CORTE COSTITUZIONALE SEGNALAZIONI SULL'ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA - SERVIZIO STUDI - febbraio ...
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CORTE COSTITUZIONALE SERVIZIO STUDI Area di diritto comparato SEGNALAZIONI SULL’ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA a cura di Carmen Guerrero Picó Sarah Pasetto Maria Theresia Rörig Céline Torrisi con il coordinamento di Paolo Passaglia n. 33 (febbraio 2020)
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SOMMARIO Spagna ARAGONA – DIRITTI STORICI Tribunale costituzionale, sentenza n. 158/2019, del 12 dicembre, sui diritti storici dell’Aragona ........................................................................... 7 Spagna RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE – DEPUTATO NON ISCRITTO A UN GRUPPO Tribunale costituzionale, sentenza n. 159/2019, del 12 dicembre, sul c.d. deputato non iscritto ............................................................................ 11 Stati Uniti PRESIDENTE – IMPEACHMENT L’assoluzione del Presidente Trump nel processo di impeachment ................ 15 Spagna GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE – LEGITTIMAZIONE Tribunale costituzionale, sentenza n. 176/2019, del 18 dicembre, sulla legittimazione attiva dei governi delle Comunità autonome nel ricorso in via principale ............................................................................................... 19 Regno Unito DEVOLUTION – EROGAZIONE DI SUSSIDI Corte suprema, sentenza A Reference by the Attorney General for Northern Ireland of devolution issues to the Supreme Court pursuant to Paragraph 34 of Schedule 10 to the Northern Ireland Act 1998 (Northern Ireland), [2020] UKSC 2, del 5 febbraio 2020, in tema di devolution ...................................... 23
Francia ADOZIONE – PARTO ANONIMO Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-826 QPC del 7 febbraio 2020, M. Justin A., sull’affidamento preadottivo di un bambino nato da un parto anonimo ............................................................................................. 27 Regno Unito LIBERTÀ PERSONALE – DETENZIONE ABUSIVA Corte suprema, sentenza R (on the application of Jalloh) (formerly Jollah) (Respondent) v Secretary of State for the Home Department (Appellant), [2020] UKSC 4, del 12 febbraio 2020, sulla detenzione abusiva ................... 31 Spagna IMMIGRAZIONE – RESPINGIMENTI IMMEDIATI La Grande Camera della Corte di Strasburgo dichiara che i respingimenti immediati alla frontiera con il Marocco non violano la CEDU ...................... 33 Francia IMMIGRAZIONE – MINORI STRANIERI Conseil d’État, decisioni nn. 428478 e 428826 del 5 febbraio 2020, sulla legittimità del decreto sui minori stranieri non accompagnati ................ 37 Spagna PROCESSO PENALE – CONTRADDITTORIO Tribunale costituzionale, sentenza n. 1/2020, del 14 gennaio, sulle esigenze del contraddittorio nel secondo grado del processo penale ............................. 39 Germania PERSONA – SUICIDIO ASSISTITO Tribunale costituzionale federale, sentenza del 26 febbraio 2020 (2 BvR 2347/15, 2 BvR 651/16, 2 BvR 1261/16, 2 BvR 1593/16, 2 BvR 2354/16, 2 BvR 2527/16), in merito all’assistenza al suicidio prestata con modalità commerciali ..................................................................................................... 43 Germania CONTRATTI COLLETTIVI – EFFICACIA Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 10 gennaio 2020 (1 BvR 4/17), in tema di efficacia erga omnes dei contratti collettivi .................................... 47
Germania GIUSTIZIA – USO DEL VELO ISLAMICO Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 14 gennaio 2020 (2 BvR 1333/17) sul divieto di indossare il velo islamico nello svolgimento di talune attività dell’amministrazione della giustizia ................................................... 49
SPAGNA ARAGONA – DIRITTI STORICI Tribunale costituzionale, sentenza n. 158/2019, del 12 dicembre, sui diritti storici dell’Aragona 03/02/2020 Con la STC 158/2019 1, il plenum del Tribunale costituzionale ha accolto il ricorso in via principale presentato da centodiciassette deputati del gruppo parlamentate popolare nei confronti della legge delle Cortes di Aragona n. 8/2018, del 28 giugno, in tema di aggiornamento dei diritti storici dell’Aragona. I ricorrenti avevano denunziato che la legge, in toto e in singole disposizioni, poneva problemi di legittimità riguardanti tre grandi questioni. Il legislatore autonomico avrebbe interpretato erroneamente la prima disposizione aggiuntiva della Costituzione, che impone il rispetto dei diritti storici dei territori forales, tra i quali non rientrerebbe l’Aragona. Inoltre, dichiarare – come era stato fatto a più riprese – che i diritti forales o storici sono il fondamento dei pubblici poteri e che al popolo aragonese spetta una quota di sovranità sarebbe contrario sia alla supremazia della Costituzione (art. 9, comma 1, Cost.) che alla sovranità del popolo spagnolo (art. 1, comma 2, Cost.). La prima disposizione aggiuntiva della Costituzione stabilisce che “[l]a Costituzione garantisce e rispetta i diritti storici dei territori forales”. Secondo la giurisprudenza costituzionale consolidata, l’espressione “territori forales” deve intendersi riferita ai territori che, nonostante l’unificazione nel Settecento del diritto pubblico e delle istituzioni politiche e amministrative dei regni e delle regioni della Spagna, hanno mantenuto un regime giuridico particolare (il fuero), concernente l’organizzazione dei pubblici poteri; tali territori oggi si identificano con due Comunità autonome: i Paesi baschi e la Navarra. Il plenum ha dichiarato che l’estensione dell’ambito di applicazione dell’anzidetta disposizione ad altri territori è costituzionalmente illegittima 2, a prescindere dalla fonte del diritto utilizzata per operarla (statuto di autonomia, legge statale o legge autonomica). La legge aragonese non è tutelata dalla prima disposizione aggiuntiva della Costituzione. Nonostante la terza disposizione 1 Il testo della pronuncia è reperibile on line alla pagina https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2020-404. 2 V. il FJ 4.
