Numero quattro .Quella nostalgia di paesi sconosciuti, quell'angoscia della curiosità " Charles Baudelaire - www.lespleen.it
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“..Quella nostalgia di paesi sconosciuti,
quell’angoscia della curiosità…”
Charles Baudelaire
numero quattro
www.lespleen.it
1Editoriale_________________ Il cibo dunque è parte insopprimibile della
nostra vita, anche quando non c’è: molti
Nutrimenti ricorderanno “fame”, la novella di Knut
Rocco Ruggiero Hamsun, scrittore norvegese dei primi del
novecento che descrive il mondo visto
attraverso la lente della fame.
Diceva San Tommaso: “Non c’è niente nella Il cibo genera sempre storie anche quando
nostra mente che prima non sia stato nei non c’è, come tutto nella vita e allo stesso
nostri sensi” perché è attraverso di essi che modo può dare salute ma può anche fare
noi facciamo esperienza del mondo e dunque ammalare esattamente come i pensieri, che
costruiamo la nostra personale possono darci la felicità o diventare
visione della vita. Noi, dunque, non un’ossessione.
“abitiamo” il nostro corpo, noi Proprio per quell’osmosi continua tra
“siamo” il nostro corpo. A lungo lo corpo e mente, tra fisico e spirituale,
avevamo dimenticato ma oggi che non è possibile interrompere mai,
finalmente quella consapevolezza noi non ci nutriamo di solo cibo.
l’abbiamo ritrovata: non è possibile Ci nutriamo anche di sogni, di
separare la spiritualità dalla ricordi, di parole dette e di parole non
corporeità perché si determinano a dette, ci nutriamo delle emozioni che
vicenda e non è possibile ci appagano o che ci lacerano, di
interrompere quest’osmosi continua. quelle emozioni che a volte viviamo
Il cibo allora non nutre solo il nostro attraverso il cibo o che chiediamo al
corpo e noi non ci nutriamo solo di cibo. cibo di aiutarci a contenere quando sono
Poiché le cose stanno così il cibo è molto di laceranti. Come facciamo con i sogni.
più di quello che mangiamo: custodisce in sé Ci nutriamo di storie raccontate nella notte
una grammatica essenziale comune a tutti gli davanti a un caffè oppure affidate a del cibo
uomini, costituisce un linguaggio che mangiato insieme oppure ricordate quando
custodisce e ripropone valori essenziali per la siamo soli e un profumo ci avvolge o
vita e visioni del mondo, accoglie creatività e ritroviamo un sapore dimenticato o quando
voglia di stare insieme, ci protegge nei ci torna in mente un antico pensiero
momenti di disorientamento. E se rifiutiamo d’amore, un’immagine rubata in viaggio.
il cibo, in qualche modo, rifiutiamo noi Perché ci nutre tutto ciò che ci fa essere vivi.
stessi. E, come si sa, per essere vivi non basta non
essere morti!
In questo numero
Editoriale Scoperte
Nutrimenti Vento di Buenos Aires
Kurdistan: dispacci dal fronte iracheno
Storie
Voracità Riscoperte
La rosetta Birra scura e cipolle dolci
Il retrogusto delle cortecce L’isola di Sachalin
Sapore di sale
Specchi Visioni
Il Pasto nudo
Inversi
A tavola Chi l’ha scritto
Luoghì
Sotto il cielo di Tor Pigna
2Storie_____________________ male fisico – paure, dialoghi immaginari,
desideri –, a una sazietà che opprime il petto
Voracità fino a far mancare il respiro.
Fuori mi aspettano. Mi risollevo. Mi lavo la
Daniela Vadacca faccia. Non ho voglia.
Un altro biscotto ancora e già sento la pelle
Non ho le parole. Non ho parole che affiorino dilatata. Potrei scoppiare in un’esplosione di
sulla lingua, che scuotano le mie corde aria, cibo e viscere. Ho paura. Porto la colpa
vocali. Ho solo suoni mai nati, pensieri di potermi procurare la morte.
soffocati nel turbinio della mente. Se non ti parlo, amico, è perché sono tutta lì,
Avrei tante cose da dire e da mostrare, se ripiegata sulla mia pancia piena.
solo qualcuno infilasse la sua mano decisa
nella mia gola e da lì si muovesse su e giù, Mastico e ingoio, mastico e ingoio ancora più
una mano endoscopica che afferrasse tutto velocemente perché di mangiare non ho più
l’imploso dello stomaco e lo riportasse al voglia. Ma devo pur finire questa scatola
mondo: ecco, questa sei tu. iniziata, devo poter buttare questa busta
È una stanza grande, questa. Dentro c’è di quando l’avrò svuotata.
tutto. Soprattutto il Se non ti cerco, amico, è perché
troppo che non riesco a non conosco agio. Un oggetto
buttare. I muri una fuori posto, una domanda
volta bianchi inopportuna, un’esistenza
conservano i segni delle trasparente. Non aspettarmi
diverse disposizioni dei fuori, aspettami dentro. Entra,
mobili: manie di prova a darmi consistenza. Io
spostamento e di sono la battuta che non risulta
cambiamento che spiritosa, quella pensata e detta
soddisfino il quando il discorso è ormai
momentaneo ordine superato, quella che irrigidisce
visuale. È una stanza in un sorriso forzato i presenti.
che risucchia, che Sono gonfia. Sono oltre la
impigrisce, una stanza sazietà. Sono oltre il sentire.
che sequestra. È buia. Porto il mio stordimento come
Due scappatoie, l’una di compagno di letto e aspetto che
fronte all’altra: una mi chiuda gli occhi, occhi chiusi
finestra con affaccio su altri muri grigi e uno su lenzuola bianche (e le macerie intorno).
spiazzo anonimo in cemento; una porta che Passano i minuti, conto le ore, calcolo quelle
conduce al bagno e alla cucina. Mi muovo che mancano al mattino. La testa va, anche
come un animale inquieto che cerca la se cerco di trattenerla. Le gambe si
trappola che lo autorizzi a restare fermo. irrigidiscono. Ma ancora resistenze di vita
Dieci cucchiai di zucchero questa notte. Un lottano contro pene tiranne, mi afferrano da
pacco di biscotti prima di andare a letto, dentro, accelerano i ritmi, sbattono contro le
dopo cena. Pezzi di formaggio presi a morsi pareti del corpo e poi ritentano, mi
all’alba. sfiniscono, ritornano, resistono ancora e si
È un modo per rallentare quei vortici frantumano, si ricompongono, prendono la
mentali, per appagarli. Non dovrò così rincorsa, riprovano, vogliono uscire,
preoccuparmi della loro incomunicabilità, scappare, gridare.
della mia incapacità di trasformarli in Ho fame di riconoscimento, ma non lo
espressione, della fatica che comporta il ammetto. Oso voracità solo col cibo. È il
tentare di ascoltarmi. Tutto si riconduce a un linguaggio che mi è stato consegnato, la mia
coccola divoratrice da ragazza per bene.
3Storie_____________________ Ma Gino non sta piangendo per suo padre!
È lecito commuoversi anche per una piccola
creazione fatta con piccoli gesti attenti, che
La rosetta in passato da ragazzo si era limitato solo a
Giulia Ciccotti osservare, non osando interrompere la
magia, così la chiamava, compiuta da Egidio.
Non aveva avuto il coraggio di imparare il
mestiere fino a quella notte eppure sapeva,
fin da quando aveva aperto la saracinesca del
panificio, che stanotte sarebbe stato il
momento giusto.
