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Periodico: Primo Mag - Reg. Tribunale di Pesaro N° 2/2019 - Diffusione gratuita 1 luglio 2021 - Anno III - Numero II Direttore Responsabile: Luca Petinari Editore: Mattia Ferri - Via Gallone, 6 - 61122 Pesaro Grafica: Andrea Gamberini T41B - Stampa: T41B
INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO SETTORE. DA “PERCHE’NO?” A “SI PUO’ FARE” Michele Gianni Quando nel 2011 Marcello Secchiaroli A fianco a questi temi la rivista ha ospitato collaborazioni del tutto gratuite di personaggi di spicco mi chiese di fare il direttore della cultura locale, coinvolti sempre dall’attivissimo Marcello Secchiaroli; cito tra tutti Paolo Teobaldi, responsabile di una nuova rivista, che ha impreziosito con racconti inediti diversi numeri della pubblicazione o il compianto Leone pensai che anche questa non sarebbe da Cagli, i cui esilaranti rebus movimentavano le pagine interne del giornale. Significativa anche durata più di due anni, come tante altre l’apertura a esperienze del Sud delle Marche, che ha propiziato un confronto su alcuni temi tra esperienze editoriali locali a cui avevo diverse realtà regionali e l’apertura delle pagine del giornale ai giovani che negli ultimi numeri, con partecipato in passato o che avevo la partecipazione fissa di “Vicolo corto”, diventava anche un’apertura ai giovani volontari stranieri visto nascere e morire. Invece la rivista presenti a Pesaro e al loro curioso punto di vista sul nostro stile di vita. PerchèNo? è uscita senza interruzioni La parabola di PerchèNo? esce quindi dal carattere effimero di molte altre esperienze editoriali locali per sette anni, fino al 2017, superando non solo per la sua durata, ma anche per l’autorevolezza e la qualità dei contributi ospitati sulla in longevità moltissime altre iniziative rivista. Partita con 24 pagine, una periodicità bimestrale e con alcuni incontri pubblici sui temi trattati nel campo dell’informazione locale, e terminata come trimestrale di 16 pagine, PerchèNo? ha dapprima riempito alcuni spazi come sia cartacee che digitali, di natura quelli creati dalla scomparsa del Consorzio della cooperazione sociale pesarese “Fuorimargine”, commerciale. per poi seguire il progressivo venir meno del confronto tra i soggetti del terzo settore, che spesso, Proprio la natura non commerciale preferiscono rifugiarsi in un rapporto bilaterale con le pubbliche amministrazioni. dell’operazione è stata forse la chiave “PerchèNo?”, con quel punto di domanda dopo la negazione, indicava una possibilità. della sua relativa longevità. Mettere “Si può fare” è già un’affermazione più risoluta. insieme associazionismo, cooperazione L’idea di fondo, quella di raccontare, confrontarsi, proporre, è la stessa. sociale, persone impegnate nel L’auspicio è che questa nuova esperienza smuova le acque e stimoli fermenti tali da tenere in vita volontariato e nel sociale, chiedendo questa idea, anche oltre l’esaurirsi del finanziamento regionale. loro un sostegno economico alla pubblicazione e al tempo stesso coinvolgendole nella pianificazione editoriale e nella redazione degli articoli, è stata la scelta su cui è nata PerchèNo? e su cui si è sostenuta, sia economicamente che dal punto di vista dei contenuti, potendo così disporre di una base molto vasta di collaboratori. Perché no? rivista bimestrale edita dall'associazione Perché No via Terenzi 11, Pesaro - anno IV numero 01 del 28 - 02 - 2014 Reg.Tribunale di Pesaro n° 589 del 04/05/2011 - Tiratura 10.000 copie Stampato in Pesaro dalla Cooperativa Sociale T41B Progetto grafico artù comunicazione Direttore Responsabile Michele Gianni ? Impossibile citare le centinaia di associazioni, cooperative ed esperienze grandi e piccole che hanno avuto modo di raccontarsi sulle colonne di PerchéNo?, distribuito tra Pesaro, Fano, Urbino e Senigallia in settemila copie, parte delle quali diffuse gratuitamente nelle edicole delle maggiori città della provincia. PerchèNo? è stata presente e protagonista del dibattito su questioni che hanno segnato la vita delle nostre L’EUROPA comunità nella seconda decade del XXI secolo: la chiusura delle province, RISCOPRE il progetto di ospedale unico e le scelte politiche sulla sanità, l’accoglienza ai IL SOCIALE Sommario: migranti, ecc. Interviste: Pierpaolo Bellucci (Pesaro povera) - Monica Benvenuti (OPG) - Umberto Battista (Passepartout) Eventi: Strasburgo: imprenditori sociali dite la vostra - Il debutto di “Noi mondo TV” Servizi: Il DIES Marche Nord a Strasburgo - Il gusto dei contemporanei - Lo IOPRA Il racconto di Paolo Teobaldi: I delfini Aderenti al progetto: A.C.L.I., Ciformaper, Ass. ALPHA, Coop Soc. Labirinto, Coop.Soc.T41B, Ass. volontariato Operatori di Base, CANAAN Coop.Soc., Libera.mente ONLUS, Ass. L’alveare, Ass. Omphalos, Coop.soc. Pegaso, I.R.S. L’ aurora Coop Soc., AmaAquilone Coop Soc., Il Grillo Parlante Coop Soc., Coos Marche Onlus, Elettra Ass. Culturale, C.S.C. Asilo G. Macchniz, ASSCOOP, Gionas, IOPRA, Coordinamento Territorio e Disabilità, Domo mia, Non da sola, CUPLA, Agorà, Coop. Soc. Progetto Solidarietà. Inviate commenti, richieste di informazioni, suggerimenti a: redazione.percheno@email.it - Tel. 335.7587473 CAF ACLI CAF ACLI ACLI FANO – via IV novembre 83 tel 0721/804218 FANO – via IV novembre 83 tel 0721/804218 ACLI PESARO – via belvedere 54 tel 0721/31783 PESARO – via belvedere 54 tel 0721/31783 URBANIA – Piazza S. Cristoforo, 18 tel 0722/319646 URBANIA – Piazza S. Cristoforo, 18 tel 0722/319646 CAF ACLI CAF ACLI
FONDI DEL Allora procediamo con l’analisi. Nella Missione 2 del Recovery Plan, ci sono quattro sottogruppi con relative risorse previste: il primo riguarda l’agricoltura sostenibile e l’economia circolare, il secondo la transizione energetica e la mobilità sostenibile, poi RECOVERY ci sono l’efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici e infine la tutela del territorio e della risorsa idrica. Cosa è più urgente per questo territorio? «Non mi va di fare una classifica, perché sono tutti argomenti decisivi. PLAN, UNA Preferisco dire cosa ne penso e cosa propone Legambiente su questi temi». Da dove cominciamo? «La sfida più grande è fronteggiare l’emergenza climatica e quindi dare OCCASIONE gambe alla transizione ecologica. Ci vogliono investimenti e progetti mirati per un’efficienza energetica che derivi da fonti rinnovabili, penso ai parchi eolici da costruire a terra e in mare e ai pannelli fotovoltaici, da distribuire su edifici pubblici e privati. E’ necessario poi dare corpo all’economia circolare, mediante la quale si possono DA NON riutilizzare le materie prime: penso alla gestione dei rifiuti. Abbiamo una media provinciale della raccolta