Per leggere il libro del Siracide: linee introduttive e lettura di testi

Pagina creata da Marta Esposito
 
CONTINUA A LEGGERE
Comunità pastorale “San Giacomo e Santa Teresa di Calcutta” (Vergiate)
                                       16 giugno 2021

                                     1.
                    Per leggere il libro del Siracide:
                   linee introduttive e lettura di testi
                                      di Ernesto Borghi1

      Sapienza - Siracide - vita sapiente oggi: queste sono le tre epressioni
fondamentali che considereremo questa sera, in un incontro che vuole essere
formativo a vari livelli, nei limiti temporali disponibili e come punto di partenza
verso ulteriori, possibili approfondimenti…

1.1. Il contesto ampio: la nozione di sapienza
       Sapienza: ecco una parola dal profondo potere evocatore. L’etimologia del
termine in lingua italiana è in sé eloquente. Infatti il latino sapere ha notoriamente un
doppio significato: avere sapore ed essere assennato2.
       Il sapore della vita di ciascuno è strettamente connesso alla consapevolezza di
sé e degli altri evidenziata nell’agire personale e collettivo, giorno dopo giorno.
       È dato socio-culturale acquisito che tutti noi viviamo in un’epoca ricchissima
di stimoli culturali e di frammentazione etica, in cui fasce crescenti di popolazione -
certamente nell’Occidente industrializzato, ma forse anche altrove - manifestano, in
forme talora drammatiche, grande insoddisfazione circa la qualità e il senso del
proprio esistere quotidiano.

1
  Nato a Milano nel 1964, sposato e padre di due figli, è laureato in lettere classiche (Università
degli Studi di Milano), licenziato in scienze religiose (Università di Fribourg), dottore in teologia
(Università di Fribourg), baccelliere in Sacra Scrittura (Pontificia Commissione Biblica). È biblista
professionista dal 1992. Dal 2018 insegna introduzione alla Sacra Scrittura presso l’ISSR “Romano
Guardini” di Trento. Dal 2003 presiede l’Associazione Biblica della Svizzera Italiana
(www.absi.ch) e coordina la formazione biblica nella Diocesi di Lugano e, per la Federazione
Biblica Cattolica, l’area Europa del Sud e dell’Ovest. Tra i suoi libri più recenti: Di’ soltanto una
parola. Per leggere la Bibbia nella cultura di tutti, Effatà, Cantalupa (TO) 2018; (a cura di),
MATTEO. Nuova traduzione ecumenica commentata, Edizioni Terra Santa, Milano 2019; La
giustizia dell’amore. Matteo 5-7 e Luca 6.11 tra esegesi ed ermeneutica, Effatà, Cantalupa (TO)
2021; (a cura di), GIOVANNI. Nuova traduzione ecumenica commentata, Edizioni Terra Santa,
Milano 2021.
2
  Cfr. Vocabolario della lingua italiana, IV, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1994, p. 54.
                                                 1
Al fine di essere quanto più concreti ed obiettivi possibile, guarderemo ai testi
in cui ricorrono i termini più direttamente espressivi della nozione che analizzeremo,
ossia hokmàh/hakàm per l’ebraico e sophìa/sophòs per il greco3.
       • hokmàh/hakàm: esperienza tecnica e, in linea generale, capacità professionale
di diverso tipo4, ma soprattutto abilità nel saper dare consigli politici nell’ambiente di
corte5;
       • sophìa/sophòs: il sostantivo sophìa ricorre 248 volte nella LXX, 136 delle
quali sono traduzioni di hokmàh e del plurale hokmòt; l’aggettivo sophòs è presente
184 volte e in 115 casi esprime hakàm oppure il plurale corrispondente. I due termini
greci hanno un significato più descrittivo-teorico dei termini ebraici.

1.2. Il libro del Siracide: contesto storico-culturale
       Fino a pochi decenni fa questo libro veniva indicato - nel solco della tradizione
latina - come Ecclesiastico. Oggi si è tornati alla formulazione greca ed ebraica
“Figlio di Sirac o Sira6”, italianizzata con il suffisso –ida o –ide che significa figlio
di.
       Il libro biblico del Siracide è una raccolta d’insegnamenti di vita. Il suo autore,
un certo Gesù figlio di Sirac, lo ha redatto in ebraico verso il 180 a.C. Il testo ebraico
ci è stato conservato solo in parte. Invece abbiamo - per intero - la traduzione greca,
effettuata dal nipotino dell’autore stesso ed entrata a far parte della Bibbia greca
denominata, tradizionalmente, “traduzione dei Settanta”.
       Questo libro non è solo una delle tante, belle testimonianze della cultura antica
mediorientale. Ha anche molte altre ragioni per essere letto e può risultare
significativo anche oggi: può aiutarci a riflettere sull’essere umano e su Dio,
sull’importanza dell’Antico Testamento nella vita di tutti i giorni, sui rapporti tra
generazioni e sul dialogo tra le culture.
       Il contesto storico originario è noto: fra l’inizio del II secolo a.C. e alcuni anni
prima della rivolta dei Maccabei (167) Gesù, figlio di Sirac, testimone del suo tempo,
volle codificare e trasmettere un grande patrimonio sapienziale. Mirava soprattutto a
riaffermare la forza e l’interesse del patrimonio religioso e spirituale di Israele in una
società sempre più ellenizzata7. Ellenismo che cosa significava? Quando ci riferiamo
alla filosofia ellenistica, dal III secolo a.C. in poi, pensiamo, anzitutto, ad alcune
correnti filosofiche quali platonismo, stoà di mezzo e aristotelismo, tutte in stato di
sviluppo rispetto alle loro radici originanti.
       È possibile sostenere che, pur con molte distinzioni e peculiarità, due siano gli
aspetti più significativi del loro apporto alla cultura mediterranea e medio-orientale
3
  In questo ambito non potrò considerare, per ragioni di tempo, il grande campo degli apocrifi
primo-testamentari e del giudaismo ellenistico extra-biblico.
4
  Costruzione del tempio (cfr. Es 28-36; 1Re 7,14; 1Cr 28,21); nella guerra (cfr. Is 10,13); nell’arte
di navigare (cfr. Sal 107,27).
5
  Presso altri popoli (cfr. Is 47,10; Ger 49,7; Dn 1,4.20; In Israele: 2Sam 20,22, Is 29,14; Ger 8,9).
6
  Il testo ebraico di 50,27 e 51,30 qualifica l’autore come «Ben Sira». Il greco invece, in 50,27 e
altrove parla di “figlio di Sirac”.
7
  Cfr. T. Legrand, Siracide, in Guida di lettura dell’Antico Testamento, tr. it, EDB, Bologna 2005,
p. 622.
                                                  2
del loro tempo: la riflessione relativa al kósmos (dal greco = mondo ordinato) e la
dimensione etico-sociale.
        Il pensiero platonico ellenistico sottolineava, in coerenza con la sua fase
originaria, la dicotomia tra il mondo delle idee e la realtà tangibile e storica, vista
come copia corruttibile e sensibile di esse. Il pensiero stoico di mezzo, invece, -
presupposto un primo motore immobile del cosmo, il lógos, ragione emanatrice delle
leggi che regolano, costantemente e per sempre, i rapporti interni al cosmo stesso -
affermava la compenetrazione tra il macrocosmo complessivo e il microcosmo
costituito anche da ogni singolo individuo.
        I discepoli di Aristotele dell’epoca tendevano invece ad evidenziare come il
mondo dell’uomo fosse estraneo all’influenza di ‘Dio’. Comunque - ed è il secondo
aspetto - sulla potenzialità morale dell’essere umano, stoici ed aristotelici - in un
contesto globale che vedeva ridottissime, se non inesistenti possibilità di
partecipazione politica per il singolo8 - davano rilievo alle scelte degli individui.
        Secondo il pensiero della Stoà di mezzo (II-I secolo a.C.), l’essere umano, in
armonia con la natura, ossia con le leggi del lógos, raggiunge il grado più elevato di
virtù e la coscienza lo sprona costantemente a mettere alla prova la propria
perfezione9. E se - come sostenevano gli eredi di Aristotele - la virtù può essere
insegnata e rende felice l’uomo, tale felicità è il frutto di un equilibrio, certo
dinamico, ma legato alla centralità della virtù rispetto alle posizioni estreme,
comunque perniciose.
        Queste concezioni, tanto sinteticamente riassunte, ed altre di ordine pratico
trovavano capillare diffusione tramite molti uomini di cultura, itineranti, che,
passando di città in città, le proponevano, secondo prospettive di tipo composito, in
cui il filantropismo stoico aveva un ruolo importante.
        Si potrebbe dire che essi diffondevano uno stoicismo che ha creato, a partire
dalle differenti dottrine, un sincretismo sufficientemente attenuato e semplice per
piacere contemporaneamente agli animi colti e alla folla. L’essere umano è
insoddisfatto e vagamente inquieto; egli cerca in Dio una provvidenza che possa
prendersi cura della sua vita come farebbe un padre.
        E l’atarassia proposta da Epicuro, in termini, tra l’altro, di autocontrollo etico
profondo, si poneva in termini assai più vicini di quanto si creda comunemente alle
prospettive morali sopra delineate.