«Gino scusa ma è quasi l’alba e hai prodotto
solo un misero pezzo di pane?» gli chiede
Amir e Gino sorride
«Non capisci che questa rosetta è speciale
perché come ingredienti ha amore e
passione?» «Chi ci sfamerai con un solo
panino, su impastane altri.» L’egiziano lo
invita a velocizzare le operazioni, ma Gino sa
che il fortunato che mangerà quella rosetta,
nutrirà non solo il suo stomaco ma anche il
suo cuore.
«Questa sì che è una rosetta perfetta!» Gino
la guarda con profonda soddisfazione mentre
se la rigira tra le mani: è un panino ben
dorato e lievitato, ha superato ogni
aspettativa. È del tutto probabile che,
a uno sguardo distratto del cliente di
turno, questa rosetta sembrerà
simile a tutte le altre che
hanno sempre riempito lo
scaffale del panificio di suo
padre. La sua rara bellezza,
però, sta nel fatto che
è stata
impastata con
amore e passione
e soprattutto che è stata
la prima volta che ne ha
preparata una.
«Il mio primo impasto» ripete
con compiacimento Gino a
se stesso, mentre gli occhi
gli si fanno lucidi.
È al negozio dalle 2,30 e
ora è quasi l’alba, assieme a lui c’è Amir, il
panettiere egiziano aiutante di suo padre,
che invece ha già infornato quattro teglie di
pizza e sfornato chili e chili di pane. Il
nordafricano guarda Gino che piange e pensa
che le sue lacrime siano dovute alla morte
improvvisa di suo padre che era per tutti
Egidio il fornaio.
4STORIE___________________ accompagnato, in modo inesorabile, da un
senso di atavica vergogna.
- Tutto questo per un innocente e
Il retrogusto delle cortecce gustosissimo dolcetto? - vi starete chiedendo.
Rita Speranza Beh si. Certo la mente umana è strana.
Il fatto è che la sola vista delle cortecce mi
riporta a una sera di autunno della metà
degli anni ‘70. A quella sera in cui mio padre
Sono stata una bambina fortunata. Sono voleva farmi contenta e me ne aveva portato
figlia del boom economico. Non ho conosciuto un intero vassoio. Tutto e solo per me.
la fame. Il mio bisogno di cibo è stato E si che ero stata felice. Ogni bambino lo
soddisfatto prima ancora che potessi sentirlo. sarebbe stato al pensiero che il papà si era
A differenza dei miei genitori. Loro avevano preso il disturbo di andare apposta nella
vissuto la guerra. Avevano usato una tessera pasticceria dove facevano le cortecce più
e fatto lunghe file per accaparrarsi la razione buone della zona per comprargliene un po’.
di pane nero e polvere di piselli che spettava E tutti i genitori della mia generazione, oggi
loro. Mio padre la odiava la polvere di piselli. disarmati da figli ben più esigenti e
Ha continuato a rifiutarsi di mangiarla nei pretenziosi, godrebbero della gioia di una
suoi peggiori incubi per tutta la vita. bambina che scarta la “guantiera” di cui
Si, sono stata proprio una bambina pregusta il contenuto. E che, poi, con
fortunata. I miei genitori non avrebbero mai l’acquolina in bocca per la golosità della
permesso che io soffrissi delle loro stesse visione, si lecca le labbra e fa ruotare la
privazioni. Sono cresciuta con merendine di punta dell’indice sulla guancia.
pan di spagna farcite e ricoperte di Io ero quella bambina!
cioccolato. Con biscotti di croccante pasta Mi vedo come se stesse accadendo in questo
frolla ripieni di crema al latte. Con caramelle momento. Seduta al tavolo in formica della
alla frutta e lecca lecca coloratissimi e cucina. Con un pigiama rosa con le farfalle
dolcissimi. E neanche mi sono venute le stampate, il mio preferito. I capelli che
carie. ricadono sulle spalle arruffati e
La mia infanzia non ha conosciuto sera
d’estate senza un gelato del fresco rosa della
fragola o del rosso passione dei gelsi; né una
domenica senza l’accogliente morbidezza di
bignè alla crema e profiteroles alla panna.
Eppure, quando ritorno all’infinito mare di
dolcezze della mia età dell’innocenza, a volte
mi capita di respingere a fatica un certo
retrogusto amaro, che, partendo dalla gola,
inonda tutto il palato.
A dire il vero, questa sgradevole sensazione
ritorna ogni volta che nella vetrina di una
pasticceria scorgo le cortecce.
Forse non sapete neanche cosa sono le
cortecce o, forse si, ma le chiamate in modo
diverso.
Le cortecce sono quei deliziosi dolcetti dalla
forma concava impastati di mandorle,
nocciole, albume d’uovo e zucchero, ricoperti
da un generoso strato di cioccolato fondente.
Si trovano soprattutto nel periodo natalizio,
ma ci sono alcune pasticcerie specializzate disordinatamente ricci. Un sorriso che, anche
che li sfornano tutto l’anno. adesso, quando è sincero, mi dicono che
Erano i miei dolci preferiti. E ancora lo parte dagli occhi prima che dalle labbra. Una
sarebbero, se non fosse per quel retrogusto manina che cerca la corteccia più grande e
amaro. E per quell’inesplicabile moto di con più cioccolato.
ribellione che si accende subito dopo,
5Mio padre, però, per qualche ignota ragione, Qualche volta ho pensato che volesse
non capì il mio entusiasmo. ricordarmi che le sue attenzioni e il suo
Mi sembrò smarrito e mi avvolse nel suo affetto erano un dono che mi veniva concesso
smarrimento. e non potevano, né dovevano, costituire
Gridò qualcosa. oggetto di una mia pretesa.
Non ricordo esattamente le parole. O, forse, temette di riconoscere i segni di una
Ma me ne è rimasto il senso: il mio schiavitù dal corpo e dal desiderio che
comportamento era indecoroso, dovevo andava bloccata sul nascere.
vergognarmi!
Non ricordo neanche se mangiai almeno una Quasi sicuramente pensava che non
corteccia, prima che me le facesse mettere da mostrare le emozioni fosse una lezione
parte. importante di un’ educazione che potesse
So solo che fu allora che avvertii per la prima dirsi “buona”.
volta quel retrogusto amaro. Non saprò mai la verità.
Non ho mai capito perché quella volta si È troppo tardi.
arrabbiò tanto. Ora mio padre non è più qui perché possa
Forse gli avevo fatto rivivere lo spettro della chiederglielo.
sua fame. Quella sera mi limitai a ricacciare lo
O, forse, aveva provato un senso di fallimento sgradevole retrogusto e molte lacrime senza
di fronte a quella che dovette sembragli una avere il coraggio di dirgli “Perché?”
mia fame insaziabile, malgrado e a dispetto Allora non ero abituata a fare domande.
del benessere quotidiano che mi assicurava. Ero stata educata solo a dare risposte.
6Storie____________________ uno spettacolo così tanto atteso durante
l’inverno romano.
