Pecorelle e Pastore. "Accogli l'islam e poi muori " (senza strumentalizzazioni politiche, per favore) - don paolo mojoli sdb
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Pecorelle e Pastore. “Accogli l’islam e poi muori…” (senza strumentalizzazioni politiche, per favore) Pecorella: Caro Pastore, i fatti pasquali in Sri Lanka (terroristi islamici che si fanno esplodere in chiesa e in hotel contro la comunità cristiana) ci riporta alla vexata quaestio: siamo di fronte ad un problema dovuto ad una frangia di esaltati o ad una guerra di religione? Pastore: Certamente non si tratta solo di una frangia di esaltati. Lo dimostra chiaramente il fatto che senza l’impegno e il sangue dei nostri avi a Poitiers (732), Lepanto (1571) e Vienna (1683) tutti gli europei in seguito sarebbero già nati musulmani. Pecorella: Sembra però che il problema sia sottovalutato. Almeno in Europa non lo si considera un problema. Perché? Pastore: I motivi sono proprio tanti. Meriterebbero un libro loro da soli, più che una breve risposta in un blog. Sicuramente c’entra: 1. il relativismo (va tutto bene, basta che ci vogliamo bene – salvo che i musulmani ci vogliono conquistare, non voler bene!); 2. l’incredibile ignoranza religiosa e storica da parte dei cristiani e dei cattolici in particolare a riguardo della propria fede (la maggior parte dei cristiani anche impegnati a livello sociale, di volontariato… si sono arrestati al catechismo della terza elementare); 3. l’inammissibile (specialmente oggi) ignoranza di tanti fedeli cristiani a riguardo dell’islam. Giusto un
accenno: il termine “islam” in arabo significa “sottomissione”. A Dio prima di tutto. Tanto che il Corano sarebbe stato letteralmente dettato da Allah a Maometto (infatti, ai convertiti viene prima di tutto insegnato l’arabo, in modo da poter – dopo qualche anno – leggere il Corano in lingua autentica e originale, l’arabo). Ma non si tratta solo della totalmente passiva sottomissione della persona umana a Dio. Si tratta anche della sottomissione di tutti gli uomini del mondo a Maometto e al Corano: “dove non sono arrivate le nostre spade, arriveranno i grembi delle nostre donne!” E’ questo uno dei motti dell’islam attuale. Si veda il numero dei figli delle famiglie musulmane e la disastrosa denatalità, ad esempio italiana. Pecorella: Chi conosce bene l’Islam, pensiamo a Magdi Cristiano Allam, convertitosi al cattolicesimo ma cresciuto come musulmano, sa bene cosa prescrivono alcune sure. Ma spesso si fa distinzione tra i terroristi islamici e i musulmani “moderati”. E’ reale questa distinzione? Possiamo comunque affermare che l’Islam è una “religione di pace”? Pastore: Occorre assolutamente distinguere tra la religione in sé e le persone concrete che si incontrano. Dispiace, ma è dovere di verità, ammettere che l’Islam in sé è una “religione di guerra” (si legga il Corano, sempre da non interpretare, ma da prendere alla lettera nella versione araba). D’altra parte, non tutti i musulmani sono uguali. Ci sono molti di loro per cui la “sottomissione” è segno di ricerca della verità religiosa; anche persone che svolgono davvero il loro dovere nella famiglia e nella società. Ma il principio di fondo rimane “guerreggiante”. Pur ammettendo la necessaria libertà di religione, è necessario fare in modo, ad esempio, che come nei paesi occidentali si possono costruire chiese e moschee, così sia preservato il diritto di reciprocità. Sono molti, troppi i paesi al mondo in cui ancora oggi professarsi cristiani
significa rischiare oggettivamente la vita per sé e per la propria famiglia. Si veda il recente documento sulla libertà religiosa redatto dalla Commissione Teologica Internazionale: La libertà religiosa per il bene di tutti. Pecorella: In Svizzera, Norvegia, Germania, Gran Bretagna i musulmani sono attorno al 6%, in Svezia, Francia, Belgio superano l’8% (dati del 2016 quindi sono sicuramente una sottostima rispetto ad oggi). Pochi? Ricordiamo che la loro integrazione è scarsa e che, vivendo in comunità aggregate, la loro presenza in certe zone è già maggioritaria. Se il principio di fondo rimane “guerreggiante” allora perché accettare questa accoglienza suicida? Pastore: Si tratta di un’autentica autodistruzione da parte dell’occidente. Già si diceva che la mancanza assoluta di valori solidi nella cultura occidentale; il relativismo teorico, morale e di fede; il buonismo per cui bisognerebbe dar ragione a tutti… hanno fatto grandi passi. Un solo minimo criterio che la politica internazionale potrebbe assumere, se avesse un po’ di saggezza: finché non ci fosse autentica libertà per i cristiani di professare la propria fede pubblicamente e di costruire chiese anche nei paesi a maggioranza musulmana, andrebbero bloccate non solo le nuove costruzioni di moschee, ma anche le attività propagandistiche islamiche in tutti i paesi occidentali. Ma, al giorno d’oggi non vedo nessuno all’orizzonte che abbia la schiena diritta per proporre un principio di semplice reciprocità di questo tipo. Peccato. Il XXI secolo è già e probabilmente sarà sempre di più il secolo dei martiri cristiani.