aggiuntiva dello Statuto di autonomia dell’Aragona disponga che “l’accettazione del regime di autonomia stabilito dal presente statuto non implica la rinuncia del popolo aragonese ai diritti che avrebbero potuto corrispondergli in quanto tale in virtù della sua storia”, questa formula non autorizza il legislatore aragonese a realizzare un aggiornamento di diritti storici non ricompresi nella disposizione costituzionale e che non sono contemplati – né potrebbero esserlo – tra i contenuti dello Statuto di autonomia dell’Aragona. A partire da questa premessa, e dopo aver ribadito che la pronuncia non riguarda l’identità storica dell’Aragona, il Tribunale costituzionale ha dichiarato nulle 3 tutte le norme incompatibili con la prima disposizione aggiuntiva della Costituzione, ovvero quelle in cui il legislatore si riferiva ai diritti storici come fondamento dell’autogoverno, come fonte od origine del potere della Comunità autonoma oppure come oggetto o finalità dell’esercizio di quel potere. Tra queste disposizioni figuravano: l’art. 1, comma 1, che proclamava la natura foral dell’Aragona; l’art. 1, comma 2, che dichiarava di basarsi sulla prima disposizione aggiuntiva della Costituzione e sulla terza disposizione aggiuntiva dello statuto; l’art. 1, comma 3, che dava mandato alle autorità pubbliche di rispettare la foralidad dell’Aragona; l’art. 2, comma 1, che attribuiva la titolarità dei diritti storici al popolo aragonese, da cui emanavano i poteri pubblici; l’art. 2, comma 2, sul contenuto e gli effetti dei diritti storici; l’art. 3, sui principi di aggiornamento di questi diritti; e l’art. 4, che dotava i diritti storici di due caratteristiche – originarietà e imprescrittibilità – che li avrebbero resi immuni alla Costituzione. I ricorrenti avevano censurato, inoltre, la concezione che permeava l’intera legge, ritenendola in contrasto con il ruolo che la Costituzione affida allo statuto di autonomia quale norma istituzionale basilare della Comunità autonoma (art. 147 Cost.). In questo senso, il Tribunale costituzionale ha dichiarato illegittime 4 le norme che hanno invaso materie che la Costituzione riserva agli statuti di autonomia: l’art. 9, che ha operato una delimitazione del territorio aragonese non coincidente con quella stabilita dallo statuto, e gli artt. 10, comma 1, e 11, comma 1, sulla bandiera e lo stemma. Altre disposizioni ancora sono state dichiarate incostituzionali 5 perché riguardavano le competenze dello Stato; ad esempio: l’art. 6, comma 3, riferito al diritto di asilo; l’art. 10, comma 2, sull’utilizzo delle bandiere ufficiali; l’art. 26, 3 V. il FJ 5. 4 V. il FJ 6. 5 V. il FJ 7. 8
commi 2 e 3, sulla gestione dell’archivio della Corona dell’Aragona; l’art. 33, comma 3, concernente l’habeas corpus. Infine, ad avviso del Tribunale costituzionale, la seconda disposizione aggiuntiva della legge n. 8/2018, che dichiara d’interesse generale i beni e gli archivi che integrano il patrimonio culturale dell’Aragona agli effetti della espropriazione, deve essere interpretata nel senso che la sua efficacia è limitata al territorio della Comunità autonoma. Carmen Guerrero Picó 9
SPAGNA RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE – DEPUTATO NON ISCRITTO A UN GRUPPO Tribunale costituzionale, sentenza n. 159/2019, del 12 dicembre, sul c.d. deputato non iscritto 05/02/2020 Con la STC 159/2019 1, il plenum del Tribunale costituzionale ha accolto parzialmente il ricorso di amparo presentato da un deputato dell’Assemblea legislativa dell’Estremadura nei confronti delle decisioni dell’Ufficio di Presidenza (la Mesa), che gli avevano attribuito la qualifica di “deputato non iscritto” e che avevano delimitato in senso restrittivo il suo status. È la prima volta che il Tribunale costituzionale affronta questi temi. Il regolamento dell’Assemblea legislatura dell’Estremadura 2 ha incorporato alcune disposizioni per evitare il fenomeno del c.d. trasformismo (transfuguismo). L’art. 39, comma 2, prevede che i deputati che abbandonano il gruppo parlamentare di appartenenza, per volontà propria o a seguito di espulsione, avranno la qualifica di deputato non iscritto e non potranno entrare a far parte di un altro gruppo, nemmeno di quello misto, per il resto della legislatura. Inoltre, l’interessato cesserà automaticamente dagli incarichi elettivi ricoperti negli organi dell’assemblea, senza possibilità di essere rieletto. L’art. 39, comma 5, prevede che il deputato non iscritto godrà unicamente dei diritti riconosciuti per i singoli deputati; non avrà diritto ai compensi derivanti dall’esercizio delle funzioni a tempo pieno, né godrà dei diritti economici propri dei gruppi parlamentari. Ciononostante, l’Ufficio di Presidenza sarà tenuto a garantire i mezzi materiali per lo svolgimento delle funzioni parlamentari. Infine, l’art. 39, comma 6, stabilisce che spetta all’Ufficio di Presidenza, sentita la Conferenza dei Capigruppo (Junta de Portavoces), decidere: sull’intervento del deputato nelle sedute plenarie e nelle commissioni; sulla sua permanenza nelle commissioni di cui faceva parte, rispettando il diritto del deputato non iscritto di far parte almeno di una commissione; sulle altre questioni che possano presentarsi a proposito della sua situazione e delle sue possibili attività. 1 Il testo della pronuncia è reperibile on line alla pagina https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2020-405. 2 Consultabile on line alla pagina https://www.asambleaex.es/pagina-8.