Ai primi di giugno, quando le scuole
Sapore di sale chiudevano per le vacanze estive, Antonio
Antonio Mannello partiva insieme alla madre per andare a
trascorrere i mesi estivi nella casa dei nonni
in un paese della costa Ionica della Calabria,
ma quella volta viaggiava da solo, la madre lo
avrebbe raggiunto in seguito; lo aveva
Il treno era fermo sui binari che in quel tratto accompagnato alla stazione Termini
rasentavano la costa, il mare era lì, a poche affidandolo ad una conoscente che viaggiava
decine di metri e il piccolo Antonio, osservava sullo stesso treno.
ipnotizzato il lento sfumare delle onde. Era La donna seduta di fronte a lui lo guardò
l’alba e gli altri passeggeri sembrava con aria rassicurante e a bassa voce gli
dormissero, avevano trascorso tutta la notte domandò se stesse bene, Antonio annuì e
in viaggio e l’aria in quella cabina odorava di riprese a guardare quel mare che a tratti era
chiuso e di cibi consumati. Attento a non far più vicino e poi si riallontanava. I compagni
rumore Antonio si alzò e , come se stesse di viaggio che dalla sera prima, quando il
facendo qualcosa di vietato, piano piano treno aveva lasciato la stazione Termini,
iniziò ad abbassare il finestrino. avevano scambiato solo poche parole di
circostanza offrendosi l’un l’altro i cibi che
Ad ogni cigolio del vetro che scendeva, si portavano da casa, avevano iniziato una
fermava e si girava a controllare che nessuno specie di dialogo:
si fosse svegliato; continuò quella manovra - Dove andate? Da dove venite? Ah! Io a
fino a quando non avvertì sul volto il leggero Torino tengo un parente.–
venticello che veniva dal mare, sporse la Antonio continuava a guardare fuori ma
testa fuori e respirò profondamente quella ascoltava con curiosità quei discorsi, non
fresca brezza marina, incurante delle lacrime perché fossero interessanti ma perché
che iniziavano a inumidirgli gli occhi saturi ritrovava il dialetto che aveva lasciato l’estate
di aria stantia. Rimase affacciato per pochi dell’ anno prima. A casa sua, a Roma, né la
minuti, poi, quando il treno lentamente si madre né il padre parlavano in calabrese e
mosse, richiuse il finestrino e si risistemò quell’ultima parte del viaggio, con la luce di
sulla panca di legno, appena in tempo per prima mattina che ravvivava i colori di quei
vedere una nuvola di vapore scorrere al di là paesaggi e quel modo di parlare così diverso
del vetro. Poche centinaia di metri e il treno dall’accento romanesco, era una sorta di
entrava nella piccola stazione abbellita da traghettamento, non solo fisico, verso il posto
piante di gerani e lunghe siepi di oleandri. delle sue estati, quasi un breve esercizio
Qualcuno dei passeggeri, che prima propedeutico alle tanto attese vacanze.
sembravano dormire, adesso era in piedi già
coi bagagli in mano; gli altri, quelli che Era contento! Era contento perché aveva
proseguivano il viaggio, si sistemavano più vinto le paure della sera prima, quando
comodamente occupando lo spazio lasciato ancora doveva affrontare quel suo primo
libero. Qualcuno si lamentava per le troppe viaggio da solo, era contento perché il buio
attese: c’erano ancora diverse stazioni dove il della notte era passato, era contento perché
treno si sarebbe fermato prima di arrivare nei non aveva perso e aveva ancora in tasca le
rispettivi paesi di destinazione e anche se le cinquecento lire che la madre gli aveva dato e
distanze erano ormai piccole, sapevano che che dovevano bastare per comprarsi i
avrebbero impiegato altre ore, su quella ghiaccioli, i gelati meno cari, per tutta
ferrovia che spesso obbligava i treni a l’estate, era contento perché si era riempito
fermarsi, nei pochi tratti a doppio binario, gli occhi di mare.
per consentire il transito delle Littorine che
viaggiavano nella direzione opposta. Alla stazione lo aspettava il nonno. Lo
Antonio aveva dieci anni e non si riconobbe guardando dal finestrino già prima
domandava il perché di quelle soste così che il treno si fermasse: giacca nera poggiata
ravvicinate. Non aveva fretta di arrivare, gli sulle spalle, cappello anch’esso nero a falde
piaceva quello che vedeva fuori dal finestrino: larghe e l’immancabile sigaro Una sagoma
mare blu e spiagge lunghissime, scura su quella pensilina abbagliata dal sole.
7La casa dei nonni stava nella prima
campagna fuori del paese, all’incirca quindici
minuti a piedi. Durante quel tragitto non
scambiò altre parole col nonno, ma osservò
con avidità strade, vicoli, persone, molte delle
quali riconosceva; fu come un percorso di
reinserimento e quando arrivò a casa si
sentiva di nuovo parte di quel paese.
Una volta a casa, quasi sfuggì agli abbracci
della nonna e della zia: era impaziente di
andare a vedere i buoi che stavano
pascolando. Sotto gli occhi del nonno si
avvicinò lentamente a uno di essi, sapeva
come fare: non doveva spaventarli. Iniziò ad
accarezzarne uno sulla fronte e il bue mosse
Gli andò incontro portando la borsa che la le orecchie all’indietro, segno che gradiva e
madre gli aveva preparato. Dentro c’erano i Antonio, presa confidenza, estese la carezze a
vestiti per l’estate: un paio di pantaloncini tutta la testa fino ad raggiungere quella
corti, una maglietta a righe colorate, una specie di pappagorgia pendula sotto la gola,
canottiera, un paio di mutande, un costume che caratterizza i bovini. La palpò e gli diede
da mare di quelli di tela azzurra con il laccio dei leggeri colpi a mano aperta per farla
bianco su un lato, come le stringhe delle ondulare: quel gesto era il suo usuale saluto
scarpe e un paio di sandali che lui sapeva a quegli animali che ricambiavano con
che non avrebbe mai indossato perché qualche ruvida leccata sulle braccia, ma
avrebbe camminato a piedi nudi come tutti i quella volta il bue non ricambiò e nonostante
suoi amici. Antonio insistesse a offrire il suo braccio,
Il nonno gli mise una mano sulla spalla e fino a poggiarlo sulla bocca del bue, non
accostò le guance alle sue; c’era quasi ebbe il risultato che si aspettava.
imbarazzo in quel gesto, non era abituato alle Si rivolse al nonno e disse:
tenerezze. Prima di allontanarsi, Antonio “Non mi riconosce!”
salutò con la mano la signora che, affacciata “Domani ti riconoscerà, quando tornerai dal
al finestrino, l’aveva seguito con lo sguardo e mare e sarai più salato!” Rispose il nonno.
con lo sguardo lo aveva consegnato a quel In quel primo giorno di vacanza Antonio
signore; con un cenno reciproco del capo si imparò che con quelle strusciate di lingua,
salutavano e sancivano l’avvenuto passaggio che sembravano strusciate di carta vetrata, i
di responsabilità. buoi non manifestavano alcun sentimento,
Sul piazzale della stazione Antonio non vide il come lui credeva: erano solo ghiotti di
carro trainato dai buoi con il quale salsedine!
solitamente il nonno andava ad accoglierli.
Quella volta viaggiava da solo e non c’erano
molti bagagli da trasportare; i buoi erano
rimasti impastoiati, a pascolare nel campo,
gli disse il nonno che notò la sua delusione,
ma aggiunse: “Spetta dumani che jamu
pi’ssusu u caricamu i balli i hjenu, capiscisti o
tu scurdasti u calabrisi?” Antonio fece sì con
un cenno della testa. Aveva capito, non lo
aveva dimenticato il calabrese: all’indomani
sarebbero andati, col carro dei buoi, a fare
un carico di balle di fieno in un terreno,
verso la montagna.
