LA PRIMA GUERRA MONDIALE - MATURANSIA.it

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LA PRIMA GUERRA MONDIALE.
LE CAUSE DELLA GRANDE GUERRA:
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento il nazionalismo era stato cruciale per
legare le masse allo Stato, proiettando fuori dai confini nazionali le tensioni che agitavano
la società, e aveva permesso di attenuare i conflitti di classe, agevolando il controllo
sociale, ma aveva anche instillato una marcata aggressività verso l’esterno.
Il positivismo e le scoperte scientifiche avevano segnato un netto miglioramento della
qualità della vita e un profondo rinnovamento della cultura e della scienza, ma avevano
incubato anche i germi del razzismo e della xenofobia. La libera concorrenza aveva
spalancato nuovi mercati, ma aveva prodotto anche un’esaltazione della competizione
economica. Le innovazioni della seconda rivoluzione industriale avevano favorito uno
sviluppo economico, ma avevano messo a punto anche le prime arme di distruzione di
massa. Lo Stato era intervenuto nell’economia assumendo per la prima volta la tutela degli
interessi pubblici, ma questo aveva anche dilatato le spese militari.
LA CORSA AGLI ARMAMENTI:
All’ombra dei conflitti innescati dalla competizione imperialistica, si era sviluppata
un’affannosa corsa agli armamenti. La Gran Bretagna, ad esempio, investì cifre sempre più
ingenti e questo favorì la sua flotta. Il dominio dei mari era un’assoluta priorità strategica.
L’ESPANSIONISMO TEDESCO:
Tutti i principali protagonisti della Prima Guerra Mondiale, vissero gli anni della vigilia in
modo tale da rendere quasi inevitabile lo scoppio delle ostilità. Le forze che erano state
protagoniste della costruzione dell’impero tedesco, diventarono sostenitrici di una politica
estera più aggressiva e a vasto raggio. Quando nel 1888 salì al trono Guglielmo II, queste
forze imperialiste trovarono il proprio punto di raccordo nel pangermanesimo, ossia nel
progetto della creazione di una grande Germania, capace di estendere i propri confini fino
a contenervi tutti i popoli tedeschi sparsi per l’Europa. L’allestimento di una potentissima
flotta da guerra, fu il segnale più esplicito delle ambizioni della Germania.
LA RIVALITA’ ANGLO-TEDESCA:
Gli storici sono propensi a ritenere la rivalità tra Germania e Gran Bretagna come le vera
causa del conflitto mondiale. L’Inghilterra aveva assunto una posizione difensiva, che
mirava a preservare la sua leadership mondiale, mentre l’aspirazione della Germania era
quella di diventare una potenza globale. Dal punto di vista inglese, la costruzione di una
flotta da parte della Germania era una minaccia diretta poiché il controllo degli oceani era
una risorsa strategica vitale.
LE DIFFICOLTA’ DEGLI IMPERI MULTINAZIONALI:
L’Impero Ottomano su scosso dall’ascesa al potere dei Giovani turchi, un movimento
politico costituito da intellettuali e militari, che si era adoperato per rafforzare l’esercito.
I Giovani turchi nel 1908 organizzarono un’insurrezione militare, in seguito alla quale
ottennero un regime costituzionale. Questa fase di transizione, acuì le aspirazioni
indipendentistiche e i progetti espansionistici dei popoli slavi e delle potenze europee.
L’Austria-Ungheria decise di annettere al proprio territorio la Bosnia-Erzegovina. Questo
passo creò scontento nella Serbia e nella Russia. Nello stesso anno, Creta fu annessa dalla
Grecia mentre la Bulgaria ottenne il riconoscimento internazionale della propria
indipendenza. In seguito alla guerra persa con l’Italia, l’impero ottomano fu costretto a
cedere anche la Libia e il Dodecaneso. Si succedettero poi due guerre balcaniche.
LA RUSSIA ALL’INIZIO DEL NOVECENTO:
Tra i moti rivoluzionari che alimentarono la Prima Guerra Mondiale, fu quello russo del
1905 ad avere le maggiori conseguenze. Alla fine dell’Ottocento, l’Impero zarista era una
grande potenza grazie a tre elementi: la vastità del territorio, il numero degli abitanti e la
forza militare. Il problema principale erano i 100 milioni di contadini oppressi da tasse
elevate e povertà. I contadini erano organizzati in comunità di villaggio che
amministravano i territori dividendoli in quote per famiglie; ma la terra a disposizione non
era abbastanza e le tasse non si potevano evadere. Durante il regno degli zar Alessandro III
e Nicola II, fu proprio questo denaro ad alimentare lo sviluppo industriale. Sul piano
politico la Russia conservava un regime politico autocratico e reazionario.