Il ricorrente aveva comunicato all’Ufficio di Presidenza la sua volontà di abbandonare il gruppo parlamentare di appartenenza, chiedendo di continuare a svolgere le sue funzioni di rappresentanza a tempo pieno e di avere un ufficio proprio. L’Ufficio di Presidenza aveva deciso di riconoscergli la qualifica di “deputato non iscritto”, respingendo le richieste avanzate sul tempo di lavoro e sull’assegnazione di un ufficio, e limitando i suoi interventi nell’attività dell’assemblea. Nel decidere il merito del ricorso, il Tribunale costituzionale si è riferito inizialmente alla propria giurisprudenza sul diritto di accesso alle cariche pubbliche (art. 23, comma 2, Cost.), in combinato disposto con il diritto di partecipazione dei cittadini attraverso rappresentanti (art. 23, comma 1, Cost.), ribadendo che le facoltà che integrano il nucleo della funzione di rappresentanza sono, principalmente, quelle che hanno una relazione diretta con l’esercizio delle potestà legislative e con il controllo dell’azione di governo 3. Le retribuzioni dei parlamentari autonomici non rientrano nel contenuto essenziale dello ius in officium e, per questo motivo, il ridimensionamento della retribuzione e la mancata assegnazione di un ufficio al ricorrente non sono in contrasto con l’art. 23, comma 2, Cost. 4. Le misure contro il trasformismo sono già state oggetto di alcune pronunce costituzionali 5, che hanno condizionato la loro legittimità al rispetto di certe condizioni che il plenum ha ritenuto estensibili alla specie. Non devono, quindi, interessare il nucleo fondamentale dello ius in officium; devono rispettare il divieto di mandato imperativo e devono superare il test di proporzionalità. Il Tribunale costituzionale ha dichiarato che: – l’art. 39, comma 2, del regolamento, che prevede la figura del deputato non iscritto, è legittimo, precisando che le eventuali violazioni del diritto del ricorrente dovrebbero rintracciarsi nelle concrete limitazioni imposte dall’Ufficio di Presidenza, il quale non può esercitare le funzioni in modo arbitrario, ma deve rispettare le disposizioni del regolamento, come del resto rammenta lo stesso art. 39, comma 6 6; e che 3 V. il FJ 5. 4 V. il FJ 6. 5 V. il FJ 7. Il plenum si riferisce alle SSTC 20/2011, del 14 marzo, e 246/2012, del 20 dicembre, sui consiglieri comunali non iscritti. 6 V. il FJ 8. 12
– anche l’attribuzione del peculiare status del deputato non iscritto è legittima 7. La giurisprudenza costituzionale sull’uguaglianza nello status di rappresentante vieta sia le norme che escludono che un deputato possa esercitare facoltà inerenti al nucleo della funzione di rappresentanza, sia disposizioni che consentano che un deputato, strumentalizzando i meccanismi di funzionamento dell’organo, possa avvalersi di certe facoltà nell’esercizio della funzione di rappresentanza che gli conferiscano una posizione predominante rispetto agli altri deputati singolarmente considerati. L’art. 39, comma 5, del regolamento, pure assicurando i diritti inerenti alla condizione di carica pubblica riconosciuti ai singoli deputati, impedisce – legittimamente – che essi traggano beneficio dal loro abbandono del gruppo parlamentare, neutralizzando i potenziali benefici, in termini di rappresentanza, per il deputato non iscritto. Nel caso di specie, il plenum ha ritenuto che le limitazioni del diritto di parola approvate dall’Ufficio di Presidenza erano legittime, con una sola eccezione 8. È stata dichiarata incostituzionale la privazione in termini assoluti del diritto di formulare proposte affinché l’assemblea plenaria si pronunci su temi di interesse per la Comunità autonoma e che abbiano per oggetto il dare impulso all’attività di qualsiasi istituzione diversa dal governo autonomico. Si tratta di una funzione inerente allo ius in officium del rappresentante, che l’art. 217 del regolamento riconosce a ogni singolo deputato e che, quindi, spetta anche al deputato non iscritto ex art. 39, comma 5. La sentenza reca l’opinione dissenziente del giudice costituzionale Andrés Ollero Tassara, secondo cui il ricorso di amparo doveva essere respinto perché l’art. 217 del regolamento doveva essere interpretato in combinato disposto con altre disposizioni che impongono che l’iniziativa del singolo deputato sia firmata dal capogruppo, il che rende impossibile che un deputato non iscritto possa de facto presentare una proposta di quel tipo. Carmen Guerrero Picó 7 V. il FJ 10. 8 V. il FJ 12. 13
STATI UNITI PRESIDENTE – IMPEACHMENT L’assoluzione del Presidente Trump nel processo di impeachment 07/02/2020 Mercoledì 5 febbraio, il Senato ha assolto il Presidente Donald Trump dalle accuse mosse nei suoi confronti il 18 dicembre scorso dalla House of Representatives, per mezzo di due cc.dd. articoli di impeachment 1. Il voto, il cui esito era largamente atteso, ha fondamentalmente seguito linee ideologiche: nel voto di assoluzione riguardo al primo articolo, ai 45 esponenti del Partito democratico si è unito anche il repubblicano Mitt Romney 2, oltre a due senatori indipendenti; nel voto sul secondo articolo, tutti e 53 i repubblicani hanno votato a favore dell’assoluzione, mentre i democratici ed i senatori indipendenti hanno votato contro. Per una dichiarazione di colpevolezza, comunque, sarebbero stati necessari 67 voti favorevoli. Il primo articolo di impeachment asseriva che Trump avesse abusato dei propri poteri in quanto, nel corso di una telefonata col Presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel luglio 2019, egli avrebbe sfruttato i poteri dell’Esecutivo, trattenendo aiuti militari nell’ammontare di circa 400 milioni di dollari, al fine di costringere l’Ucraina ad avviare indagini relative al figlio di Joe Biden, l’esponente del Partito democratico e probabile candidato democratico alle elezioni presidenziali del novembre 2020. Questo, di fatto, significava che Trump avrebbe chiesto ad uno Stato straniero di interferire nel processo politico statunitense per soddisfare i propri interessi politici personali. Nel secondo articolo si argomentava che Trump avesse ostacolato l’operato del Congresso nel corso delle indagini sulle pressioni sull’Ucraina, in quanto aveva impedito ogni forma di collaborazione, da parte del suo Esecutivo, con le richieste di comparizione e di documentazione della House of Representatives. Il voto nel Senato è giunto al culmine di una vicenda iniziata nel settembre 2019, quando un informatore, agente della CIA, aveva presentato un ricorso all’Ispettore generale per la comunità di intelligence rivelando i contenuti della 1 Per ulteriori dettagli, v. la segnalazione intitolata “La House of Representatives avvia un’inchiesta per l’impeachment del Presidente Trump”, inviata il 25 settembre 2019. 2 È il primo senatore nella storia ad aver votato a favore della rimozione dall’incarico di un presidente del suo stesso partito.
