Commento Settimanale - Niche Asset Management
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03/05/2021 Commento Settimanale Il diavolo e l’acqua santa Il nostro mondo non è mai stato lineare. Tante sono, sono state e saranno sempre le contraddizioni. Sono figlie dello spirito umano, soggetto a forze diverse e contrastanti. Sono figlie dell’incessante cambiamento che inevitabilmente fa coesistere per un certo periodo il vecchio e il nuovo. Chi ha vissuto piu’ a lungo perde probabilmente la capacità di accettare i cambiamenti repentini che il mondo, e conseguentemente il mercato, propongono. Rischiando quindi di faticare a distinguere i curiosi fenomeni inevitabilmente passeggeri dai segnali che anticipano cambiamenti strutturali. La coscienza di ciò, oltre ad un background di analisi fondamentale e ad un’istintiva vocazione per il value investing, determina la nostra incapacità di allontanarci dalle valutazioni per inseguire nuove lontane opportunità e coerentemente di non volerci neanche provare. Lasciamo questo obiettivo ai tanti bravi gestori growth, oltre al mercato indistinto che tende ad affascinarsi per le nuove idee di crescita a qualsiasi prezzo, siano queste reali o immaginarie. Ciò non ci impedisce tuttavia di essere spettatori ed osservare trend molto potenti e spesso tra di loro incoerenti. Oggi le criptocurrency rappresentano uno di questi. Questo mercato valeva meno di 150 miliardi USD a fine 2019. In aprile 2021 ha superato i 2 trilioni USD, non distante da tutte le sterline in circolazione (M1). Allo stesso tempo, l’investimento sostenibile rappresenta un altro trend potente. A fine 2020 le masse in gestione con integrazione ESG erano quasi 40 trilioni USD, triplicate in 8 anni. È previsto superino la metà degli asset gestiti (quindi oltre i 90 trilioni USD) entro il 2025. Non possiamo che abbracciare con entusiasmo questo secondo trend. Ma non è questo il punto. Un collega amico mi faceva notare in settimana quanta energia consumino le criptocurrency. Attualmente più energia elettrica dell’Olanda. Entro un paio d’anni secondo Nature dovrebbero arrivare a essere responsabili di oltre di oltre 130 milioni di tonnellate di CO2 all’anno (lo 0,5% del totale emissioni di CO2 nel mondo). Elon Musk, l’artefice dell’elettrificazione dei trasporti così importante per la sostenibilità ambientale, ha dato di recente un rivitalizzante endorsement Giacinto Gimignani – And Angel and a Devil fighting for the alle criptocurrency (sarà interessante leggere Soul of a Child il prossimo Sustainability Report di Tesla..). Il mercato si focalizza quindi su un prodotto speculativo, senza un sottostante valutativo, senza una regolamentazione, ottimo per riciclare i denari, che può mettere a repentaglio i risparmi nel pubblico retail (il mercato tanto protetto dalle molte normative Mifid…) e che ci allontana dagli obiettivi dell’accordo Parigi. Allo stesso tempo si concentra enormemente sulla sostenibilità. È sospetto quanto questi due trend possano convivere sul mercato e spesso anche all’interno dell’offerta della stessa casa di gestione. Pecunia non olet.
