Pecorelle e Pastore. "Accogli l'islam e poi muori " (senza strumentalizzazioni politiche, per favore) - don paolo mojoli sdb

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Pecorelle e Pastore. "Accogli l'islam e poi muori " (senza strumentalizzazioni politiche, per favore) - don paolo mojoli sdb
Pecorelle e Pastore. “Accogli
l’islam e poi muori…” (senza
strumentalizzazioni
politiche, per favore)
Pecorella: Caro Pastore, i fatti pasquali in Sri Lanka
(terroristi islamici che si fanno esplodere in chiesa e in
hotel contro la comunità cristiana) ci riporta alla vexata
quaestio: siamo di fronte ad un problema dovuto ad una frangia
di esaltati o ad una guerra di religione?

Pastore: Certamente non si tratta solo di una frangia di
esaltati. Lo dimostra chiaramente il fatto che senza l’impegno
e il sangue dei nostri avi a Poitiers (732), Lepanto (1571) e
Vienna (1683) tutti gli europei in seguito sarebbero già nati
musulmani.

Pecorella: Sembra però che il problema sia sottovalutato.
Almeno in Europa non lo si considera un problema. Perché?

Pastore: I motivi sono proprio tanti. Meriterebbero un libro
loro da soli, più che una breve risposta in un blog.
Sicuramente c’entra:

   1. il relativismo (va tutto bene, basta che ci vogliamo
      bene – salvo che i musulmani ci vogliono conquistare,
      non voler bene!);
   2. l’incredibile ignoranza religiosa e storica da parte dei
      cristiani e dei cattolici in particolare a riguardo
      della propria fede (la maggior parte dei cristiani anche
      impegnati a livello sociale, di volontariato… si sono
      arrestati al catechismo della terza elementare);
   3. l’inammissibile (specialmente oggi) ignoranza di tanti
      fedeli cristiani a riguardo dell’islam. Giusto un
accenno: il termine “islam” in arabo significa
     “sottomissione”. A Dio prima di tutto. Tanto che il
     Corano sarebbe stato letteralmente dettato da Allah a
     Maometto (infatti, ai convertiti viene prima di tutto
     insegnato l’arabo, in modo da poter – dopo qualche anno
     – leggere il Corano in lingua autentica e originale,
     l’arabo). Ma non si tratta solo della totalmente passiva
     sottomissione della persona umana a Dio. Si tratta anche
     della sottomissione di tutti gli uomini del mondo a
     Maometto e al Corano: “dove non sono arrivate le nostre
     spade, arriveranno i grembi delle nostre donne!” E’
     questo uno dei motti dell’islam attuale. Si veda il
     numero dei figli delle famiglie musulmane e la
     disastrosa denatalità, ad esempio italiana.

Pecorella: Chi conosce bene l’Islam, pensiamo a Magdi
Cristiano Allam, convertitosi al cattolicesimo ma cresciuto
come musulmano, sa bene cosa prescrivono alcune sure. Ma
spesso si fa distinzione tra i terroristi islamici e i
musulmani “moderati”. E’ reale questa distinzione? Possiamo
comunque affermare che l’Islam è una “religione di pace”?

Pastore: Occorre assolutamente distinguere tra la religione in
sé e le persone concrete che si incontrano. Dispiace, ma è
dovere di verità, ammettere che l’Islam in sé è una “religione
di guerra” (si legga il Corano, sempre da non interpretare, ma
da prendere alla lettera nella versione araba).
D’altra parte, non tutti i musulmani sono uguali. Ci sono
molti di loro per cui la “sottomissione” è segno di ricerca
della verità religiosa; anche persone che svolgono davvero il
loro dovere nella famiglia e nella società. Ma il principio di
fondo rimane “guerreggiante”.
Pur ammettendo la necessaria libertà di religione, è
necessario fare in modo, ad esempio, che come nei paesi
occidentali si possono costruire chiese e moschee, così sia
preservato il diritto di reciprocità. Sono molti, troppi i
paesi al mondo in cui ancora oggi professarsi cristiani
significa rischiare oggettivamente la vita per sé e per la
propria famiglia.
Si veda il recente documento sulla libertà religiosa redatto
dalla Commissione Teologica Internazionale: La libertà
religiosa per il bene di tutti.

Pecorella: In Svizzera, Norvegia, Germania, Gran Bretagna i
musulmani sono attorno al 6%, in Svezia, Francia, Belgio
superano l’8% (dati del 2016 quindi sono sicuramente una
sottostima rispetto ad oggi). Pochi? Ricordiamo che la loro
integrazione è scarsa e che, vivendo in comunità aggregate, la
loro presenza in certe zone è già maggioritaria. Se il
principio di fondo rimane “guerreggiante” allora perché
accettare questa accoglienza suicida?

Pastore: Si tratta di un’autentica autodistruzione da parte
dell’occidente. Già si diceva che la mancanza assoluta di
valori solidi nella cultura occidentale; il relativismo
teorico, morale e di fede; il buonismo per cui bisognerebbe
dar ragione a tutti… hanno fatto grandi passi.
Un solo minimo criterio che la politica internazionale
potrebbe assumere, se avesse un po’ di saggezza: finché non ci
fosse autentica libertà per i cristiani di professare la
propria fede pubblicamente e di costruire chiese anche nei
paesi a maggioranza musulmana, andrebbero bloccate non solo le
nuove costruzioni di moschee, ma anche le attività
propagandistiche islamiche in tutti i paesi occidentali.
Ma, al giorno d’oggi non vedo nessuno all’orizzonte che abbia
la schiena diritta per proporre un principio di semplice
reciprocità di questo tipo. Peccato.
Il XXI secolo è già e probabilmente sarà sempre di più il
secolo dei martiri cristiani.
“La correttezza politica ha
annebbiato i governi sulla
persecuzione dei cristiani”
(Da Lorenzo Bertocchi)
Il segretario agli esteri inglese, Jeremy Hunt (foto sotto),
ha ricordato le conclusioni di un report commissionato al
vescovo anglicano di Truro, Philip Mounstephen, e ha detto
che «in alcune regioni, il livello e la natura della
persecuzione [dei cristiani] si avvicina probabilmente alla
definizione internazionale di genocidio».

