La resistibile ascesa di Jair Bolsonaro - Le Funambole

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La resistibile ascesa di Jair Bolsonaro - Le Funambole
La resistibile ascesa di Jair Bolsonaro

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di TONI NEGRI.

1. La via democratica al fascismo. È diventata una scontata osservazione che ogni potere
sia “potere d’eccezione”. Peccato che quest’affermazione non spieghi la differenza tra un
regime fascista ed un regime costituzionale. Non c’è nessuna differenza, replica colui che
afferma la normalità dell’“eccezione”. Che vada dunque a spiegarlo ai cittadini brasiliani che
attendono l’insediamento di Bolsonaro e si sentirà rispondere: “Tu sei matto!”.

Nella tradizione del marxismo rivoluzionario si rifiuta l’analogia tra il regime democratico ed il
regime fascista. Quando negli anni ’20 la Terza Internazionale impose questa somiglianza (che
presto diventò un’identità) sappiamo come andò a finire. Con eguale attenzione e
discriminazione mi sembra si debba guardare al concetto di “potere costituente”: esso non può
essere confuso e neppure meticciato con l’“eccezione politica”, con il suo esercizio, come
invece sostengono i cultori dell’“autonomia del politico” sulle orme di Carl Schmitt – per i quali
il potere costituente non sarebbe che una figura dell’“eccezione”.

Rispetto a quanto avvenuto in Brasile, per tornare a noi, va notato in primo luogo il fatto che il
fascismo sia arrivato non attraverso un “colpo di Stato” classico (dall’esterno delle istituzioni
democratiche), attraverso l’“eccezione” (come più o meno avvenne per i fascismi americano-
latini fino a Pinochet e ai militari argentini), ma dall’interno del processo costituzionale; non
attraverso una rottura di legalità costituzionale, ma attraverso la costruzione costituzionale di
nuova legittimità. Mi sto, in secondo luogo, convincendo che probabilmente il governo
fascistizzante brasiliano non eserciterà il potere attraverso una mutazione esterna e violenta
del regime costituzionale ma piuttosto attraverso un’attenuazione morbida (salvo contro le
popolazioni nere) delle libertà civili e una governance della Costituzione esistente. Ovvero
attraverso la messa in movimento di una sorta di “potere costituente”, all’interno
della governance – funzionale, come assorbito in essa e capace di determinare profonde
modificazioni del tessuto costituzionale. Questo cammino perverso della democrazia, ora
affermatosi in Brasile, ma già sperimentato in parte o in toto in altre situazioni e in altri paesi
(Turchia, Egitto, ad esempio, senza parlare dei paesi ex-socialisti) va sottoposto a critica –
chiedendosi che cosa significhi più oggi “democrazia rappresentativa”, ma anche “democrazia”
in genere, e quindi come, in che forme e su quali obiettivi ci si debba muovere da parte di chi
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si proponga di costruire e di difendere una Costituzione che rispetti la libertà, costruisca
eguaglianza e ne preveda (proponga) le condizioni – e infine se sia ancora possibile porsi
queste questioni o non si debba riqualificare il tessuto stesso del questionamento.