“La correttezza politica ha annebbiato i governi sulla persecuzione dei cristiani” (Da Lorenzo Bertocchi) Il segretario agli esteri inglese, Jeremy Hunt (foto sotto), ha ricordato le conclusioni di un report commissionato al vescovo anglicano di Truro, Philip Mounstephen, e ha detto che «in alcune regioni, il livello e la natura della persecuzione [dei cristiani] si avvicina probabilmente alla definizione internazionale di genocidio». Hunt, impegnato in un viaggio nel continente africano, ha parlato ad Addis Abeba ricordando che in diverse regioni del
Medio oriente i cristiani rischiano di essere «spazzati via» (in Palestina ora rappresentano solo l’1,5% della popolazione, mentre in Iraq i numeri sono scesi da 1,5 milioni prima del 2013 a meno di 120.000 oggi). Le parole di Hunt arrivano dopo le stragi di Pasqua in Sri Lanka: «Penso che siamo tutti addormentati quando si tratta della persecuzione dei cristiani. Penso non solo al rapporto del vescovo di Truro, ma ovviamente quello che è successo nello Sri Lanka la domenica di Pasqua ha svegliato tutti con uno shock enorme». La causa di questa “indifferenza”, dice Hunt, è in un’atmosfera di «correttezza politica» che spesso impedisce ai politici dei governi occidentali di parlare chiaramente di questi fatti. Secondo un commento di The Guardian, queste parole sono nobili, ma suonano stonate di fronte al comportamento dello stesso governo britannico che «non ha offerto asilo ad Asia Bibi», la donna cristiana del Pakistan liberata dopo un calvario lungo 9 anni, e fa affari con «l’Arabia saudita, un paese dove il cristianesimo pubblico è illegale e i lavoratori migranti cristiani sono trattati in modo abominevole». Inoltre gli inglesi sostengono il governo dell’Egitto dove le «chiese copte vengono frequentemente aggredite» e favoriscono rapporti commerciali con la Cina dove, come sappiamo, i cristiani subiscono persecuzioni di vario tipo. E anche la tragedia dei cristiani in Iraq, giustamente sollevata nel discorso di Hunt, deve essere analizzata considerando che il governo inglese ha «partecipato in modo entusiastico all’invasione dell’Iraq [nel 2003] ed ha ovviamente delle responsabilità per la brutale anarchia che ne è seguita». Così le parole di Hunt sulla «correttezza politica» rischiano paradossalmente di assumere proprio la stessa forma di un
discorso politico, fatto più per ingraziarsi una parte crescente dell’opinione pubblica britannica e molto meno per aiutare davvero i cristiani perseguitati. Il politicamente corretto non può essere evocato a fasi alterne, ma andrebbe attaccato nella sua radice principale, quella cioè che vuole annullare l’identità di una cultura che ha nel cristianesimo la sua base fondamentale. «Una società nella quale Dio è assente – una società che non lo conosce più e lo tratta come se non esistesse – è una società che perde il suo criterio», ha scritto il papa emerito Benedetto XVI nei suoi recenti «appunti» sulla crisi degli abusi. E anche Francesco nel 2014, in un discorso tenuto a Tirana, disse che «quando, in nome di un’ideologia, si vuole estromettere Dio dalla società, si finisce per adorare degli idoli, e ben presto l’uomo smarrisce sé stesso, la sua dignità è calpestata, i suoi diritti violati». Una vera difesa dei cristiani perseguitati e di una autentica libertà religiosa dovrebbe partire da questo minimo comune denominatore. I politici europei sono disposti a cominciare da questo punto? Fonte: http://www.iltimone.org/news-timone/la-correttezza-politica-an nebbiato-governi-sulla-persecuzione-dei-cristiani/
Da Andrea Zambrano. “E Maria? Se ora maggio diventa il mese del Ramadan” Frasi arabeggianti, citazioni del Corano, auguri nel nome di un Dio generico chiamato “clemente e misericordioso” e persino l’adozione del calendario islamico. Ci sono diocesi in cui esplode la moda degli auguri ai musulmani per il Ramadan. Messaggi di vescovi in una ambigua “comunione” che offusca la salvezza di Gesù e abbraccia preghiere relativistiche e sincretiche. Mandando in soffitta le esortazioni al Rosario e a Maria, la sola cui il mese di maggio è dedicato. Ogni anno che passa, la sottomissione nei confronti dell’Islam acquisisce un grado di compiacenza in più. Gli auguri di molti cattolici di “buon Ramadan” (buon per che cosa? Quale dovrebbe essere l’obiettivo?) non bastavano più. Così adesso, per dimostrare ancora più empatia con i musulmani si scimmiotta persino la loro lingua e si inizia a citare i versi del Corano. Un po’ come quando fino a qualche tempo fa c’era la moda delle canzoni latinoamericane ed era tutto un bailamos di qua e un pasito di là tra un Enrique Iglesias e un Alvaro Soler, la Chiesa italiana ha preso su anche il linguaggio dei figli di Allah. E non solo quello. Tanto da confermare – se mai ce ne fosse bisogno – che ormai siamo in pieno cattomanesimo, perfetta crasi di un cattolicesimo che si fa ottomano, che per smania di dialogo e fretta di fondersi, non sa più distinguere le differenze –