LA RIVOLUZIONE DEL 1905:
In Russia cominciarono ad affermarsi i primi partiti: il Partito costituzionale democratico,
che rappresentava la borghesia e i nobili progressisti; e i socialisti rivoluzionari, radicati
nelle campagne e promotori di rivolte contadine. Sia nelle fabbriche, sia nelle campagne, le
tensioni sociali innescate dal processori modernizzazione esplosero nel 1905: lo zar fu
costretto a concedere alcune riforme. Fu istituito un parlamento, la Duma, e furono
concesse libertà politiche e civili. Il primo ministro varò anche una riforma agraria che
prevedeva la frantumazione del mir; nasceva cosi un ceto di contadini ricchi. Per rafforzare
il proprio potere, lo zar alimentò una vivace rinascita del nazionalismo.
I PROTAGONISTI FUORI DALL’EUROPA:
Tra i protagonisti della Prima Guerra Mondiale fuori dall’Europa, soltanto due ebbero un
ruolo significativo: Stati Uniti e Giappone. Gli USA furono l’unica potenza extraeuropea in
grado di mettere in capo risorse economiche e apparati militari tali da aspirare ad un posto
di rilievo negli equilibri mondiali. Il paese era stato attraversato da uno sviluppo impetuoso
che lo portò ad essere il primo produttore di ferro, carbone, petrolio, rame e argento.
Inoltre gli Stati Uniti potevano usufruire delle risorse di un’immigrazione massiccia che li
trasformò in un melting pot. L’economia restava ancora rurale ma grazie alle tecnologie
avanzate, in grado di produrre una grande ricchezza. Già alla fine dell’Ottocento questa
prorompente forza economica iniziò a tradursi in un progetto di dominio mondiale.
IL GIAPPONE:
Il Giappone era stato in grado di partecipare alla competizione imperialistica grazie alla sua
capacità di imprimere una brusca accelerazione al processo di modernizzazione delle
proprie strutture. Alla fine dell’Ottocento, una serie di riforme disintegrò il volto del
vecchio Giappone, investendo istituzioni importanti come la pubblica amministrazione, la
scuola, l’esercito. Ad alimentare la modernizzazione fu soprattutto l’incremento della
produzione agricola. Furono inoltre i grandi gruppi economici privati, i protagonisti di
questa trasformazione, controllando una miriade di filiali industriali e finanziarie.
L’imperatore conservava poteri illimitati e le caste militari rimanevano indipendenti
dall’autorità politica. Il Giappone si ispirò ai modelli occidentali anche in una politica estera
aggressiva, dotandosi di un imponente flotta da guerra.
L’INIZIO DELLA GUERRA:
Il 28 Giugno 1914 a Sarajevo, Bosnia, lo studente serbo-bosniaco Gavrilo Princip uccise
l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco. Dal 1903, sul trono di Serbia era
salito Pietro I, fautore di un ambizioso progetto di unificazione di tutti gli slavi della
regione, che contava sull’appoggio della Russia. Per queste ragioni, l’annessione della
Bosnia-Erzegovina da parte dell’Austria era stata causa di frizione con la Serbia. Tutti
diedero per scontata una reazione austriaca che puntualmente arrivò.
Il 23 Luglio l’Austria inviò alla Serbia una nota di protesta che esigeva la fine della
propaganda antiaustriaca, l’arresto di alcuni sospettati, la partecipazioni di propri poliziotti
alle indagini sull’attentato, poi, nonostante la Serbia avesse accettato molte di queste
richieste, il 28 Luglio dichiarò guerra. Seguì una vera e propria reazione a catena:
- il 30 Luglio la Russia ordinò la mobilitazione generale;
- il 1 Agosto la Russia dichiarò guerra agli imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria);
- il 3 Agosto la Germania dichiarò guerra alla Francia;
- il 4 Agosto la Gran Bretagna entrò in guerra a fianco della Francia e della Russia.
I duellanti erano quindi: Imperi Centrali (Germania e Austia-Ungheria) contro la triplice
intesa (Russia, Francia, Gran Bretagna).
