RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - martedì 14 aprile 2020
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 14 aprile 2020 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2) Mascherine e distanza. Ecco il vademecum per chi torna al lavoro «Ora che c'è il protocollo è necessario dare l'ok per riaprire le fabbriche» I sindacati lavorano all'intesa: attenzione alle piccole realtà (M. Veneto) Zamò: tornare presto in fabbrica con più sicurezza e protocolli rigidi (Piccolo) Badanti arruolabili negli ospizi. Solo a Trieste sono 106 i morti (Piccolo) L'ospedale di Gorizia svuota Terapia intensiva. Ammalati dimezzati (Piccolo) La Slovenia riapre le grandi industrie a ranghi incompleti. Operai in sicurezza (Piccolo) «Tampone e test sierologico abbinati per il rientro sicuro nelle fabbriche» (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 10) Porto colmo di bramme a causa dello stop. Compagnia pronta a lavorare in sicurezza (Piccolo Go-Monf) Da Duino il "no" definitivo alla centrale termoelettrica (Piccolo Trieste) Dentesano riparte con nuovi soci: salvi il marchio e la produzione (M. Veneto Udine) Quegli addii in silenzio nella casa di riposo al centro del contagio (M. Veneto Udine) Guariti altri 4 operatori: torneranno alla Chiabà (M. Veneto Udine) Cinque vite perse fra Pasqua e Pasquetta. Due delle vittime erano in casa di riposo (Mv Pordenone) 1
ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA Mascherine e distanza. Ecco il vademecum per chi torna al lavoro (M. Veneto) Mattia Pertoldi - Un vademecum, che è anche una sorta di protocollo, inviato ad associazioni di categoria, sindacati e medici competenti con una serie di indicazioni sui test diagnostici per il coronavirus negli ambienti di lavoro e sulle misure di prevenzione da attuare per la riapertura delle attività non sanitarie. La Regione, dunque, si prepara al post lockdown - con una fetta di aziende che riparte oggi - predisponendo un elaborato redatto dal gruppo tecnico composto dai rappresentanti dei medici del lavoro delle Aziende sanitarie e dell'Istituto universitario di Trieste.TEST SIEROLOGICICome primo punto del protocollo, la Regione mette i puntini sulle "i" in relazione all'utilizzo dei test sierologici che non hanno ancora la validità (anzi) dei tamponi. Nel dettaglio, per quel che riguarda l'efficacia di questi esami diagnostici, viene ribadito che al momento attuale i test sierologici, come indicato dal ministero della Salute, «necessitano di ulteriori evidenze sulle loro performance e utilità operativa». Per questo motivo, come da parere del Comitato tecnico scientifico nazionale, è ritenuto da Riccardo Riccardi «insostituibile per la diagnosi certa di infezione in atto da coronavirus il test molecolare basato sull'identificazione di Rna virale dai tamponi nasofaringei». Pertanto, «la positività dei test sierologici nei lavoratori a ora non ha alcuna utilità per consentire loro l'ingresso o meno nel luogo di lavoro, in quanto non è segno di immunità all'infezione ma eventualmente di contatto con il coronavirus». Una puntualizzazione importante viene fatta su quali siano le strutture autorizzate e nelle quali in Friuli Venezia Giulia possono essere eseguite le diagnosi molecolari per i casi di infezione da coronavirus: i laboratori degli Ospedali di Trieste, Udine e Pordenone, cioè, e dell'Irccs Burlo Garofolo. In considerazione di ciò, è richiesto di «attenersi strettamente alle indicazioni ministeriali sull'utilità ai soli fini sperimentali oppure epidemiologici dei test sierologici e attendere l'evoluzione delle conoscenze scientifiche disponibili sull'argomento». Niente da fare, dunque, se non attraverso i tamponi.AMBIENTE E ORGANIZZAZIONEUna volta specificata la parte della sierologia, quindi, il documento della Regione entra nel dettaglio dei consigli a partire dalla gestione dell'ambiente di lavoro. Al di là del consiglio di favorire, per tutti i casi possibili, l'adozione di impiego in remoto oppure lo smart-working, assieme all'alternanza su più turni di lavoro, e oltre al divieto di tutte le attività che comportano l'aggregazione di persone all'interno dell'Azienda, la Regione punta la propria attenzione sull'assicurare un'adeguata ventilazione degli ambienti di lavoro aprendo le finestre oppure aumentando i ricambi d'aria e sulla necessità di pulire e disinfettare gli ambienti stessi. Passando alle procedure organizzative, inoltre, si consiglia di evitare attività lavorative a stretto contatto garantendo almeno un metro di distanza tra gli operatori e, in caso contrario, di utilizzare la mascherina protettiva. Il suggerimento, poi, è quello di avvisare i dipendenti sulle modalità di prevenzione e le corrette misure da adottare (pulizia delle mani, utilizzo del gel igienizzante...), oltre a programmare entrate e uscite a orari scaglionati per evitare la presenza di troppe persone contemporaneamente e a garantire il distanziamento delle persone nelle aree di potenziale assembramento (macchinette del caffè, saloni...). Allo stesso tempo, andando oltre, si chiede di evitare che persone malate entrino nei locali di lavoro sottolineando come sia possibile misurare la temperatura all'ingresso e allontanare i lavoratori che si presentano con più di 37,5 gradi centrigradi oppure lamentino perdita di gusto e olfatto, tosse o, più in generale, altri disturbi all'apparato respiratorio.lavoratori e protezioniLa Regione spiega come il lavoratore che esce alla quarantena non deve rientrare in azienda se non dopo la verifica di negatività al virus attraverso tampone e colui che ha avuto contatto con conviventi o amici positivi, qualora non sottoposto a test, non può tornare a lavorare se non dopo 14 giorni di totale benessere. Una particolare attenzione, quindi, dovrà essere data nei confronti delle categorie maggiormente a rischio - lavoratori sopra i 65 anni, soggetti immunodepressi, con patologie croniche e donne in gravidanza - e si pone particolare rilevanza all'utilizzo dei mezzi di protezione personale. In caso di attività a basso rischio in ambienti con adeguata ventilazione e distanza superiore ai due metri, ad esempio, non è necessario l'utilizzo della mascherina protettiva. La stessa, invece, è raccomandata sempre in caso di distanza interpersonale di meno di un metro e in caso di sternuti oppure tosse. Viene compreso, infine, l'invito ai lavoratori con sintomi respiratori a restare a casa e in caso di mascherine filtranti dotate di valvola espiratoria si spinge per utilizzare una mascherina soprastante se non si può rispettare la distanza di almeno un metro con gli altri lavoratori. 2
