RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - giovedì 16 aprile 2020

Pagina creata da Salvatore Milani
 
CONTINUA A LEGGERE
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 16 aprile 2020
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Regione in pressing per ripartire. Gli artigiani: sì al modello Bolzano (M. Veneto)
La Cgil chiede prudenza: «No a fughe in avanti» (M. Veneto, 2 articoli)
La Fiom al prefetto: «Electrolux non riapra» (M. Veneto)
«Le imprese del mobile Fvg sono pronte a ripartire» (Piccolo)
Legno-arredo in stand-by: «Aziende del settore a rischio» (M. Veneto)
Fedriga vuole dallo Stato lo stop ai 670 milioni pretesi da Roma (M. Veneto)
Riccardi: «Giusto ripartire, ma dobbiamo evitare nuove ondate di contagiati» (M. Veneto)
Cento laboratori in regione al lavoro sui test sierologici (Piccolo, 2 articoli)
Decessi cresciuti del 36% in un solo mese a Trieste. Ma calano i nuovi positivi (Piccolo)
Il Nas in venti case di riposo: acquisiti dati, carte e protocolli (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 9)
Contagi in ospedale, Trovati positivi altri tre pazienti. Disputa in Regione (M. Veneto Pordenone)
Quegli addii in silenzio nella casa di riposo al centro del contagio (M. Veneto Pordenone)
In due settimane 15 mila in cassa integrazione (M. Veneto Pordenone)
Tram, i lavori per binari e traversine nelle mani di un'impresa casertana (Piccolo Trieste)

                                                          1
ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Regione in pressing per ripartire. Gli artigiani: sì al modello Bolzano (M. Veneto)
Maurizio Cescon - Riavviare il motore dell'economia, fermo causa coronavirus, possibilmente prima del 4
maggio. È ciò che proverà a fare prossimamente la Regione, che in questi giorni ha sottoposto alle categorie
una nuova bozza di protocollo con ulteriori norme, ancora più dettagliate, in fatto di sicurezza e
spostamenti. E che per avere un via libera da parte di tutti potrebbe convocare in tempi brevi un tavolo ad
hoc sulla questione. L'obiettivo, ambizioso, è ottenere dal Governo una deroga e magari partire qualche
giorno prima della fine del lockdown generale. Una richiesta che tutto il mondo produttivo del Friuli
Venezia Giulia si sente legittimato a fare, a maggior ragione adesso che la Lombardia, regione epicentro
dell'epidemia con oltre 60 mila infetti e 11 mila morti, preme per la ripresa delle attività produttive dal 4
maggio.«Ci consideriamo diversi dalla Lombardia - sottolinea la presidente di Confindustria Udine Anna
Mareschi Danieli - o da altre regioni che hanno subito le conseguenze più gravi della pandemia, grazie agli
interventi di prevenzione messi in campo dal presidente della Regione Fedriga. Quindi ritengo che
possiamo permetterci di essere più liberi, sul fronte della ripresa economica, di territori che stanno ancora
affrontando l'emergenza sanitaria. Penso che le imprese del Friuli Venezia Giulia siano pronte ad affrontare
la fase 2, garantendo la sicurezza dei lavoratori come fossero dentro delle "sale operatorie". Poi dovrà
essere il Governo, attraverso le Regioni, a garantire altrettanta sicurezza ai dipendenti per quanto riguarda i
trasporti, i percorsi casa-azienda e la vigilanza. Così alla fine ognuno si assume le proprie responsabilità.
Come abbiamo già verificato, gli stabilimenti non sono luoghi di contagio, noi siamo abituati a essere
flessibili. Se c'è qualche realtà che non è pronta, siamo qui per aiutarla. Purtroppo l'emergenza economica
sarà grave, i nostri diretti concorrenti, in Austria e in Germania, stanno lavorando. C'è un'asimmetria
competitiva enorme in questo momento tra l'Italia e il resto d'Europa, ecco perchè è fondamentale
ripartire, per evitare che le nostre quote di mercato vengano "arraffate" dagli altri».«Abbiamo ricevuto la
bozza di protocollo della Regione - afferma dal canto suo Michelangelo Agrusti, numero uno di
Confindustria Alto Adriatico - e stiamo elaborando le controdeduzioni. Al momento non c'è la convocazione
di un ulteriore tavolo specifico, penso che la Regione possa chiedere al Governo un via libera anticipato
rispetto al lockdown fino al 3 maggio. Noi continuiamo il lavoro con i sindacati per accordi con le Rsu,
fabbrica per fabbrica, anche nelle realtà più piccole. Prosegue pure il dialogo con le Prefetture per aprire in
deroga, siamo già al 60 per cento, di fatto all'appello manca solo il mobile».Proposta innovativa da parte
del presidente di Confartigianato-Imprese Udine e Fvg, Graziano Tilatti che sostiene sia giunto il tempo di
pensare concretamente alla ripresa. Lo fa, il leader regionale degli artigiani, guardando all'Alto Adige.
«Nella provincia autonoma di Bolzano - spiega - le imprese monocellulari, dove il titolare è anche l'unico
addetto, sono già tornate al lavoro. Si tratta di realtà dove non di rado l'artigiano vive sopra il proprio
laboratorio e non ha contatti con la gente. Per questa tipologia d'impresa chiediamo che la riapertura sia
consentita subito. Non si capisce quale vantaggio né contributo al contenimento dell'epidemia possa dare
la chiusura di ditte di questo tipo dove non c'è il rischio di alcun assembramento»...

