CORTE COSTITUZIONALE SEGNALAZIONI SULL'ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA - SERVIZIO STUDI - febbraio ...

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CORTE COSTITUZIONALE
        SERVIZIO STUDI

     Area di diritto comparato

SEGNALAZIONI SULL’ATTUALITÀ
 COSTITUZIONALE STRANIERA

                           a cura di
                     Carmen Guerrero Picó
                     Sarah Pasetto
                     Maria Theresia Rörig
                     Céline Torrisi
                           con il coordinamento di
                     Paolo Passaglia

       n. 33 (febbraio 2020)
Avvertenza

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SOMMARIO

Spagna
  ARAGONA – DIRITTI STORICI
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 158/2019, del 12 dicembre,
  sui diritti storici dell’Aragona ........................................................................... 7

Spagna
  RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE – DEPUTATO NON ISCRITTO A UN GRUPPO
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 159/2019, del 12 dicembre,
  sul c.d. deputato non iscritto ............................................................................ 11

Stati Uniti
  PRESIDENTE – IMPEACHMENT
  L’assoluzione del Presidente Trump nel processo di impeachment ................ 15

Spagna
  GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE – LEGITTIMAZIONE
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 176/2019, del 18 dicembre,
  sulla legittimazione attiva dei governi delle Comunità autonome nel ricorso
  in via principale ............................................................................................... 19

Regno Unito
  DEVOLUTION – EROGAZIONE DI SUSSIDI
  Corte suprema, sentenza A Reference by the Attorney General for Northern
  Ireland of devolution issues to the Supreme Court pursuant to Paragraph 34 of
  Schedule 10 to the Northern Ireland Act 1998 (Northern Ireland), [2020]
  UKSC 2, del 5 febbraio 2020, in tema di devolution ...................................... 23
Francia
  ADOZIONE – PARTO ANONIMO
  Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-826 QPC del 7 febbraio 2020,
  M. Justin A., sull’affidamento preadottivo di un bambino nato da
  un parto anonimo ............................................................................................. 27

Regno Unito
  LIBERTÀ PERSONALE – DETENZIONE ABUSIVA
  Corte suprema, sentenza R (on the application of Jalloh) (formerly Jollah)
  (Respondent) v Secretary of State for the Home Department (Appellant),
  [2020] UKSC 4, del 12 febbraio 2020, sulla detenzione abusiva ................... 31

Spagna
  IMMIGRAZIONE – RESPINGIMENTI IMMEDIATI
  La Grande Camera della Corte di Strasburgo dichiara che i respingimenti
  immediati alla frontiera con il Marocco non violano la CEDU ...................... 33

Francia
  IMMIGRAZIONE – MINORI STRANIERI
  Conseil d’État, decisioni nn. 428478 e 428826 del 5 febbraio 2020,
  sulla legittimità del decreto sui minori stranieri non accompagnati ................ 37

Spagna
  PROCESSO PENALE – CONTRADDITTORIO
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 1/2020, del 14 gennaio, sulle esigenze
  del contraddittorio nel secondo grado del processo penale ............................. 39

Germania
  PERSONA – SUICIDIO ASSISTITO
  Tribunale costituzionale federale, sentenza del 26 febbraio 2020 (2 BvR
  2347/15, 2 BvR 651/16, 2 BvR 1261/16, 2 BvR 1593/16, 2 BvR 2354/16, 2
  BvR 2527/16), in merito all’assistenza al suicidio prestata con modalità
  commerciali ..................................................................................................... 43

Germania
  CONTRATTI COLLETTIVI – EFFICACIA
  Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 10 gennaio 2020 (1 BvR 4/17),
  in tema di efficacia erga omnes dei contratti collettivi .................................... 47
Germania
 GIUSTIZIA – USO DEL VELO ISLAMICO
 Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 14 gennaio 2020 (2 BvR
 1333/17) sul divieto di indossare il velo islamico nello svolgimento di talune
 attività dell’amministrazione della giustizia ................................................... 49
SPAGNA
                            ARAGONA – DIRITTI STORICI

  Tribunale costituzionale, sentenza n. 158/2019, del 12 dicembre,
                   sui diritti storici dell’Aragona

                                                                              03/02/2020

   Con la STC 158/2019 1, il plenum del Tribunale costituzionale ha accolto il
ricorso in via principale presentato da centodiciassette deputati del gruppo
parlamentate popolare nei confronti della legge delle Cortes di Aragona n. 8/2018,
del 28 giugno, in tema di aggiornamento dei diritti storici dell’Aragona.
   I ricorrenti avevano denunziato che la legge, in toto e in singole disposizioni,
poneva problemi di legittimità riguardanti tre grandi questioni. Il legislatore
autonomico avrebbe interpretato erroneamente la prima disposizione aggiuntiva
della Costituzione, che impone il rispetto dei diritti storici dei territori forales, tra i
quali non rientrerebbe l’Aragona. Inoltre, dichiarare – come era stato fatto a più
riprese – che i diritti forales o storici sono il fondamento dei pubblici poteri e che
al popolo aragonese spetta una quota di sovranità sarebbe contrario sia alla
supremazia della Costituzione (art. 9, comma 1, Cost.) che alla sovranità del
popolo spagnolo (art. 1, comma 2, Cost.).
   La prima disposizione aggiuntiva della Costituzione stabilisce che “[l]a
Costituzione garantisce e rispetta i diritti storici dei territori forales”. Secondo la
giurisprudenza costituzionale consolidata, l’espressione “territori forales” deve
intendersi riferita ai territori che, nonostante l’unificazione nel Settecento del
diritto pubblico e delle istituzioni politiche e amministrative dei regni e delle
regioni della Spagna, hanno mantenuto un regime giuridico particolare (il fuero),
concernente l’organizzazione dei pubblici poteri; tali territori oggi si identificano
con due Comunità autonome: i Paesi baschi e la Navarra.
   Il plenum ha dichiarato che l’estensione dell’ambito di applicazione
dell’anzidetta disposizione ad altri territori è costituzionalmente illegittima 2, a
prescindere dalla fonte del diritto utilizzata per operarla (statuto di autonomia,
legge statale o legge autonomica). La legge aragonese non è tutelata dalla prima
disposizione aggiuntiva della Costituzione. Nonostante la terza disposizione

