Le parole - scrigno Barbara Rubino1

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Le parole - scrigno Barbara Rubino1
Barbara Rubino1

                        Le parole - scrigno
                                come i cerchi nell'acqua

                            Un'onda non cade nell'acqua dall’esterno, ma proviene direttamente dall'acqua
                                   senza separarsene; scompare e torna all'acqua da cui ha tratto origine
                                                           e nell'acqua non lascia la minima traccia di sé.
                                                                                         Sic et simpliciter.

                                                           La trama nascosta è più forte di quella manifesta
                                                                                                    Eraclito

  Le parole, alcune in particolare, sono come degli scrigni preziosi, racchiudono so-
gni, ricordi, idee. Accarezzano come l'acqua che abbraccia senza stringere.
   La forza delle parole risiede nel loro significato, nel tempo che richiede assaporar-
lo, nel susseguirsi di associazioni mentali che evoca.

1 Docente di Scienze motorie presso il Liceo Scientifico Statale “G. Ferraris” di Varese.

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Le parole - scrigno Barbara Rubino1
Le parole contengono sfumature che vanno ben oltre la definizione vera e propria,
assumono implicazioni diverse e forse anche significati differenti, a seconda del
background culturale individuale e/o a seconda della propria Weltanschauung2.
   L’intento di questo piccolo studio è quello di dimostrare, tramite solo alcune di
quelle parole che io definisco parole-scrigno, l'amore autentico per la conoscenza e la
ricerca in tutte le sue forme e risvolti «per ricuperare il senso positivo dello studio,
non inteso come raccolta di nozioni ma come elaborazione critica del sapere.»3
  Gianni Rodari nel seguente racconto illustra il potere creativo e di liberazione che
può avere una parola (Rodari, 1973, 7):
          «Il sasso nello stagno.
          Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua
        superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea,
        la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascu-
        no per conto proprio, nella propria pace, sono come richiamati in vita, obbligati a
        reagire, a entrare in rapporto tra loro. Altri movimenti invisibili si propagano in pro-
        fondità, in tutte le direzioni, mentre il sasso precipita smovendo alghe, spaventando
        pesci, causando sempre nuove agitazioni molecolari, Quando poi tocca il fondo, som-
        muove la fanghiglia, urta oggetti che vi giacevano dimenticati, alcuni dei quali ora
        vengono dissepolti, altri ricoperti a turno dalla sabbia. Innumerevoli eventi, micro
        eventi, si succedono in un tempo brevissimo.
          Non diversamente la parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie
        e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua
        caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che
        interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal
        fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene
        continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distrug-
        gere.»

   Il potere della parola, la fascinazione di un termine che dal suo etimo originario
consente di viaggiare in una sorta di ricerca che, se si volesse, potrebbe risultare
infinita.
    Uno dei termini-scrigno che cattura immediatamente coloro che ne vengono a con-
tatto è serendipità.
   Già il suo suono si rivela carico di esotismo creando un effetto magico o mistico
dal quale ci si sente affascinati come in una sorta di sortilegio.
   La serendipità più che un concetto da definire (ogni sorta di definizione, anche se
necessaria, è di per sé limitante specie per alcuni termini) è da considerare una “apti-
tude” che dovrebbe permeare in particolare i giovani ma anche chi si pone con una
mentalità scevra da sovrastrutture: gli spiriti liberi.

2   Visione del mondo, concezione della vita propria di un individuo.
3   Umberto Eco, “Come si fa una tesi di laurea”, Feltrinelli.

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Si potrebbe paragonare al pensiero laterale4 che rispetto a quello verticale5 non sot-
topone le scelte al vaglio critico della razionalità, ma permette all’energia psichica di
fluire liberamente. E' una modalità nella quale le combinazioni avvengono in modo
fortuito, è la presenza casuale in un ambiente di stimoli appropriati ad evocare nuove
associazioni: così due idee che non hanno legami possono essere messe insieme per-
ché gli oggetti che evocano queste idee possono per caso trovarsi insieme
nell'ambiente.
   In questo modo si è in grado di creare un nuovo rapporto d’azione con il mondo
esterno attraverso la "sintesi magica" di cui parla Silvano Arieti (1979). L’emisfero
destro coglie la realtà come una “arborescenza”: vale a dire che intorno, per esempio,
ad una parola convergono associazioni di altre parole, altre immagini.
   Parlare della serendipità, e non solo, è uno dei modi di voler/dover appassionare ed
indagare paradossalmente ed un tantino ironicamente sulla importanza del caso nella
nostra vita e sul valore della cultura.
   La serendipità è un termine che nasconde una sottile magia perché significa “tro-
vare in modo inatteso (anche se non fortuito) ciò che non si sta cercando, ma che
spesso si rivela essere molto importante”.
  Si tratta di non piegare la realtà alle nostre esigenze, ma piuttosto di assecondarla
come “una bottiglia aperta sott'acqua e riempita dal fluire delle cose”6.
   La serendipità è una parola strettamente connessa con i concetti di casualità, desti-
no, apertura al nuovo e all'imprevisto.
    Per capire la provenienza di questo neologismo riprendo l'origine storica alla quale
si fa riferimento testualmente da Wikipedia.
  Il termine fu coniato Horace Walpole che lo usò in una lettera scritta il 28 gennaio
1754 ad H. Mann, un suo amico inglese che viveva a Firenze.
    Horace Walpole fu ispirato dalla lettura della fiaba persiana “I Tre prìncipi di Se-
rendippo” di Cristoforo Armeno in cui si narra del re e filosofo dello Sri Lanka - Se-
rendip, l'antico nome persiano di Ceylon - che, per educare i figli, impose loro di par-
tire per un viaggio al termine degli studi.
   Il racconto narra dei tre prìncipi i quali descrivono situazioni e vicende non vissute
ma che, attraverso l’osservazione, il caso e l’intuito, riescono a far credere (e convin-
cere) di aver vissuto; i tre protagonisti descrivono le scoperte come intuizioni dovute
sì al caso, ma anche allo spirito acuto e alla loro capacità di osservazione non tanto
della realtà in sé ma del mondo ad essa sottostante.

