Numero quattro .Quella nostalgia di paesi sconosciuti, quell'angoscia della curiosità " Charles Baudelaire - www.lespleen.it
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“..Quella nostalgia di paesi sconosciuti, quell’angoscia della curiosità…” Charles Baudelaire numero quattro www.lespleen.it 1
Editoriale_________________ Il cibo dunque è parte insopprimibile della nostra vita, anche quando non c’è: molti Nutrimenti ricorderanno “fame”, la novella di Knut Rocco Ruggiero Hamsun, scrittore norvegese dei primi del novecento che descrive il mondo visto attraverso la lente della fame. Diceva San Tommaso: “Non c’è niente nella Il cibo genera sempre storie anche quando nostra mente che prima non sia stato nei non c’è, come tutto nella vita e allo stesso nostri sensi” perché è attraverso di essi che modo può dare salute ma può anche fare noi facciamo esperienza del mondo e dunque ammalare esattamente come i pensieri, che costruiamo la nostra personale possono darci la felicità o diventare visione della vita. Noi, dunque, non un’ossessione. “abitiamo” il nostro corpo, noi Proprio per quell’osmosi continua tra “siamo” il nostro corpo. A lungo lo corpo e mente, tra fisico e spirituale, avevamo dimenticato ma oggi che non è possibile interrompere mai, finalmente quella consapevolezza noi non ci nutriamo di solo cibo. l’abbiamo ritrovata: non è possibile Ci nutriamo anche di sogni, di separare la spiritualità dalla ricordi, di parole dette e di parole non corporeità perché si determinano a dette, ci nutriamo delle emozioni che vicenda e non è possibile ci appagano o che ci lacerano, di interrompere quest’osmosi continua. quelle emozioni che a volte viviamo Il cibo allora non nutre solo il nostro attraverso il cibo o che chiediamo al corpo e noi non ci nutriamo solo di cibo. cibo di aiutarci a contenere quando sono Poiché le cose stanno così il cibo è molto di laceranti. Come facciamo con i sogni. più di quello che mangiamo: custodisce in sé Ci nutriamo di storie raccontate nella notte una grammatica essenziale comune a tutti gli davanti a un caffè oppure affidate a del cibo uomini, costituisce un linguaggio che mangiato insieme oppure ricordate quando custodisce e ripropone valori essenziali per la siamo soli e un profumo ci avvolge o vita e visioni del mondo, accoglie creatività e ritroviamo un sapore dimenticato o quando voglia di stare insieme, ci protegge nei ci torna in mente un antico pensiero momenti di disorientamento. E se rifiutiamo d’amore, un’immagine rubata in viaggio. il cibo, in qualche modo, rifiutiamo noi Perché ci nutre tutto ciò che ci fa essere vivi. stessi. E, come si sa, per essere vivi non basta non essere morti! In questo numero Editoriale Scoperte Nutrimenti Vento di Buenos Aires Kurdistan: dispacci dal fronte iracheno Storie Voracità Riscoperte La rosetta Birra scura e cipolle dolci Il retrogusto delle cortecce L’isola di Sachalin Sapore di sale Specchi Visioni Il Pasto nudo Inversi A tavola Chi l’ha scritto Luoghì Sotto il cielo di Tor Pigna 2
Storie_____________________ male fisico – paure, dialoghi immaginari, desideri –, a una sazietà che opprime il petto Voracità fino a far mancare il respiro. Fuori mi aspettano. Mi risollevo. Mi lavo la Daniela Vadacca faccia. Non ho voglia. Un altro biscotto ancora e già sento la pelle Non ho le parole. Non ho parole che affiorino dilatata. Potrei scoppiare in un’esplosione di sulla lingua, che scuotano le mie corde aria, cibo e viscere. Ho paura. Porto la colpa vocali. Ho solo suoni mai nati, pensieri di potermi procurare la morte. soffocati nel turbinio della mente. Se non ti parlo, amico, è perché sono tutta lì, Avrei tante cose da dire e da mostrare, se ripiegata sulla mia pancia piena. solo qualcuno infilasse la sua mano decisa nella mia gola e da lì si muovesse su e giù, Mastico e ingoio, mastico e ingoio ancora più una mano endoscopica che afferrasse tutto velocemente perché di mangiare non ho più l’imploso dello stomaco e lo riportasse al voglia. Ma devo pur finire questa scatola mondo: ecco, questa sei tu. iniziata, devo poter buttare questa busta È una stanza grande, questa. Dentro c’è di quando l’avrò svuotata. tutto. Soprattutto il Se non ti cerco, amico, è perché troppo che non riesco a non conosco agio. Un oggetto buttare. I muri una fuori posto, una domanda volta bianchi inopportuna, un’esistenza conservano i segni delle trasparente. Non aspettarmi diverse disposizioni dei fuori, aspettami dentro. Entra, mobili: manie di prova a darmi consistenza. Io spostamento e di sono la battuta che non risulta cambiamento che spiritosa, quella pensata e detta soddisfino il quando il discorso è ormai momentaneo ordine superato, quella che irrigidisce visuale. È una stanza in un sorriso forzato i presenti. che risucchia, che Sono gonfia. Sono oltre la impigrisce, una stanza sazietà. Sono oltre il sentire. che sequestra. È buia. Porto il mio stordimento come Due scappatoie, l’una di compagno di letto e aspetto che fronte all’altra: una mi chiuda gli occhi, occhi chiusi finestra con affaccio su altri muri grigi e uno su lenzuola bianche (e le macerie intorno). spiazzo anonimo in cemento; una porta che Passano i minuti, conto le ore, calcolo quelle conduce al bagno e alla cucina. Mi muovo che mancano al mattino. La testa va, anche come un animale inquieto che cerca la se cerco di trattenerla. Le gambe si trappola che lo autorizzi a restare fermo. irrigidiscono. Ma ancora resistenze di vita Dieci cucchiai di zucchero questa notte. Un lottano contro pene tiranne, mi afferrano da pacco di biscotti prima di andare a letto, dentro, accelerano i ritmi, sbattono contro le dopo cena. Pezzi di formaggio presi a morsi pareti del corpo e poi ritentano, mi all’alba. sfiniscono, ritornano, resistono ancora e si È un modo per rallentare quei vortici frantumano, si ricompongono, prendono la mentali, per appagarli. Non dovrò così rincorsa, riprovano, vogliono uscire, preoccuparmi della loro incomunicabilità, scappare, gridare. della mia incapacità di trasformarli in Ho fame di riconoscimento, ma non lo espressione, della fatica che comporta il ammetto. Oso voracità solo col cibo. È il tentare di ascoltarmi. Tutto si riconduce a un linguaggio che mi è stato consegnato, la mia coccola divoratrice da ragazza per bene. 3
