Rassegna stampa 26 ottobre 2016 - 02 novembre 2016 - Anica

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Rassegna stampa
   26 ottobre 2016 - 02 novembre 2016

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INDICE

ANICA - ANICA SCENARIO
   01/11/2016 Corriere della Sera - Nazionale                           6
   Italia digitale

   30/10/2016 Corriere della Sera - Nazionale                           9
   Western sulle Dolomiti

   01/11/2016 La Repubblica - Nazionale                                 11
   Cosa fanno gli animali lasciati soli in casa? Volano al botteghino

   31/10/2016 Corriere Economia                                         12
   Telecom & Media Nozze forzate

   02/11/2016 La Repubblica - Nazionale                                 14
   "I, Daniel Blake" Ken Loach verso altri trionfi

   31/10/2016 Corriere Economia                                         15
   Film Così l'Italia è diventata il set del cinema mondiale

   31/10/2016 Corriere Economia                                         17
   Tivù Tutti a caccia di realtà (virtuale)

   02/11/2016 La Repubblica - Nazionale                                 19
   "Così ho dato vita al piccolo samurai nascosto in tutti noi"

   02/11/2016 La Stampa - Nazionale                                     20
   Ma che Natale affollato Sarà guerra tra cinepanettoni

   01/11/2016 Il Messaggero - Nazionale                                 22
   Ben Affleck: basta fumetti adesso è l'ora degli antieroi

   30/10/2016 Corriere della Sera - La Lettura                          24
   La luce non mi basta più

   02/11/2016 La Stampa - Nazionale                                     26
   "Con la crisi che c'è al cinema questa è come un'oasi protetta"

   29/10/2016 La Repubblica - Nazionale                                 27
   "Grazie a papà porto in Italia Steven Spielberg"

   27/10/2016 La Repubblica - Nazionale                                 29
   Se il falso d'autore in tv piace più della Storia
01/11/2016 Il Tempo - Nazionale                                                      31
L'ultima «patacca» Rai Così ruba i video a Sky

02/11/2016 Il Messaggero - Nazionale                                                 32
Blunt e la ragazza del treno: racconto il nostro lato più oscuro

01/11/2016 Il Tempo - Nazionale                                                      34
Fantascienza e fumetti Besson sfida Cameron a colpi di effetti speciali

30/10/2016 L'Espresso                                                                35
Sogni tristi in libertà

30/10/2016 L'Espresso                                                                37
Quei film andati in fumetto

02/11/2016 Il Giornale - Nazionale                                                   38
«Il cinema va male? Colpa dei registi: fanno film pallosi»

01/11/2016 La Sicilia - Nazionale - Catania                                          40
Il duo comico I Soldi Spicci da oggi girerà a Castelbuono il primo film

31/10/2016 La Stampa - Nazionale                                                     41
La serie tv che libera la brutalità e cancella ogni senso di colpa

30/10/2016 La Stampa - Nazionale                                                     43
"Le serie tv sono un'eccellenza italiana Il nostro obiettivo è farne tre all'anno"

29/10/2016 La Stampa - Nazionale                                                     45
DAI LIBRI ALLA TV, UNA BELLISSIMA PAURA

31/10/2016 Il Messaggero - Nazionale                                                 46
«La televisione genera mostri»

02/11/2016 Diva e Donna                                                              47
GIOVANNI MINOLI ALTRO CHE RAI: FINALMENTE A LA7 FACCIO SERVIZIO
PUBBLICO

30/10/2016 Il Messaggero - Nazionale                                                 50
Come truffare i truffatori si "impara" in un mio film

30/10/2016 Il Messaggero - Nazionale                                                 51
Virna Lisi un sorriso senza fine

30/10/2016 Il Messaggero - Nazionale                                                 52
"Il medico di campagna" supereroe che conquista i botteghini francesi

29/10/2016 Il Messaggero - Nazionale                                                 53
«Che risate con Mafia Capitale»
29/10/2016 Il Messaggero - Roma                                                         55
  Una porta sul Medio Oriente

  29/10/2016 Il Messaggero - Umbria                                                       56
  Torna il Festival d'inverno e porta Claudia Cardinale

  29/10/2016 Il Messaggero - Metropolitana                                                57
  Fiction e reality, Tivoli fa il pieno

  29/10/2016 Il Fatto Quotidiano                                                          58
  " L ' ora legale " di Ficarra e Picone: " Cosa succede se vince l ' onesto? "

  29/10/2016 L'Unità - Nazionale                                                          60
  Radar La serialità dalla tv al cinema secondo Crespi e l ' esperienza di Cubeddu in "
  Pechino Express "

  31/10/2016 Il Tempo - Nazionale                                                         62
  La profezia di Gabriele Salvatores «Il futuro del cinema è hi-tech»

  29/10/2016 Il Tempo - Nazionale                                                         63
  Parata di star del cinema per il premio RdC Awards

ANICA WEB - ANICA WEB
  31/10/2016 www.ansa.it_sicilia 16:33                                                    65
  Cinema: Ciak a Castelbuono per film con I soldi spicci

  31/10/2016 www.spotandweb.it 16:45                                                      66
  Tre spot per la campagna IO FACCIO FILM

  29/10/2016 youmovies.it 14:30                                                           67
  "Io faccio film": il concorso

  29/10/2016 cinetvlandia.it 12:49                                                        68
  Io faccio film: 3 nuovi spot e concorso ufficiale in difesa delle maestranze del
  cinema italiano
ANICA - ANICA SCENARIO

37 articoli
01/11/2016                                                                                              diffusione:254805
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 INTERVISTA
 Italia digitale
 Salvatores «La mia sfida? Coniugare effetti speciali e racconto»
 Stefania Ulivi

