Suini, pronto decreto Mipaaf che risolve questione origine genetica per produzione Dop e Igp. Eccolo - Agricolae
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Suini, pronto decreto Mipaaf che risolve questione origine genetica per produzione Dop e Igp. Eccolo Predisposto al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali il decreto riguardante la lista positiva dei tipi genetici che rispondano ai criteri delle produzioni del suino pesante indicati nei disciplinari delle DOP e IGP per quanto riguarda la suinicoltura. Alcune procedure previste dai disciplinari del circuito delle denominazioni nel corso degli anni hanno evidenziato infatti diverse criticità nell’individuare i tipi genetici ottenuti da schemi di selezione o incrocio attuati con finalità non incompatibili con quelle del libro genealogico italiano per la produzione del suino pesante e per quanto riguarda il controllo sull’esatta origine genetica del verro padre dei suini destinati alla produzione DOP. I due capo dipartimento, Saverio Abate e Giuseppe Blasi, scrivono al ministro Stefano Patuanelli per metterlo al corrente della problematica e predispongono un decreto che possa risolvere la questione. Ritenendo che occorre prevedere per la sostituzione delle scrofe già in uso ma che non rispondono ai criteri delle produzioni DOP e IGP, un periodo di 36 mesi decorrente dalla data del decreto di rigetto. Il decreto sostituisce di fatto il capoverso aggiunto dopo il comma 4 dell’articolo 3 del decreto Mipaaf (recante le modalità per l’ammissione e controllo dei tipi genetici che rispondano ai criteri delle produzioni del suino):
“In considerazione dei tempi biologici necessari ai cicli riproduttivi e di quelli di allevamento dei suini pesanti nonché allo scopo di consentire l’ordinato reimpiego degli animali per i tipi genetici che risultano già in uso per la produzione di suini nell’ambito dei circuiti DOP e IGP il provvedimento di rigetto della richiesta di iscrizione stabilisce un periodo di 12 mesi durante il quale è possibile l’utilizzo dei verri e di 36 mesi durante il quale è possibile l’utilizzo delle scrofe nell’ambito dei circuiti DOP e IGP dandone pubblicità sul sito Internet del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con le modalità di comunicazione previste ai sensi del presente decreto”. Qui di seguito AGRICOLAE pubblica il decreto: DECRETO SUINI Dop-Igp, Corte Ue: protette anche da evocazioni e non solo per i prodotti. In gioco la garanzia della qualità e sforzi per ottenerla Ancora un capitolo sulla disputa che riguarda Francia e Spagna sui termine Champanillo (usato per chiamare una catena di bar di tapas) e sul segno distintivo che raffigura due coppe riempite di una bevanda di spumante. La Corte di Giustizia Ue parla chiaro: il regolamento Ue protegge le DOP da condotte relative sia a prodotti che a
servizi. E non solo, precisa che: puòsussistere evocazione di una IGP o di una DOP qualora, trattandosi di prodotti di apparenza analoga, vi sia un’affinità fonetica e visiva tra l’IGP o la DOP e il segno contestato. In gioco c’è la garanzia di qualità dovuta alla loro provenienza geografica, allo scopo di consentire agli operatori agricoli che abbiano compiuto effettivi sforzi qualitativi di ottenere in contropartita migliori redditi e di impedire che terzi si avvantaggino abusivamente della notorietà discendente dalla qualità di tali prodotti. In sostanza secondo la Corte Ue la nozione di «evocazione» si estende all’ipotesi in cui il segno utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una indicazione geografica protetta (IGP) o di una DOP, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto di cui trattasi, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce di detta indicazione o denominazione. GB possiede dei bar di tapas in Spagna e utilizza il segno CHAMPANILLO per designare e promuovere i suoi locali. Nelle sue pubblicità , egli utilizza un supporto grafico raffigurante due coppe riempite di una bevanda spumante. Il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (CIVC), organismo per la tutela degli interessi dei produttori di champagne, ha adito i giudici spagnoli al fine di ottenere che sia vietato l’uso del termine champanillo (che in lingua spagnola significa «piccolo champagne») in quanto l’uso di tale segno costituisce una violazione della denominazione d’origine protetta (DOP) «Champagne». Adita in appello, l’Audiencia Provincial de Barcelona (Corte provinciale di Barcellona, Spagna) ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare il diritto dell’Unione in materia di protezione dei prodotti DOP qualora il termine champanillo sia
utilizzato nel commercio per designare non già prodotti ma servizi. La Corte di Giustizia Ue precisa, in via preliminare, che, nel caso di specie, trova applicazione il regolamento recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli 1 e, in particolare, la disposizione 2 relativa alle condotte che non utilizzano ne ́ direttamente ne ́ indirettamente la denominazione protetta stessa, ma la suggeriscono in modo tale che il consumatore sia indotto a stabilire un sufficiente nesso di vicinanza con quest’ultima. In primo luogo, la Corte dichiara che il regolamento protegge le DOP da condotte relative sia a prodotti che a servizi. Detto regolamento, infatti, e ̀ diretto essenzialmente a garantire ai consumatori che i prodotti agricoli muniti di un’indicazione geografica registrata presentino, a causa della loro provenienza da una determinata zona geografica, talune caratteristiche particolari. Essi offrono pertanto una garanzia di qualità dovuta alla loro provenienza geografica, allo scopo di consentire agli operatori agricoli che abbiano compiuto effettivi sforzi qualitativi di ottenere in contropartita migliori redditi e di impedire che terzi si avvantaggino abusivamente della notorietà discendente dalla qualità di tali prodotti. Il regolamento predispone dunque una protezione ad ampio raggio destinata ad estendersi a tutti gli usi che sfruttano la notorietà associata ai prodotti protetti da una di tali indicazioni. Date tali circostanze, la Corte considera che un’interpretazione dell’articolo 103, paragrafo 2, lettera b), di detto regolamento che non consenta di proteggere una DOP quando il segno controverso designa un servizio non solo non sarebbe coerente con l’ampia portata riconosciuta alla protezione delle indicazioni geografiche registrate, ma non consentirebbe di conseguire pienamente tale obiettivo di protezione, dal momento che la notorietà di un prodotto DOP può essere indebitamente sfruttata anche quando la pratica