«Ora che c'è il protocollo è necessario dare l'ok per riaprire le fabbriche» Elena Del Giudice - Condivisione sul Protocollo regionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro ai tempi del Covid 19, e anche le indicazioni sui test diagnostici che arrivano dalla giunta Fedriga e dall'assessore Riccardi. Detto questo, «approfittiamo delle aperture che si vanno delineando tra il Governo e le Regioni, per iniziare a dare il via libera alla ripresa per quelle attività produttive che sono in grado di garantire il lavoro in sicurezza. In particolare - è la richiesta che arriva dal presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti - secondo noi è necessario riavviare al più presto tutto il settore del legno-arredo e degli elettrodomestici». Tanto più, ed è notizia di questi giorni, che Whirlpool riavvierà la produzione a partire proprio da domani, 15 aprile.Test sì o no?«Condivido con il vicepresidente Riccardi il fatto che a oggi le indagini sierologiche non siano attendibili al 100%, si parla di percentuali sopra il 90% (ovvero su una popolazione aziendale di 100 persone, 10 potrebbero registrare un risultato errato, e il problema non sta tanto nei falsi positivi che necessiterebbero successivamente della controprova del tampone, ma nei falsi negativi, persone che pur essendo positive al virus a causa di una errata diagnosi si sentirebbero libere di muoversi per presunzione di immunità - è la considerazione della presidente di Confindustria Udine Anna Mareschi Danieli -. Questo senza contare il fatto che non abbiamo indicazioni relativamente alla periodicità con la quale a un paziente negativo andrebbe ripetuto l'esame (ogni 10 giorni? Ogni 4? Ogni giorno?). Il concetto è che, come dice giustamente il nostro vicepresidente, l'unica diagnosi certa di Covid 19 oggi è fornita dai tamponi. Punto critico è però che questi tamponi, oggi, non sono disponibili in misura sufficiente per poter essere assicurati alle popolazioni aziendali asintomatiche, ne tramite sostegno pubblico ne tramite finanziamento privato. Quindi mi chiedo: qual è la strategia per aumentare la nostra disponibilità di tamponi? Per quando saranno disponibili in numero sufficiente da poter essere effettuati anche su persone presunte sane? Proprio per i problemi fin qui esposti - conclude Mareschi Danieli - il punto principale è che le imprese, se, e solo se, applicano rigorosamente le misure per il contenimento del virus, devono poter ripartire, ne va del nostro futuro come Paese e come cittadini».Le regole«Condivido tutto l'impianto, che peraltro stavamo già elaborando, del Protocollo regionale, e le aziende che sono state riaperte in questo periodo attraverso le deroghe ai codici Ateco, si sono basate proprio sul rispetto delle norme, frutto di accordo tra associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e Governo - ricorda Agrusti -, norme che abbiamo implementato attraverso intese successive con le Rsu, per una gestione puntuale delle regole dentro le fabbriche. Stiamo anche ragionando su come esportare questo modello nelle aziende in cui i sindacati non ci sono, affinché, anche con il supporto dell'Azienda sanitaria ci sia la garanzia che tutto proceda come nelle aziende più strutturate».La prova ha funzionatoE che l'impianto delle regole abbia funzionato, lo dimostra «l'indagine che abbiamo effettuato come Confindustria Alto Adriatico, in 500 aziende e che ha evidenziato come non si sia registrato neanche un caso di contagio interno ai luoghi di lavoro. Per cui - rimarca Agrusti - oggi possiamo ragionevolmente affermare che i luoghi di lavoro non sono zone a rischio se, ovviamente, si prendono tutte le precauzioni previste e se si dotano i lavoratori dei presidi necessari, calibrando l'applicazione delle norme azienda per azienda». E questo ovviamente per valutare correttamente il rischio legato al coronavirus in relazione all'attività svolta e a come viene svolta, per individuare eventuali accorgimenti utili a ridurre il rischio.Pensare al trasportoPer Agrusti, a eccezione della novità dell'obbligo di indossare la mascherina quando si esce di casa (contenuta nel decreto di Fedriga di ieri), resta confermata l'apertura di alcune attività a decorrere da oggi , ma occorre andare oltre. «Come ribadito in più occasioni io sono per il superamento delle aperture per codici Ateco e in favore del riavvio di tutte le fabbriche che garantiscono condizioni di sicurezza. Peraltro come associazione di categoria stiamo anche lavorando con la Regione e le autorità locali per studiare le modalità di accesso in sicurezza alle fabbriche, ovvero sul come ci si arriva e sul come si riparte, e proprio su questo abbiamo definito alcune proposte che illustreremo nei prossimi giorni». Per quel che riguarda i test «mi affido a quel che dice la scienza». Ma siccome «con questo virus dobbiamo imparare a convivere fino al vaccino o alla cura efficace, il nostro compito è evitare la sua diffusione, e questo lo possiamo fare con l'utilizzo dei dispositivi di protezione, con il mantenimento delle distanze nelle postazioni di lavoro, con la sanificazione dei locali e tutte le altre misure che, già sperimentate, sappiamo essere efficaci, e grazie alle quali le imprese, oggi, possono e devono ripartire». 3
I sindacati lavorano all'intesa: attenzione alle piccole realtà (M. Veneto) Maurizio Cescon - Prevenzione, sicurezza, mascherine, distanziamento, logistica, percorsi casa-azienda, mense, spogliatoi e quant'altro. Il lavoro tra Regione, parti datoriali e sindacati per definire il protocollo che dovrà diventare legge dal momento del riavvio delle attività produttive in una fase comunque di "convivenza forzata" con il coronavirus, procede spedito e questa settimana ci saranno altri incontri e contatti tra le parti.riunioni per il protocolloLa Regione ha inviato ad associazioni di categoria, sindacati e medici una serie di indicazioni sui test diagnostici per il coronavirus negli ambienti di lavoro e sulle misure di prevenzione per la riapertura delle attività non sanitarie. Le riunioni per definire il protocollo si sono svolte la scorsa settimana e altre ne seguiranno. Nel dettaglio, per quel che riguarda l'efficacia degli esami diagnostici, viene ribadito che al momento attuale i test