Serata Martha Argerich - FUORI ABBONAMENTO Enrico Fagone direttore Martha Argerich pianoforte - Rai Cultura
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osn.rai.it Stagione OSNrai orchestrasinfonicarai 2018 - 2019 orchestraRai Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, Torino FUORI ABBONAMENTO Serata Martha Argerich Martedì 29 gennaio 2019 ore 20.30 Enrico Fagone direttore Martha Argerich pianoforte Falla, Prokof’ev, Listz
Il concerto è trasmesso in diretta su Radio3 per Il Cartellone di Radio3 Suite. Il concerto è ripreso da Rai Cultura e sarà trasmesso su Rai5 il 24 ottobre 2019.
MARTEDÌ 29 GENNAIO 2019, ore 20.30 SERATA MARTHA ARGERICH Enrico Fagone direttore Martha Argerich pianoforte Manuel de Falla (1876-1946) El sombrero de tres picos (1919-1921) Suite n. 1 Introducción. Allegro ma non troppo La tarde. Allegretto Danza de la molinera (Fandango). Allegro ma non troppo El Corregidor. Moderato Las uvas. Vivo Suite n. 2 Danza de los vecinos (Seguidillas). Allegro ma non troppo Danza del molinero (Farruca). Poco vivo Danza final (Jota). Poco mosso Durata: 24’ ca. Sergej Prokof’ev (1891-1953) Ouverture su temi ebraici, per clarinetto, quartetto d’archi e pianoforte op. 34 (1919) Luca Milani clarinetto Alessandro Milani violino Roberto Righetti violino Luca Ranieri viola Massimo Macrì violoncello Durata: 9’ ca. Franz Listz (1811-1886) Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra, S 124 (1832-1852) Allegro maestoso Quasi Adagio Allegretto vivace - Allegro animato Allegro marziale animato - Alla breve, più mosso Durata: 19’ ca.
Manuel de Falla El sombrero de tres picos Suite n. 1 e Suite n. 2 Nella primavera del 1916 Sergej Diaghilev e i Ballets Russes erano al Teatro Real di Madrid per rappresentare L’oiseau du feu e Petroushka di Stravinskij, anche lui presente nel- la capitale spagnola. Manuel de Falla, che il 9 aprile aveva presentato nello stesso teatro le Noches en los jardines de España, scriveva un articolo sul quotidiano La Tribuna per segnalare la presenza a Madrid di Stravinskij, “uno de los más grandes artistas de Europa”. A loro volta, Diaghilev e Léonide Massine, coreografo e direttore dei Ballets russes, si recarono al Palacio de Carlos V per ascoltare un’esecu- zione delle Noches. Falla e Diaghilev erano già in trattative per un nuovo balletto, che avrebbe dovuto comprendere le Noches e una pantomima che il musicista aveva già co- minciato a progettare in collaborazione con i coniugi Ma- ria e Gregorio Martínez Sierra, autori dello scenario per il precedente El amor brujo. La pantomima prendeva spun- to da una novela de costumbres di Pedro Antonio de Alar- cón, El sombrero de tres picos, pubblicata nel 1874 e basata sul racconto picaresco El corregidor y la molinera. L’idea di sfruttare il libro di Alarcón, che aveva già dato spunto a diverse zarzuelas e soprattutto all’opera di Hugo Wolf Der Corregidor, risale ancora al 1904, quando Falla l’aveva pro- posta allo scrittore Carlos Fernández Shaw per un libretto in vista del concorso della Real Academia de Belles Artes, vinto poi con La vida breve. Oltre dieci anni dopo, l’idea di lavorare sul testo tragicomico e satirico di Alarcón torna di nuovo a galla. Dopo il successo della gitanería El amor brujo, infatti, Falla e i Martínez Sierra decisero di rimanere ancorati alle forme più caratteristiche del mondo iberico, con un testo profondamente radicato nella cultura spagno- la. La trattativa con Diaghilev era già in fase avanzata, ma alla fine Falla decise di allestire il lavoro così com’era stato pensato in origine, in forma di pantomima, che fu allestita il 7 aprile 1917 al Teatro Eslava di Madrid con il titolo El cor-
