l’immagine dei
prodotti.”(Reg. 1151/2012 ai sensi dell’art. 45).

In Europa si stanno diffondendo sistemi di etichettatura nutrizionale
legati al principio della comunicazione a semaforo: una scala
cromatica che va dal verde al rosso associata ad una alfabetica (dalla
lettera A alla lettera E). Ad ogni alimento, attraverso un algoritmo
che tiene conto delle calorie, della quantità di grassi e zuccheri,
vengono quindi attribuiti un colore ed una lettera parametrati ad una
quantità di prodotto standard (es. 100 gr).

Gli strumenti basati su tali principi di classificazione sono
fuorvianti e ingannevoli per il consumatore. Infatti, il consumo reale
dei prodotti si lega su quantità assolute che non corrispondono alla
quantità posta alla base dell’algoritmo. Es. la dose media di un
formaggio in una pietanza può essere da 20 a 40 gr., quella di olio
extravergine da 10 a 20 gr, e magari per altri prodotti il consumo è
maggiore a 100 gr (pasta o patate o frutta).

Inoltre,   i   sistemi   in   questione   non   tengono   in   alcun   conto
l’equilibrio fra i diversi alimenti nella dieta, né le caratteristiche
organolettiche complessive del prodotto stesso. In particolare, i
formaggi vengono penalizzati per la presenza dei grassi, trascurando
il fatto che i formaggi apportano molti nutrienti strategici: calcio,
acidi grassi funzionali, vitamine liposolubili, aminoacidi essenziali,
cioè elementi preziosi per un’alimentazione sana, bilanciata ed
equilibrata.

In questo senso, si ritiene che il sistema Nutriscore, in quanto
basato su una informazione generica e certamente non educativa per il
consumatore, tradisca in realtà il fine ultimo che si prefiggeva,
ovvero garantire scelte salutari, bilanciate e corrette dal punto di
vista nutrizionale e salutistico.

Dal punto di vista dei prodotti Dop in oggetto, si ritiene che
informazioni al consumatore per la corretta e sana nutrizione siano
importantissime.    Per   raggiungere      davvero   questo   obiettivo   gli
strumenti idonei devono essere basati su principi di educazione
alimentare legati alla dieta complessiva ed alla divulgazione delle
dosi consigliate ed in ogni caso realistiche dei singoli prodotti.

Viceversa, l’utilizzo di etichette a semaforo basate su quantitativi
di riferimento scollegati alla dieta ed alla razione consigliata, sono
strumenti ingannevoli rispetto alla reale natura del prodotto singolo,
atteso che risultano parametrati su quantità ben difficilmente
consumate nella pratica.

Si pensi che, in base al Nutriscore, il Parmigiano Reggiano e il Grana
Padano sarebbero classificati con colore arancio. Ma un piatto di
pasta con 80 gr di pasta, 20 gr di olio extravergine e 20 gr di
formaggio Duro DOP, sarebbe – nel suo complesso – verde. Per questo
motivo gli strumenti di etichettatura basati sul principio a semaforo
sono da considerare una pratica svalorizzante della Dop perché
disincentivanti il consumo del prodotto senza un motivo oggettivo di
tipo nutrizionale. L’obiettivo è insegnare il consumo consapevole
delle   quantità   corrette   e   tenere    conto    delle   caratteristiche
organolettiche complessive del prodotto.

Per questo motivo, salvo il caso in cui ci si trovi di fronte ad un
obbligo di legge, il Consorzio (gruppo) in applicazione dei compiti
conferiti dal Reg. 1151/2012, art. 45, lett. “f” è tenuto ad attivare
tutte le azioni ritenute necessarie a contrastare tali pratiche.

Per questo motivo, il Consiglio di amministrazione ha deliberato
all’unanimità il seguente testo:

“I sistemi di etichettatura nutrizionali a semaforo basati su
quantitativi di riferimento scollegati dalla dieta e dalla razione
consigliata – salvo i casi in cui si tratti di norme cogenti nazionali
o comunitarie – sono considerati misura svalorizzante l’immagine della
Dop Parmigiano Reggiano / Grana Padano ai sensi dell’Reg. 1151/2012,
art. 45, lett. “f””.

Pertanto, in tutti i casi in cui venisse richiesto ad un operatore
della filiera, su base volontaria del compratore, di modificare
l’etichettatura del prodotto Dop inserendo l’etichetta a semaforo o
sistemi equivalenti che non abbiano riguardo alle quantità effettive
di Parmigiano Reggiano / Grana Padano consumate nella pratica e che
non forniscano alcuna indicazione riguardo alle quantità corrette nel
contesto di una dieta sana ed equilibrata, il Consorzio non potrà che
respingere la richiesta di autorizzazione della corrispondente
etichetta.