                                                      2
La Cgil chiede prudenza: «No a fughe in avanti» (M. Veneto)
«Il problema vero non è quello di anticipare i tempi per un'eventuale estensione delle attività produttive
autorizzate a riaprire. Quella scadenza è stata fissata per decreto e siamo assolutamente contrari, lo
ribadiamo, a fughe in avanti a livello regionale, che ci sembrano del resto difficilmente ipotizzabili se non
inserite in un quadro nazionale e non suffragate dai referenti scientifici del Governo». È quanto afferma il
segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta (foto) in merito ai tempi e alle regole della cosiddetta fase 2.
«Il rischio - afferma Pezzetta - è che il dibattito si fossilizzi sui tempi della fase 2, sui quali in ogni caso spetta
al Governo decidere, tralasciando il vero obiettivo, che è quello di vigilare oggi, giorno per giorno, sulle
condizioni di sicurezza nelle aziende dove già si lavora, che non sono poche. Su questo sono stati firmati
protocolli ben precisi, sia a livello nazionale che in Fvg, che vedono coinvolti l'amministrazione regionale, le
organizzazioni imprenditoriali e i sindacati: siamo pronti al confronto per aggiornare quei protocolli in vista
della cosiddetta fase due, ma senza fughe in avanti e mantenendo la sicurezza come obiettivo
prioritario».Quanto a un eventuale allentamento delle restrizioni, per il numero uno della Cgil regionale
non si vedono le condizioni per anticiparne i termini. Quello che serve, sostiene, sono nuove regole e
procedure per garantire condizioni di sicurezza sia all'interno delle aziende che sul territorio, quindi sui
mezzi pubblici, nelle città».
«Sopravvivenza a rischio per la montagna friulana»
«Riapriamo subito le fabbriche, perché è in gioco la sopravvivenza stessa della montagna». Ad affermarlo è
Nicola Cescutti (nella foto), coordinatore della Delegazione di Tolmezzo di Confindustria Udine, il quale,
senza giri di parole, parla di «una situazione oramai insostenibile per l'economia dell'area montana»...

La Fiom al prefetto: «Electrolux non riapra» (M. Veneto)
«Electrolux non apra». In sintesi è l'appello che la Fiom Cgil di Pordenone, insieme alle Rsu Fiom dello
stabilimento di Porcia, hanno rivolto al prefetto inviando una lettera in cui esprimono il proprio parere
negativo rispetto alla richiesta che la multinazionale ha avanzato, di poter ripartire. «In relazione all'ultimo
Dpcm del 10 aprile che ha sostanzialmente confermato le disposizioni che limitano le attività personali ed
economiche, con alcune ulteriori aperture che riguardano limitatamente il settore metalmeccanico - si
legge nella lettera firmata dal segretario Fiom Maurizio Marcon (nella foto) - siamo a chiederle e sollecitare
una attenta valutazione rispetto alla richiesta di deroga che Electrolux Italia ha presentato». Per il sindacato
il permanere delle misure di contenimento che limitano i cittadini fa sì che risulti «incomprensibile la
ripresa di attività economiche e produttive ad alta intensità lavorativa e quindi a rischio di contagio, non
essenziali». Sulla stessa posizione si erano già espresse le Rsu dello stabilimento di Susegana.

                                                          3
«Le imprese del mobile Fvg sono pronte a ripartire» (Piccolo)
Luigi Dell'Olio - «Siamo in attesa di un segnale dal Governo per ripartire. Il settore non può stare fermo
ancora a lungo se vogliamo che sia ancora in grado di riattivare le macchine». Roberto Snaidero, past
president di Federlegno Arredo e uno dei più noti imprenditori del settore riassume così il clima che vivono
le imprese del mobile. Una situazione di attesa snervante, accompagnata dal lavoro nelle ultime settimane
per assicurare tutti i presidi sanitari e di sicurezza al personale per il momento in cui verrà meno il divieto
all'esercizio dell'attività d'impresa. Snaidero, le locandine del Salone del Mobile raccontano tristemente che
ieri sarebbe dovuta iniziare l'edizione 2020. E invece, dopo un primo tentativo di slittamento a giugno, si è
deciso di rinviare tutto ad aprile del prossimo anno. Forse è il momento di ripensare le strategie per
comunicare con il mercato fino ad allora?Sicuramente occorre un ripensamento su questo fronte, ma oggi è
prematuro fare qualsiasi valutazione. La priorità è ripartire, altrimenti lo scenario è molto negativo. A
proposito di riaperture. Da ieri ci sono alcune attività economiche che hanno ripreso a operare. Si è chiesto
ad esempio come mai le librerie sono aperte e le aziende del mobile no? Fatico a trovare una spiegazione e
lo stesso interrogativo si pongono non solo gli altri imprenditori del settore, ma anche di altri comparti, che
per disposizione governativa sono fermi.Ci sono spiragli per riaprire prima del 4 maggio? Il nostro auspicio,
lo dico dopo una lunga conference call con altri esponenti di Federlegno Arredo, è che si possa ripartire la
prossima settimana. Non ci sono indicazioni ufficiali in merito, ma ci speriamo. Anche perché siamo fermi
da due mesi. Se si continua con il blocco, molte aziende non saranno nelle condizioni di ripartire.In ogni
caso conferma che l'interlocuzione con le istituzioni è in corso? Certamente. Ci sono tanti aspetti dei decreti
che ci sfuggono, ma continuiamo a tenere aperto il dialogo.Anche lo scenario internazionale non è ideale e
questo preoccupa, dato che il vostro settore è da sempre molto orientato all'export.É così. Faccio parte
dell'associazione europea dei produttori di legno e arredo e diverse settimane fa, in occasione di un
meeting continentale, mi chiesero di partecipare a distanza in quanto italiano. Oggi anche altri Paesi sono in
forte difficoltà: penso agli Stati Uniti, alla Francia, alla Gran Bretagna e alla Cina, solo per citare alcuni dei
nostri principali mercati di sbocco. L'auspicio è che il picco dei contagi possa essere superato presto per
tornare a fare il nostro lavoro.Le aziende del settore sono in grado di garantire la sicurezza dei lavoratori?
Sì. In queste settimane c'è stato un grande impegno per acquistare i dispositivi necessari. Ricordiamoci che
solo il 20% o poco più delle aziende del legno e dell'arredo ha sede in Lombardia. Per il resto si tratta di
realtà, per lo più di piccole dimensioni, sparse lungo tutta la Penisola. Ci sono le condizioni per riavviare le
attività senza il rischio di assembramenti.Nonostante tutto, resta ottimista..Sono un imprenditore, non
posso non esserlo. Io per primo, anche su consiglio dei miei figli, dato che ho 70 anni sono barricato in casa,
ma ho una gran voglia di ricominciare.