differenziata che si attesta sul 72%. E’ un dato già importante, da cui partire, per incentivare l’economia circolare attraverso la produzione di biometano per i trasporti e PERDERE compost come concime naturale. Per questa ragione Legambiente si è dichiarata favorevole alla costruzione del biodigestore nella nostra provincia. Le risorse di cui disponiamo non sono infinite, per questo dobbiamo riutilizzare tutto quello che è possibile e puntare sulle energie alternative». Gli altri punti? «Non si può trascurare il tema della mobilità sostenibile. E’ prioritario investire sul trasporto pubblico, rendendolo più fruibile e adeguando il parco mezzi, puntando principalmente sull’elettrico, in modo da contenere le emissioni di CO2. Non tutti sanno poi che il riscaldamento domestico inquina più delle auto. E’ necessario anche qui investire sull’energia pulita, quindi favorire il fotovoltaico e l’eolico. Nella nostra provincia l’eolico fa fatica ad affermarsi, mentre sul fotovoltaico qualcosa si muove. Infine va analizzato il tema della tutela del territorio e della risorsa idrica. Secondo Legambiente sarebbe necessario approvare con urgenza la proposta di legge, già in Parlamento, che fissi un limite al consumo del suolo. Occorre finirla con l’edificare in maniera scriteriata, bisogna puntare a ristrutturare ciò che già c’è. Per ciò che riguarda la risorsa idrica c’è ancora molto da fare, ci vogliono progetti che coinvolgano ampie comunità e che presuppongono ingenti investimenti. Infine, non trascurerei il tema della piantumazione degli alberi». Ci può spiegare quest’ultimo aspetto? «L’inquinamento prodotto fino a oggi rimane. Le energie pulite ci possono aiutare d’ora in avanti. Gli unici organismi in grado di assorbire la CO2 presente nell’atmosfera, sono gli alberi. Per questo, Legambiente ha presentato al Comune di Pesaro un piano del verde urbano che contempla queste piantumazioni nella città. E’ necessario che il Comune prenda in considerazione questa proposta e che possa avviare il progetto, anche con il nostro aiuto». Quando potrebbero arrivare i primi finanziamenti dall’Europa? Le risorse messe in campo dall’Europa per l’Italia, ammontano a oltre 230 E fino a quando si ha la possibilità di poterne usufruire? miliardi di euro. La maggior parte di queste sono riferibili al Piano Nazionale «Con i progetti pronti e approvati dall’Europa, i primi soldi in teoria di Ripresa e Resilienza (Pnrr), vera e propria anima del Recovery Plan, a cui si si potrebbero vedere a breve. Il limite massimo per ottenere i aggiungono altre risorse, come quelle del Fondo Complementare e del React EU. finanziamenti invece è il 2026, poi chissà. Magari ci potrebbero essere Il Piano è articolato in 6 missioni. Alla seconda, quella dedicata a "Rivoluzione delle proroghe. Ma anche queste, nel caso, potranno essere deliberate verde e transizione ecologica", è stata assegnata la fetta maggiore delle risorse, per chi si è già messo in moto». per un totale che si aggira sui 60 miliardi di euro, solo di Pnnr. In definitiva, quale può essere la ricetta per spendere bene i fondi Perché questa scelta di privilegiare l’ambiente da parte dell’Europa? del Recovery Plan? A rispondere e a provare ad analizzare in chiave locale la questione, è Rosalia «Chi deve decidere non può fare tutto nelle segrete stanze. Bisogna Cipolletta, presidente del circolo di Legambiente di Pesaro. ascoltare i cittadini, i giovani, le associazioni, gli imprenditori e tutte «Perché quello dell’ambiente è un tema cruciale. E se guardiamo bene è le categorie coinvolte nella realizzazione dei progetti. Ci vogliono trasversale a tutte e 6 le missioni. C’è chi ha definito questa enorme ripartizione informazione, partecipazione, scelte consapevoli e progetti seri». di risorse il secondo Piano Marshall e in un certo senso è vero. Ma la vera sfida arriva adesso e bisogna evitare gli errori commessi in passato». Un’ultima domanda: questa provincia, quanto è matura e virtuosa su questi temi? A cosa si riferisce? «E’ cresciuta la coscienza ambientalista e tra i giovani il dibattito è «Un conto è l’opportunità, altra cosa è la capacità di saperla cogliere. Certo, la sempre più aperto e stimolante. Ma una vera transizione verde passa mole di risorse è grande. Ma l’Unione Europea vuole vedere progetti, per i quali per veri e propri cambiamenti di stili di vita e azioni concrete. Ancora i parametri sono molto stringenti e chiede riforme fondamentali come quella purtroppo non c’è la percezione della gravità della situazione. Anche per della Pubblica Amministrazione e della Giustizia. Ci vuole, quindi, un approccio aumentare questa coscienza, i giovani di Legambiente, hanno proposto altamente qualificato, altrimenti non si otterranno i finanziamenti». al Comune di Pesaro di installare l’orologio biologico, che ci ricorda il tempo rimasto prima che le scelte diventino irreversibili. Vedere quanto Di questi fondi, è possibile capire quanti ne potranno arrivare nel territorio? manca al punto di non ritorno non deve farci paura; deve servire da «Ad oggi è difficile parlare di cifre destinate alla Regione Marche e alla Provincia stimolo per agire più in fretta». di Pesaro e Urbino. L’unica risorsa disponibile a livello nazionale, quale acconto, sono i 24,9 miliardi che l’Europa ci liquiderà entro luglio. Semmai possiamo parlare di priorità». Marco Della Fornace
I GIOVANI TRA MONDO CRITICO AMBIENTALISMO E PANDEMIA Come ha cambiato il Covid-19 la nostra consapevolezza sulla difesa dell’ambiente? Sistema Critico lo ha chiesto ai ragazzi e alle ragazze della provincia di Pesaro e Urbino e alle attiviste e agli attivisti di Fridays For Future Urbino e di Greenpeace Napoli Il Covid-19 ha scombinato le nostre coordinate esistenziali causando disagio sociale, crisi economica, proble- mi psicologici di massa. Ma quello che viene spesso sottovalutato è il suo stretto legame con il cambiamento climatico. Come affermato da Aaron Bernstein, direttore dell’Harvard C-Change, il cambiamento climatico ha impattato sulla diffusione del Covid-19 in tanti modi. Il surriscaldamento globale, parallelamente alla defore- stazione, spinge gli animali a migrare verso altre zone, soprattutto fiumi e laghi, facendo entrare in contatto specie che prima non si erano mai incrociate, aumentando il rischio di contrarre patogeni trasmissibili anche all’essere umano. Come hanno reagito gli Stati? In tutto il mondo la pandemia è stata un’occasione per ridi- scutere radicalmente le nuove policy del futuro. In uno scenario di completa ricostruzione, è apparso evidente che solo tracciando un sentiero sostenibile si può sopravvivere in futuro, perché da questo passa anche la resistenza ai