“Siamo scesi in campo, insieme agli amici del Grana Padano, contro un
sistema di etichettatura che non ha senso e che svalorizza l’immagine
del Parmigiano Reggiano che da sempre è considerato dai nutrizionisti
come un prodotto sano e naturale. Siamo certi che questo importante
passo possa essere di aiuto al Governo che si è già mosso in tal
senso. Si tratta di un atto di responsabilità che non va solo a
tutelare il nostro prodotto, ma che andrà a beneficio di tutti gli
altri   prodotti   dell’agroalimentare      di   qualità   che   verrebbero
ingiustamente puniti da un sistema senza un motivo oggettivo di tipo
nutrizionale”   ha   commentato    Nicola   Bertinelli,    presidente   del
Consorzio Parmigiano Reggiano.

“Le qualità nutrizionali fanno da anni del Grana Padano e del
Parmigiano Reggiano i prodotti a denominazione d’origine protetta più
amati dai consumatori e più imitati da concorrenti sleali, i primi a
beneficiare    quindi   di   questo   meccanismo   –   spiega   Renato
Zaghini, presidente del Consorzio Tutela Grana Padano – Nutriscore
nega le più consolidate e aggiornate indicazioni condivise da
nutrizionisti in tutto il mondo, che fanno dell’equilibrio tra
quantità e qualità degli elementi il punto di forza di una corretta
alimentazione a tutte le età. Forti di questi orientamenti della
scienza, invitiamo tutti i produttori delle eccellenze agroalimentari
italiane, partendo dalle DOP, ad un impegno comune a livello di
comunicazione e, sul piano istituzionale, a sostegno delle iniziative
avviate dal governo contro questo sistema di etichettatura, ricordando
che una cattiva informazione nutrizionale colpisce la corretta
alimentazione dei consumatori e non solo i produttori che investono in
qualità e sostenibilità”.

Oltre al Nutriscore, altri sono gli impegni importanti verso cui i due
consorzi stanno orientando il loro lavoro sinergico anche partendo
dall’ultima sentenza a favore del formaggio DOP francese Morbier che
ha posto un tassello molto forte contro le evocazioni. “Copiandoci
gusto, aspetto, pack e appellativi vari – affermano Bertinelli e
Zaghini – tantissimi concorrenti sfruttano la confusione e il bisogno
di risparmiare del consumatore. Per questo ci stiamo facendo sentire a
livello   politico      affinché   vengano    approvate    normative
incontrovertibili: sugli scaffali della Gdo è necessaria una netta
separazione tra prodotti Dop e non, oltre all’obbligo di indicare in
etichetta la provenienza e, per quanto riguarda la ristorazione,
l’obbligo di inserire nei menù i reali ingredienti impiegati in
cucina. La nostra arma vincente è infatti la consapevolezza del
consumatore, il quale deve scegliere liberamente ma deve anche sapere
che, per essere libero, deve essere prima consapevolmente informato”.

L’APPORTO NUTRIZIONALE DEL GRANA PADANO DOP E DEL PARMIGIANO REGGIANO
DOP
Se si fa riferimento ad una dieta consumata settimanalmente si può
valorizzare, dal punto di vista nutrizionale, ad es. l’apporto di
30-40 g di Grana Padano Dop o di Parmigiano Reggiano DOP su un piatto
di spaghetti. Il formaggio apporta proteine, delle quali gli spaghetti
sono carenti, apporta microrganismi da latte crudo, con effetti
postivi sul microbioma degli individui, migliora l’appetibilità del
cibo e può sostituire in modo controllato la cottura con sale della
pasta, venendo meglio incontro alle esigenze del singolo consumatore.

 Nutriscore, Campari e Cavandoli (Lega), con i consorzi contro
 etichettatura a semaforo

 Nutriscore, Lega: bene consorzi Parmigiano e Grana, fronte
 comune contro Nutriscore per intero sistema agroalimentare

 De Castro: storico incontro Grana Padano-Parmigiano Reggiano
 per dire no a Nutriscore

Mozzarella Bufala Campana
Dop, Patuanelli: Innovazione
ultima    possibilità    per
tutelare Made in Italy, ma
salvaguardare    storia    e
tradizione
“L’innovazione è l’ultima possibilità che abbiamo per
salvaguardare le tipicità che contraddistinguono il nostro
paese. Stiamo andando verso un mondo con sempre più persone e
sempre meno territorio coltivabile. Non vogliamo arrivare al
cibo sintetico per questo occorre implementare i sistemi di
gestione del territorio e questo lo possiamo fare grazie alla
sensoristica, all’agricoltura di precisione, al digitale.
Dunque tante progettualità, le risorse ci sono e molto
dipenderà dalla voglia di investire degli imprenditori.
L’innovazione non è una scelta ma l’unica possibilità che
abbiamo”.

Così il ministro Mipaaf Stefano Patuanelli nel corso della
conferenza stampa in occasione dei 40 anni del Consorzio di
tutela della mozzarella di bufala campana dop.