8Storie_____________________ posato lo zaino, ti dico una cosa: l'orizzonte
si vede anche dalla tua finestra. La linea tra
cielo e mare vive anche grazie ai tuoi desideri
Specchi e ti aspetta dietro quegli alberi. Non c'è il
Fabio Volpe buio oltre la siepe, guarda bene tra i rami, e
ascolta con gli occhi quello che ti sta
dicendo. Ti sembrerà di inseguire un puntino
Mi chiedi come sto e ti rispondo con un che si allontana quando lo guardi e che ti
sorriso. Non dico niente e so che mi capirai aspetta quando prendi fiato. È la vita, amico
perché siamo cresciuti insieme. Mi conosci, mio, e quando la linea sparisce nella spuma
non puoi prenderla come una mancanza. È del mare o dietro le montagne, non pensare
un pensiero buono quello che mi sfiora ma che sia finita perché continua negli occhi di
perderebbe la sua bellezza se sbagliassi le quelli che ci
parole. Ti osservo e mi chiedo che fine fanno credono e alimenta l'arcobaleno. Mi hai
le frasi non dette, i baci non dati e le chiesto come sto. Non ti dirò la verità,
chiamate non fatte. Si perdono per sempre o perdonami, ma ti proteggerò e quando
restano sospese? Mi piace pensare che da penserai di non farcela, quando ti sentirai
qualche parte ci sia un luogo pieno di lettere solo o quando crederai che sia tutto inutile,
galleggianti, milioni di pensieri scritti con la resta per qualche secondo con il naso all'insù
penna blu su foglietti gialli o lezioni d'amore e scoprirai che dietro le nuvole c'è sempre il
che profumano di inchiostro alla fragola. sole. Fissa un punto davanti a te e per un
Guardi i miei occhi come se stessi attimo, diventa il marinaio del tuo mare,
farneticando, non mi capisci ma se ti dovessi osserva l'orizzonte come un punto di
spiegare con esattezza quello che intendo, le partenza, non come un confine, attraversalo
vedrei tutte lì quelle parole, sulla linea tra senza paura e troverai una scala tra mare e
cielo e mare, di fronte a te. Proprio lì, dove tu cielo che ti guiderà verso i nostri sogni. Non
disegni la notte. Sembra irraggiungibile, forse sarà facile e quando l'ultimo gradino ti
lo è, ma solo per chi si arrende. È fatta di sembrerà il più scuro di tutti, non mollare,
riflessi, guardala bene e ti ci specchierai guarda l'orizzonte e punta lontano; scegli un
dentro. È fatta di occhi, infiniti occhi come i colore, allunga il braccio e prenditelo. Non
tuoi che si perdono a pelo d'acqua in attesa aver paura di cadere perché io sarò lì a
di scorgere quel desiderio nascosto che guardarti dall'arcobaleno, sarò lì a suggerirti
custodisci da tempo e che ti fa stare male. È le parole giuste e a fare luce sui tuoi passi.
fatta di sogni, tanti sogni realizzabili, infranti Resisti, apri gli occhi e guardati intorno:
o ancora da esprimere, che si abbracciano resta poco della notte e il sole sta già
centimetro dopo centimetro e corrono liberi inondando l'orizzonte.
insieme ai tuoi pensieri. È fatta di luce. Mi
piace pensare che in quel luogo
magico non ci sia posto per la
notte che ti fa tanta paura. Mi
piace pensare che quel posto
sprigioni la forza per issare lo
zaino sulle
spalle e continua viaggiare, che
contenga la
tenacia per continuare a
sperare o la voglia per
raggiungere una meta che
rimane astratta per chi dice che
è inutile provarci. E se credi di
non farcela, se ti senti come
quelle persone che hanno
9INVERSI
A tavola
Lucia Bacci
Quando entra
il dolore nell'anima mia,
si siede volentieri a
tavola con me.
Non è mai solo
ma porta con sé
altrettanto affamati
compagni.
Una vogliosa solitudine
mi sta accanto,
un famelico orgoglio
mi versa nel bicchiere
gocce di amara essenza;
e un silenzio ormai sazio
canta nenie mute e
inascoltate.
E a questo banchetto sono
invitata
ogni volta che spargo sul
mio cuore
un sale amaro
quando, digiuna delle tue
carezze,
volutamente ignoro,
amore mio,
il vuoto del tuo posto.
10Luoghi____________________ volte per caso, attraversando la sterminata
periferia ai margini della città; poi scopri, con
sorpresa, che non è periferia dell’anima, non
Il cielo sopra Tor Pigna è periferia delle idee; tutt’altro: ne è motore,
Paolo Chirafisi ne è fucina.
Uno di questi luoghi l’ho incontrato e pian
piano conosciuto ed apprezzato: si chiama
“Taverna curdo meticcia”; siamo a Roma Est,
Esistono luoghi dove il pane e l’acqua, per Tor Pignattara, provincia dell’Impero, ma non
precisa scelta, non vengono monetizzati, non provincia dell’uomo. Ed è uno di quei luoghi
vengono quindi ceduti in cambio di denaro; che genera buone vibrazioni, cui le persone
perché sono considerati, in qualche modo, prestano l’orecchio quando vengono qui a
sacri. Sono, ad ogni latitudine, beni mangiare; un luogo generatore di idee che a
essenziali per la vita delle persone e pertanto volte ci restano dentro, aggrappate con le
nessuno dovrebbe esserne privato, per unghie ai nostri cuori fragili, spesso affacciati
alcuna ragione. Sono nutrimento basilare per sull’abisso, pericolosamente in bilico.
il corpo, ma anche nutrimento simbolico per
ogni popolo, per ogni religione e per ogni Poi queste idee si alzano con noi, quando alla
cultura. fine del pasto ci alziamo dalla generosa
Esistono luoghi dove circolano buone idee, tavola, ed iniziano a camminare con le nostre
che sembrano rivoluzionarie, ma sono stesse gambe; vanno in giro, si diffondono
soltanto di buon senso e soprattutto umane, come piccoli semi dispersi dal vento
molto umane. primaverile ed a volte fanno nascere incerti
Esistono luoghi dove in pochi secondi si può germogli dentro altre persone e dentro altri
apprendere un’etica dell’esistenza profonda e cuori; forse un giorno diventeranno frutti
disarmante per quanto è semplice ed ovvia: maturi.
non si specula sul pane e non si specula
“Viviamo tutti sotto lo stesso cielo”, disse una
sull’acqua.
volta Konrad Adenauer, un illustre
Il guadagno, naturalmente, è un giusto
governante tedesco, “ma non tutti abbiamo il
corrispettivo del lavoro e dell’ingegno ed
medesimo orizzonte”.
anche il profitto, fino ad una certa misura,
può esserlo poiché ripaga il rischio di Quando uscirete da qui, alzate gli occhi e
impresa; ma a tutto questo deve esserci un guardate in alto: il cielo sopra Tor Pignattara
limite, sempre e comunque: i bisogni non vi sembrerà diverso da altri, ma
essenziali della persona. forse il vostro orizzonte si sarà
allargato e sarà pronto per
Esistono luoghi dove tutto contenere un pezzettino in
ciò viene riconosciuto e più di consapevolezza e
praticato; luoghi che di comprensione per il
incontri a vasto mondo intorno a
noi.
11Scoperte_________________ Se vuoi conoscere davvero un posto, una
città è questo che devi fare perché è l’unico
modo per capire che cosa c’è dietro quelle
“Vento di Buenos Aires” case, quelle strade, quella gente sconosciuta:
di Andrea Attardi che cosa c’è lì che altrove non c’è.
scoperto da Rocco Ruggiero Per capire perché quella città, quel posto,
quella gente ci attrae. Sennò la fotografia di
un palazzo fotograferà solo un palazzo, non ci
sarà nessuna storia e, come scriveva
Hemingway: “Se in una scena succede solo
quello che succede siete nella merda!”
