Piccoli pianeti anno scolastico 2018- 2019 - Comune di Calderara di Reno
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
piccoli pianeti anno scolastico 2018- 2019 “Il tempo non è affatto ciò che sembra. Non scorre in una sola direzione, e il futuro esiste contemporaneamente al passato Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando.” Albert Einstein Ogni spettacolo di questa ventitreesima edizione di Piccoli pianeti è una potenziale pausa dalla frenesia del mondo, un momento di ristoro per la mente e per l’anima. Con la delicatezza della poesia e grazie al potere dell’immaginazione, gli attori condurranno i giovani spettatori alla gioia, allo stupore ed alla riflessione. Sempre leggeri, ma non leggeri. Marica Degli Esposti Assessore con delega a Scuola, Infanzia e Cultura
PRENOTAZIONI Le prenotazioni si ricevono telefonicamente: tel. 051 722700 nelle seguenti date: 11 e 12 settembre dalle 10.00 alle 13.00 per la scuola dell’infanzia e il nido 13 e 14 settembre dalle 10.00 alle 13.00 per la scuola primaria e secondaria. Biglietto per gli spettacoli teatrali: € 5.00 per bambini e ragazzi – gratuito per insegnanti Proiezioni: gratuite Trasporto: per le scuole di Calderara di Reno, organizzato e gratuito. CALENDARIO spettacolo giorno e orario età gennaio Una storia che non sta giovedì 24 - ore 14 (evt.) 6 – 10 anni né in cielo né in terra venerdì 25 - ore 10 febbraio martedì 5 – ore 10 Era ieri 3 – 7 anni mercoledì 6 – ore 10 (evt.) febbraio L’universo è un martedì 12 – ore 11 8 – 13 anni materasso mercoledì 13 – ore 11 (evt.) febbraio giovedì 21 - ore 10 (evt.) A proposito di Piter Pan 3 – 8 anni venerdì 22 - ore 10 marzo laboratorio per il Sul palco martedì 5 – ore 10 nido mercoledì 6 – ore 10 gratuito marzo giovedì 14 – ore 11 Zanna Bianca 8 – 13 anni venerdì 15 – ore 11 marzo Un giorno mercoledì 20 – ore 10 2 – 3 anni giovedì 21 – ore 10 marzo martedì 26 – ore 10 e 14 La bicicletta rossa 5 – 10 anni laboratorio per laboratorio di pittura marzo bambini di 3 anni La città ...visibile! venerdì 22 – ore 9.15 e 10.30 gratuito
GIORNO DELLA MEMORIA 2019 La vita è bella proiezione riservata alle classi II e III della scuola secondaria lunedì 28 e martedì 29 gennaio - ore 10.45 = nb durata 130 minuti Monsignore Batignole proiezione riservata alle classi V della scuola primaria e I della scuola secondaria lunedì 28 e martedì 29 gennaio - ore 08.45 = nb durata 100 minuti La vita è bella un film di Roberto Benigni con Horst Buchholz, Roberto Benigni, Giustino Durano, Nicoletta Braschi, Giuliana Lojodice Italia, 1997 - durata 130 minuti Il film ha ottenuto 8 candidature e vinto 3 Premi Oscar, è stato premiato al Festival di Cannes e ha vinto 7 Nastri d'Argento Guido Orefice, ebreo romantico nell'Italia di Mussolini, assunto come cameriere al Grand Hotel di Arezzo sposa Dora, promessa a un grigio funzionario di regime. Dal loro amore, più forte delle discriminazioni e della propaganda antisemita, nasce Giosuè. Cinque anni dopo la situazione precipita e Guido e Giosuè vengono deportati. Condannati all'inferno, Guido oppone instancabilmente la forza del sogno all'incubo troppo reale dei campi di concentramento. Giorno dopo giorno convince il figlio che quello a cui assiste è soltanto un immenso gioco di ruoli: Guido traveste l'orrore, lo adatta, lo dirotta perché il suo bambino non smetta mai di sognare. Guido ha un dono raro: è capace di ridisegnare la vita, di farla più bella con la forza dell'immaginazione; è un mago, com'è permesso esserlo solo nelle favole o in un film che si azzarda a sfidare le leggi del realismo. Come si comporterebbe allora questo funambolo allegro e generoso in faccia all'orrore indicibile dei campi nazisti? Con esuberanza. Un'esuberanza