Storie_____________________ Ma Gino non sta piangendo per suo padre! È lecito commuoversi anche per una piccola creazione fatta con piccoli gesti attenti, che La rosetta in passato da ragazzo si era limitato solo a Giulia Ciccotti osservare, non osando interrompere la magia, così la chiamava, compiuta da Egidio. Non aveva avuto il coraggio di imparare il mestiere fino a quella notte eppure sapeva, fin da quando aveva aperto la saracinesca del panificio, che stanotte sarebbe stato il momento giusto. «Gino scusa ma è quasi l’alba e hai prodotto solo un misero pezzo di pane?» gli chiede Amir e Gino sorride «Non capisci che questa rosetta è speciale perché come ingredienti ha amore e passione?» «Chi ci sfamerai con un solo panino, su impastane altri.» L’egiziano lo invita a velocizzare le operazioni, ma Gino sa che il fortunato che mangerà quella rosetta, nutrirà non solo il suo stomaco ma anche il suo cuore. «Questa sì che è una rosetta perfetta!» Gino la guarda con profonda soddisfazione mentre se la rigira tra le mani: è un panino ben dorato e lievitato, ha superato ogni aspettativa. È del tutto probabile che, a uno sguardo distratto del cliente di turno, questa rosetta sembrerà simile a tutte le altre che hanno sempre riempito lo scaffale del panificio di suo padre. La sua rara bellezza, però, sta nel fatto che è stata impastata con amore e passione e soprattutto che è stata la prima volta che ne ha preparata una. «Il mio primo impasto» ripete con compiacimento Gino a se stesso, mentre gli occhi gli si fanno lucidi. È al negozio dalle 2,30 e ora è quasi l’alba, assieme a lui c’è Amir, il panettiere egiziano aiutante di suo padre, che invece ha già infornato quattro teglie di pizza e sfornato chili e chili di pane. Il nordafricano guarda Gino che piange e pensa che le sue lacrime siano dovute alla morte improvvisa di suo padre che era per tutti Egidio il fornaio. 4
STORIE___________________ accompagnato, in modo inesorabile, da un senso di atavica vergogna. - Tutto questo per un innocente e Il retrogusto delle cortecce gustosissimo dolcetto? - vi starete chiedendo. Rita Speranza Beh si. Certo la mente umana è strana. Il fatto è che la sola vista delle cortecce mi riporta a una sera di autunno della metà degli anni ‘70. A quella sera in cui mio padre Sono stata una bambina fortunata. Sono voleva farmi contenta e me ne aveva portato figlia del boom economico. Non ho conosciuto un intero vassoio. Tutto e solo per me. la fame. Il mio bisogno di cibo è stato E si che ero stata felice. Ogni bambino lo soddisfatto prima ancora che potessi sentirlo. sarebbe stato al pensiero che il papà si era A differenza dei miei genitori. Loro avevano preso il disturbo di andare apposta nella vissuto la guerra. Avevano usato una tessera pasticceria dove facevano le cortecce più e fatto lunghe file per accaparrarsi la razione buone della zona per comprargliene un po’. di pane nero e polvere di piselli che spettava E tutti i genitori della mia generazione, oggi loro. Mio padre la odiava la polvere di piselli. disarmati da figli ben più esigenti e Ha continuato a rifiutarsi di mangiarla nei pretenziosi, godrebbero della gioia di una suoi peggiori incubi per tutta la vita. bambina che scarta la “guantiera” di cui Si, sono stata proprio una bambina pregusta il contenuto. E che, poi, con fortunata. I miei genitori non avrebbero mai l’acquolina in bocca per la golosità della permesso che io soffrissi delle loro stesse visione, si lecca le labbra e fa ruotare la privazioni. Sono cresciuta con merendine di punta dell’indice sulla guancia. pan di spagna farcite e ricoperte di Io ero quella bambina! cioccolato. Con biscotti di croccante pasta Mi vedo come se stesse accadendo in questo frolla ripieni di crema al latte. Con caramelle momento. Seduta al tavolo in formica della alla frutta e lecca lecca coloratissimi e cucina. Con un pigiama rosa con le farfalle dolcissimi. E neanche mi sono venute le stampate, il mio preferito. I capelli che carie. ricadono sulle spalle arruffati e La mia infanzia non ha conosciuto sera d’estate senza un gelato del fresco rosa della fragola o del rosso passione dei gelsi; né una domenica senza l’accogliente morbidezza di bignè alla crema e profiteroles alla panna. Eppure, quando ritorno all’infinito mare di dolcezze della mia età dell’innocenza, a volte mi capita di respingere a fatica un certo retrogusto amaro, che, partendo dalla gola, inonda tutto il palato. A dire il vero, questa sgradevole sensazione ritorna ogni volta che nella vetrina di una pasticceria scorgo le cortecce. Forse non sapete neanche cosa sono le cortecce o, forse si, ma le chiamate in modo diverso. Le cortecce sono quei deliziosi dolcetti dalla forma concava impastati di mandorle, nocciole, albume d’uovo e zucchero, ricoperti da un generoso strato di cioccolato fondente. Si trovano soprattutto nel periodo natalizio, ma ci sono alcune pasticcerie specializzate disordinatamente ricci. Un sorriso che, anche che li sfornano tutto l’anno. adesso, quando è sincero, mi dicono che Erano i miei dolci preferiti. E ancora lo parte dagli occhi prima che dalle labbra. Una sarebbero, se non fosse per quel retrogusto manina che cerca la corteccia più grande e amaro. E per quell’inesplicabile moto di con più cioccolato. ribellione che si accende subito dopo, 5
Mio padre, però, per qualche ignota ragione, Qualche volta ho pensato che volesse non capì il mio entusiasmo. ricordarmi che le sue attenzioni e il suo Mi sembrò smarrito e mi avvolse nel suo affetto erano un dono che mi veniva concesso smarrimento. e non potevano, né dovevano, costituire Gridò qualcosa. oggetto di una mia pretesa. Non ricordo esattamente le parole. O, forse, temette di riconoscere i segni di una Ma me ne è rimasto il senso: il mio schiavitù dal corpo e dal desiderio che comportamento era indecoroso, dovevo andava bloccata sul nascere. vergognarmi! Non ricordo neanche se mangiai almeno una Quasi sicuramente pensava che non corteccia, prima che me le facesse mettere da mostrare le emozioni fosse una lezione parte. importante di un’ educazione che potesse So solo che fu allora che avvertii per la prima dirsi “buona”. volta quel retrogusto amaro. Non saprò mai la verità. Non ho mai capito perché quella volta si È troppo tardi. arrabbiò tanto. Ora mio padre non è più qui perché possa Forse gli avevo fatto rivivere lo spettro della chiederglielo. sua fame. Quella sera mi limitai a ricacciare lo O, forse, aveva provato un senso di fallimento sgradevole retrogusto e molte lacrime senza di fronte a quella che dovette sembragli una avere il coraggio di dirgli “Perché?” mia fame insaziabile, malgrado e a dispetto Allora non ero abituata a fare domande. del benessere quotidiano che mi assicurava. Ero stata educata solo a dare risposte. 6