 Ent'anni fa immaginò un mondo dominato dai videogiochi. Oggi non si separa dal suo cellulare (anzi ne ha
 due) ma non ama i social network. Se deve scegliere tra passare il tempo davanti a una serie tv o davanti a
 un Caravaggio non ha dubbi. Ma, pioniere dell'era del digitale sul grande schermo, pensa che le immagini
 generate digitalmente possano aiutarlo a evolvere. Non tradisce comunque l'amore per il teatro, dove tutto
 per lui cominciò, e pensa che possa essere un antidoto contro un uso compulsivo della tecnologia che
 anziché aprirci nuovi mondi rischia di rinchiuderci in tante monadi autoreferenziali.
  Benvenuti nel mondo di Gabriele Salvatores, il più eclettico dei nostri registi, sempre in cerca di un confine
 da spostare un po' più in là. In questi giorni la frontiera artistica è legata agli effetti speciali. Lo incontriamo
 a poche ore da una masterclass all'Area Movie di Lucca Comics and Games 2016 in cui, insieme al
 maestro dei visual effects Victor Perez (in curriculum da Harry Potter a Il cavaliere oscuro , passando per
 Star Wars ) ha illustrato le innovazioni grazie a cui sta dando vita al sequel de Il ragazzo invisibile , prodotto
 da Indigo con Rai Cinema, che uscirà per 01 Distribution nell'autunno del 2017.
 L'anno del ventennale di Nirvana .
 «Al prossimo Torino Film Festival dove sarò guest director , lo proietteranno. Lo girammo negli ex
 stabilimenti dell'Alfa Romeo, quelli dell'uscita degli operai di Rocco e i suoi fratelli . Fu un tentativo da pazzi,
 per fortuna andato a buon fine. Il vero figlio dell'Oscar».
 In che senso?
 «Quando ci arrivò la notizia del premio per Mediterraneo eravamo in Messico a girare Puerto Escondido
 che seguiva il filone di Marrakech Express e Turné , italiani all'estero alla ricerca del nuovo. L'Oscar è stato
 il mio superpotere: potevo, anzi dovevo, osare, fare cose diverse. Cambiai strada e arrivò Sud e poi
 Nirvana ».
 Il più ardito dei suoi esperimenti, già allora con il suo sito web. Come le venne l'idea?
 «Dal bigliettino che Kurt Cobain lasciò prima di ammazzarsi con la citazione da Neil Young: "It's better to
 burn out than to fade away". E l'aggiunta: "Non riesco più a stare in questo gioco". E da tanta fantascienza
 su cui mi sono formato. 1984 di Orwell, letto forse fin troppo presto. E poi Philip Dick, Ray Bradbury. Libri
 che raccontavano la paura di un futuro spersonalizzato. Che poi è quello che ci è successo veramente».
  Gli effetti speciali erano, per così dire, poco spettacolari.
 «Harvey Weinstein che comprò i diritti Usa rimase sbalordito dalla qualità degli effetti. Tecnicamente, mi
 disse, si possono fare meglio ma voi ne avete fatto un uso legato alla narrazione unico. Lo fece anche
 doppiare ma ebbe più successo nelle proiezioni in italiano sottotitolate. Non c'è bisogno di canottiere e
 mandolini per essere riconosciuti come italiani».
 Eppure siamo i primi a vivere di nostalgia.
 «È il nostro vizio. Siamo stati spesso i più moderni di tutti - Archimede, Galileo, Marco Polo, Colombo -, veri
 pionieri. Come l'Olivetti e l'Alfa Romeo. Ma singoli prototipi. La difficoltà è fare sistema e riconoscere i nostri
 meriti. Per esempio, la vicenda della sonda Schiaparelli si è conclusa male ma neanche lo sapevamo che
 eravamo stati capaci di arrivar fin là».
 Innovare vuol dire?
 «Chiudere una porta per aprirne un'altra. Solo affrontando l'ignoto si rinasce, la vita è fatta di abbandoni. È
 la cosa che mi spaventa di più l'abbandono. Io riesco a farlo bene nel lavoro meno bene nella vita privata.
 E, infatti, non avendo una famiglia tradizionale, ho costruito un gruppo di lavoro, prima in teatro e poi nel
ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 26/10/2016 - 02/11/2016                                                        6
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                                                                                                                         La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 cinema, con cui mi trovo da trent'anni».
  Che rapporto ha con la tecnologia?
 «Contraddittorio. La uso per il mio lavoro e per rendere la vita più facile. Va bene per comunicare ma non è
 la comunicazione. Non sono molto tecnologico in effetti, non sto su Facebook né su Twitter, i social network
 non mi piacciono. Non amo molto neanche le serie tv che hanno ribaltato il concetto di racconto, non ho
 mai voglia di stare lì a vederle. In un'ora e 40 minuti forse tutte le storie sono state raccontate invece le
 serie funzionano come la rete, apri dei link su storie laterali. In fondo è quello che facevano i romanzi a
 puntate dell'Ottocento...».
 Ha detto che il web ci apre al mondo ma toglie spazio all'ignoto.
 «È un paradosso. La Rete è nata come punto di incontro libero e anche anarchico di idee diverse, ora
 rischia di diventare da un lato un supermercato, dove chiunque cerca di venderti qualcosa, e dall'altra una
 fonte di informazione di superficie. Non che questo sia dannoso ma non è il vero sapere. Passi da un link
 all'altro, hai più notizie ma sai meno della singola cosa. È un processo orizzontale, si è persa la profondità.
 Una volta si diceva un pozzo di saggezza... E ci si sta isolando. Sento in giro il desiderio di esperienze
 dirette, uniche e irripetibili. Il teatro potrebbe giocare un ruolo anche sociale».
 Sta girando con attori giovanissimi come Ludovico Gilardello, 16 anni. Come li vede?
 «I millennials , nati con le tecnologie, sono veramente una generazione a sé, Internet ha creato una frattura
 molto forte. Conosco alcune persone di quell'età insopportabili, mosci, i famosi "sdraiati" di Serra, per
 capirsi. Ma tanti altri fantastici. Ogni generazione ha avuto avanguardie e retroguardie. A loro abbiamo
 bruciato sogni, spinte, abbiamo già fatto tutto e non ci togliamo di mezzo. E infatti la rivincita la prendono
 sulla tecnologia».
 Il futuro del cinema passa dalla realtà virtuale?
 «No. Quella è l'evoluzione dei videogiochi. Il cinema è ancora quel quadratino in cui io regista racconto una
 storia. Se metti lo spettatore al centro della scena cambia la prospettiva».
  Ora torna a Malta per le ultime scene del sequel de Il ragazzo invisibile. Come sarà?
 «Il primo film raccontava di un ragazzo che scopriva di avere superpoteri e ne era spaventato. Qui entra in
 scena una sorella, Natasha e la madre biologica in conflitto con quella adottiva. Intrighi, tradimenti, azione.
 Sarà più adulto e spettacolare del primo, ma anche più dark . E molto innovativo sul fonte degli effetti. Miles
 Davis quando chiamò Coltrane per il suo quartetto disse: "Non cercavo un sassofonista ma qualcuno che
 cambiasse la musica". È quello che voglio fare con Victor».
 E dunque?
 «Sarà il primo film italiano con l'uso del 3D anche per generare immagini in post-produzione. Con Victor ho
 ricreato in 3D personaggi in carne e ossa, e spazi: un'innovazione che potrebbe cambiare molto il modo di
 girare».
  Una nuova frontiera per lei è il racconto del femminile. Negli ultimi film ci sono più spesso donne e ragazze
 complesse .
 «È vero, ho perso la paura di farlo, anche lavorando a contatto con le giovani attrici. Per me il femminile è
 sempre stato un mondo misterioso. E ora ho anche un nuovo progetto con un personaggio femminile
 bellissimo».
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
  L'industria dell'intrattenimento LA QUOTA DEL DIGITALE NEI VARI SETTORI LA MUSICA I VIDEO
 uomini 50% donne 50% degli italiani over 14 49,7% Corriere della Sera *Non vengono forniti dati italiani
 21% Film 20% Libri 7% Riviste 60% Giochi 45% Musica I GIOCHI Gli abbonati nel mondo* Il fatturato (nel
 2015) Supporto digitale (+10,2%) 45% Streaming (nel 2015) 45% Supporto fisico (cd, vinilio altro) 39% Il
 sorpasso del 2015 (quote di mercato) Apple music 17 milioni Spotify 39 milioni 25 milioni i videogiocatori
 952 milioni di euro (+6,9 sul 2014) di cui 569 milioni 59,8% Videogiochi più venduti: Fifa 16, Call of Duty:

ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 26/10/2016 - 02/11/2016                                                    7
01/11/2016                                                                                        diffusione:254805
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 Black Ops III e Minecraft 300 milioni 31,5% Console 1,029 milioni di console vendute: 78% home, 22%
 Portable 83 milioni 8,7% altri Gli italiani che utilizzano almeno un servizio di streaming su abbonamento 3,2
 milioni La spesa per i servizi di video streaming nel 2015 Ricavi derivanti dall'accesso ad Internet nel 2015
 Internet previsto nel 2020 Videogames Tv Radio 29,7% 34,1% +7,2% +4,6% +4,6% + 27% sul 2014 +2,4%
 50 milioni di euro Incremento previsto dei ricavi nel periodo 2015-2020
 Foto: È possibile seguire i contenuti e
 le riflessioni su
 «Italia digitale» all'indirizzo www.corriere.it/italia-digitale/ Su corriere.it si trovano anche servizi
 e storie sul mondo digitale, che riguardano l'innovazione, la ricerca e la tecnologia
 Foto: Gabriele Salvatores,
 è nato a Napoli 66 anni fa. Vincitore del premio Oscar nel 1991 con «Mediterraneo»,
 sta girando le riprese
 del sequel del «Ragazzo invisibile», che uscirà
 nelle sale nell'autunno
 del 2017. È stato tra
 i protagonisti all'Area Movie di Lucca Comics
 and Games (foto Ernesto Ruscio /Getty Images)
 Foto: Vent'anni fa, con «Nirvana» , immaginai il mondo dominato dai videogiochi
 I Millennials si vendicano di noi con la tecnologia perché gli abbiamo bruciato i sogni
 Foto: L'evento Il 7 e 8 novembre a Milano due giorni per capire e raccontarsi
 con esperti italiani e internazionali Avanguardia Noi italiani siamo stati spesso i più moderni, penso a
 Galileo
  o all'Olivetti, ma non facciamo sistema

ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 26/10/2016 - 02/11/2016                                                  8
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Pag. 36                                                                                                  tiratura:382356

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 Western sulle Dolomiti
 In arrivo Paure, leggende e drammi familiari in «La pelle dell'orso» Un padre rabbioso, il figlio adolescente,
 la montagna Il film di Paolini evoca l'Italia profonda degli Anni 50
 Gian Antonio Stella

 «E l à balegà sulla peca del Matharol», dicevano sulle montagne dolomitiche, facendo con la mano destra il
 gesto d'avvitar qualcosa in aria, per descrivere chi era andato via di testa: «Ha messo il piede sull'orma del
 Matharol». Il folletto vestito di rosso che gironzolava per i boschi e faceva uscir di senno chi voleva perdere.
 Forse anche Pietro Sieff, il selvatico protagonista dell'ultimo film di Marco Paolini, La pelle dell'orso , tratto
 dall'omonimo romanzo di Matteo Righetto e firmato dal regista Marco Segato, aveva messo il piede su
 quelle orme maledette. Imboccando quel sentiero di rancori e sventure che porta inesorabile verso un
 cattivo destino. Ruvido, incattivito, rabbioso coi compaesani e i compagni dell'osteria «Alla Posta» e i
 parenti e perfino Domenico, il figlio di quattordici anni (interpretato da Leonardo Mason) che non si capacita
 di tanta ostilità e tenta di contenere come può gli sfoghi di collera paterni, Pietro è un brutto figuro. Uno di
 quegli uomini che nelle maschere popolari delle valli veniva rappresentato appunto come un uomo orso.
 Coperto di pelo, torvo, le fauci assassine.
 Siamo nel 1955, in un borgo dalle parti di Fornesighe, un paese della Val Zoldana povero e bellissimo. Ma
 potremmo essere nella vicina Carnia, in Valtellina, in Garfagnana o sui Nebrodi. Perché la storia, al di là
 della cadenza bellunese dei personaggi, è una storia universale. Una specie di western dove padre e figlio,
 scossi entrambi dalla morte della figura femminile che avrebbe potuto dare alla famiglia qualche equilibrio,
 imparano a conoscersi arrancando, inciampando, ruzzolando rovinosamente in un viaggio attraverso i
 dirupi e le foreste.
 È un'Italia povera. Affamata. Uscita dalla guerra popolata da contadini e montanari che dopo aver
 combattuto a volte sui rilievi lontanissimi del Corno d'Africa cantando «Mamma ritorno ancor nella casetta/
 sulla montagna che mi fu natale / son pien di gloria, amata mia vecchietta...», si sono ritrovati al ritorno
 ancora più isolati di prima. Ostaggi di contrade via via più spopolate.
 Con maestri impegnati a tenere aperte scuole sempre più piccole e malmesse per scolari sempre più ridotti,
 esposti a inverni duri come quelli raccontati anni addietro dal maestro Emilio Alchini: «Oggi pochi gli assenti
 ma il freddo e la mancanza di legna non mi permisero di fare le mie lezioni regolari... Non è possibile tener
 la penna in mano. I ragazzi piangono dal freddo...».
 Contrade così lontane e mal servite che se qualcuno moriva in certe annate di nevicate eccessive veniva
 appeso alle funi in un «tabià» al sicuro dai topi per poi fare il funerale al momento in cui si scioglievano le
 nevi. Così tagliate fuori dal resto del mondo che di malga in malga girava la «cromera», una donna
 instancabile e senza età che a dorso di mulo portava alle famiglie una miriade di piccole cose in vendita.
 Anche nel film di Marco Segato e Marco Paolini prodotto da Jole Film c'è una «cromera», interpretata da
 Lucia Mascino. E con lei un po' tutte le figure del piccolo mondo antico dolomitico che in quegli anni 50
 sarebbe stato in gran parte svuotato dall'emigrazione. Un piccolo mondo dov'era dura vivere per gli uomini.
 E ancor di più per gli orsi. Certo, una volta ce n'erano tanti. E gli Appennini tosco-emiliani degli «Orsanti» e
 tutto l'arco alpino erano pieni di leggende. Come quella dell'«orso de San Luguan» che seminava il terrore
 nella cadorina Val d'Ansièi uccidendo e sbranando vacche e capre e pecore finché i valligiani chiesero
 aiuto a un sant'uomo e quello andò senz'armi a cercarsi la fiera sanguinaria e riuscì ad ammansirla
 carezzandola sul petto e se ne tornò in groppa al plantigrado come fosse un pacifico bue.
 Leggende. Tolte quelle, gli orsi sono stati decimati da secoli e secoli fino a ridursi sulle Dolomiti a rarissimi
 esemplari di passaggio o scampati ai cacciatori di valli ancora più remote. Come appunto il nostro. Lui pure
 sopravvissuto alla guerra e arrivato chissà da dove nei boschi di Fornesighe dove fa strage di animali