Hunt, impegnato in un viaggio nel continente africano, ha
parlato ad Addis Abeba ricordando che in diverse regioni del
Medio oriente i cristiani rischiano di essere «spazzati
via» (in Palestina ora rappresentano solo l’1,5% della
popolazione, mentre in Iraq i numeri sono scesi da 1,5 milioni
prima del 2013 a meno di 120.000 oggi). Le parole di Hunt
arrivano dopo le stragi di Pasqua in Sri Lanka: «Penso che
siamo tutti addormentati quando si tratta della persecuzione
dei cristiani. Penso non solo al rapporto del vescovo di
Truro, ma ovviamente quello che è successo nello Sri Lanka la
domenica di Pasqua ha svegliato tutti con uno shock enorme».

La causa di questa “indifferenza”, dice Hunt, è in
un’atmosfera di «correttezza politica» che spesso impedisce ai
politici dei governi occidentali di parlare chiaramente di
questi fatti.

Secondo un commento di The Guardian, queste parole sono
nobili, ma suonano stonate di fronte al comportamento dello
stesso governo britannico che «non ha offerto asilo ad Asia
Bibi», la donna cristiana del Pakistan liberata dopo un
calvario lungo 9 anni, e fa affari con «l’Arabia saudita, un
paese dove il cristianesimo pubblico è illegale e i lavoratori
migranti cristiani sono trattati in modo abominevole». Inoltre
gli inglesi sostengono il governo dell’Egitto dove le «chiese
copte vengono frequentemente aggredite» e favoriscono rapporti
commerciali con la Cina dove, come sappiamo, i cristiani
subiscono persecuzioni di vario tipo. E anche la tragedia dei
cristiani in Iraq, giustamente sollevata nel discorso di Hunt,
deve essere analizzata considerando che il governo inglese ha
«partecipato in modo entusiastico all’invasione dell’Iraq [nel
2003] ed ha ovviamente delle responsabilità per la brutale
anarchia che ne è seguita».

Così le parole di Hunt sulla «correttezza politica» rischiano
paradossalmente di assumere proprio la stessa forma di un
discorso politico, fatto più per ingraziarsi una parte
crescente dell’opinione pubblica britannica e molto meno per
aiutare davvero i cristiani perseguitati.

Il politicamente corretto non può essere evocato a fasi
alterne, ma andrebbe attaccato nella sua radice principale,
quella cioè che vuole annullare l’identità di una cultura che
ha nel cristianesimo la sua base fondamentale. «Una società
nella quale Dio è assente – una società che non lo conosce più
e lo tratta come se non esistesse – è una società che perde il
suo criterio», ha scritto il papa emerito Benedetto XVI nei
suoi recenti «appunti» sulla crisi degli abusi. E
anche Francesco nel 2014, in un discorso tenuto a Tirana,
disse che «quando, in nome di un’ideologia, si vuole
estromettere Dio dalla società, si finisce per adorare degli
idoli, e ben presto l’uomo smarrisce sé stesso, la sua dignità
è calpestata, i suoi diritti violati».

Una vera difesa dei cristiani perseguitati e di una autentica
libertà religiosa dovrebbe partire da questo minimo comune
denominatore. I politici europei sono disposti a cominciare da
questo punto?

Fonte:
http://www.iltimone.org/news-timone/la-correttezza-politica-an
nebbiato-governi-sulla-persecuzione-dei-cristiani/
Da Andrea Zambrano. “E Maria?
Se ora maggio diventa il mese
del Ramadan”
Frasi arabeggianti, citazioni del Corano, auguri nel nome di
un Dio generico chiamato “clemente e misericordioso” e persino
l’adozione del calendario islamico. Ci sono diocesi in cui
esplode la moda degli auguri ai musulmani per il Ramadan.
Messaggi di vescovi in una ambigua “comunione” che offusca la
salvezza di Gesù e abbraccia preghiere relativistiche e
sincretiche. Mandando in soffitta le esortazioni al Rosario e
a Maria, la sola cui il mese di maggio è dedicato.

Ogni anno che passa, la sottomissione nei confronti dell’Islam
acquisisce un grado di compiacenza in più. Gli auguri di molti
cattolici di “buon Ramadan” (buon per che cosa? Quale dovrebbe
essere l’obiettivo?) non bastavano più. Così adesso, per
dimostrare ancora più empatia con i musulmani si scimmiotta
persino la loro lingua e si inizia a citare i versi del
Corano.

Un po’ come quando fino a qualche tempo fa c’era la moda delle
canzoni latinoamericane ed era tutto un bailamos di qua e
un pasito di là tra un Enrique Iglesias e un Alvaro Soler, la
Chiesa italiana ha preso su anche il linguaggio dei figli di
Allah. E non solo quello.

Tanto da confermare – se mai ce ne fosse bisogno – che ormai
siamo in pieno cattomanesimo, perfetta crasi di un
cattolicesimo che si fa ottomano, che per smania di dialogo e
fretta di fondersi, non sa più distinguere le differenze –
sostanziali e tremende – tra la religione di Maometto e la
fede cristiana.

A Sassari ad esempio per manifestare la vicinanza si è per
giunta modificato il calendario. Certo, l’avvento di Gesù
Cristo nel mondo è pur sempre una data da cui conteggiare
tutto, ma nel messaggio inviato dal vescovo a tutte le
comunità islamiche della sua diocesi, ci si è sentiti in
dovere di ricordare anche che questo è l’anno 1440
dall’Egira di Maometto. D’altra parte, non c’è da stupirsi: il
calendario gregoriano è entrato in vigore solo nel ‘500 e
anche se quello giuliano iniziava comunque dalla nascita di
Cristo, adesso dovremo abituarci a condividere la natività
anche con l’esodo del profeta. Questione di sensibilità.