Vale per i romanzi ma vale per il cinema, per
“Ho trascorso le ore della sera negli autobus, la pittura e, più che mai, per la fotografia.
insieme a donne, vecchi e ragazzi, Questo Andrea lo sa bene: io so che lo sa
scambiandoci birra, caramelle e noccioline perché gli sono amico da moltissimi anni e
tostate e ascoltando milonghe di Carlos perchè ogni volta con le sue fotografie riesce
Gardel: nessuno dei passeggeri sembrava a raccontarmi qualcosa che io non sapevo
arrivare mai alla sua destinazione”. ancora.
E successo anche con la sua ultima
pubblicazione “Vento di Buenos Aires”
pubblicato da Postcart.
Perché dopo aver viaggiato in lungo e in largo
per il mondo proprio Buenos Aires riesce a
mangiargli un anno di vita (perché venti
viaggi sono un anno di vita dice Andrea)?
Perché attraverso quei racconti è riuscito a
fissare in una fotografia il carattere profondo
di una città che non si lascia conoscere dal
semplice turista, come un’amante che si
svela solo a chi dimostra di amarla: lo so da
quello che mi dicono quelli che a Buenos
Aires ci sono stati da turisti.
E così sfogliando il libro di Andrea (dico libro
perché non ci sono solo le sue fotografie ma
anche il suo racconto) ho colto anch’io, in
qualche modo, quelle atmosfere dense e
sconosciute, perlomeno per me che a Buenos
Aires non ci sono mai stato.
E’ riuscito a farmi intuire qualcosa di una
città che forse non vedrò mai e lo ha fatto
nell’unico modo possibile: facendomi
percepire con nettezza la trama nascosta che
fa di quelle immagini una storia.
12Scoperte_________________ alcuni nomadi decisero di divenire stanziali
trasformandosi nei primi agricoltori della
storia; qui furono seminati i primi chicchi di
“Kurdistan, dispacci dal grano e furono cotte sul fuoco le prime forme
fronte iracheno” di Claudio di pane che sfamarono popolazioni sempre
più numerose; qui sorsero i primi
Calia insediamenti urbani del pianeta e con essi la
scoperto da Paolo Chirafisi scrittura, la poesia, la letteratura, le leggi.
Le persone che si presentano davanti agli
occhi di Claudio vestono i panni più diversi:
Ci sono storie che vengono da lontano e forse l’italiano che per sei mesi l’anno fa il clown
per questo appaiono sfocate ai nostri occhi negli ospedali pediatrici più disastrati del
euro-occidentali. A ben vedere, però, spesso pianeta; il rifugiato sfuggito all’Isis che da
quelle storie sono più vicine a tutti noi di senso ai suoi giorni di esilio forzato
quanto, a prima vista, non sembri. impegnandosi nel volontariato oppure
Ci sono alcuni popoli che hanno poche l’attivista politico curdo di lungo corso,
risorse, infrastrutture precarie e tecnologie critico verso la scarsa democrazia del paese.
vetuste; ma hanno coraggio ed hanno Tutto è molto più sfaccettato rispetto al
speranza. classico schema buoni/cattivi o bianco/nero;
Ci sono altri popoli che hanno maggiori vi sono ampie zone di grigio, tranne una,
risorse ma vivono oppressi dalla paura; un sulla quale sono tutti unanimemente
sentimento pericoloso che, se abilmente d’accordo: la barbarie insensata portata dal
nutrito giorno dopo giorno, può arrivare a Daesh, quello che noi occidentali chiamiamo
trasformarsi in una bestia feroce che tutto stato islamico o Isis. Due milioni di profughi,
divora e fagocita: intelligenza, umanità, sfuggiti alla violenza integralista, sono stati
cultura, visione del futuro. accolti con spirito di fratellanza in questa
Nel suo reportage a fumetti, esempio di regione; ed ecco che qui l’inversione di ruoli,
graphic journalism, Claudio Calia ci racconta da vicenda individuale tra Claudio ed i suoi
la storia del suo viaggio nel nord dell’Iraq, allievi, si fa paradigma collettivo del nostro
dove si è recato nel 2016 su invito tempo.
dell’associazione di volontariato “Un ponte Tra tutte le vicende graficamente raccontate
per…”, impegnata da anni a ricostruire pezzi da Claudio, una che mi ha colpito riguarda la
di società civile nei paesi più turbolenti del sorte del popolo yezida: un’antichissima
Medio Oriente e del Mediterraneo. comunità fedele ad un suo particolare credo,
Claudio sbarca nella regione autonoma del pacifico e molto tollerante; forse proprio per
Kurdistan iracheno alla fine di giugno, per questo ha già subito un feroce genocidio nel
insegnare l’arte del fumetto ai ragazzi dei corso dell’ottocento ed ora ne sta subendo un
centri giovanili sostenuti da quella secondo. A Lalysh, dove secondo la tradizione
Associazione; nel suo breve tour tra Erbil, nacque Abramo, sorge il santuario più
Donuk e Suleymanya incontra le persone più importante per la religione yezida; per loro
disparate e, come spesso capita in contesti questo è “il luogo dove è nata la luce”; ma
difficili e complessi, i ruoli a volte si oggi di luce per gli yezidi in Iraq ce n’è ben
invertono: l’allievo diventa maestro e poca: il loro futuro è molto incerto e
viceversa. raccontano a Claudio di sentirsi “come
Succede così che Claudio riceva da queste agnelli tra i lupi”.
terre lontane esempi di convivenza tra Un altro luogo simbolico del viaggio è il
culture, etnie e religioni diverse; succede che villaggio Al Qosh, uno dei pochi a
riceva testimonianze di come si possa avere maggioranza cristiana; qui il nostro reporter
un comune pensiero rivolto al domani, si reca in visita al monastero di “Notre Dame
gettando ponti sopra fossati d’odio del des Semences” cioè nostra signora dei semi.
presente e del passato. Nome curioso per un posto in pieno deserto.
Anche attraverso la cultura; anzi, soprattutto Ma può accadere che i nomi nascondano un
attraverso la cultura che nelle mani di senso non immediatamente manifesto, un
Claudio si fa tratto disegnato, narrazione per significato profondo che non si afferra da
immagini in grado di entrare con subito; a volte le impressioni devono lievitare
immediatezza e trasversalità nei cuori e nelle a lungo, come il pane, per avere consistenza;
menti di tante persone. a volte le suggestioni devono fermentare con
Del resto, occorre ricordarlo, siamo nella calma, come la birra, per acquistare corpo.
terra tra i due fiumi, dove nacque la civiltà;
fu appunto qui, tra il Tigri e l’Eufrate, che
13Così quando leggo che qui i monaci, con
l’aiuto di “Un ponte per…” stanno
digitalizzando i loro antichissimi manoscritti
in aramaico, la lingua di Cristo, per sottrarli
al rischio di distruzione, mi viene una sorta
di folgorazione: eccoli i semi, le semences,
che stanno piantando per tutti noi; salvare il
passato dell’uomo e la sua antica cultura per
mezzo della tecnologia moderna; eccolo il
punto di incontro tra occidente ed oriente,
tra sapienza antica e tecnologia moderna.
L’ultima tappa del viaggio di Claudio è a
Suleymanya, città multiculturale e multi-
religiosa; la si potrebbe considerare la
capitale culturale del popolo curdo, poiché
proprio qui fu scritta la prima grammatica in
lingua curda.
