Kurmi en Cochabamba Un ponte che unisce, un arcobaleno tra il Ticino e la Bolivia - Comundo
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Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada Un interscambio professionale con COMUNDO Kurmi en Cochabamba Un ponte che unisce, un arcobaleno tra il Ticino e la Bolivia Bambini giocano nel parco della loro scuola ai piedi del Sajama Care amiche e cari amici, è ormai passato un anno da quando abbiamo messo piede su suolo cochabambino ed è arrivato nuovamente il momento di darvi nostre notizie. Nel mese di giugno abbiamo approfittato di alcuni giorni di vacanza per fare un giretto tra La Paz e il Parco Nazionale del Sajama, la montagna più alta della Bolivia (6542m), dove malgrado il freddo e il vento abbiamo potuto apprezzare paesaggi meravigliosi, una pace surreale e passeggiate di diverse ore durante le quali abbiamo incontrato solo lama. Da qualche settimana abbiamo ripreso le nostre consuete attività a Cochabamba, città che sentiamo ogni giorno di più come casa nostra: il progetto di Lisa avanza, tra momenti di soddisfazioni e situazioni che richiedono pazienza e flessibilità, ma l’entusiasmo è sempre alto; anche Alex è stato molto impegnato ultimamente e ha delle novità da raccontarvi. Vi ringraziamo per il vostro sostegno ed interesse e vi ricordiamo che potete seguirci anche sulla pagina facebook BettyInBolivia. Buona lettura! Lisa e Alex Contatto – Lisa Macconi Per iscriversi al mio gruppo di sostegno oppure non ricevere più il bollettino scrivimi: lisa.macconi@hotmail.com - COMUNDO si fa carico dei costi del mio interscambio. Le informazioni sulle possibilità di donazione si trovano nell'ultima pagina.
Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada Il mio lavoro nella Fondazione Estrellas en la Calle Una giornata con Coyera-Wiñana Stamattina, come ogni giovedí, abbiamo appuntamento all’angolo di un trafficato incrocio all’inizio del mercato La Can- cha, un labirinto di bancarelle, persone, rumori ed odori. In quella zona dormono i componenti di uno dei gruppi con i quali lavoriamo una volta alla settimana. Sono giovani, alcuni giovanissimi, che consumano diversi tipi di droga e la maggior parte di loro sono maschi, ci sono solo due o tre ragazze in un gruppo di quindici. Hanno tra i 13 e 25 anni, ma c’è chi sembra più vecchio perché consumato dalla vita in strada e chi invece appare più giovane per via di quel viso da bambino, ma probabilmente è solo un inganno perché dice di avere 17 anni quando invece ancora ne deve compiere 14. I nomi, i soprannomi, le età, le storie delle persone in situazione di strada possono infatti cambiare ogni giorno e a volte questo complica la costruzione delle relazioni di fiducia che stanno alla base del nostro lavoro poiché si ha l’im- pressione di dover ricominciare ogni volta da capo e si ha la frustrazione di non sapere se quello che ascolti sarà ancora valido la settimana successiva. Il gruppo della zona San Martin con cui lavoreremo oggi è uno dei pochi che si fa trovare già pronto al nostro arrivo, anche se a volte c’è ancora qualcuno che dorme sul bordo della strada o dentro al mercato e altre volte non troviamo nessuno perché, ci spiega la venditrice all’angolo, la notte prima è passata la Polizia oppure c’è stata una rissa con un altro gruppo. Come ogni mattina prima di iniziare a lavorare ci salutiamo, sia tra colleghi che con i ragazzi e le ragazze del gruppo, con un “batti cinque” e un “pugno contro pugno”. È il saluto che si usa in strada ed è anche un modo per entrare in contatto senza invadere la sfera personale dell’altro oltre che cercare di rispettare le norme igieniche che la situazione a volte impone. Con i col- leghi ci organizziamo per le varie attività della giornata: c’è chi andrà con il gruppo, chi farà degli accompagnamenti a persone che necessitano di sostegno per andare fare la carta d’identità o per portare il figlio in ospe- dale e chi farà delle visite al domicilio di una giovane coppia che sta ten- tando di lasciare la vita di strada. Arriva il Pick up della Fondazione, i ragazzi e le ragazze salgono, e si parte in direzione di un campo da calcio, un