prevista da tale disposizione riguarda un servizio. In secondo luogo, la Corte rileva che il regolamento non contiene indicazioni riguardo al fatto che la protezione contro qualsiasi evocazione sarebbe limitata alle sole ipotesi in cui i prodotti designati dalla DOP e i prodotti o i servizi per i quali e ̀ utilizzato il segno controverso siano «comparabili» o «simili», ne ́ nel senso di un’estensione di tale protezione ai casi in cui il segno si riferisca a prodotti o servizi non simili a quelli che beneficiano della DOP. Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di «evocazione» si estende all’ipotesi in cui il segno utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una indicazione geografica protetta (IGP) o di una DOP, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto di cui trattasi, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce di detta indicazione o denominazione. Inoltre, può sussistere evocazione di una IGP o di una DOP qualora, trattandosi di prodotti di apparenza analoga, vi sia un’affinità fonetica e visiva tra l’IGP o la DOP e il segno contestato. Tuttavia, ne ́ la parziale incorporazione di una DOP in un segno che contraddistingue prodotti o servizi non protetti da tale denominazione, ne ́ l’identificazione di una similaritàfonetica e visiva del segno con detta denominazione costituiscono condizioni che devono essere obbligatoriamente soddisfatte per accertare l’esistenza di un’evocazione di tale medesima denominazione. L’evocazione può infatti risultare anche da una «vicinanza concettuale» tra la denominazione protetta e il segno di cui trattasi. La Corte considera che, per quanto riguarda la nozione di «evocazione», il criterio determinante è quello di accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa, sia indotto ad avere direttamente in mente, come
immagine di riferimento, la merce protetta dalla DOP, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare tenendo conto, se del caso, dell’incorporazione parziale di una DOP nella denominazione contestata, di un’affinità fonetica e/o visiva di tale denominazione con tale DOP, o ancora di una vicinanza concettuale tra detta denominazione e detta DOP. Secondo la Corte, per accertare l’esistenza di un’evocazione e ̀ essenziale che il consumatore stabilisca un nesso tra il termine utilizzato per designare il prodotto in questione e l’IGP. Detto nesso deve essere sufficientemente diretto e univoco. L’evocazione può quindi essere accertata solo mediante una valutazione globale del giudice nazionale che comprenda l’insieme degli elementi rilevanti della causa. Di conseguenza, la nozione di «evocazione», ai sensi del regolamento, non esige che il prodotto protetto dalla DOP e il prodotto o il servizio contrassegnato dalla denominazione contestata siano identici o simili. La Corte ha precisato che, nel valutare l’esistenza di una tale evocazione, si deve fare riferimento alla percezione di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Secondo la giurisprudenza, la protezione effettiva e uniforme delle denominazioni protette su tutto il territorio dell’Unione esige che non si tenga conto delle circostanze che possano escludere l’esistenza di un’evocazione per i consumatori di un solo Stato membro. Resta comunque il fatto che, per attuare la protezione prevista, l’esistenza di un’evocazione può essere valutata anche con riferimento ai consumatori di un solo Stato. La Corte conclude che l’articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del regolamento deve essere interpretato nel senso che l’«evocazione» di cui a tale disposizione, da un lato, non richiede, quale presupposto, che il prodotto che beneficia di una DOP e il prodotto o il servizio contrassegnato dal segno
controverso siano identici o simili e, dall’altro, si configura quando l’uso di una denominazione produce, nella mente di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, un nesso sufficientemente diretto e univoco tra tale denominazione e la DOP. L’esistenza di un tale nesso può risultare da diversi elementi, in particolare, dall’incorporazione parziale della denominazione protetta, dall’affinità fonetica e visiva tra le due denominazioni e dalla somiglianza che ne deriva, e anche in assenza di tali elementi, dalla vicinanza concettuale tra la DOP e la denominazione di cui trattasi o ancora da una somiglianza tra i prodotti protetti da tale medesima DOP e i prodotti o servizi contrassegnati da tale medesima denominazione. Nell’effettuare tale valutazione, spetta all’Audiencia Provincial de Barcelona prendere in considerazione tutti i fattori pertinenti connessi all’uso della denominazione di cui trattasi. Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile. Era già stato scritto: Dop Sounding, Corte Ue: stop parassitismi denominazioni, non solo da parte dei prodotti ma anche da ristorazione e servizi. Ora la palla a tutti i paesi
Report Istat su Dop, Igp e Stg: prosegue nel 2019 la crescita dei prodotti di qualità. Bene al Sud Prosegue la crescita dei prodotti italiani di qualità riconosciuti dalla Ue. E’ quanto emerge nel Report Istat sui prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg per l’anno 2019. Sono 300 i prodotti agroalimentari italiani di qualità riconosciuti nell’Ue al 31 dicembre 2019. E’ pari al 41,2% la quota di operatori Dop, Igp e Stg nel Mezzogiorno mentre è al 15,7% la quota ‘rosa’ di operatori nelle produzioni di qualità. 31% nel settore degli Oli extravergine di Oliva. Nel 2019 gli operatori certificati nel settore agroalimentare di qualità sono oltre 87.000, in lieve calo rispetto al 2018. I produttori di qualità in Sardegna rappresentano il 22,2% del totale nazionale e gestiscono quasi il 43% degli allevamenti. Tra i prodotti zootecnici cui fa capo il maggior numero di allevamenti si confermano il Pecorino Romano, il Pecorino Sardo e l’Agnello di Sardegna Torna a salire, dopo il calo registrato nell’anno precedente, la quota femminile fra gli operatori. Report Istat su prodotti agroalimentari: produttori e operatori in crescita nel Mezzogiorno
Report Istat su prodotti agroalimentari: leggera flessione carni fresche Report Istat su prodotti agroalimentari: numerosi i produttori in Lombardia per preparazione di carni Report Istat su prodotti agroalimentari: stazionario il settore dei Formaggi Report Istat su prodotti agroalimentari: al settore Ortofrutta e cereali il maggior numero di riconoscimenti Report Istat su prodotti agroalimentari: Oli extravergine di oliva è il settore più rosa Report Istat su prodotti agroalimentari: prosegue la crescita dei produttori negli altri settori Report Istat su prodotti agroalimentari: produttori e