Storie____________________ uno spettacolo così tanto atteso durante l’inverno romano. Ai primi di giugno, quando le scuole Sapore di sale chiudevano per le vacanze estive, Antonio Antonio Mannello partiva insieme alla madre per andare a trascorrere i mesi estivi nella casa dei nonni in un paese della costa Ionica della Calabria, ma quella volta viaggiava da solo, la madre lo avrebbe raggiunto in seguito; lo aveva Il treno era fermo sui binari che in quel tratto accompagnato alla stazione Termini rasentavano la costa, il mare era lì, a poche affidandolo ad una conoscente che viaggiava decine di metri e il piccolo Antonio, osservava sullo stesso treno. ipnotizzato il lento sfumare delle onde. Era La donna seduta di fronte a lui lo guardò l’alba e gli altri passeggeri sembrava con aria rassicurante e a bassa voce gli dormissero, avevano trascorso tutta la notte domandò se stesse bene, Antonio annuì e in viaggio e l’aria in quella cabina odorava di riprese a guardare quel mare che a tratti era chiuso e di cibi consumati. Attento a non far più vicino e poi si riallontanava. I compagni rumore Antonio si alzò e , come se stesse di viaggio che dalla sera prima, quando il facendo qualcosa di vietato, piano piano treno aveva lasciato la stazione Termini, iniziò ad abbassare il finestrino. avevano scambiato solo poche parole di circostanza offrendosi l’un l’altro i cibi che Ad ogni cigolio del vetro che scendeva, si portavano da casa, avevano iniziato una fermava e si girava a controllare che nessuno specie di dialogo: si fosse svegliato; continuò quella manovra - Dove andate? Da dove venite? Ah! Io a fino a quando non avvertì sul volto il leggero Torino tengo un parente.– venticello che veniva dal mare, sporse la Antonio continuava a guardare fuori ma testa fuori e respirò profondamente quella ascoltava con curiosità quei discorsi, non fresca brezza marina, incurante delle lacrime perché fossero interessanti ma perché che iniziavano a inumidirgli gli occhi saturi ritrovava il dialetto che aveva lasciato l’estate di aria stantia. Rimase affacciato per pochi dell’ anno prima. A casa sua, a Roma, né la minuti, poi, quando il treno lentamente si madre né il padre parlavano in calabrese e mosse, richiuse il finestrino e si risistemò quell’ultima parte del viaggio, con la luce di sulla panca di legno, appena in tempo per prima mattina che ravvivava i colori di quei vedere una nuvola di vapore scorrere al di là paesaggi e quel modo di parlare così diverso del vetro. Poche centinaia di metri e il treno dall’accento romanesco, era una sorta di entrava nella piccola stazione abbellita da traghettamento, non solo fisico, verso il posto piante di gerani e lunghe siepi di oleandri. delle sue estati, quasi un breve esercizio Qualcuno dei passeggeri, che prima propedeutico alle tanto attese vacanze. sembravano dormire, adesso era in piedi già coi bagagli in mano; gli altri, quelli che Era contento! Era contento perché aveva proseguivano il viaggio, si sistemavano più vinto le paure della sera prima, quando comodamente occupando lo spazio lasciato ancora doveva affrontare quel suo primo libero. Qualcuno si lamentava per le troppe viaggio da solo, era contento perché il buio attese: c’erano ancora diverse stazioni dove il della notte era passato, era contento perché treno si sarebbe fermato prima di arrivare nei non aveva perso e aveva ancora in tasca le rispettivi paesi di destinazione e anche se le cinquecento lire che la madre gli aveva dato e distanze erano ormai piccole, sapevano che che dovevano bastare per comprarsi i avrebbero impiegato altre ore, su quella ghiaccioli, i gelati meno cari, per tutta ferrovia che spesso obbligava i treni a l’estate, era contento perché si era riempito fermarsi, nei pochi tratti a doppio binario, gli occhi di mare. per consentire il transito delle Littorine che viaggiavano nella direzione opposta. Alla stazione lo aspettava il nonno. Lo Antonio aveva dieci anni e non si riconobbe guardando dal finestrino già prima domandava il perché di quelle soste così che il treno si fermasse: giacca nera poggiata ravvicinate. Non aveva fretta di arrivare, gli sulle spalle, cappello anch’esso nero a falde piaceva quello che vedeva fuori dal finestrino: larghe e l’immancabile sigaro Una sagoma mare blu e spiagge lunghissime, scura su quella pensilina abbagliata dal sole. 7
La casa dei nonni stava nella prima campagna fuori del paese, all’incirca quindici minuti a piedi. Durante quel tragitto non scambiò altre parole col nonno, ma osservò con avidità strade, vicoli, persone, molte delle quali riconosceva; fu come un percorso di reinserimento e quando arrivò a casa si sentiva di nuovo parte di quel paese. Una volta a casa, quasi sfuggì agli abbracci della nonna e della zia: era impaziente di andare a vedere i buoi che stavano pascolando. Sotto gli occhi del nonno si avvicinò lentamente a uno di essi, sapeva come fare: non doveva spaventarli. Iniziò ad accarezzarne uno sulla fronte e il bue mosse Gli andò incontro portando la borsa che la le orecchie all’indietro, segno che gradiva e madre gli aveva preparato. Dentro c’erano i Antonio, presa confidenza, estese la carezze a vestiti per l’estate: un paio di pantaloncini tutta la testa fino ad raggiungere quella corti, una maglietta a righe colorate, una specie di pappagorgia pendula sotto la gola, canottiera, un paio di mutande, un costume che caratterizza i bovini. La palpò e gli diede da mare di quelli di tela azzurra con il laccio dei leggeri colpi a mano aperta per farla bianco su un lato, come le stringhe delle ondulare: quel gesto era il suo usuale saluto scarpe e un paio di sandali che lui sapeva a quegli animali che ricambiavano con che non avrebbe mai indossato perché qualche ruvida leccata sulle braccia, ma avrebbe camminato a piedi nudi come tutti i quella volta il bue non ricambiò e nonostante suoi amici. Antonio insistesse a offrire il suo braccio, Il nonno gli mise una mano sulla spalla e fino a poggiarlo sulla bocca del bue, non accostò le guance alle sue; c’era quasi ebbe il risultato che si aspettava. imbarazzo in quel gesto, non era abituato alle Si rivolse al nonno e disse: tenerezze. Prima di allontanarsi, Antonio “Non mi riconosce!” salutò con la mano la signora che, affacciata “Domani ti riconoscerà, quando tornerai dal al finestrino, l’aveva seguito con lo sguardo e mare e sarai più salato!” Rispose il nonno. con lo sguardo lo aveva consegnato a quel In quel primo giorno di vacanza Antonio signore; con un cenno reciproco del capo si imparò che con quelle strusciate di lingua, salutavano e sancivano l’avvenuto passaggio che sembravano strusciate di carta vetrata, i di responsabilità. buoi non manifestavano alcun sentimento, Sul piazzale della stazione Antonio non vide il come lui credeva: erano solo ghiotti di carro trainato dai buoi con il quale salsedine! solitamente il nonno andava ad accoglierli. Quella volta viaggiava da solo e non c’erano molti bagagli da trasportare; i buoi erano rimasti impastoiati, a pascolare nel campo, gli disse il nonno che notò la sua delusione, ma aggiunse: “Spetta dumani che jamu pi’ssusu u caricamu i balli i hjenu, capiscisti o tu scurdasti u calabrisi?” Antonio fece sì con un cenno della testa. Aveva capito, non lo aveva dimenticato il calabrese: all’indomani sarebbero andati, col carro dei buoi, a fare un carico di balle di fieno in un terreno, verso la montagna. 8