8
  Nell’età ellenistica - convenzionalmente compresa tra il 323 e il 31 a.C. - anche il cittadino a pieno
diritto, come è noto, ha pochissime opportunità di partecipare alla determinazione delle scelte
politiche della regione o zona a cui appartiene, in quanto vi è l’accentramento di tutti i poteri nelle
mani del sovrano e dei suoi stretti collaboratori.
9
  Posidonio, filosofo stoico di origine siriana, vissuto tra il 135 e il 50 a.C., afferma: «La ragione
delle passioni, ossia della vita infelice, sta nel fatto che l’uomo non obbedisce in tutto e per tutto al
dèmone che porta nel suo petto e che è dello stesso genere ed ha la stessa natura di quello che
governa il mondo intero, ma piega verso la sua parte peggiore e animale e si lascia trascinare da
essa... La cosa più importante è che noi non ci lasciamo guidare in nulla da ciò che di irrazionale,
funesto e non divino c’è nella nostra anima» (Galeno, De placitis Hippocratis et Platonis, V, 469).
                                                   3
1.3. Il libro del Siracide: cenni generali
       Il libro del Siracide, in contrasto con la buona fama del suo mite e prudente
autore, si presenta carico di non poche inquietudini per le tante questioni che continua
a sollevare: filologiche, esegetiche, letterarie, storiche, teologiche e anche
confessionali, dal momento che la sua accettazione tra i testi che «sporcano le mani»
(cioè che sono sacri al punto che, dopo averli maneggiati, ci si deve lavare le mani),
ha diviso e divide non solo la tradizione cristiana da quella rabbinica ma, all’interno
delle stesse comunità, ha diversificato l’atteggiamento di sinagoghe e chiese.

(a) Il testo
        È stato causa di divisione sin dai tempi più remoti, se è vero che il libro, non
accettato nel canone ebraico, ma citato decine di volte nelle fonti rabbiniche, era letto
a Qumran già due secoli prima della cosiddetta svolta di Iamnia. Nella tradizione
cristiana, il testo è già presente nell’antica Vetus latina ma, alcuni secoli dopo, non
sarà accettato da Gerolamo che si rifiuterà di tradurlo, dunque di includerlo tra i libri
ispirati.
        Per quanto concerne il testo in sé e la tradizione manoscritta relativa, occorre
distinguere anzitutto il testo ebraico dalla versione greca. Infatti sino al 1896 del libro
del Siracide si conoscevano soltanto versioni greche, latine e siriache.
        Dopo l’identificazione, avvenuta a Cambridge in quell’anno di un foglio
proveniente dal deposito della sinagoga dei Caraiti10 al Cairo, l’attenzione al testo
ebraico fu sempre maggiore. Dalla fine del XIX secolo al 2010 sono state rinvenute
diverse sezioni del libro in ebraico cosicché si dispone di circa il 68% del testo in sei
manoscritti differenti (A, B, C, D, E, F) databili tra il X e il XII secolo.
        Il confronto tra queste testimonianze e le versioni greche e siriache ha fatto
ipotizzare l’esistenza di due forme del testo ebraico, una più breve (Ebraico I o H1) e
una più estesa (Ebraico 2 o H2), che è una rilettura della prima e ha sullo sfondo idee
farisaiche degli anni 50-150 d.C.11
        La redazione del testo ebraico risalirebbe agli anni 190-180 a.C. La versione
greca, di cui è indicata la datazione nel prologo – 38° anno del re Evergete, dunque il