Poi, quando le ultime ombre della sera si
allungano sulla Mesopotamia ed il viaggio di
Claudio volge al termine, restano come
scolpite nella pietra le parole pronunciate da
padre Jaques Mourad, monaco della
comunità di Mar Musa fondata in Siria da
padre Paolo Dall’Oglio; parole che ancora
oggi, suonano come un monito: “È la paura
la strada più sicura per arrivare al disastro”.
Scacciamo quindi ogni paura immotivata dai
nostri cuori, fardello inutile che non merita il
sostegno delle nostre spalle; leggeri e
consapevoli, ci incamminiamo lungo un
sentiero di impegno e comprensione
reciproca.
14Riscoperte________________ In questo senso insegna qualcosa a chi vuole
cimentarsi nella scrittura: non su come si
costruisce una trama perché lui non è mi
stato un maestro del plot, anzi: “Io non
“Birra scura e cipolle dolci” di lavoro con la trama. Lavoro con l’intuizione,
John Cheever la percezione, i sogni, i concetti. La trama
implica la narrazione e un sacco di stronzate”
Riscoperto da Rocco Ruggiero così rispondeva alla Paris Review nel 1976.
John Cheever è considerato Cheveer con la sua
uno dei maggiori scrittori scrittura può insegnare
statunitensi del novecento: a osservare, a rendere
nell’arco della sua carriera quel che c’è in modo
ha scritto oltre centoventi preciso, suggestivo e
racconti oltre a un romanzo non giudicante.
di un certo successo “The Questa qualità emerge
falconer”. con maggiore evidenza, è
Come giustamente annota possibile “isolarla”
Christian Raimo: “Da soprattutto nei suoi
scrittore sapeva che non c’è racconti giovanili, che
nulla nel mondo intorno a essendo ancora ingenui
noi che non valga la pena di e poco “maturi” proprio
esser raccontato”. E lui lo ha per questo rendono più
fatto, a modo suo. evidente questo tratto.
Cheveer piuttosto che un “La capacità di cogliere i
narratore è un dettagli, quella di dar
“contemplatore”, della forma alle cose facendo
natura e delle persone, ed è appello a
per questo che, nei suoi un’immaginazione di
racconti, colpiscono tipo eidetico, ecco cosa
soprattutto i dettagli, riconosce il lettore in
descritti con sobrietà ed questo Cheever”, annota
accuratezza. Raimo.Sta in questo il
valore della riscoperta di
questa raccolta.
15Riscoperte________________
Al tempo, Sachalin era amministrata
interamente dall’impero russo e
“L’isola di Sachalin” quest’ultimo vi aveva instaurato delle
di Anton Pavlovič Čechov colonie penali in cui i deportati
affrontavano le più dure condizioni per
riscoperto da Enzo Truppa
garantirsi la sopravvivenza, con lo Stato
che si limitava a soddisfare solo le
Alzi la mano chi pensa che un libro necessità più basilari dei detenuti e dei
scritto con finalità di censimento della coloni: erano infatti diverse le pene
popolazione possa avere qualcosa di comminate, si andava dal semplice esilio
interessante… e non c’è da meravigliarsi con la possibilità di stabilire una propria
se tutte le vostre mani hanno continuato attività e famiglia sull'isola (coloni) fino
serenamente a fare ciò in cui erano già all'ergastolo in carcere (detenuti),
impegnate. Eppure, se a scrivere tale passando per i lavori forzati (deportati).
libro è un autore che passerà alla storia Sotto alcuni aspetti il libro
come uno dei più assomiglia ad un vero e
grandi commediografi proprio diario di viaggio,
di fine ‘800, è facile dato che l’autore nel periodo
immaginare che la della sua permanenza –
lettura non sarà così circa 3 mesi – cerca di
noiosa come c’è da visitare quanti più villaggi
aspettarsi. possibile in tutti e tre i
Sachalin è un’isola circondari amministrativi
dell’estremo oriente stabiliti dall’amministrazione
russo a lungo di Mosca, verificando le
disputata tra l’impero condizioni di vita della
zarista russo e il popolazione, con tanto di
Giappone e i motivi che dettaglio su quanta terra e
spinsero Anton quante bestie poteva contare
Pavlovič Čechov a ogni famiglia, a quali
partire per questa condizioni climatiche
destinazione sono stati toccava sopravvivere, quali
a lungo investigati e erano le condizioni di salute
dibattuti da molti dei locali e tutta una serie di
critici letterari – basti altre informazioni che
pensare che lo stesso Un giovanissimo A.P.Čechov l’autore ha raccolto sul
scrittore non era in prima della partenza per campo. Čechov passa gran
possesso di un Sachalin, nel 1890 parte del suo tempo con
permesso quando vi malfattori, assassini,
arrivò. Ma, per sua fortuna, questo gli fu stupratori, ladri e delinquenti delle
rilasciato immediatamente e non ebbe peggiori risme, ma tutti si dimostrano
alcun problema a girare liberamente più che disposti a fornirgli le
quasi tutti i villaggi da poco impiantati. informazioni delle quali é in cerca. La
Nell’anno 1890, al momento della visita figura sensibile del letterato, distinta da
dell’isola, Čechov non era ancora quella del burocrate che avrebbe potuto
trentenne, era da poco laureato in fare qualcosa di simile, emerge anche
medicina e perseguiva la carriera da dalla sua capacità di descrivere quali
medico; aveva sì pubblicato già dei fossero gli stati d’animo dei residenti,
racconti e tra le opere teatrali il solo quali le loro paure, aspettative, quanto la
“Ivanov” aveva visto la messa in scena, madrepatria mancasse loro e come
ma era sicuramente lungi dall’essere uno riuscissero a trovare dei nuovi significati
scrittore affermato come lo conosciamo alla vita cui erano stati destinati. Non
oggi. manca l’occasione anche per
16l’approfondimento antropologico sui Hollywood, le conquiste del Far West
popoli autoctoni dell’isola, gli ainu e i americano, ma in pochi sanno che tra
giljaki (oggi nivchi). XVI e XVIII secolo ha avuto luogo in
Certo, se un tale libro fosse stato scritto Siberia una storia altrettanto epica, in
da qualcuno dotato di scarsa sensibilità cui cercatori di fortuna, delinquenti e
letteraria, molto probabilmente una soldati hanno iniziato ed esplorare e
tabella Excel oggi potrebbe facilmente conquistare un territorio semi-disabitato
sostituirne la lettura anche per e che oggi costituisce una delle più
semplificare l’analisi dei dati, ma come si grandi ricchezze della Russia grazie alle
scoprirà in seguito le capacità di sue riserve di materie prime. L’attenzione
scrittura di Čechov erano già allora ben del lettore può essere conquistata da
sopra la norma e, dati a parte, diversi aspetti: il libro può essere un
quest’opera si presenta come una delle modo per approfondire la storia
pochissime fonti a nostra disposizione – dell’Estremo Oriente russo sino a fine
cioè tradotta in lingua italiana – per XIX secolo, un modo per conoscere quale
conoscere la storia della colonizzazione era l’organizzazione statale zarista e le
del Dal’nij Vostok, o Estremo Oriente, da condizioni di vita in un territorio a molti
parte della Russia. Tutti conosciamo sconosciuto o si presenta come un
abbastanza bene, grazie a letteratura e insolito testo per scoprire un lato
sconosciuto del noto scrittore russo.