Come quelle messe in campo fin dall’inizio del messaggio
pubblicato sul sito della diocesi “as-salam ‘alaykum”, dice
nel saluto. Il fatto è che tutta la lettera di sua eccellenza
è un inchinarsi così tanto ai fedeli islamici da non
distinguere più il vescovo dal muezzin. “Mi unisco a ciascuno
di Voi nel ringraziamento a Dio, Clemente e Misericordioso”,
dice nel ripetere il doppio appellativo con il quale il
musulmano apostrofa Allah.

Stesso approccio quello scelto dall’Ordine dei frati
minori che sul suo portale accantona il Vangelo per citare
passi del Corano: “La preoccupazione per i poveri – dicono i
francescani -, i bisognosi e i migranti sono, naturalmente,
fondamentali per l’Islam, come si dice con molta enfasi nel
Corano:
Non è giusto girare la faccia verso est o ovest; ma è
giustizia credere in Dio, nell’Ultimo Giorno, nel Libro e nei
Messaggeri; spendere i propri beni per amore Suo, per i tuoi
parenti, gli orfani, i bisognosi, il viandante, per coloro che
chiedono e per il riscatto degli schiavi… (al-Baqara 2.177).

Corano che viene definito “Santo” e citato anche a proposito
della concordia tra le religioni: “Ognuno ha una direzione
verso la quale rivolgere il viso. Gareggiate nel bene.
Dovunque tu sia, Dio sarà con te dappertutto. Davvero Dio è
Potente su tutte le cose”. (al-Baqara 2.148)

L’entusiasmo esotico-linguistico prosegue fino alla   fine del
documento quando nell’augurare un “benedetto          Ramadan”
(Benedetto da quale Dio?) non si esita a ripeterlo    in arabo
per accrescere la complicità empatica: Ramadan        Mubarak!
Ramadan Kareem.

C’è poi chi, anche senza citare espressamente il Corano, men
che meno il Vangelo, augura un vago sentimento di pace a tutti
i musulmani che fanno il Ramadan. E’ il vescovo di Frosinone e
presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il
dialogo, monsignor Ambrogio Spreafico che conclude così il suo
messaggio: “Una preghiera vera e sincera non può che liberare
energie di pace e di amore nel mondo”. Anche qui, torna la
stessa domanda: una preghiera diretta a chi? Energie di che
cosa?

Questa comunione d’intenti prosegue anche dopo il digiuno del
Ramadan, la rottura, chiamata Iftar. E’ a quel momento che
la Diocesi di Torino guarda per l’accoglienza degli ospiti. La
rottura del digiuno si apre con un momento di preghiera. E’
quanto organizzano il Gruppo Abele con la Coreis, Comunità
religiose islamiche italiane, l’associazione Fratellanza
Italia Marocco (Afaq) e le parrocchie torinesi San Bernardino,
Gesù Buon Pastore e Santa Maria Goretti. Ma nella preghiera
quale Dio verrà pregato? Esistono già dei rituali comuni a
entrambe le religioni che contemplino le due opzioni?

Frasi arabeggianti, citazioni del Corano, appelli ad una fede
diversa nella forma, ma uguale nei contenuti. La Chiesa
cattolica si sta spostando sempre più verso forme sincretiche
che denotano anche in questo caso l’atteggiamento
relativistico nei confronti della verità.

Eppure maggio, che sembra ormai diventato il mese per
eccellenza del Ramadan nello zelo di certi pastori, è ancora
il mese mariano per eccellenza. Da più parti, nelle case e ai
crocicchi delle strade, si organizzano Rosari al crepuscolo.
Che spazio c’è per questa fede oggi? In quanti, tra i vescovi
così smaniosi di allargare ponti con i musulmani responsabili
ancora oggi assieme ai cinesi della più colossale carneficina
e persecuzione di cristiani nel mondo, hanno dedicato uno
spazio anche piccolo nel loro magistero mensile per ricordare
ai fedeli l’importanza del Rosario? La sua promessa di
salvezza a chi lo reciterà devotamente?

Si sta ormai realizzando il contrario di quanto diceva la
dichiarazione Dominus Jesus di Giovanni Paolo II. La Chiesa
considera le religioni del mondo con sincero rispetto “ma nel
contempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista
improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che
una religione vale l’altra” perché “se è vero che i seguaci
delle altre religioni possono ricevere la grazia divina, è
pure certo che oggettivamente si trovano in una situazione
gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che,
nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici”.

E ancora: “La parità, che è presupposto del dialogo, si
riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai
contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio
stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre
religioni”.

Verrebbe da chiedere a tutti questi organizzatori che spazio è
rimasto alla venuta di Gesù Cristo, unico strumento per la
salvezza di tutta l’umanità voluto da Dio.

Fonte:
http://www.lanuovabq.it/it/e-maria-se-ora-maggio-diventa-il-me
se-del-ramadan

Dalla     Nuova    Bussola
Quotidiana. Per Londra, i
cristiani in fuga non sono
degni di asilo
“L’Inghilterra non riesce a dare rifugio ai cristiani e
favorisce      i    musulmani”,      è    la    sintesi      di
un editoriale pubblicato sul Times a inizio anno. Ed è così,
perché la percentuale di cristiani che ottengono lo status di
rifugiato dalla Siria è irrisoria rispetto a quelli musulmani.
E molti riferiscono di aver subito scherno e discriminazioni.
“L’Inghilterra non riesce a dare rifugio ai cristiani e
favorisce      i    musulmani”,      è    la    sintesi      di
un editoriale pubblicato sul Times a inizio anno. Il bastione
del giornalismo britannico poneva l’accento sulle ripetute
omissioni inglesi nel concedere rifugio a cristiani, drusi e
yazidi – le minoranze più colpite dall’islam in Medio Oriente.

