RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - venerdì 14 febbraio 2020

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 14 febbraio 2020

(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Sanità in affanno per liste d'attesa pronto soccorso e malati cronici (M. Veneto e Piccolo, 5 articoli)
Appalti, la centrale unica fa risparmiare 50 milioni (M. Veneto)
«Arriva la norma per far lavorare i soggetti più deboli» (M. Veneto)
Traffico container record per il Porto di Trieste e treni a quota 10 mila (Piccolo, 2 articoli)
La legge Bini non convince tutti. Il Pd: nessuna risposta alle crisi (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Scade la "cassa" alla Lavinox. Tutto si deciderà tra 6 giorni (M. Veneto Pordenone)
Savio, preoccupa il calo produttivo. Sempre meno soldi per i dipendenti (M. Veneto Pordenone)
Assunzioni negli ospedali con i concorsi. Le case di riposo restano senza infermieri (M. Veneto Pn)
Trasloco al Carniello, incertezze sui tempi. Sindacato all'attacco (M. Veneto Pordenone)
Dipendenti senza paga alla Dm: oggi sciopero (M. Veneto Udine)
«La muffa è ancora sui muri»: il sindacato scrive al prefetto (M. Veneto Udine)
Nostra Famiglia, sit-in per il nuovo contratto (M. Veneto Udine)
Sempre più lavoro per i pompieri: «Serve un presidio attivo 24 ore» (M. Veneto Udine)
Il Cara di Gradisca è sguarnito. Senza la Minerva rischia lo stop (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Una nuova ala per 50 detenuti. «Ma personale insufficiente» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Il flashmob delle Sardine a base di abbracci ai passanti (Piccolo Trieste)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Sanità in affanno per liste d'attesa pronto soccorso e malati cronici (M. Veneto)
Elena Del Giudice - Tra riforme e controriforme la sanità soffre degli stessi mali di sempre. Un
finanziamento - in crescita costante e che intercetta oltre il 50% del bilancio del Fvg - che resta sbilanciato
sugli ospedali (60% contro 40% al territorio); le liste d'attesa, che continuano in molti casi ad essere
"eterne"; l'intasamento dei pronto soccorso da richieste improprie (i cosiddetti codici bianchi e verdi) che
non trovano, evidentemente, risposta altrove; il mancato coordinamento nella continuità assistenziale (non
sempre chi viene dimesso dall'ospedale ha un percorso definito per la continuità delle cure, sono
insufficienti le strutture in grado di esercitare la funzione respiro ecc.); la pianificata crescita del ruolo del
"privato"; il tema del personale della sanità regionale; l'assenza di chiarezza sugli obiettivi della nuova
riforma (ad esempio, sono scomparsi i Cap, i Centri di assistenza primaria, ma da cosa verranno sostituiti?).
È l'elenco - parziale - dei temi oggetto della conferenza stampa di ieri dei vertici della Cisl Fvg, Fp Cisl e Fnp
Cisl, ovvero la segreteria regionale confederale con Luciano Bordin, il responsabile della sanità della
funzione pubblica, Nicola Cannarsa, e il segretario regionale dei pensionati Cisl, Renato Pizzolitto.
Destinatario delle riflessioni,e delle proposte, dei sindacati, l'assessore regionale alla Salute, Riccardo
Riccardi, e la direzione centrale Salute, con la direttrice Gianna Zamaro.Sostanzialmente una la richiesta:
l'avvio di un confronto con la Regione, possibilmente unitario, con la partecipazione, dunque, anche di Cgil
e Uil, «non sporadico ma calendarizzato che dia l'avvio a tavoli di discussione tematici in grado di produrre
soluzioni». Rimarcando la necessità «di accelerare i tempi», recuperando l'anno perso con i
commissariamenti delle Aziende.In premessa Bordin ha ricordato come la Cisl «abbia dato un giudizio
sostanzialmente positivo alla riforma Riccardi, che ha portato alla nascita delle tre aziende semplificando il
quadro. Ora però bisogna affrontare anche le difficoltà che il percorso impone, mettere mano agli assetti,
ridefinire l'organizzazione, affidare le varie responsabilità». Indefinito, invece, su diversi aspetti l'assetto
finale della sanità del Fvg, e ancora da risolvere gli annosi problemi. Dalle liste di attesa («chi ha i soldi trova
nel primato una soluzione immediata, chi non li ha deve aspettare con tutte le conseguenze che questo
comporta in termini di salute»); i codici bianchi e verdi («nei fine settimana la situazione dei pronto
soccorso è davvero tragica, con persone in barella in attesa nei corridoi»), accessi impropri nei dipartimenti
di emergenza ma che potrebbero trovare risposte in altre strutture territoriali che oggi non ci sono o non
sono riconosciute dai cittadini; la continuità assistenziale, per garantire la quale «vanno potenziate le
strutture che permettono di alleviare i problemi che si creano alle famiglie dopo i ricoveri ospedalieri, e va
investito nella domiciliarità, nell'integrazione socio sanitaria in una rete che veda coinvolto anche il terzo
settore - rilanciano dalla Cisl Bordin, Cannarsa e Pizzolitto -, e il distretto deve diventare davvero il registra
del governo del territorio, cosa che a oggi non è».Più che un rilievo critico, è una richiesta di intervento
maggiore della Regione rispetto al coinvolgimento dei privati nella sanità. E uno dei riferimenti è andato alla
vertenza in atto all'interno della Nostra Famiglia, ente che ha disdetto il contratto nazionale di settore e ha
optato per l'applicazione di un contratto diverso e più svantaggioso per i lavoratori. Da qui la richiesta alla
Regione di definire clausole vincolanti con i privati sul mantenimento degli standard retributivi del
personale. I pensionati della Cisl chiedono inoltre «i dettagli sulla realtà delle case di riposo in Fvg, sul loro
accreditamento, sulla qualità dei servizi garantiti all'utenza. E auspichiamo che siano le istituzioni preposte
(Regione, Comuni, Aziende sanitarie) ad eseguire i controlli sulle strutture», ha rimarcato Pizzolitto.
«Nonostante le assunzioni il saldo del personale è negativo»
L'ingresso in servizio di 545 infermieri non risolve la carenza. Il segretario Fp Cisl: «Bene l'accordo sulle
risorse aggiuntive» (testo non disponibile)

