ORIGINI STORICHE MITOLOGICHE DEL CARNEVALE - Semel in anno licet insanire A Carnevale ogni scherzo vale
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ORIGINI STORICHE MITOLOGICHE DEL CARNEVALE Semel in anno licet insanire A Carnevale ogni scherzo vale
Il Carnevale è una festa che si celebra nei Paesi di tradizione cristiana (soprattutto di quelli di tradizione cattolica). I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi: in particolare, l’elemento distintivo e caratterizzante il Carnevale è l’uso del mascheramento. Benché facente parte della tradizione cristiana, i caratteri della celebrazione carnevalesca hanno origini in festività ben più antiche, come, ad esempio, le Dionisiache greche, le Antesterie o i Saturnali romani, che erano espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie, per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo ed anche alla dissolutezza. Da un punto di vista storico e religioso, il Carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa, ma, soprattutto, di rinnovamento, seppure per lo più simbolico, durante il quale, il Caos sostituiva l’ordine costituito, che, però, una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all’inizio del Carnevale seguente. Il ciclo preso in considerazione è, in pratica, quello dell’anno solare. Nel mondo antico, anche le feste in onore della dea egizia Iside comportavano la presenza di gruppi mascherati come attesta lo scrittore Lucio Apuleio nelle “Metamorfosi” (Libro XI). Presso i Romani, la fine del vecchio anno era rappresentata da un uomo coperto di pelli di capra, portato in processione, colpito con bacchette e chiamato Mamurio Veturio. Durante le Astanterie, passava il carro di colui che doveva restaurare il cosmo dopo il ritorno del Caos primordiale. In Babilonia, poco dopo l’equinozio primaverile, era ritualizzato il processo originario di fondazione del Cosmo, descritto miticamente dalla lotta del dio salvatore Marduk con il drago Tiamat. Durante queste cerimonie, si svolgeva una processione nella quale erano allegoricamente rappresentate le forze del Caos, che contrastavano la ri- creazione dell’universo. Si trattava di un periodo di passaggio di cui il transito degli astri era considerato la manifestazione. Nella processione vi era anche un carro a ruote sul quale stavano le Allegorie del dio Luna e del dio Sole.
Il noto storico delle religioni, Mircea Eliade, scrive nel saggio Il Mito dell’Eterno Ritorno: “Ogni Nuovo Anno è una ripresa del tempo al suo inizio, cioè una ripetizione della Cosmogonia”. I combattimenti rituali fra due gruppi di figuranti, la presenza dei morti, i Saturnali e le Orge, sono elementi che denotano che, alla fine dell’anno e nell’attesa del Nuovo Anno, si ripetono i momenti del passaggio dal Caos alla Cosmogonia. Più oltre, Eliade afferma che “allora i morti potranno ritornare, poiché tutte le barriere tra morti e vivi sono rotte (il Caos primordiale è ritualizzato) e ritorneranno, giacché in questo momento paradossale, il tempo sarà annullato ed essi potranno di nuovo essere contemporaneamente dei vivi. Le Cerimonie carnevalesche, diffuse presso i popoli Indoeuropei, Mesopotamici, nonché di altre civiltà, hanno, perciò, anche valenza purificatoria e dimostrano il “bisogno profondo di rigenerarsi periodicamente, abolendo il tempo trascorso e riattualizzando la Cosmogonia”. Eliade rileva, pure, che “la restaurazione del Caos primordiale, in quanto tale, precede ogni Creazione, ogni Manifestazione di forme organizzate” e che “sul livello cosmologico, l’Orgia corrisponde al Caos o alla pienezza finale; nella prospettiva temporale, l’Orgia corrisponde al Grande Tempo, all’”istante eterno”, alla non – durata. La presenza dell’Orgia nei Cerimoniali che segnano una visione personale del tempo, tradisce una volontà di abolizione integrale del passato mediante l’abolizione della Creazione. La “confusione delle forme” è illustrata dallo sconvolgimento delle condizioni sociali (nei Saturnali, lo schiavo è promosso padrone, il padrone serve gli schiavi; in Mesopotamia, si deponeva e umiliava il re, ecc.), dalla sospensione di tutte le Norme, ecc. Lo scatenarsi della licenza, la violazione di tutti i divieti, la coincidenza di tutti i contrari, ad altro non mirano che alla dissoluzione del Mondo – la Comunità è l’immagine del Mondo – e alla restaurazione dell’illud tempus primordiale (“quel Tempo”, “Il Grande Tempo mitico”), che è evidentemente il momento mitico del Principio (Caos) e della fine (Diluvio Universale o ekpyrosis, Apocalisse). Il significato cosmologico dell’Orgia carnevalesca di fine anno è confermata dal fatto che al Caos segue sempre una nuova Creazione del Cosmo. Il Carnevale si inquadra, quindi, in un ciclico dinamismo di significato mitico: è la circolazione degli Spiriti tra Cielo, Terra e Inferi. Il Carnevale riconduce ad una