Storie_____________________ posato lo zaino, ti dico una cosa: l'orizzonte si vede anche dalla tua finestra. La linea tra cielo e mare vive anche grazie ai tuoi desideri Specchi e ti aspetta dietro quegli alberi. Non c'è il Fabio Volpe buio oltre la siepe, guarda bene tra i rami, e ascolta con gli occhi quello che ti sta dicendo. Ti sembrerà di inseguire un puntino Mi chiedi come sto e ti rispondo con un che si allontana quando lo guardi e che ti sorriso. Non dico niente e so che mi capirai aspetta quando prendi fiato. È la vita, amico perché siamo cresciuti insieme. Mi conosci, mio, e quando la linea sparisce nella spuma non puoi prenderla come una mancanza. È del mare o dietro le montagne, non pensare un pensiero buono quello che mi sfiora ma che sia finita perché continua negli occhi di perderebbe la sua bellezza se sbagliassi le quelli che ci parole. Ti osservo e mi chiedo che fine fanno credono e alimenta l'arcobaleno. Mi hai le frasi non dette, i baci non dati e le chiesto come sto. Non ti dirò la verità, chiamate non fatte. Si perdono per sempre o perdonami, ma ti proteggerò e quando restano sospese? Mi piace pensare che da penserai di non farcela, quando ti sentirai qualche parte ci sia un luogo pieno di lettere solo o quando crederai che sia tutto inutile, galleggianti, milioni di pensieri scritti con la resta per qualche secondo con il naso all'insù penna blu su foglietti gialli o lezioni d'amore e scoprirai che dietro le nuvole c'è sempre il che profumano di inchiostro alla fragola. sole. Fissa un punto davanti a te e per un Guardi i miei occhi come se stessi attimo, diventa il marinaio del tuo mare, farneticando, non mi capisci ma se ti dovessi osserva l'orizzonte come un punto di spiegare con esattezza quello che intendo, le partenza, non come un confine, attraversalo vedrei tutte lì quelle parole, sulla linea tra senza paura e troverai una scala tra mare e cielo e mare, di fronte a te. Proprio lì, dove tu cielo che ti guiderà verso i nostri sogni. Non disegni la notte. Sembra irraggiungibile, forse sarà facile e quando l'ultimo gradino ti lo è, ma solo per chi si arrende. È fatta di sembrerà il più scuro di tutti, non mollare, riflessi, guardala bene e ti ci specchierai guarda l'orizzonte e punta lontano; scegli un dentro. È fatta di occhi, infiniti occhi come i colore, allunga il braccio e prenditelo. Non tuoi che si perdono a pelo d'acqua in attesa aver paura di cadere perché io sarò lì a di scorgere quel desiderio nascosto che guardarti dall'arcobaleno, sarò lì a suggerirti custodisci da tempo e che ti fa stare male. È le parole giuste e a fare luce sui tuoi passi. fatta di sogni, tanti sogni realizzabili, infranti Resisti, apri gli occhi e guardati intorno: o ancora da esprimere, che si abbracciano resta poco della notte e il sole sta già centimetro dopo centimetro e corrono liberi inondando l'orizzonte. insieme ai tuoi pensieri. È fatta di luce. Mi piace pensare che in quel luogo magico non ci sia posto per la notte che ti fa tanta paura. Mi piace pensare che quel posto sprigioni la forza per issare lo zaino sulle spalle e continua viaggiare, che contenga la tenacia per continuare a sperare o la voglia per raggiungere una meta che rimane astratta per chi dice che è inutile provarci. E se credi di non farcela, se ti senti come quelle persone che hanno 9
INVERSI A tavola Lucia Bacci Quando entra il dolore nell'anima mia, si siede volentieri a tavola con me. Non è mai solo ma porta con sé altrettanto affamati compagni. Una vogliosa solitudine mi sta accanto, un famelico orgoglio mi versa nel bicchiere gocce di amara essenza; e un silenzio ormai sazio canta nenie mute e inascoltate. E a questo banchetto sono invitata ogni volta che spargo sul mio cuore un sale amaro quando, digiuna delle tue carezze, volutamente ignoro, amore mio, il vuoto del tuo posto. 10
Luoghi____________________ volte per caso, attraversando la sterminata periferia ai margini della città; poi scopri, con sorpresa, che non è periferia dell’anima, non Il cielo sopra Tor Pigna è periferia delle idee; tutt’altro: ne è motore, Paolo Chirafisi ne è fucina. Uno di questi luoghi l’ho incontrato e pian piano conosciuto ed apprezzato: si chiama “Taverna curdo meticcia”; siamo a Roma Est, Esistono luoghi dove il pane e l’acqua, per Tor Pignattara, provincia dell’Impero, ma non precisa scelta, non vengono monetizzati, non provincia dell’uomo. Ed è uno di quei luoghi vengono quindi ceduti in cambio di denaro; che genera buone vibrazioni, cui le persone perché sono considerati, in qualche modo, prestano l’orecchio quando vengono qui a sacri. Sono, ad ogni latitudine, beni mangiare; un luogo generatore di idee che a essenziali per la vita delle persone e pertanto volte ci restano dentro, aggrappate con le nessuno dovrebbe esserne privato, per unghie ai nostri cuori fragili, spesso affacciati alcuna ragione. Sono nutrimento basilare per sull’abisso, pericolosamente in bilico. il corpo, ma anche nutrimento simbolico per ogni popolo, per ogni religione e per ogni Poi queste idee si alzano con noi, quando alla cultura. fine del pasto ci alziamo dalla generosa Esistono luoghi dove circolano buone idee, tavola, ed iniziano a camminare con le nostre che sembrano rivoluzionarie, ma sono stesse gambe; vanno in giro, si diffondono soltanto di buon senso e soprattutto umane, come piccoli semi dispersi dal vento molto umane. primaverile ed a volte fanno nascere incerti Esistono luoghi dove in pochi secondi si può germogli dentro altre persone e dentro altri apprendere un’etica dell’esistenza profonda e cuori; forse un giorno diventeranno frutti disarmante per quanto è semplice ed ovvia: maturi. non si specula sul pane e non si specula “Viviamo tutti sotto lo stesso cielo”, disse una sull’acqua. volta Konrad Adenauer, un illustre Il guadagno, naturalmente, è un giusto governante tedesco, “ma non tutti abbiamo il corrispettivo del lavoro e dell’ingegno ed medesimo orizzonte”. anche il profitto, fino ad una certa misura, può esserlo poiché ripaga il rischio di Quando uscirete da qui, alzate gli occhi e impresa; ma a tutto questo deve esserci un guardate in alto: il cielo sopra Tor Pignattara limite, sempre e comunque: i bisogni non vi sembrerà diverso da altri, ma essenziali della persona. forse il vostro orizzonte si sarà allargato e sarà pronto per Esistono luoghi dove tutto contenere un pezzettino in ciò viene riconosciuto e più di consapevolezza e praticato; luoghi che di comprensione per il incontri a vasto mondo intorno a noi. 11