virus. Una ricerca di Ipsos sulle priorità della società con l’avvento del Covid-19, elaborata nel 2020 su un campione di 22 mila persone tra i 15 e i 35 anni di 23 Paesi dell’Unione Europea, mostra che il cambiamento climatico e la degradazione ambientale sono stati indicati rispettivamente al 46% e al 44% delle priorità mondiali, mentre il Covid-19 si è fermato al 36%. La sensibilità delle nuove generazioni nei confronti delle questioni ambientali è altissima, come mai prima d’ora. Per capirne un po’ di più, abbiamo chiesto ad Alice Marini, Francesca Borrelli e Clelia Cerboni Bajardi di Fridays For Future (FFF) Urbino e Francesca Zazzera di Greenpeace Napoli, quali sono le loro sensazioni riguardo al futuro delle politiche sul clima e qual è la percezione dei giovani sul tema. In che modo la pandemia ha influito sui movimenti ambientalisti? Francesca Zazzera, pilastro di Greenpeace Napoli dal 1992, evidenzia che «il Covid ha reso impossibile il lavoro dei dialogatori, fondamentale per acquisire nuovi sostenitori regolari e fonte principale di sostegno economico. Adesso le persone si avvicinano al mondo di Greenpeace online: attraverso i social o tramite le petizioni che si possono trovare sul sito. La pandemia ha effettivamente fatto avvicinare molte più persone alle tematiche ambientali. La paura risveglia le coscienze e svolgere le riunioni online risulta più agevole. Anche se molti continuano a prediligere la modalità “dal vivo”, nel periodo del Covid si sono registrate 15 nuove unità e alla prima riunione in presenza del 2020, tenutasi a settembre, c’erano molte più persone». Alla stessa domanda, le ragazze di FFF Urbino hanno risposto che «durante la pandemia non sempre le attività sono proseguite con costanza, ma questo periodo difficile si è rivelato comunque un momento importante di studio, riflessione e revisione. Nei rapporti con il nucleo FFF nazionale, la crisi sanitaria ha contribuito a stabilire un legame più saldo e diretto e ha rappresentato una tappa importante per il confronto con gli altri distacca- menti regionali, alcuni in difficoltà e in attesa di una nuova spinta partecipativa». Qual è la percentuale di giovani che partecipa? Francesca di Greenpeace spiega che «la volontà è quella di intercettare il maggior numero possibile di ragazzi a cui lasciare il testimone. Sono da sempre in prima linea, la mia speranza è quella di cedere il posto alle nuove generazioni. L’utilizzo dei social è fondamentale a questo scopo. Da Facebook a TikTok, passando per l’ormai fondamentale account Instagram». Anche le ragazze di FFF Urbino sottolineano «l’importanza di essere attivi sui social per lanciare messaggi che evidenzino l‘urgenza della situazione e l’importanza di agire subito sia sul fronte individuale che su quello politico. Tutto ciò lasciando che il coinvolgimento dei giovani sia spontaneo e sincero, con uno sguardo critico e libero da condizionamenti. Al momento il gruppo locale conta una trentina di membri tra i 15 e i 25 anni». Quali sono le vostre ultime iniziative? Le ultime azioni del gruppo napoletano, organizzate con altre realtà associative del territorio, sono state due. La prima «è una dimostrazione in collaborazione con Extintion Rebellion e Climate Save. In sostanza, chiedia- mo che il Recovery Plan sia una vera spinta alla transizione, ma per ora vediamo solo finzione ecologica». La Alice Mauri seconda è stata «un’azione dei volontari in uno dei punti vendita Carrefour: la produzione intensiva di carne è Massimiliano Garavalli uno dei principali motori di deforestazione e perdita di biodiversità̀, due importanti fattori di rischio per il po- tenziale sviluppo di epidemie, perché possono favorire nuovi salti di specie di virus e batteri dagli animali agli Sara Valentina Natale esseri umani». Tra le iniziative più recenti che FFF Urbino sta portando avanti rientrano invece «varie campagne nazionali tra cui: #RitornoAlFuturo, che rappresenta un’alternativa al PNRR legato ai fondi del Recovery Fund per la ricon- versione ecologica; #NOCCS, contro l’impianto di cattura e stoccaggio della CO2 voluto da Eni a Ravenna e #GiudizioUniversale, causa legale indirizzata allo Stato per inazione climatica. Attivo da appena due anni, il gruppo vive una fase di confronto e collaborazione con associazioni più esperte e influenti sul territorio, con l’obiettivo di redigere un documento da proporre all’amministrazione comunale per sollecitare il consiglio a dichiarare lo stato di emergenza climatica, mettendo il tema ambientale al centro delle politiche locali». Una delle chiavi per diventare più ecosostenibili, è proprio questa: potenziare i canali informativi e promuovere più dibattiti attivi sull’ecosistema.
IN TANTI FANNO LA LORO PARTE. MA PER LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE CI VUOLE L’IMPEGNO DI TUTTI Noi di Sistema Critico abbiamo effettuato una ricerca nella provincia di Pesaro e Urbino per capirne un po’ di più sulla sensibilità ambientale della gente. Dal sondaggio emerge che su 100 persone solo il 22,4% si sente coinvolto in queste tematiche. In tanti fanno anche più della loro parte per salvaguardare l’ambiente e l’ecosi- stema: raccolta differenziata, raccolta dei rifiuti di terzi, uso di mezzi pubblici o di macchine elettriche, evitando sprechi sia alimentari che di risorse e prediligendo prodotti di aziende ecosostenibili, con confezioni zero waste (rifiuti zero). Ma questo impegno, da solo, non basta. I comuni approvano iniziative per essere più green: piste ciclabili per incentivare l’uso della bicicletta, colonni- ne di ricarica per auto elettriche, pulizia dei luoghi pubblici. Un ulteriore passo in avanti, certo. Ma tutto ciò si scontra con una politica spesso assente. Dal sondaggio emerge il pensiero comune che la politica speculi sul territorio, con azioni inadempienti e com- promessi a sfondo economico. Nonostante l’Europa abbia approvato il fondo Next Generation EU, il 90% degli intervistati ha dichiarato di non esserne a conoscenza. Il restante 10% esprime poca fiducia in questo fondo, giudicandolo come la solita speculazione. Questo risultato non ci meraviglia: quanto si parla di ambiente in- torno a noi? Solo il 7,5% degli intervistati ha dichiarato che quotidianamente tratta tematiche ambientali. Un risultato scoraggiante, che dovrebbe farci riflettere. Quali canali di informazione sarebbe opportuno potenziare? Il 91% degli intervistati vorrebbe che la scuola intervenisse in modo più attivo, attraverso progetti formativi mirati. Il 77,6% vorrebbe, inoltre, che fossero i telegiornali e i programmi televisivi a prestare più attenzione al mondo ambientale. Seguono, infine, i dibattiti in famiglia e i social media.