I dati raccontavano che dei 4.850 siriani accettati dal
ministero dell’Interno britannico, nel 2017, 4.572 erano
musulmani e undici cristiani. Mentre secondo i dati del
secondo trimestre del 2018, dei 1.197 siriani a cui è stato
concesso il diritto di asilo, 1.047 erano musulmani sunniti e
dieci erano cristiani. Il bilancio è di ventuno cristiani
“accolti” in due anni. E nel frattempo, sebbene i dati
relativi al 2019 ancora non siano stati pubblicati, nella
civilissima e multiculturale Gran Bretagna vengono registrati
anche casi eclatanti in cui i cristiani vengono respinti alla
frontiera.

E il caso Asia Bibi è stato emblematico rispetto a chi detta
la politica in materia d’asilo nel Paese della regina. Dopo
che la giovane madre cristiana ha subito dieci anni di
prigionia nel braccio della morte pakistano per essersi
rifiutata di rinnegare Cristo al cospetto di Maometto, c’era
la possibilità che il Regno Unito l’accogliesse come
rifugiata, ma Theresa May ha rifiutato presto. La reazione
immediata, infatti, dei musulmani pakistani che hanno
letteralmente invaso le piazze in segno di protesta chiedendo
l’impiccagione pubblica e immediata della donna colpevole di
essere cristiana, ha avuto un peso tale da compromettere la
decisione politica per uccidere ogni speranza in Asia Bibi.

Che è un po’ lo stesso trattamento che ha ricevuto un uomo
proveniente dall’Iran – il Paese che occupa la nona posizione
nella lista dei peggiori persecutori dei cristiani.
L’iraniano cercava asilo in Gran Bretagna perché si era
convertito al cristianesimo abbandonando l’islam, ma il
dipartimento britannico per l’immigrazione ha respinto la sua
richiesta a marzo. Aveva chiesto lo status di rifugiato già
nel 2016, e oggi la sua richiesta è stata definitivamente
archiviata, perché per il ministero dell’Interno il
cristianesimo non è affatto una religione di pace. Alla
commissione aveva provato a spiegare di essersi convertito
dopo aver scoperto che il cristianesimo è una “religione di
pace al contrario dell’islam”, e s’è visto recapitare una
lettera in cui venivano elencati versetti del Levitico,
dell’Esodo e del Vangelo volti a dimostrare che non c’è niente
di pacifico nella fede in Cristo. Dopo lo scalpore suscitato
dalla lettera, il ministero ha preso le distanze dalla
suddetta, sebbene ne abbia confermato l’autenticità,
giudicandola non in linea con il modo di considerare le
richieste di asilo basate sulla persecuzione religiosa.

Diversi avvocati esperti in materia hanno giurato di non aver
mai visto niente di simile, ma intanto nel respingere la
richiesta di asilo di un uomo che si è convertito dall’islam
al cristianesimo e costringendolo, presumibilmente, a fare
ritorno in Iran, il governo britannico ne ha siglato la sua
condanna a morte.

Pochi giorni dopo una donna, anch’essa iraniana,
alla richiesta d’asilo ha ricevuto per risposta una lettera di
rifiuto nella quale si può leggere: “nel suo AIR [Asylum
Interview Record] lei ha affermato che Gesù è il suo
salvatore, ma poi asserisce che non sarebbe stato in grado di
salvarla dal regime iraniano. Si ritiene, pertanto, che non ci
sia alcuna convinzione sincera nella sua fede in Gesù”.
Intervistata dalla BBC Radio 4, la donna ha dichiarato:
“quando ero in Iran mi sono convertita al cristianesimo e la
mia vita è cambiata, il governo mi stava cercando e sono
scappata. (…) Nel mio paese, se qualcuno si converte al
cristianesimo viene punito con l’esecuzione capitale”. E ha
riferito poi di essere stata derisa ogni volta che rispondeva
alle domande rivoltele dal commissario del ministero. L’uomo
“ridacchiava, forse mi prendeva in giro quando parlava con me.
(…) Mi ha chiesto perché Gesù non mi avesse protetto dal
regime o dalle autorità iraniane”.

Qualche settimana prima ad essere costretto al rimpatrio, in
Pakistan questa volta, era toccato ad Asher Samson, 41 anni,
cristiano residente nel Regno Unito da 15 anni e che aveva
studiato teologia. In Pakistan era già stato “picchiato e
minacciato dagli estremisti islamici” – un trattamento normale
per i cristiani in un paese come il Pakistan che è al quinto
posto nella classifica mondiale dei paesi che odiano il
cristianesimo.

Sarà o meno un velenoso pregiudizio da parte dell’Home
Office nei confronti dei cristiani, sta di fatto che casi come
questi si moltiplicano e vanno a sommarsi a tanti altri di
cui avevamo già raccontato da queste colonne. Come quello che
lo scorso anno ha coinvolto la suora irachena fuggita dallo
Stato islamico e che aveva chiesto all’Home Office di recarsi
dalla sorella malata in Gran Bretagna, e a cui è stato negato
il visto per ben due volte. Ad un’altra suora il visto era
stato negato perché non aveva un personale conto in banca,
mentre ad un sacerdote cattolico perché non era sposato.

E se l’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey di Clifton, in
tempi non troppo sospetti, affermava che i funzionari inglesi
sono “istituzionalmente prevenuti” contro i rifugiati
cristiani, tre alti prelati provenienti da Iraq e Siria, nel
2016, che chiedevano il visto per presenziare alla
consacrazione della prima cattedrale ortodossa siriaca del
Regno Unito, si sono visti replicare, beffardamente, che “non
c’era posto in albergo”.