operatori in crescita nel Mezzogiorno Produttori e operatori in crescita nel Mezzogiorno Nel 2019 si registra a livello nazionale un lieve calo degli operatori (-1,6%) e dei produttori (-2,1%) dovuto principalmente alla flessione nelle regioni del Nord. Al contrario, nel Mezzogiorno prosegue il trend positivo già emerso negli anni precedenti sia per i produttori (+4,6) che per gli operatori (+4,8%), anche per effetto dell’ingresso dell’Olio di Puglia e dell’incremento registrato nel comparto degli ‘Altri prodotti di origine animale’ (che include la Ricotta di Bufala Campana). Al Centro la situazione è sostanzialmente stazionaria. Prosegue invece il calo dei trasformatori (-5,7%) in tutte le ripartizioni territoriali. Sull’aumento registrato nel Mezzogiorno ha inciso anche la modifica del Disciplinare di Produzione della Ricotta di Bufala Campana. Con questa modifica tutti gli allevamenti della Mozzarella di Bufala Campana presenti in Puglia, Molise e Campania (nel Mezzogiorno) e nel Lazio (al Centro) devono infatti essere registrati anche come allevamenti della Ricotta di Bufala Campana. Oltre il 41% dei produttori si trova nelle aree meridionali. Nella sola Sardegna opera il 22,2% del totale dei produttori, seguono la Toscana (14,7%) e il Trentino-Alto Adige (12,8%). La radicata tradizione di queste regioni in alcune produzioni di qualità ha favorito lo sviluppo e l’incremento della loro specializzazione. In Sardegna è particolarmente forte la produzione lattiero-casearia e quasi il 74% dei produttori della regione è attivo nel settore dei formaggi. In Toscana è molto diffusa l’attività olivicola-olearia (dei 12.029 produttori della regione, 10.232 sono nel settore degli Oli extravergine di oliva: pari a circa l’85%) mentre in Trentino-
Alto Adige quasi l’89% dei produttori della regione opera nel settore ortofrutticolo. A conferma della ‘tipicità’ dei territori, gli allevamenti sono presenti soprattutto in Sardegna (42,9% delle strutture), in Lombardia (12,3%) e in Emilia-Romagna (9%). La superficie agricola è destinata quasi esclusivamente alla produzione olivicola-olearia e ortofrutticola. Toscana (27,8%), Puglia (20,6%) e Sicilia (13,3%) sono le regioni con la maggior quota di superficie investita in produzioni Dop e Igp rispetto al totale nazionale. All’olio extravergine di oliva è destinato oltre il 95% della superficie utilizzata in Toscana e in Puglia e quasi il 62% in Sicilia (mentre il 36,4% è riservato al settore ortofrutticolo). Nel 2019, il 42,6% dei trasformatori si distribuisce tra Emilia-Romagna (18,8%), Toscana (14,5%) e Campania (9,2%). In Emilia-Romagna si localizza oltre il 40% dei trasformatori (ossia macellatori, elaboratori e porzionatori) operanti nella preparazione di carni e il 33,5% di quelli presenti nella filiera lattiero-casearia. In Toscana, quasi il 63% dei trasformatori svolge la propria attività come molitore e/o imbottigliatore nel settore olivicolo-oleario. Più articolata è la specializzazione della Campania, anche se il 47% dei propri trasformatori è macellatore e/o elaboratore e/o porzionatore nel settore delle carni fresche. Parmigiano Reggiano e Grana Padano, le due Dop italiane
più importanti in Italia e al mondo insieme contro il Nutriscore I sistemi di etichettature a semaforo sono “pratiche svalorizzanti”: i Consorzi del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano non autorizzeranno le etichette degli operatori della filiera che inseriranno tali informazioni sul packaging delle due DOP. I Consorzi del Formaggio Parmigiano Reggiano e del Formaggio Grana Padano per la prima volta si sono riuniti in un Cda congiunto per dire no al sistema Nutriscore nel rispetto di uno dei compiti importanti a loro assegnati: “adottare misure per la valorizzazione dei prodotti e, se necessario, adottare provvedimenti volti a impedire o contrastare misure che sono o rischiano di essere svalorizzanti per l’immagine dei prodotti.”(Reg. 1151/2012 ai sensi dell’art. 45). In Europa si stanno diffondendo sistemi di etichettatura nutrizionale legati al principio della comunicazione a semaforo: una scala cromatica che va dal verde al rosso associata ad una alfabetica (dalla lettera A alla lettera E). Ad ogni alimento, attraverso un algoritmo che tiene conto delle calorie, della quantità di grassi e zuccheri, vengono quindi attribuiti un colore ed una lettera parametrati ad una quantità di prodotto standard (es. 100 gr). Gli strumenti basati su tali principi di classificazione sono fuorvianti e ingannevoli per il consumatore. Infatti, il consumo reale dei prodotti si lega su quantità assolute che non corrispondono alla quantità posta alla base dell’algoritmo. Es. la dose media di un formaggio in una pietanza può essere da 20 a 40 gr., quella di olio extravergine da 10 a 20 gr, e magari per altri prodotti il consumo è maggiore a 100 gr (pasta o patate o frutta). Inoltre, i sistemi in questione non tengono in alcun conto l’equilibrio fra i diversi alimenti nella dieta, né le caratteristiche organolettiche complessive del prodotto stesso. In particolare, i
formaggi vengono penalizzati per la presenza dei grassi, trascurando il fatto che i formaggi apportano molti nutrienti strategici: calcio, acidi grassi funzionali, vitamine liposolubili, aminoacidi essenziali, cioè elementi preziosi per un’alimentazione sana, bilanciata ed equilibrata. In questo senso, si ritiene che il sistema Nutriscore, in quanto basato su una informazione generica e certamente non educativa per il consumatore, tradisca in realtà il fine ultimo che si prefiggeva, ovvero garantire scelte salutari, bilanciate e corrette dal punto di vista nutrizionale e salutistico. Dal punto di vista dei prodotti Dop in oggetto, si ritiene che informazioni al consumatore per la corretta e sana nutrizione siano importantissime. Per raggiungere davvero questo obiettivo gli strumenti idonei devono essere basati su principi di educazione alimentare legati alla dieta complessiva ed alla divulgazione delle dosi consigliate ed in ogni caso realistiche dei singoli prodotti. Viceversa, l’utilizzo di etichette a semaforo basate su quantitativi di riferimento scollegati alla dieta ed alla razione consigliata, sono strumenti ingannevoli rispetto alla reale natura del prodotto singolo, atteso che risultano parametrati su quantità ben difficilmente consumate nella pratica. Si pensi che, in base al Nutriscore, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano sarebbero classificati con colore arancio. Ma un piatto di pasta con 80 gr di pasta, 20 gr di olio extravergine e 20 gr di formaggio Duro DOP, sarebbe – nel suo complesso – verde. Per questo motivo gli strumenti di etichettatura basati sul principio a semaforo sono da considerare una pratica svalorizzante della Dop perché disincentivanti il consumo del prodotto senza un motivo oggettivo di tipo nutrizionale. L’obiettivo è insegnare il consumo consapevole delle quantità corrette e tenere conto delle caratteristiche organolettiche complessive del prodotto. Per questo motivo, salvo il caso in cui ci si trovi di fronte ad un obbligo di legge, il Consorzio (gruppo) in applicazione dei compiti