                                                        4
Legno-arredo in stand-by: «Aziende del settore a rischio» (M. Veneto)
Consentire a chi ha merce in consegna di portarla, e montarla, nella casa del proprio cliente. Il tutto
indossando guanti e mascherine oltre che osservando la distanza sociale di sicurezza atta a evitare la
diffusione del Covid-19. Nell'assoluta garanzia dell'osservanza delle regole sanitarie imposte dall'emergenza
da coronavirus, si deve ripartire. Perché a essere a rischio è l'occupazione, in un comparto che conta circa
20 mila addetti, e la stabilità delle imprese. È questo l'appello rivolto alle istituzioni, sulla linea della
richiesta avanzata da Federmobili a livello nazionale, che arriva anche dal gruppo Home forniture di
Confcommercio provinciale di Udine. «Il nostro settore - spiegano il capogruppo Andrea Cumini e i
consiglieri Paolo Battistutta e Claudio Bertolutti - si ritrova con molti consumatori che hanno fatto l'ordine e
attendono la consegna di prodotti che attualmente si trovano impilati nei magazzini, ma che ci è impedito
portare nelle abitazioni dei nostri clienti. Crediamo che, con mascherine, guanti e ogni altra precauzione
anti-contagio pensata per la condizione che stiamo affrontando, oltre naturalmente alla disponibilità del
cliente, consentirci di completare il servizio potrebbe iniettare liquidità determinante nelle casse di imprese
che, altrimenti, rischiano di non poter più riaprire nel momento della Fase due, con pesanti ripercussioni
anche sull'occupazione». La situazione, come per varie altre categorie del commercio, è molto pesante
anche per il legno-arredo, un comparto da oltre 3.200 aziende e 20 mila addetti, stando alle elaborazioni
del Centro studi della Camera di commercio Pordenone-Udine su dati Infocamere. «Si tratta di una
questione di filiera - osservano il capogruppo Andrea Cumini e i consiglieri Paolo Battistutta e Claudio
Bertolutti -, con la beffa aggiuntiva di non poter rispondere alla concorrenza di un Paese come la Germania,
che ha continuato a produrre pure nelle settimane in cui da noi in Italia è stato disposto il "lockdown",
mettendoci in ulteriore difficoltà dato che più di un intermediario, nell'ambito dell'export soprattutto con il
Nord Europa, ha di fatto cancellato il nostro Paese dalla sua agenda». All'orizzonte c'è tra l'altro una data,
quella del 4 maggio, che per il momento «non dà certezze, quando invece, in merito alle modalità di
riapertura, servirebbero maggiore rapidità e chiarezza», aggiunge anche la referente camerale del settore
Servizi, Paola Veronese. Secondo il gruppo Home forniture, «la Fase due andrebbe programmata per
tempo, prima dell'arrivo del mese di maggio, e invece non sappiamo ancora nulla su quanto accadrà al
termine di questo ulteriore prolungamento della chiusura delle attività che ci riguardano» affermano. «Noi
siamo pronti a fare la nostra parte - sottolineano i vertici del gruppo Home forniture - prevedendo, per
esempio, la sanificazione dei locali e la verifica sul distanziamento sociale. Non solo. Siamo pronti a ripartire
garantendo l'utilizzo di mascherine e guanti protettivi. Ma è necessario che le istituzioni nazionali e
regionali si rendano conto dell'urgente bisogno di liquidità generato dall'interruzione forzata delle attività.
Si tratta di una emergenza - incalzano dal settore lego-arredo - che si ripercuote sia sui pagamenti dei
fornitori che sulla possibilità di onorare anche gli eventuali impegni presi in precedenza per chi ha rinnovato
le campionature o ha investito nella ristrutturazione degli spazi di vendita».

                                                       5
Fedriga vuole dallo Stato lo stop ai 670 milioni pretesi da Roma (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Uno stop, oppure quantomeno una forte riduzione, al versamento dei 671 milioni di euro
dovuti dalla Regione a Roma dopo la firma dei Patti finanziari con lo Stato avvenuta a fine 2018. Una cifra
figlia dell'accordo sottoscritto all'epoca da Massimiliano Fedriga e dall'allora ministro dell'Economia
Giovanni Tria e che rappresenta l'ammontare complessivo che quest'anno il Friuli Venezia Giulia si è
impegnato a "girare" a Roma a titolo di partecipazione a quei meccanismi di risanamento della finanza
pubblica avviati dall'epoca di Mario Monti a palazzo Chigi e mai terminati.Il ragionamento del governatore,
che domani incontrerà i rappresentanti dell'esecutivo nazionale in videoconferenza assieme ai presidenti
delle altre Regioni e Province Autonome, è quantomai semplice. Il Friuli Venezia Giulia, infatti, in pratica si
autofinanzia grazie al meccanismo delle compartecipazioni erariali - peraltro ridiscusso da Debora
Serracchiani al rush finale della sua legislatura a piazza Oberdan - e grazie a quel gettito paga, di tasca
propria, sanità, trasporto pubblico ed enti locali. Ora, è praticamente certo che lo tsunami che si sta per
abbattere, e che per molti versi si sta già abbattendo, sull'economia italiana - con il Fondo monetario
internazionale che calcola una perdita secca di 9 punti di Pil pari a oltre 160 miliardi di euro - avrà
conseguenze dirette anche sul bilancio della Regione.In fondo è impossibile ritenere che lo scudo dello
Statuto speciale sia in grado di mettere al riparo le casse del Friuli Venezia Giulia da una crisi che tanti
descrivono come la più grave della storia umana. Ed è per questo, quindi, che Fedriga chiederà al Governo
una sospensione dei trasferimenti dovuti per l'anno in corso e, possibilmente, anche per il 2021. Altrimenti,
se non sarà possibile azzerare il conto, il presidente proverà a puntare almeno su un forte ribasso in modo
tale da utilizzare il delta risparmiato per le esigenze contingenti del Friuli Venezia Giulia, a partire dal
sostegno all'economia. Nelle trattative concluse ormai un anno e mezzo fa, Fedriga aveva ottenuto, per il
2019, una sterilizzazione di 144 milioni di vecchi contributi richiesti dallo Stato, la conferma dei 120 di
rimodulazione del Padoan-Serracchiani rispetto al precedente Tondo-Tremonti e altri 45 una tantum. Per
l'anno in corso, non è più in vigore lo sconto precedente, ma restano valide le sterilizzazioni, ulteriori 165
milioni, mentre nel 2021 la cifra salirà a 240 milioni. Numeri alla mano, quindi, Il Friuli Venezia Giulia ha
versato 671 milioni a Roma lo scorso anno, altrettanto dovrebbe fare nel 2020 con una cifra destinata a
scendere fino a quota 596, però, entro il 30 giugno del 2021.Denaro, questo, che alla Regione farebbe
davvero comodo in vista di una riduzione, pressoché certa e significativa, delle entrate e che
permetterebbe anche di garantire un minimo di sicurezza in più a quegli assessorati - in primis alle Attività
produttive, ma pensiamo pure agli Enti locali - fortemente preoccupati per la tenuta dei conti di interi
settori sociali del Friuli Venezia Giulia. Provare a evitare di versare a Roma il dovuto, inoltre, rappresenta
solo il primo passo di una trattativa che si gioca anche su un altro campo, probabilmente ancora più
delicato di questo, e cioè quello di richiedere la possibilità di fare debito. Normale, si dirà. Mica tanto, è la
risposta. Perché l'obiettivo - almeno così si sussurra dalle parti di Palazzo - è quello di battere sulla
possibilità di indebitarsi utilizzando il denaro per spese di natura corrente. Una strada vietata e consentita
allo Stato nonostante la Regione vanti un rating decisamente migliore del Paese: A- (e intrinseco di AA-)
contro il BBB- dell'Italia.Certo, il futuro è adir poco denso di nubi e la crisi economica imperante
probabilmente inciderà anche su questo fattore. Ma, almeno al momento, il Friuli Venezia Giulia può
ancora contare sul giudizio di merito, molto lusinghiero, espresso dall'agenzia Fitch lo scorso settembre. Il
rating, infatti, è figlio soprattutto del basso debito del Friuli Venezia Giulia sommato alla solida liquidità
abbinata a un profilo di rischio medio. Quest'ultima valutazione si è tradotta anche, per l'agenzia, in un
modesto pericolo che il bilancio regionale pari a complessivi 7 miliardi di euro possa restringersi, oppure
che i 125 milioni di euro richiesti per la copertura del debito possano aumentare, mentre l'outlook
negativo, si legge nell'ultima rilevazione di Fitch, rispecchia quello del debito pubblico italiano.