che lascia costantemente sbalorditi protagonisti e spettatori. La vita è bella affronta la tragedia seguendo un sentiero puramente fantastico ma la fantasia subisce un terribile tracollo di fronte allo svelamento effettivo della realtà. Nondimeno Guido è l'unico personaggio in grado di incarnare l'elemento favolistico, di sfidare gli orchi, di giocare con un dio capriccioso e invisibile. Contro l'ineluttabile si difende con l'ironia, un'ironia che finisce per disfarsi quando gli eventi precipitano. Quando non c'è più niente da ridere e il male diventa un'evidenza tutta da piangere. Ma il racconto e la memoria della Shoah possono passare per la risata? Benigni non ride di o con la Shoah, conferma piuttosto che la risata e l'orrore, lontani dall'escludersi, si attraggono naturalmente. Ridere salva la vita, è una reazione vitale contro il caos e la disperazione. Semplice e chiaro, La vita è bella laicizza la memoria senza mai dimenticare. La poesia dopo Auschwitz è possibile. Lo diceva Paul Celan, lo ribadisce Roberto Benigni, il clown che ha sbaragliato la barbarie nel tempo di una favola
Monsieur Batignole un film di Gérard Jugnot con Gérard Jugnot, Michèle Garcia, Jules Sitruk, Jean Paul Rouve Francia 2002 - durata 100 minuti Parigi, 1942. Edmond Batignole è un macellaio interessato solo agli affari, con una moglie burbera e una figlia fidanzata con Pierre-Jean, collaborazionista della polizia filonazista. Tra i vicini di casa ci sono anche i Bernstein, un’agiata famiglia ebrea che viene arrestata grazie a una soffiata di Pierre-Jean e alla collaborazione di Edmond. Per l’utile servizio offerto, i Batignole ottengono l’enorme appartamento dei Bernstein nel quale si trasferiscono. Ma durante un banchetto organizzato da Edmond a cui partecipano anche molti gerarchi nazisti, si presenta alla porta Simon, il figlio minore dei Bernstein, fuggito di prigione e arrivato a casa nella speranza di trovare qualche parente. L’uomo, invece di denunciarlo, decide di proteggerlo, nascondendolo in soffitta. La vita del macellaio diventa improvvisamente pericolosa. Deve prendersi cura del bambino, non generare sospetti in Pierre-Jean, senza nemmeno ottenere la gratitudine di Simon che disprezza Edmond perché responsabile dell’arresto dei genitori. La situazione precipita quando Pierre-Jean scopre gli imbrogli di Edmond ... Gérard Jugnot è un caratterista francese: pacioccone, pelato, sovrappeso, con un accento marcato e un linguaggio colorito, ha fatto della sua maschera da francese medio e della conseguente critica alla “medietà” della società transalpina il suo marchio di fabbrica. Nel film l’attore-regista mette la sua caricatura al servizio della Storia, tratteggiando un personaggio ordinario, disinteressato alla politica e alle ingiustizie, preoccupato solo dei propri interessi di bottega, incapace di rendersi conto dei cambiamenti drammatici che avvengono intorno a sé. Il regista propone un’interessante lettura del processo di annientamento dei regimi fascisti, verificatosi non tanto (o non solo) per merito delle decisioni prese dai potenti della terra, quanto piuttosto per una lenta erosione dal basso di quel consenso di cui hanno goduto per lunghi anni i totalitarismi. Monsieur Batignole, nella sua ambiguità caratteriale, morale e sociale, fa parte della cosiddetta “maggioranza silenziosa” da cui si dissocia non per ideologia politica o per sofferenze personali, ma per un istinto popolare, medio, genuino, per un’etica del buon senso che gli permetterà di scegliere, nelle situazioni di pericolo, sempre la soluzione migliore. Un’ottima tragi-commedia, un film che riesce a parlare di una tragedia enorme come quella dell’Olocausto scegliendo toni leggeri che raggiungono a