conferiti dal Reg. 1151/2012, art. 45, lett. “f” è tenuto ad attivare tutte le azioni ritenute necessarie a contrastare tali pratiche. Per questo motivo, il Consiglio di amministrazione ha deliberato all’unanimità il seguente testo: “I sistemi di etichettatura nutrizionali a semaforo basati su quantitativi di riferimento scollegati dalla dieta e dalla razione consigliata – salvo i casi in cui si tratti di norme cogenti nazionali o comunitarie – sono considerati misura svalorizzante l’immagine della Dop Parmigiano Reggiano / Grana Padano ai sensi dell’Reg. 1151/2012, art. 45, lett. “f””. Pertanto, in tutti i casi in cui venisse richiesto ad un operatore della filiera, su base volontaria del compratore, di modificare l’etichettatura del prodotto Dop inserendo l’etichetta a semaforo o sistemi equivalenti che non abbiano riguardo alle quantità effettive di Parmigiano Reggiano / Grana Padano consumate nella pratica e che non forniscano alcuna indicazione riguardo alle quantità corrette nel contesto di una dieta sana ed equilibrata, il Consorzio non potrà che respingere la richiesta di autorizzazione della corrispondente etichetta. “Siamo scesi in campo, insieme agli amici del Grana Padano, contro un sistema di etichettatura che non ha senso e che svalorizza l’immagine del Parmigiano Reggiano che da sempre è considerato dai nutrizionisti come un prodotto sano e naturale. Siamo certi che questo importante passo possa essere di aiuto al Governo che si è già mosso in tal senso. Si tratta di un atto di responsabilità che non va solo a tutelare il nostro prodotto, ma che andrà a beneficio di tutti gli altri prodotti dell’agroalimentare di qualità che verrebbero ingiustamente puniti da un sistema senza un motivo oggettivo di tipo nutrizionale” ha commentato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. “Le qualità nutrizionali fanno da anni del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano i prodotti a denominazione d’origine protetta più amati dai consumatori e più imitati da concorrenti sleali, i primi a
beneficiare quindi di questo meccanismo – spiega Renato Zaghini, presidente del Consorzio Tutela Grana Padano – Nutriscore nega le più consolidate e aggiornate indicazioni condivise da nutrizionisti in tutto il mondo, che fanno dell’equilibrio tra quantità e qualità degli elementi il punto di forza di una corretta alimentazione a tutte le età. Forti di questi orientamenti della scienza, invitiamo tutti i produttori delle eccellenze agroalimentari italiane, partendo dalle DOP, ad un impegno comune a livello di comunicazione e, sul piano istituzionale, a sostegno delle iniziative avviate dal governo contro questo sistema di etichettatura, ricordando che una cattiva informazione nutrizionale colpisce la corretta alimentazione dei consumatori e non solo i produttori che investono in qualità e sostenibilità”. Oltre al Nutriscore, altri sono gli impegni importanti verso cui i due consorzi stanno orientando il loro lavoro sinergico anche partendo dall’ultima sentenza a favore del formaggio DOP francese Morbier che ha posto un tassello molto forte contro le evocazioni. “Copiandoci gusto, aspetto, pack e appellativi vari – affermano Bertinelli e Zaghini – tantissimi concorrenti sfruttano la confusione e il bisogno di risparmiare del consumatore. Per questo ci stiamo facendo sentire a livello politico affinché vengano approvate normative incontrovertibili: sugli scaffali della Gdo è necessaria una netta separazione tra prodotti Dop e non, oltre all’obbligo di indicare in etichetta la provenienza e, per quanto riguarda la ristorazione, l’obbligo di inserire nei menù i reali ingredienti impiegati in cucina. La nostra arma vincente è infatti la consapevolezza del consumatore, il quale deve scegliere liberamente ma deve anche sapere che, per essere libero, deve essere prima consapevolmente informato”. L’APPORTO NUTRIZIONALE DEL GRANA PADANO DOP E DEL PARMIGIANO REGGIANO DOP Se si fa riferimento ad una dieta consumata settimanalmente si può valorizzare, dal punto di vista nutrizionale, ad es. l’apporto di 30-40 g di Grana Padano Dop o di Parmigiano Reggiano DOP su un piatto di spaghetti. Il formaggio apporta proteine, delle quali gli spaghetti sono carenti, apporta microrganismi da latte crudo, con effetti
postivi sul microbioma degli individui, migliora l’appetibilità del cibo e può sostituire in modo controllato la cottura con sale della pasta, venendo meglio incontro alle esigenze del singolo consumatore. Nutriscore, Campari e Cavandoli (Lega), con i consorzi contro etichettatura a semaforo Nutriscore, Lega: bene consorzi Parmigiano e Grana, fronte comune contro Nutriscore per intero sistema agroalimentare De Castro: storico incontro Grana Padano-Parmigiano Reggiano per dire no a Nutriscore Mozzarella Bufala Campana Dop, Patuanelli: Innovazione ultima possibilità per tutelare Made in Italy, ma salvaguardare storia e tradizione “L’innovazione è l’ultima possibilità che abbiamo per salvaguardare le tipicità che contraddistinguono il nostro paese. Stiamo andando verso un mondo con sempre più persone e sempre meno territorio coltivabile. Non vogliamo arrivare al cibo sintetico per questo occorre implementare i sistemi di