10
   I Caraiti erano una Setta ebraica che ripudiava la dottrina tradizionale rabbinica e accettava come
base della vita religiosa la sola Bibbia. Era sostanzialmente la continuazione dell’antico
Sadduceismo, che era scomparso come partito dopo la distruzione dello stato giudaico (70 d. C.),
ma le cui idee, a quanto sembra, permanevano ancora in qualche cerchia appartata e di quando in
quando affioravano con la costituzione di piccole sette antirabbiniche. Il caraismo deve la sua
origine a ‛Ānān ben Dāvīd (sec. VIII) che raccolse gli elementi delle sette rabbiniche preesistenti
nella setta degli ‛Ānāniti. Nuovo vigore acquistò la setta per opera di Binyāmīn da Nahāwend nella
Persia occidentale (circa 830-850): con lui i seguaci prendono il nome di Bĕnē Miqrā’ (Figli della
Bibbia), modificatosi poi in Qārā’īm, caraiti, ossia biblisti. Verso la fine dell’VIII secolo la setta
dei Caraiti trovò in una grotta presso Gerico il testo ebraico di cui furono realizzate varie copie
lungo i secoli. «Una di queste fu appunto ritrovata a Il Cairo nell’ambiente in cui si depositavano i
rotoli non più utilizzati in sinagoga (gheniza) risalente perciò al tempo in cui i Caraiti
soggiornarono in Egitto prima di spostarsi sul Mar Nero» (S. Pinto, I segreti della Sapienza.
Introduzione ai libri sapienziali e poetici, San Paolo, Cinisello Balsamo [MI] 2013, p. 137).
11
   Cfr. R. Petraglio, Il libro che contamina le mani. Ben Sirac rilegge il libro e la storia d’Israele,
Augustinus, Palermo 1993, p. 15.
                                                  4
132 a.C. – contiene errori ed imperfezioni, è arrivata a noi in quattro codici maiuscoli
principali (Sinaitico, Alessandrino, codice Efrem, Vaticano). Il testo greco rilegge il
giudaismo di Alessandria d’Egitto mostrando quale contributo l’opera possa dare,
nell’ora storica seguente alla rivolta maccabaica, ad uno stile di vita fedele alla Torah.
Questa prima forma del testo greco è chiamata Greco I, dopo la quale fu redatta una
seconda versione, denominata Greco II che è più lunga e che è stata ritrovata in
alcuni manoscritti bizantini minuscoli del IX secolo d.C.
        La traduzione CEI 2008 segue la versione greca più ampia, le cui aggiunte
rispetto alla versione Greco I appaiono in parte «anche nei manoscritti ebraici, sono
testimoniate nella versione latina e in quella siriaca. Tutto ciò induce a pensare che
nella comunità di lingua greca il libro di Ben Sira sia stato fatto oggetto di una
rilettura non omogenea ma pluriforme, per un periodo che va dal I secolo a.C. a tutto
il I secolo d.C.»12.
        La storia successiva del libro del Siracide è una sorta di “tormentone”. Verso
l’anno 90 del I secolo d.C., gli ebrei di Palestina, che non avevano più il tempio come
punto di riferimento identitario, avvertirono il bisogno di stabilire quali scritti
dovessero essere considerati “Bibbia”. E presero una decisione di compromesso: non
un canone breve come i Samaritani per i quali era in gioco solo il Pentateuco, non un
canone lungo come quello degli Alessandrini, con la legge, i profeti, gli altri scritti
compresi il Siracide e altri composti più tardi (come la Sapienza).
        In forza di questo compromesso il Siracide, anche se composto in ebraico, non
entrò a far parte della Bibbia ebraica. Continuò però a circolare in ebraico fin verso il
400 d. C., poi l’ebraico si perse quasi del tutto, tranne qualche citazione rabbinica.
Ma alla fine del XIX secolo si scoprirono al Cairo, presso una sinagoga, quasi due
terzi del libro. Altri frammenti, brevi o lunghi, furono poi scoperti a Qumran e nella
fortezza di Masada.
        Quindi oggi, accanto al testo greco noto attraverso numerosi manoscritti,
abbiamo anche gran parte del testo ebraico.

12
   Ivi, p. 139. Questo discorso diventa difficilmente comprensibile se non si tiene conto di che cosa
avvenne in Egitto tra il III e il II secolo a.C. a livello culturale e religioso. Infatti all’interno di una
comunità ebraica che viveva in Egitto si è sentito il bisogno, fin dal III secolo prima di Cristo, di
tradurre gli scritti che facevano parte del patrimonio culturale ebraico. Si è cominciato con la
traduzione del Pentateuco. Più tardi videro la luce le traduzioni di altri scritti biblici. E sempre in
Egitto, tra il 132 e il 117, il nipote del Siracide tradusse il libro del nonno. Ed è così che questo libro
entrò a far parte - per le comunità giudaiche d’Egitto - della Bibbia greca. Una Bibbia, un po’ più
ampia di quello che per gli ebrei è la Bibbia, al punto da contenere il Siracide, la Sapienza e altri
scritti ancora. Una Bibbia che, nei testi che ha in comune con la Bibbia ebraica, presenta spesso
caratteristiche proprie. È quella Bibbia chiamata “La Settanta”. Il nome, a dire il vero, suona un po’
strano (essa è raccontata nella Lettera di Aristea a Filocrate, uno scritto che possiamo datare della
prima metà del II secolo a.C.). È un arrotondamento di 72. Infatti, secondo la tradizione la Bibbia
ebraica sarebbe stata tradotta in 72 giorni: coincidenza significativa con il numero dei traduttori,
anch’essi 72. Altre versioni della leggenda ingigantiscono il miracolo. Raccontano che i traduttori
lavorarono in perfetto isolamento, solo a contatto con gli elementi della natura e senza consultarsi
reciprocamente: eppure le loro traduzioni erano identiche, frutto non della loro sapienza di traduttori
ma dell’attenzione che ognuno di essi aveva prestato ai suggerimenti di una voce interiore, divina.
                                                     5
(b) La struttura
       In questo confronto tra la cultura giudaica e l’ellenismo in fase di diffusione la
riflessione del libro del Siracide opera lungo tre direttrici tematiche: la sapienza; il
timore di Dio; il ruolo creatore di Dio. Tutto questo in una logica di confronto tra
Torah e sapienza secondo un torrenziale dispiegamento di considerazioni etiche,
liturgiche e storiche, in una logica formativo-educativa tramite la quale l’autore del
libro «ha riversato come pioggia la sapienza dal cuore» (50,27).
       L’articolazione della versione greca più estesa è sostanzialmente la seguente:
       • Prologo (del traduttore greco)
       • I parte: La sapienza guida la vita dell’essere umano (1,1-23,28)
       • II parte: L’elogio della sapienza (24,1-42,14)
       • III parte: La sapienza di Dio (42,15-50,29)
       - nella creazione (42,15-43,33)
       - nella storia d’Israele (44,1-50,29)
       • Conclusione: Preghiera di Gesù, figlio di Sirac (51,1-30) 13.