Scoperte_________________ Se vuoi conoscere davvero un posto, una città è questo che devi fare perché è l’unico modo per capire che cosa c’è dietro quelle “Vento di Buenos Aires” case, quelle strade, quella gente sconosciuta: di Andrea Attardi che cosa c’è lì che altrove non c’è. scoperto da Rocco Ruggiero Per capire perché quella città, quel posto, quella gente ci attrae. Sennò la fotografia di un palazzo fotograferà solo un palazzo, non ci sarà nessuna storia e, come scriveva Hemingway: “Se in una scena succede solo quello che succede siete nella merda!” Vale per i romanzi ma vale per il cinema, per “Ho trascorso le ore della sera negli autobus, la pittura e, più che mai, per la fotografia. insieme a donne, vecchi e ragazzi, Questo Andrea lo sa bene: io so che lo sa scambiandoci birra, caramelle e noccioline perché gli sono amico da moltissimi anni e tostate e ascoltando milonghe di Carlos perchè ogni volta con le sue fotografie riesce Gardel: nessuno dei passeggeri sembrava a raccontarmi qualcosa che io non sapevo arrivare mai alla sua destinazione”. ancora. E successo anche con la sua ultima pubblicazione “Vento di Buenos Aires” pubblicato da Postcart. Perché dopo aver viaggiato in lungo e in largo per il mondo proprio Buenos Aires riesce a mangiargli un anno di vita (perché venti viaggi sono un anno di vita dice Andrea)? Perché attraverso quei racconti è riuscito a fissare in una fotografia il carattere profondo di una città che non si lascia conoscere dal semplice turista, come un’amante che si svela solo a chi dimostra di amarla: lo so da quello che mi dicono quelli che a Buenos Aires ci sono stati da turisti. E così sfogliando il libro di Andrea (dico libro perché non ci sono solo le sue fotografie ma anche il suo racconto) ho colto anch’io, in qualche modo, quelle atmosfere dense e sconosciute, perlomeno per me che a Buenos Aires non ci sono mai stato. E’ riuscito a farmi intuire qualcosa di una città che forse non vedrò mai e lo ha fatto nell’unico modo possibile: facendomi percepire con nettezza la trama nascosta che fa di quelle immagini una storia. 12
Scoperte_________________ alcuni nomadi decisero di divenire stanziali trasformandosi nei primi agricoltori della storia; qui furono seminati i primi chicchi di “Kurdistan, dispacci dal grano e furono cotte sul fuoco le prime forme fronte iracheno” di Claudio di pane che sfamarono popolazioni sempre più numerose; qui sorsero i primi Calia insediamenti urbani del pianeta e con essi la scoperto da Paolo Chirafisi scrittura, la poesia, la letteratura, le leggi. Le persone che si presentano davanti agli occhi di Claudio vestono i panni più diversi: Ci sono storie che vengono da lontano e forse l’italiano che per sei mesi l’anno fa il clown per questo appaiono sfocate ai nostri occhi negli ospedali pediatrici più disastrati del euro-occidentali. A ben vedere, però, spesso pianeta; il rifugiato sfuggito all’Isis che da quelle storie sono più vicine a tutti noi di senso ai suoi giorni di esilio forzato quanto, a prima vista, non sembri. impegnandosi nel volontariato oppure Ci sono alcuni popoli che hanno poche l’attivista politico curdo di lungo corso, risorse, infrastrutture precarie e tecnologie critico verso la scarsa democrazia del paese. vetuste; ma hanno coraggio ed hanno Tutto è molto più sfaccettato rispetto al speranza. classico schema buoni/cattivi o bianco/nero; Ci sono altri popoli che hanno maggiori vi sono ampie zone di grigio, tranne una, risorse ma vivono oppressi dalla paura; un sulla quale sono tutti unanimemente sentimento pericoloso che, se abilmente d’accordo: la barbarie insensata portata dal nutrito giorno dopo giorno, può arrivare a Daesh, quello che noi occidentali chiamiamo trasformarsi in una bestia feroce che tutto stato islamico o Isis. Due milioni di profughi, divora e fagocita: intelligenza, umanità, sfuggiti alla violenza integralista, sono stati cultura, visione del futuro. accolti con spirito di fratellanza in questa Nel suo reportage a fumetti, esempio di regione; ed ecco che qui l’inversione di ruoli, graphic journalism, Claudio Calia ci racconta da vicenda individuale tra Claudio ed i suoi la storia del suo viaggio nel nord dell’Iraq, allievi, si fa paradigma collettivo del nostro dove si è recato nel 2016 su invito tempo. dell’associazione di volontariato “Un ponte Tra tutte le vicende graficamente raccontate per…”, impegnata da anni a ricostruire pezzi da Claudio, una che mi ha colpito riguarda la di società civile nei paesi più turbolenti del sorte del popolo yezida: un’antichissima Medio Oriente e del Mediterraneo. comunità fedele ad un suo particolare credo, Claudio sbarca nella regione autonoma del pacifico e molto tollerante; forse proprio per Kurdistan iracheno alla fine di giugno, per questo ha già subito un feroce genocidio nel insegnare l’arte del fumetto ai ragazzi dei corso dell’ottocento ed ora ne sta subendo un centri giovanili sostenuti da quella secondo. A Lalysh, dove secondo la tradizione Associazione; nel suo breve tour tra Erbil, nacque Abramo, sorge il santuario più Donuk e Suleymanya incontra le persone più importante per la religione yezida; per loro disparate e, come spesso capita in contesti questo è “il luogo dove è nata la luce”; ma difficili e complessi, i ruoli a volte si oggi di luce per gli yezidi in Iraq ce n’è ben invertono: l’allievo diventa maestro e poca: il loro futuro è molto incerto e viceversa. raccontano a Claudio di sentirsi “come Succede così che Claudio riceva da queste agnelli tra i lupi”. terre lontane esempi di convivenza tra Un altro luogo simbolico del viaggio è il culture, etnie e religioni diverse; succede che villaggio Al Qosh, uno dei pochi a riceva testimonianze di come si possa avere maggioranza cristiana; qui il nostro reporter un comune pensiero rivolto al domani, si reca in visita al monastero di “Notre Dame gettando ponti sopra fossati d’odio del des Semences” cioè nostra signora dei semi. presente e del passato. Nome curioso per un posto in pieno deserto. Anche attraverso la cultura; anzi, soprattutto Ma può accadere che i nomi nascondano un attraverso la cultura che nelle mani di senso non immediatamente manifesto, un Claudio si fa tratto disegnato, narrazione per significato profondo che non si afferra da immagini in grado di entrare con subito; a volte le impressioni devono lievitare immediatezza e trasversalità nei cuori e nelle a lungo, come il pane, per avere consistenza; menti di tante persone. a volte le suggestioni devono fermentare con Del resto, occorre ricordarlo, siamo nella calma, come la birra, per acquistare corpo. terra tra i due fiumi, dove nacque la civiltà; fu appunto qui, tra il Tigri e l’Eufrate, che 13
Così quando leggo che qui i monaci, con l’aiuto di “Un ponte per…” stanno digitalizzando i loro antichissimi manoscritti in aramaico, la lingua di Cristo, per sottrarli al rischio di distruzione, mi viene una sorta di folgorazione: eccoli i semi, le semences, che stanno piantando per tutti noi; salvare il passato dell’uomo e la sua antica cultura per mezzo della tecnologia moderna; eccolo il punto di incontro tra occidente ed oriente, tra sapienza antica e tecnologia moderna. L’ultima tappa del viaggio di Claudio è a Suleymanya, città multiculturale e multi- religiosa; la si potrebbe considerare la capitale culturale del popolo curdo, poiché proprio qui fu scritta la prima grammatica in lingua curda. Poi, quando le ultime ombre della sera si allungano sulla Mesopotamia ed il viaggio di Claudio volge al termine, restano come scolpite nella pietra le parole pronunciate da padre Jaques Mourad, monaco della comunità di Mar Musa fondata in Siria da padre Paolo Dall’Oglio; parole che ancora oggi, suonano come un monito: “È la paura la strada più sicura per arrivare al disastro”. Scacciamo quindi ogni paura immotivata dai nostri cuori, fardello inutile che non merita il sostegno delle nostre spalle; leggeri e consapevoli, ci incamminiamo lungo un sentiero di impegno e comprensione reciproca. 14