                                                        6
Riccardi: «Giusto ripartire, ma dobbiamo evitare nuove ondate di contagiati» (M. Veneto)
La ripartenza, dei settori produttivi della Regione, è giusta e necessaria. Ma le corrette e doverose esigenze
dell'economia dovranno comunque collimare con quelle della tutela della salute perché «l'eventuale nuova
onda dei contagi deve tenere conto che il nostro sistema sanitario ha speso molto e non sarebbe in grado di
sostenere una domanda di salute come se ripartisse dall'inizio». Parola di Riccardo Riccardi, vicepresidente
della Regione e assessore alla Salute, in prima linea da settimane per gestire l'emergenza coronavirus in
una terra che ha dimostrato di saper reggere bene l'impatto del Covid-19 - con i numeri tra i più bassi
d'Italia - e che adesso si prepara a gestire, per le parti di sua competenza, la "fase 2", quella della
ripartenza.Riccardi, qual è la situazione attuale in Friuli Venezia Giulia?«Lasciarsi andare ad affermazioni
perentorie, in questo periodo, mi parrebbe inopportuno. I dati, a oggi, ci restituiscono senza dubbio una
situazione fortunatamente molto diversa da altre Regione che tutti speriamo sia possibile continuare a
mantenere tale. I numeri sono buoni - dagli andamenti dei contagi alla letalità passando per i tassi di
occupazione delle Terapie intensive -, ma ogni giorno c'è una storia diversa e non possiamo pensare che di
rimanere fermi».Nella tenuta del sistema quanto hanno pesato le restrizioni applicate in regione e il
rispetto delle regole della maggioranza dei cittadini?«Ci sono sempre alcuni "perché" alle spalle dei numeri.
Il primo è sicuramente il comportamento delle persone. Abbiamo ottenuto una risposta importante che va
riconosciuta. E vanno ringraziati i cittadini che stanno tenendo duro e hanno capito la situazione. L'altro,
poi, è che noi abbiamo capito, nel momento in cui non avevamo nemmeno un caso di contagio, che il virus
non era un problema di singole regionali. La mobilità era talmente rilevante, specialmente al nord, che se
non avessimo insistito per la chiusura delle scuole oggi avremmo un bilancio diversoIl vulnus è
rappresentato dalla gestione delle case di riposo?«L'anzianità è un tema importante da affrontare. Il nostro
sistema ospedaliero, con grande sacrifico, ha tenuto bene ed oggi è il secondo problema perché il primo sta
nel territorio. Dove le case di riposo sono il punto più fragile. Il 95% dei decessi è avvenuto per comorbilità
con una media di 85 anni di età. Stiamo continuando a portare l'assistenza sanitaria dentro le strutture
residenziali e l'istituto superiore di sanità ci dice che in quelle zone la mortalità è tra le più basse d'Italia.
Oggi abbiamo 11 mila posti letto nelle case di riposo e, al 9 aprile, 90 decessi di cui 36 nelle Rsa e 54 negli
ospedali. Sono cifre basse, ma questo non basta e stiamo aumentando screening e terapie. Poi ci sono le
altre fragilità che si trovano al limite e alle prese con le misure restrittive previste per limitare il contagio.
Va assicurata l'assistenza, in sicurezza, tenendo conto di professionalità non infinite e anch'esse colpite
dall'infezione».In definitiva, quindi?«Si deve far tesoro di quello che sta succedendo. Non credo che la
statalizzazione della sanità sia la strada giusta. Personalmente esco con alcune convinzioni rafforzate, ma
anche cambiando certe opinioni. Le case di riposo, in particolare quelle minori e meno strutturate, hanno
dimostrato di non garantire la sicurezza necessaria. In quelle strutture alcune professionalità sanitarie
devono essere presenti e non saltuarie. E anche il servizio sanitario pubblico ha bisogno di scelte più forti.
Maggiori risorse, più integrazione tra ospedali e territorio, ma soprattutto uno straordinario programma
per personale con assunzioni e percorsi formativi basati oggettivamente sulla meritocrazia». Adesso,
quindi, si può pensare di tornare a fare ripartire le aziende della regione?«Una riapertura graduale è
necessaria. Il problema non è il quando, ma il come. Con il protocollo presentato lunedì forniamo alle
imprese un elenco di comportamenti, nuovi rispetto a prima, da rispettare. All'interno della dinamica
economica, poi, dobbiamo tenere conto che le strutture di produzione sono molto diverse tra di loro. È
diverso lavorare in aziende che hanno un'organizzazione piccola oppure in una grande impresa e la nostra
struttura economica è formata da 90 mila Pmi. Ci si deve muovere verso le riaperture, ma anche nella
tutela delle condizioni di salute anche se per quanto riguarda le mascherine, ad esempio, i problemi
possono essere all'orizzonte»...