sierologici, come indicato dal ministero della Salute, «necessitano di ulteriori evidenze sulle loro performance e utilità operativa». Per questo motivo, come da parere del Comitato tecnico scientifico nazionale, è ritenuto «insostituibile per la diagnosi certa di infezione in atto da Covid-19 il test molecolare basato sull'identificazione di Rna virale dai tamponi nasofaringei». Pertanto, come ha evidenziato la Regione, «la positività dei test sierologici nei lavoratori ad ora non ha alcuna utilità per consentire loro l'ingresso o meno nel luogo di lavoro». Preso atto che l'unico esame diagnostico affidabile risulta essere allo stato attuale il tampone, l'amministrazione regionale, ricordando la difficoltà di acquisire sul mercato internazionale i reagenti necessari per l'analisi in quanto «non immediatamente disponibili», conferma che l'esecuzione dei test sui lavoratori sani non rientra tra le possibili priorità, che sono invece indirizzate «ai soggetti con manifestazioni cliniche di infezione respiratoria o ai sanitari che li curano, come stabilito dalla circolare ministeriale del 3 aprile 2020». Sul fronte più specifico della prevenzione del contagio, quindi, l'unico sistema di dimostrata utilità, consiste in alcune determinate indicazioni, tra le quali: l'organizzazione degli ambienti di lavoro in modo tale da permettere il distanziamento dei lavoratori, la protezione dei dipendenti con mascherine chirurgiche in caso fosse impossibile mantenere la distanza interpersonale, il perseguimento delle buone prassi di igiene e, infine, l'aerazione e la pulizia con disinfettanti degli spazi lavorativi. Inoltre viene disciplinata l'indicazione per il lavoratore di rimanere nel proprio domicilio nel caso si presentasse uno dei sintomi della malattia, come febbre (oltre 37,5°), perdita di gusto e olfatto, tosse o altri disturbi all'apparato respiratorio. Il documento della Regione conclude comunicando che il Servizio sanitario del Friuli Venezia Giulia, attraverso i Dipartimenti di prevenzione, «garantirà il supporto necessario alla ripresa dell'attività produttiva, assicurando ogni possibile forma di assistenza e informazione per un lavoro sicuro durante questa fase».pezzetta (cgil)I sindacati confederali confermano che la discussione sul Protocollo è a buon punto, ma non conclusa. «La nostra idea - spiega il segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta - è quella di costruire un documento che sia di supporto e di controllo dentro le fabbriche per garantirne l'osservanza. In fatto di controlli, nelle grandi realtà il problema si pone meno, perchè le aziende strutturate hanno le loro rappresentanze sindacali interne. Il problema sorge quando andiamo a osservare le piccole aziende, che in regione rappresentano il 70, 80 per cento del totale. L'ipotesi che è emersa, allora, è quella di nominare dei rappresentanti territoriali, delegati dal sindacato, che possano verificare l'applicazione del protocollo nelle piccole realtà, sempre in un'ottica costruttiva. Sono figure fondamentali, quelle dei rappresentanti territoriali, per la ripartenza. Il periodo che ci aspetta di convivenza con il Covid-19 non sarà breve. Se qualche imprenditore ritiene che si possa tornare ai ritmi di lavoro e ai livelli produttivi di prima in breve tempo, si sbaglia di grosso. Se parte un focolaio in un'azienda, torniamo al punto di partenza, con le conseguenze che abbiamo avuto sotto gli occhi in queste settimane. E dentro il protocollo deve andarci la parte riguardante la mobilità, mezzi pubblici, bus, treni, pullman, parcheggi aziendali. Si pensa anche da quali settori ripartire, i meno a rischio, e con che tipologia di lavoratori, se prima debbano rientrare i più giovani o le donne che sono meno colpiti dagli effetti della malattia. Riccardi dice che eventuali tamponi si faranno solo ai sintomatici perchè non ci sono i reagenti, ma io sostengo invece che vorrei tamponi a sufficienza per utilizzarli su larga scala. Senza controlli medici veri, torna ad aumentare il rischio. Dobbiamo garantire sicurezza e tutela dei lavoratori, no a soluzioni aziendali fai da te».Monticco (Cisl)Il numero uno regionale della Cisl Alberto Monticco ribadisce che «dobbiamo essere pronti a ripartire, quando sarà, con tutti i mezzi di prevenzione a disposizione». Anche Monticco tiene a sottolineare l'importanza del monitoraggio sulla logistica. «I mezzi di trasporto usati per arrivare in stabilimento o in ufficio - spiega - o gli spazi comuni dentro le fabbriche devono ottenere la massima attenzione da parte di tutti, stiamo lavorando a un buon accordo con Confindustria e Regione, abbiamo ancora due settimane di tempo per 4
definire ogni dettaglio. Sappiamo che le aziende si stanno attrezzando per riprendere al meglio l'attività, le misure di prevenzione dovranno essere uguali dappertutto, quello della ripartenza sarà un test fondamentale».Menis (Uil)Predica prudenza il segretario della Uil Giacinto Menis. «L'emergenza non è passata - sostiene - i dati sanitari sono solo parzialmente rassicuranti, negli ultimi 10 giorni, a parte un'eccezione, abbiamo sempre avuto tra i 50 e i 100 nuovi contagi in Friuli Venezia Giulia. Non dobbiamo abbassare la guardia, la Regione fa bene a essere severa. La fase due, per l'economia, deve essere graduale e parziale e assolutamente sicura. Il tessuto industriale qua è fatto di piccole e medie imprese, dove potrebbe essere arduo applicare tutte le misure previste». Zamò: tornare presto in fabbrica con più sicurezza e protocolli rigidi (Piccolo) Alessandro Caragnano - Macchinari spenti da oltre 50 giorni, le richieste pressanti dall'estero di consegnare le forniture, le incertezze sul giorno in cui sarà possibile ripartire, su come sarà il "dopo" e più di qualche perplessità sulle azioni messe in campo a tutti i livelli. In sintesi estrema è questo il pensiero di Pierluigi Zamò, vice degli industriali del Friuli Venezia Giulia che insieme al fratello Silvano guida il gruppo Ilcam, con sede a Cormòns, leader nella produzione di ante in rovere e una delle punte di diamante dell'industria friulana del mobile. «Sulla mia scrivania ci sono almeno trenta lettere con cui clienti di tutto il mondo, dagli Stati Uniti ai paesi scandinavi, fino alla Germania, mi chiedono di inviargli le forniture concordate. Quanto ancora posso farli aspettare prima che decidano di affidarsi a qualcun altro?».Il timore dei timori è questo: perdere in un attimo