Nel 1914 entrarono in guerra: Giappone a favore dell’Intesa e l’impero Ottomano a favore
degli Stati Centrali; nel 1915, l’Italia che si schierò con l’Intesa e sul fronte opposto, la
Bulgaria; nel 1916 la Romania seguita nel 1917 da altri sostenitori dell’Intesa: Stati Uniti,
Cina e Grecia.
I FRONTI DI GUERRA:
In Europa i fronti principali di guerra furono due: quello occidentale, dove combatterono i
tedeschi contro inglesi e francesi; e quello orientale dove si scontrarono la Germania e
l’Austria-Ungheria contro la Russia e la Serbia. Successivamente con l’entrata in guerra di
altre potenze, furono aperti altri fronti fuori dal suo confine. I fronti di guerra si estesero
anche agli oceani dove la Gran Bretagna grazie alla sua flotta giocò un ruolo fondamentale:
bloccare i rifornimenti marittimi agli imperi centrali (guerra sottomarina illimitata
dichiarata dalla Germania estesa anche ai paesi neutrali diretti ai porti francesi o inglesi).
IL FRONTE OCCIDENTALE:
Fu sul fronte occidentale che si iniziò a sparare. La Germania per non essere impegnata su
due fronti attaccò la Francia. Il piano Schlieffen prevedeva l’invasione della Francia
passando per il Belgio e il Lussemburgo. I due piccoli stati erano neutrali ma questo non
impedì ai tedeschi di occuparli. La travolgente offensiva tedesca si arrestò soltanto sul
fiume Marna, in una grande battaglia che si trasformò in una carneficina. Dopo un’altra
terribile battaglia combattuta nelle Fiandre, il fronte si stabilizzò lungo una linea di 800 km
estesa dal canale della Manica alla Svizzera.
IL FRONTE ORIENTALE:
Anche sul fronte Orientale l’iniziativa dell’attacco fu presa dai tedeschi, che nei primi giorni
di guerra fecero registrare due importanti vittorie contro l’esercito russo nelle battaglie di
Tannenberg e dei laghi Masuri; i russi invece sconfissero gli austriaci in Galizia. Nella
primavera del 1915 proprio dalla Galizia partì una offensiva degli Imperi Centrali che
costrinse l’esercito zarista ad arretrare fino alla Beresina. Anche questo fronte si stabilizzò.
La sconfitta dei russi e il fallimento della spedizione anglo-francese ebbero ripercussioni sul
fronte balcanico: la Serbia accerchiata dalla Bulgaria e dall’Austria fu travolta, poi toccò ad
un altro alleato dell’intesa, la Romania. Inattesa fu invece la vittoria dell’esercito Russo.
Alla fine del 1916 nessuno dei due schieramenti aveva conseguito vittorie decisive.
L’ITALIA: DALLA NEUTRALITA’ ALLA GUERRA:
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l’Italia era ancora legata agli imperi centrali della
triplice alleanza, aveva però un valore esclusivamente difensivo. Poiché era stata l’Austria a
proclamare guerra alla Serbia, prima l’Italia si dichiarò neutrale, poi si schierò contro la
Germania e l’Austria-Ungheria. I neutralisti rappresentavano un vasto schieramento
politico in cui confluivano liberali giolittiani, socialisti e la maggioranza dei cattolici; ad
affollare il fronte opposto erano invece sindacalisti rivoluzionari, nazionalisti e liberali di
destra. Entrambe erano coalizioni ideologicamente variegate: nella prima convivevano
pacifismo cattolico e internazionalismo proletario del movimento socialista; nella seconda
si intrecciavano i nazionalisti e le aspirazioni dei sindacalisti rivoluzionari. A sostegno della
guerra dopo un’iniziale neutralità, si schierò Benito Mussolini. I neutralisti avevano la
maggioranza in parlamento ma i nazionalisti erano capaci di accendere le piazze. Alla fine
decisiva per lo schieramento affianco all’Intesa fu l’iniziativa della monarchia e del governo
Salandra che vedevano nella guerra un modo per riorganizzare la scala sociale. Colloqui
segreti portarono a stipulare il trattato di Londra; l’Italia si impegnava ad entrare in guerra
in cambio di Trentino, Alto Adige, Venezia Giulia e Istria, di gran parte della Dalmazia, di
Valona e delle isole del Dodecaneso.