sostanziali e tremende – tra la religione di Maometto e la fede cristiana. A Sassari ad esempio per manifestare la vicinanza si è per giunta modificato il calendario. Certo, l’avvento di Gesù Cristo nel mondo è pur sempre una data da cui conteggiare tutto, ma nel messaggio inviato dal vescovo a tutte le comunità islamiche della sua diocesi, ci si è sentiti in dovere di ricordare anche che questo è l’anno 1440 dall’Egira di Maometto. D’altra parte, non c’è da stupirsi: il calendario gregoriano è entrato in vigore solo nel ‘500 e anche se quello giuliano iniziava comunque dalla nascita di Cristo, adesso dovremo abituarci a condividere la natività anche con l’esodo del profeta. Questione di sensibilità. Come quelle messe in campo fin dall’inizio del messaggio pubblicato sul sito della diocesi “as-salam ‘alaykum”, dice nel saluto. Il fatto è che tutta la lettera di sua eccellenza è un inchinarsi così tanto ai fedeli islamici da non distinguere più il vescovo dal muezzin. “Mi unisco a ciascuno di Voi nel ringraziamento a Dio, Clemente e Misericordioso”, dice nel ripetere il doppio appellativo con il quale il musulmano apostrofa Allah. Stesso approccio quello scelto dall’Ordine dei frati minori che sul suo portale accantona il Vangelo per citare passi del Corano: “La preoccupazione per i poveri – dicono i francescani -, i bisognosi e i migranti sono, naturalmente, fondamentali per l’Islam, come si dice con molta enfasi nel Corano: Non è giusto girare la faccia verso est o ovest; ma è giustizia credere in Dio, nell’Ultimo Giorno, nel Libro e nei Messaggeri; spendere i propri beni per amore Suo, per i tuoi parenti, gli orfani, i bisognosi, il viandante, per coloro che
chiedono e per il riscatto degli schiavi… (al-Baqara 2.177). Corano che viene definito “Santo” e citato anche a proposito della concordia tra le religioni: “Ognuno ha una direzione verso la quale rivolgere il viso. Gareggiate nel bene. Dovunque tu sia, Dio sarà con te dappertutto. Davvero Dio è Potente su tutte le cose”. (al-Baqara 2.148) L’entusiasmo esotico-linguistico prosegue fino alla fine del documento quando nell’augurare un “benedetto Ramadan” (Benedetto da quale Dio?) non si esita a ripeterlo in arabo per accrescere la complicità empatica: Ramadan Mubarak! Ramadan Kareem. C’è poi chi, anche senza citare espressamente il Corano, men che meno il Vangelo, augura un vago sentimento di pace a tutti i musulmani che fanno il Ramadan. E’ il vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, monsignor Ambrogio Spreafico che conclude così il suo messaggio: “Una preghiera vera e sincera non può che liberare energie di pace e di amore nel mondo”. Anche qui, torna la stessa domanda: una preghiera diretta a chi? Energie di che cosa? Questa comunione d’intenti prosegue anche dopo il digiuno del Ramadan, la rottura, chiamata Iftar. E’ a quel momento che la Diocesi di Torino guarda per l’accoglienza degli ospiti. La rottura del digiuno si apre con un momento di preghiera. E’ quanto organizzano il Gruppo Abele con la Coreis, Comunità religiose islamiche italiane, l’associazione Fratellanza Italia Marocco (Afaq) e le parrocchie torinesi San Bernardino, Gesù Buon Pastore e Santa Maria Goretti. Ma nella preghiera quale Dio verrà pregato? Esistono già dei rituali comuni a
entrambe le religioni che contemplino le due opzioni? Frasi arabeggianti, citazioni del Corano, appelli ad una fede diversa nella forma, ma uguale nei contenuti. La Chiesa cattolica si sta spostando sempre più verso forme sincretiche che denotano anche in questo caso l’atteggiamento relativistico nei confronti della verità. Eppure maggio, che sembra ormai diventato il mese per eccellenza del Ramadan nello zelo di certi pastori, è ancora il mese mariano per eccellenza. Da più parti, nelle case e ai crocicchi delle strade, si organizzano Rosari al crepuscolo. Che spazio c’è per questa fede oggi? In quanti, tra i vescovi così smaniosi di allargare ponti con i musulmani responsabili ancora oggi assieme ai cinesi della più colossale carneficina e persecuzione di cristiani nel mondo, hanno dedicato uno spazio anche piccolo nel loro magistero mensile per ricordare ai fedeli l’importanza del Rosario? La sua promessa di salvezza a chi lo reciterà devotamente? Si sta ormai realizzando il contrario di quanto diceva la dichiarazione Dominus Jesus di Giovanni Paolo II. La Chiesa considera le religioni del mondo con sincero rispetto “ma nel contempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che una religione vale l’altra” perché “se è vero che i seguaci delle altre religioni possono ricevere la grazia divina, è pure certo che oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici”. E ancora: “La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai
contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni”. Verrebbe da chiedere a tutti questi organizzatori che spazio è rimasto alla venuta di Gesù Cristo, unico strumento per la salvezza di tutta l’umanità voluto da Dio. Fonte: http://www.lanuovabq.it/it/e-maria-se-ora-maggio-diventa-il-me se-del-ramadan Dalla Nuova Bussola Quotidiana. Per Londra, i cristiani in fuga non sono degni di asilo “L’Inghilterra non riesce a dare rifugio ai cristiani e favorisce i musulmani”, è la sintesi di un editoriale pubblicato sul Times a inizio anno. Ed è così, perché la percentuale di cristiani che ottengono lo status di rifugiato dalla Siria è irrisoria rispetto a quelli musulmani. E molti riferiscono di aver subito scherno e discriminazioni.