Gattopardite giapponese La storia di Panasonic non è dissimile da quella di molti conglomerati giapponesi, ma ciò non la rende meno interessante. Conosciuta, fino a pochi anni fa, come Matsushita Electric Industrial, Panasonic fu costituita nel 1918 da Konosuke Matsushita come rivenditore di prese elettriche. Presto iniziò a produrre direttamente vari tipi di materiale elettrico. Sebbene i prodotti fossero semplici, la loro affidabilità era eccezionale, ed anno dopo anno questo aiutò a costruire il brand ed a entrare in attività a maggiore valore aggiunto. Fu pioniere in molte di queste, dalle lampade per le bici all’aria condizionata, fino ai PC. Entrò anticipatamente ed uscì con tempistiche drammaticamente sbagliate in molti settori. Tra questi l’industria dei film (vendette la Universal Music and Pictures nel 1995), i semiconduttori (venduti nel 2019) e le celle per moduli solari (dismessi nel 2020). In questo ricorda i tedeschi, ottimi nel creare e sviluppare un prodotto, ma spesso incapaci di interpretare il mercato. Panasonic è una società di ingegneri, nel bene e nel male. Una società che fa hardware di alto livello. E anche una società dove la ricerca è al primo posto (8% delle vendite investite in R&D, sopra Siemens). Per dare un’idea, questo gruppo investe in assoluto il 50% in R&D più di SAP che ha una capitalizzazione 7 volte più grande, e circa la metà di Microsoft and Apple, sebbene lei abbia una capitalizzazione inferiore al 2% di ciascuno di questi due player. Panasonic ha un EV di circa 35 bilioni USD dopo la recente acquisizione di una società di software americana (Blue Yonder). Panasonic è anche il maggior fornitore di batterie di Tesla e la società con cui Tesla dovrà sviluppare la sua batteria 4680 per il mass market. Da questo business presto Panasonic potrà registrare un reddito operativo di 1 miliardo di dollari all’anno destinato probabilmente a crescere. Aggiungiamo il valore della sua JV sulle batterie al litio con Toyota, il più grande produttore al mondo di auto, che possiede i brevetti per la sua tanto declamata batteria allo stato solido, ed ecco che la valutazione corrente è giustificata. A 30x EV/EBIT non si può proprio parlare di value investing, ma in fondo rappresenta il 50% di sconto rispetto al più agguerrito dei suoi rivali, la cinese CATL. Ci si domanda tuttavia cosa ci fa nei nostri portafogli se è un titolo growth. Bene, Panasonic ha anche qualche altra attività: 1) La sua divisione “Appliances” produce elettrodomestici e white goods di alto livello ed è leader in Giappone (33% mk share) e ha un buon posizionamento in Asia e US. Sebbene si posizioni sopra Whirpool come affidabilità e brand, prediamo questo concorrente per valutarla. Whirpool registra il 20% di vendite di appliances in meno di Panasonic ed ha il 10% di EBIT margin. Panasonic però di EBIT margin qui registra solo il 3%. Prendiamo quindi prudenzialmente la valutazione di Whirlpool e applichiamo il 50% di sconto. Fa 9 bln usd. 2) La sua divisione “Ecosolution” vende sistemi di aria condizionata e di depurazione aria oltre alle pompe di calore e sistemi fotovoltaici (è uscita dalle celle solari, ma è rimasta sui più attraenti sistemi di generazione e connessione degli impianti). Qui prendiamo il leader del mercato dei condizionatori d’aria, Daikin, che ha le stesse vendite di Panasonic, ma con margini tripli (qui c’è la possibilità di migliorare tanto...) e applichiamo il 67% di sconto. Fa 20 bln usd. 3) Rimane la divisione “Connected Solutions”, dove la società produce sistemi di controllo per la logistica e la manifattura destinati ad una serie di industrie. È un competitor della parte più valuable di Siemens e degli altri player legati all’industrial automation (Industry 4.0). Anche qui, tuttavia, valutiamo il business con uno sconto tra il 50 e il 70% vs i peers, a 1x le vendite. Fa 12 bln usd (poco, considerando che hanno appena pagato 8 bln usd per Blue Yondel, società di software inclusa in questa divisione e che genera solo 1 bln usd di vendite) 4) Infine, abbiamo la divisione “Industrial Solutions”, uno dei leader nella produzione di capacitors e sensori che registra un EBIT margin del 7%. Valutiamola prudenzialmente a 0,5x EV/Sales. Fa 7 bln.