4 Edward de Bono, Lateral Thinking, soluzioni alternative–creative nell’affrontare un problema.
5 Soluzioni razionali - sequenziali nell’affrontare un problema.
6 J. W. Goethe da “Viaggio in Italia”.

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Incontrando questa parola, perché anche in riferimento a delle parole si può pensa-
re che si tratti di incontri, inevitabilmente, sorge spontaneo chiedersi il significato
stesso di caso.
    Nella lingua italiana il termine caso7 è soggetto ad utilizzi vari (come del resto i
suoi sinonimi: casualità, episodio, coincidenza, evenienza, evento, eventualità, fatali-
tà, fato, fortuna, frangente, imponderabile, ipotesi, occorrenza, possibilità, probabilit-
à, vicenda, combinazione, faccenda, questione, fatto, circostanza, situazione, accadi-
mento, destino, traversia, congiuntura, problema, imprevisto, momento, emergenza,
occasione, ecc.) tale da far pensare all'insita difficoltà che il termine ha per una sua
definizione concettuale che sconfina con l' irrazionalità propria di un avvenimento
concepito comunemente come fuori dal controllo della ragione umana.
   Sorge spontaneo chiedersi: una singola azione può determinare in modo impreved-
ibile il futuro?
   Nella metafora della farfalla si immagina che un semplice movimento di molecole
d'aria generato dal battito d'ali dell'insetto possa causare una catena di spostamenti di
altre molecole fino a scatenare un uragano.
    «Può il batter d'ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?» fu il
titolo di una conferenza tenuta da Edward Lorenz8 nel 1972.
    Può un contrattempo cambiare il corso della nostra esistenza?
   Forse alcuni di noi, inconsciamente, si augurano che ciò avvenga, quasi a sottende-
re una preponderanza del caso rispetto al libero arbitrio.
   In fondo il pensare che la nostra esistenza e tutto ciò che la caratterizza possa di-
pendere solo da noi stessi, o dalle nostre scelte fa presupporre una tale considerazione
di se stessi da sconfinare, nella peggiore delle ipotesi, in un malcelato senso di onni-
potenza.
   Ritornando alla serendipità, già al suo esordio, essa ha dunque una connotazione
fortemente legata al viaggio (cfr. la fiaba dei tre prìncipi).
  E applicata al viaggio diventa la capacità di assecondare gli imprevisti, un’arte che
dovrebbe permeare ogni appassionato di avventure.
   Avventura, altra parola-scrigno, evocatrice di fantasie infantili e che richiama terre
lontane. Si rivela strettamente connessa al termine serendipità se ricondotta al suo si-
gnificato originale dal latino “ad ventura”, le cose che verranno e che quindi non si
conoscono.
   Assecondare il caso, trovare un senso nelle coincidenze, rallentare, svoltare, diva-
gare, tornare indietro, fermarsi, fare il vuoto.

7 Significato tratto da Wikipedia.
8 Edward Lorenz- diagramma - (forma della farfalla ) delle equazioni differenziali -comportamento caotico
  generato dagli attrattori