2. Colpo di Stato istituzionale. “Colpo di Stato costituzionale” e/o “colpo di Stato
democratico”: così si può chiamare quanto avvenuto in Brasile, e ormai inserirlo in una nuova
accademica casella del diritto costituzionale. Il rovesciamento del potere legittimamente
esistente e la sua sostituzione con un potere non legittimato dal suffragio universale ma da un
organo dello Stato, il Congresso, si è realizzato dietro una maschera costituzionale. Si è
cominciato con l’impeachment della Presidente e si è continuato con la sua sostituzione,
semplicemente da parte del Congresso, escludendo una nuova elezione generale, dopo che da
poco tempo era stato rinnovato elettoralmente il mandato presidenziale. Il “colpo di Stato” è
poi proseguito (cosa non irrilevante) con l’immediata approvazione da parte del Congresso di
alcune leggi caratterizzanti un regime neoliberale (fra le quali emerge la fissazione per un
lungo periodo del divieto di aumentare la spesa pubblica) che hanno, immediatamente e
proditoriamente, rovesciato i paradigmi “materiali” della Costituzione esistente. Il legame fra
l’impeachment di Dilma per motivi politico-morali (corruzione) e la liquidazione dell’indirizzo
politico del suo governo attraverso l’affermazione costituzionale di un principio neoliberale,
rivela che la defenestrazione ha avuto una qualificazione politica di parte, cioè carattere di
“colpo di Stato” – essendo ad essa seguita una modificazione radicale dell’indirizzo politico del
governo o, come altrimenti si può dire, della “costituzione materiale”. Si è così liberata la
strada per la costruzione di contrafforti che, anche nel caso di nuove elezioni, evitassero che
una diversa maggioranza presidenziale (che i sondaggi attribuivano a Lula) potesse ristabilire
(perché ora costituzionalmente vietato) proposte non-liberali di redistribuzione del reddito o
comunque dispositivi alternativi alla legittimità economica nuovamente determinata. A
sostegno della continuazione di una politica liberale, e quindi sulla linea di un rinnovamento
delle politiche statuali fuori (e comunque prima) di una legittimazione popolare, si è poi mossa
la magistratura attraverso la condanna e la carcerazione di Lula e, successivamente, attraverso
la sua esclusione dal “voto passivo” (cioè dalla possibilità di essere votato). Non a caso, questa
magistratura è stata immediatamente cooptata nel governo Bolsonaro. Infine, le elezioni si
sono svolte sotto la minaccia – anche questa volta non “esterna” al processo istituzionale – di
un intervento dell’esercito nazionale, qualora la sinistra avesse trionfato nelle elezioni. Si è a
questo punto eletto il nuovo Presidente, un “fascista del XXI secolo”, restaurando in questo
modo a posteriori la legittimazione democratica del potere. Una restaurazione assai dubbia, in
ogni caso effettiva. Nel governo che entrerà in carica alla fine dell’anno, oltre al
procuratore Lava Jato (operazione che, come è stato espressamente dichiarato dal giudice
Greco, non ha nulla a che fare con Mani Pulite), siederà alle Finanze e all’Economia un Chicago
Boy, agli Esteri un uomo legato all’alt-right ed alle politiche di Trump, mentre all’esercito
saranno attribuite le funzioni del Ministro dell’Interno, di un Ministero dell’ordine.

Questo perverso cammino, dalla democrazia al fascismo, lineare, organizzato non da
movimenti esterni ma dalle stesse istituzioni del potere costituzionale, attraverso il conformarsi
degli organi di controllo (della magistratura in particolare) alle linee politiche dell’estrema
destra, il disvelarsi di un disegno coerente che corre attraverso le istituzioni, distruggendo ogni
legame ed incidendo su nuove conformazioni delle figure formali della Costituzione e
della materialità del suo indirizzo politico, garantita dal processo di legittimazione elettorale, e
quindi dissipando ogni carattere etico del principio democratico: tutto ciò impone, quando e
qualora l’indignazione si sia placata, una riflessione sul tema stesso della democrazia.

Ma non basta. Il fascio-populismo di Trump-Bolsonaro commette un ulteriore stupro della
democrazia. La “democrazia diretta” viene infatti qui assunta, in maniera massificata e
mistificata, da queste leadership fasciste e rovesciata da “modo di governo” in “figura di
legittimazione” del governo. I tweet di Trump interpretano questo rovesciamento. Social media
e media istituzionali si chinano ormai volentieri a questa funzione di legittimazione. Si può
anche aggiungere (e la letteratura su questo argomento è spropositata) che la producano – o
comunque la rendano possibile. Quando l’indignazione si sia placata dovremo ancora porci il
problema di una “libera espressione” infeudata al potere. È il primo dei problemi che un
movimento di resistenza, all’insegna di “libri, non armi” (come oggi si comincia a dire in
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Brasile), si dovrà porre, perché esso dovrà innanzitutto liberare la “libera espressione”. Certo,
la contraddizione fra libera espressione (costituzionalmente protetta) e denaro (= proprietà, =
corruzione, = uso criminale del falso da parte dei grandi media…) sembra insolubile. Ma lo è
solo per quelli che continuano a considerarla come un nodo gordiano e non confidano che una
spada possa tagliarlo. Una forza politica che voglia uscire dalla melma che democrazia e
fascismo, embedded, rappresentano, deve porre questo problema come primo da risolvere.