conversazione tra Trump e Zelensky. In ogni caso, appelli affinché Trump venisse messo in stato di impeachment sono risalenti: si pensi alla prima proposta di avviare una procedura di impeachment nei suoi confronti ad opera del Representative Brad Sherman, del Partito democratico, nel luglio 2017 3; o ancora alla reazione a seguito della conclusione delle indagini dello Special Counsel Robert S. Mueller III sulle interferenze della Russia con le elezioni presidenziali del 2016 e la possibile collaborazione con la campagna elettorale di Trump, in occasione della quale, però, la Speaker della House Nancy Pelosi aveva dichiarato che l’impeachment avrebbe ingenerato ulteriori tensioni nella società e nella politica statunitensi (parere poi mutato a seguito delle rivelazioni dell’informatore circa le pressioni sull’Ucraina). Effettivamente, la procedura ha esacerbato le già profonde spaccature nel contesto statunitense. Gli esponenti del Partito democratico hanno contestato la piena validità del processo, alla luce del fatto che, il 31 gennaio, il Senato ha votato contro l’introduzione, nel processo, dell’audizione di testimoni e della presentazione di documenti, in particolare di quelli la cui trasmissione alla House of Representatives era stata negata da Trump 4. Per contro, lo stesso Trump, in una dichiarazione rilasciata il giorno successivo al voto, ha denunciato i democratici come “malefici” e “corrotti” 5. Gli altri repubblicani hanno accusato i democratici di aver danneggiato inutilmente il Paese e le sue istituzioni, e che la messa in stato di impeachment era semplicemente un modo per rimuovere dall’incarico un presidente di cui non condividevano le politiche 6. Ancora, se diversi senatori repubblicani hanno riconosciuto che i comportamenti in questione di Trump erano effettivamente illeciti, hanno comunque votato a favore dell’assoluzione in quanto non hanno ritenuto che quegli stessi comportamenti fossero sufficientemente gravi 3 Si v. la segnalazione, a cura dell’Area di diritto comparato, intitolata “Stati Uniti – Proposto l’avvio del procedimento di impeachment contro il Presidente Trump”, inviata il 13 luglio 2017. 4 In questo modo, il processo di impeachment è stato il primo nella storia degli Stati Uniti in cui si è raggiunto un verdetto senza convocare testimoni. 5 P. BAKER, Trump Hails Acquittal and Lashes Out at ‘Evil’ and ‘Corrupt’ Opponents, in The New York Times, 6 febbraio 2020, https://www.nytimes.com/2020/02/06/us/politics/trump- impeachment.html. 6 N. FANDOS, Trump Acquitted of Two Impeachment Charges in Near Party-Line Vote, in The New York Times, 5 febbraio 2020, https://www.nytimes.com/2020/02/05/us/politics/trump- acquitted-impeachment.html. 16
da costituire motivo di impeachment. Inoltre, desideravano rinviare la decisione agli elettori, che dovranno esprimersi nelle elezioni presidenziali di novembre 7. I democratici della House of Representatives hanno già dichiarato che proseguiranno con le indagini e che convocheranno per una testimonianza John R. Bolton, l’ex-consigliere per la sicurezza nazionale di Trump. Bolton sta pubblicando un libro in cui scrive di aver ricevuto ordini espliciti da Trump di vincolare gli aiuti militari all’Ucraina all’avvio delle indagini sui Biden 8. Si è trattato del terzo processo per impeachment nella storia degli Stati Uniti, dopo quelli ai presidenti Andrew Johnson e Bill Clinton, anch’essi assolti. Il processo è stato presieduto dal Chief Justice della Corte suprema federale, John G. Roberts Jr. Sarah Pasetto 7 S.M. KIM, In historic vote, Trump acquitted of impeachment charges, in The Washington Post, 6 febbraio 2020, https://www.washingtonpost.com/politics/in-historic-vote-trump-acquitted- of-impeachment-charges/2020/02/05/8b7ea90e-4832-11ea-ab15-b5df3261b710_story.html. 8 L. ZHOU, “Erase all doubt”: Democrats explain why John Bolton’s testimony is so necessary, in Vox.com, 29 gennaio 2020, https://www.vox.com/2020/1/29/21113918/john-bolton-trump- impeachment-trial. 17
SPAGNA GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE – LEGITTIMAZIONE Tribunale costituzionale, sentenza n. 176/2019, del 18 dicembre, sulla legittimazione attiva dei governi delle Comunità autonome nel ricorso in via principale 07/02/2020 La STC 176/2019 1 ha dichiarato inammissibile il ricorso in via principale presentato dal Governo di La Rioja nei confronti di una legge approvata dall’assemblea legislativa della sua Comunità autonoma (legge del Parlamento di La Rioja n. 6/2018, del 26 novembre, sulla tutela degli animali). La pronuncia, con un unico fundamento jurídico, ribadisce il difetto di legittimazione attiva dei governi autonomici nel ricorso in via principale avente ad oggetto una legge della loro stessa Comunità. Sono, peraltro, di particolare interesse le opinioni dissenzienti di quattro giudici, favorevoli ad un’interpretazione evolutiva delle norme sul processo costituzionale. L’art. 162, comma 1, paragrafo a), Cost. riconosce – con un elenco tassativo – legittimazione attiva per presentare il ricorso in via principale a determinati organi o frazioni di organi con una posizione particolarmente rilevante nel disegno costituzionale: il Presidente del Governo, il Difensore civico, cinquanta deputati, cinquanta senatori, gli organi collegiali esecutivi delle Comunità autonome e, se del caso, le loro assemblee legislative. La giurisprudenza costituzionale ha sottolineato in maniera costante che la loro legittimazione non risponde alla difesa di un proprio interesse, ma dell’interesse generale e della supremazia della Costituzione. Nel caso degli organi collegiali esecutivi delle Comunità autonome e delle loro assemblee legislative, l’art. 32, comma 2, della legge organica n. 2/1979, del 3 ottobre, sul Tribunale costituzionale (d’ora in avanti, LOTC) 2 precisa che il ricorso può essere presentato solo nei confronti di leggi, atti e disposizioni 1 Il testo della pronuncia è reperibile on line alla pagina https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2020-1120. 2 La versione consolidata della LOTC è reperibile on line alla pagina http://www.tribunalconstitucional.es/es/tribunal/normativa/Normativa/LOTC- TextoConsolidado.pdf. Per una versione in lingua italiana, v. https://www.tribunalconstitucional.es/es/tribunal/normativa/Normativa/LOTC-it.pdf.
normative con forza di legge dello Stato, purché queste incidano sul proprio ambito di autonomia. Nella decisione passata in rassegna, il plenum del Tribunale costituzionale ha dichiarato che le possibilità di agire riconosciute dall’art. 32, comma 2, LOTC tengono conto della posizione istituzionale della Comunità autonoma in difesa della sua autonomia, una logica che sembrerebbe venire meno nei casi in cui l’autore della norma ed il denunciante sono organi dello stesso ente territoriale. I differenti piani istituzionali e funzionali in cui operano gli organi statali e delle Comunità autonome giustificano che il legislatore, basandosi sulle disposizioni costituzionali, abbia optato per distinguere i casi in cui i soggetti legittimati possono attivare il ricorso in via principale. Del resto, anche nella stessa Costituzione possono essere individuate asimmetrie tra questi soggetti: nel caso delle Camere, questa permette che agisca una frazione dell’organo (cinquanta deputati o cinquanta senatori), mentre trattandosi delle assemblee legislative autonomiche la legittimità è stata riconosciuta all’organo e non a una sua frazione. Riconoscere la legittimazione attiva di un governo autonomico per agire contro una legge della sua assemblea romperebbe l’equilibrio istituzionale voluto dal costituente. Quattro giudici hanno dissentito del parere della maggioranza: Juan Antonio Xiol Ríos, Pedro José González-Trevijano Sánchez, Ricardo Enríquez Sancho e María Luisa