Una foto di detenuti dell’isola di Sachalin scattata durante il viaggio di A.P.Čechov
17Visioni____________________ Erano gli anni’90 e usciva al cinema “Il Pasto
Nudo”: bene, c’è già qualcosa di più chiaro,
l’articolo determinativo, che nel romanzo non
“Il Pasto Nudo” (David c’è: così “Pasto Nudo” diventa “IL Pasto
Cronenberg, 1991) Nudo”. Molto bene.
visto da Roberto Codini
Il Pasto: il film
L’Anti-Pasto: il romanzo Difficile sintetizzare la trama, perché il
romanzo, in realtà, non ne ha una vera e
“Sento sul collo il fiato caldo della Legge, li propria. Il film, invece, una trama ce l’ha. Ed
sento che fanno le loro mosse, piazzano pupe è più o meno questa.
diaboliche come informatori e canticchiano Lo “sterminatore” di scarafaggi William Lee
davanti al cucchiaino e al contagocce che scopre che sua moglie Joan si droga con la
butto via alla fermata di Washington Square, polvere gialla utilizzata per uccidere gli
salto un cancelletto girevole, scendo a insetti. Quando Lee è arrestato per possesso
precipizio due rampe di scale di ferro, prendo di stupefacenti, viene portato in
la metropolitana in direzione uptown…Una commissariato in stato di allucinazione: qui
checca con l’aria da pubblicitario, giovane, vede un agente segreto sotto forma di uno
carino, capelli a spazzola, targato Ivy League, scarafaggio gigante, che gli assegna la
mi tiene aperta la porta. Evidentemente sono il missione di uccidere Joan, la quale sarebbe
suo tipo”. una spia, e di recarsi nell’Interzona (situata a
Ho sempre pensato che lo scrittore fosse in Tangeri) per scrivere un rapporto per una
un certo senso un “drogato” e che la scrittura misteriosa Organizzazione.
desse in qualche modo dipendenza. La La storia, come si sa, è autobiografica. Lo
scrittura non è una droga che si assume sterminatore infatti uccide la moglie perché
dall’esterno ma una droga che nasce da loro giocano al Guglielmo Tell: lei si mette in
dentro, ti inebria e, in alcuni casi, ti rende testa un bicchiere e lui deve sparare al
dipendente. Forse è anche per questo che bicchiere, solo che colpisce in piena fronte la
decisi di acquistare “Pasto Nudo” di William moglie. Quando ho raccontato questa scena
Burroughs - lo scrittore della “Beat a mia moglie le ho detto: “e se io ti mettessi
Generation” che passò alle cronache per aver questo bicchiere in testa e poi sparassi tu ti
ucciso accidentalmente la moglie mentre fideresti?” E lei: “Ma sei pazzo?” “…” “…”
giocava al Guglielmo Tell - uno scrittore “…ma lo sai quanto costano questi
molto discusso che si drogava non in senso bicchieri???” E dire che pensavo di essere io
metaforico ma era realmente dedito al il comico di casa.
consumo di stupefacenti. E si vede! Avevo Dunque, torniamo al film. Siamo negli anni
pensato nel temerario tentativo di dare un ’90, a Roma, il cinema è il Fiamma, glorioso
senso a quello che stavo leggendo. Niente. cinema attaccato alla felliniana Via Veneto, lo
Non sto capendo niente. Pensavo. E subito stesso cinema dove Nanni Moretti in “Caro
mi è venuta in mente la folgorante battuta di diario” andrà a vedere “Henry pioggia di
Nanni Moretti quando in “Io sono un sangue” e in qualche modo, come vedremo,
autarchico”, mentre legge il Capitale di Marx c’è una correlazione. È pomeriggio e con mia
esclama: “ma qui non sto capendo niente! Ma grande sorpresa la sala non è vuota. Ci sono
fosse che ho sbagliato ideologia?” almeno una quindicina di spettatori. Chissà
Finché non arriva David Cronenberg. Il se hanno letto il romanzo. Chissà se sanno
regista di “Videodrome”, de “La mosca”, di quello che li aspetta. Se è per questo, penso,
“Inseparabili”. Uno dei miei favoriti. Non mi non lo so neanche io. Il film inizia. Lo
sembrava vero. Lo sapevo! Un genio pazzo “sterminatore “ Lee viene portato negli uffici
può essere compreso solo da un altro genio della polizia perché sospettato di essere uno
pazzo, ancora meglio se ancora più genio e spacciatore della “polvere gialla”, la polvere
forse più pazzo. Finalmente qualcuno che che serve per ammazzare gli scarafaggi ma
aveva capito Burroughs. Finalmente che in realtà è una potente droga
qualcuno che aveva avuto il coraggio di allucinogena e di cui è proprio la moglie la
filmare l’infilmabile, di tradurre in cinema un principale consumatrice. I due poliziotti lo
delirio letterario. lasciano da solo nella stanza con uno
scatolone. “Vediamo se la polvere funziona”,
dice quello cattivo dei due. Dallo scatolone
esce uno scarafaggio gigante, che comincia a
18parlare a William. Gli dice di essere un macchina nel senso di uomo-automobile, nel
agente dell’Interzona, che lui è in pericolo e bruttissimo “Crash” (che uscirà qualche.
che deve uccidere sua moglie, perché sua anno dopo), nel quale uomini sex-addicted si
moglie è una spia. William prende una ecciteranno con gli incidenti stradali. Fu
scarpa, fa a pezzi l’insettone e scappa quella l’unica volta che, rimasto
inorridito. In sala qualcuno strabuzza gli praticamente solo in sala, avrei voluto
occhi, qualcun altro ha lo sguardo davvero uscire dal cinema.
catatonico. Probabilmente non hanno letto Qui invece la macchina è la macchina da
Burroughs. Ma cosa pensavano di andare a scrivere e “Il Pasto Nudo” è un film sulla
vedere, un film Disney? Penso io in un delirio scrittura. La scrittura come fuga dalla realtà,
snobistico. La verità è che sono perplesso come fuga dalla depravazione e depravazione
anche io. E anche piuttosto sconvolto. Ma il essa stessa. Lo scrittore non è padrone ma
bello deve ancora venire. William si reca dal deve relazionarsi con la sua macchina, una
Dott. Benway, uno psichiatra a capo del sorta di protesi mistica del corpo mortale. È
Centro per il Ricondizionamento della lo stesso Burroughs a spiegarlo: “uno
Repubblica per la Libertà, specializzato nel scrittore può scrivere soltanto di una cosa: di
recupero di tossicodipendenti e criminali, che quello che c’è davanti ai suoi sensi al
distribuisce la “carne nera”, una sostanza momento di scrivere…”, si limita ad essere
ricavata dalla polvere di millepiedi asiatici uno “strumento di registrazione” della realtà.
che annulla l’effetto della polvere gialla.
Insomma una droga come antidoto ad
un’altra droga. Lo sterminatore cammina per
Los Angeles sotto l’effetto dell’allucinogeno, si
imbatte in alcuni scrittori gay che tentano di
sedurlo. Già, perché in questo film gli
scrittori sono tutti omosessuali. E tutti
drogati. Un tizio (uno scrittore?) lo abborda e
lo ammonisce che per scrivere il suo rapporto
ci vuole una macchina da scrivere speciale.
In una valigetta c’è una “Clark Nova”
portatile dotata di una “risonanza mistica”.