3. Un problema generale. Negli USA è in corso un processo analogo a quello brasiliano. La
solidità democratica e il pregio della Costituzione di quel paese impediscono per ora che il
processo di trasformazione abbia gli aspetti perversi e talora grotteschi di quanto sta
avvenendo in Brasile. Negli States, la presenza di forze di opposizione può ancora bloccare (e
comunque rendere incerto) il realizzarsi di una tendenza quale quella brasiliana. Ciò non toglie,
tuttavia, che un processo di consolidamento reazionario del potere sia in corso. Lo rilevano il
pesante spostamento del Partito repubblicano verso lo “zoccolo duro” trumpiano (e, dietro
questo, a quello suprematista, alt-right), la destinazione ventennale della Corte suprema su
posizioni ultra-conservatrici, la realizzazione di colossali operazioni finanziarie di controllo
mediatico del voto, ecc.

In maniera ben più fragile, ma con accelerazioni talora feroci, processi analoghi stanno
avvenendo anche in Italia. Comunque l’orizzonte politico populista si allarga in Europa e in
America latina. Questa estensione approfondisce drammaticamente il problema sopra posto:
come avviene che il fascismo si affermi dentro/attraverso le istituzioni democratiche? E, in
secondo luogo, che cosa è questa insorgenza fascistizzante?

Cercheremo, se non di dare risposta, di introdurre più largamente questa domanda, nel
prosieguo. Per ora contentiamoci di definire questo strano fascismo che qui si presenta in
coniugazione profonda con il neoliberalismo. Meglio, cerchiamo di definire le difficoltà di
realizzazione che, a noi sembra, un nuovo esperimento radicale delle teorie di Chicago debba
trovare nel suo sviluppo. Le attuali conversioni fascistizzanti della classe dirigente capitalista
(non tutta, per il momento) sembrano infatti determinate dalla necessità di appoggiare con più
forza, con tutti i mezzi dello Stato, costrittivamente, uno sviluppo more neoliberale in profonda
crisi. È importante sottolineare questa consueta difformità: la forza dell’autoritarismo è
chiamata a sostegno della crisi del liberismo. Ora, in questa prospettiva, il fascismo sembra
presentarsi (anche se non solo) come faccia dura del neoliberalismo, come pesante recupero
del sovranismo, come inversione dello slogan “prima il mercato poi lo Stato”, in varie figure,
sui punti di massima difficoltà dello sviluppo, o di rottura dei suoi dispositivi, oppure, meglio, a
fronte di forti resistenze che eventualmente emergano.

È un riflesso reazionario quello che caratterizza questo fascismo. Questo lo distingue dai
fascismi degli anni ’20-’30 che reazionari erano certamente sul terreno politico mentre sul
terreno economico potevano essere relativamente progressisti, pseudo-keynesiani.
Probabilmente questa reazione è dunque sintomo di debolezza, è effetto di risposta più che di
attacco. Ne è prova il fatto che queste istanze fasciste, piuttosto che tecniche totalitarie,
sembra intendano utilizzare meccanismi flessibili per la trasformazione autoritaria dello Stato,
calibrando la governance come una sorta di nuovo perverso “potere costituente”… Ma queste
sono previsioni che solo l’intensità della lotta di classe a venire potrà confermare o negare.

Resta comunque da chiedersi: che cos’è questo fascismo del XXI secolo? Quello del XX voleva
distruggere i soviet, in Russia e ovunque nel mondo si trovassero. Oggi dove sono i
“bolscevichi”? Sono evidentemente fantasticati. Ma la fatica del neoliberalismo a consolidarsi,
le crisi politiche che si aggiungono a quelle economiche, resuscitano la paura dei “bolscevichi”.
Questa insistenza sbalordisce.

Per cercare di razionalizzarla avanziamo un’ipotesi che ci permetta di qualificare queste
tendenze fasciste in un’epoca nella quale lo sviluppo del modo di produzione ha posto la
moltitudine al centro della lotta di classe. Ora, la moltitudine è un insieme di singolarità,
connesse dalla cooperazione sociale. L’elemento della cooperazione è per la moltitudine (in
specie per quella metropolitana) il punto centrale della sua esistenza di classe. In termini
produttivi, questa potenza cooperativa spinge la moltitudine verso il comune. Quando però
intervengono forti tensioni che agiscono sulle singolarità (che compongono la moltitudine), in
termini ad esempio di insicurezza economica o ambientale e di paura del futuro, allora la
cooperazione moltitudinaria può implodere in termini di difesa identitaria. Il fascismo del XXI
secolo sembra sostenersi su questi incidenti della natura cooperativa della moltitudine.