“L’Inghilterra non riesce a dare rifugio ai cristiani e favorisce i musulmani”, è la sintesi di un editoriale pubblicato sul Times a inizio anno. Il bastione del giornalismo britannico poneva l’accento sulle ripetute omissioni inglesi nel concedere rifugio a cristiani, drusi e yazidi – le minoranze più colpite dall’islam in Medio Oriente. I dati raccontavano che dei 4.850 siriani accettati dal ministero dell’Interno britannico, nel 2017, 4.572 erano musulmani e undici cristiani. Mentre secondo i dati del secondo trimestre del 2018, dei 1.197 siriani a cui è stato concesso il diritto di asilo, 1.047 erano musulmani sunniti e dieci erano cristiani. Il bilancio è di ventuno cristiani “accolti” in due anni. E nel frattempo, sebbene i dati relativi al 2019 ancora non siano stati pubblicati, nella civilissima e multiculturale Gran Bretagna vengono registrati anche casi eclatanti in cui i cristiani vengono respinti alla frontiera. E il caso Asia Bibi è stato emblematico rispetto a chi detta la politica in materia d’asilo nel Paese della regina. Dopo che la giovane madre cristiana ha subito dieci anni di prigionia nel braccio della morte pakistano per essersi rifiutata di rinnegare Cristo al cospetto di Maometto, c’era la possibilità che il Regno Unito l’accogliesse come rifugiata, ma Theresa May ha rifiutato presto. La reazione immediata, infatti, dei musulmani pakistani che hanno letteralmente invaso le piazze in segno di protesta chiedendo l’impiccagione pubblica e immediata della donna colpevole di essere cristiana, ha avuto un peso tale da compromettere la decisione politica per uccidere ogni speranza in Asia Bibi. Che è un po’ lo stesso trattamento che ha ricevuto un uomo proveniente dall’Iran – il Paese che occupa la nona posizione
nella lista dei peggiori persecutori dei cristiani. L’iraniano cercava asilo in Gran Bretagna perché si era convertito al cristianesimo abbandonando l’islam, ma il dipartimento britannico per l’immigrazione ha respinto la sua richiesta a marzo. Aveva chiesto lo status di rifugiato già nel 2016, e oggi la sua richiesta è stata definitivamente archiviata, perché per il ministero dell’Interno il cristianesimo non è affatto una religione di pace. Alla commissione aveva provato a spiegare di essersi convertito dopo aver scoperto che il cristianesimo è una “religione di pace al contrario dell’islam”, e s’è visto recapitare una lettera in cui venivano elencati versetti del Levitico, dell’Esodo e del Vangelo volti a dimostrare che non c’è niente di pacifico nella fede in Cristo. Dopo lo scalpore suscitato dalla lettera, il ministero ha preso le distanze dalla suddetta, sebbene ne abbia confermato l’autenticità, giudicandola non in linea con il modo di considerare le richieste di asilo basate sulla persecuzione religiosa. Diversi avvocati esperti in materia hanno giurato di non aver mai visto niente di simile, ma intanto nel respingere la richiesta di asilo di un uomo che si è convertito dall’islam al cristianesimo e costringendolo, presumibilmente, a fare ritorno in Iran, il governo britannico ne ha siglato la sua condanna a morte. Pochi giorni dopo una donna, anch’essa iraniana, alla richiesta d’asilo ha ricevuto per risposta una lettera di rifiuto nella quale si può leggere: “nel suo AIR [Asylum Interview Record] lei ha affermato che Gesù è il suo salvatore, ma poi asserisce che non sarebbe stato in grado di salvarla dal regime iraniano. Si ritiene, pertanto, che non ci sia alcuna convinzione sincera nella sua fede in Gesù”. Intervistata dalla BBC Radio 4, la donna ha dichiarato: “quando ero in Iran mi sono convertita al cristianesimo e la
mia vita è cambiata, il governo mi stava cercando e sono scappata. (…) Nel mio paese, se qualcuno si converte al cristianesimo viene punito con l’esecuzione capitale”. E ha riferito poi di essere stata derisa ogni volta che rispondeva alle domande rivoltele dal commissario del ministero. L’uomo “ridacchiava, forse mi prendeva in giro quando parlava con me. (…) Mi ha chiesto perché Gesù non mi avesse protetto dal regime o dalle autorità iraniane”. Qualche settimana prima ad essere costretto al rimpatrio, in Pakistan questa volta, era toccato ad Asher Samson, 41 anni, cristiano residente nel Regno Unito da 15 anni e che aveva studiato teologia. In Pakistan era già stato “picchiato e minacciato dagli estremisti islamici” – un trattamento normale per i cristiani in un paese come il Pakistan che è al quinto posto nella classifica mondiale dei paesi che odiano il cristianesimo. Sarà o meno un velenoso pregiudizio da parte dell’Home Office nei confronti dei cristiani, sta di fatto che casi come questi si moltiplicano e vanno a sommarsi a tanti altri di cui avevamo già raccontato da queste colonne. Come quello che lo scorso anno ha coinvolto la suora irachena fuggita dallo Stato islamico e che aveva chiesto all’Home Office di recarsi dalla sorella malata in Gran Bretagna, e a cui è stato negato il visto per ben due volte. Ad un’altra suora il visto era stato negato perché non aveva un personale conto in banca, mentre ad un sacerdote cattolico perché non era sposato. E se l’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey di Clifton, in tempi non troppo sospetti, affermava che i funzionari inglesi sono “istituzionalmente prevenuti” contro i rifugiati cristiani, tre alti prelati provenienti da Iraq e Siria, nel 2016, che chiedevano il visto per presenziare alla