Lo stesso trattamento non è stato riservato ad Ahmed
Hassan, cui è stato concesso l’asilo – nonostante non avesse i
documenti, e nonostante avesse detto al ministero dell’Interno
di essere “stato addestrato come un soldato dell’Isis” –, per
poi due anni dopo essere il protagonista di un attentato
terroristico in una stazione ferroviaria di Londra, in cui
sono rimaste ferite 30 persone. L’Home Office ha inoltre
consentitoa un religioso musulmano straniero, Hamza Sodagar,
di entrare nel paese e tenere una conferenza a Londra,
nonostante l’uomo si sia detto favorevole a decapitare gli
omosessuali, a bruciarli vivi e a gettarli da un dirupo.

Dalle   statistiche   pubblicate   ogni   anno   dal   ministero
dell’Interno, si evince che nel 2018, il 32% dei richiedenti
asilo era cittadino di paesi asiatici, il 29% era cittadino di
paesi africani, il 26% era cittadino di paesi del Medio
Oriente e il 10% proveniva dall’Europa. Tra il 2014 e il 2018,
19.881 persone sono state reinsediate nel Regno Unito,
principalmente dalla Siria e dalla regione circostante. Paesi
dove la persecuzione ai cristiani impera e dai quali è stato
registrato un vero e proprio esodo. Il che lascia presumere,
comunque, che le richieste di asilo arrivino massicciamente
anche dai cristiani d’Oriente. La domanda resta: perché
vengono respinti e così pochi accettati?

http://www.lanuovabq.it/it/per-londra-i-cristiani-in-fuga-non-
sono-degni-di-asilo
“Tra Pecora e Pastore”. Sulla
volontà     divina      nella
diversità di religione
Pecorelle Smarrite: Caro don Paolo, il 4 febbraio 2019 è stato
firmato il Documento sulla Fratellanza Umana, da papa
Francesco e dall’Iman Al-Tayyeb. Vado subito al sodo. C’è una
proposizione:

 «Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di
 sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina,
 con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza
 divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di
 credo e alla libertà di essere diversi»

che ci ha turbato non poco. La domanda che ti poniamo è:
Come può Dio “volere” il pluralismo e la diversità di
religione? Può sicuramente permettere (altrimenti ci giochiamo
il libero arbitrio), ma addirittura volere?

don Paolo sdb: “Raccomando dunque, prima di tutto, che si
facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per

tutti gli uomini, 2per i re e per tutti quelli che stanno al
potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla,
                              3
dignitosa e dedicata a Dio.       Questa è cosa bella e gradita al
                                         4
cospetto di Dio, nostro salvatore,           il quale vuole che tutti
gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della

verità. 5Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore

fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, 6 che ha dato se
stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha

data nei tempi stabiliti, 7 e di essa io sono stato fatto
messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco -,
maestro dei pagani nella fede e nella verità”. Non me lo
invento io, ma lo prendo dalla 1 Lettera a Timoteo 2,1-7.

“Al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose e di Gesù
Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio
Pilato, ti scongiuro di conservare senza macchia e
irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del
Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi
rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei regnanti e
signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità, che
abita una luce inaccessibile; che nessuno fra gli uomini ha
mai visto né può vedere. A lui onore e potenza per sempre.
Amen”. ! Lettera a Timoteo 6,13-16.

La nostra stessa fede ci dice che è diverso il disegno avuto
da Dio “in Principio” e ciò che è accaduto dopo il peccato
originale. Il quale non è una favoletta per bambini
insipienti. Ma un dato di fatto teologico, rispecchia – cioè –
un aspetto della relazione tra Dio e l’uomo. Certo, i primi
capitoli della Genesi appartengono ad un genere letterario
diverso dalla cronaca cittadina attuale, ma ormai dovrebbe
essere chiaro a tutti che questa differenza non toglie loro la
caratteristica di verità teologica.

Pecorelle Smarrite: Le citazioni aiutano a capire che non ci
dovrebbero esser dubbi sull’unicità di Dio e sul suo mediatore
Gesù Cristo. E, se ci può sembrare scontato, ribadirlo oggi
non è così ovvio!
Chiara anche la distinzione tra il disegno “in Principio” e
dopo il peccato originale. Ma proprio il peccato originale
porta l’uomo all’errore e a creare religioni e credenze
errate. Ciò non toglie che queste siano opera umana ma,
certamente, non siano volontà di Dio, giusto?

don Paolo sdb: Perfetto. In particolare, sarebbe da chiedersi
quante volte e con che forza siano state denunciate le
persecuzioni contro i cristiani: il 2018 è stato l’anno in
assoluto – da Gesù Cristo in poi – con il numero maggiore di
martiri cristiani. Dato sociologico che nessuno può discutere:
la grandissima parte di questi martiri sono stati vittime di
violenza di stampo islamico. E, guarda caso, con quali soldi
viene pagata l’islamizzazione dell’Europa e la strage compiuta
da questi assassini indottrinati?

Ivano Liguori sui migranti e
la chiesa

Migranti, all’attacco anche le suore

Ci sono tanti modi per fare bella figura, uno di questi è il
silenzio.

Un bel tacer non fu mai scritto, questo verso, attribuito a
Dante Alighieri ma in realtà di Iacopo Badoer, librettista e
poeta italiano vissuto nel XVII sec., fotografa molto bene
l’ennesima situazione imbarazzante occorsa alle religiose
italiane in questi giorni.