dimensione metafisica che riguarda l’uomo e il suo Destino, la Primavera, quando la terra inizia a manifestare la propria energia, il Carnevale segna un passaggio aperto tra gli Inferi e la Terra abitata dai vivi (anche Arlecchino ha una chiara origine infera). Le Anime, per non diventare pericolose, devono essere onorate e per questo si prestano loro dei corpi provvisori: essi sono le Maschere che hanno, quindi, spesso un significato apotropaico, in quanto chi le indossa assume le caratteristiche dell’essere “soprannaturale”. Queste forze soprannaturali creano un nuovo regno della fecondità della Terra e giungono a fraternizzare allegramente fra i viventi. Alla fine, il tempo e l’ordine del Cosmo, sconvolti nella tradizione carnevalesca, sono ricostituiti (nuova Creazione) con un rituale che comprende la lettura di un “testamento” e il “funerale” del Carnevale, il quale spesso comporta il bruciamento del “Re del Carnevale”, rappresentato da un fantoccio (a volte l’immagine simbolo del Carnevale è annegato o decapitata). Tale cerimonia avviene in molte località italiane, europee ed extraeuropee. E’ interessante notare che vari significati cosmologici del Carnevale sono presenti anche nel Samhain celtico. (Trionfo di Bacco e Arianna – Anonimo Fiorentino) Nel XV e XVI secolo, a Firenze, i Medici organizzavano grandi mascherate su carri chiamati “trionfi” e accompagnate da canti carnascialeschi, cioè canzoni a ballo di cui anche Lorenzo il Magnifico fu autore. Celebre è il Trionfo di Bacco e Arianna, scritto proprio da Lorenzo il Magnifico. Nella Roma del governo papalino, si svolgevano invece la “corsa dei barberi (cavalli da corsa)” e la “gara dei zoccoletti” accesi che i partecipanti cercavano di spegnersi a vicenda.
La parola Carnevale deriva dal latino “carnem levare” (“eliminare la carne”), poiché, anticamente, indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. Quanto all’etimologia, il termine deriva da carne – (le) vare, con dissimilazione della seconda – r – in – l -, riferito alla vigilia della Quaresima, in cui era interdetto l’uso della carne. Le prima testimonianze dell’uso del vocabolo “Carnevale” (detto anche “carnevalo”) sono presenti nei testi del giullare Matazone da Calignano, alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi verso il 1400.
LA MASCHERA L’apparenza, il mistero, la persona La maschera, ornamento simbolico delle divinità, degli officianti, degli stregoni, o degli attori, è caratterizzata da un simbolismo ambivalente. In assoluto, essa ha la funzione di proteggere la persona per permetterle di agire impunemente, di conservare l’anonimato, la sua identità, o la sua neutralità. In questo senso, la maschera ha lo stesso significato del guanto, poiché impedisce di appropriarsi della conoscenza, della verità, del mistero. Per questo, nei riti iniziatici o mortuari, o anche in cerimonie religiose, gli officianti portano a volte una maschera per mostrare che essi intervengono solo in qualità di mediatori, di intermediari tra l’iniziato e la divinità, la terra e il cielo, il morto e l’aldilà. La relazione maschera – enigma è singolarmente illustrata dalla vicenda dell’uomo dalla maschera di ferro, misterioso prigioniero politico incarcerato nello chateau d’If e alla Bastiglia e ivi morto nel 1703. Vicenda che rivela soprattutto il fatto che la maschera intriga e affascina, ma in cui si può cogliere anche un altro aspetto, ossia che la maschera porta alla spersonalizzazione, all’annientamento dell’individualità, alla negazione della propria identità. (maschera greca) La maschera può anche celare la bruttura dell’anima del suo proprietario e le sue intenzioni malefiche, come la maschera del bandito o di certe creature demoniache. Come vale anche per la maschera di Carnevale, la persona, dissimulata sotto la maschera, ritrova una libertà assoluta.
