Per l'unica tappa pugliese del suo tour

Pagina creata da Jacopo Girardi
 
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Per l'unica tappa pugliese del suo tour
L’energia di Diodato al Cinzella Festival
per l’unica tappa pugliese del suo tour
Ci sono luoghi la cui energia esula da chi li abita in un determinato momento, luoghi in cui la
bellezza è talmente rara ed incontaminata che non si possono descrivere, bisogna viverli.

È così per le Cave di Fantiano, roccia tufacea scavata dalle mani degli uomini che
inconsapevolmente hanno restituito alla natura uno scenario inconsueto e mozzafiato, un luogo quasi
mistico, dove musica ed arte non possono che fondersi con il fascino dei monoliti calcarei.

Siamo nell’agro di Grottaglie, a due passi da Taranto, eppure la gran parte dei residenti ignora
questo paradiso che, se non fosse per pochi eventi come il Cinzella Festival, quasi verrebbe
dimenticato.

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ono di Maurizio Greco, per gentile concessione del Cinzella Festival.

Basterebbe prendersi del tempo, un attimo di silenzio per farsi suggestionare dalla particolarità di
un teatro incastonato nella roccia per capire che non ci troviamo davanti ad una location comune ed
un evento come tanti altri: sul palco, circondato da ulivi secolari e macchia mediterranea, sta per
salire Diodato per l’unica tappa pugliese del suo tour.

È la serata conclusiva della quarta edizione del Cinzella Festival 2020, che si è svolto dal 12 al 15
agosto e che anche quest’anno, come ogni anno, ha portato alle Cave di Fantiano artisti prestigiosi,
musica e proiezioni.
Per l'unica tappa pugliese del suo tour
Quest’anno anche il famoso logo dell’evento, la pecora, simbolo ormai della lotta contro il
siderurgico di Taranto e la contaminazione da diossina che costrinse le autorità sanitarie ad
abbattere oltre 600 ovini, indossa la mascherina, a ricordarci che non è un anno come gli altri: una
subdola pandemia pone l’attenzione nazionale sulla dicotomia tra il diritto alla salute e la necessità
del lavoro, temi sui quali i cittadini tarantini si interrogano da anni ed ai quali nessuna istituzione è
riuscita a dare una risposta certa e definitiva.
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r gentile concessione del Cinzella Festival.
Per l'unica tappa pugliese del suo tour
Lo sa bene Diodato, direttore artistico del 1° maggio a Taranto, che non ha smesso mai di pensare
alla sua città, nemmeno nel momento più bello e più alto della carriera di un musicista, la vittoria al
Festiva di Sanremo, vittoria dedicata a Taranto ed ai suoi cittadini che costantemente vivono in
condizioni di degrado ambientale ed emergenza occupazionale e che lo hanno saputo ripagare anche
al Cinzella Festival, con un affetto smisurato, seppur distanziati, con la mascherina indosso e nel
rispetto di tutte le norme del caso.

Di fronte al pubblico non c’è il cantautore Diodato, pluripremiato tra Sanremo, David di Donatello e
Nastro d’Argento, c’è Antonio, l’amico, il vicino di casa, il fratello partito a cercare fortuna, per
inseguire un sogno e tornato per ricordarci che, quando c’è il talento, i sogni si possono realizzare.

                          Scopri la nostra rubrica sulla Musica

Si resta incantati scoprendo con quale naturalezza, con quale energia, ma, allo stesso tempo, con
quale garbo e senza frenesia alcuna racconta di sé, solca il palco e canta le sue canzoni, lasciando
che il pubblico assapori il momento.

Sul palco del Cinzella Festival, insieme a Diodato, anche l’estro di Rodrigo D’Erasmo e la bellissima
voce di Greta Zuccoli, a dare ancora più forza alla sua poesia, in un tour fortemente voluto dal
cantautore tarantino, convinto che, in questo tempo incerto, la musica sia d’aiuto e conforto più che
in altri periodi.
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o, per gentile concessione del Cinzella Festival.

Lo si dice di tutti gli eventi ai quali si è partecipato, che sono unici, rari o particolari, soprattutto,
come in questo caso, quando la musica non è solo intrattenimento ma scava nell’anima, graffiando
sul fondo per far emergere qualcosa di noi che fino a quel momento non avevamo considerato,
oppure avevamo solo ignorato, ma credo che in questa circostanza siamo davvero davanti ad un
concerto unico ed irripetibile.