regidor y la molinera. L’orchestra, diretta da Joaquín Turina, era formata solo da diciassette musicisti. Diaghilev, d’altra parte, non rinunciò al suo progetto, nel quale nel frattempo aveva coinvolto anche Picasso, che alla fine disegnò i boz- zetti per le scene, i costumi e il sipario del balletto. Mentre la Prima Guerra mondiale volgeva al termine, i Ballets Russes lasciarono la Spagna per trasferirsi a Londra, dove il 22 lu- glio 1919 al The Alhambra Theatre allestirono per la prima volta il lavoro di Falla, trasformato finalmente in balletto con il titolo El sombrero de tres picos, direttore Ernest Anser- met. Falla non potè assistere al successo della sua musica, perché quello stesso giorno sua madre moriva a Madrid. Ci sono parecchie differenze tra le due versioni, sia di tipo musicale che drammaturgico. In primo luogo, l’orchestra del balletto è molto più ampia rispetto alla prima versione, che prevedeva in sostanza un ensemble di strumenti più che un’orchestra vera e propria. Dal punto di vista narrativo, invece, il balletto sottolinea maggiormente le scene corali e soprattutto aggiunge delle scene per mettere in rilievo gli assoli coreografici dei personaggi. In generale, lo stile del- la pantomima è più vicino al naturalismo e alle inflessioni folkloristiche della musica gitana, mentre il balletto mette in luce un colorismo più spettacolare e generico. La storia racconta il duello tra un giovane mugnaio e un vecchio e lascivo Corregidor, nella Spagna feudale del Settecento il rappresentante amministrativo, legislativo e giudiziario del Re sul territorio, invaghitosi della bella mo- glie del primo. Al tentativo del Corregidor di entrare nel suo letto con il sopruso, il mugnaio, con scaltrezza degna di Figaro, risponde rubando i vestiti del nobiluomo, stesi ad asciugare. Approfittando del buio notturno, vuole rendere pan per focaccia al rivale godendo delle grazie della bella corregidora. Le due parti del balletto, in pratica, diventano le due Suite da concerto. La prima comprende l’Introduc- ción, La tarde, la Danza de la molinera, El Corregidor e Las uvas, , mentre la seconda raccoglie la Danza de los vecinos, la Danza del molinero e la Danza final, dove si affollano gli alguacils (le guardie), il Corregidor, la mugnaia, i vicini, il mugnaio seguito dalle guardie e il resto del popolo desta-
to dal baccano di questa notte di piccante follia. La musica di Falla, a contatto con un testo di agra comicità, sprigiona scintille di modernità, assorbita attraverso la rivoluzione or- chestrale di Debussy e Stravinskij, sullo sfondo di un’acuta coscienza del patrimonio musicale spagnolo e della neces- sità di emancipare la cultura nazionale dai pregiudizî del colore locale.