parco, un bosco o la laguna. Preve- dere l’attività e il luogo con anticipo è molto complicato: a seconda del gruppo, del numero dei presenti, del loro stato di salute e del consumo di sostanze è necessario valutare i pro e i contro, e a volte anche i rischi, di andare in un posto lontano o di toccare determinati temi. Oggi partecipo all’attività che si svolgerà in un bosco a trenta minuti dalla città. Durante il viaggio sono seduta insieme alle ragazze e i ragazzi del gruppo nel cas- sone del Pick up: qualcuno ne approfitta per inalare ancora un po’ di clefa, una potente colla utilizzata come stupefacente, ben cosciente che durante la mattinata sarà come sempre proibito consumare sostanze; io chiac- chiero con un ragazzo che sapevo avrebbe dovuto iniziare a lavorare quel giorno e che mi spiega di aver cambiato idea perché la paga non è abba- stanza buona: cosí in un attimo svanisce il risultato di diversi incontri per motivarlo e sostenerlo; un ragazzo lancia per strada un sacchetto di pla- stica da dove aveva bevuto un succo e io gli ricordo che più volte abbiamo parlato dell’importanza di non gettare spazzatura per terra; una coppia discute animatamente; un altro ascolta Durante un'attività individuale con un giovane del musica ad alto volume da una cassa e gli altri lo prendono in giro perché gruppo San Martin propone sempre canzoni romantiche. www.comundo.org 2
Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada Una volta a destinazione giochiamo a pallone, iniziamo a chiac- chierare, proponiamo giochi di società, cruciverba o disegni da co- lorare: ognuno decide che cosa preferisce fare e io e i miei colleghi cerchiamo di sfruttare questi momenti per instaurare un dialogo. A volte si tratta di una semplice chiacchierata, a volte di un mo- nologo dove cerchi di raccogliere informazioni utili ma in cambio ricevi solo un’alzata di spalle, altre volte invece riesci a raggiun- gere l’obiettivo principale, ossia quello di parlare della situazione della persona, delle sue difficoltà, dei suoi sogni, della sua voglia Attività di gruppo con giovani in situazione di strada di cambiare e del sostegno che il progetto Coyera potrebbe dargli. Durante questi momenti privilegiati capita che una ragazza di 17 anni, mentre colora un disegno per bambini con una concentra- zione e un’ingenuità disarmanti, senza mai guardarti negli occhi per un’ora ti racconti dei due aborti vissuti, di cui uno a 13 anni Attività sul tema della "collaborazione all'interno del quando il suo ragazzo le ha fatto perdere il bambino a calci, degli gruppo " anni trascorsi in Istituto perché sua mamma non è mai riuscita a lasciare il marito violento, di quanto la vita di strada le faccia schifo ma come il gruppo rappresenti comunque l’unica cosa che ha nella vita. Capita che un ragazzo che fino alla settimana prima non ti rivolgeva la parola ti chieda di giocare con lui a UNO e intanto ti racconti che ha avuto il coraggio di telefonare a sua mamma per il suo compleanno malgrado si vergogni di dirle in che condizioni vive. Capita che tutto il gruppo racconti con entusiasmo di come uno di loro abbia trovato un lavoro in un’altra città e sia partito speranzoso la sera prima. In ognuno di questi momenti di scambio e apertura cerchiamo sempre il modo di affrontare la questione della possibilità di un miglioramento della propria vita attraverso strategie differenti a seconda del caso. La mattinata prosegue con un’attività preparata dal mio collega sul tema del diritto alla salute. Il livello di concentrazione della maggior parte delle persone del gruppo è molto basso ed è quindi necessario proporre i temi in maniera di- namica, semplice ed efficace. Prima del pranzo alcune persone chiedono di poter lavare i propri vestiti nel fiume ed in un attimo sono in mu- tande e sfregano i pantaloni contro una roccia cercando di non sprecare il poco sapone in pol- vere a disposizione. Intanto il mio collega infer- miere ne approfitta per estrarre due pezzi di ve- tro che un ragazzo ha da qualche settimana vi- cino alla scapola. Anche oggi terminiamo con un pranzo e dopo aver riaccompagnato i ragazzi e le ragazze al punto d’incontro torniamo in uffi- cio, dove oggi pomeriggio proporró ai miei col- leghi un primo momento di sensibilizzazione al tema del Genere. Mi sento piuttosto nervosa all’idea, preparare questa attività mi è costato L'infermiere di Coyera cura un partecipante mentre altri lavano i propri vestiti qualche serata di lavoro fino a tardi per paura nel fiume o giocano www.comundo.org 3
Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada che non fosse tutto perfetto e non sapevo come avrebbe reagito l’équipe, composta esclusivamente da uomini, ai temi che avrei trat- tato. Le facce perplesse che inizialmente mi trovo davanti non la- sciano sperare nulla di buono ma per fortuna ho pensato a un mo- mento formativo piuttosto dinamico, dove ci fosse molto spazio per il confronto, la riflessione e le esperienze personali e mi rendo subito conto che i miei colleghi hanno voglia di sfruttare questo spazio. Come avevo previsto incontro non poca resistenza quando propongo temi quali la differenza tra sesso biologico e il genere, il rapporto di potere tra uomini e donne, il femminismo, la necessità di integrare la pro- spettiva di genere nella nostra vita personale e professionale o la co- struzione sociale dei ruoli che occupiamo nella società in quanto uo- mini e donne. La Bolivia, come la maggior dei Paesi del mondo, rap- presenta infatti una realtà ancora fortemente maschilista e io come I miei colleghi durante la formazione sul Genere donna, oltretutto straniera, devo fare molta attenzione affinché i miei colleghi non si sentano giudicati. Per questo primo incontro mi sembra importante soprattutto che ognuno capisca che attraverso il nostro comportamento, le idee e le parole tutti giochiamo un ruolo decisivo nella costruzione di una società realmente basata sulla parità di opportunita e diritti tra uomini e donne. Dopo questi primi sei mesi di lavoro credo infatti di aver capito che uno dei miei obiettivi all’interno del progetto Coyera debba essere proprio quello di sensibilizzare i miei colleghi sulle tematiche inerenti al Genere, non solamente attraverso lo scambio formale di conoscenze ma anche, e forse soprattutto, attraverso le relazioni personali quotidiane che hanno con me, tra di loro e con le persone in situazione di strada, sia uomini che donne. Quando un collega rimane indifferente o ride davanti a un ragazzo di uno dei gruppi con i quali lavoriamo che fischia al passaggio di una ragazza, capisco che é esattamente su queste situazioni che dobbiamo riflettere insieme e posizionarci in quanto professionisit di una Fondazione che lavora per la difesa dei diritti umani nella sua accezione piú ampia. Rispetto alle gravi problematiche con le quali siamo confrontati quo- tidianamente nel nostro lavoro, la questione del Genere puó apparire come secondaria, ma fino a quando un pro- getto, un’attività o un professionista non considererà come prioritario analizzare le differenti situazioni, posi- zioni e opportunità con le quali si confrontano uomini e donne, allora staremo sempre facendo il lavoro a metà e non raggingeremo mai l’obiettivo di costruire una so- cietà migliore per tutte e tutti. Il bilancio del primo mo- mento formativo sul Genere è dal mio punto di vista po- sitivo, anche se si tratta di una goccia nel mare, mi ri- peto spesso che da qualche cosa bisogna pur comin- ciare! Nel frattempo ha già avuto luogo la seconda parte e presto pianificheremo anche la terza. La settimana scorsa uno dei miei colleghi mi ha proposto di organizzare insieme a lui un’attivita di riflessione sui ruoli di donne e uomini nella società per un gruppo del progetto Wiñana (persone che hanno lasciato la vita di strada o che vivono in situazione di grande difficoltà so- Attività in un parco con un gruppo del progetto Wiñana cio-economiche). Ovviamente mi ha fatto molto piacere vederlo interessato al tema, sentirmi sostenuta durante l’attività e ascoltarlo proporre il suo punto di vista di uomo sensibile e preparato rispetto alla problematica Piccoli passi avanti e nuove esperienze a FENIX www.comundo.org 4
Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada La mia collaborazione nel progetto FENIX avanza piuttosto lentamente, soprattutto perche mi reco al centro solamente un giorno e mezzo alla settimana, e anche perché il tipo di attività e le dinamiche interne possono a volte complicare l’integrazione. Solamente da poche settimane inizio a sentirmi a mio agio con i colleghi, con i minori che frequentano il centro e nelle attività quotidiane. In questi mesi i miei principali compiti sono stati quelli di organizzare dei momenti formativi per bambine, bambini e adolescenti, collaborare nella preparazione delle riunioni dei genitori e aiutare nel momento dei compiti scolastici. Oltre a questo ho anche: aiutato a lavare e pettinare alcune dozzine di teste con l’obiettivo di sconfiggere i pidocchi; giocato ripetutatemente a calcio; cantato la canzoncina-preghiera prima di ogni colazione, pranzo e merenda; accettato in ben tre occasioni che un’adolescente, che obiettivamente non mi amava particolarmente, mi pettinasse e mi facesse le trecce (chi mi conosce sa che pettinarmi non è esattamente la mia attività preferita) in modo da sfruttare l’occasione per avvicinarmi a lei e farmi raccontare come mai fosse cosi arrabbiata con il mondo; insegnato a delle bambine scatenate a contare fino al 20 in italiano; servito, di nascosto dal cuoco, un po’ meno verdura nei piatti dei bambini che so che non ce la fanno ad ingerire cose di colore verde, viola o arancione; accompagnato due bambine di pochi anni fino al cimitero generale dove le loro mamme lavorano pulendo le tombe: guida disinvolta del taxista, musica a manetta e finestrini tutti abbassati, siamo arrivate a destinazione che eravamo spettinate e gasate come dopo un concerto rock; visto bambini che quando muovo di scatto le mani per fargli il sollettico d’istinto si coprono la faccia con le mani pensando che li picchieró; tentato di imparare qualche passo di danze tradizio- nale che tutti ballano con una scioltezza sfacciata. Nell’ambito dei momenti formativi pensati per i bambini, bambine ed adolescenti di FENIX ho scelto, dopo un incontro con la responsabile che mi ha esposto le priorità del progetto, di iniziare con il tema dell’autostima. Ho infatti notato che diverse dinamiche violente, irrispettose e inade- guate sembravano venire soprattutto da una mancanza di fiducia in sé stessi, sia da parte di chi le esercita che da chi le subisce. Inoltre l’au- tostima è fortemente legata alle questioni di ge- nere e rappresenta un buon punto di partenza per introdurre il tema delle relazioni tra maschi e femmine. Trattandosi di tematiche sensibili e che spesso hanno a che fare con vissuti perso- nali problematici, per ora ho preferito lavorare con piccoli gruppi suddivisi per sesso. Durante gli incontri ci siamo presi il tempo di auto-dise- gnarci per come ci vediamo, di presentarci uti- Bambine del progetto FENIX durante un'attività sull'autostima lizzando aggettivi a partire dalle lettere del no- stro nome, di scrivere cose positive sui compagni e le compagne e poi trovare il coraggio di dirgliele guardandosi negli occhi, di riflettere sull’importanza dell’autostima per rispettarci e rispettare gli altri e sul ruolo che giocano i nostri comportamenti e le nostre parole per creare un ambiente di fiducia tra compagni e compagne. Non è stato sempre facile catturare l’attenzione e, soprattutto per alcuni e alcune, la strada per ri-costruire la propria autostima non si percorre in pochi incontri ma necessita di tempo e comprensione, non solamente durante le attività a FENIX, ma so- prattutto in famiglia e a scuola. Ancora una volta è quindi necessario apprezzare ogni piccolo passo avanti che riusciamo a fare tutti insieme ed accettare i passi indietro che inevitabilmente fanno parte del gioco. www.comundo.org 5
Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada Storie boliviane: il sogno di un’adolescente Non hai ancora compiuto sedici anni ma ti ritrovi già con un sacco di cose da raccontarmi quando in uno dei nostri incontri ti chiedo se ti va di parlarmi un po’ della tua famiglia. I tuoi genitori hanno pochi anni in più di me, tua mamma, oltre ai cinque figli avuti con tuo papà, quando era molto giovane ha dato alla luce altri due figli da due padri diversi. Due dei tuoi quattro fratelli sono morti quando erano piccoli, come ancora molto spesso succede in Bolivia dove il tasso di mortalità infantile è tra i più alti dell’America Latina. Tuo papà da bambino veniva picchiato, tanto che ad un certo punto ha preferito scappare di casa e vivere per strada insieme a suo fratello, dove per quanto possa apparire assurdo hanno incontrato un gruppo che per la prima volta li ha fatti sentire come una famiglia. Molte delle persone che ho conosciuto in questi mesi mi hanno infatti raccontato di essersi ritrovati in situazione di strada esattamente per gli stessi motivi. È in strada che tuo papà ha incontrato tua mamma, si sono innamorati e hanno dato vita a quella che sarebbe diventata la tua famiglia. Quando ti chiedo che lavoro svolgono mi dici che tua mamma una volta era cuoca, ora invece non lavora, fa cose che non bisognerebbe fare, soprattuto se ha bisogno di comprare alcool. Tuo papà invece lavora come falegname ma solamente alcuni giorni al mese, il tempo necessario a racimolare i soldi per andare a bere. Mi spieghi che a volte per calmarlo quando arrivava ubriaco hai dovuto aiutare tua mamma ad afferrarlo per il collo e togliergli il fiato per pochi secondi in modo che si addormentasse il prima possibile. Mentre me lo raccontavi ti ho chiesto due volte se avessi capito bene e non ti nascondo che mi sono venuti i brividi quando me ne hai dato la conferma. Da bambina accompagnavi i tuoi quando andavano a bere insieme agli amici in una chicharroneria (semplice ristorante tradizionale dove si mangia chicharrón, un piatto con carne di maiale fritto, mais e patate). Mi ricordo che in un altro dei nostri incontri mi avevi detto che ti piace mangiare di tutto tranne il chicharrón, ora posso immaginarne il motivo. Con un sorriso mi fai notare che hai anche alcuni ricordi belli di quelle giornate passate in mezzo ad adulti che bevono fino a crollare perché c’erano sempre tanti bambini con i quali giocare e i tuoi genitori ti lasciavano fare tutto quello che volevi. Ad un certo punto della nostra chiacchierata, mentre mi racconti dei due anni di scuola media che hai perso perché tua madre era in carcere e i soldi che servivano per comprare il tuo materiale scolastico bisognava usarlo per pagare la sua cella, te ne sei venuta fuori con un episodio del quale non puoi ricordarti ma che diverse persone della tua famiglia ti hanno riferito. Avevi un paio di anni e in quel periodo con la tua famiglia vivevate con un gruppo di persone in situazione di strada su una collinetta in mezzo alla città, tra le piante di fichi d’india. Passavi il tempo per strada con tua mamma e un giorno vi siete addormentate entrambe su un marciapiede. Quando tua mamma si è risvegliata tu non c’eri più e una signora le ha detto che ti avevano portata via. Ti hanno cercato finito allo sfinimento, fino a ritrovarti dall’altra parte della città. Mi dici che tua mamma stava impazzendo dalla disperazione e ha fatto di tutto per trovarti ma che negli anni seguenti, quando la facevi arrabbiare, urlava sempre di essersi pentita di averti cercata. Una di quelle frasi che ti porterai dentro per sempre. Ti conosco da diversi mesi, è stata dura guadagnarmi la tua fiducia ed è un processo ancora in corso, ne sono cosciente. Quando nei nostri incontri settimanali parliamo di come riconoscere e gestire le emozioni, dell’autostima, di come evitare di ritrovarsi in una relazione violenta, di come rispondere a chi ti prende in giro perché giochi a calcio e non ti piace ballare o delle conseguenze del consumo di sostanze, mi piace vedere il tuo sguardo concentrato che poi peró in un attimo si distrae perché passa un Maggiolino giallo. Con la tua madrina, con la quale vivi ora, avete inventato questo gioco di contare tutti i Maggiolini che vedete, e non te ne sfugge neanche uno. Quando sei stufa di ascoltarmi e di fare le attività che ti propongo, quando mi racconti che ti piace la matematica, che sei la migliore della classe, che hai litigato con il moroso in chat e che non sopporti il tuo compagno di classe perché ti sta appiccicato tutto il giorno mi ricordo che, nonostante tutto quello che mi hai appena raccontato della tua famiglia, sei soprattutto semplicemente un’adolescente. Alla fine del nostro incontro, dopo aver ascoltato tutto quello che a soli 15 anni avevi da raccontarmi, ti ho chiesto quale fosse il tuo sogno e mi hai risposto d’un fiato: “Andare all’univer- sità…anzi no, che i miei genitori stiano bene cosi potrò tornare a vivere con la mia famiglia, lo so che è un sogno impossibile, Señorita, ma il mio sogno è questo”. www.comundo.org 6
Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada Tre cose imparate da quando viviamo a Cochabamba 1) Giocare a calcio (che già di per sé potrebbe essere un buon risultato) utilizzando i soprannomi dei ragazzi e le ragazze in situazione di strada. La cosa in italiano suonerebbe più o meno cosi: “Ok in squadra con me il Matto, la Gatta, il Manina e lo Zombie.” Oppure: “Dai Bambola passa sta palla! Ma nooo Cinese come fai a sbagliare un tiro cosi??!!! E poi: “Vai Palloncini tira, tira! Tanto lo sai che Maiale bianco in porta è negato! o “Principessa (un ragazzotto di 20 anni) devi correre più veloce, dai”. Insomma, difficoltà livello 10+. 2) Definirci moglie e marito, anche senza esserci mai sposati. Alla nostra veneranda età i termini ragazza/o o fidanzato/a appaiono ormai poco appropriati e qui in Bolivia anche la definizione compagna/o, che solitamente utilizzavamo in Europa, non sembra riscuotere molto successo. Inizialmente abbiamo provato a tenere duro convinti che il fatto di non essere sposati a 37 anni potesse non rappresentare qualcosa di eccessivamente strano, ma dopo qualche sguardo stupito e molte domande ci siamo serenamente adattati alla cultura locale, in modo da facilitarci anche un po’ la vita. In Bolivia le coppie che convivono prima del matrimonio o che decidono di non sposarsi sono ancora una minoranza e scegliere di non unirsi in matrimonio appare quindi come qualcosa di anomalo e un po’ negativo. In molte occasioni ci siamo comunque presi il tempo di spiegare la nostra scelta e proporre il nostro punto di vista. Alcune persone hanno compreso il senso della nostra scelta, senza per questo doverla condividere, ma rispettandola tanto quanto noi cer- chiamo di rispettare le posizioni altrui. L’interscambio di conoscenze può passare anche da questo, dall’incontro e il confronto di sguardi diversi su situazioni quotidiane e che a volte diamo per scontate. Per quanto riguarda il fatto di non avere figli la questione appare più complicata e per ora siamo fermi a una mia risposta balbettante alla domanda di un bambino di FENIX: “Sita (abbreviazione di Señorita), ma se non fai figli chi ti terrà compagnia quando sarai vecchia, ma soprattutto, chi porterà fiori sulla tua tomba?” Inutile dire che si accettano consigli su come rispondere alla prossima domanda di questo tipo. 3) Se a Cochabamba il cibo è una religione, ci sono alcune regole da rispettare per non mancare di rispetto. Quelle imparate fino ad ora sono: non si compra mai qualcosa da mangiare solo per se stessi e non importa se gli altri non hanno fame; il cibo va condi- viso, anche solo un pezzo di pane, per questo prima di addentare bisogna sempre chiedere alle persone presenti se ne vogliono un pezzo; proibito rifiutare: non importa se hai appena mangiato il terzo pasto della giornata e sono solo le 11 del mattino, se qualcuno ti offre del cibo dovrai accettare, a meno che tu non abbia voglia di giustificarti per almeno venti minuti (tra l’altro per ora l’unica scusa efficace risulta essere quella di dire che hai problemi di stomaco, cosa per altro molto plausibile in quanto straniero); impossibile es- sere schizzinosi: al momento del pasto la condivisione passa anche dall’utilizzare lo stesso bicchiere in dieci, vedere cucchiai altrui af- fondare nella tua zuppa e ordinare un piatto enorme dal quale si mangia tutti insieme; se ti chiedono: “Hai mangiato?” prima ancora di dirti “Ciao!”, consideralo come la massima espressione di preoc- cupazione ed affetto nei tuoi confronti. Colazione preparata da un collega durante la riunione d'équipe del sabato: patate bollite, uova sode e salsa piccante www.comundo.org 7
Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada L’angolo del CochaBrandino: racconti di Alex Eccomi qua dopo alcuni mesi nuovamente pronto a raccontarvi le mie esperienze e scoperte boliviane. La principale novità che ho il piacere di condividere con voi è che dal mese di giugno sto svolgendo un periodo di volontariato all’interno della Fondazione Estrellas en la Calle. Già diversi mesi fa avevo chiesto a Lisa se ci fosse la possibilità di conoscere meglio la Fondazione ed eventualmente aiutare in qualche modo. Parlando con i responsabili è risultato che stessero proprio cercando qualcuno disposto a fare delle fotografie e dei video del lavoro svolto nei vari progetti: non ho esitato ad offrimi per aiutarli in questo senso e cosí dopo pochi giorni ha avuto inizio il tutto. Inizialmente, per circa un mese, ho partecipato come osservatore alle attività che si svolgono quotidianamente in modo da potermi fare un’idea generale del lavoro e pensare a come e quando sarebbe stato meglio scattare fotografie e fare video. Inoltre ho potuto cosí conoscere e farmi conoscere dalle persone seguite dalla Fondazione che spero potranno sentirsi maggiormente a loro agio quando sarò presente nelle attività con la mia macchina fotografica. Dalla scorsa settimana ho iniziato a scattare fotografie e fare video sia in Coyera-Wiñana sia in FENIX e sono molto grato alla Fondazione di avermi dato quest’opportunità, perché mi sta aiutando a capire meglio la realtà della città dove viviamo da ormai un anno. Può sembrare banale ma credo sia giusto non dimenticare quanto siamo fortunati a poter vivere una vita comoda, piena di opportunità e libertà. Questa è la mia prima vera esperienza di volontariato e mi sta confermando quanto realmente non si smetta mai di imparare e quanto sia utile vivere nuove esperienze. A proposito di nuove esperienze mi piacerebbe raccontarvi un aneddoto vissuto alcune settimane fa e che fa parte di quelle situazioni semplici e spontanee che mi ricordano perché mi piaccia tanto vivere qui. All’inizio del mese di luglio c’è stata un’eclissi solare visibile in tutto il Sud America, ma solo in maniera parziale in Bolivia. Quel pomeriggio ero libero e stavo cercando il modo di vedere l’eclissi anche se ero cosciente di non poterla guardare ad occhio nudo. Il picco dell’eclissi era previsto per le 17.45 circa. Verso quell’ora mi sono diretto speranzoso verso un parco vicino a casa con i miei semplici occhiali da sole comprati in Ticino a 3.99 franchi nel negozio dove lavoravo prima di partire per la Bolivia: per il prezzo pagato la qualità si è rivelata non essere poi cosi male, ma ovviamente non erano assolutamente adatti alla situazione di quel giorno. Dopo un po’ di tentativi falliti decido di rinunciarci e tornare a casa ma proprio in quel momento noto sul marciapiede di fronte quattro signori di mezz’età: un meccanico, un saldatore e due probabili amici. Li vedo intenti a passarsi tra loro la maschera da saldatore per guardare verso il sole ed ammirare l’eclissi che proprio in quel momento era al suo apice. Quando incrocio lo sguardo del saldatore, lui mi saluta e mi dice: “Vuoi vedere? È una cosa rara, bisogna guardarla e godersela”, non ci penso due volte ed accetto godendomi lo spettacolo che la natura ci sta regalando. Dopo un paio di passaggi di maschera da saldatore, cominciamo una piacevole conver- sazione: mi chiedono da dove vengo, che cosa faccio a Cochabamba e mi ringraziano per aver scelto di vivere nel loro paese e sono felici del fatto che io apprezzi molto la loro cultura. Sono tornato a casa sorridendo, pensando a quanto sia importante condividere momenti, soprattutto quelli inaspettati. Per rimanere in tema di “sole” ho voglia di raccontarvi un’altra bellissima esperienza culturale alla quale ho partecipato. Un paio di mesi dopo essere arrivato a Cochabamba ho avuto l’occasione di visitare le rovine di Inkallajta, la cittadina Inka che si trova a circa tre ore da dove viviamo. La zona era considerata il granaio dell’Impero (che si espandeva dal sud della Colombia fino a toccare Cile ed Argentina passando appunto per la Bolivia), per la sua terra molto fertile e per questo motivo i figli del Dio Sole costruirono una