“D’altronde, si noterà, che la Maschera della festa di Carnevale, generalmente brutta e ghignante, rappresentando le infime tendenze dell’essere, e con la funzione di velare il volto dell’individuo che la mette, è paradossalmente una perfetta rivelazione di ciò che nasconde in sé colui che la porta, ovvero, certe tendenze sepolte che egli abitualmente maschera, almeno per quanto possibile”. Di conseguenza, la maschera, se da un lato dissimula, dall’altro può avere paradossalmente una funzione rivelatrice. Essa offre, all’individuo, la piena libertà di fare sfogo a tutti i desideri repressi, compresi i più pericolosi e minacciosi per il proprio Io. (maschere romane) Ma, se dissimula il Male, la maschera può anche nascondere il Bene. Gli eroi dei tempi moderni sono spesso mascherati (Zorro, Batman, Spiderman, etc.) e il loro merito non ne risulta che aumentato, poiché, nascondendo la propria identità, essi rinunciano alla riconoscenza e, lungi dal gonfiare il proprio Ego, danno prova di esemplare umiltà. La maschera, in definitiva, ha sempre un ruolo sul piano dell’apparenza, della persona, del personaggio sociale, nascondendo – per ragioni positive o negative – il Sé, l’identità reale, la verità profonda. Essa evoca, di conseguenza, l’atteggiamento difensivo e ingannevole e solo quando cade, la persona appare in tutta la sua verità. (maschera cinese) L’espressione “togliere la maschera” indica, d’altronde, la messa a nudo, volontaria o forzata, che è la condizione per parlare e comportarsi in modo autentico. Nel teatro greco, romano, induista o cinese, portare la maschera di scena ha la funzione di bloccare le emozioni in modo permanente, di mettere l’attore nel suo ruolo, isolandolo dalla sua identità personale. La maschera è un indicatore della forza dei sentimenti e dell’implacabilità del Destino, come se l’individuo fosse fissato per sempre nel suo personaggio e nel suo registro emozionale.
(maschera tibetana) Le maschere teatrali, dai tratti marcati e ghignanti, accentuano, così, il riso, la tristezza, la collera, producendo nello spettatore una reazione forte, allegra, compassionevole o spaventata. Nel teatro cinese, i volti dipinti di rosso esprimono l’eroismo e il coraggio, mentre quelli dipinti di bianco, il tradimento e la meschineria.
I DOLCI DI CARNEVALE CENCI 400 gr di farina; 250 gr di zucchero; 30 gr di semi di anice; 4 uova; 1 pizzico di vanillina; 1 arancia non trattata; 1 bicchiere di vinsanto; 1 pizzico di sale; olio di semi di girasole o strutto; carbonato d’ammonio; zucchero a velo vanigliato. Lavate i semi di anice e bolli teli con il vinsanto per 1 minuto, quindi, lasciateli raffreddare coperti con un panno, scolateli, conservando il vinsanto. Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, unitevi le uova, il vinsanto tenuto da parte, lo zucchero, un pizzico di sale e impastate, incorporando la farina poco a poco. Quando avrete ottenuto un impasto omogeneo, aggiungete il carbonato d’ammonio, la vanillina e la scorza dell’arancia grattugiata (solo la parte gialla), quindi lavorate bene il tutto. Tirate con il matterello una sfoglia sottile, infarinatela, tagliatela a rombi, con un coltello o una rotellina dentata e friggete subito i “cenci” in abbondante olio (o strutto) bollente. Quando appariranno ben dorati, sgocciolateli con cura e disponeteli su carta da cucina ad asciugare. Prima di servirli, spolverizzateli con abbondante zucchero a velo vanigliato.
CROGETTI 1 Kg di farina; 400 gr di zucchero; 200 gr di burro; 10 uova; 2 limoni non trattati; 2 arance non trattate; 1 bicchiere di rum; 1 bicchiere di rosolio; 2 bustine di lievito vanigliato; 1 pizzico di sale; zucchero a velo vanigliato; olio di semi di girasole per friggere. Versate la farina a fontana sul tavolo da cucina o su una spianatoia, unitevi le uova, il burro fuso, lo zucchero, pochissimo sale, le scorze di limone e arance grattugiate (solo la parte gialla) e i liquori. Lavorate delicatamente il tutto e, non appena l’impasto inizierà ad amalgamarsi, aggiungete il lievito vanigliato. Continuate a lavorare fino ad ottenere un impasto omogeneo, quindi, stendete con il matterello una sfoglia non molto sottile, tagliatela in tanti rombi e friggete in abbondante olio bollente. Appena saranno ben dorati, sgocciolateli, poneteli ad asciugare su carta da cucina e serviteli spolverizzandoli con zucchero a velo. CARAMELLE FRITTE 250 gr di farina; 35 gr di burro; 2 uova; 30 gr di zucchero; ½ bustina di vanillina; 2 cucchiai di marsala; marmellata a scelta; zucchero a velo; olio per friggere. In una ciotola di media grandezza, mettete la farina, aggiungete 1 uovo e 1 tuorlo. Sbattete il composto, quindi, aggiungete il burro ammorbidito, lo zucchero, il marsala e la vanillina. Continuata a mescolare. Versate l’impasto su di una spianatoia e impastate il tutto energicamente per un quarto d’ora. Chiudete il panetto in uno strofinaccio e lasciatelo in un luogo fresco e asciutto a riposare per mezz’ora. Stendete la pasta in una sfoglia di mezzo centimetro, tagliate dei rettangoli di 10 cm x 5 cm circa, e al centro di ogni rettangolo ponete 1 cucchiaino di marmellata ed avvolgete la pasta su se stessa, dandole la forma di una caramella. Friggete le caramelle ben chiuse con abbondante olio caldo, girandole con un mestolo. Scolate le caramelle sulla carta da cucina quando saranno diventate dorate, cospargete con lo zucchero a velo e servite.