SULL’ISONZO E SUL CARSO: IL FRONTE MERIDIONALE:
Le truppe italiane iniziarono le ostilità contro l’esercito Austro-ungarico il 24 Maggio 1915
attaccando sul fiume Isonzo e sull’altopiano del Carso. Il piano del generale Luigi Cadorna si
basava sul tentativo di forzare lo sbarramento austriaco e aprirsi la strada verso i Balcani e
il Mediterraneo e porre le premesse territoriali per la trasformazione dell’Italia in una
grande potenza. Con la stabilizzazione del fronte anche questa guerra di movimento si
trasformò in una guerra di posizione e di trincea.
IL FRONTE MEDIORIENTALE E IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI:
Nel Medio Oriente, per indebolire la resistenza dell’Impero Ottomano, la Gran Bretagna e
la Francia promisero l’indipendenza ai popoli arabi a essi soggetti promuovendo una vasta
guerriglia antiturca. Queste promesse non erano però del tutto sincere: segretamente
Francia, Russia, Gran Bretagna e Italia si accordarono per spartirsi quei territori dopo la
guerra. Inoltre con la dichiarazione Balfour del 1917, il governo inglese fece balneare agli
ebrei sionisti la possibilità di avere una loro sede nazionale in Palestina. Nelle retrovie del
fronte orientale si ebbe uno dei risvolti più tragici della guerra. Con l’avvento al potere dei
giovani turchi a capo dell’impero ottomano,il progetto della costruzione di uno stato
etnicamente omogeneo portò al liquidare diverse etnie. Di questo genocidio, gli armeni
furono le vittime più numerose.
LA MORTE DI MASSA:
Dopo soli due anni su tutti i fronti erano già emersi i tratti che fecero della Prima Guerra
Mondiale un’esperienza unica. Tra il 1914 e il 1918 a causa dei combattimenti morirono
circa 9 milioni di uomini e tra i 30 e i 40 furono feriti. Cifre enormi a cui vanno aggiunti
altrettanti milioni di vittime provocate dalla miseria, dalla fame e dalle malattie.
LA TRINCEA:
Scavate nella roccia, nel fango e nella sabbia, le trincee furono il simbolo della morte di
massa. Chilometri e chilometri di buche e fossati in cui centinaia di migliaia di uomini si
affollavano, vivevano e soprattutto morivano. Uno dei concetti tattici basilari usati dagli
eserciti nei primi due anni di guerra fu infatti l’impiego dei medesimi reparti fino al
conseguimento del risultato utili: le truppe dovevano sapere che non ci sarebbe stato
riposo fino a quando non avessero conseguito la propria missione. Le conseguenze di
questo criterio erano gravissime: una disponibilità ridotta di uomini freschi al momento
dell’attacco, un clima di esasperazione, una ripetizione ossessiva e meccanica degli
attacchi, una disperata volontà di auto annientamento.
LA GUERRA DEI SOLDATI:
Sulla testa dei soldati si schiantavano granate e proiettili di cannoni di grosso calibro. In
questo sconvolgente impatto con la realtà della nuova guerra tecnologica e moderna, i
soldati impararono a morire ma anche ad uccidere. I combattenti diventarono partecipi di
un’esperienza che plasmava tutti secondo tratti comuni, che comprendevano anzitutto un
senso di estraniazione psicologica e sociale nei confronti delle abitudini della vita civile.
Nelle trincee si viveva anche con i cadaveri, il tanfo della decomposizione pervadeva il
fronte intero.
LE NUOVI ARMI:
Un altro tratto che contraddistinse la prima guerra mondiale fu la straordinaria efficienza
tecnologica delle armi. In particolare il potenziale distruttivo più alto fu quello
dell’artiglieria. Molto efficienti si rivelarono anche le mitragliatrici. Gli straordinari
progressi della chimica permisero l’invenzione di terrificanti armi: gli esplosivi ad alto
potenziale e i gas tossici. Fu in quella guerra che si sperimentarono nuovi strumenti di
offesa come l’aereo, il carro armato e i sottomarini.
L’INDUSTRIA E IL RUOLO DELLO STATO:
Proprio lo sviluppo di armi cosi distruttive evidenziò come la vittoria dipendeva dal
potenziale economico-industriale dello stato. In questo senso, la prima guerra mondiale,
servì all’Italia per dotarsi di un adeguata industria meccanica. Con i profitti aumentarono
anche l’occupazione e la produzione di tipo militare e civile (ad esempio le automobili) con
il decollo di un industria aereonautica competitiva a livelli internazionali.