clienti, sia nuovi sia storici, conquistati con anni e anni di onesta e riconosciuta professionalità. Clienti che non sarà scontato recuperare e che, rivolgendosi altrove, così come metteranno in difficoltà il gruppo isontino potrebbero creare più di qualche preoccupazione all'interno comporto del mobile, che da sempre è uno dei motori dell'industria e dell'economia del Friuli Venezia Giulia. «Come gruppo ci aspettiamo di perdere un intero quadrimestre, che si tradurrebbe in due lavoratori su tre in cassa integrazione aspettando che passi l'onda e che il mondo riparta. Da un punto di vista sanitario, come gruppo che conta sei aziende dislocate tra Fvg e Veneto e più di mille dipendenti, non abbiamo avuto neanche un caso. Abbiamo avuto certamente un pizzico di fortuna ma è anche vero che abbiamo attuato subito tutte le pratiche sanitarie, sempre in sintonia con i sindacati. Abbiamo sanificato tutti gli ambienti di lavoro, abbiamo consegnato le mascherine a tutti i dipendenti, abbiamo previsto il rispetto delle distanze di sicurezza e la misurazione della temperatura prima all'ingresso. Con un protocollo del genere e con il benestare dei sindacati non pensavamo di dover stare fermi così a lungo».Zamò cerca di centrare meglio il punto: «In questo momento, la visione dell'Italia passa attraverso una lente che è sfocata. Essere colpiti nel cuore lombardo ha fatto perdere la testa a tutti. In regione i casi per fortuna e per prudenza sono molto inferiori. Ma dobbiamo capire che vanno presidiate le case di riposo e le case di cura, non le aziende. Negli altri paesi, dove noi esportiamo il 95 percento di quello che produciamo, stanno lavorando tutti. Tornare nelle fabbriche è una questione di buon senso. Il Friuli Venezia Giulia si è mosso prima, si è mosso meglio di altri, e grazie a questo ha incassato un numero di contagi minore. Ora però non possiamo pagare lo stesso scotto della Lombardia. Non è colpa di nessuno, ma la realtà e questa e mi sarei augurato una spinta più decisa, in questa direzione, anche da parte delle autorità regionali».Un pensiero che per Zamò è frutto anche di un punto di osservazione privilegiato, di categoria, sia come vice presidente di Confindustria Alto Adriatico, sia come membro del cda del Cluster Arredo. «Le categorie stanno facendo di tutto e il presidente Michelangelo Agrusti è ogni giorno in prima linea, inaffondabile. Approfitto anzi per un appello a tutte le imprese, anche chi non è associata a Confindustria, a rivolgersi ai nostri uffici per aiuto e consulenze, che in questo momento di difficoltà vengono garantite a chiunque per ogni consiglio utile a uscire il prima possibile dalle difficoltà. I funzionari sono tutti al lavoro e stiamo facendo il possibile per aiutare tutte le imprese». 5
Badanti arruolabili negli ospizi. Solo a Trieste sono 106 i morti (Piccolo) Diego D'Amelio - Oltre cento operatori socio sanitari positivi al coronavirus nelle case di riposo triestine e la parallela difficoltà a reperirne altri per far fronte all'emergenza. E così l'Azienda sanitaria valuta la possibilità di mandare in trincea semplici badanti, in grado di svolgere attività di assistenza di base ma non addestrate per lavorare in situazioni di rischio biologico. L'ipotesi è confermata dalla Regione e ritenuta dai sindacati prova della crisi organizzativa nelle residenze per anziani, mentre in città i morti salgono a 106, più della metà del totale del Friuli Venezia Giulia.Dopo il primo focolaio nelle residenze comunali Serena e Gregoretti, a Trieste è stata la volta di Itis, Emmaus, Primula, Antonella e Mademar, solo per citare i casi più noti di un'epidemia che secondo i dati dell'Asugi riguarda per ora 17 realtà. Non bastassero le carenze di dispositivi di protezione e le inadeguatezze strutturali, che rendono difficile isolare gli ospiti ammalati di coronavirus, le strutture devono pure fare i conti con l'assenza di operatori, costretti a stare a casa perché positivi, sintomatici in quarantena o in malattia per altre ragioni. E se la Regione quantifica in settanta solo i dipendenti dell'Itis fuori servizio, pare perfino riduttiva la stima di un centinaio di operatori positivi, in una città che conta ottanta strutture pubbliche e private, per un totale di tremila posti letto. La Regione ha deciso di mantenere gli ospiti positivi all'interno delle strutture, facendoli seguire da équipe medico- infermieristiche dell'Azienda sanitaria e fornendo anche alcune decine di oss alle case di riposo in difficoltà. Ma la coperta è corta: gli oss senza impiego scarseggiano e, dopo la nuova infornata di operatori decisa dalla giunta davanti all'epidemia, capita che i dipendenti delle residenze vengano chiamati dalle Aziende sanitarie, che stanno scorrendo le graduatorie del concorso regionale. E così, per un assunto nella sanità ospedaliera o territoriale, si crea un buco corrispondente nella rete delle case. Secondo l'Asugi, gli oss al momento in servizio non sono sufficienti e così l'Azienda ha autorizzato il reclutamento di badanti, «se necessario», come recita un documento interno. Il sindacalista della Cgil Virgilio Toso trasecola davanti a una simile possibilità: «Spero davvero che non ci troviamo in una situazione così grave sul piano organizzativo. Impiegare colf nelle case di riposo è sinonimo di un quadro estremamente preoccupante sul piano del reperimento del personale». Il vicepresidente Riccardo Riccardi non smentisce l'opzione: «Il problema di individuare personale con competenze è sicuramente rilevante. Settanta dipendenti sono fermi solo all'Itis. Le Aziende mandano ad ogni modo infermieri e oss nelle case di riposo. Il nodo è particolarmente difficile a Trieste». Dopo aver previsto trasferimenti di pazienti in realtà private come Salus e Sanatorio triestino, il direttore generale Antonio Poggiana ha dato mandato di censire gli ulteriori posti letto disponibili all'ospedale Maggiore (a cominciare dalla palazzina infettivi) e di fare sopralluoghi per autorizzare e accreditare in modo provvisorio alcune nuove strutture che ne hanno fatto richiesta, anche se non è chiaro quali nuove realtà possano essersi organizzate nel pieno dell'emergenza. Pasquetta segna intanto la crescita a 2.482 dei contagiati da inizio epidemia, con un incremento di 51 su domenica: 916 a Trieste (+26 dopo il +18 di domenica), 884 a Udine (+11), 547 a Pordenone (+8) e 127 a Gorizia (+4). I guariti arrivano a 973 (+63), ma si registrano altri 8 decessi, che assieme ai 10 di domenica, portano il totale a 203: Trieste guida la mesta classifica con 106 morti, poi Udine con 57, Pordenone con 37 e Gorizia con 3. Occupati "solo" 30 dei 99 letti di terapia intensiva Covid-19 (+2), mentre sono ricoverati in altri reparti 159 pazienti (-1). Le persone in isolamento domiciliare sono 1.118 (-20). Rispetto al tema delle case di riposo, il Pd chiede con Mariagrazia Santoro di «uniformare le prassi cliniche e assistenziali», mentre Italia viva domanda che «il personale sanitario venga ricompensato prevedendo un'adeguata indennità a compensazione del rischio cui è sottoposto nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali». Walter Zalukar (Misto) invoca infine tamponi su tutto il personale delle case di riposo. 6