4. Fascismo e neoliberalismo. Se, ai tempi di Platone, le costituzioni democratiche
risultavano inadeguate a bloccare la crisi della democrazia, nell’attuale situazione esse
favoriscono l’ascesa del fascismo, generando corruzione.

Le costituzioni democratiche moderne erano organizzate su un confronto dinamico degli
interessi, eventualmente coalizzati a destra e a sinistra, attorno ad un modello di inimicizia e di
pacifica, normata soluzione di questa, nell’ipotesi di una composizione equilibrata degli
interessi contrastanti. Oggi, la globalizzazione ha spinto verso la omogeneizzazione
delle governance a livello globale (si potrebbe dire verso la loro omologazione), sicché
governare nella globalizzazione esige oggi di comporre il rapporto fra costituzione formale e
quella materiale attraverso l’inserzione nella prima di regole sviluppate dai rapporti monetari
multinazionali delle imprese sul mercato globale – e quindi di elidere sostanzialmente il
confronto/conflitto, interno alla costituzione stessa. L’“estremismo di centro”, le “GroKo” sono
stati, in questo senso, momenti fondamentali nel ricomporre, attraverso la governance, profili
costituzionali ormai ampliatisi a livello globale. Ma questa fase è terminata e l’accentuarsi dei
conflitti nella globalizzazione sospinge le formule tradizionali di governance democratico-liberali
ad una crisi profonda. Si susseguono quindi esperimenti di rottura: America first, Brexit e ora
Brazil first, Italy first…

È qui che le governance (ossia quell’insieme di dispositivi che ha unitariamente configurato
l’orizzonte di governo nazionale e quello globale) si trovano a subire sempre più frequenti
incidenti costituzionali che hanno soprattutto l’effetto di obliterare quegli aspetti di “democrazia
progressiva” che le Costituzioni avevano ereditato dal secondo dopoguerra e dalla fine della
Guerra fredda. In tal modo si trasformano le facce degli Stati in barba alla democrazia. La
lunga crisi del 2007 ha peggiorato le cose. Governare la crisi ha sempre significato che la crisi
imponesse le sue esigenze alla democrazia. Oggi, misuriamo in maniera piena le conseguenze
di questi incidenti. Sempre di più le dinamiche dialettiche costituzionali sono disattese, le
opposizioni integrate alla governance, il keynesismo distrutto col consenso dei keynesiani. Le
eventuali operazioni di “eccezione” si dànno direttamente all’interno
della governancedemocratica, quasi come nascoste articolazioni di “potere costituente”,
piuttosto che attraverso opzioni e meccanismi controllabili. Voglio dire che la trasformazione
che questi movimenti accennano è ormai comandata da un potere distruttivo della democrazia.