tratti anche la farsa, attraverso la storia di persone assolutamente comuni il film affronta il dramma della Shoah non dal di dentro, dal punto di vista degli ebrei, ma dal di fuori, cioè parlandoci di coloro che a questo stesso dramma rimasero totalmente indifferenti. Batignole è il tipico rappresentante di quella piccola e media borghesia che assisté indifferente agli orrori dei nazisti, preoccupata solo di mantenere i propri privilegi, disposta fino alla fine a far finta di non vedere pur di farsi gli affari propri. Il film descrive una trasformazione, la storia di un uomo che vede risvegliare in lui la propria coscienza sopita grazie all’incontro del tutto inaspettato con un bambino il regista sceglie un uomo qualunque, uno come tanti, e lo pone di fronte a eventi straordinari che lo costringeranno a prendere posizione in modo netto e definitivo. È proprio la sua natura ordinaria e antieroica che lo rende simpatico e più vicino a noi.
Compagnia Burambò UNA STORIA CHE NON STA NE’ IN CIELO NE’ IN TERRA narrazione di e con Daria Paoletta età consigliata 6–10 anni durata 50 minuti Tratto dalla leggenda popolare tarantina La sposa sirena - una delle tante fiabe raccolte a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso da Italo Calvino - lo spettacolo è ambientato in un piccolo paese della Puglia K ai tempi in cui le donne usavano ancora avvolgere il capo nello scialle. E’ un paese di mare – protagonista assoluto - a prendere vita nel racconto, con i suoi colori e le sue tradizioni, attraverso il fascino antico della parola. Daria Paoletta, sola in scena con uno scialle e una collana, riesce a disegnare una miriade di personaggi che affollano questa storia d’altri tempi: da Marionna, la bella e giovane sposa, a Cataldo, il marito ‘marinaro’; dal Re, il monarca ‘dal baffo sparviero’, alle comari sparlanti e alle non di meno linguacciute sirene. Grande il senso dell’ironia che attraversa tutta la narrazione, caratterizzata da un ritmo vivace e da una leggerezza arguta e pungente che restituisce a una storia antica un sapore nuovo e originale. Uno degli spettacoli più belli visti al Festival di Bari; Daria Paoletta – foggiana- racconta la storia dei due bellissimi giovani sposi, Marionna e Cataldo, che vivono in un paese di mare. Cataldo, che di mestiere fa il pescatore, costretto per lunghi periodi in mare, lascia sola sua moglie per tanto tempo, troppo tempo, e la giovane sposa, come avevano predetto le comari del paese, sentendosi troppo sola, un giorno cede alle lusinghe di un re giunto a cavallo, lasciando la sua casa. Ma il sovrano ben presto si stanca di lei e la riporta in paese. Cataldo ferito profondamente nell'onore porta Marionna al largo e la getta in mare dove però la ragazza non muore, ma vive meravigliose avventure nientemeno che alla corte delle sirene. Ovviamente Marionna e Cataldo si vogliono troppo bene per rimanere divisi dalle avversità che il destino ha serbato loro e, dopo nuovi portentosi eventi, si riconcilieranno felici nella loro casetta a dispetto di chi vuole loro male. Una storia complessa che attraversa modi e mondi assai diversi tra loro che Daria Paoletta rende visibili attraverso una narrazione sempre misurata, percorsa da momenti di incanto soffusi di grande ironia e accompagnata da pochissimi, significanti gesti che ci conducono tra cielo e terra alla riscoperta delle emozioni segrete della parola. Mario Bianchi, www.eolo-ragazzi.it