   1
         Il   testo     della    pronuncia   è    reperibile   on    line    alla   pagina
https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2020-404.
   2
       V. il FJ 4.
aggiuntiva dello Statuto di autonomia dell’Aragona disponga che “l’accettazione
del regime di autonomia stabilito dal presente statuto non implica la rinuncia del
popolo aragonese ai diritti che avrebbero potuto corrispondergli in quanto tale in
virtù della sua storia”, questa formula non autorizza il legislatore aragonese a
realizzare un aggiornamento di diritti storici non ricompresi nella disposizione
costituzionale e che non sono contemplati – né potrebbero esserlo – tra i contenuti
dello Statuto di autonomia dell’Aragona.
   A partire da questa premessa, e dopo aver ribadito che la pronuncia non
riguarda l’identità storica dell’Aragona, il Tribunale costituzionale ha dichiarato
nulle 3 tutte le norme incompatibili con la prima disposizione aggiuntiva della
Costituzione, ovvero quelle in cui il legislatore si riferiva ai diritti storici come
fondamento dell’autogoverno, come fonte od origine del potere della Comunità
autonoma oppure come oggetto o finalità dell’esercizio di quel potere. Tra queste
disposizioni figuravano: l’art. 1, comma 1, che proclamava la natura foral
dell’Aragona; l’art. 1, comma 2, che dichiarava di basarsi sulla prima disposizione
aggiuntiva della Costituzione e sulla terza disposizione aggiuntiva dello statuto;
l’art. 1, comma 3, che dava mandato alle autorità pubbliche di rispettare la
foralidad dell’Aragona; l’art. 2, comma 1, che attribuiva la titolarità dei diritti
storici al popolo aragonese, da cui emanavano i poteri pubblici; l’art. 2, comma 2,
sul contenuto e gli effetti dei diritti storici; l’art. 3, sui principi di aggiornamento
di questi diritti; e l’art. 4, che dotava i diritti storici di due caratteristiche –
originarietà e imprescrittibilità – che li avrebbero resi immuni alla Costituzione.
   I ricorrenti avevano censurato, inoltre, la concezione che permeava l’intera
legge, ritenendola in contrasto con il ruolo che la Costituzione affida allo statuto
di autonomia quale norma istituzionale basilare della Comunità autonoma (art.
147 Cost.).
   In questo senso, il Tribunale costituzionale ha dichiarato illegittime 4 le norme
che hanno invaso materie che la Costituzione riserva agli statuti di autonomia:
l’art. 9, che ha operato una delimitazione del territorio aragonese non coincidente
con quella stabilita dallo statuto, e gli artt. 10, comma 1, e 11, comma 1, sulla
bandiera e lo stemma.
   Altre disposizioni ancora sono state dichiarate incostituzionali 5 perché
riguardavano le competenze dello Stato; ad esempio: l’art. 6, comma 3, riferito al
diritto di asilo; l’art. 10, comma 2, sull’utilizzo delle bandiere ufficiali; l’art. 26,

    3
        V. il FJ 5.
    4
        V. il FJ 6.
    5
        V. il FJ 7.
8
commi 2 e 3, sulla gestione dell’archivio della Corona dell’Aragona; l’art. 33,
comma 3, concernente l’habeas corpus.
   Infine, ad avviso del Tribunale costituzionale, la seconda disposizione
aggiuntiva della legge n. 8/2018, che dichiara d’interesse generale i beni e gli
archivi che integrano il patrimonio culturale dell’Aragona agli effetti della
espropriazione, deve essere interpretata nel senso che la sua efficacia è limitata al
territorio della Comunità autonoma.

                                                            Carmen Guerrero Picó

                                                                                   9
SPAGNA
          RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE – DEPUTATO NON ISCRITTO
                                           A UN GRUPPO

  Tribunale costituzionale, sentenza n. 159/2019, del 12 dicembre,
                   sul c.d. deputato non iscritto

                                                                                      05/02/2020

    Con la STC 159/2019 1, il plenum del Tribunale costituzionale ha accolto
parzialmente il ricorso di amparo presentato da un deputato dell’Assemblea
legislativa dell’Estremadura nei confronti delle decisioni dell’Ufficio di
Presidenza (la Mesa), che gli avevano attribuito la qualifica di “deputato non
iscritto” e che avevano delimitato in senso restrittivo il suo status. È la prima volta
che il Tribunale costituzionale affronta questi temi.
    Il regolamento dell’Assemblea legislatura dell’Estremadura 2 ha incorporato
alcune disposizioni per evitare il fenomeno del c.d. trasformismo (transfuguismo).
L’art. 39, comma 2, prevede che i deputati che abbandonano il gruppo
parlamentare di appartenenza, per volontà propria o a seguito di espulsione,
avranno la qualifica di deputato non iscritto e non potranno entrare a far parte di
un altro gruppo, nemmeno di quello misto, per il resto della legislatura. Inoltre,
l’interessato cesserà automaticamente dagli incarichi elettivi ricoperti negli organi
dell’assemblea, senza possibilità di essere rieletto. L’art. 39, comma 5, prevede
che il deputato non iscritto godrà unicamente dei diritti riconosciuti per i singoli
deputati; non avrà diritto ai compensi derivanti dall’esercizio delle funzioni a
tempo pieno, né godrà dei diritti economici propri dei gruppi parlamentari.
Ciononostante, l’Ufficio di Presidenza sarà tenuto a garantire i mezzi materiali per
lo svolgimento delle funzioni parlamentari. Infine, l’art. 39, comma 6, stabilisce
che spetta all’Ufficio di Presidenza, sentita la Conferenza dei Capigruppo (Junta
de Portavoces), decidere: sull’intervento del deputato nelle sedute plenarie e nelle
commissioni; sulla sua permanenza nelle commissioni di cui faceva parte,
rispettando il diritto del deputato non iscritto di far parte almeno di una
commissione; sulle altre questioni che possano presentarsi a proposito della sua
situazione e delle sue possibili attività.

   1
         Il   testo     della    pronuncia   è    reperibile         on       line   alla   pagina
https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2020-405.
   2
       Consultabile on line alla pagina https://www.asambleaex.es/pagina-8.
Il ricorrente aveva comunicato all’Ufficio di Presidenza la sua volontà di
abbandonare il gruppo parlamentare di appartenenza, chiedendo di continuare a
svolgere le sue funzioni di rappresentanza a tempo pieno e di avere un ufficio
proprio. L’Ufficio di Presidenza aveva deciso di riconoscergli la qualifica di
“deputato non iscritto”, respingendo le richieste avanzate sul tempo di lavoro e
sull’assegnazione di un ufficio, e limitando i suoi interventi nell’attività
dell’assemblea.
   Nel decidere il merito del ricorso, il Tribunale costituzionale si è riferito
inizialmente alla propria giurisprudenza sul diritto di accesso alle cariche
pubbliche (art. 23, comma 2, Cost.), in combinato disposto con il diritto di
partecipazione dei cittadini attraverso rappresentanti (art. 23, comma 1, Cost.),
ribadendo che le facoltà che integrano il nucleo della funzione di rappresentanza
sono, principalmente, quelle che hanno una relazione diretta con l’esercizio delle
potestà legislative e con il controllo dell’azione di governo 3. Le retribuzioni dei
parlamentari autonomici non rientrano nel contenuto essenziale dello ius in
officium e, per questo motivo, il ridimensionamento della retribuzione e la
mancata assegnazione di un ufficio al ricorrente non sono in contrasto con l’art.
23, comma 2, Cost. 4.
   Le misure contro il trasformismo sono già state oggetto di alcune pronunce
costituzionali 5, che hanno condizionato la loro legittimità al rispetto di certe
condizioni che il plenum ha ritenuto estensibili alla specie. Non devono, quindi,
interessare il nucleo fondamentale dello ius in officium; devono rispettare il
divieto di mandato imperativo e devono superare il test di proporzionalità.
   Il Tribunale costituzionale ha dichiarato che:
   – l’art. 39, comma 2, del regolamento, che prevede la figura del deputato non
iscritto, è legittimo, precisando che le eventuali violazioni del diritto del ricorrente
dovrebbero rintracciarsi nelle concrete limitazioni imposte dall’Ufficio di
Presidenza, il quale non può esercitare le funzioni in modo arbitrario, ma deve
rispettare le disposizioni del regolamento, come del resto rammenta lo stesso art.
39, comma 6 6; e che