                                                        7
Cento laboratori in regione al lavoro sui test sierologici (Piccolo)
Marco Ballico - Ci stanno lavorando in tanti sui test sierologici. L'assessore regionale alla salute Riccardo
Riccardi fa sapere che in Friuli Venezia Giulia sono un centinaio i laboratori impegnati a trovare la soluzione
per fornire un quadro epidemiologico più chiaro della propagazione del virus. Con l'obiettivo di rendere più
sicuro il ritorno alle attività lavorative nelle fabbriche e negli uffici. Ma la seconda informazione che dà la
Regione, confermando le parole del giorno prima del governatore Massimiliano Fedriga, è che, sul tema,
non c'è la volontà di rischiare la fuga in avanti. E pazienza se altrove si dicono pronti a partire. Come in
Lombardia, dove è annunciato il test con il prelievo del sangue a partire dal 21 aprile, con pronta risposta
del sindaco di Milano Giuseppe Sala, che si era sentito tagliato fuori e ha lanciato la stessa iniziativa sui
4mila conducenti del Tpl cittadino, d'intesa con l'ospedale Sacco. E c'è anche la Toscana, che con il
presidente della Regione Enrico Rossi ha messo in cantiere il test su 400mila persone, con via prioritaria per
i lavoratori della sanità e ospiti e operatori delle Rsa. Fedriga, martedì, ha parlato a sua volta di uno
screening su sanitari e forze dell'ordine, ma ha evitato di entrare nel merito dei tempi. Certo, c'è massima
fiducia che possa accadere a breve, ma senza una validazione di carattere scientifico la Regione non darà il
via all'operazione. Una linea che la direzione regionale della Salute, puntualizza Riccardi, ha già riassunto in
un documento inviato a medici, sindacati, dipartimenti di prevenzione e categorie economiche...
Ma tra i privati è già boom. Centinaia in lista d'attesa
Laura Tonero - Sono quasi 900, ben 204 solo da Trieste, i privati cittadini in lista di attesa alla Polismedica di
San Vito al Tagliamento (Pn) per sottoporsi a test sierologico che permette di rilevare gli anticorpi anti Sars
Cov 2 sia di classe IgG che IgM. Si sta organizzando per offrire lo stesso servizio anche Idea Medica di
Basaldella, in provincia di Udine, che sta raccogliendo le prenotazioni, anche in questo caso diverse da
Trieste, in vista dell'avvio dei test a breve. A bussare alla porta delle due realtà, prime in regione a proporre
il test a privati, sono state anche molte aziende regionali rimaste operative o che vogliono farsi trovare
pronte alla riapertura e decise a sottoporre alla prova i propri dipendenti. Il prelievo viene fatto a domicilio.
Cento euro la cifra richiesta da Polismedica - 45 euro per il test e 55 per il servizio a domicilio -, 95 euro
quella di Idea Medica. «C'è bisogno però di fare un'attenta valutazione dei prodotti utilizzati per questo
tipo di esami - mette in guardia da Trieste Marco Poles, direttore della divisione diagnostici di Eurospital,
azienda con lunga esperienza che commercializza test rapidi e tamponi a laboratori pubblici e privati
(recente la sua donazione di questi strumenti all'ospedale infantile Burlo Garofolo), che sta sviluppando una
propria produzione test immunoenzimatici e di biologia molecolare -. Va tenuto conto anche del fatto che i
prodotti richiesti per questi test sul mercato scarseggiano e dunque è corretto utilizzarli secondo le
indicazioni emanate dal ministero della Salute, seguendo il preciso protocollo». Sono già centinaia, come
detto, i test effettuati dalla Polismedica...