Teatro delle Briciole ERA IERI di Beatrice Baruffini e Agnese Scotti regia Beatrice Baruffini con Simone Evangelisti e Beatrice Baruffini scena Andrea Bovaia musiche originali Mario Asti, Valerio Carboni età consigliata 3-7 anni durata 50 minuti Un osso viene ritrovato e si scopre che appartiene a un apatosauro vissuto milioni di anni fa. L’animale prende vita riportandoci indietro nel tempo, quando sulla terra c’erano pochi colori, il clima cambiava improvvisamente e dominavano i dinosauri. In scena un tavolo e due paleontologi-attori che danno vita al racconto, attraverso l’uso di pochi oggetti simbolici. 160 milioni di anni fa è un tempo lontanissimo da qui. Questa grande distanza ci ha permesso di guardare al passato attraverso innumerevoli teorie scientifiche, dando la possibilità di preferirne alcune e scartarne altre: noi abbiamo scelto le teorie che più ci affascinavano, quelle ancora sospese, quelle già scartate, perché anche i dubbi, le domande, le insicurezze della scienza si prestano all’arte in modo significativo. Questo spettacolo è nato fondendo scienza e teatro e in questa fusione abbiamo immaginato nuove teorie, nuove possibilità, nuove risposte. Nessuno ha mai saputo dire con certezza di che colore fosse la pelle dei dinosauri, nessuno sa realmente perché si siano estinti. Ma l’arrivo del meteorite è la fine eccezionale che i dinosauri meritano. Il gran finale, una morte stupenda, unica, mitica della quale non abbiamo potuto fare a meno. Questo spettacolo finisce così, inevitabilmente, per parlare della fine, fin dall’inizio. Lo spettacolo Era ieri è il primo capitolo della Trilogia disumana, un progetto che comprende tre creazioni, la prima sul passato, la seconda sul presente, la terza sul futuro. Tre storie che hanno come protagonisti rispettivamente i dinosauri, i robot e gli alieni. Tre storie senza l’uomo, che possono essere definite “anti antropocentriche” e che raccontano di esseri “superiori o inferiori alla natura umana” Abbiamo bisogno d’immagini e suggestioni che si allontanino da quello che già conosciamo, che vediamo, che sappiamo. Che si allontanino da noi uomini, dai nostri occhi, dalle nostre vite. Guardiamo altrove perché solo così possiamo imparare un altro modo per tornare a guardare noi stessi. Il disumano è, per definizione, “privo di sentimenti umani”. Il disumano non è educato all’umanità, è un essere primordiale, istintivo, impetuoso. Non riesce a direzionare le proprie forze in modo razionale, non decide, non pianifica. Agisce, sempre nel presente, ancorato alla realtà. Non accumula saperi, ma esperienze utili, non progetta la propria vita, la vive direttamente. E’ come un umano senza presente e senza futuro. Un umano che spacca il secondo. Che vive al secondo. Abbiamo azzerato l’umanità dell’uomo perché volevamo ri-vederlo senza tutto quello che ci siamo accumulati addosso in millenni di civiltà (e inciviltà). Dei disumani ci è piaciuto il loro essere ancora alla prima volta. E’ necessario immaginarci queste altre vite per trovare altri modi per stupirci nuovamente di quello che siamo noi, qui, su questa terra, adesso. Beatrice Baruffini e Agnese Scotti
Compagnia del Sole L’universo è un materasso e le stelle un lenzuolo testo Francesco Niccolini di e con Flavio Albanese luci Marinella Anaclerio scena Marco Rossi e Paolo Di Benedetto consulenza scientifica Marco Giliberti età consigliata 8 -13 anni durata 60 minuti premio Eolo Award 2018: ‘per la capacità interpretativa di Flavio Albanese e drammaturgica di Francesco Niccolini di saper narrare ai ragazzi, in mezzo a un cielo trapuntato di stelle, tutte le dimensioni che via via ha acquisito il concetto di tempo. Da quando si chiamava Crono, ed era imperatore dell'Universo, fino a oggi che è quasi scomparso dalle leggi della fisica, facendoci comprendere nel contempo come noi esseri umani, che ci crediamo così potenti, siamo solo una piccola parte dell'Universo e che le cose non sono come sembrano, ma probabilmente tutto - come il teatro che tanto amiamo - è solo illusione.’ Raccontare a un giovane pubblico la storia del Tempo, dal mito alla meccanica quantistica, è divertente e utile. E’ un modo per divertirsi studiando, per imparare ridendo, e farsi le stesse domande che i più grandi filosofi e scienziati si sono posti nei secoli. Domande semplici ma importantissime. Il Tempo forse non esiste, come forse non esistono gli Dei, ma è altrettanto vero che esistono tutte le cose in cui crediamo. “Le cose esistono se tu le fai esistere” quelle belle e quelle brutte. Flavio Albanese E' il tempo il protagonista de L’universo è un materasso, di Francesco Niccolini, un autore che riesce ad affrontare un argomento non semplice e a volte anche ostico con una levita' e ironia che non solo lo rende chiarissimo ma anche estremamente godibile. Diviso in quattro parti - il tempo in cui era il Tempo che viveva solo nell’Olimpo e quindi nel mito, quello dei nostri antenati che guardavano il cielo e facevano le piu' varie congetture rispetto agli astri, quello ancora copernicano che ha portato il sole al centro dell’universo e, per ultimo, il tempo del Novecento da Einstein alla teoria dei quanti - lo spettacolo risulta assai gradito sia a un pubblico giovanissimo sia a quello adulto. Merito certo della sapiente drammaturgia, ma anche della bella messinscena di Flavio Albanese che ne e' anche travolgente interprete. Non poteva mancare un cielo stellato ad accompagnare quella che potremmo definire una lezione, che si vorrebbe non finisse mai, da parte di un professore istrionico e instancabile, in continuo movimento quasi fosse egli stesso un astro, capace di infinite digressioni, di perdere il filo del discorso per poi con naturalezza riprenderlo. Irresistibile mattatore, ma sempre miracolosamente capace di mantenere una misura necessaria, Albanese non si risparmia e ci conduce quasi per mano a ricordare cio' che gia' dovremmo sapere o a scoprire quel che ancora non sappiamo sull’universo che ci circonda. Una vera sorpresa uno spettacolo cosi', che ci riconcilia con il miglior senso del teatro. Nicola Viesti - Hystrio gennaio-marzo 2018
Stilema / Unoteatro A proposito di Piter Pan liberamente ispirato alle visioni di J. M. Barrie di Silvano Antonelli con Silvano Antonelli e Laura Righi età consigliata 3-8 anni durata 50 minuti I “classici” hanno la caratteristica di parlare al cuore delle persone oltre il tempo nel quale sono stati scritti. Contengono un seme di eternità e di verità e parlano alla condizione profonda dell'essere umano. Peter Pan parla del volare, della voglia di spiccare il volo dalla finestra della propria camera. Parla del desiderio di ritornare e di finestre chiuse. Parla dell'ombra, della paura di chi cerca di continuare a sognare ma è assalito dalla nostalgia per la sicurezza perduta. Peter Pan interpreta perfettamente i sentimenti del tempo che ci troviamo a vivere, questo tempo smarrito in cui sembra difficilissimo, se non impossibile, immaginare un futuro. Ma i bambini sono il futuro. I bambini lo vivranno, il futuro, qualunque esso sia: la loro (e la nostra) capacità di immaginare e di avventurarsi nel futuro, di non averne paura, di volare e di non avere paura di cadere è l'unica cosa che può far pensare a un domani. Silvano Antonelli ”Ci sono dei libri che quando li leggi è come se tutte le parole, le figure, i colori e anche il profumo della carta, uscissero dal libro e ti entrassero nella testa, nella pancia, nel cuore”... : ha inizio così A proposito di Piter Pan. Lo spettacolo non segue la storia originale di Barrie ma ne è una divagazione; del libro utilizza solo alcune suggestioni: il desiderio di volare, la paura di diventare grande. La finestra diventa il tramite sul mondo; quel mondo che ci chiede