CHIACCHIERE LIEVITATE 10 gr di lievito di birra; 10 cl di latte intero; 230 gr di farina + quella per la spianatoia; 2 uova; 1 pizzico di sale; 30 gr di zucchero + zucchero a velo; 80 gr di burro; olio per friggere. Sciogliete il lievito di birra nel latte tiepido e lasciate riposare per 25 minuti a temperatura ambiente. Sbattete la farina, le uova, il sale, 30 gr di zucchero, il burro fuso ma freddo, il latte con il lievito. Lasciate lievitare per un’oretta in luogo tiepido. Riprendete la pasta, lavoratela, formate una palla e poi stendetela con un matterello sino ad avere uno spessore di 3 cm. Tagliate a rombi o in altra forma a piacere, lasciate poi lievitare su una placca infarinata per un’ora. Scaldate abbondante olio e friggete in due volte, circa 4/5 minuti, rigirandoli a metà cottura. Alla fine, dovranno essere ben dorate; scolatele e mettetele a perdere l’olio in eccesso su della carta da cucina. Spolverate con zucchero a velo e servite. FRITTELLE DI SAN GIUSEPPE 300 gr di riso originario; 100 gr di zucchero; 100 gr di farina; 1 litro di latte; 3 uova; 1 limone non trattato; 1 arancia non trattata; 1 pizzico di sale; olio di semi di girasole; zucchero a velo vanigliato. Mettete sul fuoco una casseruola con ½ litro di latte e tenete al caldo il rimanente in un altro pentolino. Portate a ebollizione, quindi, gettatevi il riso e un pizzico di sale e proseguite la cottura a fuoco moderato. Mescolate spesso e, di tanto in tanto, aggiungete l’altro latte, sino a quando il riso non sarà cotto e morbido. Levate poi la casseruola dal fuoco e lasciate che il riso si raffreddi. Quindi, unite le uova sbattute, la farina, le scorze grattugiate del limone e dell’arancia e mescolate con cura. Mettete sul fuoco una padella con abbondante olio e, quando sarà ben caldo, ma non bollente, gettatevi il composto a cucchiaiate. Friggete le frittelle facendole rosolare da ambo i lati, quindi, sgocciolatele e fatele asciugare su carta da cucina, quando saranno leggermente raffreddate, cospargete di zucchero a velo vanigliato. Alcuni preferiscono preparare il riso il giorno prima e lasciarlo riposare tutta la notte in un recipiente coperto.
STRUFFOLI 400 gr di farina; 4 uova; 50 gr di zucchero; 25 gr di strutto; 100 ml di anice; scorza di ½ limone grattugiata; scorza di ½ arancia grattugiata; sale; olio di semi. Per decorare: 400 gr di miele; confettini colorati; confettini argentati; 100 gr di arancia candita; 100 gr di cedro candito. Impastate bene la farina con le uova, lo zucchero, lo strutto, l’anice, le scorze grattugiate e un pizzico di sale. Lasciate riposare l’impasto per 1 ora, in una ciotola coperta. Reimpastate velocemente e stendete l’impasto formando dei bastoncini e tagliateli in pezzetti grossi quanto una nocciola e disponeteli sul tagliere ben infarinato e spolverandoli con la farina. Friggeteli un po’ per volta. Una volta cotti, tirateli fuori e poneteli in un piatto con carta da cucina. Preparate poi il miele versandolo in una pentola abbastanza capiente e facendolo scaldare a bassa temperatura, sino a quando non si sia liquefatto. Versatevi dentro gli struffoli e mescolateli delicatamente per impregnarli bene. Prendete un piatto da portata, adagiarvi gli struffoli e cospargerli con i confettini e la frutta candita. Servite quando il miele si sarà rassodato.
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