“Sul reddito di cittadinanza voglio precisare che questo aveva
due gambe, il sostegno al reddito e le politiche attive del
lavoro. Il Reddito è ancora uno strumento nuovo e a causa
della pandemia tutte le riforme hanno avuto un rallentamento.
Abbiamo però dato oltre un miliardo alle regioni per procedere
alle assunzioni tramite i centri dell’impiego. Il Reddito non
è il motivo per cui la gente non lavora, perché l’erogazione
media è sotto i 500 euro. Spesso invece il lavoro che viene
offerto non è stimolante, e non è un motivo valido per mettere
in crisi le politiche assistenziali” prosegue.

“I contratti di filiera devono garantire ai produttori di
poter fornire ai propri dipendenti contratti di lavoro
dignitosi. Diventa quindi essenziale riuscire a trasferire
nella filiera il valore aggiunto. Sono problemi complessi da
affrontare con serietà.

Stato non può intervenire solo dove c’è fallimento di mercato.

L’infrastruttura di rete ho cercato di portarla al tavolo
politico come elemento di discussione perché deve essere una
infrastruttura pubblica gestita dal pubblico e sulla quale
passano i servizi del mercato. Sarà poi il mercato a decidere
chi e quali servizi passano sulla rete pubblica” sottolinea
Patuanelli.

“Sui disciplinari. Dobbiamo innovare anche nel modo in cui i
prodotti Dop e Igp seguono i cambiamenti dei consumatori
perché le sensibilità aumentano, ma notiamo anche come i
consumatori portano sempre più la loro attenzioni verso
prodotti locali, sulla tipicità eq distintività. È vero che il
disciplinare deve essere aggiornato con più facilità e meno
burocrazia, ma è vero anche che il mantenimento della
tradizione e della storia di un prodotto crea maggiore
interesse nei consumatori. Serve trovare equilibrio tra la
tutela della tradizione e una minore burocrazia”.

Mozzarella Bufala Campana
Dop, Raimondo: Con reddito
cittadinanza italiani sul
divano,     extracomunitari
lavorano. Ora puntare su
export,    innovazione    e
formazione
“Lo stato valorizza molto poco le nostre eccellenze italiane e
tutte quelle aziende che lavorano per passione e non per
denaro, ma il futuro della filiera è nell’innovazione
tecnologica e nella formazione” dichiara il presidente del
Consorzio mozzarella di bufala campana Dop, Domenico Raimondo,
nel corso della conferenza stampa in occasione dei 40 anni del
Consorzio di tutela.

“Stiamo ormai andando verso l’innovazione 5.0, ma dobbiamo
ancora sperare che la linea telefonica arrivi nei campi. È
fondamentale realizzare le infrastrutture e farle poi arrivare
nei campi” prosegue.

“Bene il reddito di cittadinanza, ma a causa di questo
strumento non troviamo più lavoratori disposti a venire nelle
nostre aziende.

Meno male allora che ci sono gli extra comunitari che
lavorano, perché gli italiani stanno sul divano a prendere il
reddito di cittadinanza e a vedere Sky.

È uno strumento da gestire in modo diverso perché adesso è
aumentato il lavoro nero e lavora solo chi ha voglia,
guadagnando così più di chi lavora onestamente. Occorre fare
una riflessione e mettere mano a questa situazione”
sottolinea.

“Bisogna poi tenere alta l’attenzione verso i prodotti dop ma
occorre anche guardare al futuro, all’innovazione e alla
formazione. Dobbiamo prendere atto che la mozzarella la devono
mangiare a Caserta ma anche in Australia. Bisogna quindi
trovare il modo di portarla a tutti quei consumatori che nel
mondo vogliono assaggiarla. Bene perciò il chilometro zero ma
aumentiamo la redditività delle imprese se favoriamo l’export,
ma per fare ciò servono mezzi e strumenti. Su questo bisogna
lavorare” conclude.

Born in Tuscany, via alla
masterclass  con  DOP  IGP
toscane e distribuzione di
qualità italiana
Si terrà venerdì 28 maggio alle ore 15.30 il video-evento Born
in Tuscany, la masterclass formativa dedicata agli operatori
specializzati della distribuzione italiana per promuovere le
caratteristiche distintive di Pecorino Toscano DOP, Prosciutto
Toscano DOP e olio Toscano IGP, in modo da poterli
correttamente utilizzare sia nella distribuzione che nella
ristorazione, attraverso il giusto posizionamento commerciale
e gastronomico.

La classe sarà composta da 20 ospiti selezionati in Italia,
tra operatori della distribuzione e della ristorazione e
giornalisti del settore enogastronomico, all’interno del
progetto promosso dal Consorzio Olio Toscano IGP, Consorzio
Pecorino Toscano DOP e Consorzio Prosciutto Toscano DOP in
collaborazione con la Fondazione Qualivita, nell’ambito del
Programma di Sviluppo Rurale dellaRegione Toscana.

A guidare la diretta dell’evento sarà Aldo Fiordelli,
giornalista e critico gastronomico italiano, accompagnato
delle videoricette dello Chef Vito Mollica, Food and Beverage
Director del Four Seasons Hotel di Firenze, e dagli esperti
dei tre Consorzi di Tutela, pronti ad illustrare tutti i
dettagli delle rispettive filiere certificate.