consacrazione della prima cattedrale ortodossa siriaca del Regno Unito, si sono visti replicare, beffardamente, che “non c’era posto in albergo”. Lo stesso trattamento non è stato riservato ad Ahmed Hassan, cui è stato concesso l’asilo – nonostante non avesse i documenti, e nonostante avesse detto al ministero dell’Interno di essere “stato addestrato come un soldato dell’Isis” –, per poi due anni dopo essere il protagonista di un attentato terroristico in una stazione ferroviaria di Londra, in cui sono rimaste ferite 30 persone. L’Home Office ha inoltre consentitoa un religioso musulmano straniero, Hamza Sodagar, di entrare nel paese e tenere una conferenza a Londra, nonostante l’uomo si sia detto favorevole a decapitare gli omosessuali, a bruciarli vivi e a gettarli da un dirupo. Dalle statistiche pubblicate ogni anno dal ministero dell’Interno, si evince che nel 2018, il 32% dei richiedenti asilo era cittadino di paesi asiatici, il 29% era cittadino di paesi africani, il 26% era cittadino di paesi del Medio Oriente e il 10% proveniva dall’Europa. Tra il 2014 e il 2018, 19.881 persone sono state reinsediate nel Regno Unito, principalmente dalla Siria e dalla regione circostante. Paesi dove la persecuzione ai cristiani impera e dai quali è stato registrato un vero e proprio esodo. Il che lascia presumere, comunque, che le richieste di asilo arrivino massicciamente anche dai cristiani d’Oriente. La domanda resta: perché vengono respinti e così pochi accettati? http://www.lanuovabq.it/it/per-londra-i-cristiani-in-fuga-non- sono-degni-di-asilo
“Tra Pecora e Pastore”. Sulla volontà divina nella diversità di religione Pecorelle Smarrite: Caro don Paolo, il 4 febbraio 2019 è stato firmato il Documento sulla Fratellanza Umana, da papa Francesco e dall’Iman Al-Tayyeb. Vado subito al sodo. C’è una proposizione: «Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi» che ci ha turbato non poco. La domanda che ti poniamo è: Come può Dio “volere” il pluralismo e la diversità di religione? Può sicuramente permettere (altrimenti ci giochiamo il libero arbitrio), ma addirittura volere? don Paolo sdb: “Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, 2per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, 3 dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al 4 cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti
gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. 5Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, 6 che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, 7 e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco -, maestro dei pagani nella fede e nella verità”. Non me lo invento io, ma lo prendo dalla 1 Lettera a Timoteo 2,1-7. “Al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose e di Gesù Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti scongiuro di conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei regnanti e signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità, che abita una luce inaccessibile; che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere. A lui onore e potenza per sempre. Amen”. ! Lettera a Timoteo 6,13-16. La nostra stessa fede ci dice che è diverso il disegno avuto da Dio “in Principio” e ciò che è accaduto dopo il peccato originale. Il quale non è una favoletta per bambini insipienti. Ma un dato di fatto teologico, rispecchia – cioè – un aspetto della relazione tra Dio e l’uomo. Certo, i primi capitoli della Genesi appartengono ad un genere letterario diverso dalla cronaca cittadina attuale, ma ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che questa differenza non toglie loro la caratteristica di verità teologica. Pecorelle Smarrite: Le citazioni aiutano a capire che non ci dovrebbero esser dubbi sull’unicità di Dio e sul suo mediatore Gesù Cristo. E, se ci può sembrare scontato, ribadirlo oggi
non è così ovvio! Chiara anche la distinzione tra il disegno “in Principio” e dopo il peccato originale. Ma proprio il peccato originale porta l’uomo all’errore e a creare religioni e credenze errate. Ciò non toglie che queste siano opera umana ma, certamente, non siano volontà di Dio, giusto? don Paolo sdb: Perfetto. In particolare, sarebbe da chiedersi quante volte e con che forza siano state denunciate le persecuzioni contro i cristiani: il 2018 è stato l’anno in assoluto – da Gesù Cristo in poi – con il numero maggiore di martiri cristiani. Dato sociologico che nessuno può discutere: la grandissima parte di questi martiri sono stati vittime di violenza di stampo islamico. E, guarda caso, con quali soldi viene pagata l’islamizzazione dell’Europa e la strage compiuta da questi assassini indottrinati? Ivano Liguori sui migranti e la chiesa Migranti, all’attacco anche le suore Ci sono tanti modi per fare bella figura, uno di questi è il silenzio. Un bel tacer non fu mai scritto, questo verso, attribuito a Dante Alighieri ma in realtà di Iacopo Badoer, librettista e
poeta italiano vissuto nel XVII sec., fotografa molto bene l’ennesima situazione imbarazzante occorsa alle religiose italiane in questi giorni. L’Unione delle Superiori Maggiori d’Italia (U.S.M.I.), in un documento firmato da suor Azia Ciairano (vedi qui e qui), esprime solidarietà in favore dei migranti e biasimo verso i provvedimenti presi dall’attuale governo italiano: «Constatiamo che le azioni politiche, in particolare il decreto sicurezza, non solo aggravano le situazioni di vulnerabilità di diversi gruppi etnici che vivono sui nostri territori, ma mettono in atto il disprezzo dell’altro con la violazione sistematica delle principali regole della tutela umanitaria. Così pure il dilagare di atteggiamenti violenti che si stanno diffondendo sempre più, segna con la rabbia e l’intolleranza le nostre relazioni umane, sociali e politiche». «È in questo nostro tempo abbruttito da forme palesi di negazione dei diritti umani, rifiuto del diverso, odio, razzismo e volgarità, che Dio ci chiama ad “alzarci in piedi” per dare oggi “voce” e concretezza al dono della nostra vita, affinché la luce della Speranza e della Profezia continuino a risplendere nella storia dell’umanità» Davanti a questo documento, da cattolico, da sacerdote e da religioso, mi vengono spontanee alcune domande. Non bastava l’azzardato e fuori luogo ‘Vade Retro’ al Ministro dell’Interno, da parte della rivista – un tempo cattolica – Famiglia Cristiana?