L'ospedale di Gorizia svuota Terapia intensiva. Ammalati dimezzati (Piccolo) Francesco Fain - Si allenta la pressione sul reparto di Terapia intensiva Covid-19 del San Giovanni di Dio. Nei giorni scorsi, erano in cura sino a undici pazienti gravi. Oggi, il loro numero è pressoché dimezzato, come conferma il direttore generale dell'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina, Antonio Poggiana. Infatti, sono sei gli ammalati in Rianimazione: tre provenienti da Pordenone, uno da Bergamo (uno degli epicentri del coronavirus), uno da Gorizia e uno da Monfalcone. Sono 16 complessivamente i posti-letto attrezzati in pochissimi giorni.Ma non è l'unica buona notizia. Perché è crollato il numero, in tutto l'Isontino, delle persone in quarantena: cittadini che erano entrati in contatto con un contagiato e, in attesa del responso dei tamponi, erano e sono prigionieri in casa loro. Per evitare che il nemico subdolo e invisibile si diffondesse ulteriormente.Ebbene: se il primo aprile il loro numero aveva toccato quota 264, oggi le persone in isolamento nelle proprie abitazioni sono 123 nell'Isontino. Un calo che diventa ancor più consistente e significativo in città dove, in una dozzina di giorni, i "reclusi" sono passati da un centinaio a 31. «È stato davvero un bel regalo per queste giornate che ci hanno visti divisi ma uniti come non mai», commenta il sindaco Rodolfo Ziberna. «Sono davvero felice ma non dobbiamo cantare vittoria - aggiunge -. In altre aree della regione e nel resto d'Italia i dati si stanno stabilizzando ma ancora troppo lentamente, e questo significa che non è finita. Quindi niente facili entusiasmi né fantasiose ore di libertà "perché ce le siamo meritate". Ancora non si esce di casa se non per urgenze. So di chiedere tanto ma ricordiamoci sempre che mettiamo a rischio non solo le nostre vite ma anche quelle dei nostri cari».Un grazie all'operato degli ospedalieri arriva anche dall'Arcidiocesi. La vicinanza della Chiesa di Gorizia con la preghiera, la stima e l'affetto a medici, infermieri ed a tutti gli operatori sanitari viene espressa dall'arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli. «So che anche voi, come tutti, provate paura in questo momento - sottolinea il presule - perché siete preoccupati per voi, per le vostre famiglie, per i vostri cari. Ma nonostante questo vi state impegnando davvero a favore dei malati, dei sofferenti, delle persone in grande difficoltà».Il messaggio si conclude con un appello di monsignor Redaelli a quanti, fra gli operatori sanitari, sono credenti affinché possano farsi «portatori con l'aiuto dello Spirito Santo di un segno di speranza cristiana ai malati, alle persone più gravi, ai moribondi e a coloro che non possono essere avvicinati in questo momento dai cappellani. Grazie anche per questo e che il Signore ci permetta presto di arrivare all'alba della Resurrezione».Nel frattempo, l'Asugi, guidata da Antonio Poggiana, ha deciso di potenziare le proprie apparecchiature ospedaliere in funzione anti-coronavirus. Rispondendo concretamente alle richieste del direttore del Dipartimento emergenza dell'ospedale di Monfalcone Alfredo Barillari, del direttore facente funzioni del Proto soccorso di Gorizia Massimo Fioretti, del responsabile della struttura complessa di Anestesia e Rianimazione Massimiliano Saltarini sono stati acquisiti otto nuovi ventilatori polmonari portatili per i tre reparti. «L'esigenza di tali dispositivi - si legge nel provvedimento di Asugi - si dimostra indispensabile a seguito del diffondersi del Covid-19 e dell'incremento di utenti con sindrome respiratoria che necessitano di supporto ventilatorio prolungato, nonché al fine di garantire percorsi separati per pazienti infetti e non». Il costo complessivo della fornitura è di 101.504 euro e troverà copertura nelle risorse statali destinate con il decreto legge 18 del 17 marzo scorso con le modalità indicate dalla Direzione centrale della salute della Regione. Gli 8 ventilatori polmonari verranno consegnati dalla ditta "Alker medicale srl" di Padova. 7
La Slovenia riapre le grandi industrie a ranghi incompleti. Operai in sicurezza (Piccolo) Mauro Manzin - Pur essendo la maggioranza degli sloveni d'accordo con il lockdown deciso dal governo per fronteggiare la pandemia di coronavirus, ora però l'opinione pubblica si aspetta che nella sua riunione di oggi l'esecutivo preveda, come peraltro paventato dallo stesso premier Janez Jansa nei giorni scorsi, un allentamento delle misure restrittive.Tra l'altro proprio oggi riprenderanno la produzione alcune delle più grandi aziende in Slovenia. Le industrie che hanno interrotto la produzione a causa dell'epidemia di Covid- 19 si uniranno a quelle, considerate d'interesse strategico, che non si sono mai fermate. Secondo Radio Slovenia, oltre la metà di tutti i dipendenti torneranno a lavorare alla Elan, che ha riorganizzato tempi e modi di produzione. Innanzitutto è stato diminuito il numero dei dipendenti che sarà presente in ciascun ambiente produttivo. È stata effettuata la disinfezione e la ventilazione dei locali e l'introduzione di dispositivi di protezione. L'arrivo dei dipendenti al lavoro è stato scaglionato in modo che non ci siano ammassamenti ai cancelli e sono state adeguate anche le modalità di distribuzione del pranzo alla mensa. Secondo il sindacalista Jean Zeba, circa l'80% dei dipendenti lavorerà oggi alla Gorenje (mobili ed elettrodomestici). A Revoz invece (produce modelli automobilistici per la Renault) è stato deciso che la produzione rimarrà ferma anche questa settimana. Il governo prevede di eliminare gradualmente alcune attività e si presume che