(c) In sintesi, quindi il libro del Siracide è…
        Un libro particolarmente ampio, in cui il maestro raccoglie gli insegnamenti
che egli stesso impartiva a scuola, una scuola per maschi di condizioni economiche
abbastanza buone, oggi potremmo dire della borghesia di Gerusalemme. Della sua
scuola egli stesso, con una certa fierezza, fa pubblicità in più punti del libro. Ed esso,
come doveva risultare l’insegnamento del maestro, è quanto mai vario e abbraccia
tutte le esperienze della vita: mai monotono, spesso variopinto.
        Il nostro maestro prende in considerazione non solo le esperienze esistenziali,
ad esempio le scelte professionali, i pericoli del commercio, i viaggi, l’amicizia, la
politica, la malattia e la medicina, la morte e il lutto, le scienze dell’occulto, la
preghiera, la liturgia al tempio di Gerusalemme. Egli insegna anche - e ciò mancava
13
   Per approfondire, a vario livello, la lettura del libro del Siracide: A. Bonora, Il libro del Siracide,
in A. Bonora – M. Priotto, Libri sapienziali ed altri scritti, Elledici, Leumann (TO) 1997, pp. 85-98;
J. Marböck, Il libro del Siracide, in E. Zenger (ed.), Introduzione all’Antico Testamento, tr. it.,
Queriniana, Brescia 2005, pp. 626-629; T. Legrand, Siracide, in Guida di lettura dell’Antico
Testamento, pp. 617-624; Siracide, a cura di G. Vigini, Paoline, Milano 2007; R. Petraglio, Il libro
del Siracide, in E. Borghi-R. Petraglio, La Scrittura che libera. Introduzione alla lettura dell’Antico
Testamento, Borla, Roma 2008, pp. 322-326.331-339; G. Bellia – A. Passaro, Il libro del Siracide,
Tradizione, redazione, teologia, Città Nuova, Roma 2010; M.C. Palmisano, Siracide, San Paolo,
Cinisello Balsamo (MI) 2016; Arcidiocesi di Milano, La sapienza di Dio ispira la felicità. Passi
alla scuola del Siracide, In Dialogo, Milano 2020.
Per ascoltare/vedere la registrazione di un incontro di formazione biblica significativa sul libro del
Siracide, con l’intervento di due notevoli esperti del tema, ossia i biblisti Angelo Passaro e Renzo
Petraglio si visiti il canale youtube “Associazione Biblica della Svizzera Italiana”, utilizzando il
link https://youtu.be/3ZZaYqBvu98
L’Associazione Biblica della Svizzera Italiana (www.absi.ch - info@absi.ch) è un’istituzione
culturale ecumenica fondata a Lugano il 13 gennaio 2003. Il suo scopo costituzionale è favorire la
conoscenza culturale ed esistenziale dei testi e valori etici ed estetici della Bibbia sia nell’ambito
delle chiese e delle comunità religiose sia in quelli del sistema formativo scolastico e universitario e
della società civile nel suo complesso, nella Svizzera Italiana e nei territori a maggioranza italofona
al di fuori della Svizzera. I soci attuali sono 384, di cui un terzo in Italia.
                                                    6
completamente nel libro dei Proverbi - a leggere la Bibbia, a leggerla con rispetto ma
anche con grande libertà.

1.4. Libro del Siracide: antologia di testi

(a) Il prologo (trad. CEI 2008)
        Molti e importanti insegnamenti ci sono dati dalla legge, dai profeti e dagli altri
scritti successivi, per i quali è bene dar lode a Israele quanto a dottrina e sapienza.
Però non è giusto che ne vengano a conoscenza solo quelli che li leggono, ma è bene
che gli studiosi, con la parola e con gli scritti, si rendano utili a quelli che ne sono al
di fuori. Per questo motivo, mio nonno Gesù, dopo essersi dedicato per tanto tempo
alla lettura della legge, dei profeti e degli altri libri dei nostri padri, avendone
conseguito una notevole competenza, fu indotto pure lui a scrivere qualche cosa su
ciò che riguarda la dottrina e la sapienza, perché gli amanti del sapere, assimilato
anche questo, possano progredire sempre più nel vivere in maniera conforme alla
legge.
        Siete dunque invitati a farne la lettura con benevola attenzione e ad essere
indulgenti se, nonostante l’impegno posto nella traduzione, sembrerà che non siamo
riusciti a rendere la forza di certe espressioni. Difatti le cose dette in ebraico non
hanno la medesima forza quando vengono tradotte in un’altra lingua. E non
solamente quest’opera, ma anche la stessa legge, i profeti e il resto dei libri nel testo
originale conservano un vantaggio non piccolo.
        Nell’anno trentottesimo del re Evèrgete, anch’io, venuto in Egitto e fermatomi
un poco, dopo avere scoperto che lo scritto è di grande valore educativo, ritenni
necessario adoperarmi a tradurlo con diligente fatica. In tutto quel tempo, dopo avervi
dedicato molte veglie e studi, ho portato a termine questo libro, che ora pubblico per
quelli che, all’estero, desiderano istruirsi per conformare alla legge il proprio modo di
vivere.
APPUNTI

                                            7
(b) Testo proposto alla lettura specifica: 16,17-17,14 (CEI 2008)
17
   Non dire: “Mi nasconderò al Signore! Lassù chi si ricorderà di me?
Fra tanta gente non sarò riconosciuto, chi sarò io in mezzo a una creazione
immensa?”.
18
   Ecco il cielo e il cielo dei cieli, l’abisso e la terra sussultano quando egli appare.
Tutto l’universo è stato creato ed esiste per la sua volontà.
19
   Anche i monti e le fondamenta della terra tremano di spavento quando egli li scruta.
20
   Ma nessuno riflette su queste cose; al suo modo di agire chi presta attenzione?
21
   Come un uragano che l’uomo non vede, così molte sue opere sono nascoste.
22
   “Chi annuncerà le sue opere di giustizia?
O chi aspetterà? L’alleanza infatti è ancora lontana,
e il rendiconto di tutto sarà solo alla fine”.
23
   Queste cose pensa chi ha il cuore meschino;
lo stolto, che si lascia ingannare, pensa sciocchezze.
24
   Ascoltami, figlio, e impara la scienza, e nel tuo cuore tieni conto delle mie parole.
25
   Manifesterò con ponderazione la dottrina, con cura annuncerò la scienza.
26
   Quando il Signore da principio creò le sue opere, dopo averle fatte ne distinse le
parti.
27
   Ordinò per sempre le sue opere e il loro dominio per le generazioni future.
Non soffrono né fame né stanchezza e non interrompono il loro lavoro.
28
   Nessuna di loro urta la sua vicina, mai disubbidiranno alla sua parola.
29
   Dopo ciò il Signore guardò alla terra e la riempì dei suoi beni.
30
   Ne coprì la superficie con ogni specie di viventi e questi ad essa faranno ritorno.
17 1Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo lo fece tornare.
2
  Egli assegnò loro giorni contati e un tempo definito,
dando loro potere su quanto essa contiene.
3
  Li rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò.
4
  In ogni vivente infuse il timore dell’uomo,
perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli.
5
  Ricevettero l’uso delle cinque opere del Signore, come sesta fu concessa loro in
dono la ragione e come settima la parola, interprete delle sue opere.
6
  Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare.
7
  Li riempì di scienza e d’intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male.
8
  Pose il timore di sé nei loro cuori, per mostrare loro la grandezza delle sue opere,
e permise loro di gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie, 9per narrare la grandezza
delle sue opere. 10Loderanno il suo santo nome.
11
   Pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita,
affinché riconoscessero che sono mortali coloro che ora esistono.
12
   Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti.
13
   I loro occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce
maestosa. 14Disse loro: “Guardatevi da ogni ingiustizia!” e a ciascuno ordinò di
prendersi cura del prossimo.