ISOLA DEL PIANO, LA TERRA DEI PIONIERI DEL BIOLOGICO Giuseppe Paolini, presidente della Provincia di Pesaro e Urbino e sindaco di Isola: «Eravamo ragazzi negli anni Settanta e quando tutti andavano verso le città, noi decidemmo che il futuro era in campagna» Isola del Piano è un piccolo comune della provincia di Pesaro e Urbino. Ha meno di 600 abitanti, ma è I CAPISALDI DI PAOLINI: conosciuto in tutto il mondo come patria dell’agricoltura biologica. Il biologico è una sfida attualissima, che affonda le sue radici nello scorso secolo: «Se uno ci crede, si può fare», afferma il sindaco di Isola del Piano SOSTENIBILITÀ Giuseppe Paolini, per tutti “Peppino”, tra i protagonisti di questa storia. «Il biologico è il sogno di un gruppo di AMBIENTALE E SINERGIA giovani ragazzi, che fin dagli anni Settanta, cercò di invertire l’esodo dalle campagne. In quegli anni le persone fuggivano dalla terra non per ordine economico, ma per ordine culturale: essere un contadino non era visto di CON TUTTI I COMUNI buon occhio, per tutti gli stereotipi che ci sono dietro». DEL TERRITORIO Tra questi giovani di cui racconta Paolini, c’è anche Gino Girolomoni, uno dei principali fautori della divulgazione della cultura biologica. «Eravamo tutti ragazzi di quindici, sedici, diciassette anni. Decidemmo di rimanere nella nostra terra natìa e di informarci con degli esperti del settore, grazie ai quali scoprimmo il biologico. Giuseppe Paolini, nel 1977, è socio fondatore L’intenzione allora era quella di fare qualcosa di diverso rispetto alla direzione che stava prendendo il mondo. della Cooperativa Alce Nero insieme a Gino Era un periodo di grandi cambiamenti e anche noi avevamo voglia davvero di cambiare». Girolomoni, precursore dell’agricoltura biologica in Italia. È sindaco di Isola del Da qui parte una storia che vedrà poi la nascita di una cooperativa e di tante altre realtà che Piano dal 2010 e durante il suo mandato il porteranno Isola del Piano a un livello di attenzione mondiale. Comune ha aderito all’Associazione Nazionale «Per uno studio sul biologico riguardante i cinque continenti, il Giappone scelse Isola per l’Europa. Se vedo i delle Città del Bio che unisce i comuni e gli numeri del biologico oggi, dico che siamo riusciti nel nostro intento. Siamo partiti dalle erboristerie e ci siamo enti territoriali che condividono la scelta di espansi, ma di strada da fare ce n’è ancora tanta». promuovere l’agricoltura biologica, intesa non solo nella sua accezione di modello colturale, Il biologico si pone dunque una sfida che guarda al futuro. ma soprattutto di progetto culturale. Dal «Dietro a un prodotto biologico è necessaria un’etica equosolidale. Ad esempio, se noi non remuneriamo con 2018 è anche presidente della Provincia di il giusto prezzo un quintale di grano, un po’ alla volta non avremo più produttori italiani. Così cambieranno Pesaro e Urbino. Nel suo mandato si legge: radicalmente sia la tipologia che l’immagine dei nostri territori. Non vedremo più campi di grano, perché costerà “Sostenibilità ambientale, scuole sicure e piano meno importarlo dall’estero. Dobbiamo tutelare i contadini italiani e smettere di vergognarci del termine: non straordinario per la viabilità, ma soprattutto siamo terzisti o imprenditori, io sono fiero di essere contadino». grande sinergia con i comuni del territorio per azioni che vedano lavorare insieme costa e Alta qualità e giusto prezzo. aree interne, città e piccoli comuni. Il tutto con «Dobbiamo prendere coscienza e metterci in testa che pagare un euro in più per un prodotto significa avere una attenzione particolare al biologico e alla qualità e tutelare un produttore che quella qualità te la garantisce». riduzione dell’uso della plastica”. Giuseppe Paolini dal 2018 è anche presidente della Provincia di Pesaro e Urbino e ha inaugurato il suo mandato lanciando fin da subito una sfida biologica a tutto il territorio. «Dobbiamo vincere la concezione economica del “miglior prezzo”: io non posso e non debbo più starci al miglior prezzo. Dobbiamo confrontarci con la qualità dei prodotti. Sulla qualità il prezzo non si discute, altrimenti se abbasso il prezzo si abbassa la qualità». Luca Petinari
PROGETTI SERI E AZIONI DI SVILUPPO SOSTENIBILE È la ricetta del presidente del GAC Marche Nord, Tarcisio Porto, per un futuro davvero green Gruppo di Azione Costiera (GAC) Marche Nord e ambiente dialogano tra loro per definizione. Il GAC Marche Nord è una società cooperativa consortile, ha sede a Fano e tra i suoi obiettivi ha quello di strutturare azioni di sviluppo sostenibile, finalizzate al miglioramento della qualità della vita, secondo un Piano di Sviluppo Locale elaborato sulle specifiche esigenze territoriali. Assieme al presidente GAC Marche Nord ed ex assessore all’Ambiente della Provincia di Pesaro e Urbino, Tarcisio Porto, abbiamo parlato delle possibilità che ruotano attorno al tema della sostenibilità ambientale marittima. «Noi ci occupiamo di gestire fondi europei a bando – spiega Porto - che riguardano tutta la costa da Gabicce Mare ad Ancona e tutto il sistema della piccola e grande pesca». Fatta questa premessa, con il presidente si scende poi sul campo. «Le problematiche che si riscontrano in questo territorio da almeno una quindicina d’anni, sono legate ai cambiamenti climatici e al conseguente impatto ambientale». Ad esempio? «Abbiamo riscontrato che con la riduzione delle precipitazioni (- 30% negli ultimi 30 anni) e l’aumento dei consumi, nei periodi estivi a mare arriva molta più acqua derivante dagli scarichi, che rischia di apportare un danno diretto e immediato. Ad esempio penso all’economia delle vongole, che vengono travolte dalla fanghiglia, che rischiano di morire o non si riescono a pescare. Sul lungo periodo questo può comportare gravi problemi d’impatto ambientale». Prendendo spunto da questo esempio, cosa si può fare per fronteggiare il problema e invertire la rotta? «Sono anni che vengono fatte raccomandazioni su un utilizzo oculato e non eccessivo delle risorse idriche. Parliamo di pratiche semplici, come chiudere il rubinetto quando si lavano i denti e tanti piccoli altri accorgimenti che dovrebbero essere insegnati e messi in pratica, da tutti, quotidianamente. Sviluppare una coscienza e una cultura del rispetto ambientale rientra nella sfera dell’impegno individuale e sociale». I cambiamenti climatici sempre più evidenti a livello mondiale e locale, determinano l’urgenza di un vero e deciso cambio di rotta. «Questi cambiamenti sono talmente impattanti e vincolanti che è impossibile rimandarne la soluzione. Un altro esempio: in alcune zone della Puglia, della Calabria e della Sicilia, ci sono ambienti che ormai sono paragonabili a quelli