     3
         V. il FJ 5.
     4
         V. il FJ 6.
     5
     V. il FJ 7. Il plenum si riferisce alle SSTC 20/2011, del 14 marzo, e 246/2012, del 20
dicembre, sui consiglieri comunali non iscritti.
     6
         V. il FJ 8.
12
– anche l’attribuzione del peculiare status del deputato non iscritto è legittima 7.
La giurisprudenza costituzionale sull’uguaglianza nello status di rappresentante
vieta sia le norme che escludono che un deputato possa esercitare facoltà inerenti
al nucleo della funzione di rappresentanza, sia disposizioni che consentano che un
deputato, strumentalizzando i meccanismi di funzionamento dell’organo, possa
avvalersi di certe facoltà nell’esercizio della funzione di rappresentanza che gli
conferiscano una posizione predominante rispetto agli altri deputati singolarmente
considerati. L’art. 39, comma 5, del regolamento, pure assicurando i diritti
inerenti alla condizione di carica pubblica riconosciuti ai singoli deputati,
impedisce – legittimamente – che essi traggano beneficio dal loro abbandono del
gruppo parlamentare, neutralizzando i potenziali benefici, in termini di
rappresentanza, per il deputato non iscritto.
    Nel caso di specie, il plenum ha ritenuto che le limitazioni del diritto di parola
approvate dall’Ufficio di Presidenza erano legittime, con una sola eccezione 8. È
stata dichiarata incostituzionale la privazione in termini assoluti del diritto di
formulare proposte affinché l’assemblea plenaria si pronunci su temi di interesse
per la Comunità autonoma e che abbiano per oggetto il dare impulso all’attività di
qualsiasi istituzione diversa dal governo autonomico. Si tratta di una funzione
inerente allo ius in officium del rappresentante, che l’art. 217 del regolamento
riconosce a ogni singolo deputato e che, quindi, spetta anche al deputato non
iscritto ex art. 39, comma 5.
    La sentenza reca l’opinione dissenziente del giudice costituzionale Andrés
Ollero Tassara, secondo cui il ricorso di amparo doveva essere respinto perché
l’art. 217 del regolamento doveva essere interpretato in combinato disposto con
altre disposizioni che impongono che l’iniziativa del singolo deputato sia firmata
dal capogruppo, il che rende impossibile che un deputato non iscritto possa de
facto presentare una proposta di quel tipo.

                                                               Carmen Guerrero Picó

   7
       V. il FJ 10.
   8
       V. il FJ 12.
                                                                                     13
STATI UNITI
                               PRESIDENTE – IMPEACHMENT

 L’assoluzione del Presidente Trump nel processo di impeachment

                                                                                   07/02/2020

    Mercoledì 5 febbraio, il Senato ha assolto il Presidente Donald Trump dalle
accuse mosse nei suoi confronti il 18 dicembre scorso dalla House of
Representatives, per mezzo di due cc.dd. articoli di impeachment 1. Il voto, il cui
esito era largamente atteso, ha fondamentalmente seguito linee ideologiche: nel
voto di assoluzione riguardo al primo articolo, ai 45 esponenti del Partito
democratico si è unito anche il repubblicano Mitt Romney 2, oltre a due senatori
indipendenti; nel voto sul secondo articolo, tutti e 53 i repubblicani hanno votato a
favore dell’assoluzione, mentre i democratici ed i senatori indipendenti hanno
votato contro. Per una dichiarazione di colpevolezza, comunque, sarebbero stati
necessari 67 voti favorevoli.
    Il primo articolo di impeachment asseriva che Trump avesse abusato dei propri
poteri in quanto, nel corso di una telefonata col Presidente ucraino Volodymyr
Zelensky nel luglio 2019, egli avrebbe sfruttato i poteri dell’Esecutivo,
trattenendo aiuti militari nell’ammontare di circa 400 milioni di dollari, al fine di
costringere l’Ucraina ad avviare indagini relative al figlio di Joe Biden,
l’esponente del Partito democratico e probabile candidato democratico alle
elezioni presidenziali del novembre 2020. Questo, di fatto, significava che Trump
avrebbe chiesto ad uno Stato straniero di interferire nel processo politico
statunitense per soddisfare i propri interessi politici personali. Nel secondo
articolo si argomentava che Trump avesse ostacolato l’operato del Congresso nel
corso delle indagini sulle pressioni sull’Ucraina, in quanto aveva impedito ogni
forma di collaborazione, da parte del suo Esecutivo, con le richieste di
comparizione e di documentazione della House of Representatives.
    Il voto nel Senato è giunto al culmine di una vicenda iniziata nel settembre
2019, quando un informatore, agente della CIA, aveva presentato un ricorso
all’Ispettore generale per la comunità di intelligence rivelando i contenuti della

   1
     Per ulteriori dettagli, v. la segnalazione intitolata “La House of Representatives avvia
un’inchiesta per l’impeachment del Presidente Trump”, inviata il 25 settembre 2019.
   2
     È il primo senatore nella storia ad aver votato a favore della rimozione dall’incarico di un
presidente del suo stesso partito.
conversazione tra Trump e Zelensky. In ogni caso, appelli affinché Trump venisse
messo in stato di impeachment sono risalenti: si pensi alla prima proposta di
avviare una procedura di impeachment nei suoi confronti ad opera del
Representative Brad Sherman, del Partito democratico, nel luglio 2017 3; o ancora
alla reazione a seguito della conclusione delle indagini dello Special Counsel
Robert S. Mueller III sulle interferenze della Russia con le elezioni presidenziali
del 2016 e la possibile collaborazione con la campagna elettorale di Trump, in
occasione della quale, però, la Speaker della House Nancy Pelosi aveva dichiarato
che l’impeachment avrebbe ingenerato ulteriori tensioni nella società e nella
politica statunitensi (parere poi mutato a seguito delle rivelazioni dell’informatore
circa le pressioni sull’Ucraina).
   Effettivamente, la procedura ha esacerbato le già profonde spaccature nel
contesto statunitense. Gli esponenti del Partito democratico hanno contestato la
piena validità del processo, alla luce del fatto che, il 31 gennaio, il Senato ha
votato contro l’introduzione, nel processo, dell’audizione di testimoni e della
presentazione di documenti, in particolare di quelli la cui trasmissione alla House
of Representatives era stata negata da Trump 4. Per contro, lo stesso Trump, in una
dichiarazione rilasciata il giorno successivo al voto, ha denunciato i democratici
come “malefici” e “corrotti” 5. Gli altri repubblicani hanno accusato i democratici
di aver danneggiato inutilmente il Paese e le sue istituzioni, e che la messa in stato
di impeachment era semplicemente un modo per rimuovere dall’incarico un
presidente di cui non condividevano le politiche 6. Ancora, se diversi senatori
repubblicani hanno riconosciuto che i comportamenti in questione di Trump erano
effettivamente illeciti, hanno comunque votato a favore dell’assoluzione in quanto
non hanno ritenuto che quegli stessi comportamenti fossero sufficientemente gravi