Riscoperte________________ In questo senso insegna qualcosa a chi vuole cimentarsi nella scrittura: non su come si costruisce una trama perché lui non è mi stato un maestro del plot, anzi: “Io non “Birra scura e cipolle dolci” di lavoro con la trama. Lavoro con l’intuizione, John Cheever la percezione, i sogni, i concetti. La trama implica la narrazione e un sacco di stronzate” Riscoperto da Rocco Ruggiero così rispondeva alla Paris Review nel 1976. John Cheever è considerato Cheveer con la sua uno dei maggiori scrittori scrittura può insegnare statunitensi del novecento: a osservare, a rendere nell’arco della sua carriera quel che c’è in modo ha scritto oltre centoventi preciso, suggestivo e racconti oltre a un romanzo non giudicante. di un certo successo “The Questa qualità emerge falconer”. con maggiore evidenza, è Come giustamente annota possibile “isolarla” Christian Raimo: “Da soprattutto nei suoi scrittore sapeva che non c’è racconti giovanili, che nulla nel mondo intorno a essendo ancora ingenui noi che non valga la pena di e poco “maturi” proprio esser raccontato”. E lui lo ha per questo rendono più fatto, a modo suo. evidente questo tratto. Cheveer piuttosto che un “La capacità di cogliere i narratore è un dettagli, quella di dar “contemplatore”, della forma alle cose facendo natura e delle persone, ed è appello a per questo che, nei suoi un’immaginazione di racconti, colpiscono tipo eidetico, ecco cosa soprattutto i dettagli, riconosce il lettore in descritti con sobrietà ed questo Cheever”, annota accuratezza. Raimo.Sta in questo il valore della riscoperta di questa raccolta. 15
Riscoperte________________ Al tempo, Sachalin era amministrata interamente dall’impero russo e “L’isola di Sachalin” quest’ultimo vi aveva instaurato delle di Anton Pavlovič Čechov colonie penali in cui i deportati affrontavano le più dure condizioni per riscoperto da Enzo Truppa garantirsi la sopravvivenza, con lo Stato che si limitava a soddisfare solo le Alzi la mano chi pensa che un libro necessità più basilari dei detenuti e dei scritto con finalità di censimento della coloni: erano infatti diverse le pene popolazione possa avere qualcosa di comminate, si andava dal semplice esilio interessante… e non c’è da meravigliarsi con la possibilità di stabilire una propria se tutte le vostre mani hanno continuato attività e famiglia sull'isola (coloni) fino serenamente a fare ciò in cui erano già all'ergastolo in carcere (detenuti), impegnate. Eppure, se a scrivere tale passando per i lavori forzati (deportati). libro è un autore che passerà alla storia Sotto alcuni aspetti il libro come uno dei più assomiglia ad un vero e grandi commediografi proprio diario di viaggio, di fine ‘800, è facile dato che l’autore nel periodo immaginare che la della sua permanenza – lettura non sarà così circa 3 mesi – cerca di noiosa come c’è da visitare quanti più villaggi aspettarsi. possibile in tutti e tre i Sachalin è un’isola circondari amministrativi dell’estremo oriente stabiliti dall’amministrazione russo a lungo di Mosca, verificando le disputata tra l’impero condizioni di vita della zarista russo e il popolazione, con tanto di Giappone e i motivi che dettaglio su quanta terra e spinsero Anton quante bestie poteva contare Pavlovič Čechov a ogni famiglia, a quali partire per questa condizioni climatiche destinazione sono stati toccava sopravvivere, quali a lungo investigati e erano le condizioni di salute dibattuti da molti dei locali e tutta una serie di critici letterari – basti altre informazioni che pensare che lo stesso Un giovanissimo A.P.Čechov l’autore ha raccolto sul scrittore non era in prima della partenza per campo. Čechov passa gran possesso di un Sachalin, nel 1890 parte del suo tempo con permesso quando vi malfattori, assassini, arrivò. Ma, per sua fortuna, questo gli fu stupratori, ladri e delinquenti delle rilasciato immediatamente e non ebbe peggiori risme, ma tutti si dimostrano alcun problema a girare liberamente più che disposti a fornirgli le quasi tutti i villaggi da poco impiantati. informazioni delle quali é in cerca. La Nell’anno 1890, al momento della visita figura sensibile del letterato, distinta da dell’isola, Čechov non era ancora quella del burocrate che avrebbe potuto trentenne, era da poco laureato in fare qualcosa di simile, emerge anche medicina e perseguiva la carriera da dalla sua capacità di descrivere quali medico; aveva sì pubblicato già dei fossero gli stati d’animo dei residenti, racconti e tra le opere teatrali il solo quali le loro paure, aspettative, quanto la “Ivanov” aveva visto la messa in scena, madrepatria mancasse loro e come ma era sicuramente lungi dall’essere uno riuscissero a trovare dei nuovi significati scrittore affermato come lo conosciamo alla vita cui erano stati destinati. Non oggi. manca l’occasione anche per 16
l’approfondimento antropologico sui Hollywood, le conquiste del Far West popoli autoctoni dell’isola, gli ainu e i americano, ma in pochi sanno che tra giljaki (oggi nivchi). XVI e XVIII secolo ha avuto luogo in Certo, se un tale libro fosse stato scritto Siberia una storia altrettanto epica, in da qualcuno dotato di scarsa sensibilità cui cercatori di fortuna, delinquenti e letteraria, molto probabilmente una soldati hanno iniziato ed esplorare e tabella Excel oggi potrebbe facilmente conquistare un territorio semi-disabitato sostituirne la lettura anche per e che oggi costituisce una delle più semplificare l’analisi dei dati, ma come si grandi ricchezze della Russia grazie alle scoprirà in seguito le capacità di sue riserve di materie prime. L’attenzione scrittura di Čechov erano già allora ben del lettore può essere conquistata da sopra la norma e, dati a parte, diversi aspetti: il libro può essere un quest’opera si presenta come una delle modo per approfondire la storia pochissime fonti a nostra disposizione – dell’Estremo Oriente russo sino a fine cioè tradotta in lingua italiana – per XIX secolo, un modo per conoscere quale conoscere la storia della colonizzazione era l’organizzazione statale zarista e le del Dal’nij Vostok, o Estremo Oriente, da condizioni di vita in un territorio a molti parte della Russia. Tutti conosciamo sconosciuto o si presenta come un abbastanza bene, grazie a letteratura e insolito testo per scoprire un lato sconosciuto del noto scrittore russo. Una foto di detenuti dell’isola di Sachalin scattata durante il viaggio di A.P.Čechov 17