sahariani». Dal punto di vista del GAC, l’impegno è soprattutto locale per arginare questi cambiamenti. «Certo. Stiamo cercando di migliorare i consumi dei prodotti del mare. Ad esempio bisogna puntare al consumo del pesce e del pescato locale per una sorta di chilometro zero del mare, penso al pesce azzurro. Ormai va di moda mangiare pietanze come la bistecca di tonno, che ha un impatto ambientale devastante per tutta quella che è la filiera: pescato in Adriatico, abbattuto e lavorato in Giappone con tecnologie non sempre controllabili e così via. Il pesce azzurro invece ha anche proprietà organolettiche molto più elevate, oltre che avere una tradizione locale molto forte ed essere molto buono». Cos’altro si può fare? «Non sono un integralista ma ripeto, promuovere stili di vita e consumi più sostenibili deve essere la priorità per un futuro migliore». Rievocando infine il suo passato da assessore provinciale all’Ambiente, Porto tocca anche il tema del Recovery Fund. «Ai tempi facemmo uno studio, in sinergia con l’Istat, sulle buone pratiche dal punto di vista amministrativo per migliorare benessere e sostenibilità, senza alcuna pretesa di trovare chissà quali risorse, ma come azione politica di riflessione sul tema. Oggi le risorse a disposizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) sono enormi. Ma non sono sicuro che riusciremo a spendere quei soldi. Per fare azioni concrete servono progetti esecutivi e dei bilanci con scritte le somme, altrimenti rischiamo di trovarci impreparati. Dal canto nostro, abbiamo iniziato ad alzare i livelli della progettazione, perché questa è un’occasione unica. Sarà una corsa, ma si può fare». Luca Petinari
IL GIGANTE DELLA MONTAGNA Marco Bani, speleologo, biologo, fotografo, videomaker, divulgatore e scrittore, nasce a Città di Castello nel 1950. Gli ultimi quarant’anni della sua vita li ha dedicati all’attività in grotta. Marco è una delle persone che maggiormente ha contribuito al mio amore per il Monte Nerone. Lo siamo andati a trovare nel suo bivacco estivo non lontano dalla cima, all’interno del faggeto, a poche centinaia di metri dal Rifugio Corsini. Da qui ogni giorno, Marco parte per aggiungere tasselli alla sua ricerca e liberare metri, più spes- so centimetri, di grotta. Ne è nata una conversazione sugli oltre trent’anni che ha dedicato a questa montagna e alla ricerca della “grande grotta”. La storia di una vita e di una passione incredibile. Com’è iniziata Marco questa avventura, che è l’avventura di tutta una vita? «L’inizio è stato casuale. Io ero un calciatore, ar- rivato fino in nazionale giovanile. La mia carriera si è poi interrotta con la diagnosi di un misterioso soffio al cuore che negli anni è scomparso. I soldi del calcio però, mi permisero di frequentare l’uni- versità, prima ingegneria e poi biologia. Solo in seguito, attorno ai trent’anni, mi avvicinai alla speleologia. La speleologia mi affascinava, mi dava la possibi- lità di esprimere tante delle mie competenze. Ero un atleta, fatica e avventura non mi spaventavano, ero capace di fare rilievi topografici, appassionato di biologia ed evoluzionismo, fotografo e videoma- ker per tradizione famigliare. Con la speleologia potevo mettere a frutto contemporaneamente tutte le mie esperienze. Così feci un corso e, grazie al mio temperamento curioso, ebbi la fortuna di girare per il Nerone e di trovare subito la Grotta dei Cinque Laghi». Che anni erano quando inizi ad esplorare? «Erano i primi anni Ottanta. La scoperta della Grotta dei Cinque Laghi è del 1982. È stata aperta da me, Moravio Del Gaia (attuale presidente Cai di Città di Castello) e Sandro Bernabei. Io trovai una fessurina di poche dita. Avevamo come attrezzo solo una lunga roncola da boscaioli. Con inco- scienza ci siamo spinti dentro e da lì ci si sono spalancati centinaia di metri di grotta. Da quell’inizio poi, tante sono state le scoperte
incredibili. Come il giacimento di resti di orsi delle caverne in una grotta sulla Valle del Presale. I più grandi che siano stati trovati ed estinti oltre ventimila anni fa. Ma ne abbiamo trovati solo pochi e selezionati resti che erano confluiti qui da qualche altra parte. Il che fa intendere che la vera grotta degli orsi, che potrebbe contenere anche migliaia di ossa, sia nascosta e molto, molto più grande». È così che è nata in te la consapevolezza che il Nerone contenga la “grande grotta”, questo immenso complesso carsico che stai cercando? «A dire il vero sono tante le tracce dell’esistenza della grande grotta. La più importante si è rivelata nel 2003 sul versante sud vicino a Pieia. Da una frana tra le rocce fuoriuscì un’enorme, incredibile quantità d’acqua, praticamente un “trop- po pieno”. Per giustificare tale flusso ci vogliono chilometri e chilometri di gallerie che convergono gerarchicamente su una condotta finale che risorge in quel punto. I colleghi di Urbino hanno messo un tracciante inerte nella grotta delle Tassare che poi è riemerso da lì. Significa che ha viaggiato internamente per chilometri e ha attraver- sato tutta l’interezza del Nerone». Cosa farai quando la troverai o se non la troverai? «Se non trovo la grande grotta non sarà una fregatura è il viaggio che è importante. È tutto il viaggio che è bello. Se non la trovo è comunque valsa la pena scoprire le altre cento e fare tutte le esperienze di questi anni». Io però conosco una storia. Una tua esplorazione in solitaria nella quale te la sei vista brutta. «Sì, ero all’inizio, avevo poca esperienza e poco senno. Oggi come oggi in una fessura che non conosco ci entro con i piedi, perché uscire è più facile. Ma quella volta ho detto “vediamo un po’ dove va”, e mi sono infilato di testa. Ma il buco si stringeva sempre di più ed era molto scivoloso, e ad un certo punto mi sono trovato che non andavo né avanti né indietro. Ero solo e nessuno sapeva dove fossi. Ne sono uscito dopo ore, risa- lendo un centimetro alla volta gonfiando i polmoni per non riscivolare in basso. Ho dovu- to fare una sorta di “training autogeno” per non perdermi d’animo. Ho rischiato davvero. Da quella volta non sono più entrato di testa in una buca in discesa». In un mondo dove sembra non ci sia più nulla da scoprire, tu dimostri che an- che nel 2021 si può essere esploratori. «Hai detto una cosa fondamentale, sai, perché a tirarmi dentro alla speleologia è stata la passione dell’esploratore. Se fossi nato a fine Ottocento o ai primi del Novecento, mi avrebbe appassionato l’alpinismo classico o l’esplorazione dei Poli, allora scono- sciuti. La montagna con le sue grotte nascoste condensa questo ignoto da scoprire. Oggi i satelliti fotografano tutto, le vette sono state tutte scoperte, i deserti attraversa- ti. Rimangono due