gestione del territorio e questo lo possiamo fare grazie alla sensoristica, all’agricoltura di precisione, al digitale. Dunque tante progettualità, le risorse ci sono e molto dipenderà dalla voglia di investire degli imprenditori. L’innovazione non è una scelta ma l’unica possibilità che abbiamo”. Così il ministro Mipaaf Stefano Patuanelli nel corso della conferenza stampa in occasione dei 40 anni del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana dop. “Sul reddito di cittadinanza voglio precisare che questo aveva due gambe, il sostegno al reddito e le politiche attive del lavoro. Il Reddito è ancora uno strumento nuovo e a causa della pandemia tutte le riforme hanno avuto un rallentamento. Abbiamo però dato oltre un miliardo alle regioni per procedere alle assunzioni tramite i centri dell’impiego. Il Reddito non è il motivo per cui la gente non lavora, perché l’erogazione media è sotto i 500 euro. Spesso invece il lavoro che viene offerto non è stimolante, e non è un motivo valido per mettere in crisi le politiche assistenziali” prosegue. “I contratti di filiera devono garantire ai produttori di poter fornire ai propri dipendenti contratti di lavoro dignitosi. Diventa quindi essenziale riuscire a trasferire nella filiera il valore aggiunto. Sono problemi complessi da affrontare con serietà. Stato non può intervenire solo dove c’è fallimento di mercato. L’infrastruttura di rete ho cercato di portarla al tavolo politico come elemento di discussione perché deve essere una infrastruttura pubblica gestita dal pubblico e sulla quale passano i servizi del mercato. Sarà poi il mercato a decidere chi e quali servizi passano sulla rete pubblica” sottolinea Patuanelli. “Sui disciplinari. Dobbiamo innovare anche nel modo in cui i prodotti Dop e Igp seguono i cambiamenti dei consumatori
perché le sensibilità aumentano, ma notiamo anche come i consumatori portano sempre più la loro attenzioni verso prodotti locali, sulla tipicità eq distintività. È vero che il disciplinare deve essere aggiornato con più facilità e meno burocrazia, ma è vero anche che il mantenimento della tradizione e della storia di un prodotto crea maggiore interesse nei consumatori. Serve trovare equilibrio tra la tutela della tradizione e una minore burocrazia”. Mozzarella Bufala Campana Dop, Raimondo: Con reddito cittadinanza italiani sul divano, extracomunitari lavorano. Ora puntare su export, innovazione e formazione “Lo stato valorizza molto poco le nostre eccellenze italiane e tutte quelle aziende che lavorano per passione e non per denaro, ma il futuro della filiera è nell’innovazione tecnologica e nella formazione” dichiara il presidente del Consorzio mozzarella di bufala campana Dop, Domenico Raimondo, nel corso della conferenza stampa in occasione dei 40 anni del Consorzio di tutela. “Stiamo ormai andando verso l’innovazione 5.0, ma dobbiamo ancora sperare che la linea telefonica arrivi nei campi. È fondamentale realizzare le infrastrutture e farle poi arrivare
nei campi” prosegue. “Bene il reddito di cittadinanza, ma a causa di questo strumento non troviamo più lavoratori disposti a venire nelle nostre aziende. Meno male allora che ci sono gli extra comunitari che lavorano, perché gli italiani stanno sul divano a prendere il reddito di cittadinanza e a vedere Sky. È uno strumento da gestire in modo diverso perché adesso è aumentato il lavoro nero e lavora solo chi ha voglia, guadagnando così più di chi lavora onestamente. Occorre fare una riflessione e mettere mano a questa situazione” sottolinea. “Bisogna poi tenere alta l’attenzione verso i prodotti dop ma occorre anche guardare al futuro, all’innovazione e alla formazione. Dobbiamo prendere atto che la mozzarella la devono mangiare a Caserta ma anche in Australia. Bisogna quindi trovare il modo di portarla a tutti quei consumatori che nel mondo vogliono assaggiarla. Bene perciò il chilometro zero ma aumentiamo la redditività delle imprese se favoriamo l’export, ma per fare ciò servono mezzi e strumenti. Su questo bisogna lavorare” conclude. Born in Tuscany, via alla masterclass con DOP IGP toscane e distribuzione di
qualità italiana Si terrà venerdì 28 maggio alle ore 15.30 il video-evento Born in Tuscany, la masterclass formativa dedicata agli operatori specializzati della distribuzione italiana per promuovere le caratteristiche distintive di Pecorino Toscano DOP, Prosciutto Toscano DOP e olio Toscano IGP, in modo da poterli correttamente utilizzare sia nella distribuzione che nella ristorazione, attraverso il giusto posizionamento commerciale e gastronomico. La classe sarà composta da 20 ospiti selezionati in Italia, tra operatori della distribuzione e della ristorazione e giornalisti del settore enogastronomico, all’interno del progetto promosso dal Consorzio Olio Toscano IGP, Consorzio Pecorino Toscano DOP e Consorzio Prosciutto Toscano DOP in collaborazione con la Fondazione Qualivita, nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale dellaRegione Toscana. A guidare la diretta dell’evento sarà Aldo Fiordelli, giornalista e critico gastronomico italiano, accompagnato delle videoricette dello Chef Vito Mollica, Food and Beverage Director del Four Seasons Hotel di Firenze, e dagli esperti dei tre Consorzi di Tutela, pronti ad illustrare tutti i dettagli delle rispettive filiere certificate. L’evento si struttura come una vera e propria diretta televisiva professionale completamente aperta all’interazione con gli ospiti attraverso le funzionalità della piattaforma Zoom. Quattro sono i momenti salienti, a cominciare dalla presentazione dei Consorzi di tutela e dei relatori per raccontare valori e obiettivi del progetto. A seguire la presentazione degli ospiti mentre il momento centrale dell’iniziativa sono le tre presentazioni delle peculiarità dei prodotti, tutte accompagnate da una degustazione
professionale tesa a definire i profili sensoriali delle eccellenze toscane. Per concludere è previsto un momento di interazione domanda-risposta, uno spazio di dialogo su aspetti tecnici, produttivi e di business, tra gli ospiti e gli esperti dei Consorzi di tutela. La Toscana della qualità agroalimentare si racconta in virtù del primato italiano per numero di prodotti certificati con un paniere di 89 DOP IGP, di cui 31 del comparto agroalimentare e 58 di quello vitivinicolo. Pecorino Toscano DOP, Prosciutto Toscano DOP e olio Toscano IGP sono le maggiori filiere del settore agroalimentare con un valore complessivo alla produzione che sfiora i 100 milioni di euro, grazie ad oltre 12mila operatori delle filiere che rendono questa eccellenze dei veri “prodotti simbolo” regionali per le rispettive categorie. Ambasciatori del made in Tuscany, rappresentano infatti circa l’80% dell’export agroalimentare DOP IGP della regione, per un valore di oltre 60 milioni di euro destinato a numerosi mercati del mondo. Alle origini del gusto: al via la nuova campagna di promozione per i 25 anni del Consorzio Bitto e Valtellina Casera Le Dop Bitto e Valtellina Casera compiono un quarto di secolo. Per celebrare i 25anni della registrazione dei due formaggi