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Riccardi apre al sindacato: «Disponibile al confronto ma con un interlocutore»
Elena Del Giudice - «Sono d'accordo sull'utilità del confronto; non lo si confonda però con la co-gestione». E
ancora: «L'interlocuzione con il sindacato è necessaria e positiva, purché ci sia un interlocutore, e non 10
con idee, valutazioni e proposte tutte diverse, declinate a seconda della convenienza o della mera ricerca
del consenso».L'assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, apre alla Cisl, e più in generale al
sindacato, e si dichiara disponibile ad avviare - come da richiesta - un tavolo di confronto capace di
affrontare i tanti temi aperti per cercare le soluzioni più opportune. Con alcune condizioni. «La gestione del
sistema fa capo al management - ricorda Riccardi -, il confronto diventa possibile sui problemi e sui modelli
su cui condividere i percorsi. Considero l'interlocuzione con il sindacato un passaggio determinante, in caso
contrario non si può mettere a punto un lavoro di trasformazione del sistema come quello che abbiamo
avviato. Ma auspico che il sindacato esprima "una" posizione, e non tre o quattro, che diventa il punto di
partenza per andare oltre. Se non c'è, è evidente che sostenere di lavorare per la crescita del sistema resta
solo una dichiarazione».
La sanità nel mirino della Cisl: «Riforma senza una direzione» (Piccolo)
Marco Ballico - Un anno di commissariamento delle aziende «è stato tempo perso». E adesso che la riforma
del centrodestra è approvata, «non si capisce ancora quale sia la direzione in cui si vuole andare». La Cisl
regionale della funzione pubblica, in conferenza stampa a Udine con il segretario Luciano Bordin, il
responsabile sanità Nicola Cannarsa e quello dei pensionati Renato Pizzolitto, ringrazia la giunta per gli
importi destinati al settore, con riferimento anche alla continuità data alle Rar, ma denuncia le incertezze
del presente, incalzando su più fronti la Regione e chiedendo in particolare all'assessorato Riccardi «un
confronto continuo e costante per governare insieme la riorganizzazione dei nuovi enti del Ssr». Una
bocciatura a metà, dunque. Come sintetizza fin dalla premessa Bordin: «La qualità del servizio in Fvg è
ancora elevata, ma ci sono varie criticità irrisolte, su cui ci aspettiamo di venire coinvolti al più presto».
«Perché il tempo non è infinito - aggiunge Cannarsa -, tanto più dopo averne buttato via un bel po' per
un'inutile fase commissariale». La Cisl riassume in un documento tutte le sue perplessità su un Ssr «che ha
bisogno di essere messo a punto dopo le riforme». Si parte con la questione risorse. Il sindacato promuove
il finanziamento in legge di Stabilità, ma non nasconde la preoccupazione per il costante aumento della
spesa (2,7 miliardi su 4,5 a bilancio tra spese correnti, investimenti e politiche sociali) a fronte di un Pil
regionale «in debolissima crescita». I tre sindacalisti proseguono evidenziando «lo stress ulteriore al
sistema» provocato da una riforma che si è sovrapposta a quella precedente «che non era stata portata a
compimento», parlano di «problemi permanenti» su pianificazione e programmazione sanitaria e socio
sanitaria, insistono per avere risposte sulle liste d'attesa, sull'accesso all'emergenza, «spesso improprio»,
sulla continuità assistenziale, sul privato, sul personale. E non dimenticano i Cap, i Centri di assistenza
primaria voluti dal centrosinistra, «mai davvero entrati in funzione e oggi non sostituiti da alcuna
alternativa». Snocciolate le questioni, con Pizzolitto pure quelle che interessano più da vicino i pensionati, e
ammesso che il fronte sindacale, tra «troppe fughe in avanti», non si sta muovendo in modo compatto, la
Cisl ribadisce la sua voglia di confronto. «La situazione riguarda lavoratori e cittadini - dice ancora Bordin -:
serve dunque un tavolo non sporadico in cui la Regione ci faccia capire dove si vuole andare, quali strumenti
assessore e direzione metteranno in campo per rimediare alle criticità e come ci si muoverà per quel che
riguarda le necessarie assunzioni». Cannarsa rimarca a sua volta: «Tra una riforma e l'altra si perde solo
tempo. In questi giorni ho incontrato i direttori generali, tutti disponibili a lavorare per trovare le soluzioni.
Ma bisogna fare in fretta, partendo da una calendarizzazione per arrivare a risultati concreti». La risposta di
Riccardi non tarda ad arrivare. In serata l'assessore apre al sindacato: «L'interlocuzione è importante, specie
in un momento in cui non siamo impegnati in una valutazione del sistema, ma in una sua modifica
strutturale». Ma c'è anche l'avvertimento: «Non si pretenda di arrivare alla cogestione, che ha già fatto
abbastanza danni». Il commissariamento contestato dalla Cisl? «Parliamo di tre aziende nuove, che
richiedevano un certo percorso. Non credo che il sindacato possa cambiare il diritto di questo Paese».