frontiere: gli abissi marini, fuori dalla mia portata, e le grotte». Su cosa stai lavorando adesso? Su cosa ti stai concentrando? «Sulla Grotta delle Forbici, una grotta di centoventi metri di sviluppo che stiamo amplian- do e che ha una storia particolare. Due anni fa mi vengono a trovare i miei nipoti, Benedetta e Michele, che mi chiedono di portarli a vedere delle grotte. Nel tragitto Michele trova vicino al sentiero che percor- revamo un piccolo buco. Io lo segno, ma solo l’anno successivo torno a vederlo. Allora apro un po’ di più, faccio bruciare un fazzoletto e vedo che viene fuori dell’aria. Nei giorni successivi scavo da solo e inizio a intravedere l’inizio di una grotta. E poi succede che una sera, siamo io, Rachele, Marta e Fabio, le due ragazze riescono infine a pas- sare, con loro grande emozione. Poi passiamo anche noi. Appena dentro annuncio: “vi ho portato dove l’uomo mai mise piede”, per farmi smentire subito dopo da Fabio che, all’interno, trova un paio di forbici (Marco ride e noi ridiamo con lui, ndr.). Io ho una personale ipotesi su quelle forbici. Siamo riusciti a scoprire che fanno parte di un set da sarto fabbricato a metà Ottocento in Inghilterra. Io su questo ho costruito una mia teoria che s’incrocia con la storia delle nostre terre, in particolare con la storia della Banda Grossi. Uno dei sette della banda era un sarto. La fonte più vicina a quella grotta lì si chiama Fonte di Grosso e i nomi non vengono dati a caso. L’idea è quella che uno dei loro covi fosse la Grotta dei Prosciutti, che allora in qualche modo era comunicante con la Grotta delle Forbici. Dalla prima si calavano nel caso av- vertissero l’arrivo dei carabinieri. E in una di queste fughe il sarto perse le forbici». Chi sono le persone con cui vai in grotta e che ti aiutano ora? «La speleologia rivela molto delle persone. Prima di tutto conosci te stesso, i tuoi limi- ti, quanto sei coraggioso e quanto non lo sei. Poi capisci gli altri. Quando ti trovi al freddo a centinaia di metri di profondità tu le sai leggere le persone, capisci su chi puoi fare affidamento e su chi no. Quelli che mi accompagnano oggi sono prima di tutto amici su cui contare. A loro vorrei regalare le stesse emozioni che ho provato io con mille scoperte, magari sarà uno di loro a scoprire la grande grotta o chissà, magari uno a cui non frega niente di speleologia alza un sasso e trova il buco buono. La speleologia è piena di queste storie». Andrea Albertini
"LAPALLAROTONDA", UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DI LUOGHI INSOLITI E POCO CONOSCIUTI DEL TERRITORIO Il presidente Daniele Grassetti: «La nostra idea è quella di diffondere una coscienza multiculturale e ambientale, di rispetto e attenzione ai piccoli gesti» L’associazione sportivo-culturale LaPallaRotonda opera nell’ambito dell’inclusione sociale, dell’aggregazione, della multiculturalità e della valorizzazione del territorio. La sua nascita è quasi casuale. O meglio, avviene grazie a una serie di eventi non pianificati, che uno dopo l’altro, hanno portato alla realtà che esiste oggi e che non so come evolverà in futuro. Mi chiamo Daniele Grassetti, sono il presidente dell’associazione. Tutto è iniziato dieci anni fa da un mio blog, che parlava di calcio in maniera più o meno seria e che avevo chiamato "La Palla è Rotonda", in onore dei vari personaggi e delle loro teorie con cui mi ero scontrato quando allenavo una squadra di calcio che disputava il campionato di seconda categoria a Pesaro. L’associazione, che ho poi fondato nel 2015 prendendo spunto dal nome del blog, ha lo scopo di avviare una serie di attività ludiche e sportive per bambini e ragazzi, coinvolgendo anche i colleghi allenatori nelle attività, nella programmazione di momenti di aggiornamento e nello scambio di conoscenze. La vera svolta si è verificata nell’autunno del 2016, quando per la prima volta abbiamo organizzato sia un’escursione sul San Bartolo con bambini e genitori che avevano già aderito a nostre altre iniziative e sia, poco tempo dopo, un’altra camminata gratuita aperta a tutti. Da subito mi è sembrato un gran bel modo di creare aggregazione. E soprattutto ho capito che tutte quelle ore trascorse a godere a passo lento delle
bellezze della natura, mi davano molta più energia di qualsiasi altra attività. I CAMMINI Così mi sono fatto prendere la mano e sono passato da organizzare un’uscita ogni due settimane a due ogni weekend, fino ad arrivare a oggi con l’associazione, che oltre a una serie di attività DELLA ROVERE inclusive, propone sia uscite nei weekend sia infrasettimanali: al tramonto, di giorno o di notte, a piedi e qualche volta in eBike. Insomma, ai nostri associati forniamo una buona varietà di modi con cui passare il loro tempo libero. Tra i suoi vari progetti, LaPallaRotonda propone Quello che ci anima, oltre al benessere che può derivare dalla singola camminata e dalle un ricco calendario di escursioni, di varia varie esperienze, è il far avvicinare le persone al loro territorio e sensibilizzarle alle tematiche natura e difficoltà, prevalentemente all’interno ambientali più elementari, ma a cui spesso non si presta attenzione. Grazie alla frequentazione di dei confini della provincia di Pesaro e Urbino. preparatissime guide ambientali con cui ho il piacere di collaborare e ad alcuni studi personali, Per dare un ordine e una valenza maggiore a durante le escursioni provo, con i miei limiti da non professionista del settore, a proporre anche io queste attività escursionistiche, l'associazione dei momenti di divulgazione dove racconto la flora e la fauna. E soprattutto, dove tendo a sfatare ha strutturato l’iniziativa dei Cammini della alcuni luoghi comuni che riguardano l’ambiente selvatico. Il mio è più un tentativo di incuriosire Rovere, la cui idea di fondo, sta nel creare il partecipante piuttosto che di istruirlo, con la speranza che poi possa approfondire da solo o si una rete di itinerari che a piedi o in bicicletta, unisca a qualche escursione organizzata dalle Guide Ambientali Escursionistiche del territorio, che permetta di raggiungere tutti i comuni e le sicuramente forniranno informazioni più dettagliate e ad ampio raggio. piccole realtà della provincia, per valorizzare il Il grande vantaggio dell’associazione LaPallaRotonda è quello di non essere a scopo di lucro. Questo territorio e le sue eccellenze. consente di mantenere la struttura snella e la programmazione delle attività avviene in maniera molto I cammini sono suddivisi in 8 percorsi ad semplice: se una cosa ci va di farla la facciamo, altrimenti no. Soprattutto, non avendo la necessità di anello di durata variabile che sono identificati creare eventi che abbiano appeal per le masse, ci