di diventare grandi rinunciando, spesso, ai nostri sogni. L'eterna lotta tra Peter Pan e Capitan Uncino diviene, allora, metafora della vita e delle figure adulte che la popolano. Quel vivere in cui c'è sempre un orologio che ti insegue ma anche un cuore che batte. Nel teatro, però, si può “fare finta”, ci si può circondare di piccole magie, magari di una fata che ci aiuti a pensare che i sogni e la vita possano stare insieme. ... nello spettacolo l’attore si mette letteralmente in gabbia ... la scenografia è un grande semicerchio di sbarre che ci ricorda la gabbia dei domatori, a queste sbarre vengono via via appesi oggetti che saranno parte della storia ... l’oggetto principe è una finestra e la storia comincia da qui perchè la finestra è il simbolo dell’evasione, del volo, del passaggio di luogo, del punto di vista doppio, mondo adulto da un parte e mondo bambino dall’altra. Il protagonista è un bambino, che comincia a leggere le prime righe del libro di Barrie e poi divaga per avventurarsi tra doveri e piaceri dell’essere piccolo e dell’essere adulto. Due ritmi governano l’andamento: il ticchettio degli orologi che scandiscono le vite di grandi e piccini e il battito del cuore, che rappresenta l’istinto e l’emozione... Elena Maestri, www.eolo-ragazzi.it ,
Principio Attivo Teatro La bicicletta rossa drammaturgia Valentina Diana con Dario Cadei, Silvia Lodi, Otto Marco Mercante, Cristina Mileti, Giuseppe Semeraro regia Giuseppe Semeraro età consigliata 5-10 anni durata 55 minuti Premio Eolo Award 2013 (miglior drammaturgia) - menzione speciale Festival Festebà 2012 La bicicletta rossa nasce da una forte necessita di raccontare e tradurre per la scena la storia di una famiglia capace di parlare dell’oggi. A tenere il filo della narrazione c’è Marta che come se sfogliasse un album fotografico ci racconta le strampalate ed eroiche avventure della sua famiglia. Marta non è in scena o meglio, c’è ma non si vede, è nel pancione di sua madre e proprio all’inizio dello spettacolo annuncia: questa è la storia della mia famiglia prima che nascessi. Le vicende di cui Marta ci parla appartengono al nostro tempo pur essendo incastonate in un’epoca indefinita e lontana rendendo quasi fantastiche e surreali le azioni: la sua famiglia per vivere mette le sorprese negli ovetti di cioccolato, ma a complicare la sua vita, come la vita di un intero paese, c’e BanKomat, il personaggio negativo, proprietario di tutto, della fabbrica degli ovetti, della casa, ma anche della luna e delle stelle. Nulla può essere fatto senza pagare qualcosa a BanKomat. La forza di questa famiglia sta nella sua capacita di trasformare uno strumento di vessazione e oppressione in mezzo di liberazione e questo accade grazie a Pino, il fratello di Marta, che quasi per caso farà ritrovare alla famiglia la sua dignità e il suo riscatto. Il linguaggio utilizzato, ora comico ora riflessivo, narra le peripezie per la sopravvivenza di questa strampalata famiglia, proprio come molte famiglie di oggi capaci di trasformare la quotidianità nel miracolo che resiste. Sono i gesti dei personaggi che ci narrano la storia, in contrappunto con le musiche, parlandoci di povertà, di gesti sempre uguali che esprimono la rassegnazione ma anche la condivisione degli affetti ... utilizzando i ritmi e gli stilemi parossistici del cinema muto ma non solo, lo spettacolo strizza l'occhio a Eduardo, muovendosi pero con le cadenze di una fiaba, e concedendo numerosi tributi al teatro di figura. Un coacervo di forme e rimandi stilistici tutti protesi a condurre per mano emozionalmente gli spettatori in una storia dai sapori antichi ma del tutto in sintonia con i momenti difficili che stiamo vivendo. La Bicicletta rossa è anche e soprattutto uno spettacolo in qualche modo politico, dove, sotto la crosta dell'incanto favolistico, pulsa l'indignazione per una società che non riesce a risanare le contraddizioni del mondo in cui viviamo. Mario Bianchi, www.eolo-ragazzi.it