Che cosa non capisco in questo brano? Che cosa mi colpisce in questo brano?
Quali sono le caratteristiche essenziali dell’essere umano in questo brano?
                                            8
APPUNTI

          9
Linee-guida di lettura

• 16,17-23: Dio si prende cura dell’essere umano?

• 16,24-25: Rivelazione sapienziale

• 16,26-30: Ruolo creatore fondamentale di Dio

• 17,1-4: Dio crea l’essere umano

• 17,5-10: Dio è particolarmente attento all’essere umano

• 17,11-14: Dalla relazione verticale a quella orizzontale

       Ben Sira parla dell’essere umano in generale «ma dal punto di vista di Israele.
Ciò significa due cose: “a) In Israele ciò che fu dato all’inizio dell’umanità è
realizzato di nuovo. Per mezzo di Israele possiamo capire o percepire per noi quali
furono gli inizi dell’umanità…; b) Una profonda tendenza ed esigenza dell’umanità si
realizza in Israele per dono ed elezione divini, non come un monopolio, ma perché
Israele possa condividerli con gli altri” (L. Alonso Schoekel). La vicenda del popolo
d’Israele è un paradigma per capire l’uomo» 14.

APPUNTI

14
     A. Bonora, Il libro del Siracide, p. 92.
                                                10
(c) Siracide 24 (CEI 2008)
1
  La sapienza fa il proprio elogio,
in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria.
2
  Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca,
dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria:
3
  «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo
e come nube ho ricoperto la terra.
4
  Io ho posto la mia dimora lassù,
il mio trono era su una colonna di nubi.
5
  Ho percorso da sola il giro del cielo,
ho passeggiato nelle profondità degli abissi.
6
  Sulle onde del mare e su tutta la terra,
su ogni popolo e nazione ho preso dominio.
7
  Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo,
qualcuno nel cui territorio potessi risiedere.
8
  Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine,
colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda
e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe
e prendi eredità in Israele”.
9
  Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato,
per tutta l’eternità non verrò meno.
10
   Nella tenda santa davanti a lui ho officiato
e così mi sono stabilita in Sion.
11
   Nella città che egli ama mi ha fatto abitare
e in Gerusalemme è il mio potere.
12
   Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore è la mia eredità.
13
   Sono cresciuta come un cedro sul Libano,
come un cipresso sui monti dell’Ermon.
14
   Sono cresciuta come una palma in Engàddi
e come le piante di rose in Gerico,
come un ulivo maestoso nella pianura
e come un platano mi sono elevata.
15
   Come cinnamòmo e balsamo di aromi,
come mirra scelta ho sparso profumo,
come gàlbano, ònice e storace,
come nuvola d’incenso nella tenda.
16
   Come un terebinto io ho esteso i miei rami
e i miei rami sono piacevoli e belli.
17
   Io come vite ho prodotto splendidi germogli
e i miei fiori danno frutti di gloria e ricchezza.
18
   Io sono la madre del bell’amore e del timore,
della conoscenza e della santa speranza;
eterna, sono donata a tutti i miei figli,
a coloro che sono scelti da lui.
                                             11
19
   Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate,
e saziatevi dei miei frutti,
20
   perché il ricordo di me è più dolce del miele,
il possedermi vale più del favo di miele.
21
   Quanti si nutrono di me avranno ancora fame
e quanti bevono di me avranno ancora sete.
22
   Chi mi obbedisce non si vergognerà,
chi compie le mie opere non peccherà”.
23
   Tutto questo è il libro dell’alleanza del Dio altissimo,
la legge che Mosè ci ha prescritto,
eredità per le assemblee di Giacobbe.
24
   Non cessate di rafforzarvi nel Signore,
aderite a lui perché vi dia vigore.
Il Signore onnipotente è l’unico Dio
e non c’è altro salvatore al di fuori di lui.
25
   Essa trabocca di sapienza come il Pison
e come il Tigri nella stagione delle primizie,
26
   effonde intelligenza come l’Eufrate
e come il Giordano nei giorni della mietitura,
27
   come luce irradia la dottrina,
come il Ghicon nei giorni della vendemmia.
28
   Il primo uomo non ne ha esaurito la conoscenza
e così l’ultimo non l’ha mai pienamente indagata.
29
   Il suo pensiero infatti è più vasto del mare
e il suo consiglio è più profondo del grande abisso.
30
   Io, come un canale che esce da un fiume
e come un acquedotto che entra in un giardino,
31
   ho detto: “Innaffierò il mio giardino
e irrigherò la mia aiuola”.
Ma ecco, il mio canale è diventato un fiume
e il mio fiume è diventato un mare.
32
   Farò ancora splendere la dottrina come l’aurora,
la farò brillare molto lontano.
33
   Riverserò ancora l’insegnamento come profezia,
lo lascerò alle generazioni future.
34
   Vedete che non ho faticato solo per me,
ma per tutti quelli che la cercano.