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 domestici spaventando la popolazione.
 Reduce, solitario e incattivito. Come Pietro. Che una sera, bastonato dal vino e da mille umiliazioni, sfida il
 padrone della cava per cui lavora: lo ucciderà lui, l'orso che nessuno riesce a uccidere. Lui. In cambio di un
 anno di stipendio. E tra la diffidenza altrui parte per la sua caccia tra i boschi.
 È la sua occasione. Il suo riscatto. E giorno dopo giorno scopre che quel figlio che gli sta alle costole per
 aiutarlo in fondo in fondo... Una scoperta reciproca. Ma non va bene raccontare come va a finire. In ogni
 western, sia pure dolomitico, deve restare il dubbio: vinceranno i buoni o i cattivi? Meglio: chi sono i buoni?
 E chi i cattivi?
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
 Il profilo
 Marco Paolini è nato a Belluno il 5 marzo 1956. È un dramma-turgo, regista, attore, scrittore. Con «Il
 racconto del Vajont» arriva al grande pubblico: lo spettacolo vince nel 1995 il Premio Ubu per il Teatro
 Politico, nel 1997 l'Oscar tv per il programma dell'anno
 Foto: Marco Paolini e Leonardo Mason, padre e figlio in «La pelle dell'orso», tratto dall'omonimo libro di
 Matteo Righetto. Il film, ambientato negli anni Cinquanta in una comunità montana delle Dolomiti, racconta
 la storia di un paese minacciato da un orso
 Foto: Sul set Lucia Mascino in «La pelle dell'orso», film diretto da Marco Segato, sugli schermi italiani dal 3
 novembre

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 R2 ROMA
 Cosa fanno gli animali lasciati soli in casa? Volano al botteghino
 Le bestiole antropomorfe di "Pets" tallonano la pesciolina Dory: e i bambini si identificano Lo spunto della
 vicenda ricorda da vicino un altro successo del passato: "Toy Story"
 EMILIANO MORREALE

 NELLE ultime settimane, un nuovo film d'animazione è ai vertici degli incassi italiani. Pets, arrivato a 12
 milioni in 4 settimane, tallona Alla ricerca di Dory (seguito di Alla ricerca di Nemo ), che ne ha incassati 15
 in sette settimane.
  Negli Usa, dove è uscito a luglio, il film ha finora guadagnato 366 milioni di dollari, e oltre 500 nel mondo.
  Da notare, peraltro, che i primi 8 incassi dell'anno negli Usa sono 4 film di supereroi e 4 d'animazione: una
 compagine poco varia, diretta soprattutto a un pubblico di giovani o giovanissimi. Il film è prodotto dalla
 Illumination Entertainment, fondata 9 anni fa da Chris Meledandri, e lo spunto ricorda quello di Toy Story:
 cosa fanno i giocattoli quando i bambini non ci sono? Qui al posto dei giocattoli ci sono animali domestici
 (cani, gatti, ma anche porcellini d'india e quant'altro) che, quando i padroni sono fuori, si dedicano alle
 attività più bizzarre e comunicano tra loro.
  Un Jack Russell terrier e il suo nuovo "fratello", un altro cane appena adottato, si perdono al parco e
 finiscono tra l'altro alle prese con una banda di animali cattivi, che odiano gli umani perché da loro
 abbandonati. Ai tempi della rivalità tra Pixar e DreamWorks, la prima creava film per bambini che in realtà
 funzionavano benissimo, e forse meglio, con un pubblico adulto e sofisticato, anche cinefilo; mentre la
 seconda era come se si rivolgesse a un ideale pubblico di adolescenti, di non-più-bambini che cercavano di
 uscire dalla semplicità delle storie godendone l'artificialità (la serie di Shreck ). Ora il cinema d'animazione
 sembra riscoprire una vocazione più schiettamente infantile, magari articolandosi in film più "maschili" o più
 "femminili". In Pets, va aggiunto, c'è anche la riconquista della città di New York, a quindici anni dal crollo
 delle Twin Towers. È la metropoli la protagonista del film, attraversata dal basso nelle fogne o in verticale,
 letteralmente a volo d'uccello, da Manhattan a Brooklyn (con tanto di battuta sul fatto che ormai ci vanno a
 stare tutti).
  Qualcosa che il cinema popolare aveva già proposto nel remake di Ghostbusters.
  Alla proiezione cui ho assistito, il pubblico era composto esclusivamente da bambini accompagnati; e del
 resto, in gran parte delle sale il film è programmato ormai solo il pomeriggio, quindi rivolto al nocciolo duro
 del pubblico infantile. I bambini si divertono agli inseguimenti, e amano vedere animali antropomorfi.
  Ma si ha anche l'impressione che scatti in loro un po' di identificazione. Insomma: e se i cuccioli e gli
 animali domestici, i pets, fossero uno specchio degli spettatori del film, cioè appunto i bambini? Sì, forse
 sono proprio loro, questi esserini coccolati, con vite ignote ai loro "padroni", gelosi dei "nuovi arrivati", che
 lasciati soli si piazzano davanti al televisore (o davanti ai tablet o ai computer) e creano impossibili forme di
 comunicazione da appartamento ad appartamento.
  O sognano alleanze con i ragazzacci dei bassifondi, più cattivi ma forse più liberi.
 Foto: IL FILM Una scena del film d'animazione "Pets-Vita da animali" la commedia sugli animali domestici:
 come vivono quando li lasciamo soli

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  Numeri Negli ultimi tre anni sono partite oltre 700 partnership di varia natura tra i due settori. In Italia
  Telecom ha lanciato TimVision
  Telecom & Media Nozze forzate
  Tablet e smartphone hanno cambiato il modo di utilizzare i contenuti: ora l'utente sceglie dove e cosa
  guardare. E i broadcaster devono ripensare al loro business. Diversificandolo
  maria elena zanini