INTI Zanna Bianca della natura selvaggia liberamente ispirato ai romanzi e alla vita avventurosa di Jack London testo Francesco Niccolini con Luigi D'Elia scena Luigi D'Elia - luci Paolo Mongelli regia Francesco Niccolini e Luigi D'Elia età consigliata 8 -13 anni / durata 60 minuti Ti supplico di lasciar libera ogni cosa, come io ho lasciato libera ogni cosa. Chiunque tu sia, tu che mi tieni in mano adesso, lasciami e parti per la tua strada. Walt Whitman Nel grande Nord, al centro di un silenzio bianco e sconfinato, una lupa con chiazze di pelo rosso cannella sul capo e una lunga striscia bianca sul petto, ha trovato la tana migliore dove far nascere i suoi cuccioli. Tra questi un batuffolo di pelo che presto diventerà il lupo più famoso di tutti i tempi: Zanna Bianca. Luigi D'Elia e Francesco Niccolini tornano nel luogo che amano di più, la grande foresta. Ma se qualche anno fa l'avevano raccontata con gli occhi di un bambino meravigliato e di un nonno esperto e silenzioso, questa volta rinunciano agli esseri umani e alle loro parole, per incontrare chi della foresta fa parte come le sue ombre, il muschio, l’ossigeno: i lupi. Questo è uno spettacolo che ha gli occhi di un lupo, da quando cucciolo per la prima volta scopre il mondo fuori dalla tana a quando fa esperienza della vita, della morte, della notte, dell’uomo, fino all'incontro più strano e misterioso: un ululato sconosciuto, nella notte. E da lì non si torna più indietro. Un racconto che morde, a volte corre veloce sulla neve, altre volte si raccoglie intorno al fuoco. Un omaggio selvaggio e passionale che arriva dopo dieci anni di racconto della natura, a Jack London, ai lupi, al Grande Nord e all’antica e ancestrale infanzia del mondo. Come ci assomigliano, i lupi. Modificano le loro tecniche di caccia a seconda delle difficoltà che incontrano, condividono il cibo con i membri più vecchi, che non riescono a procurarselo e si fanno regali. Sono in grado di vivere una settimana senza mangiare e di percorrere anche trenta chilometri senza rompere il passo. Possiedono tre sistemi di comunicazione: vocale, posturale, olfattivo. Il colore del pellame varia dall'ardesia al bianco, dal marrone cioccolato all'ocra, alla cannella e al grigio. Non è vero che i lupi si limitano a uccidere le prede vecchie, deboli o ferite, a volte si avventano anche su esemplari in piena salute, così come non sempre cacciano per necessità: a volte – raramente, a dire la verità – uccidono in eccesso. Talvolta si uccidono anche tra di loro. Ma dedicano buona parte del tempo ai loro piccoli, e a giocare. I lupi sono uniti da un sottile legame con la foresta che attraversano: le loro pellicce raccolgono e trasportano i semi caduti dagli alberi, disperdendoli efficacemente lungo la pista, a chilometri di distanza. Tradotto: i lupi piantano gli alberi. Il più celebre di tutti i lupi, non c'è dubbio è Zanna Bianca. Ma forse non tutti ricordano che Zanna Bianca è un incrocio: un po' lupo e un po' cane. Più lupo che cane. E gli incroci, quelli che con disprezzo chiamiamo “bastardi”, sono gli animali migliori, perché spesso prendono i pregi di una razza e dell'altra. Così, quando abbiamo cominciato a costruire lo spettacolo, ci siamo visti costretti a tradire Jack London e il suo celebre romanzo per dar vita al nostro incrocio: un po' Zanna Bianca. Troppo forte il richiamo del bosco, dell'estremo nord del mondo perché il lupo protagonista di questa storia invecchiasse come un cane da compagnia, in casa, su