Tirando le somme, oltre alla divisione automotive, la società ci offre un margine valutativo di sicurezza, prudentemente calcolato di 48 miliardi USD, circa il 150% rispetto alla valutazione attuale. Parlando con il management di Panasonic si percepisce l’adorazione verso la società e la grande attenzione verso i dipendenti. Permane immutato, e si sente, l’indirizzo etico del fondatore. Difficile non esserne affascinati. Si coglie tuttavia anche un certo disinteresse verso gli azionisti che, secondo loro, devono condividere questo senso di appartenenza e di valori. Ma il mondo cambia e così il Giappone. Da Koizumi fino ad Abe, sembra essere stato intrapreso un percorso di graduale maggiore attenzione verso le minorities. La prossima revisione del Corporate Governance Code (le consultazioni finiranno il 7 maggio) dovrebbe migliorare l’indipendenza del Consiglio di Amministrazione delle società giapponesi. Comprendiamo il timore verso acquisizioni da parte di Private Equity o raider. Abbiamo provato sulla nostra pelle che alcune volte questi soggetti sono avidi, incapaci e privi di scrupoli (la terza caratteristica serve a compensare la seconda) ed assumono manager a loro immagine e somiglianza. La soluzione è diventare più efficienti, salire di valore in Borsa e quindi rappresentare un boccone poco digeribile. Panasonic, che seguiamo da molti anni, sta muovendo i primi passi in questa direzione. La struttura societaria è cambiata e non escluderemmo la imminente quotazione di alcune divisioni per far emergere valore. Il nuovo CEO, Yuki Kosumi, era responsabile della divisione batterie e dei suoi molti successi. Questo depone bene per il futuro del gruppo. L’upside può essere sostanzioso e il downside appare limitato. Panasonic è il primo titolo del fondo Pharus EMN, detenuto nella Nicchia Celle al Litio con un peso del 7%, è detenuto dal fondo NEF SDG, nel trendSDG 5G, all’interno del Tema Comunicazione (1,1%). Infine, il titolo è detenuto dal fondo Pharus Asian Niches, all’interno della Nicchia Mobilità Elettrica (0,7%). Stupida, ma bella Dumb pipe (rete stupida) si definisce in gergo tecnico la funzione della rete telefonica passiva. In sostanza una autostrada di dati dove il provider la manutiene e in cambio si fa pagare una somma che gli garantisce un ritorno sul capitale pari o più alto del suo costo del capitale, ovvero quella che è stata la rete elettrica fino a oggi (in attesa della trasformazione in smart grid). Per le società telefoniche il termine dumb pipe rappresentava fino a qualche anno fa un insulto. L’obiettivo era la monetizzazione della rete attraverso le mille opportunità che internet poteva offrire. D’altronde controllare milioni di clienti senza poter sfruttare un pochino della loro attività online sembrava ridicolo. In particolare. quando i big tech incassavano miliardi e miliardi sfruttando le loro reti. Eppure, queste società sono state incapaci di predisporre una strategia internet efficace. I tentativi legati ai contenuti sono stati fallimentari. Hanno semplicemente inflazionato il costo dei contenuti, lasciando spesso delle perdite significative in capo all’operatore. BT nel 2012 entra nel mondo dello sport dopo che Sky
entra nella telefonia. Un gioco al massacro che ha lasciato solo macerie. In un mondo interconnesso chi vince è chi possiede i contenuti. Il profilo di rischio per acquistarli e poi rivenderli è troppo alto. BT la scorsa settimana ha annunciato che chiuderà o cederà BT sport. Finisce una avventura piena di promesse che ha portato solo perdite. BT si concentra ora sulla rete in fibra la cui redditività è chiara e visibile. Una società telefonica “stupida” dovrebbe valere 7x l’EV/EBITDA. BT vale oggi 4,7x. Per arrivare a 7x la capitalizzazione (EV meno debito) deve raddoppiare. È vero che il rimbalzo è stato potente, ma i livelli raggiunti qualche mese fa non avevano alcun senso. Questo vale per BT e per molti altri titoli. Anche se è normale, per coloro che non hanno un approccio momentum, guardare quanto è rimbalzato un titolo, il nostro consiglio è di tenere conto unicamente delle valutazioni Scena dal film “A qualcuno piace caldo” correnti e non soffermarsi sui grafici degli ultimi 12 mesi. Abbiamo BT su NEF SDG (1,7%), nel trendSDG 5G, all’interno del Tema Comunicazione. L’abbiamo anche nel fondo Pharus Asian Niches (1,2%), nella Nicchia 5G. Logbook Settimana piena di risultati. Qui