Non bastava stancare la pazienza di tanti lettori che dalle Paoline ancora devono sorbirsi, in bella mostra tra gli scaffali, i libri di James Martin, Enzo Bianchi, Vito Mancuso, e Don Gallo? Non bastava la constatazione del calo vertiginoso delle vocazioni religiose femminili di vita attiva? Evidentemente no. Perché un organismo come l’U.S.M.I., sente l’esigenza di prendere una posizione così netta – in questo tempo e in questa maniera – , su questioni che sono abbastanza complicate e che non rappresentano certo una priorità per la vita religiosa femminile? Queste proteste sono sempre animate dalla fraternità, dalla solidarietà e dall’umanità ma mai dall’intelligenza. Quando nel 2009 Eluana Englaro moriva, con quale voce l’U.S.M.I., difendeva l’operato delle Suore Misericordine di Lecco e la loro battaglia contro l’eutanasia? Dov’era l’U.S.M.I., quando nel 2017 le Suore dell’Immacolata di Santa Paolina Visintainer di Trento, organizzavano sedute terapeutiche in stile New Age con l’ausilio di piramidi e armamentari vari, palesemente contrastanti il primo comandamento? Dov’era l’U.S.M.I., quando nel 2018 alle scuole elementari in
provincia di Bergamo, si insegnava a bambini di età compresa tra i 9 e 10 anni, la masturbazione, l’uso del preservativo, l’omosessualità, l’identità di genere e il sesso orale? Dov’era l’U.S.M.I., nel 2018, davanti ai vari tentativi per salvare il piccolo Alfie Evans da morte certa, supportando la proposta del trasferimento all’ospedale Bambin Gesù di Roma? Dov’era l’U.S.M.I., nel 2018 quando l’ingegnere Salvatore Pacilè ha chiesto l’intercessione del Pontefice affinché le suore Figlie di Maria ausiliatrice onorassero il pagamento di una parcella professionale di 800mila euro per il restauro della sede dell’Istituto femminile “San Giovanni Bosco delle Figlie di Maria Ausiliatrice”? Dov’è l’U.S.M.I nel 2019, quando a NY per mano del governatore cattolico Andrew Cuomo, si approva l’infanticidio più abietto, facendo passare tutto per civiltà e salvaguardia dei diritti della donna? La verità è una sola: l’U.S.M.I era ed è assente! Questo è il vero segno profetico del perbenismo che si è infiltrato anche nella vita religiosa. Perché le battaglie per i diritti, si devono combattere sempre, non solo quando si possono vincere con un largo margine o quando ci sono chiari ordini di scuderia. Tutti gli uomini sono ugualmente sacri e amati da Dio, non si
può stilare una hit parade. Quanti poveri italiani cercano riparo dentro gli ospedali, le stazioni, le auto, i portici e i colonnati perché senza casa, abbandonati a un avverso destino? Quanti anziani languiscono in strutture d’accoglienza, tra le proprie deiezioni perché soli e abbandonati dalla famiglia? Vorremmo avere la gioia di poter vedere le consorelle dell’U.S.M.I., passare per le strade di Roma, Torino, Milano, Napoli alla ricerca dei poveri, sull’esempio delle Figlie della Carità del XVII sec. Ci piacerebbe leggere dall’U.S.M.I., una circolare con la quale si chiede l’apertura delle case religiose – ormai vuote di vocazioni –, per accogliere i tanti papà di famiglia separati e cacciati di casa da altrettante donne che si sono fatte portavoce di diritti…i loro. Care sorelle, sappiate che per essere veramente suore non basta essere donne, occorre essere madri. E come ogni buona madre insegna, l’amore per i figli non ha preferenze, non si nutre di proclami ma agisce nel silenzio. Il silenzio dei gesti.
Fonte:https://ivanoliguori.it/migranti-allattacco-anche-le-suo re/ Dal Rettor Maggiore. Sull’omicidio di padre Antonio César Fernández Dall’AgenziaNotizieSalesiane. Burkina Faso – Assassinato, il missionario salesiano Antonio César Fernández (ANS – Ouagadougou) – È sempre l’ora dei martiri. Una morte tragica ha colpito la Congregazione Salesiana in Africa. Il nostro amato confratello Antonio César Fernández, della Ispettoria AFO (Africa Occidentale Francofona), è stato colpito a morte in un agguato teso da assassini jihadisti, dopo le 15:00 di ieri, venerdì 15 febbraio 2019.