simbolo della Valtellina tra le denominazioni di origine protetta, il Consorzio di tutela lancia una nuova campagna di promozione “Alle origini del Gusto” e un piano strategico di investimenti sul territorio per il biennio 2021-2022 del valore complessivo di 600mila euro. Le iniziative, finanziate grazie ai fondi del PSR 2014-2020, prevedono attività promozionali e turistiche sul territorio (tra cui la partenza a luglio del primo cammino del Bitto e del Valtellina Casera Dop), press tour, spot televisivi e radiofonici su scala nazionale e locale, azioni sui social media e iniziative di marketing nei supermercati e nei punti qualità nazionali per tutto il biennio 2021-2022. Ad annunciarlo oggi in conferenza stampa il vicepresidente del Consorzio, Franco Marantelli Colombin, alla presenza dell’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi della Regione Lombardia, Fabio Rolfi. “La Lombardia produce 14 dei 49 formaggi DOP italiani. I prodotti agroalimentari DOP IGP della Lombardia hanno un valore di produzione complessiva di 1,8 miliardi di euro, con una crescita del 15% all’anno nel periodo per covid, pari al 23,2% del totale nazionale. – ha dichiarato Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia – Bitto e Casera sono due simboli della Lombardia e dell’agricoltura di montagna. L’indagine realizzata su questi due prodotti ci dice che c’è ancora un grande potenziale da sfruttare. La Regione è e sarà in prima linea insieme al consorzio per promuovere a livello comunicativo la qualità di questi formaggi eccezionali, per farli conoscere al grande pubblico e dare così il giusto valore al lavoro degli agricoltori”. “Con questa campagna – ha spiegato Marantelli Colombin –
vogliamo rilanciare al grande pubblico due formaggi espressione di un’antica tradizione casearia, tramandata sul nostro territorio fin dal tempo dei Celti. Bitto e Valtellina Casera sono due produzioni strategiche per la Valtellina, che generano un fatturato di 13 milioni di euro e ogni anno danno lavoro a 650 persone. Due formaggi – continua il vicepresidente del Consorzio di Tutela Bitto e Valtellina Casera – ancora poco conosciuti dal grande pubblico, se non al Nord Ovest dell’Italia, ma apprezzati da chi li conosce. Sei conoscitori su 10 infatti ne diventano consumatori. Secondo una recente indagine commissionata dal Consorzio solo il 23,5% degli italiani conosce queste produzioni. La campagna nasce con l’obiettivo di far conoscere maggiormente queste eccellenze, che hanno tutte le potenzialità per essere apprezzate anche fuori dalla Lombardia, perché in linea con le richieste dei consumatori che cercano sempre più prodotti Dop e con materia prima italiana. Alla campagna si aggiungeranno anche le celebrazioni per il 25ennale del Consorzio, che ricorreva nel 2020 e che, causa Covid, siamo stati costretti a rimandare”. BITTO E VALTELLINA CASERA, POCO CONOSCIUTI DAL GRANDE PUBBLICO (23,5%) A CONFRONTO CON FONTINA E ASIAGO (OLTRE 90%) MA CHI LI CONOSCE (60%) LI ACQUISTA RICONOSCENDONE TIPICITA’ E GUSTO DISTINTIVO. Apprezzati da chi li acquista per il loro sapore di montagna e per la loro tipicità, intesa come stretto legame con il territorio, ma ancora poco conosciuti dal grande pubblico che deve imparare ad amarli. È questa la fotografia di Bitto e Valtellina Casera Dop scattata dall’indagine SG marketing “Conoscenza e percepito dei formaggi Bitto e Valtellina Casera DOP tra i consumatori italiani” presentata per l’occasione. Un italiano su 4 conosce Bitto e Valtellina Casera, ma 6
conoscitori su 10 ne diventano consumatori. A confronto con DOP storiche come Gorgonzola, Asiago e Fontina – che vantano oltre il 90% di notorietà a livello nazionale, e sono state assaggiate almeno una volta in media dal 78% degli italiani – Bitto e Valtellina Casera sono conosciuti dal 22% e dal 25% degli intervistati, con una penetrazione al consumo del 13% e del 15%. Un dato che cambia radicalmente restringendo il campo degli intervistati a Nord Ovest dell’Italia, dove la conoscenza delle due produzioni si impenna: Bitto e Valtellina Casera sono conosciute da oltre la metà dei residenti (54%), con una penetrazione al consumo rispettivamente del 39% e 36%. Al pari di Asiago e Fontina, Bitto e Valtellina Casera sono percepiti dai loro consumatori come tipici di un territorio (54%), prodotti secondo le regole della certificazione Dop (45%) e formaggi di alpeggio (43%), anche se di fatto il Valtellina Casera è un formaggio di latteria. Chi li consuma li ama e ne distingue le specificità: il 52% dei conoscitori del prodotto è consapevole del fatto che Bitto e Valtellina Casera vengono prodotti rispettando le regole della tradizione del territorio valtellinese e che i due formaggi vengono realizzati uno in estate, portando i bovini al pascolo in alta quota e l’altro in inverno quando i bovini scendono nelle stalle di fondo valle. Sono due le immagini maggiormente associate dai consumatori ai formaggi Dop Bitto e Valtellina Casera: la montagna, con i suoi valori tipici di naturalezza e genuinità (63% e 61%), e il gusto inconfondibile (58% e 46%). Si posiziona in terza battuta la produzione a km0, con l’approvvigionamento del
latte direttamente in valle (38% e 40%). Un dato quest’ultimo che si concilia bene con le richieste degli italiani sulla sostenibilità dei formaggi. Sostenibilità, che dopo l’italianità, la Dop e il prezzo concorrenziale è il quarto tra i fattori principali nella scelta dei formaggi. Nella percezione del consumatore, per essere sostenibile, un produttore di formaggio deve, infatti, utilizzare solo latte a km0 (35% delle citazioni), garantire il benessere animale (34%), ottimizzare l’utilizzo di energia e acqua (28%), impiegare energia derivante da fonti rinnovabili (27%) e mantenere i metodi di produzione tradizionali/artigianali (22%). LA CAMPAGNA ALLE ORIGINI DEL GUSTO E IL PRIMO CAMMINO DEL BITTO E VALTELLINA CASERA DOP IN PARTENZA A LUGLIO La campagna di promozione “Alle origini del gusto” dal claim “Assapora il tempo della natura” permetterà di conoscere più da vicino i due prodotti caseari della Valtellina strettamente legati alla tradizione di allevare il bestiame nell’arco alpino. Se il Bitto – il re dei formaggi di alpeggio estivo – affonda le sue radici nell’antichissima tradizione celtica di sfruttare i pascoli naturali d’estate e di trasformare il latte appena munto in formaggio, il Valtellina Casera è espressione della sapiente lavorazione delle prime latterie turnarie di Sondrio che raccoglievano il latte delle vacche discese a fondovalle per lavorarlo durante l’inverno. Fu proprio quest’alternanza del sistema di allevamento a dare origine alla produzione alternata di queste due diverse tipologie di prodotto in Valtellina.