L’intervento dello stato nell’economia conobbe un’espansione senza precedenti in tutti i
paesi coinvolti nel conflitto. Per sostenere il rafforzamento degli apparati industriali,lo
stato divenne il principale committente. Per alimentare la spesa pubblica si imposero
nuove tasse, si chiesero prestiti internazionali, fu stampata una valanga di carta moneta
che provocò un’impennata dell’inflazione. Affiorò un’economia basata su un rapporto
triangolare di collaborazione tra Stato, industriali e sindacati.
LA POLITICA:
Lo stato di guerra provocò in tutti i paesi una diminuzione del potere dei parlamenti e
l’aumento di quello dei governi e dei militari. Anche in Italia si varò un governo di unità
nazionale guidato da Paolo Boselli. I paesi dove si ebbero le limitazioni più forti furono
quelli dove i poteri del parlamento erano sempre stati deboli: la Germania e l’Austria-
Ungheria.
IL FRONTE INTERNO:
Il controllo imposto sulla società riguardò anche la stampa che fu sottoposta a un’attenta
censura, finalizzata a diffondere un’immagine eroica della guerra tacendo gli aspetti più
cruenti. Al controllo della stampa si affiancò un’azione di propaganda che attraverso
giornali, manifesti murali, cartoline, richiamava la popolazione civile a fare
disciplinatamente la propria parte per sostenere lo sforzo bellico, nel lavoro, nella
sottoscrizione per raccogliere fondi, nella sopportazione dei lutti e dei sacrifici. Con gli
uomini mandati al fronte, la maggior parte dei destinatari di questi messaggi erano le
donne. Le donne divennero infermiere e dovettero sostituire gli uomini nei campi e nelle
fabbriche.
IL 1917, LA RIVOLUZIONE IN RUSSIA E L’INTERVENTO DEGLI STATI UNITI:
STANCHEZZA E MALCONTENTO:
Le popolazioni civili furono direttamente interessate alla guerra anche perché subirono le
sue ripercussioni nella vita quotidiana. Ad esempio il blocco navale attuato dall’Intesa
strangolò l’economia tedesca. Nell’inverno 1916 un pessimo raccolto di patate, alimento
base della popolazione, rese la situazione alimentare drammatica: oggi si calcola che un
milione di tedeschi sia morto per cause legate alla fame e alla sottoalimentazione. Anche in
Italia le condizioni alimentari diventarono difficili. In alcune zone la razione giornaliera di
pane scese a 125 g e spesso dalla dieta erano del tutto assenti i grassi. Talora la rabbia
popolare per questa situazione esplose in aperte rivolte lasciando emergere una chiara
richiesta di pace. Le grandi coalizioni patriottiche si sfaldarono. La popolazione civile in
diversi stati diede vita a scioperi e sommosse. Tra tutte le voci di protesta, la più clamorosa
fu quella di papa Benedetto XV che condannò apertamente la guerra definendola
un’inutile strage.
L’ITALIA IN GUERRA:
LA DISFATTA DI CAPORETTO:
Per l’Italia, il 1917 fu un anno particolarmente drammatico per la gravissima sconfitta di
Caporetto. Il 24-26 ottobre l’esercito italiano, attaccato da ingenti truppe austro-tedesche,
dovette ripiegarsi abbandonando al nemico il Friuli e parte del Veneto. Gli Austriaci
penetrarono in profondità in un’offensiva che si fermò solo sulla linea del fiume Piave. In
un solo colpo, gli italiani persero tutti i vantaggi territoriali faticosamente strappati in due
anni di guerra. Per preparare la resistenza e la riorganizzazione dell’esercito, il nuovo
governo, a Boselli era subentrato Orlando, fece grandi promesse ai contadini in armi quali
l’assegnazione di terre, l’assistenza delle famiglie, facilitazioni sulle licenze, aumentò il
vitto, rinnovò l’equipaggiamento. L’industria lavorò a ritmi sterrati per colmare i vuoti delle
perdite subite. Gli Austriaci furono fermati. Il generale Armando Diaz, successore di
Cardona ebbe un compito fondamentale: colmare l’abisso che la sconfitta aveva scavato
tra ufficiali e soldati.
LA VITTORIA FINALE:
Ora, si faceva leva non più sull’espansione territoriale, ma sulla necessità di difendere il
territorio nazionale invaso dal nemico. Ci si rivolgeva alle varie popolazioni dell’impero
austro-ungarico, alla ricerca del loro aiuto politico-militare in una sorta di guerra di
liberazione nazionale da condurre al fianco del nostro esercito. Anche i criteri operativi dei
militari si adeguarono alla nuova fase: all’offensivismo di Caradona si sostituì la strategia
difensiva di Diaz. Le truppe italiane diedero segni di ripresa e questi divennero evidenti con
la battaglia del Piave e l’offensiva finale, scatenata il 24 ottobre e conclusasi
vittoriosamente con la rotta generale delle truppe austriache a Vittorio Veneto e su tutto il
fronte. Il 4 novembre 1918 fu firmato l’armistizio che sancì la fine delle ostilità e la vittoria
italiana.