                                             12
(d) 27,30-28,12 (trad. di Renzo Petraglio)

Il testo
27 30Rancore e collera, anche queste sono cose abominevoli,
e l’uomo peccatore sarà dedito ad esse.
28 1Chi si vendica troverà vendetta da parte del Signore
ed (egli) conserverà, sì, conserverà severamente i suoi fallimenti esistenziali.
2
  Perdona al tuo prossimo l’ingiustizia (commessa)
e allora, quando pregherai, i tuoi fallimenti esistenziali (ti) saranno rimessi.
3
  Una persona conserva la collera verso un’altra persona,
e poi chiede la guarigione al Signore?
4
  Per una persona simile a lui (egli) non ha misericordia
e poi prega per i suoi fallimenti esistenziali?
5
  Egli, che è (soltanto) carne, conserva rancore;
chi perdonerà i suoi fallimenti esistenziali?
6
  Ricordati della tua fine e smetti di farti dei nemici,
(ricordati) della corruzione e della morte, e resta fedele ai comandamenti.
7
  Ricordati dei comandamenti e non aver rancore verso il prossimo,
(ricordati) dell’alleanza dell’Altissimo e non tener conto di uno sbaglio compiuto per
ignoranza.
8
  Astieniti da una rissa ed eviterai un fallimento esistenziale;
infatti (è) una persona passionale (quella che) attizzerà una rissa.
9
  Un uomo fallito (come persona) turberà gli amici
e tra (persone) che vivono in pace diffonderà calunnie.
10
   Secondo il legname (che viene messo) sul fuoco, così (esso) prenderà fuoco,
e secondo l’ostinazione di una rissa, (essa pure) prenderà fuoco
secondo la forza di una persona (altrettanto) sarà il suo furore,
e secondo la (sua) ricchezza (egli) accrescerà la sua collera.
11
   Una lite che nasce rapidamente accende il fuoco,
una rissa che nasce rapidamente fa versare sangue.
12
   Se soffi su una scintilla, (essa) si accenderà;
e se sputi su di essa, si spegnerà;
ed entrambe (queste) cose usciranno dalla tua bocca.

  Altri testi (da confrontare variamente con Sir 28,1-12)

  Per i vv. 1-7
  Deuteronomio 19: 11E, quando un uomo, detestando il suo prossimo, gli tenderà
  un’imboscata e si leverà contro di lui e lo colpirà nella sua vita e quello morirà,
  se (egli) fuggirà verso una di queste città (di rifugio), 12gli anziani della sua città
  lo manderanno a prendere di là e lo daranno nelle mani del vendicatore del
  sangue ed egli morirà.

                                            13
Levitico 19: 1E parlò, JHWH, a Mosè dicendo: 2Parla a tutta la comunità dei
     figli d’Israele e dirai loro: «Santi sarete perché santo, io, JHWH vostro Elohim.
     […] 18Non ti vendicherai e non ti adirerai / avrai rancore contro i figli del tuo
     popolo e amerai il tuo prossimo come te stesso. Io (sono) JHWH.

     Testamento di Zabulon
     8: 4Quando arrivammo in Egitto, Giuseppe non ci serbò rancore. 5Anche voi,
     figlioli miei, tenete presente il suo esempio e amatevi gli uni gli altri; nessuno
     tenga conto del male nei riguardi del fratello. 6Ché quest’atteggiamento divide
     l’unità e disperde ogni stirpe; turba l’anima e distrugge il volto15.

     Corano, Sura 41
     34
        La buona azione e la cattiva azione non sono uguali. Respingi la cattiva azione
     con un’azione migliore. Ed ecco: colui con il quale avevi un’inimicizia diventerà
     come un amico appassionato.

     Per i vv. 3-5
     Esodo 23: 4Quando incontri il bue del tuo nemico o il suo asino smarrito, fallo
     tornare, fallo tornare (a lui). 5 Quando vedi l’asino di colui che ti detesta, l’asino
     caduto (a terra) sotto il suo carico, guardati bene dall’abbandonarlo: insieme a
     lui, insieme al suo padrone, lo libererai, sì lo libererai dal suo peso.
     Salmo 32: 3Finché ho taciuto, le mie ossa si consumavano
     mentre ruggivo tutto il giorno;
     4
       quando giorno e notte pesava su di me la tua mano,
     inaridiva, il mio vigore, come per arsura estiva. Pausa di riflessione.
     5
       Il mio fallimento esistenziale te l’ho fatto conoscere,
     e il mio errore non l’ho tenuto nascosto.
     Ho detto: «Farò conoscere le mie rivolte a JHWH»,
     e tu, tu hai tolto l’errore del mio fallimento esistenziale. Pausa di riflessione.
     Proverbi 20: 22Non dire: «Renderò il male»;
     spera in JHWH, ed egli ti salverà.
     Proverbi 25: 21Se colui che ti detesta ha fame, fagli mangiare del pane
     e se ha sete, fagli bere dell’acqua;
     22
        perché, così, radunerai carboni ardenti sulla sua testa,
     e JHWH ti ricompenserà.
     1 Tessalonicesi 5: 15Guardate che nessuno renda ad alcuno male per male, ma in
     ogni occasione perseguite il bene gli uni gli altri e verso tutti.

     Romani 12: 17A nessuno rendete male per male; mettete in atto progetti belli
     davanti a tutti gli umani (Prv 3,4 LXX). 18Se è possibile, per quanto dipende da

15
     Apocrifi dell’Antico Testamento, a cura di P. Sacchi, UTET, Torino, 1981, p. 843.
                                                   14
voi, vivete in pace con tutti gli umani. 19Non vi vendicate, carissimi, ma lasciate
     fare alla collera (divina). Infatti è stato scritto - scrittura definitiva - «A me la
     vendetta; io darò la retribuzione» (Dt 32,35), dice il Signore. 20Al contrario, «Se
     il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché,
     facendo così, tu radunerai dei carboni infuocati sulla sua testa» (Prv 25,21-22).
     21
        Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male.

     Per il v. 7
     Deuteronomio 26: 16In questo giorno JHWH, il tuo Elohim, ti ordina di fare
     queste prescrizioni e queste regole; e tu te ne prenderai cura e le farai, proprio
     queste, con tutto il tuo cuore e con tutto il tuo essere. 17A JHWH tu hai fatto
     dire, oggi, che egli sarà - per te - Elohim, perché tu vada lungo le sue vie e tu
     abbia a prendere cura delle sue prescrizioni e dei suoi comandamenti e delle sue
     regole, e perché tu ascolti la sua voce. 18E JHWH ti ha fatto dire, oggi, di essere
     per lui un popolo che gli appartiene, come egli ti ha detto, e di prendere cura di
     tutti i suoi comandamenti. 19(E ciò) per stabilirti molto in alto, al di sopra di tutte
     le nazioni che egli ha fatto, quanto a onore, rinomanza e splendore, e perché tu
     sia un popolo santo, per JHWH il tuo Elohim, così come egli ti ha detto.