L’evento si struttura come una vera e propria diretta
televisiva professionale completamente aperta all’interazione
con gli ospiti attraverso le funzionalità della piattaforma
Zoom.

Quattro sono i momenti salienti, a cominciare dalla
presentazione dei Consorzi di tutela e dei relatori per
raccontare valori e obiettivi del progetto. A seguire la
presentazione degli ospiti mentre il momento centrale
dell’iniziativa sono le tre presentazioni delle peculiarità
dei prodotti, tutte accompagnate da una degustazione
professionale tesa a definire i profili sensoriali delle
eccellenze toscane. Per concludere è previsto un momento di
interazione domanda-risposta, uno spazio di dialogo su aspetti
tecnici, produttivi e di business, tra gli ospiti e gli
esperti dei Consorzi di tutela. La Toscana della qualità
agroalimentare si racconta in virtù del primato italiano per
numero di prodotti certificati con un paniere di 89 DOP IGP,
di cui 31 del comparto agroalimentare e 58 di quello
vitivinicolo. Pecorino Toscano DOP, Prosciutto Toscano DOP e
olio Toscano IGP sono le maggiori filiere del settore
agroalimentare con un valore complessivo alla produzione che
sfiora i 100 milioni di euro, grazie ad oltre 12mila operatori
delle filiere che rendono questa eccellenze dei veri “prodotti
simbolo” regionali per le rispettive categorie. Ambasciatori
del made in Tuscany, rappresentano infatti circa l’80%
dell’export agroalimentare DOP IGP della regione, per un
valore di oltre 60 milioni di euro destinato a numerosi
mercati del mondo.

Alle origini del gusto: al
via la nuova campagna di
promozione per i 25 anni del
Consorzio Bitto e Valtellina
Casera
Le Dop Bitto e Valtellina Casera compiono un quarto di secolo.
Per celebrare i 25anni della registrazione dei due formaggi
simbolo della Valtellina tra le denominazioni di origine
protetta, il Consorzio di tutela lancia una nuova campagna di
promozione “Alle origini del Gusto” e un piano strategico di
investimenti sul territorio per il biennio 2021-2022 del
valore complessivo di 600mila euro.

Le iniziative, finanziate grazie ai fondi del PSR 2014-2020,
prevedono attività promozionali e turistiche sul territorio
(tra cui la partenza a luglio del primo cammino del Bitto e
del Valtellina Casera Dop), press tour, spot televisivi e
radiofonici su scala nazionale e locale, azioni sui social
media e iniziative di marketing nei supermercati e nei punti
qualità nazionali per tutto il biennio 2021-2022. Ad
annunciarlo oggi in conferenza stampa il vicepresidente del
Consorzio, Franco Marantelli Colombin, alla presenza
dell’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi
della Regione Lombardia, Fabio Rolfi.

“La Lombardia produce 14 dei 49 formaggi DOP italiani. I
prodotti agroalimentari DOP IGP della Lombardia hanno un
valore di produzione complessiva di 1,8 miliardi di euro, con
una crescita del 15% all’anno nel periodo per covid, pari al
23,2% del totale nazionale. – ha dichiarato Fabio Rolfi,
assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della
Regione Lombardia – Bitto e Casera sono due simboli della
Lombardia e dell’agricoltura di montagna.        L’indagine
realizzata su questi due prodotti ci dice che c’è ancora un
grande potenziale da sfruttare. La Regione è e sarà in prima
linea insieme al consorzio per promuovere a livello
comunicativo la qualità di questi formaggi eccezionali, per
farli conoscere al grande pubblico e dare così il giusto
valore al lavoro degli agricoltori”.

“Con questa campagna – ha spiegato Marantelli Colombin –
vogliamo rilanciare al grande pubblico due formaggi
espressione di un’antica tradizione casearia, tramandata sul
nostro territorio fin dal tempo dei Celti. Bitto e Valtellina
Casera sono due produzioni strategiche per la Valtellina, che
generano un fatturato di 13 milioni di euro e ogni anno danno
lavoro a 650 persone. Due formaggi – continua il
vicepresidente del Consorzio di Tutela Bitto e Valtellina
Casera – ancora poco conosciuti dal grande pubblico, se non al
Nord Ovest dell’Italia, ma apprezzati da chi li conosce. Sei
conoscitori su 10 infatti ne diventano consumatori. Secondo
una recente indagine commissionata dal Consorzio solo il 23,5%
degli italiani conosce queste produzioni. La campagna nasce
con l’obiettivo di far conoscere maggiormente queste
eccellenze, che hanno tutte le potenzialità per essere
apprezzate anche fuori dalla Lombardia, perché in linea con le
richieste dei consumatori che cercano sempre più prodotti Dop
e con materia prima italiana. Alla campagna si aggiungeranno
anche le celebrazioni per il 25ennale del Consorzio, che
ricorreva nel 2020 e che, causa Covid, siamo stati costretti a
rimandare”.