     3
     Si v. la segnalazione, a cura dell’Area di diritto comparato, intitolata “Stati Uniti – Proposto
l’avvio del procedimento di impeachment contro il Presidente Trump”, inviata il 13 luglio 2017.
     4
      In questo modo, il processo di impeachment è stato il primo nella storia degli Stati Uniti in
cui si è raggiunto un verdetto senza convocare testimoni.
     5
    P. BAKER, Trump Hails Acquittal and Lashes Out at ‘Evil’ and ‘Corrupt’ Opponents, in The
New York Times, 6 febbraio 2020, https://www.nytimes.com/2020/02/06/us/politics/trump-
impeachment.html.
     6
    N. FANDOS, Trump Acquitted of Two Impeachment Charges in Near Party-Line Vote, in The
New York Times, 5 febbraio 2020, https://www.nytimes.com/2020/02/05/us/politics/trump-
acquitted-impeachment.html.
16
da costituire motivo di impeachment. Inoltre, desideravano rinviare la decisione
agli elettori, che dovranno esprimersi nelle elezioni presidenziali di novembre 7.
   I democratici della House of Representatives hanno già dichiarato che
proseguiranno con le indagini e che convocheranno per una testimonianza John R.
Bolton, l’ex-consigliere per la sicurezza nazionale di Trump. Bolton sta
pubblicando un libro in cui scrive di aver ricevuto ordini espliciti da Trump di
vincolare gli aiuti militari all’Ucraina all’avvio delle indagini sui Biden 8.
   Si è trattato del terzo processo per impeachment nella storia degli Stati Uniti,
dopo quelli ai presidenti Andrew Johnson e Bill Clinton, anch’essi assolti. Il
processo è stato presieduto dal Chief Justice della Corte suprema federale, John G.
Roberts Jr.

                                                                               Sarah Pasetto

   7
     S.M. KIM, In historic vote, Trump acquitted of impeachment charges, in The Washington
Post, 6 febbraio 2020, https://www.washingtonpost.com/politics/in-historic-vote-trump-acquitted-
of-impeachment-charges/2020/02/05/8b7ea90e-4832-11ea-ab15-b5df3261b710_story.html.
   8
    L. ZHOU, “Erase all doubt”: Democrats explain why John Bolton’s testimony is so necessary,
in Vox.com, 29 gennaio 2020, https://www.vox.com/2020/1/29/21113918/john-bolton-trump-
impeachment-trial.
                                                                                             17
SPAGNA
                  GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE – LEGITTIMAZIONE

  Tribunale costituzionale, sentenza n. 176/2019, del 18 dicembre,
       sulla legittimazione attiva dei governi delle Comunità
                autonome nel ricorso in via principale

                                                                               07/02/2020

   La STC 176/2019 1 ha dichiarato inammissibile il ricorso in via principale
presentato dal Governo di La Rioja nei confronti di una legge approvata
dall’assemblea legislativa della sua Comunità autonoma (legge del Parlamento di
La Rioja n. 6/2018, del 26 novembre, sulla tutela degli animali).
   La pronuncia, con un unico fundamento jurídico, ribadisce il difetto di
legittimazione attiva dei governi autonomici nel ricorso in via principale avente ad
oggetto una legge della loro stessa Comunità. Sono, peraltro, di particolare
interesse le opinioni dissenzienti di quattro giudici, favorevoli ad
un’interpretazione evolutiva delle norme sul processo costituzionale.
   L’art. 162, comma 1, paragrafo a), Cost. riconosce – con un elenco tassativo –
legittimazione attiva per presentare il ricorso in via principale a determinati organi
o frazioni di organi con una posizione particolarmente rilevante nel disegno
costituzionale: il Presidente del Governo, il Difensore civico, cinquanta deputati,
cinquanta senatori, gli organi collegiali esecutivi delle Comunità autonome e, se
del caso, le loro assemblee legislative. La giurisprudenza costituzionale ha
sottolineato in maniera costante che la loro legittimazione non risponde alla difesa
di un proprio interesse, ma dell’interesse generale e della supremazia della
Costituzione.
   Nel caso degli organi collegiali esecutivi delle Comunità autonome e delle loro
assemblee legislative, l’art. 32, comma 2, della legge organica n. 2/1979, del 3
ottobre, sul Tribunale costituzionale (d’ora in avanti, LOTC) 2 precisa che il
ricorso può essere presentato solo nei confronti di leggi, atti e disposizioni

   1
         Il   testo     della    pronuncia   è    reperibile   on     line    alla   pagina
https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2020-1120.
   2
        La versione consolidata della LOTC è reperibile on line alla pagina
http://www.tribunalconstitucional.es/es/tribunal/normativa/Normativa/LOTC-
TextoConsolidado.pdf.       Per       una       versione     in     lingua      italiana, v.
https://www.tribunalconstitucional.es/es/tribunal/normativa/Normativa/LOTC-it.pdf.
normative con forza di legge dello Stato, purché queste incidano sul proprio
ambito di autonomia.
    Nella decisione passata in rassegna, il plenum del Tribunale costituzionale ha
dichiarato che le possibilità di agire riconosciute dall’art. 32, comma 2, LOTC
tengono conto della posizione istituzionale della Comunità autonoma in difesa
della sua autonomia, una logica che sembrerebbe venire meno nei casi in cui
l’autore della norma ed il denunciante sono organi dello stesso ente territoriale.
    I differenti piani istituzionali e funzionali in cui operano gli organi statali e
delle Comunità autonome giustificano che il legislatore, basandosi sulle
disposizioni costituzionali, abbia optato per distinguere i casi in cui i soggetti
legittimati possono attivare il ricorso in via principale. Del resto, anche nella
stessa Costituzione possono essere individuate asimmetrie tra questi soggetti: nel
caso delle Camere, questa permette che agisca una frazione dell’organo (cinquanta
deputati o cinquanta senatori), mentre trattandosi delle assemblee legislative
autonomiche la legittimità è stata riconosciuta all’organo e non a una sua frazione.
Riconoscere la legittimazione attiva di un governo autonomico per agire contro
una legge della sua assemblea romperebbe l’equilibrio istituzionale voluto dal
costituente.
    Quattro giudici hanno dissentito del parere della maggioranza: Juan Antonio
Xiol Ríos, Pedro José González-Trevijano Sánchez, Ricardo Enríquez Sancho e
María Luisa Balaguer Callejón. I loro pareri, complementari, sono stati
formalizzati nelle opinioni dissenzienti dei giudici González-Trevijano e
Balaguer.
    Ad avviso del giudice González-Trevijano, il Tribunale costituzionale avrebbe
dovuto integrare, con una interpretazione evolutiva, la disciplina di questo
processo costituzionale. La nuova lettura si baserebbe sul fatto che: i) l’art. 162,
comma 1, Cost. riconosce la legittimità degli organi delle Comunità autonome e
non necessita di attuazione, in quanto la sua portata è già di per sé ben
identificabile; ii) l’art. 32, comma 2, LOTC si limiterebbe ad introdurre alcune
esigenze aggiuntive nei ricorsi contro le leggi dello Stato da parte degli organi
delle Comunità autonome (cioè, che interessino l’autonomia), senza escludere che
gli esecutivi autonomici possano agire contro le leggi della propria Comunità. La
giurisprudenza costituzionale ha caratterizzato il ricorso in via principale come
uno strumento obiettivo di difesa della Costituzione e di depurazione
dell’ordinamento giuridico, il che difficilmente giustifica che tale difesa non possa
attivarsi quando si abbiano squilibri interni in una Comunità autonoma.
    La giudice Balaguer ha rilevato che la legittimazione degli esecutivi
autonomici per denunciare leggi delle proprie assemblee era prevista nel progetto