Il tragico episodio si è verificato a 40 chilometri dal confine meridionale del Burkina Faso. César stava tornando nella sua comunità di Ouagadougou (Burkina Faso) insieme ad altri due salesiani sopravvissuti all’assalto, dopo aver partecipato a Lomé (Togo) alla prima sessione del Capitolo ispettoriale di quella Provincia. L’auto dei tre confratelli è stata fermata dopo la dogana di Cincassé. Don César è stato separato dagli altri due confratelli e crivellato di colpi dai terroristi che poi sono fuggiti. Si parla anche dell’uccisione di quattro doganieri. Antonio César Fernández era nato 72 anni fa a Pozoblanco, in Spagna, il 7 luglio 1946, era salesiano da 55 anni e sacerdote da 46. Si era offerto come missionario in diversi paesi africani dal 1982. Il suo primo incarico era stato a Lomé (Togo) e attualmente era responsabile della comunità salesiana di Ouagadougou, in Burkina Faso. Preghiamo per il suo eterno riposo. Aveva offerto la sua vita per l’Africa e la sua offerta è stata accettata pienamente. Chiediamo a lui di pregare con noi per questa sua ispettoria, dove è arrivato con il primo gruppo di missionari a Lomé (Togo). Fu anche fondatore della parrocchia Maria Ausiliatrice, primo maestro di novizi per 10 anni. Questo attentato fa parte dell’ondata di violenza che affligge il Burkina Faso dal 2015, in un contesto che ha visto un’impennata della minaccia terroristica nelle ultime settimane dopo la quinta Conferenza dei capi di Stato del G5 del Sahel, di cui il paese ha la presidenza di turno. Che il Signore risorto accolga con tenerezza Fratel César con tutti coloro che hanno dato la loro vita alla missione
salesiana, e che Maria Ausiliatrice, che tanto amava, lo accolga con l’affetto della Buona Madre del Cielo. Da La Nuova Bussola Quotidiana. No al concordato della Fratellanza musulmana Dopo la visita del Papa ad Abu Dhabi ecco immediatamente i tentativi di approfittarne: l’Associazione Nazionale Musulmani italiani (ANMI) ha presentato a Nardò una proposta di concordato Stato-islam che presenta punti critici su poligamia e moschee clandestine. Inconciliabile con il nostro diritto. La storica visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi ha certamente lasciato il segno, ma guai a non diffidare delle imitazioni. A Lecce, Nardò per la precisione, la febbre dell’interreligiosità deve essere particolarmente alta. Tanto che, in un chiostro di carmelitani, ha avuto luogo un evento alquanto singolare: la presentazione di un’idea di concordato tra Stato italiano e islam, su iniziativa di musulmani italiani convertiti, riuniti nell’autoproclamatasi Associazione Nazionale Musulmani Italiani (ANMI), e con la benedizione del sindaco della località pugliese. La presentazione di questo presunto concordato necessita di alcune considerazioni di merito e di metodo.
La prima riguarda la questione della poligamia. I musulmani in Italia, per nascita o convertiti come gli esponenti della suddetta associazione, devono comprendere che non gli è dato “rinunciare alla poligamia”, come se fosse un beau geste per andare incontro allo Stato italiano nella sua laicità. La poligamia è infatti già proibita dalla Costituzione all’articolo 3, dove si stabilisce l’uguaglianza donna-uomo, di per sé l’antitesi della poligamia, che si fonda invece sulla sottomissione della componente femminile. Pertanto, la poligamia in Italia è del tutto illegale a prescindere e non può configurarsi alcuna “rinuncia” nei suoi confronti. Poi le moschee abusive, che i proponenti del presunto concordato offrono disponibilità a chiudere. Da un lato, è questa l’ammissione dell’esistenza in territorio italiano, da nord a sud, di luoghi di culto non autorizzati, illegali, e molto spesso utilizzati come centri d’indottrinamento e reclutamento da parte d’improvvissati imam e attivisti legati alla Fratellanza Musulmana. Dall’altro, va osservato che è lo Stato a dover decidere di procedere alla chiusura di questi centri e nessun altro. Che poi lo Stato italiano continui a non prendere iniziative in tal senso è un grave problema che si trascina anche con l’attuale “governo del cambiamento”. Nella proposta dell’associazione di convertiti italiani, naturalmente, non si parla della questione del velo, neppure in riferimento all’approvazione di una legge che vieti l’uso del velo che copre il volto in pubblico. L’islam “italiano” opera dunque la grande rinuncia alla poligamia, ma la donna deve restare velata e sottomessa. Su questo punto, sarebbe interessante sentire l’opinione del sindaco di Nardò, oltre che dei carmelitani.