Questa stretta connessione è dimostrata anche dalle radici etimologiche dei due prodotti: Bitu in celtico vuol dire “perenne”, e si riferisce quindi a un formaggio di lunga conservazione (ma può indicare anche due valli e un torrente, quello del Bitto che ha scavato la Valgerola), mentre il termine Casèra in dialetto valtellinese indica la latteria dove si lavorano i formaggi e il burro, oltre al luogo di stagionatura. Il primo cammino del Valtellina Casera e Bitto Dop, che sarà inaugurato a luglio, permetterà di conoscere luoghi e cogliere tutti i segreti di produzione dei due formaggi: dalla mungitura in alpeggio alla lavorazione nei calècc o nelle baite per il Bitto; dalla produzione del Valtellina Casera nelle latterie, fino ai ristoranti perfetti dove degustarli. I percorsi saranno raccontati attraverso una cartina a disposizione dei turisti nei punti informativi e negli enti turismo locali. NEL 2020 TENGONO LE VENDITE DEI DUE FORMAGGI CON 13 MLN DI EURO DI FATTURATO. È BOOM PRODUZIONE VALTELLINA CASERA: +20,5% L’emergenza Covid non ha fermato la produzione di Bitto e Valtellina Casera. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Consorzio, il 2020 si è chiuso con 13 milioni di euro di fatturato (l’85% rappresentato dal Valtellina Casera e il 15% dal Bitto) in sostanziale parità sull’anno precedente. Complessivamente la produzione 2020 si è attestata a 19.130 quintali (17.030 per il Valtellina Casera e 2.100 per il Bitto) grazie a una filiera che conta 133 allevamenti;13 caseifici (di cui 6 acquirenti primari/cooperative) e 16 stagionatori per il Valtellina Casera, mentre 54 alpeggi produttori (di cui 1 cooperativa) e 10 stagionatori per quella del Bitto. A fare da traino tra le due Dop, sia in termini produttivi che
di fatturato, è il Valtellina Casera, che nell’ultimo anno ha registrato un’impennata produttiva del 20,5% (passando dai 14.130 quintali del 2019 ai 17.030 nel 2020). L’impennata però non si è tradotta in un deprezzamento del prodotto, che ha tenuto in termini di valore. “Le dinamiche di mercato innescate dal Covid – ha spiegato il vicepresidente del Consorzio di Tutela Valtellina Casera e Bitto Marantelli Colombin – hanno portato gli allevatori a destinare meno quantità di latte per la produzione del fresco in favore di una maggiore produzione di formaggi stagionati. Nonostante i surplus produttivi, va dato atto ai nostri produttori di aver avuto la capacità di trovare costanti sbocchi di mercato per il Valtellina Casera, attraverso la GDO che rimane il primo canale distributivo. Negli ultimi tempi per questa Dop registriamo un costante un trend di crescita in termini quantitativi, con un + 26,7% negli ultimi 5 anni”. In flessione (-8,7%) invece la produzione del Bitto Dop: 2.100 quintali prodotti nel 2020 contro 2.300 del 2019. Per Marantelli Colombin: “A influire sul dato, sono state due stagioni piuttosto sfavorevoli, con l’ultima, quella del 2020, che ha visto le mandrie spostarsi in alpeggio più tardi rispetto al solito. C’è da dire che la produzione del Bitto, per natura, in quanto strettamente legata all’andamento meteorologico, subisce periodicamente queste oscillazioni in termini di produttività. Ciò non influisce soprattutto sulla qualità del prodotto, soggetta ogni anno a controlli puntuali da parte del consorzio”. CONSORZIO PER LA TUTELA DEI FORMAGGI BITTO E VALTELLINA CASERA Consorzio per la Tutela dei Formaggi Bitto e Valtellina Casera opera dal 1995 in provincia di Sondrio per difendere l’unicità dei due formaggi DOP valtellinesi, tutelarli da qualsiasi imitazione e promuoverli sul mercato nazionale ed internazionale. E lo fa grazie ad una serie di scrupolosi controlli sull’intera filiera. I soci del Consorzio, che
appartengono alle due filiere produttive sono 165 tra allevatori, produttori e stagionatori, piccole e grandi aziende zootecniche, latterie di paese e moderni caseifici. Dal 1996 Valtellina Casera e Bitto hanno conseguito la DOP: la loro produzione segue ritmi, saperi e regole ben precise dettate dai disciplinari di produzione, a garanzia dell’origine e dell’unicità di questi formaggi. L’ente certificatore a garanzia del consumatore è dal 1998 il CSQA di Thiene. #Followus su #formaggidopdivaltellina e su www.ctcb.it Dop-Igp, Centinaio (Mipaaf): Far conoscere nostre eccellenze ai giovani e renderle protagoniste nel mondo “In questo momento storico occorre fare squadra affinché le eccellenze del nostro paese vengano tutelate, ma soprattutto valorizzate nel migliore dei modi. Questa iniziativa serve per fare il punto della situazione e per un confronto con McDonald’s che può essere un interlocutore privilegiato delle nuove generazioni”. Lo ha sottolineato il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, Gian Marco Centinaio, partecipando al webinar “Dop e Igp incontrano il futuro – Regione Sicilia”, organizzato da Fondazione Qualivita, Origin Italia in collaborazione con McDonald’s. “Molto spesso – ha ricordato il sottosegretario – le
istituzioni fanno fatica a far passare alcuni messaggi. La generazione Z ha una grande competenza sull’ambiente, meno sulle eccellenze dell’agroalimentare italiano o sui consorzi. Ecco perché dobbiamo lavorare per far conoscere ai giovani i prodotti di qualità del nostro paese. E un attore importante e mondiale come McDonald’s può diventare un veicolo d’informazione e – come accaduto già in passato – essere propositivo su determinati prodotti. Compito dei consorzi, insieme alla politica, è che la qualità resti alta, e far conoscere a un pubblico vasto ed eterogeneo anche prodotti agroalimentari che purtroppo a volte sono poco valorizzati. La Regione Sicilia tra le sue molte eccellenze – ha infine ricordato Centinaio – ha il cioccolato di Modica, unica Igp a livello europeo. Sono convinto che tutti dobbiamo aiutare queste eccellenze ad essere protagoniste, non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo”. Italian Sounding, Baldrighi: confidiamo che Patuanelli si adoperi in fretta per rimediare e consentire a consorzi di tutelare Dop. Come Ue ha dimostrato “Confidiamo nelle capacità del ministro Patuanelli già titolare del Mise ed oggi del Mipaaf per risolvere definitivamente l’equivoco in modo tale da fare in modo che i consorzi tornino ad avere le agevolazioni previste da legge