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Appalti, la centrale unica fa risparmiare 50 milioni (M. veneto)
La tanto criticata Centrale unica di committenza (Cuc) ha fatto risparmiare ai Comuni più di 50 milioni di
euro in due anni. Soldi che ora le amministrazioni possono reinvestire sul territorio affidando gli appalti
anche alle cooperative sociali. Introducendo le soglie, la Regione ha dato la possibilità ai piccoli comuni di
affidare in autonomia servizi fino a 40 mila euro e interventi di manutenzione fino a 210 mila euro di base
d'asta.Ieri, l'assessore regionale ai Sistemi informativi, Sebastiano Callari, nel corso della Giornata
informativa "Garantire l'inserimento lavorativo negli appalti pubblici: si può fare" organizzata, all'Enaip di
Pasian di Prato, da Anci, Alleanza delle cooperative italiane, NextPa e dalla Regione, ha assicurato che le
nuove regole entreranno in vigore tra circa un mese. E per favorire le cooperative sociali che non hanno la
possibilità di presentare le adeguate garanzie previste dalle gare importanti, Callari si è impegnato a
introdurre gare per piccoli lotti facilitando così la presentazione di fidejussioni minime. L'altro paletto sul
quale conta la cooperazione è il superamento del massimo ribasso: «Come abbiamo fatto recentemente
per la gara del verde pubblico, inseriremo i criteri per cui il prezzo varrà 30 e gli aspetti tecnici 70. In questo
modo - ha aggiunto l'assessore - diamo la possibilità alle cooperative di competere sulla base della qualità
che sono in grado di erogare». L'accentramento degli appalti deciso dalla giunta precedente, aveva
allarmato i sindaci che si sono trovati a spendere più del doppio per sfalci e servizi cimiteriali affidi a ditte
proveniente da fuori regione. Pure il mondo della cooperazione aveva lanciato l'allarme per circa 500
lavoratori svantaggiati a rischio sensibilizzando così la Regione a correre ai ripari. «Le soglie - ha spiegato
Callari - saranno applicate per le gare a venire, nessuno può cancellare i contratti in corso anche se stiamo
spiegando ai Comuni che il comma 510 della legge di stabilità del 2015 dà la possibilità ai Comuni di andare
in deroga». Ecco un esempio: «Se il contratto generalizzato prevede sei falci l'anno e in montagna sono
sufficienti tre, i Comuni possono inviare, prima di indire la propria gara, alla Corte dei conti una relazione in
cui spiegano che tali specificità non sono utili e per questo non intendono usufruire della gara accentrata. In
questo modo - assicura l'assessore - gli enti non vanno incontro a ricorsi». E comunque all'interno della Cuc
i Comuni avranno a disposizione servizi di consulenza anche sull'esecuzione del contratto. «Un tecnico - ha
ribadito l'assessore - è a disposizione dei Comuni per assisterli in queste situazioni». Callari ha aggiunto che,
una volta ricevuta la relazione dei sindaci, la Corte dei conti non è obbligata a rispondere vale il concetto del
silenzio assenso.Anche il direttore della Cuc, Luciano Zanelli, già direttore della Cuc di Milano, a margine
della tavola rotonda, ha spiegato che oltre ai risparmi biennali pari a più di 50 milioni di euro su un importo
complessivo di 247 milioni di euro, la Cuc assicura anche risparmi indiretti che, a suo avviso, «sono più
qualificanti». Senza contare che avendo a disposizione un pool di tecnici la qualità dei capitolati sarà più
elevata». Qualche esempio? Con l'accentramento degli appalti si fa una gara sola e non 215 procedure,
ovvero una per Comune, e nel caso di eventuali ricorsi anche questo sarà uno soltanto. «Sui contenziosi - ha
garantito Zanelli - i Comuni saranno assistiti gratuitamente dall'Avvocatura regionale». Il direttore ha
ribadito: «Le gare centralizzabili sono quelle ad alta standardizzazione, le gare particolari, invece, devono
restare in capo alle singole amministrazioni». L'altro nodo da sciogliere è quello dell'esecuzione del
contratto perché, come ha sottolineato Zanelli, «se i Comuni applicano i contratti scritti dalla Cuc è evidente
che li conoscono meno». Si tratta, insomma, di trasferire le conoscenze. «Stiamo mettendo in pista - ha
concluso il direttore della Cuc - attività di formazione e consulenza per assistere i Comuni. Su questo la
Regione si sta impegnando». L'assessore ha aggiunto, infine, che in futuro verrà meno l'obbligo per i
Comuni di aderire al contratto collettivo. G. P.