permetterà il riavvio delle attività ai gommisti, ai lavaggi auto, ai negozi di materiali da costruzione e a quelli di beni tecnici. A Pasqua, in Slovenia, sono stati effettuati 554 tamponi. Sette persone sono risultate positive. Due sono stati i morti e due pazienti sono stati dimessi dall'ospedale. Attualmente ci sono 34 persone in terapia intensiva.Brutto risveglio a Pasqua per gli oltre mille agenti di polizia del Paese impegnati a controllare il rispetto delle norme anti pandemia emesse dal governo. Negli ultimi giorni le unità di polizia hanno ricevuto, infatti, in dotazione una maschera protettiva che non è conforme agli standard protettivi richiesti. Si tratta infatti di una maschera igienica destinata ai dipendenti delle industrie alimentari e commerciali. Le maschere non sono inoltre dotate dei certificati di permeabilità del materiale appropriati. Pertanto il sindacato degli agenti ha immediatamente chiesto la sostituzione del materiale inadeguato al ministro degli Interni Ales Hojs , con maschere conformi alle raccomandazioni espresse dalla categoria e certificate per la prevenzione delle infezioni.Il ministro ha risposto su Twitter e ha assicurato che avrebbe fornito alla polizia adeguati dispositivi di protezione qualora le maschere attuali si fossero rivelate inadeguate. Ha aggiunto che le maschere "incriminate" non provengono dagli appalti perfezionati dal governo (Jansa) nei giorni scorsi, provengono invece dal materiale presente nei depositi della polizia e retaggio del precedente ministro degli Interni, quindi, ha precisato, innescando una polemica alquanto inutile di questi tempi, che se i poliziotti si trovavano in queste condizioni disagiate la colpa è tutta del precedente governo.Ma non si è fermato qui. Ha ricordato come negli anni passati sempre gli agenti di polizia avevano con urgenza chiesto la dotazione dei giubbotti antiproiettile, salvo «dopo averli avuti - ha precisato Hojs - lamentarsi che erano troppo pesanti».La sua popolarità tra gli uomini in divisa della Slovenia non deve essere molto elevata. 8
«Tampone e test sierologico abbinati per il rientro sicuro nelle fabbriche» (M. Veneto) Alberto Lauber - Un'idea per far rientrare in sicurezza i dipendenti in azienda e per far finalmente decollare la tanto attesa fase 2. L'ha elaborata il medico udinese Paolo Venturini, cardiologo, che l'ha sottoposta anche ad alcuni addetti ai lavori del mondo scientifico, politico e imprenditoriale. «Ne ho parlato con Francesco Curcio, direttore del Dipartimento di medicina di laboratorio dell'Azienda sanitaria universitaria del Friuli centrale - sottolinea Venturini - . Non solo. Ho informato anche Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine, e altri imprenditori e politici regionali. Tutti si sono detti molto interessati. Con Curcio si stava parlando di una convenzione, con la presidente di testare il metodo in Confindustria».Ma di cosa si tratta? Il dottor Venturini ha pensato di fornire a lavoratori e aziende un sistema sicuro - battezzato Novir (Nolite virus) - per evitare contagi tra lavoratori una volta rientrati al lavoro. Un sistema che, secondo il medico udinese, sfrutta ciò che di certo la medicina mette a disposizione attualmente.«Entro pochi giorni si dovrebbe giungere a una validazione dei migliori test sierologici esistenti - prosegue Venturini - e dunque si potrebbe avere a disposizione un metodo sicuro e affidabile. Ho pensato di abbinare questo test, che si esegue rapidamente, a una seconda prova veloce ed efficace, quella del tampone. Ogni dipendente in pochi minuti sarebbe dunque sottoposto a due test. Le risposte potrebbero dar vita a tre scenari».«Il primo, che potremmo identificare con il colore verde, corrisponde all'esito negativo del tampone e a una risposta sierologica che ci indica la presenza di anticorpi nel lavoratore - prosegue -. Si tratta quindi di una persona che dovrebbe risultare assolutamente immune, inattaccabile dal virus e che potrebbe dunque cominciare subito a lavorare e con sicurezza totale. C'è poi un secondo tipo di risultato, contrassegnato dal colore bianco. Il lavoratore è negativo al tampone e pure gli anticorpi sono negativi nel test sierologico. Ciò significa che la persona è sana, non contagiosa, ma non immune. Potrebbe contrarre il virus. Va dunque reinserita al lavoro con tutte le dovute precauzioni. C'è infine un terzo caso (colore rosso) che individuerebbe gli asintomatici: si tratta dei dipendenti che risultano positivi al tampone e al test sierologico. A questo punto il lavoratore sarà posto in quarantena con approfondimenti sui familiari e sui relativi contatti avuti con altre persone».Con questo "patentino" di vari colori si potrebbero registrare in pochi giorni tutti i dipendenti... 9
CRONACHE LOCALI Porto colmo di bramme a causa dello stop. Compagnia pronta a lavorare in sicurezza (Piccolo Go-Monf) Giulio Garau - Porto di Monfalcone colmo di bramme a causa dello stop delle aziende metallurgiche e al fermo dei laminatoi, la merce però che era in viaggio (partita dall'Ucraina) è arrivata lo stesso ed è stata stoccata. Una situazione eccezionale per lo scalo alle prese con l'emergenza corona virus, con i traffici che continuavano anche se rallentati. E sopratutto con l'esigenza di mettere in atto tutte le misure di sicurezza possibili per garantire la salute delle maestranze. Tra le aziende in prima linea la Compagnia portuale. «L'azienda ha tenuto un comportamento positivo che è andato oltre ogni previsione, fuori dal comune. Non avevo mai visto un capo azienda (il riferimento è a GianCarlo Russo, l'amministratore delegato ndr) prodigarsi tanto, con azioni personali andando lui stesso a cercare disinfettanti e materiali di protezione per i lavoratori. E ora c'è il Comitato di sicurezza con le Rsu e il dialogo con l'azienda è perfetto». Un giudizio positivo quello del segretario della Filt-Cgil di Gorizia Sasa Culev che ricorda anche che «all'inizio del rapporto avevamo avuto una serie di posizioni divergenti». La musica ora è cambiata e in questi giorni è stato sottoscritto un accordo con la Compagnia portuale per mettere in sicurezza i lavoratori in caso di forte diminuzione del lavoro, con l'aiuto della cassa integrazione. «Il lavoro sta calando e c'è preoccupazione - spiega - per prudenza abbiamo sottoscritto un accordo per la cassa in deroga, 9 settimane fino al 6 giugno da utilizzare se ci sarà la necessità. Si deciderà di volta