prima della cancellazione del Mise con la legge di Bilancio. Risorse proprio deputate a conserire ai Consorzi di svolgere attività di tutela delle denominazioni e dei relativi marchi. Al fine di proteggere e difendere le eccellenze Made in Italy da fenomeni di parassitismo quali l’Italian sounding in tutte le sue manifestazioni”. Così ad AGRICOLAE il presidente di Origin Italia. rappresenta circa il 95% delle produzioni italiane a Indicazione Geografica, Cesare Baldrighi, in merito ai decreti Mise in stallo atti a ripristinare i contributi a favore dei Consorzi a tutela del Made in Italy cancellati con la Legge di Bilancio. “La recente presa di posizione della Comunità europea – aggiunge Baldrighi – evidenzia ulteriormente la necessità di sostenere le denominazioni europee da attacchi che ne potrebbero ledere l’immagine e l’economia. Soprattutto in un momento come questo”. Italian Sounding, a causa ‘svista’ di quando Mise lo cancellò, ancora no agevolazioni ai Consorzi per tutelare Dop. Decreti in stallo I Consorzi di tutela Igp e Dop non possono difendersi dall’Italian sounding. Ancora nessuna modifica infatti ai
decreti che regolamentano l’attuazione della norma modificata con la Legge di Bilancio e i Consorzi non possono accedere alle agevolazioni previste da legge prima che fossero cambiate le carte in tavola con il governo Conte2 con la cancellazione dell’Italian sounding. Agevolazioni deputate proprio a far svolgere dai Consorzi attività di tutela delle denominazioni contro ogni forma di Italian Sounding e di parassitismo commerciale. Questione ripresa oggi dalla Corte di Giustizia Ue. Dop Sounding, Corte Ue: stop parassitismi denominazioni, non solo da parte dei prodotti ma anche da ristorazione e servizi. Ora la palla a tutti i paesi In fase di conversione della Legge di Bilancio 2021 il Governo aveva fatto una chiara e repentina marcia indietro nella modifica della normativa sull’Italian sounding. L’intenzione abrogativa aveva suscitato grande preoccupazione nel settore che si era sentito abbandonato dal Governo nella lotta senza fine alle contraffazioni che – soprattutto all’estero, sfruttandone la fama – erodono fatturato e reputazione alle eccellenze agroalimentari Made in Italy. L’articolo della legge finanziaria in un primo momento aveva infatti previsto addirittura la cancellazione dal Codice della proprietà intellettuale della “definizione delle pratiche di Italian sounding, come pratiche finalizzate alla falsa evocazione dell’origine italiana di prodotti”. Si era trattato di una “svista”, fu detto, che proprio grazie ad un articolo di AGRICOLAE fu resa evidente, svelando cosa ci fosse dietro un’oscura soppressione di commi e di lettere dell’articolo 32 del decreto-legge 30 aprile 2019, n.34. L.Bilancio, Mise fa sparire definizione Italian Sounding come falsa evocazione made in Italy e toglie soldi a consorzi e
rappresentanze. Rientra nel codice proprietà industriale Italian sounding, fonti Mise: nessuna volontà di non tutelare Made in Italy ma necessità di sbloccare fondi. Verificheremo e pronti a correggere il tiro Sempre a seguito dell’articolo di AGRICOLAE, modificando il Decreto “Crescita”, la legge di Bilancio 2021 ha ripristinato lo stanziamento di 2,5 milioni di euro. Soldi destinati a dare dei contributi al sostengo della difesa delle indicazioni geografiche tutelate dai rispettivi Consorzi. Tuttavia, ad oggi, trascorsi quasi 5 mesi dall’approvazione della legge finanziaria, non sono stati ancora modificati i decreti che regolamentano l’attuazione della norma e pertanto i Consorzi non possono accedere all’agevolazione. Le modifiche necessarie affinché sia garantito l’accesso al fondo anche da parte dei Consorzi di tutela passano attraverso due Decreti del Ministero dello Sviluppo economico. Il primo è il decreto MISE del 15 gennaio 2020 (Agevolazione diretta a sostenere la promozione all’estero di marchi collettivi e di certificazione volontari italiani), il secondo è il Decreto direttoriale del MISE del 20 novembre 2020. L’Ufficio del Mise di competenza è la DIREZIONE GENERALE PER LA TUTELA DELLA PROPRIETA’ INDUSTRIALE – UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI, Divisione VI – Politiche e progetti per la promozione della proprietà industriale. IL soggetto preposto all’attuazione della norma è Unioncamere Qui di seguito AGRICOLAE riporta i due decreti di cui è necessaria la modifica includendo i Consorzi tra i beneficiari: Decreto MISE del 15 gennaio 2020
Decreto direttoriale del MISE del 20 novembre 2020 Dop Sounding, Corte Ue: stop parassitismi denominazioni, non solo da parte dei prodotti ma anche da ristorazione e servizi. Ora la palla a tutti i paesi I produttori francesi di Champagne ricorrono alla Corte europea contro il French Sounding utilizzato in Spagna da alcuni tapas bar, attraverso la denominazione Champanillo. E l’avvocato generale Giovanni Pitruzzella propone alla Corte di dichiarare che il diritto dell’Unione tutela i prodotti DOP contro tutte le pratiche di parassitismo commerciale aventi ad oggetto indifferentemente prodotti o servizi. E la questione ritorna a bomba a tutti i Paesi nazionali costituendo un precedente importante. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta infatti al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile. Quindi non solo, direttamente, i prodotti interessati, ma anche eventuali servizi che possano ‘approfittare’ dell’immagine afferente alle Dop e Igp europee.
Comite ́ Interprofessionnel du Vin de Champagne, organismo che cura gli interessi dei produttori di champagne, si e ̀ rivolto alle giurisdizioni spagnole per impedire l’utilizzazione della parola «CHAMPANILLO» riferita, in particolare, ad alcuni «tapas bar» (locali di ristorazione) in Catalogna (Spagna). L’Audiencia provincial de Barcelona (corte provinciale di Barcellona, Spagna), adita in appello, ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare il diritto dell’Unione in materia di tutela dei prodotti coperti da denominazione di origine protetta (DOP), quale la denominazione «Champagne», in una situazione in cui il termine in conflitto («CHAMPANILLO») e ̀ utilizzato per designare non dei prodotti ma dei servizi. Nelle sue conclusioni odierne, l’avvocato generale Giovanni Pitruzzella propone alla Corte di dichiarare che il diritto dell’Unione tutela i prodotti DOP contro tutte le pratiche di parassitismo commerciale aventi ad oggetto indifferentemente prodotti o servizi. L’avvocato generale premette che al caso in questione è applicabile il regolamento sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli1. L’avvocato generale osserva che la DOP «Champagne» e il nome controverso «CHAMPANILLO» presentano indubbiamente un certo grado di somiglianza visiva e fonetica, in particolare se si tiene conto del fatto che «Champá n» è la traduzione in spagnolo della DOP in questione. Ciò posto, l’avvocato generale ricorda che il livello di somiglianza visiva e fonetica tra i termini in conflitto dev’essere prossimo all’identità affinche ́ si possa parlare di «uso» di una DOP ai sensi del regolamento2. Nel caso di specie, però, il suffisso «illo» distingue, visualmente e foneticamente, il termine «CHAMPANILLO» dagli altri termini a raffronto. L’avvocato generale, pertanto, esclude che il termine «CHAMPANILLO» costituisca «uso», ai sensi del regolamento, della DOP «Champagne».
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