Forse perché mai più ci troveremo nel mezzo di una pandemia con alle spalle un lockdown che ha
scosso gli animi di tutti, forse perché quel luogo così incantato domani muterà, restituendoci un
altro paesaggio, forse perché ci sarà un’energia diversa a smuovere le coscienze o semplicemente
perché sarà un momento passato di cui conserveremo un bel ricordo e torneremo a casa con il cuore
pieno di bellezza e l’anima in pace, sicuri di aver viaggiato tra “Alveari”, “Ubriaco”, “Solo”, “Il
commerciante”, “Essere semplice”, “Adesso”, solo per citare alcune delle canzoni più belle,
perdendosi in “Mi si scioglie la bocca”, “Babilonia”, “Che vita meravigliosa” e “Fai rumore”.

Un racconto autentico e contemporaneo di una società spesso distratta e che non è più in grado di
apprezzare le piccole cose, ma anche un viaggio insondabile ed introspettivo alla ricerca di sé stessi
tra la felicità e le crisi di ogni esperienza amorosa, un racconto fatto di parole semplici ma, proprio
per questo, mai banali o scontate, che arrivano a tutti e di cui tutti si possono vestire per cambiare il
mondo che li circonda con la forza della gentilezza.

VIDEO FACEBOOK

https://www.facebook.com/DiodatoOfficial/videos/303150974243810/

Antonio Diodato ci lascia un insegnamento tanto prezioso quanto forse involontario, alzare la voce
non è l’unico modo di protestare contro le ingiustizie, lo si può fare anche con pacatezza, con
l’inequivocabilità e l’inamovibilità dei fatti; Antonio ci dimostra con la sua arte che sognare un futuro
diverso per Taranto è possibile e l’unico modo per ottenerlo è non smettere mai di pensare che,
prima o poi, possa accadere, e prodigarsi affinché accada.

Lasciamo le Cave di Fantiano con un grande senso di gratitudine nel cuore che forse non si può
spiegare a chi non ha vissuto e condiviso questo autentico momento di bellezza, portando con noi il
paesaggio che toglie il fiato, la voce, il sorriso e l’energia che Antonio ci ha donato senza
risparmiarsi, l’appagamento, ma anche l’inquietudine che chi vive questa terra conosce bene, tra
voglia di riscatto ed estrema incertezza per il futuro, ma ci portiamo anche un’emozione intima ed
insondabile che le parole non riescono a mostrare, che serve a “ricordarsi di nuovo dell’essenziale
invisibile”.

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Il podcast che ti fa scoprire l’A.I. -
L’intelligenza artificiale cambia il nostro
modo di fare acquisti? Con Marco
Scialdone
Il GDPR (General Data Protection Regulation), ossia il Regolamento Generale sulla Protezione
dei Dati, è un regolamento dell’Unione Europea in materia di trattamento dei dati personali e di
privacy adottato dall’aprile 2016, entrato in vigore dal 24 maggio del 2016 e pienamente operativo
dal 25 maggio 2018.

Il GDPR è un quadro normativo quasi unico nel panorama legislativo mondiale, che tutela i cittadini
europei dagli abusi delle aziende in fatto in trattamento dei dati e privacy meglio dei cittadini di altri
paesi industrializzati, come gli USA o il Canada.

Questo 5° episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale” parte proprio da
questo regolamento e, nello specifico, dall’Articolo 22, che norma:

  Articolo 22.

  Processo decisionale automatizzato relativo alle persone fisiche, compresa la
  profilazione

  1 L’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul
  trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo
  riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona.
In pratica questo articolo cerca di limitare i problemi che gli algoritmi di A.I. potrebbero arrecare
agli utenti in base a specifici parametri di profilazione e consente, fra le altre cose, agli stessi di
richiedere la verifica umana alla decisione automatica generata dall’A.I..

Infatti, nonostante le tecnologie dell’Intelligenza Artificiale siano sempre più evolute e performanti,
questo non tutela gli utenti da abusi, dall’istituzione di veri e propri cartelli automatizzati di
monopoli e, nei casi più gravi, da vere e proprie truffe, come successo con il celebre caso del 2012
che interessò il noto sito di prenotazioni alberghi online Orbitz e gli utenti Mac.

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, il dott. Marco Scialdone, avvocato e docente di Diritto e Gestione dei contenuti e
servizi digitali all’Università Europea di Roma.

In quel caso, il sito di prenotazioni Orbitz, attraverso algoritmi di A.I., forniva agli utenti che
utilizzavano un Mac le camere d’albergo più costose rispetto agli utenti che invece prenotavano
attraverso un PC.

Quindi il rischio che gli algoritmi di A.I. possano condizionare e/o modificare le nostre scelte di
acquisto è non solo molto concreto, ma anche molto alto.

L’Intelligenza Artificiale ci schiude sicuramente le porte del futuro e renderà la nostra vita più
semplice, ma il progredire della tecnologia dovrebbe prevedere il progredire del quadro legalistico
che tutela i diritti del consumatore e la privacy dei cittadini da processi di machine learning che, di
fatto, possono limitare le nostre scelte d’acquisto e la nostra generale libertà di navigatori della rete.