                                                        8
Decessi cresciuti del 36% in un solo mese a Trieste. Ma calano i nuovi positivi (Piccolo)
Diego D'Amelio - Il coronavirus ha alzato la mortalità a Trieste del 36% rispetto agli anni passati. Le
statistiche rivelano inoltre che, ogni tre decessi attribuibili al Covid-19 nel mese di marzo, uno è sfuggito ai
dati ufficiali dei pazienti positivi e non è entrato dunque nelle stime ufficiali. L'analisi si basa sui numeri
dell'Anagrafe del Comune di Trieste, che a marzo ha registrato 317 morti contro i 232 del marzo dell'anno
scorso. La giornata di ieri segna intanto una frenata dei nuovi contagi, che sembrano ormai concentrarsi per
lo più a Trieste (16 su 24, comunque in diminuzione). Nel capoluogo i morti sono saliti a 108, mentre
un'ispezione dei Nas ha portato alla chiusura della casa di riposo "La Primula", i cui 36 ospiti positivi sono
stati ad ogni modo già trasferiti in altre strutture. La notizia di giornata riguarda però l'aumento delle
persone scomparse a Trieste. Stando alle cifre dell'Anagrafe, a marzo i decessi sono stati 317: 85 in più
rispetto ai 232 del marzo 2019. Si tratta del 36,6% di morti in più rispetto ai tempi pre coronavirus.
L'incidenza è importante ma, in confronto ad altre province, Trieste si attesta su percentuali più contenute:
basti pensare al +77% di Genova, al +55% di Bolzano, al +49% di Torino e al +44% di Trento, mentre non ci
sono nemmeno paragoni possibili con i casi lombardi, se Bergamo segna addirittura il +340%, seguita da
Brescia con il +195% e Milano con il +87%. Inferiore l'impatto in Veneto, come attesta il +33% di Verona e il
+15% di Venezia. Secondo il professor Fabio Barbone, epidemiologo a capo dell'équipe scientifica che
affianca la Regione, il dato più circoscritto di Trieste si spiega con la tendenza all'alta mortalità che
caratterizza anche in tempi normali una città con elevata presenza di grandi anziani. Il coronavirus starebbe
cioè anticipando decessi quasi sempre prevedibili comunque in tempi molto brevi. «La percentuale triestina
è una delle più basse del Nord Italia, dove in media l'aumento della mortalità è del 50% circa», dice il
medico, ma la spiegazione non va cercata in bassi livelli di incidenza dell'infezione, che a Trieste sta
colpendo anzi piuttosto duramente, bensì nell'età molto alta della popolazione. Per Barbone, insomma,
«quando ci sono epidemie respiratorie o ondate di calore accade spesso che si verifichi un'anticipazione di
decessi di persone che hanno ad ogni modo speranza di vita molto breve. Si anticipano cioè morti attese al
massimo qualche mese dopo». Colpisce anche un secondo aspetto ricavabile dalle cifre. Il 31 marzo ha
segnato per la città 85 morti in più dell'anno precedente, ma i decessi ufficiali per coronavirus a quella data
erano 60. Venticinque persone in più sono venute a mancare, senza entrare nel conteggio dei morti dovuti
all'epidemia: all'interno della crescita dei decessi figura un 30% di persone probabilmente non sottoposte a
tampone. Questo conferma quanto emerso anche nel resto d'Italia e cioè la presenza di una quota di
scomparsi per effetto del coronavirus, ma sfuggiti al conteggio dei positivi. Rapportando questo trend ai
dati di ieri, si può azzardare a dire che i decessi da coronavirus a Trieste potrebbero in realtà aver superato
di poco le 150 unità, con una frazione rimasta sommersa. Il dato trova anche conferme impressionistiche,
viste le proteste da parte di famiglie che sostengono di aver perso un proprio caro in una delle case di
riposo cittadine, senza che la persona fosse sottoposta a tampone. Salgono intanto a 2.544 i casi accertati
dall'inizio dell'emergenza. Brusca la frenata dei nuovi positivi, che si limitano a 24 persone rispetto al giorno
precedente: Trieste raggiunge i 961 infettati (+16), Udine 891 (+1), Pordenone 557 (+6) e Gorizia 130 (+1).
Salgono ancora i guariti, che arrivano a 938. Il numero dei decessi si porta a 212, con altri 6 morti da
registrare: 108 a Trieste (+2), 60 a Udine (+1), 41 a Pordenone (+3) e 3 a Gorizia. Scende il dato degli
ospedalizzati: in terapia intensiva si trovano al momento 24 pazienti (-4) e altri 163 (-3) sono ricoverati in
reparti Covid-19, mentre le persone in isolamento domiciliare sono 1.207.La situazione delle residenze per
anziani va aggiornata in seguito alla decisione dei Carabinieri del Nas di Udine di chiudere "La Primula", i 36
ospiti (tutti positivi) sono stati trasferiti in altre strutture nei giorni scorsi. Sulla casa di riposo triestina la
Procura ha aperto un fascicolo e l'Azienda sanitaria monitora la situazione del condominio, dove quattro
residenti sono risultati positivi al virus. Le forze dell'ordine hanno controllato una quindicina di residenze in
regione e disposto la sospensione dell'autorizzazione della sola struttura triestina dopo aver rilevato gravi
carenze organizzative. L'operazione di controllo ha riguardato 600 realtà in tutta Italia: un centinaio ha
evidenziato mancato rispetto delle norme e per 15 sono scattati i sigilli e il trasferimento degli utenti. Da
registrare infine la chiusura della Seconda Medica all'ospedale di Pordenone, dove sono stati trovati positivi
numerosi sanitari.

                                                         9
Il Nas in venti case di riposo: acquisiti dati, carte e protocolli (M. Veneto)
Anna Rosso - Epidemia di coronavirus e controlli a tappeto dei carabinieri dei Nas nelle case di riposo del
Friuli Venezia Giulia: da Udine - dove, a quanto si è appreso, si sono presentati anche alla Quiete -, alla
Carnia, passando per il Gemonese, il Cividalese e le Valli del Natisone, arrivando alla zona di Codroipo e fino
alla Bassa friulana. Numerose le strutture interessate anche nella Destra Tagliamento: due a Pordenone
città e poi altre nello Spilimberghese, ma anche a Cordenons, Sequals, Sacile, Cimolais e Maniago. Altre
verifiche anche in un paio di residenze nel Goriziano e in altrettante in provincia di Trieste. I militari del
Nucleo antisofisticazioni e sanità di Udine - guidati dal capitano Fabio Gentilini - hanno acquisito dati,
documentazioni e protocolli in oltre una ventina di strutture in Regione.Gli investigatori hanno cercato
perlopiù di focalizzare la situazione all'interno delle singole strutture, in particolare per quanto riguarda i
contagi, l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, la formazione del personale e, più in generale,
tutto ciò che riguarda la gestione.«I carabinieri del Nas - ha spiegato il procuratore capo di Udine, Antonio
De Nicolo - hanno avuto una direttiva nazionale e quindi stanno effettuando i relativi controlli. Per il
momento - precisa - i nostri uffici non hanno ricevuto alcun esposto o segnalazione, né, tantomeno,
denunce da parte di chicchessia. Sono comunque in corso, appunto, accertamenti di natura amministrativa
e non è escluso che possano portare a eventuali risvolti di tipo penale. Per ora - ha concluso - non c'è da
dire di più, se non che valuteremo il da farsi».A Trieste i carabinieri del Nas, come si legge una nota diffusa
dal Comando Tutela della salute, «hanno eseguito, in collaborazione col Dipartimento di prevenzione della
locale Asl, un'ordinanza di sospensione dell'autorizzazione di una struttura per anziani e l'immediata
evacuazione dei 21 ospiti alloggiati, tutti positivi al Covid-19, poiché a seguito delle verifiche effettuate
sono emerse gravi carenze organizzative nella gestione della struttura. Gli anziani sono stati tutti ricoverati
in strutture sanitarie idonee per la cura dell'epidemia». La casa di riposo in questione è la "Primula" di via
del Molino a Vento.Con la progressiva diffusione dell'epidemia da coronavirus, i controlli che il Nas conduce
ordinariamente nelle residenze per anziani sono stati rimodulati al fine di rilevare possibili criticità relative
alla gestione delle procedure e degli spazi riservati ai possibili casi di positività Covid-19, nonché alla
formazione degli operatori e loro dotazione di materiali protettivi. Da febbraio i Nas a livello nazionale
hanno effettuato verifiche in 601 strutture ricettive, individuandone 104 non conformi alla normativa (pari
al 17 per cento), hanno denunciato 61 persone e ne hanno sanzionate 157.Infine, a causa delle gravi
carenze strutturali ed organizzative sono stati eseguiti provvedimenti di sospensione e di chiusura nei
confronti di 15 attività ricettive, giudicate incompatibili con la permanenza degli alloggiati, determinando il
trasferimento degli stessi in altri centri, nel rispetto delle procedure nazionali e regionali previste per la
prevenzione di possibili contagi.