di seguito qualche spunto. I megatech americani, Apple, Microsoft, Amazon Google e Facebook, riportano bene, difendendo così le loro grasse valutazioni. Qui continuiamo a vedere più a rischio Apple che d’ora in poi inizierà a incontrare qualche significativa difficoltà a crescere quarter on quarter. Seguita da Microsoft e Amazon che dovrebbero vedere aumentare la competizione sul cloud. In generale tutti saranno vulnerabili al newsflow regolatorio. Nokia riporta risultati accettabili e ben superiori alle attese, seguendo quelli altrettanto accettabili di Ericsson. Rimaniamo convinti che Nokia presenti un ottimo profilo rischio/rendimento. Nokia è il primo titolo del fondo NEF SDG che presenta un’esposizione qui del 2,4% all’interno del TrendSDG 5G, contenuto nel Tema Comunicazione. Ed è anche il primo titolo del fondo Pharus Asian Niches, con un’esposizione del 2% all’interno della Nicchia 5G. Hitachi ha venduto la sua divisione Hitachi Metal a Bain, realizzando più di quanto sperato e proseguendo il processo di semplificazione del business che dovrebbe portarla ad un graduale rerating. Questo la aiuterà a mantenersi quasi debt free nonostante la recente acquisizione di GlobalLogic, uno dei consulenti leader nella digitalizzazione delle società. GlobalLogic entra a far parte della divisione Lumada, rafforzandola e aumentandone l’esposizione globale. Ricordiamo che, se è vero che l’acquisizione è stata conclusa a multipli molto elevati (37x EV/EBITDA), questa deve essere valutata per il vantaggio complessivo che può portare alla suite di digitalizzazione Lumada. La società tratta a circa 6x EV/EBITDA nonostante i business ad alta crescita verso cui è esposta (digitalizzazione, energy smart grid e rinnovabili, macchine movimento terra, laser-therapy per tumori, air conditioning, soluzioni per acqua potabile e scarichi). Hitachi è detenuta (1,4%) sul fondo NEF SDG, all’interno del Tema Infrastrutture, nel trendSDG Infrastrutture per il Lavoro.
Barclays ha riportato bene. Guidance prudenti. Il titolo ha però stornato. Sicuramente qualcuno ha preso beneficio dopo il buon recupero, ma un certo nervosismo è comprensibile. La società ha accantonato ricchi bonus per l’investment banking, area che agli investitori piace sempre meno. La percezione è che quando va bene guadagnano i banker, mentre quando va male perdono gli azionisti (vedi Credit Suisse). Questo viene ancora più esacerbato a fronte di una certa prudenza sui dividendi, la remunerazione degli azionisti. Barclays ha accantonato nel trimestre 0,75 pence di dividendo, ovvero meno del 2% su base annua. A fronte dei ricchi bonus e del 14,6% di CET1 comprendiamo il dissapore. degli azionisti che dovrebbero essere remunerati proporzionalmente ai bonus dei manager. Gli azionisti delle banche, dopo quello che hanno passato, di più, molto di più. Ci aspettiamo una revisione di questo atteggiamento nel secondo trimestre, se il CEO James Staley intende rimanere al suo posto. La banca a 0,6x il patrimonio netto tangibile e 10% di ROTE previsto per il 2023 non è assolutamente cara. Barclays è detenuta (0,55%) nel fondo NEF SDG, all’interno del Tema Finanza, nel trendSDG La Buona Banca. In settimana ha pre-annunciato positivamente PostNL, aumentando le stime di EBIT del 38% grazie all’onda delle consegne on-line. Il titolo rimane sottovalutato a meno di 10x gli utili. Infine, segnaliamo i risultati della coreana LG Chem, insieme a CATL e Panasonic, tra i più grandi produttori di celle al litio. I risultati sono stati forti, permettendo la revisione al rialzo dell’EBITDA e portando la valutazione dell’azienda sotto le 10x l’EBITDA, attraente per una realtà con questo profilo di crescita. Noi possediamo le azioni privilegiate di questa società che trattano ancora a uno sconto superiore al 40% rispetto alla ordinaria. Il titolo è detenuto (2,5%) all’interno della Nicchia Celle al Litio del fondo Pharus EMN. Tra i titoli presenti nei nostri portafogli segnaliamo le società che riporteranno in questa settimana. Negli USA, Pfizer, CVS Health, Maple Leaf (Canada), Gannett, Fresh Del Monte, ODP, CommScope, Nu Skin, Domtar, Unisys. In Europa, Siemens Energy, Enel, Bpost, ING, SocGen, Credit Agricole, Caixabank, Unicredit, Mediaset Espana, Continental, Volkswagen, BMW. In Giappone, Sumitomo Corp e Japan Airlines. In Corea, SK Telecom e LG Uplus.
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