«Arriva la norma per far lavorare i soggetti più deboli» (M. Veneto)
Giacomina Pellizzari - La Regione è pronta ad andare allo scontro con lo Stato pur di prevedere
l'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate nelle strutture sanitarie. L'assessore regionale alla
Salute, Riccardo Riccardi, vuole impedire che la norma prevista nella riforma sanitaria «resti un titolo. Se lo
Stato impugna la norma dobbiamo alzare le bandiere e mi auguro che qualcuno faccia la battaglia con
noi».Sarebbe una battaglia di civiltà quella ipotizzata, ieri, nel corso della tavola rotonda moderata dal
vicedirettore del Messaggero Veneto, Paolo Mosanghini, sugli inserimenti lavorativi delle persone
svantaggiate nei lavori pubblici" organizzata, all'Enaip di Pasian di Prato, da Anci, Alleanza delle cooperative
italiane (Aci), NextPa e dalla Regione, per fare il punto anche sull'attività del tavolo della cooperazione...
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Traffico container record per il Porto di Trieste e treni a quota 10 mila (Piccolo)
Diego D'Amelio - Un balzo in avanti da record nel traffico container, oscurato in parte dal tonfo
dell'autostrada del mare con la Turchia. Il porto di Trieste tiene in un 2019 caratterizzato da una
congiuntura difficile per tutti gli scali concorrenti e si conferma il primo in Italia per tonnellaggio. Ma se
quest'ultimo elemento è drogato dai volumi di greggio pompati dall'oleodotto, colpisce il +9% del traffico
contenitori: un dato che non solo è in controtendenza con i risultati negativi di Genova, Venezia e
Capodistria, ma che porta Trieste a superare Livorno e a classificarsi dunque al quarto posto in Italia dopo
Genova, Gioia Tauro e La Spezia per Teu movimentati. Il bilancio 2019 è stato fornito ieri dall'Autorità
portuale. Trieste è ancora una volta il primo porto in Italia con 62 milioni di tonnellate movimentate, cui si
aggiungono ora i 4 milioni di Monfalcone, divenuto parte integrante del sistema. Nel complesso lo scalo
segna nell'anno passato una contrazione dell'1%, dovuta al crollo del traffico dei camion trasportati su
traghetti da e per la Turchia. Ma se questa è la nota dolente, il presidente Zeno D'Agostino può godersi il
dinamismo del traffico container, che toccano i 790 mila Teu e crescono in un anno del 9%: si tratta del
record storico per il porto. Per D'Agostino, «un incremento quasi in doppia cifra è qualcosa di molto
importante in una congiuntura generale sfavorevole per tutti i porti adriatici». Nel 2019 Venezia perde
infatti 1,5 milioni di tonnellate di merci attestandosi su 24,9 milioni (-5,9%): una flessione che si
accompagna alla cessazione della linea diretta container con il Far East e che si traduce nel -6,1% dei
contenitori, passati a 593 mila Teu. Non va meglio a Capodistria, dove i traffici complessivi si assestano a
22,8 milioni di tonnellate e i container a 959 mila Teu, con una flessione che sul 2018 è rispettivamente del
5% e dello 0,5%. Diverso invece il caso di Fiume, che con un +20% arriva a 271 mila Teu, anche se quello dei
contenitori è l'unico settore in crescita. Sul versante tirrenico non sono invece ancora disponibili i dati
definitivi di Genova, i cui vertici stimano però un calo complessivo compreso fra il 2 e il 4%, con una
flessione probabilmente più ridotta per i container. L'altro fronte positivo per Trieste continua a essere
quello dei traffici ferroviari. Il porto non cresce come negli anni passati, ma si consolida e tocca la soglia
psicologica dei 10 mila treni, pari a circa 210 mila camion tolti dalla strada. Oggi il 56% dei container
sbarcati o imbarcati a Trieste usa la ferrovia: ben oltre quel 50% che l'Ue ha fissato come obiettivo del
traffico merci europeo entro il 2050. D'Agostino invita a leggere il dato con attenzione: «Vero è che non
cresciamo come in passato, ma bisogna considerare che la sola Ferriera di Servola sposta ogni anno da sola
2 mila treni e che il flusso ha cominciato a ridursi già l'anno scorso. Manteniamo però un trend positivo
grazie alla crescita del Molo VII», che nel 2019 ha battuto il suo record precedente con 3.634 convogli in
partenza o in arrivi, pari ad un +17% sull'anno precedente. D'Agostino ha sempre rivendicato il percorso che
ha portato Trieste a diventare primo porto ferroviario d'Italia e davanti alle nuove statistiche sottolinea «i
risultati estremamente incoraggianti, sia dal punto di vista della performance che ha portato al raddoppio
dei numeri dal 2014 ad oggi da 5 mila a 10 mila treni, sia per quanto riguarda il percorso di investimenti
futuri nel settore ferroviario che ammontano a 200 milioni. Già nel 2019 sono partiti i cantieri del nodo di
Campo Marzio, ma il 2020 sarà l'anno dell'avvio dei lavori più importanti». Si tratta dello sviluppo del piano
di raddoppio ferroviario dello scalo entro il 2025, perché la capacità del porto è oggi di 13-14 mila treni
all'anno, non lontani dunque dagli attuali 10 mila. Nota assai negativa è invece quella del traffico di camion
con la Turchia. Il comparto ro-ro segna addirittura il -24%, passando da 299 mila unità transitate nel 2018 a
228 mila nel 2019. «In questo caso - spiega il presidente dell'Authority - siamo condizionati dalla crisi della
lira turca, che genera una flessione dell'import della Turchia dall'estero. Ma i dati di febbraio 2020 sono
tornati positivi: certo non siamo ai livelli del 2018, ma siamo già molto meglio del 2019, con un ritorno che
ci fa essere ottimisti». Proprio la flessione dei rotabili e quella delle merci varie (-5%) porta al calo dell'1%
dei traffici complessivi, che passano da 62,6 a 62 milioni di tonnellate. Per quanto riguarda gli altri settori
merceologici, le rinfuse liquide e dunque il greggio si attestano sopra ai 43 milioni di tonnellate
movimentate (+0,3%) e le rinfuse solide incrementano del +3% con 1,7 milioni di tonnellate. «E da
quest'anno - nota D'Agostino - aggiungeremo al conto anche i 4 milioni di tonnellate di Monfalcone, che
arricchisce l'Autorità di sistema e che è una bella realtà, considerando che Civitavecchia movimenta 5
tonnellate e Chioggia 1,5».
Il mandato in scadenza e le partite da chiudere: D'Agostino all'anno chiave
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La legge Bini non convince tutti. Il Pd: nessuna risposta alle crisi (M. Veneto)
A differenza delle categorie economiche e delle organizzazioni sindacali, le opposizioni che siedono in
Consiglio regionale hanno rilevato più di qualche non risposta e altrettante carenze nel progetto di legge
SviluppoImpresa proposta dall'assessore alle Attività produttive, Sergio Emidio Bini. Approvato a
maggioranza dalla II commissione consiliare, il testo a marzo approderà in aula. La legge - è stato detto -
vuole dare un respiro a tutti gli asset del territorio utilizzando risorse disponibili. I fondi a disposizione per
l'anno in corso ammontano a 52 milioni di euro.Nel corso della seduta il testo è stato emendato per
sostenere le aggregazioni dei soggetti certificati e ridurre da 8 a 5 anni il periodo minimo di locazione da
garantire, attraverso le agenzie, per ottenere il contributo massimo (20 mila euro) previsto per
l'ammodernamento dei locali da utilizzare a uso turistico. Previsti anche contributi a fondo perduto fino a 5
mila euro per la gestione dei negozi nei Comuni fino a 3 mila abitanti e con non più di tre addetti a tempo
pieno. Altri 250 mila euro sono stati vincolati per i gestori degli alberghi diffusi.Troppo poco secondo il
capogruppo del Pd, Sergio Bolzonello, che ha individuato tre criticità: «Il ddl non poggia su un atto
deliberativo programmatorio della Giunta che dica quali siano la Strategia di specializzazione intelligente, e
le linee rispetto alla programmazione europea 2021-27. Manca, inoltre, una provvista finanziaria suppletiva
rispetto ai fondi già previsti in Stabilità, pertanto affinché la legge possa avere piena applicabilità si dovrà
aspettare i prossimi assestamenti, le nuove finanziarie e i fondi europei del 2021». Bolzonello denuncia
infatti la «grave mancanza di fondi ponte tra la programmazione europea al termine e quella che partirà nel
2021». Altrettanto critica la consigliera dem Mariagazia Santoro convinta che «il recupero delle aree
produttive, commerciali e artigianali dismesse avrebbe dovuto essere uno degli obiettivi di Sviluppoimprese
che ha affossato anche il recupero dei centri urbani». Durissimo pure il segretario regionale del Pd,
Cristiano Shaurli: «È una legge - afferma - che non dà alcun segnale su dove si vuole andare. Quante risorse
mette a disposizione?Arriveranno prima del 2021?». E il responsabile regionale per l'Economia del Pd,
Renzo Liva, ricorda che manca «una task force per monitorare e anticipare le ricadute di fenomeni in atto,
non ultimi i rapporti economici con la Cina, la Brexit, il coronavirus e i dazi». Pure il consigliere Furio Honsell
(Open Sinistra Fvg) sostiene che «il disegno di legge non indica come risolvere le crisi in atto e prevenirne di
nuove. L'internazionalizzazione viene affrontato superficialmente e non c'è alcuna misura per evitare la
delocalizzazione delle imprese».Diverso il parere del leghista, Alfonso Singh, che plaude all'apertura nei
confronti «della necessità di un Polo tecnologico per valorizzare le esigenze del produttive del Fvg».