BITTO E VALTELLINA CASERA, POCO CONOSCIUTI DAL GRANDE PUBBLICO
(23,5%) A CONFRONTO CON FONTINA E ASIAGO (OLTRE 90%) MA CHI LI
CONOSCE (60%) LI ACQUISTA RICONOSCENDONE TIPICITA’ E GUSTO
DISTINTIVO.

Apprezzati da chi li acquista per il loro sapore di montagna e
per la loro tipicità, intesa come stretto legame con il
territorio, ma ancora poco conosciuti dal grande pubblico che
deve imparare ad amarli. È questa la fotografia di Bitto e
Valtellina Casera Dop scattata dall’indagine SG marketing
“Conoscenza e percepito dei formaggi Bitto e Valtellina Casera
DOP tra i consumatori italiani” presentata per l’occasione.
Un italiano su 4 conosce Bitto e Valtellina Casera, ma 6
conoscitori su 10 ne diventano consumatori.

A confronto con DOP storiche come Gorgonzola, Asiago e Fontina
– che vantano oltre il 90% di notorietà a livello nazionale, e
sono state assaggiate almeno una volta in media dal 78% degli
italiani – Bitto e Valtellina Casera sono conosciuti dal 22% e
dal 25% degli intervistati, con una penetrazione al consumo
del 13% e del 15%. Un dato che cambia radicalmente
restringendo il campo degli intervistati a Nord Ovest
dell’Italia, dove la conoscenza delle due produzioni si
impenna: Bitto e Valtellina Casera sono conosciute da oltre la
metà dei residenti (54%), con una penetrazione al consumo
rispettivamente del 39% e 36%.

Al pari di Asiago e Fontina, Bitto e Valtellina Casera sono
percepiti dai loro consumatori come tipici di un territorio
(54%), prodotti secondo le regole della certificazione Dop
(45%) e formaggi di alpeggio (43%), anche se di fatto il
Valtellina Casera è un formaggio di latteria.

Chi li consuma li ama e ne distingue le specificità: il 52%
dei conoscitori del prodotto è consapevole del fatto che Bitto
e Valtellina Casera vengono prodotti rispettando le      regole
della tradizione del territorio valtellinese e che        i due
formaggi vengono realizzati uno in estate, portando i    bovini
al pascolo in alta quota e l’altro in inverno quando i   bovini
scendono nelle stalle di fondo valle.

Sono due le immagini maggiormente associate dai consumatori ai
formaggi Dop Bitto e Valtellina Casera: la montagna, con i
suoi valori tipici di naturalezza e genuinità (63% e 61%), e
il gusto inconfondibile (58% e 46%). Si posiziona in terza
battuta la produzione a km0, con l’approvvigionamento del
latte direttamente in valle (38% e 40%). Un dato quest’ultimo
che si concilia bene con le richieste degli italiani sulla
sostenibilità dei formaggi.

Sostenibilità, che dopo l’italianità, la Dop e il prezzo
concorrenziale è il quarto tra i fattori principali nella
scelta dei formaggi. Nella percezione del consumatore, per
essere sostenibile, un produttore di formaggio deve, infatti,
utilizzare solo latte a km0 (35% delle citazioni), garantire
il benessere animale (34%), ottimizzare l’utilizzo di energia
e acqua (28%), impiegare energia derivante da fonti
rinnovabili (27%) e mantenere i metodi di produzione
tradizionali/artigianali (22%).

LA CAMPAGNA ALLE ORIGINI DEL GUSTO E IL PRIMO CAMMINO DEL
BITTO E VALTELLINA CASERA DOP IN PARTENZA A LUGLIO

La campagna di promozione “Alle origini del gusto” dal claim
“Assapora il tempo della natura” permetterà di conoscere più
da vicino i due prodotti caseari della Valtellina strettamente
legati alla tradizione di allevare il bestiame nell’arco
alpino. Se il Bitto – il re dei formaggi di alpeggio estivo –
affonda le sue radici nell’antichissima tradizione celtica di
sfruttare i pascoli naturali d’estate e di trasformare il
latte appena munto in formaggio, il Valtellina Casera è
espressione della sapiente lavorazione delle prime latterie
turnarie di Sondrio che raccoglievano il latte delle vacche
discese a fondovalle per lavorarlo durante l’inverno. Fu
proprio quest’alternanza del sistema di allevamento a dare
origine alla produzione alternata di queste due diverse
tipologie di prodotto in Valtellina.
Questa stretta connessione è dimostrata anche dalle radici
etimologiche dei due prodotti: Bitu in celtico vuol dire
“perenne”, e si riferisce quindi a un formaggio di lunga
conservazione (ma può indicare anche due valli e un torrente,
quello del Bitto che ha scavato la Valgerola), mentre il
termine Casèra in dialetto valtellinese indica la latteria
dove si lavorano i formaggi e il burro, oltre al luogo di
stagionatura.