Sergej Prokof’ev Ouverture su temi ebraici, per clarinetto, quartetto d’archi e pianoforte op. 34 L’Ouverture su temi ebraici è il primo lavoro scritto da Sergej Prokof’ev negli Stati Uniti, e anche il primo lavoro russo di carattere ebraico basato su musica popolare yiddish anzi- ché su canti liturgici. L’origine del lavoro è raccontata dallo stesso Prokof’ev nella sua autobiografia: «Nell’autunno del 1919 arrivò in America l’ensemble ebraico Zimro. Consi- steva di quartetto d’archi, clarinetto e pianoforte, tutti miei compagni di studi al Conservatorio di San Pietroburgo. Lo scopo ufficiale del loro tour concertistico era di raccogliere fondi per creare un conservatorio a Gerusalemme, ma que- sto serviva solo a impressionare la popolazione ebraica americana. Di fatto, questi musicisti riuscivano a malapena a sopravvivere. Avevano un repertorio piuttosto interessan- te di musica ebraica per diverse combinazioni di strumenti, per due violini, trio eccetera. Mi chiesero di scrivere un’ou- verture per il sestetto, e mi diedero un quaderno di melodie ebraiche. Sulle prime rifiutai, perché ero abituato a usare solo il mio materiale musicale. Il quaderno, comunque, ri- mase con me, e una sera, dandogli un’occhiata, scelsi qual- che piacevole melodia e cominciai a improvvisare sul pia- noforte. Ben presto notai che affioravano alcuni passaggi ben torniti. Passai il giorno dopo a lavorare sui temi, e alla sera l’Ouverture era pronta». Il lavoro fu eseguito per la prima volta in un club musicale privato di New York, The Bohemians, il 2 febbraio 1920, in un programma più classico di quelli in genere offerti dal Pa- lestine Chamber Music Ensemble, che includeva anche il Quintetto con clarinetto op. 115 di Brahms. Zimro prende il nome dalla parola ebraica equivalente a “cantare”, e amal- gama anche lettere del termine yiddish klezmer (klei zemer). Sotto questo titolo più ruspante di Zimro, infatti, l’ensemble aveva tenuto il primo concerto a New York, alla Carnegie Hall, l’1 novembre 1919, con biglietti da 75 cent a 2 dollari. In ogni caso, nei tre anni di vita del Palestine Chamber Music
Ensemble il lavoro di Prokof’ev fu il pilastro di ogni loro con- certo, riscuotendo sempre un successo caloroso. Prokof’ev non attribuiva un gran valore al sestetto, anzi in ori- gine non lo ritenne degno nemmeno di un numero d’opus. Anni dopo, rispondendo al critico musicale Andrew Frazer, stroncava il lavoro in questi termini: «La sua tecnica è con- venzionale, e la sua forma cattiva (4+4+4+4)». Il successo, però, minacciava di far circolare versioni non autorizzate e trascrizioni di quart’ordine dell’Ouverture, quindi Prokof’ev si decise a pubblicare nel 1934 una versione per orchestra, op. 34, anche se in cuor suo pensava che non avesse bisogno di essere ristrumentata, come scrisse chiaramente in una lette- ra del 1930 al musicologo Nicholas Slonimskij. L’Ouverture ruota essenzialmente attorno a due temi, attin- ti secondo le parole dell’autore dal quaderno Zimro. Tutti gli sforzi di rintracciare il quaderno sono stati finora vani, quindi è un mistero su quale tipo di materiale abbia lavorato Prokof’ev, e di quale provenienza. L’unica cosa certa è che il leader dell’ensemble, il clarinettista Simon Bellison, aveva comincia- to nel 1907 a trascrivere melodie popolari yiddish, formando nel tempo una ricca biblioteca di musica ebraica. Entrambi i temi, in ogni caso, provengono dal patrimonio della musica yiddish, che Prokof’ev potrebbe aver sentito durante l’infan- zia nella nativa Sontsovka, un villaggio ucraino nei dintorni di Donetsk. Sono motivi legati ai riti del matrimonio. Il primo è una forma di danza, articolata in un contrappunto tra due figu- re ritmiche, perfettamente omogeneo allo stile della musica klezmer, mentre il secondo è una canzone di carattere lirico, Zayt gezunterheyt mayne libe eltern (stiate in salute, miei cari genitori), trascritta esattamente nella sua forma originaria. Dal punto di vista compositivo, Prokof’ev non ha profuso molto impegno per dare un minimo di forma a queste semplici im- provvisazioni sul tema, ma il risultato è fresco e del tutto per- tinente alla richiesta dei suoi vecchi compagni di Conserva- torio. Un effetto collaterale del sestetto yiddish fu di rendere Prokof’ev ricercato da artisti e personalità del mondo ebraico, come la danzatrice Ida Rubinstein e l’attrice Shoshana Avivit, tanto da suscitare in lui la sardonica considerazione: «In con- clusione, devo essere proprio l’unico compositore ebreo!».