un tappeto, tra ciabatte e tende con i pizzi: impossibile, Zanna Bianca non è un qualunque, orribile cagnolino di città né da salotto. Infedeli a Jack London, abbiamo preferito la fedeltà ai suoi due romanzi mischiati insieme, e alle sue disavventure in cerca d'oro e celebrità: con un doppio salto mortale il “nostro” Zanna Bianca ha ceduto a quell'irrefrenabile richiamo della foresta che ci auguriamo ogni spettatore provi un giorno, almeno una volta. Senza pantofole, senza salotti, senza città: solo bosco, il cuore che batte a mille e vita. Francesco Niccolini
Teatro all’improvviso Un giorno di e con Dario Moretti età consigliata 2- 3 anni durata 35 minuti “Un giorno mi sono fermato per pensare alle cose che ho fatto” E’ così che inizia un viaggio fatto di immagini, di musiche, di canzoni e di piccole storie, che attraversano nove diverse città immaginarie create in legno scolpito e bassorilievi dai colori sgargianti. Dalla città degli uccelli, dove si impara a volare grazie alla musica, alla città tra le colline, dove la libertà trionfa sulla tirannia, si evoca un viaggio che si evolve attraverso diverse emozioni e visioni. Il testo è ridotto all’essenziale e la narrazione è soprattutto affidata alla musica e alle immagini, che si sviluppano ed emergono da una scenografia in continua evoluzione. Creato per i bambini più piccoli, lo spettacolo invita ad una sorta di danza, dove i differenti ritmi (dall’opera lirica al Rock), si alternano in un carosello di immagini fatte di tavole scolpite. E questo viaggio dove ci porta? In realtà poco importa la meta, probabilmente non esiste neanche, solo importa il cammino! L’importante è conoscere sempre cose nuove, incontrare diverse amicizie e condividere esperienze e avventure. “Un giorno mi sono fermato per pensare alle cose che ho fatto”K ma in realtà questo viaggio non è ancora finito! Un incitazione a non fermarsi mai, quando è così bello il cammino. Un omaggio alle suggestioni del libro Le città invisibili di Italo Calvino: lo spettacolo non ha un riferimento diretto al testo, ma si ispira comunque alle sue opere così come a quelle del regista giapponese Miyazaki. Il progetto di questo spettacolo nasce nel 2016 in collaborazione con due musicisti giapponesi dove è stato presentato per la prima volta.
ALTRE PROPOSTE 1) Sul palco 2019 è suoni, luci e magie del teatro, è stare insieme e giocare in un luogo speciale. Sul palco è un’attività gratuita di avvicinamento al teatro, realizzata e condotta da un tecnico teatrale e dall’operatrice del teatro. Il laboratorio è dedicato ai bambini che frequentano il nido, la prenotazione è obbligatoria. date: martedì 5 e mercoledì 6 marzo ore 10 2) La città 3 visibile!: laboratorio di pittura con Dario Moretti Il laboratorio, gratuito, è rivolto a due gruppi di bambini di 3 anni (max 15 bambini per ogni gruppo) e consiste in un intervento di ‘pittura estemporanea’ sul tema della città. Il laboratorio trae ispirazione da Le città invisibili di Italo Calvino data: venerdì 22 marzo - ore 9.15-10.15 / 10.30-11.30 3) Aperitivi teatrali Incontri informali e suggestivi con alcuni autori delle compagnie teatrali che presentano i loro spettacoli presso il teatro Spazio Reno nella stagione 2019: gli incontri si svolgeranno presso la Casa della Cultura Italo Calvino, sono a ingresso gratuito e aperti a tutti mercoledì 20 febbraio, ore 18 Silvano Antonelli presenta gli spettacoli A proposito di Piter Pan e I brutti anatroccoli mercoledì 13 marzo, ore 18 Luigi D’Elia presenta gli spettacoli Zanna Bianca e La grande foresta mercoledì 20 marzo, ore 18 Dario Moretti presenta i suoi libri illustrati e il suo lavoro di illustratore, pittore, scultore, autore teatrale e attore
Puoi anche leggere