Il primo cammino del Valtellina Casera e Bitto Dop, che sarà
inaugurato a luglio, permetterà di conoscere luoghi e cogliere
tutti i segreti di produzione dei due formaggi: dalla
mungitura in alpeggio alla lavorazione nei calècc o nelle
baite per il Bitto; dalla produzione del Valtellina Casera
nelle latterie, fino ai ristoranti perfetti dove degustarli. I
percorsi saranno raccontati attraverso una cartina a
disposizione dei turisti nei punti informativi e negli enti
turismo locali.

NEL 2020 TENGONO LE VENDITE DEI DUE FORMAGGI CON 13 MLN DI
EURO DI FATTURATO. È BOOM PRODUZIONE VALTELLINA CASERA: +20,5%

L’emergenza Covid non ha fermato la produzione di Bitto e
Valtellina Casera. Secondo gli ultimi dati diffusi dal
Consorzio, il 2020 si è chiuso con 13 milioni di euro di
fatturato (l’85% rappresentato dal Valtellina Casera e il 15%
dal Bitto) in sostanziale parità sull’anno precedente.
Complessivamente la produzione 2020 si è attestata a 19.130
quintali (17.030 per il Valtellina Casera e 2.100 per il
Bitto) grazie a una filiera che conta 133 allevamenti;13
caseifici (di cui 6 acquirenti primari/cooperative) e 16
stagionatori per il Valtellina Casera, mentre 54 alpeggi
produttori (di cui 1 cooperativa) e 10 stagionatori per quella
del Bitto.

A fare da traino tra le due Dop, sia in termini produttivi che
di fatturato, è il Valtellina Casera, che nell’ultimo anno ha
registrato un’impennata produttiva del 20,5% (passando dai
14.130 quintali del 2019 ai 17.030 nel 2020). L’impennata però
non si è tradotta in un deprezzamento del prodotto, che ha
tenuto in termini di valore.

“Le dinamiche di mercato innescate dal Covid – ha spiegato il
vicepresidente del Consorzio di Tutela Valtellina Casera e
Bitto Marantelli Colombin – hanno portato gli allevatori a
destinare meno quantità di latte per la produzione del fresco
in favore di una maggiore produzione di formaggi stagionati.
Nonostante i surplus produttivi, va dato atto ai nostri
produttori di aver avuto la capacità di trovare costanti
sbocchi di mercato per il Valtellina Casera, attraverso la GDO
che rimane il primo canale distributivo. Negli ultimi tempi
per questa Dop registriamo un costante un trend di crescita in
termini quantitativi, con un + 26,7% negli ultimi 5 anni”.

In flessione (-8,7%) invece la produzione del Bitto Dop: 2.100
quintali prodotti nel 2020 contro 2.300 del 2019. Per
Marantelli Colombin: “A influire sul dato, sono state due
stagioni piuttosto sfavorevoli, con l’ultima, quella del 2020,
che ha visto le mandrie spostarsi in alpeggio più tardi
rispetto al solito. C’è da dire che la produzione del Bitto,
per natura, in quanto strettamente legata all’andamento
meteorologico, subisce periodicamente queste oscillazioni in
termini di produttività. Ciò non influisce soprattutto sulla
qualità del prodotto, soggetta ogni anno a controlli puntuali
da parte del consorzio”.

CONSORZIO PER LA TUTELA DEI FORMAGGI BITTO E VALTELLINA CASERA

Consorzio per la Tutela dei Formaggi Bitto e Valtellina Casera
opera dal 1995 in provincia di Sondrio per difendere l’unicità
dei due formaggi DOP valtellinesi, tutelarli da qualsiasi
imitazione e promuoverli sul mercato nazionale ed
internazionale. E lo fa grazie ad una serie di scrupolosi
controlli sull’intera filiera. I soci del Consorzio, che
appartengono alle due filiere produttive sono 165 tra
allevatori, produttori e stagionatori, piccole e grandi
aziende zootecniche, latterie di paese e moderni caseifici.
Dal 1996 Valtellina Casera e Bitto hanno conseguito la DOP: la
loro produzione segue ritmi, saperi e regole ben precise
dettate dai disciplinari di produzione, a garanzia
dell’origine e dell’unicità di questi formaggi. L’ente
certificatore a garanzia del consumatore è dal 1998 il CSQA di
Thiene.