Balaguer Callejón. I loro pareri, complementari, sono stati formalizzati nelle opinioni dissenzienti dei giudici González-Trevijano e Balaguer. Ad avviso del giudice González-Trevijano, il Tribunale costituzionale avrebbe dovuto integrare, con una interpretazione evolutiva, la disciplina di questo processo costituzionale. La nuova lettura si baserebbe sul fatto che: i) l’art. 162, comma 1, Cost. riconosce la legittimità degli organi delle Comunità autonome e non necessita di attuazione, in quanto la sua portata è già di per sé ben identificabile; ii) l’art. 32, comma 2, LOTC si limiterebbe ad introdurre alcune esigenze aggiuntive nei ricorsi contro le leggi dello Stato da parte degli organi delle Comunità autonome (cioè, che interessino l’autonomia), senza escludere che gli esecutivi autonomici possano agire contro le leggi della propria Comunità. La giurisprudenza costituzionale ha caratterizzato il ricorso in via principale come uno strumento obiettivo di difesa della Costituzione e di depurazione dell’ordinamento giuridico, il che difficilmente giustifica che tale difesa non possa attivarsi quando si abbiano squilibri interni in una Comunità autonoma. La giudice Balaguer ha rilevato che la legittimazione degli esecutivi autonomici per denunciare leggi delle proprie assemblee era prevista nel progetto 20
di LOTC presentato dal Governo e votato dalle Camere, ma che il paragrafo interessato è stato eliminato al momento della pubblicazione ufficiale (si ignora se per un disguido formale o dietro una precisa volontà). La giudice ritiene che questa limitazione processuale sia ingiustificata, poiché si basa su una non corretta concezione dei soggetti legittimati dalla Costituzione, che frustra la finalità di questo ricorso astratto. Nella risoluzione di queste problematiche dovrebbe prendere forza l’esigenza di interpretare le disposizioni in base al favor constitutionis. Difatti, in passato la giurisprudenza costituzionale ha interpretato in senso estensivo l’esigenza che la legge dello Stato interessi l’autonomia, senza limitarla alla difesa delle proprie competenze. È sua opinione che il garante della Costituzione possa essere più utile nel sistema dei pesi e contrappesi tra poteri, quanto più si aprano le sue procedure ai soggetti legittimati dalla Costituzione. Carmen Guerrero Picó 21
REGNO UNITO DEVOLUTION – EROGAZIONE DI SUSSIDI Corte suprema, sentenza A Reference by the Attorney General for Northern Ireland of devolution issues to the Supreme Court pursuant to Paragraph 34 of Schedule 10 to the Northern Ireland Act 1998 (Northern Ireland), [2020] UKSC 2, del 5 febbraio 2020, in tema di devolution 07/02/20202 Ai sensi del Northern Ireland Act 1998 (in part., Section 24(1)(a)), i Departments 1 dell’Irlanda del Nord non hanno il potere di emettere, confermare od approvare normativa secondaria, né di porre in essere alcun atto, se la normativa o l’atto in questione sono incompatibili coi diritti sanciti dalla CEDU. Il caso di specie riguardava un’ordinanza emessa dal Ministro britannico per l’Irlanda del Nord, attraverso la quale, a partire dal 27 settembre 2017, si procedeva all’erogazione di una serie di sussidi a favore degli individui residenti in determinate zone dell’Irlanda del Nord 2. Il Ministro aveva la responsabilità di indicare le date per l’entrata in vigore dell’ordinanza, ma la procedura richiedeva anche un intervento da parte del Northern Ireland Department for Communities, consistente in particolare nell’elencazione delle zone i cui residenti potevano percepire il sussidio. Il caso è giunto alla Corte suprema del Regno Unito su rinvio dell’Attorney General per l’Irlanda del Nord, il quale chiedeva che la massima giurisdizione britannica vagliasse il merito della vicenda, sull’assunto che i sussidi in questione costituissero una violazione degli artt. 8, 14 e 12 della CEDU e dell’art. 1 del 1° Protocollo della CEDU, e fossero dunque nulli ai sensi della Section 24(1)(a) del Northern Ireland Act 1998. In particolare, si rilevava che, poiché la determinazione delle zone i cui residenti potevano percepire il sussidio era indispensabile ai fini dell’entrata in vigore dell’ordinanza del Ministro, la previsione di tale condizione costituisse un atto incompatibile con la CEDU, da cui la violazione della Section 24(1)(a) del Northern Ireland Act 1998. Per contro, 1 I Departments sono i vertici dei vari settori amministrativi, analogamente ai ministeri. 2 In particolare, i sussidi sono denominati universal credit provisions ed offrono un aiuto economico a sostegno delle spese di sostentamento. La norma che prevede l’erogazione dei sussidi è la Welfare Reform (Northern Ireland) Order 2015 (Commencement No. 8 and Transitional and Transitory Provisions) Order 2017.
il Department for Communities ribatteva che le previsioni conferivano al Ministro britannico il potere di disciplinare l’erogazione dei sussidi e che il suo ruolo era semplicemente quello di dare un sostegno amministrativo; peraltro, le designazioni delle zone “idonee” potevano avere effetti giuridici solamente in virtù di atti posti in essere dal Ministro e non dal Department, di talché non insorgeva alcun dubbio ai sensi della Section 24(1)(a) del Northern Ireland Act 1998. La Corte suprema, riunitasi in un collegio di tre giudici, ha respinto all’unanimità la richiesta dell’Attorney General. Il judgment è stato redatto da Lord Kerr, al quale si sono uniti Lady Hale e Lord Reed 3. La Corte ha sottolineato che gli atti posti in essere dal Ministro per l’Irlanda del Nord o da parte di ministeri britannici non rientrano nella portata della Section 24 del Northern Ireland Act 1998. Affinché vi sia una questione pertinente alla devolution, è necessario dimostrare che l’atto o la funzione in questione sia stato posto in essere da un ministro o da un department nordirlandese e che quell’atto o quella funzione sia da ritenersi nullo in base alla summenzionata Section 24. Poiché la previsione reca un elenco alternativo (e non cumulativo) di atti vietati (ad esempio, è proibito emettere, confermare od approvare una norma secondaria, oppure porre in essere alcun atto, se la norma o l’azione risultano incompatibili con la CEDU), gli atti associati all’emissione della legislazione secondaria, tra cui anche le designazioni territoriali fornite dal Department allo scopo di definire i soggetti idonei al percepimento dei sussidi, possono in teoria rientrare nella portata della Section 24. Tuttavia, nel caso di specie, i sussidi in questione sono oggetto di un altro giudizio che perverrà a breve davanti alla Corte suprema; sarebbe dunque improprio, per la stessa Corte, in base alla propria giurisprudenza 4, pronunciarsi su di essi. L’Attorney General potrà intervenire in quel giudizio, qualora lo ritenga opportuno. In secondo luogo, l’Attorney General argomentava che era l’introduzione del sussidio nell’Irlanda del Nord mediante atto del Ministro per l’Irlanda del Nord ad essere incompatibile con la CEDU, e non che l’incompatibilità colpisse l’atto del Department teso a definire i soggetti idonei al percepimento del sussidio. Ora, la pubblicazione degli elenchi dei territori coinvolti non è sufficiente, di per sé, a dar luogo ad una violazione della CEDU. Sussiste una questione di devolution 3 Il testo della decisione è reperibile on line alla pagina https://www.supremecourt.uk/cases/docs/uksc-2018-0030-judgment.pdf. 4 V. il caso AGNI’s reference [2019] UKSC 1, del 2019: https://www.supremecourt.uk/cases/docs/uksc-2018-0167-judgment.pdf. 24
rilevante solo se l’atto del Department in questione è in grado di dare luogo ad una violazione della CEDU. Nella specie, la pubblicazione degli elenchi non era in grado di far insorgere alcuna incompatibilità con la Carta sovranazionale e non era pertanto opportuno che la Corte suprema ammettesse la richiesta presentata dall’Attorney General. Sarah Pasetto 25