possiamo divertire a scoprire luoghi insoliti e non per omogeneità storiche, paesaggistiche o conosciuti. geografiche: Il progetto dei Cammini della Rovere ad esempio, nasce proprio da questo interesse di andare a scoprire tutta la provincia nella sua interezza. Per questo, ho tracciato una rete di oltre 1300 • Anello dell’Adriatico chilometri di strade, stradine e sentieri, che passano dentro ogni comune del territorio di Pesaro e (8 tappe – 3 giorni in bicicletta) Urbino. E più o meno ogni weekend percorriamo un pezzetto di questo percorso che ho suddiviso in • Anello del Metauro 8 macro itinerari. L’idea è ambiziosa e se dovesse venire recepita da qualche ente e trasformata in (9 tappe – 3 giorni in bicicletta) proposta turistica concreta e soprattutto sostenibile, darebbe un notevole impulso al nostro territorio, • Anello del Foglia includendo le tante località con grande potenziale ma pochissima visibilità. Un altro dei temi su cui (9 tappe – 3 giorni in bicicletta) LaPallaRotonda cerca di sensibilizzare le persone, è quello della salvaguardia ambientale. Senza • Anello delle Sorgenti fare comizi e lanciare grandi battaglie, lo scopo è più che altro quello di diffondere una coscienza di (11 tappe – 4 giorni in bicicletta) rispetto e attenzione ai piccoli gesti. C’è un grande proliferare sui social di post di indignazione per le • Anello delle Serre condizioni di alcuni luoghi, ma davvero in pochi poi li traducono in azione. Proprio per questo, di tanto (14 tappe – 5 giorni in bicicletta) in tanto, organizziamo camminate ecologiche con lo scopo di raccogliere i rifiuti che troviamo lungo • Anello delle Terre Ducali i sentieri o nelle aree maggiormente frequentate di qualche parco. Ad esempio la Montagnola (o (6 tappe – 2 giorni in bicicletta) Tetto del Mondo) sul Parco San Bartolo, dove la facilità di accesso fa si che tante persone si ritrovino • Anello del Cesano per godersi uno spuntino immersi nello splendido panorama che il luogo offre, senza però curarsi di (10 tappe – 4 giorni in bicicletta) come lasciano quei posti quando se ne vanno. Io credo che in rari casi l’incuria avvenga in malafede, • Anello del Montefeltro molto più spesso avviene perché manca una coscienza ambientale. (8 tappe – 3 giorni in bicicletta) Insomma, il nostro territorio non è formato soltanto dalle solite mete sulla bocca di tutti e dove il turismo negli ultimi anni è diventato di massa e poco sostenibile per l’ambiente. Il mio consiglio, Il progetto non pone l’accento solamente sul per chi vuole trascorrere del tempo in natura, è quello di perdere dieci minuti su internet cercando camminare e sul percorrere questi itinerari. un luogo che lo possa incuriosire. Una volta trovato un percorso e tracciata una rotta che non Anzi, mette al centro dei propri obiettivi quello passi necessariamente per strade di grande comunicazione, sono convinto che troverà tanti scorci di creare un collegamento con tutti gli attori affascinanti lungo il cammino e posti in cui fermarsi per esplorare l’ambiente con la giusta intimità. della provincia: dai ristoratori ai proprietari delle strutture ricettive, dai produttori locali alle istituzioni (le varie Pro Loco, le IAT, i comuni e via dicendo) agli accompagnatori turistici e alle Daniele Grassetti guide ambientali escursionistiche. La sfida futura è quella di coinvolgere enti, associazioni e tutti i soggetti del territorio, per trasformare i Cammini della Rovere in percorsi ufficiali e realmente usufruibili, creandone la opportuna segnaletica e predisponendo tutto il materiale necessario per rendere sempre più appetibili, dal punto di vista turistico, i vari itinerari.
DE RERUM NATURA, QUANDO L’AGRICOLTURA DIVENTA SOCIALITÀ E INCLUSIONE Un progetto per far fronte al declino sociale delle aree interne, per valorizzare nuove esperienze e soluzioni innovative di welfare locale Cesare Baldeschi è il direttore e cofondatore di De Rerum Natura, Cooperativa agricola sociale in località Fornaci di Paravento di Cagli, che promuove uno sviluppo locale intelligente, sostenibile e inclusivo. Come e perché nasce De Rerum Natura? «L’esperienza in questo settore per me inizia nel 2006. Nel 2008 poi, dall’unione di due piccole realtà, prende vita l’avventura della Cooperativa agricola sociale De Rerum Natura. Quella di De Rerum è la prima esperienza nel suo genere nelle Marche. Ci occupiamo principalmente dell’inserimento lavorativo di ragazzi con problematiche di varia natura attraverso attività agricole sociali, inclusione sociale, riqualifica del territorio-ambiente, turismo accessibile e sostenibilità ambientale. E siamo produttori di energia pulita grazie a un impianto fotovoltaico che ci consente di auto sostenerci. Sin dall’inizio abbiamo lavorato a stretto contatto con la pubblica amministrazione e l’Ambito Territoriale 3, come detto, nell’inserimento lavorativo dei giovani. Ma ad oggi le nostre attività si rivolgono anche a tutti quegli aspetti legati alla socialità e al tempo libero». Che ruolo ha l’ambiente nelle vostre attività? «De Rerum Natura usa l’agricoltura come strumento per l’inclusione sociale e per promuovere uno sviluppo locale intelligente e sostenibile. Negli ultimi anni abbiamo assistito sempre più spesso al fenomeno dell’appalto al massimo ribasso. Questa dinamica però, finisce per creare un deserto a livello progettuale e non solo. Da noi invece, tutto viene reinvestito nel territorio. E questo ci consente di creare nuove connessioni e di sviluppare nuovi progetti. Negli anni abbiamo riforestato tutta la zona, creato un lago per salvaguardare gli anfibi, dato spazio alle erbe spontanee e creato un vivaio in cui si possono ammirare orchidee, rose antiche e altri fiori che difficilmente si possono trovare nelle altre campagne. La scelta del biologico e l’assoluto divieto di usare pesticidi ha ovviamente favorito il rifiorire dell’ambiente naturale. E questo si sposa anche con l’altro progetto che portiamo avanti, quello del turismo consapevole, che trova la sua massima espressione nell’esperienza de Il Posto delle Viole, un agriturismo che è stato ristrutturato con tecniche di bioedilizia e materiali naturali in cui è possibile trovare e gustare la nostra piccola produzione biologica e biodinamica. Dal 2015 poi portiamo avanti un altro progetto chiamato “Longevità”, promosso dalla Regione Marche, che ha lo scopo di garantire l’inclusione sociale degli over 65 in difficoltà, promuovendo un inserimento graduale nelle attività. Gli ospiti delle case di riposo sono coinvolti nelle attività della fattoria sociale, riprendendo i temi e le abitudini della vita rurale, che non vuol dire solo lavorare nei campi ma soprattutto cucinare, passeggiare e vivere la socialità».