Visioni____________________ Erano gli anni’90 e usciva al cinema “Il Pasto Nudo”: bene, c’è già qualcosa di più chiaro, l’articolo determinativo, che nel romanzo non “Il Pasto Nudo” (David c’è: così “Pasto Nudo” diventa “IL Pasto Cronenberg, 1991) Nudo”. Molto bene. visto da Roberto Codini Il Pasto: il film L’Anti-Pasto: il romanzo Difficile sintetizzare la trama, perché il romanzo, in realtà, non ne ha una vera e “Sento sul collo il fiato caldo della Legge, li propria. Il film, invece, una trama ce l’ha. Ed sento che fanno le loro mosse, piazzano pupe è più o meno questa. diaboliche come informatori e canticchiano Lo “sterminatore” di scarafaggi William Lee davanti al cucchiaino e al contagocce che scopre che sua moglie Joan si droga con la butto via alla fermata di Washington Square, polvere gialla utilizzata per uccidere gli salto un cancelletto girevole, scendo a insetti. Quando Lee è arrestato per possesso precipizio due rampe di scale di ferro, prendo di stupefacenti, viene portato in la metropolitana in direzione uptown…Una commissariato in stato di allucinazione: qui checca con l’aria da pubblicitario, giovane, vede un agente segreto sotto forma di uno carino, capelli a spazzola, targato Ivy League, scarafaggio gigante, che gli assegna la mi tiene aperta la porta. Evidentemente sono il missione di uccidere Joan, la quale sarebbe suo tipo”. una spia, e di recarsi nell’Interzona (situata a Ho sempre pensato che lo scrittore fosse in Tangeri) per scrivere un rapporto per una un certo senso un “drogato” e che la scrittura misteriosa Organizzazione. desse in qualche modo dipendenza. La La storia, come si sa, è autobiografica. Lo scrittura non è una droga che si assume sterminatore infatti uccide la moglie perché dall’esterno ma una droga che nasce da loro giocano al Guglielmo Tell: lei si mette in dentro, ti inebria e, in alcuni casi, ti rende testa un bicchiere e lui deve sparare al dipendente. Forse è anche per questo che bicchiere, solo che colpisce in piena fronte la decisi di acquistare “Pasto Nudo” di William moglie. Quando ho raccontato questa scena Burroughs - lo scrittore della “Beat a mia moglie le ho detto: “e se io ti mettessi Generation” che passò alle cronache per aver questo bicchiere in testa e poi sparassi tu ti ucciso accidentalmente la moglie mentre fideresti?” E lei: “Ma sei pazzo?” “…” “…” giocava al Guglielmo Tell - uno scrittore “…ma lo sai quanto costano questi molto discusso che si drogava non in senso bicchieri???” E dire che pensavo di essere io metaforico ma era realmente dedito al il comico di casa. consumo di stupefacenti. E si vede! Avevo Dunque, torniamo al film. Siamo negli anni pensato nel temerario tentativo di dare un ’90, a Roma, il cinema è il Fiamma, glorioso senso a quello che stavo leggendo. Niente. cinema attaccato alla felliniana Via Veneto, lo Non sto capendo niente. Pensavo. E subito stesso cinema dove Nanni Moretti in “Caro mi è venuta in mente la folgorante battuta di diario” andrà a vedere “Henry pioggia di Nanni Moretti quando in “Io sono un sangue” e in qualche modo, come vedremo, autarchico”, mentre legge il Capitale di Marx c’è una correlazione. È pomeriggio e con mia esclama: “ma qui non sto capendo niente! Ma grande sorpresa la sala non è vuota. Ci sono fosse che ho sbagliato ideologia?” almeno una quindicina di spettatori. Chissà Finché non arriva David Cronenberg. Il se hanno letto il romanzo. Chissà se sanno regista di “Videodrome”, de “La mosca”, di quello che li aspetta. Se è per questo, penso, “Inseparabili”. Uno dei miei favoriti. Non mi non lo so neanche io. Il film inizia. Lo sembrava vero. Lo sapevo! Un genio pazzo “sterminatore “ Lee viene portato negli uffici può essere compreso solo da un altro genio della polizia perché sospettato di essere uno pazzo, ancora meglio se ancora più genio e spacciatore della “polvere gialla”, la polvere forse più pazzo. Finalmente qualcuno che che serve per ammazzare gli scarafaggi ma aveva capito Burroughs. Finalmente che in realtà è una potente droga qualcuno che aveva avuto il coraggio di allucinogena e di cui è proprio la moglie la filmare l’infilmabile, di tradurre in cinema un principale consumatrice. I due poliziotti lo delirio letterario. lasciano da solo nella stanza con uno scatolone. “Vediamo se la polvere funziona”, dice quello cattivo dei due. Dallo scatolone esce uno scarafaggio gigante, che comincia a 18
parlare a William. Gli dice di essere un macchina nel senso di uomo-automobile, nel agente dell’Interzona, che lui è in pericolo e bruttissimo “Crash” (che uscirà qualche. che deve uccidere sua moglie, perché sua anno dopo), nel quale uomini sex-addicted si moglie è una spia. William prende una ecciteranno con gli incidenti stradali. Fu scarpa, fa a pezzi l’insettone e scappa quella l’unica volta che, rimasto inorridito. In sala qualcuno strabuzza gli praticamente solo in sala, avrei voluto occhi, qualcun altro ha lo sguardo davvero uscire dal cinema. catatonico. Probabilmente non hanno letto Qui invece la macchina è la macchina da Burroughs. Ma cosa pensavano di andare a scrivere e “Il Pasto Nudo” è un film sulla vedere, un film Disney? Penso io in un delirio scrittura. La scrittura come fuga dalla realtà, snobistico. La verità è che sono perplesso come fuga dalla depravazione e depravazione anche io. E anche piuttosto sconvolto. Ma il essa stessa. Lo scrittore non è padrone ma bello deve ancora venire. William si reca dal deve relazionarsi con la sua macchina, una Dott. Benway, uno psichiatra a capo del sorta di protesi mistica del corpo mortale. È Centro per il Ricondizionamento della lo stesso Burroughs a spiegarlo: “uno Repubblica per la Libertà, specializzato nel scrittore può scrivere soltanto di una cosa: di recupero di tossicodipendenti e criminali, che quello che c’è davanti ai suoi sensi al distribuisce la “carne nera”, una sostanza momento di scrivere…”, si limita ad essere ricavata dalla polvere di millepiedi asiatici uno “strumento di registrazione” della realtà. che annulla l’effetto della polvere gialla. Insomma una droga come antidoto ad un’altra droga. Lo sterminatore cammina per Los Angeles sotto l’effetto dell’allucinogeno, si imbatte in alcuni scrittori gay che tentano di sedurlo. Già, perché in questo film gli scrittori sono tutti omosessuali. E tutti drogati. Un tizio (uno scrittore?) lo abborda e lo ammonisce che per scrivere il suo rapporto ci vuole una macchina da scrivere speciale. In una valigetta c’è una “Clark Nova” portatile dotata di una “risonanza mistica”. Dovrà scrivere con quella. Il film prosegue in un susseguirsi di incontri al bar con creature mostruose e sessualmente attive, con l’omicidio accidentale della moglie (anche se Una scena del film di David Cronenberg del “non esistono