Franz Liszt Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra S. 124 I lavori per pianoforte e orchestra di Liszt abbracciano un periodo molto lungo, che va dal 1825 al 1885, in prati- ca dall’adolescenza fino agli ultimi giorni. In sessant’anni, però, solo una parte molto risicata di questa produzione ha visto la luce, e soltanto due lavori hanno avuto l’onore di essere definiti Concerti, non senza un laborioso proces- so di ripensamenti e revisioni. Il Primo Concerto infatti, ri- maneggiato più volte tra il 1832 e il 1852, è stato pubblicato nel 1857, dopo la prima esecuzione a Weimar nel 1855 con l’autore come solista e l’orchestra diretta da Hector Berlioz. Il Secondo, scritto tra il 1839 e il 1861, fu inciso sulle lastre nel 1863, mentre un terzo in mi bemolle maggiore, postu- mo, non è mai stato ritenuto degno di entrare nel catalogo. A prima vista sembra incomprensibile che un artista come Liszt, il virtuoso per antonomasia, mostri tanta indecisione nel genere più connaturato alle esigenze espressive del grande eroe romantico. Questa relazione controversa con la forma concertante dovrebbe indurre forse a una maggior prudenza nel giudicare Liszt come un autore enfatico e re- torico, se non addirittura di cattivo gusto. Prima di esaminare la sua visione della forma concerto, così problematica per i musicisti romantici, è bene ricordare che Liszt è stato anche un grandissimo interprete, e come tale aveva una conoscenza di prima mano non solo del reperto- rio classico, ma anche dei lavori ancora freschi d’inchiostro dei suoi colleghi. La forma del concerto non aveva alcun segreto per Liszt, che si cala completamente, come auto- re e come interprete, nel corpo vivo delle trasformazioni del rapporto tra il pianoforte e l’orchestra. Il Primo Concer- to riflette la primavera dello stile romantico. Nei primi anni Trenta, Parigi diventa il plesso solare della vita concertistica internazionale. Una schiera di giovanissimi pianisti compo- sitori, tra i quali Chopin, Mendelssohn, la fanciulla prodigio Clara Wieck, di appena 12 anni, lo stesso Liszt s’incontrano
e si scambiano i lavori, influenzandosi a vicenda. In questo clima incandescente per il pianoforte romantico, Liszt si getta nella scrittura di un Concerto, che ricerca un rappor- to totalmente nuovo tra il pianoforte e l’orchestra. Liszt era stato allievo di Carl Czerny, a sua volta allievo di Beethoven, ma dopo il trasferimento a Parigi si allontana dalle forme e dal linguaggio dello stile classico. In questi anni Liszt pro- duce un’enorme quantità di lavori, che sgorgano con vena inesauribile dall’incessante catena di esperienze e di nuovi orizzonti spalancati dai fermenti di una nuova generazione di artisti concentrati nella capitale francese. Liszt, gene- rosamente, mette il suo smisurato talento al servizio della nuova musica, trascrivendo per pianoforte lavori orchestra- li d’avanguardia come la Symphonie Fantastique di Berlioz, o la Nona Sinfonia di Beethoven, per renderli accessibili a un pubblico più vasto. Il suo pianoforte, in altre parole, as- sorbe tutto il fervore artistico e intellettuale della nuova ge- nerazione di musicisti che si affaccia al mondo nel primo Ottocento. Nella versione finale del Concerto, terminato a Weimar vent’anni dopo la sua concezione, rimangono le tracce dell’impeto virtuosistico giovanile, inquadrato però in una visione della forma che tende a integrare in un in- sieme unitario tutti gli elementi contrastanti. I quattro