     Per i vv. 8-12
     Siracide 8: 16Con un violento non instaurare / fare una rissa
     e non attraversare con lui il deserto
     perché ai suoi occhi il sangue (versato) non conta niente
     e là dove non c’è (nessun) aiuto si getterà su di te.
     Proverbi 17: 14Come chi dà apertura alle acque è colui che comincia una disputa;
     prima che la contesa scoppi, ritirati!
     Proverbi 29: 22Un uomo collerico provoca la disputa
     e un ‘signore / dio del furore’ abbonda in rivolte.
     Giacomo 3: 3Se mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci ubbidiscano,
     anche tutto il loro corpo guidiamo / dirigiamo. 4Ecco, anche le navi, benché
     siano così grandi e siano spinte da venti impetuosi, sono guidate da un piccolo
     timone, dovunque vuole l’impulso di chi le governa / del timoniere. 5Così anche
     la lingua: è un piccolo membro, e(ppure) si vanta di grandi cose. Ecco: fuoco,
     così piccolo, può incendiare una foresta così grande16! 6Anche la lingua è un
     fuoco, è il mondo dell’iniquità. La lingua è posta fra le nostre membra, essa -
     che contamina tutto il corpo - infiamma l’ambito del divenire ed è infiammata,
     essa stessa, dalla geenna.

(e) 32,1-24 (trad. CEI 2008)
1
  Se ti hanno fatto capotavola, non esaltarti.

16
  Per il gioco di parole espresso in questa frase, cf. M. Dibelius, Der Brief des Jakobus,
Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen, 1964, p. 233.
                                               15
Compòrtati con gli altri come uno di loro.
Pensa a loro e poi mettiti a tavola;
2
  quando avrai compiuto il tuo dovere,
accòmodati per far festa con loro
e ricevere complimenti per le tue buone maniere.
3
  Parla, o anziano, poiché ti si addice,
ma con saggezza, e non disturbare la musica.
4
  Quando c’è un’esecuzione non effonderti in chiacchiere,
e non fare il sapiente fuori tempo.
5
  Sigillo di rubino su ornamento d’oro
è un concerto musicale in un banchetto.
6
  Sigillo di smeraldo in una guarnizione d’oro
è la melodia dei canti unita alla dolcezza del vino.*
7
  Parla, o giovane, se c’è bisogno di te,
non più di due volte se sei interrogato.
8
  Compendia il tuo discorso, molte cose in poche parole;
compòrtati come uno che sa e che tace a un tempo.
9
  Fra i grandi non mostrarti presuntuoso,
e dove vi sono anziani, non ciarlare troppo.
10
   Prima del tuono viene la folgore,
prima dell’uomo modesto viene la grazia.
11
   All’ora stabilita àlzati e non restare per ultimo,
corri a casa e non indugiare.
12
   Là divèrtiti e fa’ quello che ti piace,
ma non peccare con parole arroganti.
13
   Per tutto ciò benedici chi ti ha creato,
chi ti colma dei suoi benefici.
14
   Chi teme il Signore ne accetta l’istruzione,
chi lo ricerca di buon mattino trova il suo favore.
15
   Chi scruta la legge viene appagato,
ma l’ipocrita vi trova motivo di scandalo.
16
   Quelli che temono il Signore sanno giudicare,
i loro giudizi brillano come luce.
17
   Il peccatore non accetta critiche
e trova scuse a suo piacere.
18
   Chi è saggio non trascura la riflessione,
l’empio e il superbo non provano alcun timore.
19
   Non fare nulla senza consiglio,
non ti pentirai di averlo fatto.
20
   Non camminare in una via piena di ostacoli
e non inciamperai in luoghi pietrosi.
21
   Non fidarti di una via senza inciampi,
22
   guàrdati anche dai tuoi figli.
23
   In tutto ciò che fai abbi fiducia in te stesso,
perché anche questo è osservare i comandamenti.
                                         16
24
 Chi crede alla legge è attento ai comandamenti,
chi confida nel Signore non subirà alcun danno.

1.5. Per leggere il libro del Siracide: cenni di sintesi
       Uno scriba di solida cultura che conosce le tendenze filosofiche e morali
emergenti nelle altre aree culturali, dalla filosofia greca all’insegnamento sapienziale
aramaico ed egiziano, da cui attinge quanto considera utile al suo insegnamento. La
sua metodologia ancorata alla propria intelligenza di fede, con un atteggiamento
amoroso e reverenziale verso Dio, lo preserva dal seguire in modo acritico quanto
trova di positivo nelle altre tradizioni.
       Lo stesso atteggiamento prudente caratterizza il suo giudizio verso le
concezioni apocalittiche intragiudaiche che conosce, ma da cui prende le distanze non
condividendone la fuga dal presente per un nuovo inizio dopo un tempo tragico di
convulsione politica e sociale17.
       Lo scriba, che ha sperimentato la sapienza di chi ha collaborato con il piano
storico di Dio, non può accettare che la divinità che è entrata nel mondo come
sapienza, ponendo la sua dimora nel libro della Torah, sia concepita come una forza
impersonale che opera da sola davanti ad esseri umani considerati alla stregua di
spettatori passivi.
       Il suo ottimismo è indefettibile perché radicato in Dio. Pur conoscendo lo
“scetticismo” interno al giudaismo del suo tempo, testimonia la forza invincibile di
una fede nell’elezione divina che continua a scommettere nella fedeltà di Dio e non
anzitutto nella solidità delle proprie tradizioni.

1.6. Per cercare di essere sapienti dal Siracide alla vita di oggi
       Non vi è nulla di meramente contemplativo, di astrattamente speculativo nella
sapienza primo-testamentaria: essere sapiente vuol dire, in buona sostanza,
comprendere quale è il senso del proprio esistere in quanto persone e tutto ciò non
può avvenire che nell’ambito di un rapporto, quello tra l’essere umano e Dio.
       E sapienza è proprio fare dell’esperienza della vita il terreno fecondo
dell’incontro tra sé ed il proprio Creatore, incontro che ha luogo in base a dei criteri