L’Unione delle Superiori Maggiori d’Italia (U.S.M.I.), in un
documento firmato da suor Azia Ciairano (vedi qui e qui),
esprime solidarietà in favore dei migranti e biasimo verso i
provvedimenti presi dall’attuale governo italiano:

 «Constatiamo che le azioni politiche, in particolare il
 decreto sicurezza, non solo aggravano le situazioni di
 vulnerabilità di diversi gruppi etnici che vivono sui nostri
 territori, ma mettono in atto il disprezzo dell’altro con la
 violazione sistematica delle principali regole della tutela
 umanitaria. Così pure il dilagare di atteggiamenti violenti
 che si stanno diffondendo sempre più, segna con la rabbia e
 l’intolleranza le nostre relazioni umane, sociali e
 politiche».

 «È in questo nostro tempo abbruttito da forme palesi di
 negazione dei diritti umani, rifiuto del diverso, odio,
 razzismo e volgarità, che Dio ci chiama ad “alzarci in piedi”
 per dare oggi “voce” e concretezza al dono della nostra vita,
 affinché la luce della Speranza e della Profezia continuino a
 risplendere nella storia dell’umanità»

Davanti a questo documento, da cattolico, da sacerdote e da
religioso, mi vengono spontanee alcune domande.

Non bastava l’azzardato e fuori luogo ‘Vade Retro’ al Ministro
dell’Interno, da parte della rivista – un tempo cattolica –
Famiglia Cristiana?
Non bastava stancare la pazienza di tanti lettori che dalle
Paoline ancora devono sorbirsi, in bella mostra tra gli
scaffali, i libri di James Martin, Enzo Bianchi, Vito Mancuso,
e Don Gallo?

Non bastava la constatazione del calo vertiginoso delle
vocazioni religiose femminili di vita attiva?

Evidentemente no.

Perché un organismo come l’U.S.M.I., sente l’esigenza di
prendere una posizione così netta – in questo tempo e in
questa maniera – , su questioni che sono abbastanza complicate
e che non rappresentano certo una priorità per la vita
religiosa femminile?

Queste proteste sono sempre animate dalla fraternità, dalla
solidarietà e dall’umanità ma mai dall’intelligenza.

Quando nel 2009 Eluana Englaro moriva, con quale voce
l’U.S.M.I., difendeva l’operato delle Suore Misericordine di
Lecco e la loro battaglia contro l’eutanasia?

Dov’era l’U.S.M.I., quando nel 2017 le Suore dell’Immacolata
di Santa Paolina Visintainer di Trento, organizzavano sedute
terapeutiche in stile New Age con l’ausilio di piramidi e
armamentari vari, palesemente contrastanti il primo
comandamento?

Dov’era l’U.S.M.I., quando nel 2018 alle scuole elementari in
provincia di Bergamo, si insegnava a bambini di età compresa
tra i 9 e 10 anni, la masturbazione, l’uso del preservativo,
l’omosessualità, l’identità di genere e il sesso orale?

Dov’era l’U.S.M.I., nel 2018, davanti ai vari tentativi per
salvare il piccolo Alfie Evans da morte certa, supportando la
proposta del trasferimento all’ospedale Bambin Gesù di Roma?

Dov’era l’U.S.M.I., nel 2018 quando l’ingegnere Salvatore
Pacilè ha chiesto l’intercessione del Pontefice affinché
le suore Figlie di Maria ausiliatrice onorassero il pagamento
di una parcella professionale di 800mila euro per il restauro
della sede dell’Istituto femminile “San Giovanni Bosco delle
Figlie di Maria Ausiliatrice”?

Dov’è   l’U.S.M.I   nel    2019,   quando   a   NY   per   mano   del
governatore cattolico Andrew Cuomo, si approva l’infanticidio
più abietto, facendo passare tutto per civiltà e salvaguardia
dei diritti della donna?

La verità è una sola: l’U.S.M.I era ed è assente!

Questo è il vero segno profetico del perbenismo che si è
infiltrato anche nella vita religiosa.

Perché le battaglie per i diritti, si devono combattere
sempre, non solo quando si possono vincere con un largo
margine o quando ci sono chiari ordini di scuderia.

Tutti gli uomini sono ugualmente sacri e amati da Dio, non si
può stilare una hit parade.

Quanti poveri italiani cercano riparo dentro gli ospedali, le
stazioni, le auto, i portici e i colonnati perché senza casa,
abbandonati a un avverso destino?

Quanti anziani languiscono in strutture d’accoglienza, tra le
proprie deiezioni perché soli e abbandonati dalla famiglia?

Vorremmo avere la gioia di poter vedere le consorelle
dell’U.S.M.I., passare per le strade di Roma, Torino, Milano,
Napoli alla ricerca dei poveri, sull’esempio delle Figlie
della Carità del XVII sec.

Ci piacerebbe leggere dall’U.S.M.I., una circolare con la
quale si chiede l’apertura delle case religiose – ormai vuote
di vocazioni –, per accogliere i tanti papà di famiglia
separati e cacciati di casa da altrettante donne che si sono
fatte portavoce di diritti…i loro.

Care sorelle, sappiate che per essere veramente suore non
basta essere donne, occorre essere madri.

E come ogni buona madre insegna, l’amore per i figli non ha
preferenze, non si nutre di proclami ma agisce nel silenzio.

Il silenzio dei gesti.
Fonte:https://ivanoliguori.it/migranti-allattacco-anche-le-suo
re/

Dal     Rettor    Maggiore.
Sull’omicidio    di    padre
Antonio César Fernández

Dall’AgenziaNotizieSalesiane.
Burkina Faso – Assassinato,
il   missionario   salesiano
Antonio César Fernández
(ANS – Ouagadougou) – È sempre l’ora dei martiri. Una morte
tragica ha colpito la Congregazione Salesiana in Africa. Il
nostro amato confratello Antonio César Fernández, della
Ispettoria AFO (Africa Occidentale Francofona), è stato
colpito a morte in un agguato teso da assassini jihadisti,
dopo le 15:00 di ieri, venerdì 15 febbraio 2019.
Il tragico episodio si è verificato a 40 chilometri dal
confine meridionale del Burkina Faso. César stava tornando
nella sua comunità di Ouagadougou (Burkina Faso) insieme ad
altri due salesiani sopravvissuti all’assalto, dopo aver
partecipato a Lomé (Togo) alla prima sessione del Capitolo
ispettoriale di quella Provincia. L’auto dei tre confratelli è
stata fermata dopo la dogana di Cincassé. Don César è stato
separato dagli altri due confratelli e crivellato di colpi dai
terroristi che poi sono fuggiti. Si parla anche dell’uccisione
di quattro doganieri.