In ogni caso, l’ambizione di mettersi alla guida dell’islam in Italia manifestata dall’associazione, “pur sempre col sostegno dei musulmani di origine straniera”, rischia di restare perennemente frustrata. La leadership si conquista con il voto e non risulta che l’associazione sia mai stata eletta a rappresentare le varie associazioni islamiche presenti in Italia, neppure da quelle i cui membri sono per lo più italiani d’origine. Per ottenere visibilità, l’ANMI si è condannata all’isolamento proprio all’interno della comunità che dice di voler rappresentare. Perché non condividono la loro proposta con le altre associazioni? O non indicono un referendum nel quale la proposta possa essere giudicata dalle altre associazioni e quindi respinta o adottata dall’insieme della comunità islamica? Inoltre, l’ANMI sembra voler avanzare l’idea di una netta differenziazione tra musulmani convertiti italiani e non. Ciò comporta il rischio di esacerbare la frammentazione già esistente in seno alla comunità islamica, offrendo ai gruppi e alle correnti espressione della Fratellanza Musulmana un pretesto per irrigidire ulteriormente le proprie posizioni in senso esclusivista e identitario. Per combattere la radicalizzazione e l’agenda islamista della Fratellanza Musulmana e degli stati che la sponsorizzano, ovvero il Qatar degli emiri Al Thani e la Turchia di Erdogan, è necessario che il discrimine venga effettuato in base alle idee, ai programmi e al tipo di visione dell’islam e non alla nazionalità o appartenenza etnica. Da questo punto di vista, la proposta dell’ANMI non sembra discostarsi da quella della Fratellanza Musulmana, peraltro già veicolata da gruppi che comprendono italiani convertitisi
alla versione più fondamentalista dell’islam. L’ovvietà della chiusura delle moschee e la malposta “rinuncia” alla poligamia non bastano: servono gesti concreti che attestino la contrarietà dell’ANMI rispetto alla Fratellanza Musulmana e sarebbero inoltre opportuni chiarimenti circa le sue fonti di finanziamento. È infatti sempre in agguato il pericolo della dissimulazione, della “taqiyya” tanto cara alla Fratellanza Musulmana, che fa leva sull’ingenuità e sull’inconsapevolezza dei propri interlocutori per promuovere l’agenda islamista con fondi provenienti da Qatar o Turchia. Uno schema questo ormai ben consolidato, che trova sempre il modo d’incarnarsi in forme nuove, adattandosi alle circostanze del momento e sfruttandole abilmente. L’uso e l’abuso della visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi continuerà ed è necessario che le istituzioni, anche e soprattutto quelle religiose, il mondo della politica e la società civile non cedano ma si contrappongano alle strumentalizzazioni. Autore: Souad Sbai Fonte:http://www.lanuovabq.it/it/no-al-concordato-della-fratel lanza-musulmana
Da Magdi Cristiano Allam. Cherif Chekatt, il terrorista islamico francese di Strasburgo, serve a accelerare l’islamizzazione dell’Europa concedendo più moschee ai predicatori del “vero islam” Cari amici, a Strasburgo non c’è stato un “attentato terroristico islamico”. Si è trattato di un “atto di follia” isolato da parte di un criminale comunale pluricondannato. La parola d’ordine è non collegare l’attentato all’islam. È vero che Cherif Chekatt, 29 anni, cittadino francese di fede islamica nato proprio a Strasburgo, ha urlato “Allahu Akbar”, Allah è il più grande, prima di sparare sulla folla al mercatino di Natale. Ma è mancata la scenografia che avrebbe conferito il marchio di un vero e proprio attentato terroristico islamico. Sul numero delle vittime c’è stato un balletto. A lungo si è parlato di un solo morto. Ora si dice che sono tre. Ma l’incertezza serve a tenere basso il profilo del fatto, per evitare che possa essere definito una strage. Poi lui che fugge come un qualsiasi delinquente, anziché immolarsi facendosi esplodere o ricercando comunque la morte per ergersi a “martire” dell’islam e conquistare di diritto il Paradiso di Allah con le 72 vergini perpetue. Infine è finora mancata la rivendicazione che conferisce al singolo attentato
quel rilievo che è proprio di una strategia più ampia, da parte di una rete del terrorismo islamico globalizzato, in grado di incutere paura e di diffondere il panico tra la popolazione. È vero che Cherif Chekatt si è radicalizzato in carcere ed era schedato con la lettera “S”, per indicare i potenziali terroristi islamici che potrebbero compiere degli attentati. Ma come lui ce ne sono decine di migliaia in Francia e per controllarli ci vorrebbero circa 300 mila uomini. Impossibile operare sul piano della prevenzione. Si può intervenire solo in presenza di fatti certi. Cioè quando stanno premendo il grilletto o stanno facendosi esplodere. È una battaglia persa in partenza. La verità è che se questo attentato non fosse stato perpetrato a Strasburgo, dove vi è la sede del Parlamento Europeo che era riunito in sessione plenaria, se non fosse stato denunciato dai “gilet gialli” come un complotto per deviare l’attenzione dalla protesta che sta infiammando la Francia, se tra i feriti gravi non ci fosse il giovane giornalista italiano Antonio Megalizzi, la sua eco si sarebbe già spenta. Ormai l’Europa tratta gli attentati terroristi islamici alla stregua di atti criminali ordinari. Ma il fatto gravissimo è che, per sconfiggere i terroristi islamici autoctoni e endogeni (perché sono ormai cittadini europei), l’Europa si affida agli integralisti e estremisti islamici che controllano le moschee, nella convinzione che i terroristi islamici potranno essere redenti se abbracceranno il “vero islam”. Ovviamente gli integralisti ed estremisti islamici che controllano le moschee sono ben felici e ci ringraziano. Più attentati terroristici islamici ci saranno, e più moschee verranno costruite. La prospettiva è che l’Europa sarà
sottomessa all’islam pacificamente attraverso le moschee anziché violentemente con il terrorismo. Il finale vedrà un’Europa del tutto islamizzata che eliminerà del tutto il terrorismo islamico. Perché a quel punto non servirà più. Autore: Magdi Cristiano Allam Fonte: https://www.magdicristianoallam.it/blogs/verita-e-libet a/cherif-chekatt-il-terrorista-islamico-francese-di- strasburgo-serve-a-accelerare-l’islamizzazione-dell’europa- concedendo-piu-moschee-ai-predicatori-del-“vero-islam”.html
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