  Ottantacinque miliardi sul tavolo per un'operazione che ha turbato anche il candidato alla Casa Bianca
  Donald Trump. Quello annunciato da At&t e Time Warner è un accordo che ha dato una scossa a due
  mercati complessi come quello delle telecom e dei contenuti. Il candidato repubblicano alla presidenza, ha
  già detto che «c'è troppa concentrazione di potere nelle mani di poche persone». Ma verosimilmente dovrà
  farci l'abitudine, perché sembra proprio che il trend da entrambe le sponde dell'Oceano sia questo: accordi,
  partnership e fusioni, secondo la logica del «tieniti stretti gli amici, ma ancora più stretti i nemici».
  Certamente l'Europa non può aspettarsi un'operazione simile, sia a livello di cifre, sia a livello di utenti
  coinvolti. Per ovvi motivi quello europeo è un mercato più frammentario rispetto a quello statunitense e
  quello italiano in particolare. Troppi canali free to air e un settore pay decisamente poco sviluppato a livello
  di contenuti rispetto agli altri cugini europei sono due dei tasti dolenti dell'Italia. Alessandro Araimo, chief
  operating officer di Discovery per il Sud Europa, lo scorso aprile auspicava un consolidamento che potesse
  passare anche dagli operatori di telefonia che, a suo dire, «non si sono mai messi veramente messi in
  gioco». E mettersi in gioco converrebbe a entrambi, media e telecom, i primi costretti a confrontarsi con un
  mercato sempre più «à la carte» con competitor come Netflix, i secondi con un business che nel tempo ha
  dovuto adattarsi alle diverse esigenze dei consumatori. Basti pesare all'importanza che il traffico dati ha
  assunto negli ultimi anni, a discapito di chiamate e messaggi. Non solo, anche lo sviluppo della banda larga
  in cui sono coinvolti più che attivamente Enel, Wind e Vodafone avrà una parte decisamente interessante.
   Cambiare
  Un modo che le società di telecomunicazione hanno per alzare il valore del proprio business è quello di
  diversificare e puntare sui contenuti. E il modo più veloce di farlo è comprarli già «pronti» da chi ne ha. Da
  parte loro le telecom possono contare su reti di proprietà che gli eventuali partner possono utilizzare. Una
  strategica win win che evidentemente funziona se dal 2013 a oggi le partnership tra tlc e media sono state
  oltre 700 in Europa. Quando Mediaset e Vivendi avevano annunciato l'acquisto da parte dei francesi del
  100% della pay tv del Biscione, tra i nomi inclusi nella partita era stato fatto quello di Telecom, come
  naturale partner accanto ai colossi dei media.
   E in Europa?
  Chi è riuscito in Europa a creare un piccolo impero in grado di unire telecom e media è Telefonica,
  l'operatore spagnolo che, creando una cospicua base di sottoscrittori, aveva fondato Via Digital, poi
  diventata Canal+ in seguito alla fusione nel 2003 con Canal Satélite Digital. Lo scorso anno Canal+ è stata
  rilevata interamente da Telefónica, che l'ha fusa con Movistar TV, dando vita a Movistar+. Resta da capire
  cose decideranno di fare i vertici della società spagnola con la quota dell'11% detenuta in Mediaset
  Premium, ora che i francesi di Vivendi si sono tirati indietro.
   Anche nel Regno Unito il processo di merger tra telco e contenuti è cominciato e un ruolo chiave l'ha
  giocato l'ex monopolista British Telecom che ha lanciato nel 2013 un canale sportivo, BT Sport, per il quale
  ha speso 1,2 miliardi per assicurarsi i diritti della Champions League fino al 2018, decidendo, appunto, di
  investire in contenuti. Chi ha fatto il percorso inverso è stata Sky che nel Regno Unito ha triplicato il proprio
  business, come ha rivelato il ceo di Sky Europa Jeremy Darroch nella conference call con gli analisti sui
  risultati del terzo trimestre: «L'offerta di una scheda sim per il telefono mobile è vicina al lancio». La
  creatura di Murdoch in Gran Bretagna offre già un pacchetto che comprende tutta la telefonia per casa oltre
  alla connessione pay tv. In questo modo si troverebbe a fornire ai propri clienti un'offerta a 360 gradi che
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  spazia dalla tecnologia, alle infrastrutture, fino ai contenuti. In Francia c'è Orange che a livello di contenuti
  ha deciso di investire in Deezer, una app in grado di offrire lo streaming on demand di circa 35 milioni di
  brani]di numerose case discografiche ed etichette indipendenti.
  E in Italia? Il mercato dei media deve fare i conti con un netto cale della pubblicità, situazione che ha spinto
  molti broadcaster a produrre contenuti per poi rivenderli. E da parte loro le tlc sono ben contente di
  approfittarne. Propria piattaforma, contenuti altrui continua a essere la formula vincente. Da noi il principale
  player è Telecom che ha deciso di diversificare il proprio business con TimVision, tv on demand nata come
  Cubovision nel 2009. Nel corso degli ultimi anni ha siglato accordi con RaiCom, Mgm e Lucky Red, dando
  anche la possibilità di integrare la propria piattaforma con abbonamenti a Netflix, oltre a Infinity, e Mediaset
  Premium. Resta attualmente esclusa la piattaforma Now TV di Sky.
   @mezanini
   © RIPRODUZIONE RISERVATA
   SPAGNA Telefonica: Digital+ e una quota in Mediaset Premium Le forze in campo Media e
  telecomunicazioni: tutti gli accordi europei REGNO UNITO British Telecom: possiede Bt Sport per cui ha
  acquisito i diritti della Champions League fino al 2018 Sky: mobile broadband, tv Sir Michael Rake,
  presidente di British Telecom Jeremy Darroch, presidente di Sky FRANCIA Orange: possiede Deezer, La tv
  d'Orange Vivendi: possiede Canal+, Daily Motion, Studio+. Partecipazioni in Telecom Italia, Telefonica
  Stéphane Richard, Ceo di Orange Vincent Bolloré, Ceo di Vivendi ITALIA Tim: Con la sua tv on demand
  TimVision ha stretto accordi con Sky, Mediaset, Netflix, 20th Century Fox e Mgm Vodafone Italia: servizio
  broadband lancerà Vodafone TV Ha stretto accordi commerciali con Mediaset Flavio Cattaneo, Ceo di Tim
  Aldo Bisio, Ceo di Vodafone Italia José María Álvarez Pallete López, Ceo di Telefonica Franchino
  Foto: M&A Randall Stephenson, amministratore delegato di At&T, la maggiore società di telecomunicazioni
  americana
  Foto: Vertici Jeff Bewkes, amministratore delegato di
  Time Warner, colosso Usa che opera nel settore del
  cinema e della televisione

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 IL FILM News/R2 CULTURA/in pillole
 "I, Daniel Blake" Ken Loach verso altri trionfi

 I, Daniel Blake l'ultimo film di Ken Loach è in cima alla classifica delle nomination per i British Independent
 Film Awards, premio dedicato ai film "indipendenti" prodotti in Inghiltera. Le nomination riguardano sette
 categorie tra cui miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura. Candidature che confermano il successo
 della pellicola tra i critici del mondo: I, Daniel Blake ha trionfato all'ultimo Festival di Cannes.

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  Incentivi Parla Stefania Ippoliti, presidente dell'associazione Film commission
  Film Così l'Italia è diventata il set del cinema mondiale
  Dai Medici a The Young Pope, è partita la corsa a girare nel nostro Paese Gli effetti sul turismo: boom di
  brasiliani in Toscana sull'onda della telenovela «Passione» di Globo tv
  stefania ulivi