20
di LOTC presentato dal Governo e votato dalle Camere, ma che il paragrafo
interessato è stato eliminato al momento della pubblicazione ufficiale (si ignora se
per un disguido formale o dietro una precisa volontà). La giudice ritiene che
questa limitazione processuale sia ingiustificata, poiché si basa su una non corretta
concezione dei soggetti legittimati dalla Costituzione, che frustra la finalità di
questo ricorso astratto. Nella risoluzione di queste problematiche dovrebbe
prendere forza l’esigenza di interpretare le disposizioni in base al favor
constitutionis. Difatti, in passato la giurisprudenza costituzionale ha interpretato in
senso estensivo l’esigenza che la legge dello Stato interessi l’autonomia, senza
limitarla alla difesa delle proprie competenze. È sua opinione che il garante della
Costituzione possa essere più utile nel sistema dei pesi e contrappesi tra poteri,
quanto più si aprano le sue procedure ai soggetti legittimati dalla Costituzione.

                                                              Carmen Guerrero Picó

                                                                                    21
REGNO UNITO
                          DEVOLUTION – EROGAZIONE DI SUSSIDI

   Corte suprema, sentenza A Reference by the Attorney General
   for Northern Ireland of devolution issues to the Supreme Court
      pursuant to Paragraph 34 of Schedule 10 to the Northern
        Ireland Act 1998 (Northern Ireland), [2020] UKSC 2,
              del 5 febbraio 2020, in tema di devolution

                                                                                       07/02/20202

  Ai sensi del Northern Ireland Act 1998 (in part., Section 24(1)(a)), i
Departments 1 dell’Irlanda del Nord non hanno il potere di emettere, confermare
od approvare normativa secondaria, né di porre in essere alcun atto, se la
normativa o l’atto in questione sono incompatibili coi diritti sanciti dalla CEDU.
    Il caso di specie riguardava un’ordinanza emessa dal Ministro britannico per
l’Irlanda del Nord, attraverso la quale, a partire dal 27 settembre 2017, si
procedeva all’erogazione di una serie di sussidi a favore degli individui residenti
in determinate zone dell’Irlanda del Nord 2. Il Ministro aveva la responsabilità di
indicare le date per l’entrata in vigore dell’ordinanza, ma la procedura richiedeva
anche un intervento da parte del Northern Ireland Department for Communities,
consistente in particolare nell’elencazione delle zone i cui residenti potevano
percepire il sussidio.
    Il caso è giunto alla Corte suprema del Regno Unito su rinvio dell’Attorney
General per l’Irlanda del Nord, il quale chiedeva che la massima giurisdizione
britannica vagliasse il merito della vicenda, sull’assunto che i sussidi in questione
costituissero una violazione degli artt. 8, 14 e 12 della CEDU e dell’art. 1 del 1°
Protocollo della CEDU, e fossero dunque nulli ai sensi della Section 24(1)(a) del
Northern Ireland Act 1998. In particolare, si rilevava che, poiché la
determinazione delle zone i cui residenti potevano percepire il sussidio era
indispensabile ai fini dell’entrata in vigore dell’ordinanza del Ministro, la
previsione di tale condizione costituisse un atto incompatibile con la CEDU, da
cui la violazione della Section 24(1)(a) del Northern Ireland Act 1998. Per contro,

   1
       I Departments sono i vertici dei vari settori amministrativi, analogamente ai ministeri.
   2
     In particolare, i sussidi sono denominati universal credit provisions ed offrono un aiuto
economico a sostegno delle spese di sostentamento. La norma che prevede l’erogazione dei sussidi
è la Welfare Reform (Northern Ireland) Order 2015 (Commencement No. 8 and Transitional and
Transitory Provisions) Order 2017.
il Department for Communities ribatteva che le previsioni conferivano al Ministro
britannico il potere di disciplinare l’erogazione dei sussidi e che il suo ruolo era
semplicemente quello di dare un sostegno amministrativo; peraltro, le
designazioni delle zone “idonee” potevano avere effetti giuridici solamente in
virtù di atti posti in essere dal Ministro e non dal Department, di talché non
insorgeva alcun dubbio ai sensi della Section 24(1)(a) del Northern Ireland Act
1998.
    La Corte suprema, riunitasi in un collegio di tre giudici, ha respinto
all’unanimità la richiesta dell’Attorney General. Il judgment è stato redatto da
Lord Kerr, al quale si sono uniti Lady Hale e Lord Reed 3.
    La Corte ha sottolineato che gli atti posti in essere dal Ministro per l’Irlanda del
Nord o da parte di ministeri britannici non rientrano nella portata della Section 24
del Northern Ireland Act 1998. Affinché vi sia una questione pertinente alla
devolution, è necessario dimostrare che l’atto o la funzione in questione sia stato
posto in essere da un ministro o da un department nordirlandese e che quell’atto o
quella funzione sia da ritenersi nullo in base alla summenzionata Section 24.
Poiché la previsione reca un elenco alternativo (e non cumulativo) di atti vietati
(ad esempio, è proibito emettere, confermare od approvare una norma secondaria,
oppure porre in essere alcun atto, se la norma o l’azione risultano incompatibili
con la CEDU), gli atti associati all’emissione della legislazione secondaria, tra cui
anche le designazioni territoriali fornite dal Department allo scopo di definire i
soggetti idonei al percepimento dei sussidi, possono in teoria rientrare nella
portata della Section 24.
    Tuttavia, nel caso di specie, i sussidi in questione sono oggetto di un altro
giudizio che perverrà a breve davanti alla Corte suprema; sarebbe dunque
improprio, per la stessa Corte, in base alla propria giurisprudenza 4, pronunciarsi
su di essi. L’Attorney General potrà intervenire in quel giudizio, qualora lo ritenga
opportuno.
    In secondo luogo, l’Attorney General argomentava che era l’introduzione del
sussidio nell’Irlanda del Nord mediante atto del Ministro per l’Irlanda del Nord ad
essere incompatibile con la CEDU, e non che l’incompatibilità colpisse l’atto del
Department teso a definire i soggetti idonei al percepimento del sussidio. Ora, la
pubblicazione degli elenchi dei territori coinvolti non è sufficiente, di per sé, a dar
luogo ad una violazione della CEDU. Sussiste una questione di devolution

     3
         Il   testo   della     decisione    è    reperibile   on     line    alla   pagina
https://www.supremecourt.uk/cases/docs/uksc-2018-0030-judgment.pdf.
     4
         V.    il   caso     AGNI’s     reference    [2019]    UKSC      1,    del   2019:
https://www.supremecourt.uk/cases/docs/uksc-2018-0167-judgment.pdf.
24
rilevante solo se l’atto del Department in questione è in grado di dare luogo ad
una violazione della CEDU. Nella specie, la pubblicazione degli elenchi non era
in grado di far insorgere alcuna incompatibilità con la Carta sovranazionale e non
era pertanto opportuno che la Corte suprema ammettesse la richiesta presentata
dall’Attorney General.