Antonio César Fernández era nato 72 anni fa a Pozoblanco, in
Spagna, il 7 luglio 1946, era salesiano da 55 anni e sacerdote
da 46. Si era offerto come missionario in diversi paesi
africani dal 1982. Il suo primo incarico era stato a Lomé
(Togo) e attualmente era responsabile della comunità salesiana
di Ouagadougou, in Burkina Faso.

Preghiamo per il suo eterno riposo. Aveva offerto la sua vita
per l’Africa e la sua offerta è stata accettata pienamente.
Chiediamo a lui di pregare con noi per questa sua ispettoria,
dove è arrivato con il primo gruppo di missionari a Lomé
(Togo). Fu anche fondatore della parrocchia Maria
Ausiliatrice, primo maestro di novizi per 10 anni.

Questo attentato fa parte dell’ondata di violenza che affligge
il Burkina Faso dal 2015, in un contesto che ha visto
un’impennata della minaccia terroristica nelle ultime
settimane dopo la quinta Conferenza dei capi di Stato del G5
del Sahel, di cui il paese ha la presidenza di turno.

 Che il Signore risorto accolga con tenerezza Fratel César con
tutti coloro che hanno dato la loro vita alla missione
salesiana, e che Maria Ausiliatrice, che tanto amava, lo
accolga con l’affetto della Buona Madre del Cielo.

Da    La    Nuova     Bussola
Quotidiana. No al concordato
della Fratellanza musulmana
Dopo la visita del Papa ad Abu Dhabi ecco immediatamente i
tentativi di approfittarne: l’Associazione Nazionale Musulmani
italiani (ANMI) ha presentato a Nardò una proposta di
concordato Stato-islam che presenta punti critici su poligamia
e moschee clandestine. Inconciliabile con il nostro diritto.

La storica visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi ha certamente
lasciato il segno, ma guai a non diffidare delle imitazioni. A
Lecce,     Nardò    per    la    precisione,     la    febbre
dell’interreligiosità deve essere particolarmente alta. Tanto
che, in un chiostro di carmelitani, ha avuto luogo un evento
alquanto singolare: la presentazione di un’idea di concordato
tra Stato italiano e islam, su iniziativa di musulmani
italiani    convertiti,     riuniti   nell’autoproclamatasi
Associazione Nazionale Musulmani Italiani (ANMI), e con la
benedizione del sindaco della località pugliese.

La presentazione di questo presunto concordato necessita di
alcune considerazioni di merito e di metodo.
La prima riguarda la questione della poligamia. I musulmani in
Italia, per nascita o convertiti come gli esponenti della
suddetta associazione, devono comprendere che non gli è dato
“rinunciare alla poligamia”, come se fosse un beau geste per
andare incontro allo Stato italiano nella sua laicità. La
poligamia è infatti già proibita dalla Costituzione
all’articolo 3, dove si stabilisce l’uguaglianza donna-uomo,
di per sé l’antitesi della poligamia, che si fonda invece
sulla sottomissione della componente femminile. Pertanto, la
poligamia in Italia è del tutto illegale a prescindere e non
può configurarsi alcuna “rinuncia” nei suoi confronti.

Poi le moschee abusive, che i proponenti del presunto
concordato offrono disponibilità a chiudere. Da un lato, è
questa l’ammissione dell’esistenza in territorio italiano, da
nord a sud, di luoghi di culto non autorizzati, illegali, e
molto spesso utilizzati come centri d’indottrinamento e
reclutamento da parte d’improvvissati imam e attivisti legati
alla Fratellanza Musulmana.
Dall’altro, va osservato che è lo Stato a dover decidere di
procedere alla chiusura di questi centri e nessun altro. Che
poi lo Stato italiano continui a non prendere iniziative in
tal senso è un grave problema che si trascina anche con
l’attuale “governo del cambiamento”.

Nella    proposta     dell’associazione      di   convertiti
italiani, naturalmente, non si parla della questione del velo,
neppure in riferimento all’approvazione di una legge che vieti
l’uso del velo che copre il volto in pubblico. L’islam
“italiano” opera dunque la grande rinuncia alla poligamia, ma
la donna deve restare velata e sottomessa. Su questo punto,
sarebbe interessante sentire l’opinione del sindaco di Nardò,
oltre che dei carmelitani.
In ogni caso, l’ambizione di mettersi alla guida dell’islam in
Italia manifestata dall’associazione, “pur sempre col sostegno
dei musulmani di origine straniera”, rischia di restare
perennemente frustrata. La leadership si conquista con il voto
e non risulta che l’associazione sia mai stata eletta a
rappresentare le varie associazioni islamiche presenti in
Italia, neppure da quelle i cui membri sono per lo più
italiani d’origine.

Per ottenere visibilità, l’ANMI si è condannata
all’isolamento proprio all’interno della comunità che dice di
voler rappresentare. Perché non condividono la loro proposta
con le altre associazioni? O non indicono un referendum nel
quale la proposta possa essere giudicata dalle altre
associazioni e quindi respinta o adottata dall’insieme della
comunità islamica?