incidenti”, come gli dice il suo misterioso interlocutore) e con l’incontro con 1991 la sosia della moglie, che sedurrà con la complicità della macchina da scrivere. Già, la Queste cose, ammesso che le abbia capite macchina da scrivere. E io che credevo fosse davvero, le ho capite dopo, a mente fredda, un dettaglio. Invece no. È lo stesso ragionando e riflettendo su quello che avevo Cronenberg, con l’aiuto di Burroughs, a letto e su quello che avevo visto. Il film invece spiegarcelo: “scrivere può essere pericoloso è stato uno shock, tra scarafaggi giganti, ma il pericolo viene dalla macchina”. lucertoloni dalla lingua biforcuta, mostri nel Insomma, se vuoi scrivere devi scegliere la corpo e mostri nella mente. Un delirio vero e macchina adatta o meglio è la macchina a proprio. “Il Pasto Nudo”, pensavo, non è un sceglierti, a guidarti, a drogarti. È la droga film sulla droga, è LA DROGA, un che ti fà vedere le macchine come mostruosi inquietante e contorto delirio allucinogeno scarafaggi, come insetti e come creature per stomaci forti. Non a caso negli antichi mostruose e lascive. Il rapporto tra il corpo e Blockbusters veniva catalogato nella sezione la macchina è un tema caro al regista “Horror”. canadese, c’era in “Videodrome” (dove l’uomo Quando uscii dal cinema avevo più o meno la si fonde, non solo idealmente, con la stessa espressione di Nanni Moretti in “Caro Televisione), ci sarà in “ExistenZ” (dove diario”, appunto, e anche io avrei avuto vedremo un game-pod che si connette voglia di torturare un critico cinematografico, direttamente alla spina dorsale, altro che proprio come aveva fatto lui, leggendogli Playstation!) e poi c’è il rapporto uomo- alcuni brani di sue recensioni; e c’era anche “Il Pasto Nudo di Cronenberg, puro pus underground ad alto costo…un vero cult- movie”. Il critico, però, in fondo aveva 19
ragione. Anche se “le parole sono pagina bianca. Non so esattamente se lo importanti”, il film di Cronenberg era scrittore debba essere un drogato ma deve destinato a diventare un cult-movie. E un essere quantomeno un fumatore, vuoi film quasi obbligatorio per chi voglia fare lo mettere! Al massimo si può aggiungere una scrittore. O per chi voglia, definitivamente, birra ghiacciata (da bere rigorosamente e rinunciarvi (“lascia stare di fare lo scrittore e direttamente dalla lattina) e una tazza di fila via di qui. È meglio”). Perché, si dice nel caffè nero, perché il rischio consapevole di film, se vuoi diventare scrittore e fare cardiopatie favorisce l’ispirazione. carriera, devi sperare in una “cospirazione”. Ma torniamo alla digestione. E cominciamo dal significato di “Pasto Nudo”: l’espressione La Digestione pare fosse stata suggerita all’autore dall’amico scrittore Jack Keruac per indicare Oggi, riscoprendo questo complicato film a il boccone sospeso sulla punta della distanza di quasi trent’anni, posso dire di forchetta, l’istante prima di venire fagocitato. averlo digerito, di avere digerito quel “Pasto” La chiave per comprendere (e per “digerire” il che mi sembrava così pesante e indigesto. pasto) non è tanto il cibo, o meglio la droga Come molte esperienze traumatiche, anche come cibo, come nutrimento ma piuttosto la questa, in fondo, mi ha fatto bene e mi ha scrittura. aiutato a comprendere, anche se ogni tanto Con il trascorrere degli anni, forse anche penso che forse sono semplicemente perché “ho visto cose che voi umani non impazzito in via definitiva. Io infatti non sono potete neanche immaginare…”, il racconto solo un lettore ma un bulimico letterario, un incomprensibile e spiazzante del libro e le compulsivo della narrazione, che per anni ha immagini orrorifiche e angoscianti del film tratto nutrimento da “droghe pesanti” quali hanno assunto contorni più sfumati, la letteratura e il cinema, al punto tale da insomma non mi angosciano più, non mi desiderare di fare l’attore prima e lo scrittore fanno più paura ma lasciano il posto ad una poi. Da piccolo volevo fare l’attore e solo per più rilassata consapevolezza: il linguaggio è la strenua opposizione di mia madre Piera l’arma di distruzione che lo scrittore prima ed mio padre, Mario, non mi iscrisse ad una il regista poi usano nei confronti del lettore, scuola di recitazione. Crescendo, e proprio come fa lo sterminatore con gli abbandonando qualunque velleità sportiva scarafaggi. La parola non è più il veicolo di (ero un tennista discreto ma solo da connessione tra gli esseri umani ma è una ragazzino, poi sono entrato nella spirale del sorta di “nuovo linguaggio” quello che gli calcetto e ho un po’ galleggiato in qualche autori tentano di esplorare: lo ha fatto e lo piscina ma lo sport non fa per me) e musicale farà ancora Cronenberg, a proposito del (anche per colpa della mia professoressa di quale si è efficacemente parlato di “nuova musica che alle medie mi ha fatto odiare quel carne”. Se si supera la parola, la connessione dannato triangolo a percussione, per cui al può avvenire solo attraverso la “dipendenza”, massimo potevo suonare l’uculele), ho erotica, ludica, letteraria. Lo sterminatore iniziato a scrivere, prima per passione poi non deve scrivere un romanzo ma un anche per lavoro e, ancora adesso che mi “rapporto” da consegnare ad una misteriosa avvio ad essere un cinquantenne brizzolato autorità e per farlo avrà bisogno di non con pancia di ordinanza, coltivo la passione essere cosciente, avrà bisogno di una della scrittura (attiva) e del cinema (come alterazione della mente (e del corpo) e spettatore patologico). soprattutto avrà bisogno della “macchina”, Riscoprendo Cronenberg (e Burroughs) ho che lo sostituirà progressivamente. Piaccia o riscoperto tanti scrittori che, come lui, hanno no, questo pazzo scatenato, questo scrittore fatto uso di droghe: Edgar Allan Poe, Charles drogatissimo ci ha visto lungo e David Dickens, Victor Hugo, R.L. Stevenson, J.P. Cronenberg, pazzo anche lui ma, almeno Sartre e perfino Elsa Morante. Confesso che nella vita, molto più equilibrato, ha avuto il ignoravo che ci fosse una così intima coraggio, come altre volte ha fatto, di connessione tra droga e scrittura, anche se, raccontare quello che non si può raccontare. come ho già detto, lo sospettavo. La parola sarà distrutta e inghiottita dalle Personalmente, quando scrivevo con la mia immagini e la carne dalle macchine, si macchina da scrivere Olivetti, mi sono fonderà con esse. Il “Pasto Nudo” è un film concesso al massimo qualche Lucky Strike per certi aspetti delirante ma è certamente (mi piaceva il pacchetto), forse anche solo per un film profetico, crudele, per nulla il gusto di scrivere con la sigaretta in bocca e rassicurante. E, soprattutto, è un film sulla con la nuvola di fumo che copriva le scrittura, sulla dipendenza e sulla libertà nefandezze che tentavo di tradurre sulla dello scrittore, minacciata, repressa, 20
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