                                                                    Sarah Pasetto

                                                                               25
FRANCIA
                          ADOZIONE – PARTO ANONIMO

         Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-826 QPC
          del 7 febbraio 2020, M. Justin A., sull’affidamento
        preadottivo di un bambino nato da un parto anonimo

                                                                           11/02/2020

   Il Conseil constitutionnel è stato adito dalla Cour de cassation, che ha sollevato
una questione prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. 351 del Codice
civile, come modificato dalla legge n. 96-604 del 5 luglio 1996, sull’adozione, e
l’art. 352 del medesimo Codice, come modificato dalla legge n. 66-500 dell’11
luglio 1966, sulla riforma dell’adozione.
   Le disposizioni contestate stabiliscono che, qualora il bambino non sia stato
riconosciuto, l’affidamento preadottivo non possa intervenire prima dei sessanta
giorni dal suo ingresso in un centro di adozione (art. 351). Giunto questo termine,
il bambino è posto sotto la tutela dello Stato (divenendo così “pupille de la
Nation”). L’art. 352 prevede, inoltre, che il collocamento di un bambino in vista
della sua adozione impedisce la sua restituzione nonché qualunque dichiarazione
di filiazione o richiesta di riconoscimento.
   Il ricorrente nel giudizio a quo sosteneva che, nel caso di un bambino nato da
un parto anonimo, tali disposizioni violassero il diritto ad avere una vita familiare
normale, nella misura in cui il padre biologico, qualora ignorasse la data e il luogo
di nascita del bambino, non avrebbe la possibilità di riconoscerlo prima del
collocamento preadottivo. Tale situazione impedirebbe, quindi, al padre, di
chiedere la restituzione del bambino. Inoltre, le disposizioni contestate
favorirebbero la filiazione adottiva piuttosto che quella biologica, in violazione
dell’interesse superiore del fanciullo e del principio fondamentale secondo il quale
l’adozione deve essere sussidiaria rispetto alla filiazione biologica. Infine, a parere
del ricorrente, tali disposizioni violerebbero il principio di uguaglianza davanti
alla legge, giacché il padre e la madre biologici sarebbero sottoposti alla stessa
procedura, mentre solo la madre sarebbe informata delle conseguenze del parto in
anonimato. Sussisterebbe, altresì, una differenza di trattamento tra il padre
biologico e la famiglia adottiva, in quanto il padre non potrebbe riconoscere il
bambino una volta pronunciato l’affidamento preadottivo, mentre la filiazione
sarebbe garantita per i genitori (meramente) affidatari.
Il Conseil constitutionnel ha stabilito che, con le disposizioni contestate, il
legislatore ha inteso conciliare l’interesse dei genitori biologici a beneficiare di un
termine ragionevole per riconoscere il bambino e ottenerne la restituzione con
l’interesse del fanciullo non riconosciuto ad essere adottato entro un termine che
non sia tale da compromettere il suo sviluppo 1. Poiché il riconoscimento del
bambino potrebbe ostacolare la procedura di adozione, ponendo il divieto di
riconoscimento dopo il collocamento preadottivo, il legislatore ha inteso garantire
al bambino un ambiente familiare stabile.
    Il Conseil constitutionnel ha poi ricordato che il padre biologico può
riconoscere il bambino prima della sua nascita e fino al suo eventuale
collocamento e che, nel caso di un bambino nato da un parto anonimo, l’art. 62-1
del Codice civile prevede che, qualora la trascrizione del riconoscimento paterno
sia impossibile, il padre può rivolgersi al procuratore della Repubblica, il quale
deve procedere alla ricerca della data e del luogo di rilascio dell’atto di nascita.
Inoltre, è stata ricordata la giurisprudenza della Cour de cassation secondo cui il
riconoscimento di un bambino prima del suo collocamento preadottivo è tale da
compromettere l’adozione anche nel caso in cui il bambino sia identificato dopo il
suo collocamento.
    Il Conseil constitutionnel ha poi sottolineato di non potersi sostituire al
legislatore nel valutare le modalità di conciliazione tra l’interesse superiore del
bambino affidato ai servizi sociali per l’infanzia, il diritto dei genitori biologici ad
avere una vita familiare normale e l’obiettivo di favorire l’adozione, a meno che
tale conciliazione sia manifestamente squilibrata.
    Sulla scorta di queste considerazioni, il Conseil constitutionnel ha considerato
che non sussista alcuna violazione del diritto ad avere una vita familiare normale
o dell’esigenza costituzionale di protezione dell’interesse superiore del fanciullo.
    Per quanto riguarda l’asserita violazione del principio di uguaglianza davanti
alla legge, il Conseil constitutionnel ha stabilito che se, nel caso di un parto
anonimo, il padre e la madre biologici si trovano effettivamente in una situazione
diversa per riconoscere il bambino, le disposizioni contestate – che hanno come
unico obiettivo quello di stabilire il termine entro il quale possa essere affidato il
bambino in vista della sua adozione nonché le conseguenze di tale affidamento
sulla procedura di riconoscimento – non pongono, invece, alcuna disparità di
trattamento tra di essi. Non sussistendo nemmeno alcuna disparità di trattamento

     1
        La     decisione     è   reperibile on   line   alla   pagina   https://www.conseil-
constitutionnel.fr/decision/2020/2019826QPC.htm.
28
tra i genitori biologici e la futura famiglia adottiva, tali disposizioni non violano il
principio di uguaglianza davanti alla legge.
   Le disposizioni contestate sono state, quindi, dichiarate conformi alla
Costituzione.

                                                                        Céline Torrisi

                                                                                     29
REGNO UNITO
                    LIBERTÀ PERSONALE – DETENZIONE ABUSIVA

Corte suprema, sentenza R (on the application of Jalloh) (formerly
Jollah) (Respondent) v Secretary of State for the Home Department
        (Appellant), [2020] UKSC 4, del 12 febbraio 2020,
                     sulla detenzione abusiva

                                                                                  13/02/2020

    Il convenuto di fronte alla Corte suprema sosteneva di chiamarsi Ibrahima
Jalloh e di essere un cittadino liberiano (la sua identità era stata messa in
discussione dal Ministero degli affari interni). L’uomo era stato detenuto per
motivi legati all’immigrazione e sottoposto ad un regime di libertà controllata. Le
restrizioni includevano l’obbligo di firma presso un ufficiale addetto
all’immigrazione tre volte a settimana, quello di alloggiare presso un indirizzo
stabilito, la sottoposizione al braccialetto elettronico e un obbligo di non uscire in
determinate ore. La violazione di quest’ultimo obbligo avrebbe potuto comportare
pene detentive o pecuniarie.
    Successivamente, la Court of Appeal britannica aveva stabilito che il Ministro
degli affari interni non aveva alcun diritto di imporre l’obbligo di non uscire in
determinate ore 1. L’uomo aveva così adito le vie legali per il risarcimento dei
danni subiti a causa della detenzione abusiva, argomentando che era stato
costretto entro la propria abitazione per lunghi periodi di tempo senza che vi fosse
alcun fondamento giuridico per la pena. Le sue ragioni erano state accolte in
primo ed in secondo grado. Davanti alla Corte suprema del Regno Unito, il
Ministro degli affari interni asseriva che l’obbligo di non uscire in certe ore non
poteva definirsi una forma di “detenzione”, ai sensi del common law; qualora
questa tesi fosse stata respinta, il Ministro argomentava che il concetto di
detenzione vigente nel common law avrebbe dovuto essere allineato a quello
maggiormente restrittivo della privazione della libertà, stabilito all’art. 5 CEDU.
    La Corte suprema, riuntasi in un collegio di cinque giudici, ha respinto il
ricorso del Ministro all’unanimità. Il judgment è stato redatto da Lady Hale.
    La Corte ha dapprima ricordato che la detenzione significa, essenzialmente,
obbligare una persona a permanere presso un determinato luogo (da parte di un
altro soggetto). Vi sono molteplici modi mediante i quali si può eseguire