  Delocalizzazione. La fuga delle produzioni cinematografiche e televisive verso l'estero, dove per abbattere i
  costi venivano ricostruiti pezzi d'Italia in studi allestiti dai paesi dell'Est Europa alla Tunisia, è stato a lungo
  uno spauracchio per tutto il comparto dell'audiovisivo. Ora la stessa parola, delocalizzazione, assume un
  significato opposto. Ad attrarre gli stranieri siamo noi Ora preferiscono l'originale alle copie grazie agli
  incentivi e al rinnovato modello organizzativo. Operazioni come Inferno di Ron Howard (con tanto di prima
  mondiale a Firenze a coronamento di settimane di riprese in esterni e ambientazioni da sogno), I Medici ,
  The Young Pope , oltre a titoli ignoti al nostro pubblico ma seguiti da moltitudini di spettatori in paesi come
  India, Cina, Brasile, mercati i cui operatori stanno sfruttando gli strumenti che hanno favorito l'inversione di
  tendenza. Lo conferma Stefania Ippoliti, presidente dell'Associazione delle Film Commission Italiane (Ifc)e
  a capo della Film Commission Toscana.
   Il ritorno
  «Gli stranieri sono tornati a privilegiare l'Italia, aumenta la richiesta di girare in esterno in tutta la Penisola.
  Stiamo raccogliendo i frutti della politica di incentivazione fiscale attraverso strumenti come il tax credit per
  le produzioni internazionali e le co-produzioni. Abbiamo azzerato il gap. E i ritorni in termini di indotto sono
  immediati». I tour operator, per fare un esempio, già vendono pacchetti tematici «Inferno», «I Medici», si
  registrano nuovi flussi turistici, come il boom di brasiliani arrivati sull'onda di puntate della telenovela
  Passione di Globo tv girate in Toscana. E gli effetti si sentono anche sul piano del coinvolgimento di
  maestranze e imprese italiane.
  In Italia il sistema delle Film Commission è composito e in via di evoluzione, anche alla luce del nuovo
  disegno di legge sull'audiovisivo in via di approvazione che ne riconosce ufficialmente il ruolo nell'articolo 4.
  Le Film Commission, autorità amministrative indipendenti finanziate dagli enti locali, sono 17.
  «L'organizzazione è mutuata dal modello anglosassone - spiega Ippoliti -. Di fatto sono sportelli di
  accoglienza, un servizio che il pubblico mette al servizio dell'industria audiovisiva. Dobbiamo rendere
  possibile la delocalizzazione temporanea delle imprese di produzione».
   I servizi
  I servizi offerti comprendono guida alla produzione, comprensiva di database di maestranze, professionisti
  e imprese, database delle location, mediazione e contatto diretto con enti governativi ed autorità locali,
  assistenza nell'ottenere i permessi e facilitazioni nell'utilizzo delle location, nel contatto con aziende locali
  per product placement e fundraising , agevolazioni tariffarie per trasporti, vitto e alloggio. Gli obiettivi,
  rilanciati nei giorni scorsi a Roma di fronte agli interlocutori internazionali in occasione del Mia (Mercato
  internazionale dell'audiovisivo) nello showcase «The Italian Journey», sono molteplici. «Promuovere i
  territori e attrarre investimenti mettendo in contatto le produzioni con il mondo delle professionalità tecniche
  e artistiche e le imprese di servizi».
  Nei primi sei mesi del 2016 le produzioni sono aumentate del 20% rispetto allo stesso periodo del 2015,
  circa la metà sono straniere. Uno scenario lontano dagli anni dei mancati redditi e tasse per lo Stato per la
  «fuga» dalla Penisola.
  La chiave sta nelle possibilità offerte dai fondi. «Il combinato disposto tra gli incentivi fiscali statali e i fondi
  regionali ha dato ottimi risultati», sostiene Ippoliti. I fondi sono di natura e provenienza diversa: fondi per
  sviluppo, produzione, distribuzione, post-produzione, fondi ospitalità, incentivi fiscali e contributi automatici,
  statali e regionali. Con grandi differenze tra le diverse realtà. Si va dai 10 milioni del Fondo annuale

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  regionale del Lazio per le co-produzioni ai 3 della Puglia per la produzione. Diversi anche tempistica e
  forme di rendicontazione. Tra i compiti delle diverse Film Commission anche il supporto per semplificare
  tutti gli iter burocratici. «I produttori internazionali ci dicono che accettano la maggior complessità di girare
  da noi perché il ritorno in termini di appeal è evidente. L'Italia è il valore aggiunto delle loro produzioni. E
  comunque non pensiamo che girare all'estero sia una passeggiata».
   Modelli
  Negli ultimi anni il sistema delle Film Commission si è evoluto. «Il coordinamento ci permette di fare
  squadra, puntiamo a essere sempre più indispensabili. Ma certo tra noi siamo concorrenti», continua
  Ippoliti. Obiettivi futuri, la semplificazione. «Occorre rendere più omogeneo il sistema in termini di regole e
  tempistica. E stiamo lavorando per trovare un equilibrio nel nomadismo tra fondi».
  C'è chi si è mosso per primo: tra i pionieri, il Piemonte, attivissimo così come la Puglia, il Lazio, il Trentino.
  E chi, ancora, sta a guardare. «Casi come il Molise o l'Abruzzo che non si sono mai dotati di una Film
  Commission pur avendo un patrimonio di territori che ben si presterebbe» fa notare Ippoliti.
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   Produzioni future: film, film per la Tv, Web series, documentari, cortometraggi, animazioni, video game
  Archivio compagnie di audiovideo e operatori del settore Assistenza nell'ottenere i permessi per le riprese
  Location temporanea per la produzione Tariffe speciali per alloggi e catering Rapporti diretti con
  l'amministrazione locale Ufficio stampa Agevolazioni fiscali e fondi locali per la progettazione per la
  produzione per la post-produzione per la distribuzione ASSISTENZA ALLA PRODUZIONE SERVIZI
  GRATUITI Archivio delle location Pparra IL LUNGO CAMMINO PER ARRIVARE IN SALA
  Foto: Scene Un'inquadratura di «Inferno», il film di Ron Howard con Tom Hanks girato a Firenze. Sopra: la
  mini serie
  sulla famiglia Medici
  interpretata da Dustin Hoffmann

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  Programmi I nuovi contenuti protagonisti del Mipcom di Cannes. L'obiettivo è il consumo di massa. Dal
  telefonino
  Tivù Tutti a caccia di realtà (virtuale)
  Non più solo giochi. Sky punta sullo sport, la Bbc sulla natura, Discovery sui viaggi Euronews lancia il
  giornalismo immersivo con Google. È l'ora dei video a 360 gradi
  CHIARA SOTTOCORONA