Il 5° episodio del podcast “Alla scoperta dell’Intelligenza Artificiale”, ideato e promosso
dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) e Radio IT (il primo podcast
network italiano sull’information tecnology), ci spiega quali e quanti rischi l’AI possa innescare nelle
nostre esistenze, sia online che offline.

A dialogare con il giornalista Igor Principe di Radio IT questa volta è il dott. Marco Scialdone,
avvocato e docente di Diritto e Gestione dei contenuti e servizi digitali all’Università Europea di
Roma.

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Addio a Franca Valeri: l’attrice che ha
innovato il ruolo della “Donna” nella storia
del cinema italiano
Il 2020 è un anno, ormai, che sarà tristemente legato alla pandemia del Coronavirus; ma
artisticamente nel nostro Paese, sarà per sempre ricordato per il centenario di due “grandissimi”
assoluti del cinema mondiale, ovvero Alberto Sordi e Federico Fellini. Loro coetanea è stata anche
l’altrettanto immortale FRANCA VALERI, ritornata alla ribalta quest’anno, in tre distinte date
destinate a rimanere negli annali.
La prima delle due date, è l’8 maggio, quando l’attrice è stata insignita, alla veneranda età di quasi
100 anni, del David di Donatello alla carriera, pieno riconoscimento ad una donna e artista, come
poche al mondo. Peccato, che la Valeri, non abbia potuto ricevere una standing-ovation, fisica, ma
solamente verbale, data la pandemia e la susseguente cerimonia “inusuale” dei David di Donatello.

La seconda data, affonda le sue radici nel lontano 31 luglio 1920, quando a Milano nacque una
bambina destinata ad innovare la figura della donna nella storia del cinema italiano. Ovviamente
parliamo di Franca Valeri, alla quale esattamente cento anni dopo, sono stati dedicati speciali,
omaggi e film, per festeggiare adeguatamente una donna che ha dato tanto al nostro Paese.

La terza data è il 9 agosto 2020, esattamente 9 giorni dopo il compimento dei 100 anni da parte di
Franca. Riguarda il suo triste addio alla vita, così, in maniera discreta. Sembra quasi, come se
l’attrice, abbia in qualche modo voluto questo simbolico traguardo e poi se ne sia andata ad obiettivo
raggiunto, quasi come se fosse contenta così e dalla vita non avesse da chiedere più nulla.

Una definizione di Morando Morandini, è rimasta nella storia:

  “Franca Valeri fu l’unica attrice, che con la sua bravura, riuscì a relegare
  Sordi al ruolo di spalla, raggiungendo la sua apoteosi con il ruolo della ricca
  moglie del film “Il vedovo”(1959)”.

Tale definizione, basterebbe da sola a definire quello che è stato il talento interpretativo della
grande Franca Valeri. Non bella, almeno non quanto le varie Sophia Loren, Gina Lollobrigida, ma
dotata di una presenza scenica insuperabile, nonché di una grande duttilità interpretativa. Lei è
stata una delle protagoniste indiscusse della commedia all’italiana e ha al suo attivo numerosi film in
cui descrive i vizi e le virtù degli italiani, visti però attraverso il pungente occhio delle donne, una
specie di alter-ego al femminile di Alberto Sordi, con il quale ha recitato in ben sette film. Sposata
con l’attore e regista Vittorio Caprioli, Franca Valeri arriva al grande successo cinematografico a
metà degli anni ’50. Quello di Franca Valeri è infatti, il primo caso in cui un’attrice comica non
agisce più da comprimaria, ma intorno ad essa si imbastisce tutto un film. Dopo di lei verranno
Sophia Loren, Tina Pica, Marisa Allasio, Virna Lisi e tutto il resto delle grandi attrici italiane.
Insomma, Franca Valeri dimostrò che con la bravura e la padronanza del palcoscenico si potesse
arrivare al livello degli interpreti maschili, sempre più affermati delle donne, in un mondo quale
quello del cinema, altamente maschilista. E dire che non faceva neanche dell’aspetto fisico il suo
cavallo di battaglia, quindi doppiamente brava. Puntava viceversa tutto sulla sua pungente e amara
comicità e sulla capacità di improvvisazione degna dei più grandi attori.