delle loro basi in quel luogo. Durante questa interessante visita ho appreso che ancora oggi si celebra il solstizio d’inverno, chiamato anche año nuevo andino, ovvero il sorgere del sole dopo la notte più lunga dell’anno e l’inizio di un nuovo ciclo. L’idea che niente finisca per sempre e che tutto ricominci come in una sorta di ciclo infinito rappresenta infatti un concetto fondamentale della cultura andina. La cosa mi aveva colpito molto e dopo avere approfondito ho saputo che ogni anno viene celebrato in decine di luoghi considerati sacri per le comunità indigene e quindi non solo ad Inkallajta. La notte tra il 20 ed il 21 giugno, centinaia di persone si ritrovano in questi luoghi in attesa dei primi raggi del sole ed insieme a Lisa abbiamo deciso di assistere a questo rituale nelle rovine di Tiwanaku, il più importante sito archeologico della Bolivia situato vicino a La Paz. www.comundo.org 8
Bollettino No. 2, agosto 2019 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone in situazione di strada Arrivati a notte fonda nel paese adiacente alle rovine, ci rendiamo subito conto di trovarci nel bel mezzo di una specie di festa di Capodanno. Il paese è pieno di persone che cantano e ballano in cerchio attorno ad un fuoco, il freddo è pungente, ci sono diversi stand con musica dove si balla e beve in grande allegria, nella piazza principale c’è un concerto di musica ovviamente tradizionale. Intorno alle 4 del mattino ci dirigiamo verso l’entrata al sito delle rovine e ci mettiamo in coda insieme a molta altra gente. Durante l’attesa ci godiamo lo spettacolo delle comunità indigene che sfilando in abiti tradizionali e suonando i loro strumenti varcando l’ingresso. Dopo poco meno di un’ora riusciamo ad entrare e ci mettiamo in prima fila proprio di fronte all’altare principale. Verso le 6:30 cominciamo a vedere un po’ di luce dietro alla montagna e poco dopo siamo tutti con i palmi delle mani rivolti al sole per sentire il calore e l’energia di questo nuovo ciclo che è appena iniziato. Quando finalmente è giorno le autorità indigene in presenza del Presidente Evo Morales fanno i loro discorsi ufficiali, intanto decine di persone, noi compresi, ballano in cerchio mentre altri sostengono una gigante Wiphala, la bandiera che ricorda con vari colori le 36 etnie indigene e i valori della Bolivia. Ancora una volta un’esperienza indimenticabile che sono contento di poter condividere con voi. Alla prossima! Ricevendo i primi raggi del sole a Tiwanaku www.comundo.org 9
Bollettino Ru n dbr ieNo. f N2, r. agosto 2019 1 _ Ja nu ar 2 01 8 Di Lisa Macconi e Alex Brandino / Dignità per le persone Von Christine Blaser – Existenzsicherung in situazione im Mukuru di strada Slum-Nairobi Pe r m a g g io r giu st iz ia so cia le COMUNDO invia cooperanti professionisti a sostenere progetti COMUNDO in 7 paesi dell’America Latina, Africa e Asia. E’ la più grande Piazza Governo 4 organizzazione Svizzera attiva nella cooperazione allo sviluppo CH-6500 Bellinzona attraverso l’interscambio di persone con quasi un centinaio di Tel. +41 58 854 12 10 cooperanti attivi. Mail: bellinzona@comundo.org www.comundo.org COMUNDO lavora in tre ambiti tematici: Mezzi di sussistenza, Democrazia e pace, Ambiente. Il lavoro dei nostri cooperanti si La v o st r a d o n a z io n e è i m p o r t a n t e ! focalizza sullo scambio di esperienze e conoscenze, rafforzando COMUNDO copre i costi totali dell’invio dei suoi cooperanti durevolmente le organizzazioni partner e migliorando le condi- professionisti (formazione, spese di soggiorno, previ- zioni di vita delle popolazioni locali. denza sociale, costi di progetto). Ciò è possibile solo grazie al sostegno costante dei nostri donatori. Vi ringra- In Svizzera COMUNDO rafforza la cittadinanza globale favorendo ziamo di cuore per il vostro impegno in nostro favore. comportamenti socialmente ed ecologicamente responsabili. Co o r d in a t e b a n ca r i e : Postfinance CP 69-2810-2 IBAN CH74 0900 0000 6900 2810 2 D o n a z io n i o n lin e : w w w . co m u n d o . o r g / d o n a z io n e www.comundo.org w w w .com u n d o. org 3 10
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