#Followus su #formaggidopdivaltellina e su www.ctcb.it

Dop-Igp, Centinaio (Mipaaf):
Far     conoscere     nostre
eccellenze   ai   giovani  e
renderle protagoniste nel
mondo
“In questo momento storico occorre fare squadra affinché le
eccellenze del nostro paese vengano tutelate, ma soprattutto
valorizzate nel migliore dei modi. Questa iniziativa serve per
fare il punto della situazione e per un confronto con
McDonald’s che può essere un interlocutore privilegiato delle
nuove generazioni”. Lo ha sottolineato il sottosegretario alle
Politiche agricole alimentari e forestali, Gian Marco
Centinaio, partecipando al webinar “Dop e Igp incontrano il
futuro – Regione Sicilia”, organizzato da Fondazione
Qualivita, Origin Italia in collaborazione con McDonald’s.
“Molto spesso – ha ricordato il sottosegretario – le
istituzioni fanno fatica a far passare alcuni messaggi. La
generazione Z ha una grande competenza sull’ambiente, meno
sulle eccellenze dell’agroalimentare italiano o sui consorzi.
Ecco perché dobbiamo lavorare per far conoscere ai giovani i
prodotti di qualità del nostro paese. E un attore importante e
mondiale come McDonald’s può diventare un veicolo
d’informazione e – come accaduto già in passato – essere
propositivo su determinati prodotti. Compito dei consorzi,
insieme alla politica, è che la qualità resti alta, e far
conoscere a un pubblico vasto ed eterogeneo anche prodotti
agroalimentari che purtroppo a volte sono poco valorizzati. La
Regione Sicilia tra le sue molte eccellenze – ha infine
ricordato Centinaio – ha il cioccolato di Modica, unica Igp a
livello europeo. Sono convinto che tutti dobbiamo aiutare
queste eccellenze ad essere protagoniste, non solo in Italia,
ma anche nel resto del mondo”.

Italian Sounding, Baldrighi:
confidiamo che Patuanelli si
adoperi    in   fretta   per
rimediare e consentire a
consorzi di tutelare Dop.
Come Ue ha dimostrato
“Confidiamo nelle capacità del ministro Patuanelli già
titolare del Mise ed oggi del Mipaaf per risolvere
definitivamente l’equivoco in modo tale da fare in modo che i
consorzi tornino ad avere le agevolazioni previste da legge
prima della cancellazione del Mise con la legge di Bilancio.
Risorse proprio deputate a conserire ai Consorzi di svolgere
attività di tutela delle denominazioni e dei relativi marchi.
Al fine di proteggere e difendere le eccellenze Made in Italy
da fenomeni di parassitismo quali l’Italian sounding in tutte
le sue manifestazioni”.

Così ad AGRICOLAE il presidente di Origin Italia. rappresenta
circa il 95% delle produzioni italiane a Indicazione
Geografica, Cesare Baldrighi, in merito ai decreti Mise in
stallo atti a ripristinare i contributi a favore dei Consorzi
a tutela del Made in Italy cancellati con la Legge di
Bilancio.

“La recente presa di posizione della Comunità europea –
aggiunge Baldrighi – evidenzia ulteriormente la necessità di
sostenere le denominazioni europee da attacchi che ne
potrebbero ledere l’immagine e l’economia. Soprattutto in un
momento come questo”.

Italian Sounding, a causa
‘svista’ di quando Mise lo
cancellò,      ancora     no
agevolazioni ai Consorzi per
tutelare Dop. Decreti in
stallo
I Consorzi di tutela Igp e Dop non possono difendersi
dall’Italian sounding. Ancora nessuna modifica infatti ai
decreti che regolamentano    l’attuazione della norma modificata
con la Legge di Bilancio     e i Consorzi non possono accedere
alle agevolazioni previste    da legge prima che fossero cambiate
le carte in tavola con il    governo Conte2 con la cancellazione
dell’Italian sounding.

Agevolazioni deputate proprio a far svolgere dai Consorzi
attività di tutela delle denominazioni contro ogni forma di
Italian Sounding e di parassitismo commerciale. Questione
ripresa oggi dalla Corte di Giustizia Ue.

 Dop Sounding, Corte Ue: stop parassitismi denominazioni, non
 solo da parte dei prodotti ma anche da ristorazione e
 servizi. Ora la palla a tutti i paesi

In fase di conversione della Legge di Bilancio 2021 il Governo
aveva fatto una chiara e repentina marcia indietro nella
modifica della normativa sull’Italian sounding. L’intenzione
abrogativa aveva suscitato grande preoccupazione nel settore
che si era sentito abbandonato dal Governo nella lotta senza
fine alle contraffazioni che – soprattutto all’estero,
sfruttandone la fama – erodono fatturato e reputazione alle
eccellenze agroalimentari Made in Italy.

L’articolo della legge finanziaria in un primo momento aveva
infatti previsto addirittura la cancellazione dal Codice della
proprietà intellettuale della “definizione delle pratiche di
Italian sounding, come pratiche finalizzate alla falsa
evocazione dell’origine italiana di prodotti”.

Si era trattato di una “svista”, fu detto, che proprio grazie
ad un articolo di AGRICOLAE fu resa evidente, svelando cosa ci
fosse dietro un’oscura soppressione di commi e di lettere
dell’articolo 32 del decreto-legge 30 aprile 2019, n.34.