                                                       10
CRONACHE LOCALI

Contagi in ospedale, Trovati positivi altri tre pazienti. Disputa in Regione (M. Veneto Pordenone)
Donatella Schettini - Aumenta il numero dei pazienti ricoverati in seconda medica, all'ospedale Santa Maria
degli Angeli di Pordenone, contagiati da coronavirus: altri tre sono risultati positivi al tampone portando il
numero complessivo a 8. Nessun altro contagiato, invece, per ora, tra il personale sanitario, in attesa
dell'odierno esito di ulteriori test effettuati.Questi i risultati, resi noti ieri, dei tamponi effettuati sui 45
pazienti ricoverati nel reparto, in precedenza considerato Covid-free, e sui 25 operatori sanitari che vi
operano (sei erano risultati positivi tra fine marzo e inizio aprile). Un'analisi resasi necessaria dopo la
scoperta di cinque casi di positività tra i pazienti ricoverati fra il 10 e il 13 aprile, persone tutte trasferite al
reparto Covid del medesimo ospedale. Casi separati tra loro, secondo l'Azienda sanitaria Friuli occidentale
(Asfo).«Siamo in attesa dell'esito di ulteriori tamponi effettuati ieri - ha dichiarato il direttore sanitario
dell'Asfo Michele Chittaro -. I pazienti, in questo momento, sono sotto controllo e decideremo se sottoporli
a nuovi test più avanti. Adesso aspettiamo di ottenere l'esito di quelli sostenuti da tutti gli operatori sanitari
per decidere quale strada prendere. Finché non avremo tutti i risultati manterremo in via precauzionale la
chiusura del reparto», dove non si effettuano nuovi ricoveri e dimissioni. Agli operatori, intanto, sono stati
forniti i dispositivi di protezione individuali in uso nei reparti Covid.Fin qui i dati dell'Asfo. Secondo i
sindacati, però, i pazienti contagiati negli ultimi giorni sarebbero di più, undici. Cgil, Cisl e Uil martedì hanno
inviato una lettera al direttore generale della Asfo Joseph Polimeni affermando di aver ricevuto
segnalazioni di pazienti trasportati nel reparto di seconda medica prima della notifica dell'esito del
tampone. Lo stesso documento ieri è stato inviato al prefetto di Pordenone. Ieri l'Asfo ha risposto con una
lettera in cui si illustrano i protocolli seguiti e si rende nota la volontà di accertare, attraverso una verifica
interna, se le corrette procedure siano state rispettate.Ha chiesto, intanto, chiarezza sull'accaduto il
consigliere regionale del Pd Nicola Conficoni: «Attendiamo tutti di conoscere quanto prima l'esito della
verifica interna avviata dall'Asfo sull'accaduto e il riscontro che il direttore generale deve dare alla lettera in
cui le organizzazioni sindacali sollevano dubbi sulla sicurezza delle procedure seguite per i ricoveri. Va
anche chiarita la veridicità del fatto che per una disposizione interna all'azienda sanitaria, i pazienti
vengono trasferiti al reparto prima di conoscere l'esito del tampone, se questo sia coerente con le
indicazioni ministeriali e avvenga in tutta la regione».

Quegli addii in silenzio nella casa di riposo al centro del contagio (M. Veneto Pordenone)
Enri Lisetto - Anna Gambarin, originaria di Vigonza, era arrivata a Zoppola negli anni Trenta e per tutta la
vita si era dedicata alla famiglia: a 101 anni il 26 marzo è morta in ospedale. Iolanda Nardin, 98 anni, era
nata a Tempio di Ormelle e col marito, ancor giovane, si era trasferita a Zoppola: fattori dei conti, tutta
famiglia e lavoro. È morta il 30 marzo. Ferruccio Bontempo, 97 anni, originario di Orcenico Superiore, aveva
conosciuto l'emigrazione in Canada e in Belgio, poi era tornato, operaio alla Ideal Standard. È morto il 2
aprile in ospedale. Poi ci sono Caterina Bressan, Alfonsa Del Col (102 anni), Eugenio Crozzoli, Franco
Bellomo, Pietro Quinto, Giovanna Fabris e, ieri, Bernardino Chiarotto e Antonietta Cao.«Ho la sensazione
che la lista purtroppo non finisca così». Lo dice quasi con rassegnazione Bruno Ius, da un ventennio
presidente della Fondazione Micoli Toscano (ente proprietario sia della casa di riposo fondata dagli
omonimi conti nel 1946, 110 ospiti non autosufficienti, sia della scuola materna di Castions di Zoppola, 130
bambini), alle soglie degli 80 anni che compirà martedì. «La situazione è disastrosa e temo non sia finita...