in volta». Per ora non è servito comunque e lo stesso GianCarlo Russo guarda a possibili spiragli. «A marzo abbiamo lavorato circa 230 mila tonnellate tra bramme e cellulosa - conferma lui stesso - e c'è stato un rallentamento in particolare delle movimentazione via gomma a causa della chiusura dei laminatoi a San Giorgio. Vediamo ora come va ad Aprile. In questi giorni riapre Marcegaglia e forse riprendono i traffici. Noi intanto abbiamo scaricato le bramme che arrivavano dall'Ucraina, le navi erano partite lo stesso». I piazzali ora si sono riempiti all'inverosimile. «Tutte le maestranze, 47 persone, sono al lavoro - aggiunge l'ad della Compagnia portuale - l'unica attività che è rimasta ferma sono le consegne della merce sbarcata, un calo programmato con il fermo degli impianti metallurgici. Da una parte chi lavora in banchina in porto, dall'altra gli amministrativi, tutti quelli che potevano, che lavorano invece da casa in smart-working». E per Russo c'è stato superlavoro per mettere in sicurezza i lavoratori. «Abbiamo seguito alla lettera tutti i provvedimenti - conferma - procedendo con le sanificazioni, le pulizie incrementate, la protezione individuale, i distanziamenti. Tutto il possibile affinché i lavoratori siano tutelati. Bisogna fare molta attenzione in certe situazioni, come quando si lavora nelle stive dove ci sono problemi a mantenere le distanze. Noi abbiamo adottato qualche accorgimento in più». Poi l'accordo con il sindacato sulla sicurezza in banchina e nelle manipolazioni dei traffici. «Sì abbiamo fatto un accordo con il sindacato - conclude Russo - istituito un Comitato con le Rsu e le rappresentanze della sicurezza, una vera task force e ci confrontiamo costantemente con le parti sociali che so che hanno apprezzato. Non ho fatto nulla di particolare, la situazione è di emergenza, una realtà mai vista finora. E io ho adottato una regola precisa, ho cercato di comportarmi da buon padre di famiglia». 10
Da Duino il "no" definitivo alla centrale termoelettrica (Piccolo Trieste) Ugo Salvini - Diventa definitivo il no del Comune di Duino Aurisina al Progetto di modifica della Centrale termoelettrica A2A Energiefuture spa di Monfalcone. Il documento conclusivo, comprensivo delle osservazioni frutto del lavoro svolto dalla seconda Commissione e della Conferenza dei capigruppo, riunitesi congiuntamente il 3 marzo, e ribadito nella comunicazione fatta due settimane dopo ai consiglieri componenti dalla presidente della stessa seconda Commissione, Chiara Puntar, sarà ora trasmesso ai competenti organi regionali. «Non essendo arrivati ulteriori interventi dai consiglieri componenti - ha spiegato la stessa Puntar - ho ritenuto sufficiente il tempo trascorso, perciò mi sembra corretto ritenere approvato il testo formulato di comune accordo e ho perciò deciso di inviarlo al nostro sindaco, Daniela Pallotta, per l'immediata trasmissione agli organi decisori della Regione. Questo - ha concluso - a conferma dell'attenzione della nostra amministrazione al tema dell'ambiente». «Abbiamo voluto esser sempre vigili e attenti in tutti i passaggi legati all'iter autorizzativo del progetto - ha sottolineato l'assessore comunale all'Ambiente, Massimo Romita - e abbiamo perciò ripresentato le puntualizzazioni già illustrate in occasione della scadenza delle osservazioni sull'Aia, sulla quale, insieme al Comune di Monfalcone, abbiamo ottenuto ottimi risultati». La richiesta di modifica della Centrale termoelettrica prevede l'installazione di centrali termiche e altri impianti di combustione e la costruzione di un metanodotto, atto a collegare la centrale stessa alla rete di distribuzione del gas metano della Snam, di lunghezza complessiva pari a 2,386 chilometri, oltre al recupero del sistema di trattamento delle acque reflue. Le criticità evidenziate dal Comune di Duino Aurisina riguardano proprio due aspetti del progetto: la realizzazione del nuovo impianto a ciclo combinato alimentato a gas naturale e la realizzazione del nuovo metanodotto a servizio dello stesso. «Nel dettaglio - avevano precisato Puntar e Romita - i camini esistenti hanno un altissimo impatto visivo, perciò è fondamentale non degradare ulteriormente, anche a livello paesaggistico, la zona interessata dal progetto. Non si rileva inoltre nella documentazione alcun intervento compensativo. Per quanto attiene la dismissione carbonile - avevano concluso Puntar e Romita - si segnala la necessità che la bonifica avvenga secondo quanto previsto per un materiale come il carbone minerale, prevedendo una caratterizzazione del sito, sottolineando come il carbone contiene anche uranio e torio e i prodotti del loro decadimento, radio e radon, che sono elementi radioattivi». 11
Dentesano riparte con nuovi soci: salvi il marchio e la produzione (M. Veneto Udine) Luana de Francisco - La famiglia Dentesano l'aveva promesso nel giorno più nero dei suoi sessantasei lunghi anni d'attività e, nel tempo record di un mese, la promessa si è realizzata: il marchio della sua storica azienda, la "Salumificio Dentesano srl" di Percoto di Pavia di Udine, che il tribunale aveva dichiarato fallita lo scorso 5 marzo, è salvo e, a partire da oggi, la produzione ripartirà con le sue antiche ricette. Una "resurrezione" che, festività pasquali o no, si deve innanzitutto alla determinazione con cui, nonostante i debiti e la crisi, si è lavorato per garantire continuità aziendale e il posto ai dipendenti.L'incoraggiante notizia, affidata domenica a un post dell'azienda su Fb, è stata confermata ieri dai cugini Chiara e Alessandro Dentesano, nipoti dei fondatori dell'azienda, e dai professionisti che li hanno seguiti nell'operazione di costituzione di una nuova società con altri quattro soci, tutti imprenditori della zona e titolari della maggioranza delle quote, e della successiva sottoscrizione di un contratto d'affitto di ramo d'azienda per i prossimi dodici mesi. L'accordo, che comprende un'offerta irrevocabile finalizzata all'acquisto dell'azienda, è stato formalizzato il 7 aprile, previ parere favorevole della curatrice, la commercialista Francesca Linda, e autorizzazione del giudice delegato, Andrea Zuliani.Una newco per scommettere nuovamente su un brand caro al territorio e alla sua economia, quindi, cui il tribunale, in attesa delle procedure competitive, ha voluto dare fiducia, con l'intento di preservare la prosecuzione dell'attività, i posti di lavoro e la conservazione del complesso aziendale (due gli stabilimenti, a Percoto e Campolongo al Torre), anche ai fini della preparazione delle condizioni più favorevoli alla sua alienazione. L'affitto d'azienda, non a caso, può senz'altro rappresentare una misura di salvaguardia del patrimonio della fallita. Intanto, come da accordo con i sindacati, quattro della ventina di dipendenti sono già stati riassorbiti e l'impegno, qualora le condizioni economiche lo consentiranno, è di continuare ad attingere al bacino del resto dei lavoratori in regime di cassa integrazione.