FRANCIA ADOZIONE – PARTO ANONIMO Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-826 QPC del 7 febbraio 2020, M. Justin A., sull’affidamento preadottivo di un bambino nato da un parto anonimo 11/02/2020 Il Conseil constitutionnel è stato adito dalla Cour de cassation, che ha sollevato una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. 351 del Codice civile, come modificato dalla legge n. 96-604 del 5 luglio 1996, sull’adozione, e l’art. 352 del medesimo Codice, come modificato dalla legge n. 66-500 dell’11 luglio 1966, sulla riforma dell’adozione. Le disposizioni contestate stabiliscono che, qualora il bambino non sia stato riconosciuto, l’affidamento preadottivo non possa intervenire prima dei sessanta giorni dal suo ingresso in un centro di adozione (art. 351). Giunto questo termine, il bambino è posto sotto la tutela dello Stato (divenendo così “pupille de la Nation”). L’art. 352 prevede, inoltre, che il collocamento di un bambino in vista della sua adozione impedisce la sua restituzione nonché qualunque dichiarazione di filiazione o richiesta di riconoscimento. Il ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che, nel caso di un bambino nato da un parto anonimo, tali disposizioni violassero il diritto ad avere una vita familiare normale, nella misura in cui il padre biologico, qualora ignorasse la data e il luogo di nascita del bambino, non avrebbe la possibilità di riconoscerlo prima del collocamento preadottivo. Tale situazione impedirebbe, quindi, al padre, di chiedere la restituzione del bambino. Inoltre, le disposizioni contestate favorirebbero la filiazione adottiva piuttosto che quella biologica, in violazione dell’interesse superiore del fanciullo e del principio fondamentale secondo il quale l’adozione deve essere sussidiaria rispetto alla filiazione biologica. Infine, a parere del ricorrente, tali disposizioni violerebbero il principio di uguaglianza davanti alla legge, giacché il padre e la madre biologici sarebbero sottoposti alla stessa procedura, mentre solo la madre sarebbe informata delle conseguenze del parto in anonimato. Sussisterebbe, altresì, una differenza di trattamento tra il padre biologico e la famiglia adottiva, in quanto il padre non potrebbe riconoscere il bambino una volta pronunciato l’affidamento preadottivo, mentre la filiazione sarebbe garantita per i genitori (meramente) affidatari.
Il Conseil constitutionnel ha stabilito che, con le disposizioni contestate, il legislatore ha inteso conciliare l’interesse dei genitori biologici a beneficiare di un termine ragionevole per riconoscere il bambino e ottenerne la restituzione con l’interesse del fanciullo non riconosciuto ad essere adottato entro un termine che non sia tale da compromettere il suo sviluppo 1. Poiché il riconoscimento del bambino potrebbe ostacolare la procedura di adozione, ponendo il divieto di riconoscimento dopo il collocamento preadottivo, il legislatore ha inteso garantire al bambino un ambiente familiare stabile. Il Conseil constitutionnel ha poi ricordato che il padre biologico può riconoscere il bambino prima della sua nascita e fino al suo eventuale collocamento e che, nel caso di un bambino nato da un parto anonimo, l’art. 62-1 del Codice civile prevede che, qualora la trascrizione del riconoscimento paterno sia impossibile, il padre può rivolgersi al procuratore della Repubblica, il quale deve procedere alla ricerca della data e del luogo di rilascio dell’atto di nascita. Inoltre, è stata ricordata la giurisprudenza della Cour de cassation secondo cui il riconoscimento di un bambino prima del suo collocamento preadottivo è tale da compromettere l’adozione anche nel caso in cui il bambino sia identificato dopo il suo collocamento. Il Conseil constitutionnel ha poi sottolineato di non potersi sostituire al legislatore nel valutare le modalità di conciliazione tra l’interesse superiore del bambino affidato ai servizi sociali per l’infanzia, il diritto dei genitori biologici ad avere una vita familiare normale e l’obiettivo di favorire l’adozione, a meno che tale conciliazione sia manifestamente squilibrata. Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha considerato che non sussista alcuna violazione del diritto ad avere una vita familiare normale o dell’esigenza costituzionale di protezione dell’interesse superiore del fanciullo. Per quanto riguarda l’asserita violazione del principio di uguaglianza davanti alla legge, il Conseil constitutionnel ha stabilito che se, nel caso di un parto anonimo, il padre e la madre biologici si trovano effettivamente in una situazione diversa per riconoscere il bambino, le disposizioni contestate – che hanno come unico obiettivo quello di stabilire il termine entro il quale possa essere affidato il bambino in vista della sua adozione nonché le conseguenze di tale affidamento sulla procedura di riconoscimento – non pongono, invece, alcuna disparità di trattamento tra di essi. Non sussistendo nemmeno alcuna disparità di trattamento 1 La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil- constitutionnel.fr/decision/2020/2019826QPC.htm. 28
tra i genitori biologici e la futura famiglia adottiva, tali disposizioni non violano il principio di uguaglianza davanti alla legge. Le disposizioni contestate sono state, quindi, dichiarate conformi alla Costituzione. Céline Torrisi 29
REGNO UNITO LIBERTÀ PERSONALE – DETENZIONE ABUSIVA Corte suprema, sentenza R (on the application of Jalloh) (formerly Jollah) (Respondent) v Secretary of State for the Home Department (Appellant), [2020] UKSC 4, del 12 febbraio 2020, sulla detenzione abusiva 13/02/2020 Il convenuto di fronte alla Corte suprema sosteneva di chiamarsi Ibrahima Jalloh e di essere un cittadino liberiano (la sua identità era stata messa in discussione dal Ministero degli affari interni). L’uomo era stato detenuto per motivi legati all’immigrazione e sottoposto ad un regime di libertà controllata. Le restrizioni includevano l’obbligo di firma presso un ufficiale addetto all’immigrazione tre volte a settimana, quello di alloggiare presso un indirizzo stabilito, la sottoposizione al braccialetto elettronico e un obbligo di non uscire in determinate ore. La violazione di quest’ultimo obbligo avrebbe potuto comportare pene detentive o pecuniarie. Successivamente, la Court of Appeal britannica aveva stabilito che il Ministro degli affari interni non aveva alcun diritto di imporre l’obbligo di non uscire in determinate ore 1. L’uomo aveva così adito le vie legali per il risarcimento dei danni subiti a causa della detenzione abusiva, argomentando che era stato costretto entro la propria abitazione per lunghi periodi di tempo senza che vi fosse alcun fondamento giuridico per la pena. Le sue ragioni erano state accolte in primo ed in secondo grado. Davanti alla Corte suprema del Regno Unito, il Ministro degli affari interni asseriva che l’obbligo di non uscire in certe ore non poteva definirsi una forma di “detenzione”, ai sensi del common law; qualora questa tesi fosse stata respinta, il Ministro argomentava che il concetto di detenzione vigente nel common law avrebbe dovuto essere allineato a quello maggiormente restrittivo della privazione della libertà, stabilito all’art. 5 CEDU. La Corte suprema, riuntasi in un collegio di cinque giudici, ha respinto il ricorso del Ministro all’unanimità. Il judgment è stato redatto da Lady Hale. La Corte ha dapprima ricordato che la detenzione significa, essenzialmente, obbligare una persona a permanere presso un determinato luogo (da parte di un altro soggetto). Vi sono molteplici modi mediante i quali si può eseguire 1 R (Gedi) v Secretary of State for the Home Department [2016] EWCA Civ 409, del 2016.