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CRONACHE LOCALI

Scade la "cassa" alla Lavinox. Tutto si deciderà tra 6 giorni (M. Veneto Pordenone)
Giulia Sacchi - Oggi finisce la cassa integrazione alla Lavinox di Villotta di Chions (106 addetti): da lunedì in
stabilimento opererà una ventina di addetti, che porteranno a compimento gli ultimi ordini e poi si
occuperanno di mettere in sicurezza l'azienda. Gli altri, invece, staranno a casa: il Gruppo Sassoli ha
presentato richiesta per un nuovo ammortizzatore, della durata di un anno, ma per capire se sarà
approvato bisognerà attendere il via libera dal ministero del Lavoro. L'incontro a Roma con Regione e
Unindustria è in programma giovedì. Se ci sarà l'ok alla cassa, quest'ultima sarà retroattiva, quindi coprirà le
giornate da lunedì. Diversamente, la strada è quella dei licenziamenti. Questo è il quadro emerso nel tavolo
di concertazione di ieri a Unindustria, con Rsu e organizzazioni sindacali (fuori della sede dell'associazione di
categoria i lavoratori in presidio). Intanto, quattro maestranze hanno deciso di lasciare la fabbrica.Per
quanto riguarda, invece, la procedura di concordato in bianco presentata dai Sassoli al tribunale di Milano,
è stato nominato il commissario Maria Paola Ferraris. Il giudice è Luisa Vasile. Come si legge nel decreto del
tribunale «la società avrà tempo sino al 22 maggio per la presentazione di una proposta definitiva di
concordato preventivo o di una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione dei debiti». Al di là del
concordato, la preoccupazione delle maestranze è forte. Oggi scade «quello che per ora è l'ultimo
ammortizzatore a disposizione - ha commentato la Rsu Fiom, Angelo Marian -. È vero che l'azienda ha
presentato domanda per un nuovo ammortizzatore, ma non siamo certi che il ministero dia il via libera. Tra
l'altro, per vederci riconosciuto il dovuto per queste ultime settimane di lavoro dovremo attendere il 10
marzo. Da mesi compiamo notevoli sforzi sul fronte delle spettanze e la stanchezza è tanta. Lunedì,
comunque, torneranno al lavoro solamente in venti».La speranza di addetti e organizzazioni sindacali di
Fim, Fiom e Uilm è che il ministero conceda un altro anno di cassa. «Questo è il nostro auspicio - ha
commentato il sindacalista di Fim Dennis Dalla Libera -. La situazione è preoccupante e avere a disposizione
un nuovo salvagente è una boccata d'ossigeno per i lavoratori».«Se la cassa non viene concessa, salta tutto
e la via è quella dei licenziamenti - ha aggiunto il sindacalista di Uilm Roberto Zaami -. Mi auguro in primis
che non ci siano problemi nel dare l'ok a un altro dispositivo e soprattutto che ci possa essere una
continuità produttiva. Questo affinché non si vanifichino i numerosi sforzi dei lavoratori che hanno creduto
nel progetto industriale e ci hanno investito del proprio, decidendo di lasciare il Tfr in azienda per farla
ripartire dopo il fallimento del 2015: se oggi Lavinox esiste, è grazie alla loro buona volontà. Hanno lavorato
anche in condizioni complesse dal punto di vista organizzativo, operativo ed economico. Non vedono un
euro da mesi: questo non va dimenticato».

Savio, preoccupa il calo produttivo. Sempre meno soldi per i dipendenti (M. Veneto Pordenone)
Si va verso altre due settimane di cassa integrazione alla Savio macchine tessili di Pordenone (379 unità):
l'azienda potrebbe ricorrere all'ammortizzatore sociale anche per il periodo che va dal 24 febbraio al 7
marzo. Un accordo coi sindacati ancora non c'è, ma la questione è stata prospettata nelle assemblee coi
lavoratori e sarà discussa con l'impresa a breve. Intanto è emerso un altro aspetto che preoccupa le
maestranze e che è oggetto di un braccio di ferro tra Savio e forze sociali: l'azienda ha richiesto la
sospensione degli anticipi del premio di risultato, ma i sindacati si sono opposti, in quanto
rappresenterebbe l'ennesima mazzata per le tasche delle maestranze, già messe a dura prova dalla cassa
integrazione, che riduce il salario. In sostanza, i lavoratori di Savio percepiscono una quota mensile di
premio di circa 160 euro. Dopo che l'azienda ha effettuato le valutazioni sul raggiungimento degli obiettivi,
si effettua il conguaglio delle somme...

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Assunzioni negli ospedali con i concorsi. Le case di riposo restano senza infermieri (M. Veneto Pn)
Martina Milia - È proprio vero che in sanità la coperta è corta: tiri di qua e scopri di là. È quanto sta
succedendo con il concorso che la Regione ha bandito per portare ossigeno agli ospedali garantendo
un'iniezione di personale infermieristico. È di pochi giorni fa la notizia che il concorso - per la copertura di
545 posti di infermiere - porterà intanto all'inserimento di 150 professionisti tra Pordenone e Udine. Una
buona notizia per gli ospedali, una tragedia per le Asp ovvero le aziende di servizi alla persona che
gestiscono il sistema delle case di riposo del territorio.Molti degli infermieri che rientrano nella graduatoria
della Regione e che andranno a lavorare per l'Azienda dell'assistenza sanitaria numero 5 provengono dalle
case di riposo, che perderanno tra il 30 e il 50 per cento del personale. Alcuni esempi: a Pordenone (dove ci
sono Casa Serena e casa Umberto I) 11 su 29; a Cordenons 5 su 8; a Spilimbergo 6 su 18 a Morsano 3 su 6. Il
tutto - salvo accordi diversi - in tempi rapidi. Come spiegano i direttori delle Asp di Pordenone (Giovanni Di
Prima), di Cordenons (Valentina Battiston) e di Spilimbergo (Gilberto Macaluso), le case di riposo rischiano
di trovarsi senza personale - che per altro hanno formato investendo anche risorse - senza avere il tempo di
trovarne altro. Se l'azienda sanitaria in questi anni ha fatto fatica a reclutare forze nuove, pur avendo un
contratto migliore in molti casi sotto il profilo economico, è facile immaginare le difficoltà delle case di
riposo dove «il ruolo dell'infermiere è centrale - spiega la direttrice Battiston, che gestisce anche la casa di
Codroipo, dove invece il problema non c'è - perché non essendoci un medico fisso in struttura l'infermiere è
determinante». Senza contare che nel settore degli anziani la continuità assistenziale è importantissima.Gli
infermieri che hanno partecipato al concorso e lo hanno vinto «non sempre vanno via per ragioni
economiche - aggiunge Macaluso - perché in alcune strutture il trattamento è lo stesso di quello garantito
dall'Aas 5, ma sicuramente i carichi di lavoro sono diversi». Già prima di Natale il coordinamento delle
Aziende per i servizi alla persona hanno scritto alla Regione sollevando il problema e chiedendo di lavorare
assieme - magari scaglionando il trasferimento del personale - per trovare una soluzione. Una
comunicazione analoga è stata inviata da Agci, Confcooperative e Legacoop sociali. La ciliegina sulla torta, in
questo quadro, è il fatto che dal primo gennaio alle Residenze per anziani non autosufficienti viene
applicato - tramite le Aas - il controllo sugli standard minimi di personale e quindi anche sull'attività
infermieristica. Chi "porta via" il personale, insomma, ha il ruolo di controllore.