LE CIFRE DELLA GUERRA:
In poco più di tre anni di guerra, dalla parte italiana caddero 16800 ufficiali e 57100 soldati.
Era morto un ufficiale ogni 34 soldati. Tra le varie armi, la fanteria era stata quella più
colpita. Per quanto riguarda l’estrazione sociale, una statistica particolare, quella degli
orfani, vedeva al primo posto le famiglie contadine seguite da quelle degli operai non
agricoli. Il prezzo pagato dalle classi più povere era nettamente più alto di quello delle altre
classi.

DALLA GUERRA ALLA PACE:
LA DISFATTA DEGLI IMPERI CENTRALI:
Negli stessi giorni della vittoria italiana, la guerra stava finendo anche sugli altri fronti. Su
quello occidentale i tedeschi attaccarono in massa nelle regioni della Piccardia e dello
Champagne. Le truppe anglo-francesi, rafforzate da un contingente americano di un
milione di uomini, respinsero gli attacchi e scatenarono una controffensiva, costringendo i
tedeschi a ritirarsi dal Belgio e dalla Francia. Dopo la battaglia di Amiens, le speranze di
vittoria della Germania si dileguarono definitivamente. Sugli altri fronti gli alleati della
Germania furono sconfitti uno dopo l’altro.
LA RESA DELLA GERMANIA:
Solo la Germania rimase ancora in piedi. Furono i rivolgimenti interni a sancirne il crollo
definitivo: il 30 ottobre 1918 si ammutinarono i marinai della flotta e il moto rivoluzionario
si propagò immediatamente a Brema, Amburgo, Lubecca e Berlino. Il 9 Novembre a Berlino
fu proclamata la repubblica. Il nuovo governo firmò l’armistizio l’11 Novembre 1918. La
guerra era finita esattamente come era iniziata: alle operazioni militari si intrecciavano
rivolgimenti interni, spinte indipendentistiche e moti rivoluzionari. Dopo poco tempo la
Germania crollò sotto l’urto della crisi politica interna. Appariva ormai chiaro che la guerra
non era legata soltanto ad aspirazioni di conquista territoriale, ma anche a progetti politici
di trasformazioni della società.
LA PACE: I RISULTATI
La conferenza di pace si aprì a Parigi il 18 Gennaio 1919 con la partecipazione dei
trentadue stati vincitori e senza i rappresentanti dei paesi sconfitti. Ci furono 14 punti
elaborati da Wilson: pace definitiva, libero scambio, libertà di navigazione fuori dalle acque
territoriali, disarmo, rispetto delle nazionalità e del diritto dei popoli dell’autodecisione,
costituzione di un’associazione generale delle nazioni in senso alla quale dovevano essere
discussi e risolti pacificamente i dissidi internazionali. In realtà la pace fu modellata
secondo gli interessi nazionali. Il trattato di pace con i tedeschi fu firmato a Versailles il 18
Giugno 1919. La Germania fu costretta a:
- cedere tutte le colonie;
- restituire l’Alsazia e la Lorena alla Francia, perdendo anche l’Alta Slesia, la Posnania e il
corridoio di Danzica in favore della Polonia; i distretti di Eupen e Malrndv furono dati al
Belgio;
- pagare pesantissime riparazioni di guerra;
- concedere alla Francia per quindici anni il bacino minerario della Saar.
Alla Germania fu inoltre imposto:
- il divieto di costruire aeroplani, artiglieria pesante e carri armati;
- l’obbligo di smilitarizzare la Renania;
- l’abolizione della coscrizione obbligatoria e la riduzione dell’esercito.
La pace tra l’intesa e l’Austria venne firmata il 10 Settembre 1919: dalle macerie
dell’Impero asburgico nascevano stati indipendenti: l’Austria, l’Ungheria, la Cecoslovacchia
e la Iugoslavia. Anche l’impero ottomano si dissolse, con la Turchia ridotta alla sola
Costantinopoli e all’Anatolia settentrionale. Fu infine varata la Società delle Nazioni, con
sede a Ginevra; ne restò esclusa la Germania.
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