movi- menti canonici di un lavoro sinfonico, compreso lo scherzo, sono fusi in un unico blocco, rafforzato dal processo d’inte- grazione del materiale tematico. Il dolcissimo tema lirico in si maggiore del pianoforte all’inizio del Quasi Adagio, per esempio, si trasforma nell’impetuosa marcia in mi bemol- le maggiore del finale, Allegro marziale animato, non prima che una ripresa dell’eroica introduzione del pianoforte torni a legare lo scherzo all’ultimo movimento, e più in generale l’intero lavoro in un unico sogno di gloria. Un altro aspetto interessante del Concerto n. 1 è il rapporto che intercorre tra il pianoforte e singoli strumenti dell’orchestra, come per esempio nel dialogo con il clarinetto nel primo movimento, o con flauto e clarinetto nell’Adagio. Liszt non ama le oscure penombre delle dense linee contrappuntistiche di Wagner, o di Schumann, ma predilige la chiarezza delle voci indivi- duali, gettando le basi per quella tecnica cameristica nella
scrittura orchestrale sviluppata dagli autori del Novecento come Schönberg e Stravinskij. Una delle critiche spesso rivolte ai Concerti di Liszt riguarda la presunta vaghezza della forma. Il grande pianista Alfred Brendel ha scritto in proposito delle osservazioni partico- larmente acute: «Vi è qualcosa di frammentario nel lavoro di Liszt; il suo discorso musicale, forse per la sua natura, spesso non viene concluso. Ma il frammento non è forse la forma più pura del Romanticismo, la più legittima? Quando l’utopia regna sovrana, quando si tenta d’abbracciare l’in- finito, la forma deve restare aperta per accogliere l’incom- mensurabile». Oreste Bossini
Enrico Fagone Enrico Fagone viene regolarmente invitato nei più impor- tanti festival di tutto il mondo dove collabora con artisti quali Martha Argerich, Misha Maisky, Vadim Repin, Katia e Marelle Labèque e molti altri. Ha inciso per le etichette discografiche EMI, Deutsche Grammophon e Warner ed è Primo Direttore Ospite della LICO Long Island Concert Orchestra di New York, amba- sciatore nel mondo del Progetto Martha Argerich Presents e direttore artistico del Concorso Internazionale “Giovanni Bottesini”. Viene regolarmente invitato ad esibirsi come Di- rettore e solista da orchestre tra le quali: la Dallas Symphony Orchestra, la Mendelsshon Chamber Orchestra, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, l’Orchestra di Padova e del Veneto, la NYSO Orchestra Nazionale Giovanile Inglese, il Maggio Musicale Fiorentino, I Virtuosi Italiani, l’Orchestra della Svizzera Italiana, la Napa Valley Symphony Orchestra, l’Orchestra Nazionale del Paraguay, la Bilkent Symphony Orchestra, l’Orchestra Municipale di Rosario. Recentemente ha diretto l’Opera Cosi fan tutte di Mozart presso la Kammeroper di Monaco di Baviera e una serie di concerti in Svizzera, Italia, Germania e Stati Uniti con soli- sti di rilievo quali Christoph Hartmann (Berliner Philharmo- niker), Marco Zoni e Simonide Braconi (prime parti del Te- atro alla Scala di Milano) e i cantanti Vladimir Stoyanov e Amarilli Nizza. E’ docente presso il Conservatorio della Svizzera Italiana ed è regolarmente invitato a tenere masterclass nelle più im- portanti istituzioni mondiali quali la Juilliard School di New York, la Manhattan School of Music, la Jerusalem Academy, la Royal Academy di Londra, il Conservatorio Superiore di Parigi CNSMDP, il Mozarteum di Salisburgo, la Royal Danish Academy di Copenhagen, la Toho Gakuen School of Music di Tokyo e molte altre.