17
   Il Siracide combina insieme un forte radicamento nella tradizione, l’opzione per la stabilità di
ordinamenti politici e religiosi diventati incerti, e una grande apertura alle conquiste della cultura
ellenistica. La persona saggia comprende benissimo l’ambivalenza dell’onore, a quel tempo
collegato con il potere e la ricchezza: secondo 31,8-11 la ricchezza non è la ricompensa per la
propria giustizia, ma è la condizione ideale per dare prova di essa. Accanto alla sua energica
opzione per il diritto e la giustizia in 34,21-27; 35,15-20, resta esemplarmente significativo anche il
tentativo di una formulazione della Torah d’Israele valida universalmente come ordine della
creazione in 17,1-4 e nel cap. 24. Il Siracide è ben di più di un consigliere a buon mercato e valido
per tutte le situazioni della vita. Prima di ogni comportamento ispirato alla giustizia e in ogni ricerca
di esso, resta fondamentale e orientativo il timore di Dio, come inizio (1,14), radice (1,20) e
pienezza (1,16) della sapienza: «L’intera sapienza è il timore del Signore, e in ogni sapienza è la
pratica della Torah» (Sir 19,18 – cfr. J. Marböck, Il libro del Siracide, pp. 628-629).
                                                   17
chiari che ciascuno deve liberamente scoprire nella propria vicenda personale. Infatti
tale relazione è vera, dunque sapiente
       • se improntata al pieno rispetto dell’interlocutore divino (il tradizionale timor
di Dio), ossia alla coscienza della propria creaturalità;
       • se costante nel suo svolgimento, senza fratture tra cultualità rituale e
quotidianità extra-rituale;
       • se pronta ad avvalersi di tutto quanto la realtà offre, nell’integralità
dell’essere umano e della natura in genere, valorizzando, in questa linea di
solidarietà, ogni elemento disponibile.
       Questo discorso, pertanto, fa capire inequivocabilmente che sapienza è
conoscenza per vivere pienamente, dunque ambito eminentemente etico. Essa,
tramite il suo invito alla relativizzazione dell’essere umano rispetto a Dio,
      «insegna la somma libertà e la somma dipendenza, la somma creatività e la somma
      remissività, la somma grandezza e la somma piccolezza. Tenere insieme gli estremi è
      sapienza. L’etica della sapienza è l’etica del tempo adatto, un’etica che conosce un
      atteggiamento costante, quello del timore di Dio, ma nessun comportamento fisso
      definito una volta per tutte...È un etica che impegna tutte le facoltà dell’uomo, ma
      soprattutto il cuore, scrigno interiore dove l’individuo ritrova se stesso e insieme
      sperimenta la presenza sovrana di Dio crogiolo di ogni esperienza, sede della
      rivelazione e luogo dell’incontro. Chi non sa impegnarsi fino al livello del suo cuore,
      non raggiungerà mai la sapienza perché non incontrerà mai Dio, per quanto sapienza e
      Dio siano in ogni cosa, lo circondino e quasi lo avvolgano»18.
      L’essere umano è sapiente, secondo il libro del Siracide e vari altri testi delle
Scritture ebraiche, non soltanto e non innanzitutto se egli ha una competenza tecnica
sopraffina in un campo del reale, magari in termini pratici.
      C’è qualcosa di più ampio da considerare. Il sapiente giudaico promo-
testamentario è un essere umano che appare, per i suoi simili, paradigma riconosciuto
e tramandato di qualità etiche, spirituali ed intellettuali sublimi. Esse non sono fini a
se stesse, ma vengono utilizzate nella incessante consapevolezza dei propri limiti
creaturali e della propria vivificante dipendenza dal Datore della sua sapienza19.
      Certamente la sapienza biblica non è l’unica via di cui l’umanità disponga per
trovare le ragioni vere del suo esistere. In tutte le concezioni in cui siano
essenzialmente presenti la coscienza della precarietà dell’esistenza e della necessità
di un atteggiamento di ricerca e di aiuto, l’intelligenza del senso della vita, della
storia e della natura, l’apertura verso la totalità del reale, vi è indubbiamente spazio
per vivere una vita di sapore pienamente umano, dunque davvero sapiente20.

18
   A. Niccacci, La casa della sapienza, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1994, p. 181.
19
   Per approfondire la conoscenza della sapienza primo-testamentaria cfr., per es., L. Lucci,
Sapienza di Israele e Vicino Oriente antico, Edizioni Terra Santa, Milano 2015; E. Borghi (a cura
di), Per leggere la Bibbia nella vita di oggi. 3. Per leggere i libri sapienziali, CD con Lidia Maggi-
Angelo Reginato-Renzo Petraglio-Claudia Milani, absi, Lugano 2015.
20
   «Qualcuno potrebbe domandarsi ancora che cosa c’entri la nostra gioia con il contrapporsi alle
ingiustizie e alle ineguaglianze. Che cosa c’entra la nostra felicità con il desiderio di lenire le
sofferenze del mondo? In poche parole, più vinciamo il nostro dolore, più possiamo occuparci di
quello altrui. Sorprendentemente, però, l’arcivescovo (ndr: Desmond Tutu) e il Dalai Lama stavano
dicendo che in realtà vinciamo il nostro dolore occupandoci di quello degli altri. È un circolo
virtuoso: più ci preoccupiamo del prossimo, più siamo gioiosi; e più siamo gioiosi, più possiamo
                                                 18
Insomma: l’essere umano anche oggi può dare il meglio di sé, sviluppando al
massimo la sua identità vivendo in modo che giustizia, pietà e conoscenza del reale
siano inscindibilmente collegati. Tali valori sono messi in rapporto tra loro dall’unico
elemento che dà agli esseri umani la certezza di essere vivi: l’amore. E questa
prospettiva etica, oggi, nel XXI secolo, chiede a ciascun essere umano di ripensare la
sua quotidianità per condividere tutto quello che di bello e di buono è proponibile a
partire da essa…

infondere gioia negli altri. L’obiettivo non è solo essere gioiosi, ma anche, come ha detto
poeticamente l’arcivescovo, “essere contenitori di gioia, oasi di pace, bacini di una serenità che si
può propagare a tutti coloro che ci stanno intorno”…Non possiamo sperare di fare del mondo un
posto migliore e più felice se non coltiviamo questa aspirazione nella nostra vita…Ho chiesto al
Dalai Lama che cosa voleva dire alzarsi ogni mattina pieni di gioia e lui ci ha raccontato la sua
esperienza quotidiana. “Penso che sei un vero credente, quando ti svegli, ringrazi immediatamente
Dio per averti regalato un altro giorno. E cerchi di fare la sua volontà. Per un non teista come me,
che pratico il buddhismo, è un po’ diverso. Appena sveglio, mi ricordo dell’insegnamento del
Buddha: l’importanza della gentilezza e della compassione, il desiderare il bene degli altri o,
quantomeno, di ridurne la sofferenza. Poi mi ricordo che tutto è connesso: il principio
dell’interdipendenza. Allora mi impegno a fare in modo che la giornata appena iniziata sia
significativa. Renderla significativa vuol dire, se possibile, servire e aiutare gli altri. Se non è
possibile, vuole dire, perlomeno, non danneggiarli. Una giornata vissuta in questo spirito è una
giornata densa di significato» (Dalai Lama – D. Tutu, Il libro della gioia, tr. it., Garzanti, Milano
2016, pp. 62-63). Anche in questa prospettiva si possono comprendere le osservazioni contenute in
M. Delpini, Infonda Dio sapienza nel cuore, Centro Ambrosiano, Milano 2020, pp. 52-55.
                                                 19
Puoi anche leggere