Inoltre, l’ANMI sembra voler avanzare l’idea di una netta
differenziazione tra musulmani convertiti italiani e non. Ciò
comporta il rischio di esacerbare la frammentazione già
esistente in seno alla comunità islamica, offrendo ai gruppi e
alle correnti espressione della Fratellanza Musulmana un
pretesto per irrigidire ulteriormente le proprie posizioni in
senso esclusivista e identitario.

Per combattere la radicalizzazione e l’agenda islamista della
Fratellanza Musulmana e degli stati che la sponsorizzano,
ovvero il Qatar degli emiri Al Thani e la Turchia di Erdogan,
è necessario che il discrimine venga effettuato in base alle
idee, ai programmi e al tipo di visione dell’islam e non alla
nazionalità o appartenenza etnica.
Da questo punto di vista, la proposta dell’ANMI non sembra
discostarsi da quella della Fratellanza Musulmana, peraltro
già veicolata da gruppi che comprendono italiani convertitisi
alla versione più fondamentalista dell’islam. L’ovvietà della
chiusura delle moschee e la malposta “rinuncia” alla poligamia
non bastano: servono gesti concreti che attestino la
contrarietà dell’ANMI rispetto alla Fratellanza Musulmana e
sarebbero inoltre opportuni chiarimenti circa le sue fonti di
finanziamento.

È infatti sempre in agguato il pericolo della
dissimulazione, della “taqiyya” tanto cara alla Fratellanza
Musulmana, che fa leva sull’ingenuità e sull’inconsapevolezza
dei propri interlocutori per promuovere l’agenda islamista con
fondi provenienti da Qatar o Turchia.
Uno schema questo ormai ben consolidato, che trova sempre il
modo d’incarnarsi in forme nuove, adattandosi alle circostanze
del momento e sfruttandole abilmente. L’uso e l’abuso della
visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi continuerà ed è
necessario che le istituzioni, anche e soprattutto quelle
religiose, il mondo della politica e la società civile non
cedano ma si contrappongano alle strumentalizzazioni.

Autore: Souad Sbai

Fonte:http://www.lanuovabq.it/it/no-al-concordato-della-fratel
lanza-musulmana
Da Magdi Cristiano Allam.
Cherif Chekatt, il terrorista
islamico     francese      di
Strasburgo,      serve      a
accelerare l’islamizzazione
dell’Europa concedendo più
moschee ai predicatori del
“vero islam”
Cari amici, a Strasburgo non c’è stato un “attentato
terroristico islamico”. Si è trattato di un “atto di follia”
isolato da parte di un criminale comunale pluricondannato. La
parola d’ordine è non collegare l’attentato all’islam.

È vero che Cherif Chekatt, 29 anni, cittadino francese di fede
islamica nato proprio a Strasburgo, ha urlato “Allahu Akbar”,
Allah è il più grande, prima di sparare sulla folla al
mercatino di Natale. Ma è mancata la scenografia che avrebbe
conferito il marchio di un vero e proprio attentato
terroristico islamico. Sul numero delle vittime c’è stato un
balletto. A lungo si è parlato di un solo morto. Ora si dice
che sono tre. Ma l’incertezza serve a tenere basso il profilo
del fatto, per evitare che possa essere definito una strage.
Poi lui che fugge come un qualsiasi delinquente, anziché
immolarsi facendosi esplodere o ricercando comunque la morte
per ergersi a “martire” dell’islam e conquistare di diritto il
Paradiso di Allah con le 72 vergini perpetue. Infine è finora
mancata la rivendicazione che conferisce al singolo attentato
quel rilievo che è proprio di una strategia più ampia, da
parte di una rete del terrorismo islamico globalizzato, in
grado di incutere paura e di diffondere il panico tra la
popolazione.

È vero che Cherif Chekatt si è radicalizzato in carcere ed era
schedato con la lettera “S”, per indicare i potenziali
terroristi islamici che potrebbero compiere degli attentati.
Ma come lui ce ne sono decine di migliaia in Francia e per
controllarli ci vorrebbero circa 300 mila uomini. Impossibile
operare sul piano della prevenzione. Si può intervenire solo
in presenza di fatti certi. Cioè quando stanno premendo il
grilletto o stanno facendosi esplodere. È una battaglia persa
in partenza.

La verità è che se questo attentato non fosse stato perpetrato
a Strasburgo, dove vi è la sede del Parlamento Europeo che era
riunito in sessione plenaria, se non fosse stato denunciato
dai “gilet gialli” come un complotto per deviare l’attenzione
dalla protesta che sta infiammando la Francia, se tra i feriti
gravi non ci fosse il giovane giornalista italiano Antonio
Megalizzi, la sua eco si sarebbe già spenta.

Ormai l’Europa tratta gli attentati terroristi islamici alla
stregua di atti criminali ordinari. Ma il fatto gravissimo è
che, per sconfiggere i terroristi islamici autoctoni e
endogeni (perché sono ormai cittadini europei), l’Europa si
affida agli integralisti e estremisti islamici che controllano
le moschee, nella convinzione che i terroristi islamici
potranno essere redenti se abbracceranno il “vero islam”.
Ovviamente gli integralisti ed estremisti islamici che
controllano le moschee sono ben felici e ci ringraziano. Più
attentati terroristici islamici ci saranno, e più moschee
verranno costruite. La prospettiva è che l’Europa sarà
sottomessa all’islam pacificamente attraverso le moschee
anziché violentemente con il terrorismo. Il finale vedrà
un’Europa del tutto islamizzata che eliminerà del tutto il
terrorismo islamico. Perché a quel punto non servirà più.

Autore: Magdi Cristiano Allam

Fonte: https://www.magdicristianoallam.it/blogs/verita-e-libet
a/cherif-chekatt-il-terrorista-islamico-francese-di-
strasburgo-serve-a-accelerare-l’islamizzazione-dell’europa-
concedendo-piu-moschee-ai-predicatori-del-“vero-islam”.html
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