Prima di iniziare la sua carriera come direttore d’orchestra ha avuto l’opportunità di suonare per quindici anni il grande repertorio Sinfonico e Operistico come Primo contrabbas- so dell’orchestra della Svizzera Italiana e con alcune tra le più grandi Istituzioni quali l’Orchestra del Teatro alla Scala, l’Orchestra Sinfonica di Lucerna, l’Orchestra del Teatro Re- gio di Torino, il Festival Strings Lucerne, l’Orchestra dell’Ac- cademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma e la NHK Symphony Orchestra di Tokio, sotto la direzione di alcuni tra i più grandi direttori del no- stro tempo tra cui Lorin Mazeel, Nello Santi, Christian Thie- lemann, Bernard Haitink, Daniel Gatti. Si diploma giovanissimo con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Piacenza con Leonardo Colonna, perfe- zionandosi poi con maestri di fama internazionale fra cui Franco Petracchi e Klaus Stoll. Ha studiato Composizione con Jorge Bosso e direzione d’orchestra alla scuola “Clau- dio Abbado” di Milano e in seguito con il famoso didatta Jorma Panula a Helsinki (Panula Academy) che lo spingerà a intraprendere la carriera di direttore. Inoltre, si avvale dei preziosi consigli del famoso direttore Semyon Bychkov che ha avuto modo di seguire in diverse produzioni. Foto di Adriano Heitmann
Martha Argerich Martha Argerich è nata a Buenos Aires (Argentina). Ha pre- so le sue prime lezioni di piano all’età di cinque anni con Vincenzo Scaramuzza e, considerata una bambina prodi- gio, ha presto iniziato a esibirsi in pubblico. Nel 1955 si è trasferita in Europa per proseguire gli studi a Londra, Vien- na e in Svizzera con Bruno Seidlhofer, Friedrich Gulda, Niki- ta Magaloff, con la signora Lipatti e con Stefan Askenase. Nel 1957 ha vinto i Concorsi Pianistici Internazionali di Bol- zano e Ginevra e nel 1965 il Concorso Internazionale Cho- pin di Varsavia. Da allora, è una delle pianiste più importanti al mondo sia per popolarità che per abilità. Seppure per temperamento e tecnica sia particolarmente adatta a interpretare le pagine virtuosistiche del XIX e XX secolo (interpretazioni che l’hanno resa famosa in tutto il mondo), rifiuta di considerarsi come specialista di una particolare epoca. Il suo vasto repertorio infatti comprende Bach e Bartok, Beethoven e Messiaen, così come Chopin, Schumann, Liszt, Debussy, Ravel, Franck, Prokof’ev, Stravin- skij, Šostakovič, Čajkovskij e molti altri ancora. Viene regolarmente invitata dalle più importanti e presti- giose orchestre, direttori d’orchestra e festival musicali in Europa, Giappone e America, ma anche la musica da came- ra esercita un ruolo importante nella sua carriera. Suona e incide regolarmente con Nelson Freire, Alexandre Rabino- vitch, Mischa Maisky, Gidon Kremer e Daniel Barenboim; riferendosi a queste collaborazioni ha dichiarato: «Questa armonia all’interno di un gruppo di persone mi dà una sen- sazione forte e pacifica». Martha Argerich ha inciso per EMI, Sony, Philips, Teldec, DGG e molte delle sue esibizioni sono state trasmesse in te- levisione in tutto il mondo. Ha ricevuto numerosi riconosci- menti: il Grammy Award per i concerti di Bartok e Prokof’ev, il Gramophon come Artist of the Year e la Migliore incisio-
ne di un concerto per pianoforte dell’anno per i concerti di Chopin, il premio Choc assegnatole da Le Monde de la Musique per il suo recital ad Amsterdam, l’Artista classico dell’anno della Critica Discografica Tedesca (Klassik-Küns- tler des Jahres Preis der deutschen Schallplattenkritik) nel 1999, il Grammy Award per la Cenerentola di Prokof’ev con Mikhael Pletnev, il Grammy Award per i Concerti n. 2 e n. 3 di Mahler con la Chamber Orchestra diretta da Claudio Abba- do (DGG / Best Instrumental Soloist Performance), il premio Musician of the Year di Musical America nel 2001, il Sunday Times - Record of the Year e il BBC