  La realtà virtuale? «È una nuova frontiera dalle incredibili capacità: stiamo lavorando su tutto
  l'intrattenimento, oltre i game ». Kazuo Hirai, presidente e amministratore delegato di Sony Corporation, ha
  lanciato la sua sfida il 17 ottobre dal Palais du Cinéma di Cannes aprendo il Mipcom, il più grande mercato
  mondiale di contenuti digitali per i media. E con la sponsorizzazione di Sony il Mipcom ha dedicato, prima
  volta, due giornate di conferenze alla realtà virtuale: produzioni, modelli di business e alleanze per i video a
  360 gradi.
  «La Playstation Vr sarà il nuovo standard», assicura Hirai, che spera di aprire un mercato di massa.
  Disponibile da metà ottobre, è l'offerta più consumer (a un prezzo più basso degli Oculus Rift o del Vive
  Htc) e conta già su 40 milioni di Playstation. Ma i game non bastano. A determinare il successo della realtà
  virtuale saranno più vari contenuti di intrattenimento. Per la capacità di produzione nella musica, nei film,
  nell'animazione, Sony è ben piazzata. Ma il tempo stringe perché altri big sono entrati in campo.
   I piani dei big
  Il 5 ottobre presentando Oculus Connect3 Mark Zuckerberg ha svelato i suoi piani per far diventare la realtà
  virtuale «la più social delle piattaforme tecnologiche». E ha annunciato il raddoppio a 500 milioni di dollari
  degli investimenti di Facebook (250 milioni nel 2016 e altrettanti nel 2017) per sviluppare contenuti come
  film e programmi in Vr. Oltre a un fondo di 10 milioni di dollari destinato all'Educational nella Vr. Con il
  nuovo controller Oculus Touch, Zuckerberg ha perfino mostrato a 360° il salotto di casa sua scattando un
  selfie virtuale con il suo avatar, con la moglie e il cane sul divano.
  Negli stessi giorni Google ha lanciato l'offensiva per far diventare il dispositivo mobile la via per un uso di
  massa della realtà virtuale.
  Lo farà con un nuovo casco, il Daydream Vr, a basso prezzo (69 euro), in arrivo a novembre: funziona con
  gli smartphone Pixel, ma nei prossimi mesi sarà abbinato anche ad altre marche di telefonini Android. E
  con i contenuti sui canali di YouTube360°, che propongono centinaia di video in realtà virtuale.
  Sono prodotti non solo dagli studi di animazione, ma anche da televisioni. Euronews, per esempio, ha
  introdotto il «giornalismo immersivo», con Digital News Initiative, fondo di Google per l'innovazione.
  «Abbiamo iniziato quest'estate a girare le news a 360°, il primo servizio è stato sulle manifestazioni contro il
  colpo di Stato in Turchia, e ora produciamo due video a settimana su attualità, sport, cultura - racconta
  Thomas Seymat, giornalista di Euronews, supervisore di questi programmi - . Sono visibili da YouTube con
  i caschi Samsung Gear o da Facebook con gli Oculus». Pioniera nella tv a 360° é la RT Television russa,
  che al Mipcom ha dedicato una sessione al giornalismo immersivo. «RT è il canale tv internazionale
  multilingue più visto su YouTube, con 4 milioni e mezzo di abbonati», dice Alina Mikhaleva, consulente per
  la Vr. «In dicembre abbiamo iniziato le produzioni in realtà virtuale, con una piattaforma dedicata e un'app -
  spiega Eduard Chizhikov, producer di RT 360° -. Ogni settimana, nuovi reportage su Facebook e su
  YouTube, dove abbiamo da aprile un canale anche per i contenuti live in 360°. Abbiamo mostrato le rovine
  di Homs e di Palmira, ma anche incontri sportivi o documentari di viaggio. Servizi brevi o di 10-12 minuti».
   La produzione
  Bbc, Discovery e Sky sono le altre reti tv che producono video a 360°. «La Vr è una macchina per l'empatia
  - ha osservato al Mipcom Nathan Brown, vicepresidente sviluppo di Discovery -. Abbiamo grandi storie e la
  tecnologia permette di entrarci dentro: la sensazione di prossimità è un elemento chiave dell'intrattenimento
  in Vr, nell'avventura come nello sport». Neil Graham, produttore esecutivo degli Sky Vr Studios, che da
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  Londra producono per le pay-tv del gruppo, nota: «C'è molta richiesta di servizi in Vr nello sport, facciamo
  anche riprese aeree a 360 gradi degli eventi. E stiamo iniziando a girare storie di fiction».
  In ottobre è stata lanciata la SkyVr app, anche in Italia, per vedere video immersivi e sono già disponibili
  una ventina di titoli.
  Alla Vr sui dispositivi mobili crede anche Orange, prima telecom europea che ha lanciato, il 20 ottobre, un
  casco Vr per smartphone a 49,99 euro e l'app VR360 Discovery per iOs e Android. «Abbiamo investito
  nella startup Wevr che a Los Angeles ha studi di produzione per l'intrattenimento in VR - spiega Morgan
  Bouchet, direttore dei digital contents di Orange -. Da dicembre proporremo una ventina di titoli in realtà
  virtuale offerti gratuitamente per sei mesi». Una vera offensiva, ma anche un test: Orange raccoglierà i dati
  su gusti e preferenze del pubblico della realtà virtuale.
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   Pparra AZIENDA SETTORE CHE COSA OFFRE Giochi-Tvcinema Oltre 50 videogiochi già disponibili e in
  produzione contenuti di video-intrattenimento per Playstation VR Social e video Facebook 360, community
  per incontri social in realtà aumentata e il nuovo controller Oculus Touch per il visore Oculus Web-video e
  mobile Il visore Daydream VR per smartphone (in arrivo a novembre) e i nuovi canali video a 360° su
  YouTube Mobile e contenuti Il visore VR360, da 50 euro, con app per smartphone. Ora sta investendo nella
  startup WeVr produttrice di contenuti per realtà virtuale Televisione e mobile Programmi tv a 360°, prodotti
  dagli SkyVR Studios e, da ottobre, la Sky VR App per i video immersivi su telefonino Fonte: elaborazione
  CorrierEconomia su dati delle aziende L'immersione nella Realtà virtuale

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 Il personaggio. La favola di Travis Knight dall'azienda di famiglia all'animazione da OscarR2 CULTURA
 "Così ho dato vita al piccolo samurai nascosto in tutti noi"
 Lontani da Hollywood e da New York, i suoi studios accolgono molti giovani talenti Con ogni suo film il
 produttore ha ottenuto una candidatura dall'Academy
 ARIANNA FINOS

 TRAVIS KNIGHT, 43 anni, in appena dieci ha costruito uno degli studi d'animazione più originali nel
 panorama mondiale. Figlio del fondatore della Nike, Phil Knight, il ragazzone biondo di Portland con la sua
 Laika ha incassato una candidatura all'Oscar per ciascuna delle sue creature: Coraline e la porta magica,
 ParaNorman, Boxtrolls - Le scatole magiche. Chissà che il produttore e animatore non agguanti la statuetta
 con il suo primo film da regista, Kubo e la spada magica, suggestiva fusione di stop motion e animazione
 digitale, in sala domani.
  Viaggio di formazione ambientato nel Giappone antico, vede il giovane cantastorie Kubo affrontare divinità
 e mostri per scoprire il mistero della sua famiglia. «La fascinazione per il Giappone arriva da un viaggio
 fatto con mio padre quando avevo otto anni». All'epoca Philip, co-fondatore della Nike, viaggiava spesso. E
 il ragazzino biondo spendeva le giornate da solo, chiuso in garage. «Impazzivo per i film epico-fantastici
 come Sinbad - La leggenda dei sette mari e Jason e gli argonauti. Mi piaceva disegnare, ma soprattutto
 cercavo di capire come venivano realizzati gli effetti. Non c'erano scuole, ho imparato la stop motion nel
 garage dei miei, errore dopo errore. Presto ho iniziato a lavorare nella produzione tv». Solo una parentesi
 l'esperienza rapper, con lo pseudonimo di Chilly Tee, «mi piaceva comporre, odiavo il palco. Per fortuna
 nell'animazione si lavora dietro le quinte». Nel suo film più personale, Kubo, Knight ha messo anche la
 rabbia e il senso di perdita che lo accompagna dalla scomparsa del fratello maggiore, Matthew, morto in
 mare nel 2004. A lui Travis dedicò il primo corto della Laika, fondata sulle ceneri dei Will Vinton Studios
 (proprietà della famiglia). Ecco cosa rende la Laika diversa dai giganti dell'animazione secondo Knight: «La
 tecnica: ci sono pochi studi specializzati in stop motion, il nostro modo di fonderlo con l'avanguardia digitale
 è unico. Il tono delle nostre storie: esploriamo temi mai battuti dai film cosiddetti per famiglie». E se
 Coraline fu considerato un gioiello fin troppo dark per i bambini, ParaNorman affrontava gli zombie
 consegnando il primo coming out nella storia dell'animazione e due genitori dello stesso sesso
 s'affacciavano nel teaser di Boxtrolls. «Un artista deve portare il proprio punto di vista nel mondo.
 Accettando le critiche. Far emergere dal buio una questione è il primo passo verso la soluzione. Ogni
 nostro film affronta una questione sociale forte o provocatoria.
  Non ci interessano le belle confezioni vuote». Un coraggio, quello della Laika, molto premiato dai critici,
 meno dagli incassi. «Noi non abbiamo potere sul pubblico, possiamo solo cercare di fare un buon prodotto.
  Siamo piccoli e indipendenti, teniamo il budget basso, non abbiamo bisogno di introiti miliardari». La Laika
 ha il suo quartier generale a Hillsboro, Portland, in Oregon, dove Travis Knight vive con la moglie e i tre
 figli: «È il posto a cui apparteniamo. Un luogo bizzarro, che si porta dietro il retaggio dell'era hippie.
  C'è un grande senso di comunità che ha infettato il nostro studio. Abbiamo uno spirito anni Sessanta e
 l'essere lontani da New York e Los Angeles ci aiuta a restare originali». Come Kubo, l'eroe del suo film,
 anche Travis conosce la paura: «Tutti noi artisti siamo nevrotici, ma alla Laika talenti eccentrici e spesso
 emarginati da altri studios sono diventati una comunità e questa consapevolezza mi dà una grande forza».
 I FILM KUBO E LA SPADA MAGICA Nell'antico Giappone il giovane cantastorie Kubo intraprende un
 viaggio alla ricerca dell'armatura del padre samurai e del segreto della sua famiglia CORALINE E LA
 PORTA MAGICA Coraline è una bimba che scopre un mondo parallelo. Tratto dal racconto di Neil Gaiman,
 il film in stop motion del 2009 è stato candidato all'Oscar
 Foto: SUL SET Travis Knight 43 anni, regista di "Kubo"