                                                         11
In due settimane 15 mila in cassa integrazione (M. Veneto Pordenone)
Giulia Sacchi - Sono 15 mila i lavoratori del settore metalmeccanico della provincia che solamente nelle
ultime due settimane sono stati interessati da procedure di cassa integrazione (Cigo), strumento necessario
per fare fronte allo stop imposto dall'emergenza sanitaria legata al coronavirus: 258 sono gli accordi siglati
con le imprese nell'ultima quindicina di giorni.Tra le aziende che hanno presentato istanza anche grosse
realtà, come Electrolux di Porcia e il Professional di Vallenoncello, Casagrande, Savio, Siap e Zml a Maniago,
come ha spiegato il sindacalista di Fim Cisl Gianni Piccinin. Alcune realtà hanno comunque ottenuto la
possibilità di riattivare parti di stabilimento: ne è un esempio il reparto di ricerca e sviluppo di Electrolux,
ma il quadro resta, in ogni caso, preoccupante. «In poche settimane ben 258 verbali di accordo per la Cigo,
di cui soltanto per una decina di aziende si tratta di proroghe dell'ammortizzatore già utilizzato in
precedenza: numeri importanti - ha commentato Piccinin -, anche perché sono stati coinvolti 15 mila
lavoratori in poco tempo (la quota lievita se si tiene conto delle domande di cassa presentate subito dopo
lo stop produttivo). A queste intese vanno aggiunte le 800 sottoscritte dalle imprese artigiane, che non
possono tra l'altro usufruire della cassa integrazione, ma del fondo di solidarietà previsto dal loro settore».
«Se le intese sugli ammortizzatori sociali fanno parte della cosiddetta fase uno dell'emergenza, ora
dobbiamo pensare anche alla sottoscrizione di opportuni protocolli per affrontare il nuovo periodo che si
aprirà e che sarà collegato alla ripartenza - ha precisato Piccinin -. Protocolli che devono contemplare
l'adozione di tutte le misure e dei dispositivi necessari per rendere il lavoro il più sicuro possibile, in modo
tale da tutelare al massimo le maestranze».Intanto ci sono aziende che hanno presentato in Prefettura
l'istanza per la riattivazione della produzione: è il caso della Sarinox, realtà del Gruppo Sassoli con 22
addetti ubicata nello stabilimento Lavinox di Villotta di Chions.Una richiesta che ha sollevato dubbi tra i
sindacati. «Viste le difficoltà economiche del Gruppo, che non ha pagato neanche le ultime spettanze, ci
chiediamo dove verranno trovare le risorse per sanificare gli ambienti della fabbrica e acquistare i
dispositivi necessari ai dipendenti - ha concluso Piccinin -. Siamo preoccupati per questa situazione,
considerato anche che le condizioni igienico-sanitarie dello stabilimento erano precarie già prima
dell'emergenza coronavirus, come più volte messo in evidenza dai lavoratori, che hanno pure protestato
per tale problema».Resta ancora da chiarire, tra l'altro, la vicenda legata alla cessione di Sarinox a una
società di nuova costituzione: le forze sociali non hanno saputo nulla di più in merito.

                                                      12
Tram, i lavori per binari e traversine nelle mani di un'impresa casertana (Piccolo Trieste)
Fabio Dorigo - Il tram di Opicina prova a risorgere dalle proprie ceneri con Fenix. A questo consorzio stabile
di Bologna sono stati affidati in via definitiva i lavori relativi al rinnovamento dell'armamento dei tre tratti
critici della trenovia e il rifacimento dei marciapiedi. Il Consorzio Fenix faceva parte di un poker di offerte
piovute in piena emergenza sanitaria da coronavirus al Comune di Trieste per il bando di gara bis dopo che
il primo era stato invalidato. La seconda gara per l'affidamento dei lavori per il rinnovo di binari e traversine
della storica trenovia scadeva l'11 marzo scorso e l'apertura delle buste in modalità telematica è avvenuta il
18 marzo. L'importo posto a base di gara era di 847.282 euro. I quattro soggetti hanno proposto questi
ribassi: la Cenedese Spa di Silea (Treviso) il -3,5%, il Centro Meridionale Costruzioni srl di Casoria (Napoli) il -
18,01%, il Fenix consorzio stabile di Bologna il -19,717 % e la Se. Ge.Co srl di Venezia il - 4,94 %. L'offerta
economicamente più vantaggiosa è risultata proprio quella del consorzio bolognese Fenix. Ma
l'aggiudicazione non è stata immediata. Il presidente della commissione, l'ingegner Enrico Cortese, ha
«ritenuto opportuno effettuare alcune verifiche di congruità sui dati contenuti nell'offerta» a partire dai
dati relativi al costo della manodopera. La verifica ha confermato la "bontà" dell'offerta di Fenix e così si è
arrivati all'aggiudicazione dell'appalto, quindi, per 680.223,72 euro più 41.094,32 di oneri per la sicurezza
non soggetti al ribasso d'asta. Il totale, includendo l'Iva, arriva a 793.449 euro. A realizzare i lavori sarà però
un'impresa di Teverola, in provincia di Caserta. La Fenix, infatti, ha dichiarato di concorrere per la propria
consorziata Vitale One Costruzioni srl. Il Consorzio Fenix vanta 26 soci per la gran parte sparsi tra Campania
e Molise con avamposti a Biella e a Provaglio d'Iseo. Il rinnovo di binari, traversine e marciapiedi della
trenovia, ferma ormai da quasi quattro anni, spetta a quindi a questa impresa casertana che in regione è
conosciuta per i due campi di calcio sintetici di Roveredo in Piano (Pordenone). I lavori da 100 mila euro
furono bloccati nel luglio scorso a metà con la Vitale One che aveva vinto l'appalto finita in quel momento
in concordato preventivo e quindi in mano a un commissario giudiziale. Ma neppure a Teverola, dove la
Vitale One Costruizioni ha sede, le cose vanno benissimo. La ditta, dopo aver ottenuto nel 2012 un appalto
ventennale per oltre due milioni di euro (scadenza nel 2032) per il rifacimento della pubblica illuminazione
di Teverola, è riuscita a rispettare i termini arrivando alla rescissione del contratto con il Comune e a un
contenzioso ancora in corso. Si spera che a Trieste le cose vadano meglio viste le aspettative bibliche per la
ripartenza dello sfortunato tram. L'entrata in scena della Vitale One di Teverola arriva dopo l'inciampo (che
non è stato l'unico) della gara da rifare. Questa volta la gara è stata aperta a tutti (e sono arrivate quattro
offerte), a differenza della precedente che aveva visto invitate 15 ditte di cui solo una, la triestina Juliafer srl
(ora esclusa), aveva presentato una proposta. La gara, bandita il 29 ottobre e chiusa il 28 novembre dello
scorso anno, aveva creato diverse "grane" al Municipio con ricorsi e contro ricorsi. La ditta Se.Ge.Co. di
Venezia aveva presentato infatti opposizione prima al Tar e poi al Consiglio di Stato in virtù del mancato
invito a partecipare. Entrambi i ricorsi, però, erano stati respinti con l'ultima sentenza scritta a inizio
gennaio a riprova della correttezza della procedura seguita dal Comune. Solo che era sfuggito un
particolare. Proprio durante i controlli al casellario giudiziario è comparsa una procedura penale per
istigazione alla corruzione a carico del responsabile della Juliafer. Nessuno fino ad allora se n'era accorto. Le
norme vietano alle amministrazioni pubbliche di sottoscrivere accordi con privati che hanno precedenti di
questo tipo e dunque non è rimasto che stralciare il contratto e procedere con una nuova gara d'appalto
per sostituire binari e traversine. Un'impresa che ora spetta appunto alla Vitale One Costruzioni di Teverola
per conto del consorzio Fenix di Bologna.

                                                        13
Puoi anche leggere