Music Magazine Award per la sua incisione di Šostakovič (EMI - 2007). In questi ul- timi anni ha inciso i Concerti di Mozart n. 20 K466 e n. 25 K503 con l’Orchestra Mozart diretta da Claudio Abbado, e Piano Duos con Daniel Barenboim (Mozart, Sonata per due pianoforti K448; Schubert, Variazioni su un tema originale D 813; Stravinskij, The Rite of Spring), entrambi per Deutsche Grammophon. Martha Argerich ha ricevuto numerose onorificenze du- rante la sua carriera, nel 1996 è stata nominata Officier de l’Ordre des Arts et Lettres dal Governo Francese, Accademi- ca di Santa Cecilia a Roma nel 1997, nel 2004 Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministro della Cultura e delle Comunicazioni del Governo Francese, nel 2005 le è stato conferito l’Ordine del Sol Levante dall’Imperatore del Giappone, oltre al prestigioso Praemium Imperiale della Ja- pan Arts Associations e, nel dicembre 2016, i Kennedy Cen- ter Honors dal Presidente degli Sati Uniti d’America Barrack Obama, per il suo contributo all’arte e alla cultura. Dal 1998 è direttore artistico del Beppu Festival in Giappo- ne, nel 1999 ha creato il Concorso pianistico internazionale e il Festival Martha Argerich a Buenos Aires, e nel giugno 2002 il Progetto Martha Argerich a Lugano. Foto di Adriano Heitman
Partecipano al concerto Violini primi Viole *Alessandro Milani *Luca Ranieri (di spalla) Matilde Scarponi °Marco Lamberti Giovanni Matteo Brasciolu °Giuseppe Lercara Giorgia Cervini Antonio Bassi Federico Maria Fabbris Constantin Beschieru Riccardo Freguglia Lorenzo Brufatto Alberto Giolo Irene Cardo Agostino Mattioni Aldo Cicchini Davide Ortalli Patricia Greer Clara Trullén-Sáez Valerio Iaccio Greta Xoxi Martina Mazzon Elena Favilli Enxhi Nini Fulvia Petruzzelli Violoncelli Francesco Punturo *Massimo Macrì Matteo Ruffo Marco Dell’Acqua Elisa Papandrea Ermanno Franco Stefano Blanc Violini secondi Eduardo dell’Oglio *Roberto Righetti Amedeo Fenoglio Valentina Busso Michelangiolo Mafucci Enrichetta Martellono Carlo Pezzati Pietro Bernardin Fabio Storino Roberto D’Auria Livia Rotondi Michal Ďuriš Rodolfo Girelli Contrabbassi Paolo Lambardi *Elio Veniali Isabella Tarchetti Silvio Albesiano Carola Zosi Antonello Labanca Giorgia Burdizzo Alessandro Belli Claudia Curri Friedmar Deller Lorenzo Gugole Pamela Massa Cristiana Vianelli Vincenzo Antonio Venneri Federico Marchesano Flauti *Giampaolo Pretto Luigi Arciuli
Ottavino Trombone basso Fiorella Andriani Gianfranco Marchesi Oboi Tuba *Francesco Pomarico Matteo Magli Sandro Mastrangeli Timpani Corno inglese *Biagio Zoli Teresa Vicentini Percussioni Clarinetti Carmelo Giuliano Gullotto *Luca Milani Alberto Occhiena Graziano Mancini Emiliano Rossi Matteo Flori Fagotti Andrea Montori *Andrea Corsi Mauro Monguzzi Arpa *Margherita Bassani Corni *Gabriele Falcioni Pianoforte e Celesta Marco Panella *Fulvio Raduano Marco Peciarolo Paolo Valeriani Trombe *Roberto Rossi Ercole Ceretta Daniele Greco D’Alceo Tromboni *Diego Di Mario *prime parti Devid Ceste °concertini Alessandro Milani suona un violino Carlo Ferdinando Landolfi del 1751 messo a disposizione dalla Fondazione Pro Canale di Milano.
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8 1-2/2 venerdì 1 febbraio 2019 ore 20.00 sabato 2 febbraio 2019 ore 20.30 James Conlon direttore Giuseppe Albanese pianoforte Giuseppe Martucci Concerto n. 2 in si bemolle minore per pianoforte e orchestra op. 66 Leone Sinigaglia Hora Mystica per archi Leone Sinigaglia Le Baruffe Chiozzotte, Ouverture op. 32 Ottorino Respighi Pini di Roma, poema sinfonico SINGOLO CONCERTO INGRESSO BIGLIETTERIA Poltrona numerata: Posto non assegnato: via Rossini, 15 30.00 €, 28.00 €, 26.00€ da 20,00 € a 9,00 € 011.8104653 15.00€ (ridotto Under35) (ridotto Under35) biglietteria.osn@rai.it www.osn.rai.it
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