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Lasciare insomma spazio alle cose perché accadano. Una logica apparentemente
opposta a quella occidentale, fatta di programmazione, organizzazione e obiettivi da
raggiungere. In realtà anche molte scoperte scientifiche importanti sono state fatte per
caso mentre si stava ricercando altro.
   Sin dagli anni Settanta, dopo la pubblicazione de "Il caso e la necessità" di Jacques
Monod, il "caso" è stato un argomento che ha suscitato numerosi dibattiti in ambienti
scientifico-filosofici.
   Monod sottolinea il carattere di casualità degli eventi naturali presente al livello
del codice genetico. Infatti, poiché gli organismi sono considerati come sistemi chiusi
e quindi le trasformazioni che si riscontrano nella struttura del DNA non possono es-
sere causate da interazioni dell’organismo con l’ambiente, le modifiche del DNA non
possono che essere frutto del caso. Tuttavia, una volta avvenute, esse verranno inevi-
tabilmente – e necessariamente – riprodotte e tramandate alle generazioni successive.
Ogni programma genetico è quindi il prodotto di caso (le mutazioni) e necessità.
   Recentemente hanno visto la luce alcuni saggi che hanno confermato l'interesse
prodotto da questo argomento.
   A differenza della maggior parte di questi lavori che mirano a sostenere la non esi-
stenza del caso, Giuseppe Santochirico ne “Il caso: tra scienza e filosofia”, l'autore
propone un punto di vista inedito, che offre l'opportunità di leggere la realtà che ci
circonda non secondo i limiti dettati dalla scienza, quindi interpretandola "in labora-
torio", ma tenendo conto del "vissuto" che ci caratterizza.
   Oltre a essere indicata come sensazione – attitudine, la serendipità quindi indica
anche il tipico elemento della ricerca scientifica, quando spesso scoperte importanti
avvengono mentre si stava ricercando altro: ricordate C. Colombo? cercava le Indie,
per trovarsi poi a scoprire l’America.
   Il concetto di serendipità/casualità delle scoperte scientifiche fa presupporre, in
contrapposizione al metodo dell'indagine sistematica, che in ogni scoperta, come del
resto in ogni aspetto della vita reale, deve essere insito qualche elemento di casualità.
Altro termine che si associa spesso al caso è il destino - che imponderabilmente
scompagina e confuta i nostri calcoli, riesce a smentire tutte le nostre previsioni ad
annientare tutti i nostri presagi. E non ha nulla a che fare né con le fortune né con le
disgrazie, che sono semplicemente appunto fortuite e che quindi appartengono al
caso. Anche se abbiamo contribuito noi stessi nemmeno in questi casi ci possiamo
esimere.
    Sulla teoria del caso, Emanuele Severino afferma:
           «Il caso è da intendere come una nuova dimensione concettuale che lascia spazio
        all'imprevisto, all'evento inaspettato. La teoria del caso, sotto qualsiasi forma si mani-
        festi, prende in considerazione anche l'aspetto della spontaneità come variabile appli-
        cativa. L'assenza di regole non deve essere interpretata come assenza di impostazione,
        ma come la consapevolezza che certi fenomeni, con gli stessi presupposti di base, si
        possono manifestare in infiniti modi differenti».

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Ricercare quindi, commettere errori anche e non solo nella ricerca, perché parados-
salmente, come i fautori della serendipità affermano, è proprio dagli errori, cioè sba-
gliando, che ci imbattiamo in scoperte interessanti.
   Parlare della serendipità ed in particolare dei significati ad essa sottesi comporta, a
mio avviso, specie per chi opera in certi ambiti, incentivare l'attività intellettuale che
può alimentarsi solo con il sapere e l'amore per la cultura, non si potrà scoprire nulla
su di noi se non si scopre qualcosa al di fuori di noi ed il concetto è strettamente in-
tercambiabile.
   L'augurio è rivolto a chi non teme lo stupore e l'emozione che accompagnano co-
loro che amano ricercare, per rapportarsi nei confronti del sapere con modalità nuove,
per andare oltre le conoscenze fini a se stesse o vissute con finalità utilitaristiche.
  Conoscere per sapere e poter affrontare con resilienza9 (altro termine-scrigno) le
avversità della vita, senza perdere la motivazione a risolverle.
   Aprirsi al nuovo, assecondare la capacità di osservare e di ascoltare con la giusta
audacia, senza quel genere di timore che impedisce la meraviglia di fronte all’appari-
re casuale del nuovo e che altrimenti non riconosceremmo affatto.
   E sbagliare strada senza sentirsi smarrito e scoprire realtà interessanti che lasciano
tracce indelebili e importanti per affrontare un nuovo cammino.
          «In fondo siamo ignari della via scritta nelle nostre tasche e in quelle altrui è meglio
        quindi lasciare che i grandi spazi ci angoscino, ci facciano sentire completamente ine-
        saudibili, inappagati, persi, curiosi in modo che sia l’agorafobia a guidarci.»10
  E non correre mai il rischio di trasformarci, al di là degli approfondimenti accade-
mici, in analfabeti delle emozioni.

9 La capacità di superare i momenti critici. La Resilienza può essere paragonata alla risalita - resalio- dei tor-
renti da parte dei salmoni (Domenico Di Lauro, epistemologo).
10 Estratto da recensione Qlibri per Non so niente di te di P. Mastrocola.

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Bibliografia

Massimo Mongai, Serendipità: istruzioni per l'uso, Robin, 2007
J.P. Guilford, Creativity, American Psychologist, 1950
Jaches Monod, Il caso e la necessità, Mondadori, Milano 1997
Domenico Di Lauro, La resilienza - la capacità di superare i momenti critici e le av-
versità della vita, Feltrinelli
Emanuele Severino, Legge e caso, Adelphi, 1979
Paola Mastrocola, Non so niente di te, Einaudi, 2013

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