ANICA - ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 26/10/2016 - 02/11/2016                                                   19
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 Anteprima
 Ma che Natale affollato Sarà guerra tra cinepanettoni
 È il periodo in cui si risanano i conti, però quest'anno ci sarà un ingorgo di film La torta di profitti da dividere
 a colpi di risate si aggira sui 30 milioni di euro
 FULVIA CAPRARA ROMA

 Eserciti pronti a scendere in campo, generali del marketing che meditano strategie, produttori che
 s'interrogano, timori, promesse e, in alcuni casi, anche riti scaramantici. Come l'anteprima napoletana cui
 Aurelio De Laurentiis, re da alcuni decenni del cinepanettone formato vacanziero, non rinuncerebbe mai,
 per tutto l'oro del mondo. Manca un mese e mezzo all'avvio della battaglia per gli incassi dei film natalizi, un
 match che ormai fa parte dei tradizionali riti delle festività e che, in tempi di magra al botteghino, acquista
 significati sempre più rilevanti. Il 15 dicembre arriveranno nei cinema tre commedie tutte da ridere, Natale a
 Londra - Dio salvi la Regina diretto da Volfango De Biasi, Poveri ma ricchi di Fausto Brizzi, Fuga da Reuma
 Park, di (e con) Aldo, Giovanni e Giacomo. Il target è il pubblico delle famiglie, soprattutto, sostengono gli
 esperti, quello che non frequenta abitualmente le sale. È proprio questo tipo di afflusso a determinare il
 picco di entrate e a risanare, almeno per un po', il sistema cinematografico italiano. Ma non è tutto. Un altro
 specialista di comicità con retrogusto sociologico come Luca Miniero (regista dei due hit Benvenuti al Sud e
 Benvenuti al Nord) ha da poco deciso di anticipa re di una settimana l'uscita di Non c'è più religione (7
 dicembre), mentre il primo gennai o, senza nemmeno aspettare la Befana, ecco stagliarsi all'orizzonte il
 pericolo Alessandro Siani con la sua ultima creatura Mister Felicità. Uscite contemporanee Risultato? Un
 ingorgo di risate che da una parte fa sognare produttori e distributori, ma dall'altra li preoccupa perché la
 torta da dividere, per i titoli «made in Italy» si aggira intorno ai 25-30 milioni di euro, da raccogliere
 contando su 3500 schermi: «Vedo questo Natale molto affollato - ha dichiarato sulla rivista Boxoffice
 Richard Borg, direttore generale e ad di Universal Italia - . Alcuni film riusciranno a raggiungere i loro
 obiettivi, altri no. Saranno i gusti e le scelte del pubblico a determinare l'esito delle uscite contemporanee».
 Ma sarà anche, e soprattutto, la forza delle storie e delle interpretazioni. Nel cinepanettone do c, prodotto
 da Aurelio e Luigi De Laurentiis, tornano Lillo & Greg, stavolta alle prese con il furto dei cani prediletti della
 Regina d'Inghilterra, gli adorati Welsh Corgi Penbroke, trafugati per far colpo sul boss «Er Duca»,
 interpretato da Ninetto Davoli: «Il film - dice il regista - si ispira un po' a Ocean's Eleven e un po' ai Soliti
 ignoti. Non avendo i mezzi per mettere su un colpo serio, un gruppo di inetti pasticcioni ripiega sui cani
 della Regina. Non mi piace la comicità volgare e non l'ho mai fatta, mi piace, piuttosto, divertire in maniera
 onesta intelligente». Sul set di Poveri ma ricchi, prodotto da Wildside e Warner Bros Entertainment, la
 famiglia Tucci, semplice e indigente, è colpita in seguito alla vincita di cento milioni, da un ciclone di
 improvvisa ricchezza. Guidati dal capofamiglia Christian De Sica, i Tucci si trasferiscono da un paesino del
 Lazio a Milano e provano ad adeguarsi ai ritmi della vita agiata: «Il fatto - spiega Brizzi è che i ricchi di oggi
 sono cambiati, i Tucci se li immaginavano in un modo e invece li trovano diversi, tutti magri, vegani,
 salutisti, abituati a fare beneficenza». Ma le leggi del «less is more» non si addicono ai poveracci:«La
 famiglia farà cose appariscenti, tipo mettersi un Bancomat in salotto o comprare Al Bano e il divo tv Gabriel
 Garko per far felice la nonna». In Fuga da Reuma Park, per festeggiare i 25 anni di felice collaborazione,
 Aldo, Giovanni e Giacomo (produttore Paolo Guerra per Medusa Film e Agidi Due) propongono una summa
 della loro comicità surreale: «I nostri tipi umani sono stati definiti stralunati e paradossali, questo film
 celebra il loro mondo come nessun'altro prima d'ora». In Non c'è più religione (produzione Cattleya con Rai
 Cinema) Luca Miniero punta sul duo Alessandro Gassmann - Claudio Bisio e lo immerge nella realtà
 multietnica dell'Italia di oggi. Tutto ruota sulla realizzazione di un Presepe vivente. Impresa problematica
 perché il bambinello è diventato un adolescente con i brufoli, tre amici litigano a morte per fare i Re Magi e,
 siccome il bue non c'è, bisognerà sostituirlo con un lama. c

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