Dovrà scrivere con quella. Il film prosegue in
un susseguirsi di incontri al bar con creature
mostruose e sessualmente attive, con
l’omicidio accidentale della moglie (anche se
Una scena del film di David Cronenberg del
“non esistono incidenti”, come gli dice il suo
misterioso interlocutore) e con l’incontro con 1991
la sosia della moglie, che sedurrà con la
complicità della macchina da scrivere. Già, la Queste cose, ammesso che le abbia capite
macchina da scrivere. E io che credevo fosse davvero, le ho capite dopo, a mente fredda,
un dettaglio. Invece no. È lo stesso ragionando e riflettendo su quello che avevo
Cronenberg, con l’aiuto di Burroughs, a letto e su quello che avevo visto. Il film invece
spiegarcelo: “scrivere può essere pericoloso è stato uno shock, tra scarafaggi giganti,
ma il pericolo viene dalla macchina”. lucertoloni dalla lingua biforcuta, mostri nel
Insomma, se vuoi scrivere devi scegliere la corpo e mostri nella mente. Un delirio vero e
macchina adatta o meglio è la macchina a proprio. “Il Pasto Nudo”, pensavo, non è un
sceglierti, a guidarti, a drogarti. È la droga film sulla droga, è LA DROGA, un
che ti fà vedere le macchine come mostruosi inquietante e contorto delirio allucinogeno
scarafaggi, come insetti e come creature per stomaci forti. Non a caso negli antichi
mostruose e lascive. Il rapporto tra il corpo e Blockbusters veniva catalogato nella sezione
la macchina è un tema caro al regista “Horror”.
canadese, c’era in “Videodrome” (dove l’uomo Quando uscii dal cinema avevo più o meno la
si fonde, non solo idealmente, con la stessa espressione di Nanni Moretti in “Caro
Televisione), ci sarà in “ExistenZ” (dove diario”, appunto, e anche io avrei avuto
vedremo un game-pod che si connette voglia di torturare un critico cinematografico,
direttamente alla spina dorsale, altro che proprio come aveva fatto lui, leggendogli
Playstation!) e poi c’è il rapporto uomo- alcuni brani di sue recensioni; e c’era anche
“Il Pasto Nudo di Cronenberg, puro pus
underground ad alto costo…un vero cult-
movie”. Il critico, però, in fondo aveva
19ragione. Anche se “le parole sono pagina bianca. Non so esattamente se lo
importanti”, il film di Cronenberg era scrittore debba essere un drogato ma deve
destinato a diventare un cult-movie. E un essere quantomeno un fumatore, vuoi
film quasi obbligatorio per chi voglia fare lo mettere! Al massimo si può aggiungere una
scrittore. O per chi voglia, definitivamente, birra ghiacciata (da bere rigorosamente e
rinunciarvi (“lascia stare di fare lo scrittore e direttamente dalla lattina) e una tazza di
fila via di qui. È meglio”). Perché, si dice nel caffè nero, perché il rischio consapevole di
film, se vuoi diventare scrittore e fare cardiopatie favorisce l’ispirazione.
carriera, devi sperare in una “cospirazione”. Ma torniamo alla digestione. E cominciamo
dal significato di “Pasto Nudo”: l’espressione
La Digestione pare fosse stata suggerita all’autore
dall’amico scrittore Jack Keruac per indicare
Oggi, riscoprendo questo complicato film a il boccone sospeso sulla punta della
distanza di quasi trent’anni, posso dire di forchetta, l’istante prima di venire fagocitato.
averlo digerito, di avere digerito quel “Pasto” La chiave per comprendere (e per “digerire” il
che mi sembrava così pesante e indigesto. pasto) non è tanto il cibo, o meglio la droga
Come molte esperienze traumatiche, anche come cibo, come nutrimento ma piuttosto la
questa, in fondo, mi ha fatto bene e mi ha scrittura.
aiutato a comprendere, anche se ogni tanto Con il trascorrere degli anni, forse anche
penso che forse sono semplicemente perché “ho visto cose che voi umani non
impazzito in via definitiva. Io infatti non sono potete neanche immaginare…”, il racconto
solo un lettore ma un bulimico letterario, un incomprensibile e spiazzante del libro e le
compulsivo della narrazione, che per anni ha immagini orrorifiche e angoscianti del film
tratto nutrimento da “droghe pesanti” quali hanno assunto contorni più sfumati,
la letteratura e il cinema, al punto tale da insomma non mi angosciano più, non mi
desiderare di fare l’attore prima e lo scrittore fanno più paura ma lasciano il posto ad una
poi. Da piccolo volevo fare l’attore e solo per più rilassata consapevolezza: il linguaggio è
la strenua opposizione di mia madre Piera l’arma di distruzione che lo scrittore prima ed
mio padre, Mario, non mi iscrisse ad una il regista poi usano nei confronti del lettore,
scuola di recitazione. Crescendo, e proprio come fa lo sterminatore con gli
abbandonando qualunque velleità sportiva scarafaggi. La parola non è più il veicolo di
(ero un tennista discreto ma solo da connessione tra gli esseri umani ma è una
ragazzino, poi sono entrato nella spirale del sorta di “nuovo linguaggio” quello che gli
calcetto e ho un po’ galleggiato in qualche autori tentano di esplorare: lo ha fatto e lo
piscina ma lo sport non fa per me) e musicale farà ancora Cronenberg, a proposito del
(anche per colpa della mia professoressa di quale si è efficacemente parlato di “nuova
musica che alle medie mi ha fatto odiare quel carne”. Se si supera la parola, la connessione
dannato triangolo a percussione, per cui al può avvenire solo attraverso la “dipendenza”,
massimo potevo suonare l’uculele), ho erotica, ludica, letteraria. Lo sterminatore
iniziato a scrivere, prima per passione poi non deve scrivere un romanzo ma un
anche per lavoro e, ancora adesso che mi “rapporto” da consegnare ad una misteriosa
avvio ad essere un cinquantenne brizzolato autorità e per farlo avrà bisogno di non
con pancia di ordinanza, coltivo la passione essere cosciente, avrà bisogno di una
della scrittura (attiva) e del cinema (come alterazione della mente (e del corpo) e
spettatore patologico). soprattutto avrà bisogno della “macchina”,
Riscoprendo Cronenberg (e Burroughs) ho che lo sostituirà progressivamente. Piaccia o
riscoperto tanti scrittori che, come lui, hanno no, questo pazzo scatenato, questo scrittore
fatto uso di droghe: Edgar Allan Poe, Charles drogatissimo ci ha visto lungo e David
Dickens, Victor Hugo, R.L. Stevenson, J.P. Cronenberg, pazzo anche lui ma, almeno
Sartre e perfino Elsa Morante. Confesso che nella vita, molto più equilibrato, ha avuto il
ignoravo che ci fosse una così intima coraggio, come altre volte ha fatto, di
connessione tra droga e scrittura, anche se, raccontare quello che non si può raccontare.
come ho già detto, lo sospettavo. La parola sarà distrutta e inghiottita dalle
Personalmente, quando scrivevo con la mia immagini e la carne dalle macchine, si
macchina da scrivere Olivetti, mi sono fonderà con esse. Il “Pasto Nudo” è un film
concesso al massimo qualche Lucky Strike per certi aspetti delirante ma è certamente
(mi piaceva il pacchetto), forse anche solo per un film profetico, crudele, per nulla
il gusto di scrivere con la sigaretta in bocca e rassicurante. E, soprattutto, è un film sulla
con la nuvola di fumo che copriva le scrittura, sulla dipendenza e sulla libertà
nefandezze che tentavo di tradurre sulla dello scrittore, minacciata, repressa,
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