«Siamo estremamente soddisfatti del risultato raggiunto - dice l'avvocato Camilla Beltramini, che ha coordinato le operazioni e curato i rapporti con gli altri professionisti, a cominciare dal collega Maurizio Borra -. La nuova realtà aziendale, creata e resa operativa in tempi brevissimi, continuerà a portare avanti la pluriennale esperienza del Salumificio e il marchio Dentesano».Visto il grave periodo storico in atto, l'azienda intende concentrarsi sui rivenditori locali e puntare sulla filiera italiana e friulana. «Siamo nati e cresciuti in azienda - spiegano Chiara e Alessandro Dentesano - e negli ultimi due anni abbiamo dovuto affrontare sfide enormi. Siamo grati ai nuovi soci per aver creduto in noi e averci dato la grande possibilità di ripartire con l'energia che ci serviva. Lavoreremo duramente per tener alto il nome Dentesano». 12
Quegli addii in silenzio nella casa di riposo al centro del contagio (M. Veneto Udine) Alessandra Ceschia - Undici vittime in una decina di giorni: è il drammatico bilancio dell'epidemia alla casa di riposo di Paluzza. Si credevano al sicuro quegli anziani fra i monti, lontano dai grandi centri dissanguati dal virus. Per impedire al Covid-19 di entrare, la Matteo Brunetti era stata blindata dal 5 marzo e si era chiusa a riccio intorno ai suoi 120 ospiti. Ma quel nemico invisibile è riuscito a violare il blocco e a far dilagare il contagio. Lo ha fatto quando ancora gli anziani mangiavano e chiacchieravano assieme negli spazi comuni e ha continuato mentre gli esiti dei primi tamponi si facevano attendere, per poi esplodere con la forza dei numeri e rivelarsi attraverso le vittime - tutte donne - che i parenti non hanno potuto abbracciare, vegliare, salutare, e per le quali non hanno potuto flettere le ginocchia per raccogliersi in preghiera. l'istituzioneLa sofferenza di una generazione in Carnia si sta compiendo all'interno di una delle sue istituzioni più significative: a regalare alla comunità i suoi beni, affinché fosse costruito un "ricovero per gli operai vecchi ed inabili" come atto di giustizia verso il paese che lo aveva visto crescere, fu Matteo Brunetti nel 1941. La sede attuale fu inaugurata nel 1952. Alla costruzione partecipano economicamente i Comuni di Paluzza, Treppo Carnico, Ligosullo, Paularo, Arta Terme, Cercivento e Sutrio che nominano ancora oggi i propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione dell'Asp.l'allarmeIl campanello di allarme è suonato alla fine di marzo, quando si scoprì che Rita Menegon, 97enne di Paluzza, che tutti chiamavano "Anita", si dibatteva fra la febbre e i colpi di tosse. L'esito del tampone, il 28 marzo, rivelò che era positiva. Fu l'unico caso individuato e le condizioni di Anita, che sembrava in lenta remissione, portarono una ventata di false speranze. Era la calma prima della tempesta. L'esame dei tamponi fu esteso ad ampio raggio sul personale interno ed esterno - una novantina di operatori - e sugli ospiti, ma mancavano i reagenti, e le risposte si fecero attendere. Quelle che sono arrivate il primo di aprile non erano buone: annunciavano 23 casi positivi. In capo a tre giorni i contagi sono diventati 60, e poi a 68 pochi giorni dopo, solo fra gli ospiti, numeri attraverso i quali il coronavirus metteva a frutto un R0 (indice di contagio) gravemente sottostimato... Guariti altri 4 operatori: torneranno alla Chiabà (M. Veneto Udine) Francesca Artico - È stata una Pasqua all'insegna di un moderato ottimismo alla casa di riposo A zienda per i servizi alla persona "G. Chiabà" di San Giorgio di Nogaro, dopo che gli ultimi 29 tamponi sugli ospiti hanno dato tutti esito negativo. Allo stato attuale i nonni in isolamento nell'apposito reparto creato all'interno della struttura restano 14 e uno in ospedale per altre patologie trovato positivo al Covid-19. Sollievo anche per le famiglie che hanno ampiamente manifestato la propria gioia nel sapere che i loro cari non avevano contratto il contagio. Per i nonni ospiti della Chiabà è stata comunque una Pasqua serena dopo le difficili settimane trascorse dall'inizio del focolaio Covid-19 all'interno della struttura: diversi di loro hanno potuto parlare al telefono con le proprie famiglie, una gioia senza eguali visto che a causa delle restrizioni imposte dal contenimento del contagio, da più di un mese non possono incontrare i loro cari. Ma anche la benedizione video di monsignor Igino Schiff e il messaggio Whatsapp del sindaco Roberto Mattiussi sono stati momenti belli e sereni. Positiva la situazione anche degli operatori che sono rimasti solo 10 in quarantena a casa, in quanto altri 4 sono stati dichiarati guariti (in tutto risultati positivi ai tampini erano stati 17, nessuno ospedalizzato), tanto che a breve rientreranno al lavoro dando sollievo ai colleghi provati da queste ultime difficili settimane. L'Asp resta comunque sotto sorveglianza del Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria con i medici Facca e Bigotto, onde evitare possibili riprese del focolaio. Cinque vite perse fra Pasqua e Pasquetta. Due delle vittime erano in casa di riposo (Mv Pordenone) Enri Lisetto - Il Friuli occidentale piange cinque persone venute a mancare col coronavirus tra Pasqua e Pasquetta. Due erano state trasferite in ospedale dalla casa di riposo di Castions, dove le vittime per la pandemia salgono a sette.Il giorno di Pasqua si è appreso della scomparsa di Elda Benvenuti Gri, 98 anni, prima vittima di Valvasone Arzene: era ricoverata nell'ospedale di Pordenone. Lo stesso giorno Aviano piangeva la seconda vittima: Franca Sartor Boschian, 83 anni, di Giais; era stata dimessa a marzo dall'ospedale ed è venuta a mancare sabato sera.Salgono a sette i deceduti residenti nella casa di riposo di Castions di Zoppola: due ospiti sono morti a dodici ore di distanza ed entrambi erano originari di Pravisdomini. 13
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