   1
       R (Gedi) v Secretary of State for the Home Department [2016] EWCA Civ 409, del 2016.
quest’obbligo, tra cui il confinamento fisico, il predisporre turni di guardia o la
minaccia della forza o delle conseguenze legali. Nel caso di specie, il Ministro
aveva stabilito dove l’uomo doveva trovarsi in determinati orari. Anche se l’uomo
avrebbe potuto teoricamente assentarsi, la sua osservanza dell’obbligo non era
volontaria (per via della sorveglianza mediante braccialetto elettronico e della
minaccia delle sanzioni pecuniarie o della detenzione).
    Per quanto riguardava l’allineamento del concetto di detenzione abusiva
vigente nel common law con quello di privazione della libertà ai sensi della
CEDU, la Corte ha ricordato che la CEDU opera una distinzione tra la privazione
e la restrizione della libertà. Affinché vi sia stata una privazione della libertà,
devono sussistere diversi elementi, concernenti ad esempio il tipo, la durata e gli
effetti della reclusione. Il Ministro degli affari interni invoca un precedente
giurisprudenziale della House of Lords, all’epoca la massima giurisdizione del
Regno Unito, in cui si era affermato che un obbligo di non uscire della durata di 8
ore non poteva costituire una privazione della libertà, secondo i criteri di cui
sopra.
    La Corte suprema ha respinto la tesi del Ministro, asserendo che, se è vero che
il common law può benissimo evolvere di pari passo coi bisogni della società, nel
caso di specie il cambiamento proposto dal Ministro costituirebbe una
retrocessione nella tutela dei diritti. Esso comporterebbe una limitazione del
concetto consolidato di detenzione ai sensi del common law, equiparandolo a
quello assai diverso della privazione della libertà stabilito dalla CEDU, che è
legata alla distinzione tra privazione e limitazione della libertà presente nella
Carta. Per contro, nel common law, questa distinzione non è necessaria; piuttosto,
il common law deve continuare a fornire tutele contro la detenzione abusiva, come
ha fatto da secoli.
    Pertanto, la detenzione abusiva ai sensi del common law non può sussistere in
assenza della privazione della libertà ai sensi dell’art. 5 CEDU. La Corte ha
stabilito che non era dato stabilire il contrario.

                                                                    Sarah Pasetto

32
SPAGNA
                   IMMIGRAZIONE – RESPINGIMENTI IMMEDIATI

         La Grande Camera della Corte di Strasburgo dichiara
       che i respingimenti immediati alla frontiera con il Marocco
                          non violano la CEDU

                                                                                       14/02/2020

  La Corte europea dei diritti dell’uomo ha pubblicato ieri la decisione della
Grande Camera sul caso N.D. et N.T. c. Spagna 1, riguardante due respingimenti
immediati alla frontiera con il Marocco avvenuti nel 2014.
    I respingimenti immediati alla frontiera (le cc.dd. devoluciones en caliente)
rappresentano una delle misure messe in atto dalle autorità spagnole in
collaborazione con quelle marocchine per contrastare l’immigrazione irregolare 2.
Dal 2002 i migranti irregolari fermati dalla polizia di frontiera spagnola nelle città
autonome di Ceuta e Melilla sono immediatamente consegnati alla polizia
marocchina.
    La Corte di Strasburgo aveva condannato in primo grado la Spagna. La
sentenza del 3 ottobre 2017 3 aveva dichiarato violati l’art. 4 del Protocollo n. 4
alla CEDU (divieto di espulsione collettiva) e l’art. 13 CEDU (diritto ad un
ricorso effettivo), in combinato disposto con l’anzidetto art. 4, poiché la procedura
di respingimento immediato non prevedeva alcuna garanzia né permetteva di
valutare se gli interessati fossero nelle condizioni di richiedere protezione
internazionale.
    Il Governo spagnolo (allora presieduto da Mariano Rajoy) aveva presentato
istanza di rinvio alla Grande Camera; quest’ultima ha ribaltato la precedente
condanna con la sentenza del 13 febbraio 2020.
    Per la Grande Camera, è stata determinante la condotta dei ricorrenti. Il fatto
che non fossero state adottate decisioni individuali di allontanamento era da

   1
        La decisione (in lingua inglese) è reperibile on line alla pagina
http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-201353. Il comunicato stampa può essere consultato alla
pagina http://hudoc.echr.coe.int/eng-press?i=003-6638738-8816756.
   2
      Su questo tema, v. il lavoro dell’Area di comparato Ingresso, accoglienza e allontanamento
dello     straniero     (Comp        253),      maggio     2019,     spec.     p.     111     ss.
www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/Comp_253_Straniero.pdf.
   3
        Il testo della pronuncia di primo        grado    è   reperibile   on   line   alla   pagina
http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-177683.
ritenersi la diretta conseguenza del comportamento di N.D. e N.T., che avevano
deciso di mettere loro stessi in pericolo partecipando all’assalto di massa delle
recinzioni che separano Melilla dal Marocco, senza avvalersi delle procedure di
ingresso regolare nel paese, né della possibilità di chiedere protezione
internazionale presso l’ambasciata spagnola a Rabat o presso il vicino consolato
spagnolo a Nador. Inoltre, si è constatato che l’ordinamento spagnolo prevede un
ricorso contro le decisioni che negano l’ingresso in Spagna realizzato dai luoghi
abilitati a tale scopo, ma che questo rimedio legale non si è potuto attivare proprio
per la decisione dei ricorrenti di non utilizzare la vie di ingresso regolare nel
paese. Di conseguenza, la Grande Camera ha escluso la responsabilità dello Stato
spagnolo.
    La sentenza reca l’opinione concorrente del giudice Pejchal e l’opinione
parzialmente dissenziente della giudice Koskelo.
    Prima di conoscere l’esito della decisione, i mezzi di comunicazione spagnoli
ipotizzavano una condanna definitiva alla Spagna. Infatti, il governo del socialista
Pedro Sánchez, che riteneva questi respingimenti contrari alla CEDU, nonché
incostituzionali, aveva annunciato che non avrebbe ritirato l’istanza di rinvio per
affrontare la riforma della legislazione in materia di immigrazione secondo le
linee suggerite con una prevedibile decisione di condanna. Alcuni osservatori
europei si erano mostrati più cauti e avevano avanzato la possibilità di una
decisione contraria a tali aspettative 4.
    Da segnalare è che, comunque, al momento dei fatti giudicati dalla Corte di
Strasburgo, la prassi delle devoluciones en caliente difettava di base legale. Solo
la legge organica n. 4/2015, del 30 marzo, sulla protezione della cittadinanza (nota
come “legge bavaglio”), ha introdotto – un anno dopo i fatti – una disposizione
aggiuntiva decima, riguardante il regime speciale di Ceuta e Melilla, nella legge
organica n. 4/2000, dell’11 gennaio, sui diritti e sulle libertà degli stranieri in
Spagna e sulla loro integrazione sociale. La disposizione prevede che gli stranieri
che cerchino di superare irregolarmente la frontiera di Ceuta o Melilla possono
essere respinti al fine di impedire il loro ingresso illegale nel paese, nel rispetto
delle norme internazionali sui diritti umani e sulla protezione internazionale
ratificate dalla Spagna. Le richieste di protezione internazionale saranno
formalizzate nei luoghi abilitati a tale scopo ai valichi di frontiera.