quest’obbligo, tra cui il confinamento fisico, il predisporre turni di guardia o la minaccia della forza o delle conseguenze legali. Nel caso di specie, il Ministro aveva stabilito dove l’uomo doveva trovarsi in determinati orari. Anche se l’uomo avrebbe potuto teoricamente assentarsi, la sua osservanza dell’obbligo non era volontaria (per via della sorveglianza mediante braccialetto elettronico e della minaccia delle sanzioni pecuniarie o della detenzione). Per quanto riguardava l’allineamento del concetto di detenzione abusiva vigente nel common law con quello di privazione della libertà ai sensi della CEDU, la Corte ha ricordato che la CEDU opera una distinzione tra la privazione e la restrizione della libertà. Affinché vi sia stata una privazione della libertà, devono sussistere diversi elementi, concernenti ad esempio il tipo, la durata e gli effetti della reclusione. Il Ministro degli affari interni invoca un precedente giurisprudenziale della House of Lords, all’epoca la massima giurisdizione del Regno Unito, in cui si era affermato che un obbligo di non uscire della durata di 8 ore non poteva costituire una privazione della libertà, secondo i criteri di cui sopra. La Corte suprema ha respinto la tesi del Ministro, asserendo che, se è vero che il common law può benissimo evolvere di pari passo coi bisogni della società, nel caso di specie il cambiamento proposto dal Ministro costituirebbe una retrocessione nella tutela dei diritti. Esso comporterebbe una limitazione del concetto consolidato di detenzione ai sensi del common law, equiparandolo a quello assai diverso della privazione della libertà stabilito dalla CEDU, che è legata alla distinzione tra privazione e limitazione della libertà presente nella Carta. Per contro, nel common law, questa distinzione non è necessaria; piuttosto, il common law deve continuare a fornire tutele contro la detenzione abusiva, come ha fatto da secoli. Pertanto, la detenzione abusiva ai sensi del common law non può sussistere in assenza della privazione della libertà ai sensi dell’art. 5 CEDU. La Corte ha stabilito che non era dato stabilire il contrario. Sarah Pasetto 32
SPAGNA IMMIGRAZIONE – RESPINGIMENTI IMMEDIATI La Grande Camera della Corte di Strasburgo dichiara che i respingimenti immediati alla frontiera con il Marocco non violano la CEDU 14/02/2020 La Corte europea dei diritti dell’uomo ha pubblicato ieri la decisione della Grande Camera sul caso N.D. et N.T. c. Spagna 1, riguardante due respingimenti immediati alla frontiera con il Marocco avvenuti nel 2014. I respingimenti immediati alla frontiera (le cc.dd. devoluciones en caliente) rappresentano una delle misure messe in atto dalle autorità spagnole in collaborazione con quelle marocchine per contrastare l’immigrazione irregolare 2. Dal 2002 i migranti irregolari fermati dalla polizia di frontiera spagnola nelle città autonome di Ceuta e Melilla sono immediatamente consegnati alla polizia marocchina. La Corte di Strasburgo aveva condannato in primo grado la Spagna. La sentenza del 3 ottobre 2017 3 aveva dichiarato violati l’art. 4 del Protocollo n. 4 alla CEDU (divieto di espulsione collettiva) e l’art. 13 CEDU (diritto ad un ricorso effettivo), in combinato disposto con l’anzidetto art. 4, poiché la procedura di respingimento immediato non prevedeva alcuna garanzia né permetteva di valutare se gli interessati fossero nelle condizioni di richiedere protezione internazionale. Il Governo spagnolo (allora presieduto da Mariano Rajoy) aveva presentato istanza di rinvio alla Grande Camera; quest’ultima ha ribaltato la precedente condanna con la sentenza del 13 febbraio 2020. Per la Grande Camera, è stata determinante la condotta dei ricorrenti. Il fatto che non fossero state adottate decisioni individuali di allontanamento era da 1 La decisione (in lingua inglese) è reperibile on line alla pagina http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-201353. Il comunicato stampa può essere consultato alla pagina http://hudoc.echr.coe.int/eng-press?i=003-6638738-8816756. 2 Su questo tema, v. il lavoro dell’Area di comparato Ingresso, accoglienza e allontanamento dello straniero (Comp 253), maggio 2019, spec. p. 111 ss. www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/Comp_253_Straniero.pdf. 3 Il testo della pronuncia di primo grado è reperibile on line alla pagina http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-177683.