Trasloco al Carniello, incertezze sui tempi. Sindacato all'attacco (M. Veneto Pordenone)
Chiara Benotti - Autonomia e aule: il sindacato presenta la lista delle necessità dell'Isis Carniello a
Brugnera.A settembre sono previsti 180 nuovi iscritti, con nove classi prime: gli spazi in via Galilei sono
sottodimensionati. «Non si perda altro tempo con la politica degli annunci» afferma Mario Bellomo,
segretario provinciale della Flc Cgil, e lancia l'ultimatum: «La Regione deve programmare in fretta
l'ampliamento di un'ala della scuola, oppure decida di installare un prefabbricato. Gli alunni nel prossimo
anno scolastico saranno circa 600, con la prospettiva di un istituto autonomo nel 2021-2022». Tempi al
rallentatore, fratanto, per il trasloco di tre classi nell'ex casa della musica. «Siamo di fronte all'evidenza di
un rinvio per l'utilizzo della struttura - afferma Bellomo - . I lavori di ristrutturazione si sono confrontati col
problema inatteso della rimozione dell'amianto: la bonifica è stata decisa dall'Uti Noncello, che ha in carico
la sistemazione dell'immobile». Un problema che, a dire del sindacato, ha ripercussioni sul trasloco di tre
classi. L'Isis può comunque contare su tre aule aggiunte nella sede della primaria Sauro. «Le altre classi
ruotano in varie aule - osserva Bellomo - . Il Comune per fortuna ha concesso in comodato d'uso i locali
nell'anno scolastico in corso, ma non possiamo accontentarci di questa soluzione provvisoria».La
sistemazione d'emergenza ha dato spazi a 120 matricole nel settembre scorso. «È chiaro che non può
essere una soluzione di lunga durata, anche in previsione dei futuri anni scolastici» la pensano in tal modo
anche alcuni genitori, che sollecitano la costruzione del terzo lotto del Carniello. Il progetto - costi pari a 1,5
milione di euro - era stato abbozzato molti anni fa, finendo quindi nel cassetto. «La Regione non faccia lo
struzzo, finazi i lavori: il Carniello è un volano per l'industria del mobile» incalza Bellomo. Il terzo lotto
dell'istituto sarà il regalo di compleanno alla scuola che compie 46 anni e promette di superare 600 iscritti?
L'unica certezza, per ora, è la festa a Villa Varda a maggio.

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Dipendenti senza paga alla Dm: oggi sciopero (M. Veneto Udine)
Maura Delle Case - Lo stipendio di gennaio doveva essere accreditato lunedì. E invece nulla. Sui conti
correnti dei lavoratori in forze alla Dm Elektron di Buja, a ieri non si era ancora registrato alcun movimento
in entrata.Così, all'ennesimo mancato pagamento, dopo settimane di pazienza mista a speranza, le
maestranze hanno deciso di rompere gli indugi.Oggi torneranno ad incrociare le braccia, per 4 ore ogni
turno. Lo sciopero è stato proclamato unitariamente dalle segreterie di Fim Cisl e Fiom Cgil insieme alle Rsu
e sarà sostenuto da un corteo che alle 13. 30 partirà dall'azienda per raggiungere alle 15 il Comune dove
parti sociali e lavoratori saranno ricevuti dal sindaco Stefano Bergagna e dall'europarlamentare Elena Lizzi.
Impossibile per i dipendenti - 80 in totale - tollerare oltre una situazione che li vede privi di stipendio da
ormai due mesi.All'appello infatti mancano metà della busta di dicembre oltre a quella di gennaio e alla
tredicesima mensilità.Una condizione che per alcuni è diventata insostenibile. Come nel caso di Gianfranco
Gobessi, storico dipendente della Dm Elektron, costretto da una disabilità sulla sedia a rotelle. «Dopo un
acconto di 700 euro sulla mensilità di dicembre non ho più ricevuto nulla - denuncia il lavoratore - e questo
mi mette in grave difficoltà perché rischio di non riuscire a pagare la ragazza che quotidianamente aiuta me
e mia madre a casa».Sbloccare la situazione non è fondamentale solo per lui, ma anche per i tanti lavoratori
alle prese con le più svariate scadenze "ordinarie»: dal mutuo passando per le bollette fino alla spesa di
tutti i giorni.Oltre agli arretrati non ancora corrisposti, determinante nello spingere Rsu e sindacati verso lo
sciopero è stata anche la decisione presa dai vertici di Dm Elektron di non presentare, come promesso, il
piano industriale messo a punto per il rilancio del sito produttivo di Buja.Un niet in contrasto con l'accordo
sottoscritto lo scorso 12 dicembre. A questo si aggiunge poi il silenzio aziendale sui fondi di previdenza
complementare.«L'azienda - fanno sapere i sindacati - non ha ancora presentato né dato indicazione sul
piano di rientro per il recupero dei mancati versamenti rispetto ai quali si era impegnata a presentare una
proposta entro il 15 febbraio».Inadempienze che le organizzazioni sindacali reputano inaccettabili, al punto
da proclamare quattro ore di sciopero, chiedendo contestualmente l'apertura immediata di un tavolo di
confronto per la discussione del piano industriale, la presentazione del piano di rientro dei crediti legati alla
previdenza complementare e infine il pagamento delle retribuzioni non ancora erogate.

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«La muffa è ancora sui muri»: il sindacato scrive al prefetto (M. Veneto Udine)
Alessandra Ceschia - Una richiesta di intervento indirizzata al prefetto Angelo Ciuni, unita alla
proclamazione dello stato di agitazione. È l'iniziativa che la Cisal annuncia di voler mettere in campo in
relazione alle condizioni in cui una cinquantina di lavoratrici che si occupano dell'igiene e della pulizia dei
vari reparti ospedalieri si trovano a dover lavorare da più di sette mesi nello scantinato del padiglione
numero 2 dell'ospedale cittadino.La comunicazione è stata inviata mercoledì al direttore dei servizi tecnici
del presidio ospedaliero universitario Santa Maria della Misericordia a firma del segretario generale
dell'Unione provinciale Cisal Raffaella Palmisciano e dal segretario generale Cisal terziario Udine Arianna
Tofani. «Dopo aver raccolto numerose segnalazioni da parte delle dipendenti della Markas Spa, azienda
appaltatrice del servizio di pulizia, sono state costrette, lo scorso 17 gennaio, a denunciare pubblicamente
le condizioni di incuria e degrado in cui versano, da svariati mesi, i locali adibiti a spogliatoio a uso delle
dipendenti stesse» si legge nella missiva. Segnalazione inoltrata corredata da una vasta documentazione
fotografica dei locali aggrediti dall'umidità e dalla muffa sul soffitto oltre che sui muri perimetrali.
Infiltrazioni che, unite alle condizioni dei locali non riscaldati, avevano da tempo reso difficile per le
lavoratrici utilizzare quell'area dello stabile come spogliatoio. Alcune di loro infatti, avevano già segnalato i
sindacati, si erano ammalate nelle scorse settimane, nonostante l'impresa avesse chiesto ripetutamente
interventi per porre rimedio alla situazione.«Chiediamo l'immediato avvio delle opere di manutenzione dei
locali e la loro chiusura fino a quando i lavori non saranno ultimati» aveva dichiarato il segretario
Palmisciano un mese fa, incalzando la direzione dell'Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale. La
risposta era arrivata dal Dipartimento tecnico dell'Azienda: «Il problema ci è già stato rappresentato - aveva
confermato il direttore Elena Moro -. Attendevamo un'alternativa per poter spostare gli spogliatoi e non
appena si è verificata la possibilità di utilizzare gli spazi che si sono liberati nel padiglione d'ingresso a
seguito del trasferimento della Medicina nucleare che a fine novembre è stata collocata nel padiglione 15
abbiamo liberato gli spazi che sono idonei a ospitare gli spogliatoi per il personale. Dobbiamo provvedere a
convertire qualche servizio igienico in box doccia e poi, verosimilmente per il mese di febbraio, risolveremo
il problema». «Ma poiché a tutt'oggi la situazione denunciata non ha subito alcuna modifica positiva - si
legge nella nota - le scriventi ribadiscono l'esigenza di procedere all'assunzione di una decisione immediata
da parte dell'Azienda, utile a garantire adeguate condizioni igieniche a tutela della salute delle lavoratrici
interessate».Da qui l'annuncio da parte dei sindacati che, «in assenza di decisioni utili a superare la
problematica» si dichiarano pronte a «proclamare lo stato di agitazione del personale con richiesta di
intervento del prefetto di Udine, Angelo Ciuni».