     4
     V., per tutti, L. RIEMER, The ECtHR as a drowning ‘Island of Hope’?’ Its impending reversal
of the interpretation of collective expulsion is a warning signal, in del 19/02/2019,
https://verfassungsblog.de/the-ecthr-as-a-drowning-island-of-hope-its-impending-reversal-of-the-
interpretation-of-collective-expulsion-is-a-warning-signal/.
34
Il Tribunale costituzionale doveva dibattere questa settimana il progetto di
sentenza sul ricorso principale riguardante questa ed altre misure approvate dalla
legge organica n. 4/2015. Tuttavia, in attesa dell’imminente decisione della Corte
di Strasburgo, la questione è stata rinviata alla prossima camera di consiglio. Il
progetto di decisione del relatore, trapelato ai mezzi di comunicazione 5, avrebbe
dichiarato illegittima la nuova disposizione aggiuntiva decima basandosi sulla
sentenza della Corte EDU del 2017.
   Si attende anche il parere della Commissione di Venezia sulla c.d. “legge
bavaglio”.

                                                               Carmen Guerrero Picó

   5
      Cfr. El Constitucional, obligado a cambiar su proyecto de sentencia para permitir
las       devoluciones       en     caliente,     in     El    País,      del 14/02/2020,
https://elpais.com/politica/2020/02/13/actualidad/1581622843_610090.html.
                                                                                      35
FRANCIA
                          IMMIGRAZIONE – MINORI STRANIERI

 Conseil d’État, decisioni nn. 428478 e 428826 del 5 febbraio 2020,
sulla legittimità del decreto sui minori stranieri non accompagnati

                                                                                      17/02/2020

   Il Conseil d’État ha dichiarato legittimo il decreto che consente di delegare
alle prefetture la determinazione dell’età degli stranieri non accompagnati che si
dichiarino minori, e che crea, a tal fine, uno specifico registro informatico 1.

   Il 30 gennaio 2019 è stato emanato il decreto n. 2019-57, sulle modalità di
valutazione delle persone dichiaratesi minorenni e prive, in via temporanea o
definitiva, della protezione della propria famiglia. Tale decreto disciplina, inoltre,
il trattamento dei dati personali di tali soggetti 2. Il testo è stato adottato sulla base
del novellato art. L. 611-6-1 del Codice di ingresso e di soggiorno degli stranieri e
del diritto di asilo, introdotto con l’art. 51 della legge n. 2018-778 del 10
settembre 2018, che consente di prelevare e di conservare, in un registro
informatico, le impronte digitali e le fotografie degli stranieri asseritamente
minori.
    Il decreto in questione ha introdotto due novità volte a rendere più efficace la
procedura di determinazione dell’età di queste persone non accompagnate. Il testo
autorizza i dipartimenti a sollecitare le prefetture, qualora lo ritengano opportuno,
ad accogliere lo straniero che si dichiari minorenne e a verificare se sia già iscritto
in una delle banche dati gestite dal Ministero dell’interno. Tale primo controllo
consente di ottenere informazioni sull’identità e sul percorso migratorio
dell’interessato.
    Il decreto prevede altresì la creazione di un registro nazionale degli stranieri
minorenni e la cui età sia in corso di verifica (trattasi del c.d. Fichier d’Appui à
l’Evaluation de la Minorité “AEM”), per identificare più facilmente coloro che
presentano domande in più dipartimenti.

   1
     La decisione è reperibile on line alla pagina https://www.conseil-etat.fr/ressources/decisions-
contentieuses/dernieres-decisions-importantes/conseil-d-etat-5-fevrier-2020-decret-mineurs-
etrangers-non-accompagnes.
   2
           Il       decreto         è       reperibile    on    line     alla     pagina
https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000038074279&dateTexte=&
categorieLien=id.
Diciannove associazioni, sindacati e fondazioni, nonché il Consiglio nazionale
forense, hanno impugnato il decreto innanzi al Conseil d’État per richiederne
l’annullamento 3. I ricorrenti sostenevano che tale testo violasse l’obbligo di
protezione dell’interesse superiore del fanciullo nonché il suo diritto alla dignità e
al rispetto della vita privata. Nello specifico, si criticava l’intervento del prefetto
nella procedura di valutazione dell’età, in quanto si riteneva che implicasse una
prevalenza dell’azione di polizia rispetto a quella di protezione dell’infanzia. Si
contestavano, inoltre, l’insufficienza delle misure di tutela dei dati personali
raccolti mediante il registro informatico 4.
   Il Conseil d’État ha respinto tali ricorsi, considerando che il decreto impugnato
non violasse l’interesse superiore del fanciullo, protetto dalla Costituzione e dai
trattati internazionali firmati dalla Francia.
   La suprema corte amministrativa ha comunque subordinato la legalità del
decreto a quattro condizioni: (1) lo straniero che si dichiari minorenne deve essere
accolto in maniera provvisoria e urgente in attesa della determinazione dell’età;
tale protezione non può essere legata alla condizione che egli si diriga
prioritariamente in prefettura in applicazione della procedura nuovamente
introdotta; (2) la determinazione dell’età del soggetto, condotta dal dipartimento,
deve essere sempre fatta secondo un approccio pluridisciplinare e non può essere
dichiarato maggiorenne un soggetto per il solo fatto che appaia come tale in una
delle banche dati consultate; allo stesso modo, se uno straniero rifiuta di andare in
prefettura, il dipartimento non può dedurre da questo rifiuto la maggiore età; (3)
una misura di allontanamento non può essere adottata contro lo straniero dopo il
suo passaggio in prefettura, finché la procedura di determinazione dell’età non sia
conclusa; (4) il registro c.d. “AEM” ha come unico scopo quello di facilitare e
rendere più coerente la determinazione dell’età degli stranieri che si dichiarino
minorenni; non deve avere, pertanto, alcuna finalità penale.

                                                                                      Céline Torrisi

     3
         Per maggiori informazioni si rinvia a http://www.infomie.net/spip.php?article4641&lang=fr.
     4
      I ricorrenti avevano chiesto, altresì, il deferimento al Conseil constitutionnel di una questione
prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’art. L. 611-6-1 del Ceseda. Con la decisione del
26 luglio 2019, il Conseil constitutionnel ha rigettato tutte le doglianze dei ricorrenti. La sentenza è
stata segnalata in data 26 luglio 2019.
38
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