Ad un certo punto, il cinema si arrese davanti alla sua straordinaria bravura, soprattutto quando
l’attrice si dimostrò perfettamente in grado di tener testa sul suo terreno a fenomeni come Alberto
Sordi, Peppino De Filippo e Vittorio De Sica, proprio accanto ai quali ella diede alcuni dei suoi
risultati più brillanti. Fioccano i film importanti, su tutti Il segno di Venere(1955), dove posta al
fianco di attori come Alberto Sordi, Peppino De Filippo, Vittorio De Sica e Sophia Loren, è lei il
centro del film, la vera ragion d’essere della pellicola. E’ lei che attraversa tutto il film e si
accompagna a tutti i personaggi facendo esplodere la sua intelligente e pungente comicità, pervasa
di un’amabile malinconia ben dosata. Una specie di charlot al femminile, a cui in amore non ne va
mai bene una, ma che non perde la fiducia che un giorno vi possa essere un “segno di Venere” anche
per lei. E poi venne Piccola posta(1955), deliziosa commedia all’italiana dove la satira di costume si
unisce ai primi realistici ritratti di preoccupanti italiani tipo. La commedia prende spunto dal
successo delle rubriche di lettere sui rotocalchi femminili, in voga in quegli anni. La Valeri è però
eccezionale, soprattutto nella sequenza in cui si trasforma nella Sabrina di Audrey Hepburn, in una
mirabolante parodia da applausi. E poi che dire, vennero tanti altri film Il bigamo(1956), al fianco di
Marcello Mastroianni e Vittorio De Sica; Mariti in città(1957) , con Nino Taranto e Renato Salvatori;
Il vedovo(1959), con Alberto Sordi; Crimen(1960), al fianco di Nino Manfredi, Vittorio Gassman e
ancora Alberto Sordi; Leoni al sole(1961) e Parigi, o cara(1962), diretti dal marito Vittorio Caprioli;
Gli Onorevoli(1963), con Totò e Peppino De Filippo. In tutto le pellicole interpretate da Franca Valeri
saranno 40 e tutte di ottimo livello, grazie soprattutto alla sua presenza.

Ma soprattutto, degli anni ’60 saranno memorabili i due film diretti dal marito, ritratti di donna
davvero sublimi. Parigi o cara, considerato un autentico cult movie e uno dei film maggiormente
kitsch della commedia all’italiana è il film preferito di Franca Valeri. La stessa Franca è strepitosa
nel disegnare un personaggio indimenticabile, vero figlio del boom economico, con le sue manie di
rispettabilità e di ordine piccolo-borghese. E’ la storia di una prostituta romana che si trasferisce da
Roma a Parigi, descritta da Vittorio Caprioli con un tono di affetto e acuta ironia, evitando sia il
grottesco spinto, sia il patetismo moralista. Ma se dà spazio alle capacità di mattatrice di quella che
all’epoca era sua moglie, possiede un occhio straordinario nel descrivere due città, viste sempre
dalla prospettiva di chi è condannato alla periferia. Un piccolo ritratto di donna, davvero
memorabile. Esattamente come lo sarà il successivo Leoni al sole. Un film molto riuscito, una specie
di Vitelloni ambientato nel Golfo di Napoli, con un’ironica e quasi nostalgica descrizione della fauna
vacanziera a Positano. Senza attori di grande richiamo, tranne la Valeri che inebria la pellicola, il
film è stato inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare.

Ho qui citato, solo alcuni dei capolavori che hanno visto Franca Valeri, sempre perfetta protagonista,
senza però scordarci dell’importanza che ella ha rivestito anche nello sviluppo della nostra
televisione verso il varietà. Da metà degli anni ’60 infatti, il volto della Valeri, diventa uno dei più
utilizzati dalla Rai, non solo in varietà storici come Studio Uno e Sabato sera; ma anche
partecipando alla fertile stagione degli sceneggiati televisivi degli anni ’70. Nel 1974 scrive e
interpreta la miniserie in quattro puntate Sì, vendetta…, diretta da Marco Ferrero. La vicenda è una
riflessione sul mondo degli anni settanta, sui cambiamenti avvenuti in seno alla società italiana in
conseguenza alla rivoluzione sessuale, vissuta attraverso gli occhi di una signora borghese e della di
lei figlia hippy. Ogni episodio infatti affronta un argomento diverso (l’emancipazione dei ragazzi
italiani, il femminismo, il rapporto della borghesia con le mode dei giovani, ecc.), attraverso
personaggi femminili, in parte già affrontati precedentemente da Franca Valeri nei suoi sketch
recitati in teatro. Franca Valeri insomma piaceva, perché rappresentava la normalità delle donne
italiane, in fondo le varie Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Marisa Allasio, erano bellone da
copertina, perciò lontane anni luce da quella che era la normalità delle donne italiche. Franca era
specializzata nelle parti di zitella irrecuperabile o moglie opprimente, strepitosa ad esempio come
moglie petulante di Manfredi in Crimen. Proveniva dalla scuola del gruppo teatrale detto dei Gobbi,
con Vittorio Caprioli, Alberto Bonucci e Luciano Salce, e lì aveva imparato l’arte
dell’improvvisazione, nonché la capacità di scrivere testi e sceneggiature di grande interesse.

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