Nostra Famiglia, sit-in per il nuovo contratto (M. Veneto Udine)
Il sit-in di protesta a "La Nostra famiglia" di Pasian di Prato è iniziato e proseguirà fino al 19 febbraio. I 75
dipendenti in forze al centro di riabilitazione friulano hanno deciso di manifestare così, presidiando in pausa
pranzo l'esterno del centro, la propria contrarietà al cambio di contratto deciso unilateralmente
dall'azienda. Il contratto, che passerà dal Ccnl della sanità privata a quello Aris, è stato comunicato ai
dipendenti lo scorso 27 gennaio senza alcuna preliminare trattativa con le organizzazioni sindacali.

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Sempre più lavoro per i pompieri: «Serve un presidio attivo 24 ore» (M. Veneto Udine)
Paola Mauro - A fronte di 489 richieste di soccorso ricevute dal comando di Udine nel corso del 2019 e
riferite alla zona della Bassa friulana centro occidentale, solo 164 sono state coperte dai vigili del fuoco
volontari di Latisana e di queste 23 hanno reso necessario l'invio di ulteriore personale del comando; 325
interventi sono stati svolti esclusivamente da personale dei vigili del fuoco proveniente da altre sedi. È la
realtà dei numeri, così come forniti da Alberto Maiolo, comandante provinciale dei vigili del fuoco, a
confermare l'esigenza di trasformare la sede di Latisana in un distaccamento permanente, decisione varata
a inizio dicembre dal Ministero degli Interni (Latisana è stata scelta su una trentina di richieste analoghe
pervenute) alla quale ha fatto seguito l'assegnazione dell'organico necessario per l'apertura del
distaccamento prevista per l'estate. Unico vincolo il completamento dell'attuale sede dei vigili del fuoco con
la realizzazione al primo piano dei locali di servizio adatti a ospitare i pompieri permanenti: un intervento di
adeguamento verso il quale - conferma il comandante provinciale, Alberto Maiolo - l'amministrazione
comunale di Latisana si è già impegnata. «Questa nuova sede permanente rappresenta per la provincia di
Udine e per il comando dei vigili del fuoco, un risultato di notevole importanza, ottenuto in soli due anni -
rimarca Maiolo - per assicurare immediatezza e continuità nel soccorso alla popolazione di un'ampia e
importante zona del territorio. Dopo 120 anni di presenza a Latisana di una sede volontaria il numero e la
tipologia delle richieste di soccorso richiedono oggi la presenza di un presidio operativo continuativo, 24 ore
su 24. Da queste considerazioni e da questa urgenza il comando di Udine ha affrontato il problema
riuscendo a ottenere dal Ministro dell'Interno la decretazione dell'apertura della sede permanente». Come
rimarcato anche dal sindaco di Latisana, Daniele Galizio, nella nota che riportiamo qui a fianco, la
trasformazione del locale distaccamento dei vigili del fuoco in sede di permanenti è un'operazione che
l'amministrazione comunale ha portato avanti congiuntamente con il comando provinciale come
miglioramento della sicurezza e della continuità del servizio che - annuncia il sindaco qui a fianco - diventerà
realtà entro l'inizio dell'estate, dal momento che i fondi necessari a completare il distaccamento sono già
stati stanziati dal Comune. Quanto al futuro del gruppo dei volontari (alcuni sono già stati assegnati al
distaccamento di Codroipo) è di questi giorni la proposta di alcuni ex di creare un gruppo di pompieri
volontari, da porre alle direttive della Protezione civile regionale, per intervenire in caso di emergenze.
Un'idea che il sindaco Galizio, nella nota qui a fianco, auspica realizzabile.

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Il Cara di Gradisca è sguarnito. Senza la Minerva rischia lo stop (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Luigi Murciano - Dopo cinque anni di gestione in regime di proroga, la coop isontina Minerva dice basta: dal
1° aprile non gestirà più il Cara di Gradisca. Troppo basso, secondo l'azienda con sede a Savogna, il numero
di richiedenti asilo accolti nella struttura per rendere economicamente sostenibile il servizio. Uno scenario,
quello comunicato dall'impresa isontina ai vertici della Prefettura, che ora tiene con il fiato sospeso circa 40
operatori, per i quali è pronta l'inevitabile lettera di licenziamento. «Il loro futuro sembra giunto a una
drammatica svolta, se non a un punto di non ritorno - denuncia Michele Lampe, responsabile regionale di
Uil Fpl -. E la politica ha le sue grosse responsabilità». La notizia dell'indisponibilità di Minerva a una
(ennesima) gestione temporanea del Cara - iniziata nel 2015 quando subentrò alla discussa gestione della
trapanese Connecting People - secondo i sindacati «era nell'aria da tempo: il numero esiguo degli ospiti
della struttura negli ultimi mesi - attualmente 113, a fronte di una capienza quasi doppia, senza dimenticare
condizioni di emergenza che videro ospitate poco meno di 700 persone - e la mancanza di rassicurazioni da
parte del committente hanno portato a questa conclusione». «Per tale motivo è stata avviata la procedura
di licenziamento collettivo delle oltre 40 unità di personale, molte delle quali in famiglie monoreddito -
denuncia Lampe - L'incertezza sul futuro del Cara, le dichiarazioni di numerosi esponenti politici ed
amministratori locali, sindaco di Gradisca in primis, che auspicano e premono per una rapida chiusura del
cemtro richiedenti asilo, non fanno altro che gettare nello sconforto le famiglie dei lavoratori e aumentare
l'incertezza sul loro già precario futuro occupazionale. Le logiche di partito, spesso a fini elettorali - attacca
ancora Lampe - evidentemente non sembrano tenere in debita considerazione il destino degli operatori e
delle loro famiglie: qualche voto in più o qualche nuova tessera valgono ben il sacrificio di qualche decina di
posti di lavoro, o almeno è questo quello che traspare dalle dichiarazioni di qualche amministratore locale o
ex amministratore regionale, nonostante le comunità da essi amministrate abbiano più volte espresso di
non sentirsi affatto minacciate o preoccupate dalla presenza del Cara e dei suoi ospiti a Gradisca».I
sindacati hanno chiesto un incontro urgente agli assessori regionali Rosolen (Lavoro) e Roberti (Politiche
dell'Immigrazione) nonché al prefetto di Gorizia, Marchesiello: in quest'ultimo caso il confronto è
programmato per lunedi 24. All'orizzonte non si vedono soggetti pronti a subentrare a Minerva, né si
comprende se si vada incontro a una sospensione dell'attività (temporanea o definitiva) a partire dal 1°
aprile. Se l'appello dei lavoratori e di chi li rappresenta non dovesse essere ascoltato, verranno attivate le
forme di mobilitazione più idonee alla salvaguardia dei diritti degli operatori e delle loro famiglie. Da noi
contattato, il prefetto di Gorizia prospetta uno scenario di minore incertezza: «La gara d'appalto per la
nuova gestione del Cara è in fase di definizione - afferma - e il nuovo soggetto aggiudicatario, che sarà reso
noto a breve, sarà tenuto al rispetto della clausola sociale per la tutela dei posti di lavoro».