ritenersi la diretta conseguenza del comportamento di N.D. e N.T., che avevano deciso di mettere loro stessi in pericolo partecipando all’assalto di massa delle recinzioni che separano Melilla dal Marocco, senza avvalersi delle procedure di ingresso regolare nel paese, né della possibilità di chiedere protezione internazionale presso l’ambasciata spagnola a Rabat o presso il vicino consolato spagnolo a Nador. Inoltre, si è constatato che l’ordinamento spagnolo prevede un ricorso contro le decisioni che negano l’ingresso in Spagna realizzato dai luoghi abilitati a tale scopo, ma che questo rimedio legale non si è potuto attivare proprio per la decisione dei ricorrenti di non utilizzare la vie di ingresso regolare nel paese. Di conseguenza, la Grande Camera ha escluso la responsabilità dello Stato spagnolo. La sentenza reca l’opinione concorrente del giudice Pejchal e l’opinione parzialmente dissenziente della giudice Koskelo. Prima di conoscere l’esito della decisione, i mezzi di comunicazione spagnoli ipotizzavano una condanna definitiva alla Spagna. Infatti, il governo del socialista Pedro Sánchez, che riteneva questi respingimenti contrari alla CEDU, nonché incostituzionali, aveva annunciato che non avrebbe ritirato l’istanza di rinvio per affrontare la riforma della legislazione in materia di immigrazione secondo le linee suggerite con una prevedibile decisione di condanna. Alcuni osservatori europei si erano mostrati più cauti e avevano avanzato la possibilità di una decisione contraria a tali aspettative 4. Da segnalare è che, comunque, al momento dei fatti giudicati dalla Corte di Strasburgo, la prassi delle devoluciones en caliente difettava di base legale. Solo la legge organica n. 4/2015, del 30 marzo, sulla protezione della cittadinanza (nota come “legge bavaglio”), ha introdotto – un anno dopo i fatti – una disposizione aggiuntiva decima, riguardante il regime speciale di Ceuta e Melilla, nella legge organica n. 4/2000, dell’11 gennaio, sui diritti e sulle libertà degli stranieri in Spagna e sulla loro integrazione sociale. La disposizione prevede che gli stranieri che cerchino di superare irregolarmente la frontiera di Ceuta o Melilla possono essere respinti al fine di impedire il loro ingresso illegale nel paese, nel rispetto delle norme internazionali sui diritti umani e sulla protezione internazionale ratificate dalla Spagna. Le richieste di protezione internazionale saranno formalizzate nei luoghi abilitati a tale scopo ai valichi di frontiera. 4 V., per tutti, L. RIEMER, The ECtHR as a drowning ‘Island of Hope’?’ Its impending reversal of the interpretation of collective expulsion is a warning signal, in del 19/02/2019, https://verfassungsblog.de/the-ecthr-as-a-drowning-island-of-hope-its-impending-reversal-of-the- interpretation-of-collective-expulsion-is-a-warning-signal/. 34
Il Tribunale costituzionale doveva dibattere questa settimana il progetto di sentenza sul ricorso principale riguardante questa ed altre misure approvate dalla legge organica n. 4/2015. Tuttavia, in attesa dell’imminente decisione della Corte di Strasburgo, la questione è stata rinviata alla prossima camera di consiglio. Il progetto di decisione del relatore, trapelato ai mezzi di comunicazione 5, avrebbe dichiarato illegittima la nuova disposizione aggiuntiva decima basandosi sulla sentenza della Corte EDU del 2017. Si attende anche il parere della Commissione di Venezia sulla c.d. “legge bavaglio”. Carmen Guerrero Picó 5 Cfr. El Constitucional, obligado a cambiar su proyecto de sentencia para permitir las devoluciones en caliente, in El País, del 14/02/2020, https://elpais.com/politica/2020/02/13/actualidad/1581622843_610090.html. 35
FRANCIA IMMIGRAZIONE – MINORI STRANIERI Conseil d’État, decisioni nn. 428478 e 428826 del 5 febbraio 2020, sulla legittimità del decreto sui minori stranieri non accompagnati 17/02/2020 Il Conseil d’État ha dichiarato legittimo il decreto che consente di delegare alle prefetture la determinazione dell’età degli stranieri non accompagnati che si dichiarino minori, e che crea, a tal fine, uno specifico registro informatico 1. Il 30 gennaio 2019 è stato emanato il decreto n. 2019-57, sulle modalità di valutazione delle persone dichiaratesi minorenni e prive, in via temporanea o definitiva, della protezione della propria famiglia. Tale decreto disciplina, inoltre, il trattamento dei dati personali di tali soggetti 2. Il testo è stato adottato sulla base del novellato art. L. 611-6-1 del Codice di ingresso e di soggiorno degli stranieri e del diritto di asilo, introdotto con l’art. 51 della legge n. 2018-778 del 10 settembre 2018, che consente di prelevare e di conservare, in un registro informatico, le impronte digitali e le fotografie degli stranieri asseritamente minori. Il decreto in questione ha introdotto due novità volte a rendere più efficace la procedura di determinazione dell’età di queste persone non accompagnate. Il testo autorizza i dipartimenti a sollecitare le prefetture, qualora lo ritengano opportuno, ad accogliere lo straniero che si dichiari minorenne e a verificare se sia già iscritto in una delle banche dati gestite dal Ministero dell’interno. Tale primo controllo consente di ottenere informazioni sull’identità e sul percorso migratorio dell’interessato. Il decreto prevede altresì la creazione di un registro nazionale degli stranieri minorenni e la cui età sia in corso di verifica (trattasi del c.d. Fichier d’Appui à l’Evaluation de la Minorité “AEM”), per identificare più facilmente coloro che presentano domande in più dipartimenti. 1 La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil-etat.fr/ressources/decisions- contentieuses/dernieres-decisions-importantes/conseil-d-etat-5-fevrier-2020-decret-mineurs- etrangers-non-accompagnes. 2 Il decreto è reperibile on line alla pagina https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000038074279&dateTexte=& categorieLien=id.
Diciannove associazioni, sindacati e fondazioni, nonché il Consiglio nazionale forense, hanno impugnato il decreto innanzi al Conseil d’État per richiederne l’annullamento 3. I ricorrenti sostenevano che tale testo violasse l’obbligo di protezione dell’interesse superiore del fanciullo nonché il suo diritto alla dignità e al rispetto della vita privata. Nello specifico, si criticava l’intervento del prefetto nella procedura di valutazione dell’età, in quanto si riteneva che implicasse una prevalenza dell’azione di polizia rispetto a quella di protezione dell’infanzia. Si contestavano, inoltre, l’insufficienza delle misure di tutela dei dati personali raccolti mediante il registro informatico 4. Il Conseil d’État ha respinto tali ricorsi, considerando che il decreto impugnato non violasse l’interesse superiore del fanciullo, protetto dalla Costituzione e dai trattati internazionali firmati dalla Francia. La suprema corte amministrativa ha comunque subordinato la legalità del decreto a quattro condizioni: (1) lo straniero che si dichiari minorenne deve essere accolto in maniera provvisoria e urgente in attesa della determinazione dell’età; tale protezione non può essere legata alla condizione che egli si diriga prioritariamente in prefettura in applicazione della procedura nuovamente introdotta; (2) la determinazione dell’età del soggetto, condotta dal dipartimento, deve essere sempre fatta secondo un approccio pluridisciplinare e non può essere dichiarato maggiorenne un soggetto per il solo fatto che appaia come tale in una delle banche dati consultate; allo stesso modo, se uno straniero rifiuta di andare in prefettura, il dipartimento non può dedurre da questo rifiuto la maggiore età; (3) una misura di allontanamento non può essere adottata contro lo straniero dopo il suo passaggio in prefettura, finché la procedura di determinazione dell’età non sia conclusa; (4) il registro c.d. “AEM” ha come unico scopo quello di facilitare e rendere più coerente la determinazione dell’età degli stranieri che si dichiarino minorenni; non deve avere, pertanto, alcuna finalità penale. Céline Torrisi 3 Per maggiori informazioni si rinvia a http://www.infomie.net/spip.php?article4641&lang=fr. 4 I ricorrenti avevano chiesto, altresì, il deferimento al Conseil constitutionnel di una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. L. 611-6-1 del Ceseda. Con la decisione del 26 luglio 2019, il Conseil constitutionnel ha rigettato tutte le doglianze dei ricorrenti. La sentenza è stata segnalata in data 26 luglio 2019. 38
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