 L.Bilancio, Mise fa sparire definizione Italian Sounding come
 falsa evocazione made in Italy e toglie soldi a consorzi e
rappresentanze. Rientra nel codice proprietà industriale

 Italian sounding, fonti Mise: nessuna volontà di non tutelare
 Made in Italy ma necessità di sbloccare fondi. Verificheremo
 e pronti a correggere il tiro

Sempre a seguito dell’articolo di AGRICOLAE, modificando il
Decreto “Crescita”, la legge di Bilancio 2021 ha ripristinato
lo stanziamento di 2,5 milioni di euro. Soldi destinati a dare
dei contributi al sostengo della difesa delle indicazioni
geografiche tutelate dai rispettivi Consorzi.

Tuttavia, ad oggi, trascorsi quasi 5 mesi dall’approvazione
della legge finanziaria, non sono stati ancora modificati i
decreti che regolamentano l’attuazione della norma e pertanto
i Consorzi non possono accedere all’agevolazione.

Le modifiche necessarie affinché sia garantito l’accesso al
fondo anche da parte dei Consorzi di tutela passano attraverso
due Decreti del Ministero dello Sviluppo economico. Il primo è
il decreto MISE del 15 gennaio 2020 (Agevolazione diretta a
sostenere la promozione all’estero di marchi collettivi e di
certificazione volontari italiani), il secondo è il Decreto
direttoriale del MISE del 20 novembre 2020.

L’Ufficio del Mise di competenza è la DIREZIONE GENERALE PER
LA TUTELA DELLA PROPRIETA’ INDUSTRIALE – UFFICIO ITALIANO
BREVETTI E MARCHI, Divisione VI – Politiche e progetti per la
promozione della proprietà industriale. IL soggetto preposto
all’attuazione della norma è Unioncamere

Qui di seguito AGRICOLAE riporta i due decreti di cui è
necessaria la modifica includendo i Consorzi tra i
beneficiari:

Decreto MISE del 15 gennaio 2020
Decreto direttoriale del MISE del 20 novembre 2020

Dop Sounding, Corte Ue: stop
parassitismi denominazioni,
non   solo   da  parte   dei
prodotti    ma   anche    da
ristorazione e servizi. Ora
la palla a tutti i paesi
I produttori francesi di Champagne ricorrono alla Corte
europea contro il French Sounding utilizzato in Spagna da
alcuni tapas bar, attraverso la denominazione Champanillo.
E l’avvocato generale Giovanni Pitruzzella propone alla Corte
di dichiarare che il diritto dell’Unione tutela i prodotti DOP
contro tutte le pratiche di parassitismo commerciale aventi ad
oggetto indifferentemente prodotti o servizi. E la questione
ritorna a bomba a tutti i Paesi nazionali costituendo un
precedente importante.

La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta infatti
al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla
decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli
altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema
simile.

Quindi non solo, direttamente, i prodotti interessati, ma
anche eventuali servizi che possano ‘approfittare’
dell’immagine afferente alle Dop e Igp europee.
Comite
     ́ Interprofessionnel du Vin de Champagne, organismo che
cura gli interessi dei produttori di champagne, si e ̀ rivolto
alle giurisdizioni spagnole per impedire l’utilizzazione della
parola «CHAMPANILLO» riferita, in particolare, ad alcuni
«tapas bar» (locali di ristorazione) in Catalogna (Spagna).

L’Audiencia provincial de Barcelona (corte provinciale di
Barcellona, Spagna), adita in appello, ha chiesto alla Corte
di giustizia di interpretare il diritto dell’Unione in materia
di tutela dei prodotti coperti da denominazione di origine
protetta (DOP), quale la denominazione «Champagne», in una
situazione in cui il termine in conflitto («CHAMPANILLO») e ̀
utilizzato per designare non dei prodotti ma dei servizi.

Nelle sue conclusioni odierne, l’avvocato generale Giovanni
Pitruzzella propone alla Corte di dichiarare che il diritto
dell’Unione tutela i prodotti DOP contro tutte le pratiche di
parassitismo commerciale aventi ad oggetto indifferentemente
prodotti o servizi.

L’avvocato generale premette che al caso in questione è
applicabile il regolamento sull’organizzazione comune dei
mercati dei prodotti agricoli1.

L’avvocato generale osserva che la DOP «Champagne» e il nome
controverso «CHAMPANILLO» presentano indubbiamente un certo
grado di somiglianza visiva e fonetica, in particolare se si
tiene conto del fatto che «Champá    n» è la traduzione in
spagnolo della DOP in questione. Ciò posto, l’avvocato
generale ricorda che il livello di somiglianza visiva e
fonetica tra i termini in conflitto dev’essere prossimo
all’identità affinche
                     ́ si possa parlare di «uso» di una DOP ai
sensi del regolamento2. Nel caso di specie, però, il suffisso
«illo» distingue, visualmente e foneticamente, il termine
«CHAMPANILLO» dagli altri termini a raffronto. L’avvocato
generale, pertanto, esclude che il termine «CHAMPANILLO»
costituisca «uso», ai sensi del regolamento, della DOP
«Champagne».
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