A chi si rivolgono le vostre attività? «Le attività che promuoviamo sono rivolte ad esempio a giovani con problemi psichiatrici ma non solo. Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, ad oggi i ragazzi hanno tutti meno di trentanni. Per tutte le attività di inclusione sociale l’età poi non è un fattore determinante, perché quello che ci interessa è stare insieme facendo qualcosa di bello e promuovere esperienze che possano aiutare le persone a comunicare e a vivere le loro emozioni in modo positivo. Per poter fare tutto questo non ci sono solo le attività legate all’agricoltura, ma anche percorsi di terapia orticolturale, laboratori teatrali, laboratori per bambini, passeggiate nella natura e a cavallo, ippoterapia e pet therapy. Insomma, tutto ciò che può aiutare le persone a recuperare una propria dimensione, un proprio spazio, nel quale il giudizio della società non esiste e non conta». Che impatto ha avuto De Rerum Natura nel territorio? «Da quando siamo partiti, un po’ all’avventura, ad oggi, possiamo definirci un punto di riferimento a cui le realtà socio sanitarie si possono rivolgere e in cui trovano spazio tantissimi giovani. All’interno della cooperativa lavorano oltre quaranta persone con ruoli diversi, compresi alcuni dei nostri utenti. In questi anni abbiamo sempre trovato il supporto da parte dell’amministrazione pubblica. Il tasto dolente è il non avere ancora avuto la possibilità di ragionare, insieme alla Regione, su delle politiche agricole sociali che sappiano cogliere seriamente le potenzialità evolutive di queste esperienze, sostenendole di conseguenza con investimenti economici che non siano marginali». Un’ultima domanda: chi è Cesare Baldeschi? «Cesare Baldeschi è uno psicologo pentito e oggi felice operatore agricolo sociale». Giulia Murgia
UNA COMUNITA’ ACCOGLIENTE COMUNICAARE PER PARTECIPARE Durante il periodo di pandemia molti di noi hanno riscoperto, attraverso la ricerca e l’utilizzo di strumenti per restare in contatto con le altre persone, l’importanza della comunicazione. È proprio quando non si ha la possibilità di comunicare nei modi abi- tuali che si riscopre il valore della comunicazione interpersonale. L’impossibilità di comunicare con gli altri può avere ricadute negative generali sullo sviluppo della relazione e del linguaggio, sullo sviluppo cognitivo e sociale. Ogni bambino impara a parlare perché spinto da un bisogno istintivo di esprimersi e comunicare, ma anche per entrare in con- tatto con l’ambiente che lo circonda. Non avere la possibilità di parlare, cioè di esprimersi verbalmente, non significa non potere comunicare. Normalmente la lingua parlata, per la sua estensione, complessità e funzionalità, rappresenta il canale comunicativo privilegia- to. Tuttavia, ci sono persone che non sono in grado di utilizzare i canali classici (verbali e orali) e hanno bisogno di strumenti mirati. I bambini con bisogni comunicativi complessi necessitano di un’adeguata attenzione e di un intervento mirato e precoce, per favorire lo sviluppo comunicativo, cognitivo e sociale. La tempestività degli interventi è molto importante, allo scopo di prevenire un ulteriore impoverimento comunicativo, simbolico e cognitivo e la comparsa di disturbi del comportamento. CHE COS’È LA CAA ? La Comunicazione Aumentativa e Alternativa nasce ufficialmente negli Stati Uniti nel 1983, con la creazione di ISAAC (Interna- tional Society of Augmentative Alternative Communication). Come ambito di studio e di intervento, la storia della CAA affonda le proprie radici nei decenni precedenti: fra gli anni ’50 e ’60 negli Stati Uniti e in Canada, alcuni terapisti della riabilitazione avevano raggiunto la consapevolezza che molte persone con disabilità non sviluppavano adeguate competenze di comunicazione verbale nonostante anni di terapia del linguaggio “tradizio- nale”. A quei tempi risalgono quindi i primi tentativi di superare le difficoltà di produzione linguistica con mezzi sostitutivi. Con la definizione Comunicazione Aumentativa e Alternativa, si indica un insieme di conoscenze, tecniche, strategie e tecnolo- gie, che servono a semplificare e incrementare la comunicazione nelle persone che hanno difficoltà a usare i più comuni canali comunicativi, con particolare riguardo il linguaggio orale e la scrittura. Viene definita Aumentativa perché non si limita a sostituire o a proporre nuove modalità comunicative ma, analizzando le competenze del soggetto, indica le strategie idonee per incrementarle (ad esempio utilizzando le vocalizzazioni o il linguaggio verbale esistente, ma anche i gesti e i segni). Viene definita Alternativa, perché si avvale anche di strategie e tecniche diverse dal linguaggio parlato e di codici sostitutivi del sistema alfabetico (figure, disegni, simboli e così via). L’approccio è multimodale: si possono utilizzare diverse modalità espressive. La comunicazione verbale viene quindi affiancata ad altre modalità comunicative come le forme visuo-motorie e grafo-visive: le prime sono riferite alla comunicazione gestuale,
le seconde ai simboli grafici. L’obiettivo è quello di creare opportunità di reale comunicazione e di effettivo coinvolgimento della perso- na, con l’utilizzo di strumenti flessibili e su misura della persona stessa. Widgit Symbols(C)-2002-2021 I potenziali utilizzatori sono le persone con disabilità cognitiva, che possono utilmente utilizzarne le strate- gie come veicolo per lo sviluppo di un’esperienza significativa di comunicazione, verso lo sviluppo di una competenza verbale o come modalità principale con cui la persona esprime le sue scelte e i suoi senti- menti. L’approccio comunicativo della CAA viene proficuamente utilizzato anche in contesti diversi: • nelle diverse situazioni di disabilita sviluppata in età adulta, in seguito a traumi, (sclerosi laterale amiotrofica, Alzheimer, afasia grave, ictus, sclerosi multipla, ecc); • nelle situazioni in cui la comunicazione è temporaneamente preclusa lungo i canali tradizionali (in te- rapia intensiva, in pronto soccorso, ecc) • per i primi approcci con la lingua locale da parte di persone straniere. La comunicazione per definizione è uno scambio e prevede una relazione, uno scambio comunicativo. Gli strumenti della CAA risultano efficaci se vengono condivisi con gli interlocutori e l’intero ambiente di vita. Questo è un principio fondamentale secondo il quale si sta cercando di diffondere l’utilizzo della CAA: tutti devono conoscere la CAA per permettere a chi la usa di poter comunicare con tutti, far sentire la propria voce, sentirsi parte del gruppo. Per questo riteniamo importante che l’intero contesto cittadino e sociale si predisponga all’inclusione comunicativa. “… ci si è resi progressivamente conto che la comunicazione ha un unico prerequisito, che non ha nulla a che fare con l’età mentale, l’età cronologica, i prerequisiti cognitivi, le formule matematiche o qualun- que altro modello che sia stato sviluppato nel tempo per stabilire chi possa essere candidato all’interven- to e chi no. L’unico vero prerequisito necessario per comunicare è respirare.” Pat Mirenda, 1992 Associazione Genìa ODV in collaborazione con le educatrici del servizio per l’integrazione scola- stica della Cooperativa Sociale Labirinto IL PARCO DI LEGNARO Un esempio di CAA legato al tema dell’ambiente e di Comunità Inclusiva, è quello che vi presentiamo nella foto accanto, scattata al parco cittadino del Comune di Legnaro (PD). Il pannello, posto all’ingresso, è stato ideato per favorire l’accessibilità comunicativa e presenta: • la piantina del parco • i simboli della Comunicazione Aumentativa Alternativa • tabelle magnetiche a tema per i singoli giochi. I simboli della CAA permettono alle persone con difficoltà di linguaggio o bambini piccoli, di esprimere scelte e bisogni. Il progetto, finanziato dal Comune di Legnaro, prevede anche la realizzazione di un percorso sensoriale. Le schede del percorso sensoriale mostrano i cambiamenti delle piante nel corso delle stagioni.
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