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Una nuova ala per 50 detenuti. «Ma personale insufficiente» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Marco Bisiach - Arriva il giorno della svolta per il carcere goriziano di via Barzellini. Questa mattina infatti
saranno presentati i rinnovati padiglioni della casa circondariale, recuperati dopo i lunghi lavori di
ristrutturazione che avevano ridotto notevolmente la capienza della struttura. Pronta, adesso, ad ospitare
almeno una cinquantina di ulteriori detenuti. L'appuntamento per i rappresentanti istituzionali, tra i quali il
provveditore triveneto Enrico Sbriglia e il sindaco Rodolfo Ziberna, e per i media è previsto alle 10.30.«È una
giornata importante sotto tanti punti di vista - commenta il sindaco Ziberna -. Da un lato si creeranno
condizioni di vita migliori per i detenuti, dall'altro con l'inaugurazione di questo ampliamento del carcere si
mette in sicurezza il futuro di una struttura che fino a qualche anno fa sembrava dover essere sull'orlo della
chiusura. E con essa, viene rinsaldato anche il ruolo e il futuro del Tribunale di Gorizia. Insomma, un po'
come anche nel caso della sanità stiamo assistendo a segnali di inversione di tendenza che salutiamo
positivamente, nonostante rimangano criticità sulle quali dobbiamo lavorare».Tra i passi avanti da
compiere si attende con ansia anche la firma definitiva e ufficiale sull'accordo di massima per il passaggio
dell'ex scuola Pitteri dal Comune allo Stato, per la sua successiva trasformazione in struttura annessa al
carcere: progetto per il quale sono già stati stanziati 4,5 milioni di euro. Parlando delle criticità non si può
dimenticare che se il problema degli spazi in parte viene risolto, resta pressante quello del personale.
«Questo resta il problema più grande - sottolinea il segretario triveneto dell'Uspp Leonardo Angiulli -, ed è
destinato ad aggravarsi con l'aumento della presenza di detenuti in via Barzellini in seguito
all'inaugurazione. L'organico della polizia penitenziaria è sotto dimensionato, si riescono a garantire solo 22
dei 37 posti di servizio giornalieri, con gli agenti che svolgono turni di 8 ore per sei giorni alla settimana,
senza veder assicurati diritti come congedi, ore di recupero non pagate e accantonate. Oltretutto di qui a
breve andranno perse altre tre unità, per quiescenza». I sindacati di polizia penitenziaria denunciano anche
l'assenza di servizi (sale per i colloqui, spazi a norma per cucine e postazioni degli agenti). «Se non
dovessero arrivare rinforzi al personale potremmo pensare a sit-in di protesta, o forme di astensione dal
lavoro da concordare», dice Angiulli. Di tutto questo i sindacati vorrebbero parlare in prossimi incontri
anche al governatore della Regione Fedriga e al sindaco di Gorizia Ziberna, che più volte ha manifestato al
Ministero la sua preoccupazione in merito. «Ci deve essere un rapporto adeguato tra il numero di agenti e i
detenuti, così come devono essere rispettate le condizioni di lavoro del personale», sottolinea il primo
cittadino.

Il flashmob delle Sardine a base di abbracci ai passanti (Piccolo Trieste)
Andrea Pierini - Un abbraccio per combattere la paura del diverso e per abbattere il pregiudizio. Questo lo
scopo del flashmob itinerante organizzato domani mattina dal gruppo delle 6000 Sardine del Fvg di Trieste
e Gorizia in collaborazione con Jotassassina. Tre le tappe previste: Largo Barriera, viale XX settembre e
piazza della Borsa. «Sarà un'occasione - spiegano le Sardine - per tutti coloro che vorranno fermarsi per
dissolvere il pregiudizio e la paura in un caldo abbraccio per riflettere sulla potenza dell'empatia come
strumento di conoscenza e di comprensione di se stessi e degli altri». L'abbraccio potrebbe arrivare da un
disoccupato, da un ebreo, da un mussulmano, da una persone di colore, da un cinese, da un omosessuale,
da un immigrato, da una donna vittima di violenza oppure semplicemente da una persona che magari vive
in una condizione personale e sociale di isolamento derivante dalla solitudine che nasce con la
discriminazione. La manifestazione viene definita «un viaggio verso l'altro» dove per "altro" si intende una
persona in difficoltà che attraverso il calore umano potrebbe ritrovare la voglia di affrontare le sfide della
vita o per abbattere magari un pregiudizio legato al diverso colore della pelle o da un diverso orientamento
sessuale. Il via agli abbracci è previsto come detto domani dalle 10 alle 11 in largo Barriera Vecchia a
Trieste, per poi spostarsi dalle 11. 30 alle 12. 30 in viale XX Settembre e concludersi dalle 13 alle 14 in piazza
della Borsa. Si tratta della prima manifestazione pubblica del gruppo delle Sardine di Trieste, al momento i
rappresentanti del movimento hanno organizzato una serie di incontri per cercare di programmare l'attività
dei prossimi mesi bloccati anche dalle elezioni in Emilia Romagna che hanno catalizzato l'agenda dei leader
nazionali. Non sono mancate però le manifestazioni a Gradisca contro il Cpr e ad Aviano dove ha sede la più
importante base militare degli Stati Uniti sul suolo italiano contro i bombardamenti in Iran.

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