Con la crisi e l’indebolirsi della potenza americana che aveva finora determinato un certo
equilibrio globale, pur nel colore del suo dominio, questi processi si sono accelerati, portando
caos ovunque. Il nuovo fascismo si installa dentro questo caos. Armandosi del neoliberalismo
come progetto per dominarlo, troverà condizioni durature di sviluppo? È assai difficile. In
queste condizioni, il neoliberalismo si trova come in una situazione disperata, se vuol
ricostruire equilibrio. Avendo dislocato o respinto il vecchio equilibrio costituzionale
democratico, è ora come esposto sul vuoto. Ha bisogno di qualcosa di nuovo, che risponda alle
nuove difficoltà, e non lo trova che in forme di autoritarismo, di rinnovato fascismo… Per
sopravvivere a questo passaggio nel vuoto, deve ricorrere a strumenti mediatici, ideologici e
deve infamare e distruggere le forze che lo hanno contrastato (spesso timidamente o
addirittura anticipandone le direzioni distruttive – questa crisi è lunga e profonda e le
responsabilità sono ancora tutte da definire). Erano forze social-democratiche, keynesiane.
Ora, i neoliberali che costruiscono le nuove formule di governo fascistizzanti in Brasile, li
chiamano “comunisti” e “bolivariani”, sostenitori del caos… Negli USA li riconoscono
come bobo metropolitani e sovvertitori dell’identità nazionale… Questo fascismo fondato sul
vuoto ideologico si qualifica dunque come falsificatore della memoria e restauratore reazionario
di identità passate. Che sia un passato schiavista, come in USA, importa; che sia un presente
schiavista, come in Brasile, questo preoccupa ancor di più.
5. Non aver paura. I miei amici brasiliani si chiedono come la vittoria di Bolsonaro sia stata
possibile, perché i loro concittadini lo abbiano votato in maniera così massiccia. La risposta è
semplice: non hanno votato il fascismo, hanno votato piuttosto per la fine della corruzione e
dell’insicurezza, in quella congiuntura critica per la loro vita che, appunto, una parte della
popolazione imputava al PT. Non è poi difficile pensare che il movente razzista e la difesa della
famiglia (si veda la spropositata polemica sul genere) abbiano costruito il coagulo fascista di
quel disagio. È facile profezia pensare che, come già abbiamo detto, Bolsonaro non ce la farà a
istituire il suo governo come regime. Per lui si aggiungono, a quelli che abbiamo sopra
ricordato come ostacoli al matrimonio fascismo/liberismo, specifiche difficoltà interne:
bisognerà infatti (a fronte degli impedimenti tattici che lo sparpagliamento del voto crea nel
Congresso) continuare a comperare le maggioranze parlamentari dagli evangelici o da altri
mercenari; il prezzo da pagare agli agrari per l’appoggio elettorale, per il sostegno al governo e
nella contrattazione dei limiti ecologici all’espansione dei loro interessi, sarà ancora più salato;
le estreme proposte di privatizzazione del patrimonio pubblico troveranno l’ostilità dell’esercito
a nome della nazione, ecc. ecc. Non sarà per lui facile avanzare. Ed anche il consolidamento di
questa vittoria sarà difficile, molto difficile e si scontrerà contraddittoriamente con le stesse
costanti dell’economia brasiliana (aperte ai mercati internazionali dell’alimentare e dell’energia,
chiuse sui limiti ecologici di enorme importanza, sollecitate ad una forte dinamica produttiva
dall’ampiezza del mercato del lavoro…). Siamo – ci sembra – su un margine sul quale le
promesse della vittoria di Bolsonaro si scontrano con le intenzioni dei suoi sostenitori
neoliberali. Come potranno equilibrarsi? Non siamo negli anni ’30, quando il fascismo si
organizzava su una pianificazione in favore della grande industria (di guerra) e del grande
capitale bancario – con ridondanze tuttavia di immediati vantaggi sociali per il proletariato.

Quello che fa tremare, dopo la vittoria di Bolsonaro, è prevedere i disastri che comunque
questo governo produrrà, incapace di sviluppare un disegno politico che si scosti da un terreno
di razzia contro i poveri, i neri ed in generale da una proposta antisociale – come mostra il suo
programma ultraliberale. Militarista, omofobo, machista, premuto dall’odio per una popolazione
ormai maggioritariamente colorata, nera (siamo ben lontani dal 54 % ancora bianco del
censimento del 2000), Bolsonaro sarà esposto alla spinta demografica non bianca che aumenta
incessantemente. Il disastro che lo attende è enorme ma le conseguenze saranno lunghe negli
anni a venire.

Che fare, ora? È necessario smettere di piangere, occorre mettersi a lavoro, confortati dalla
consapevolezza che il quadro fascista è ancora debole. In che senso, con quale spirito mettersi
a lavoro? Già si misurano le provocazioni e nel futuro si moltiplicheranno. Nelle università
appaiono squadracce che provocano, gruppi di destra sono a lavoro per costruire elenchi di
“comunisti”, i programmi scolastici cominciano ad essere riempiti di richiami ad un passato
schiavista, ecc. ecc. È necessario non aver paura. Non aver paura diviene l’elemento centrale
per la costruzione di una resistenza.

Il fascismo si sostiene sulla paura. Qui esso suscita e coltiva la paura del negro e quella del
comunista. Ma questa coppia è simbolo della vita e la sua lotta è segno di liberazione. I partiti
della sinistra, a partire dall’irrecuperabile PT, sono in crisi. È sul rapporto e la ricomposizione
politica di neri e di comunisti che una sinistra radicalmente antifascista può essere costruita.
Questo passaggio è fondamentale. Non c’è antifascismo in Brasile senza una ricomposizione
politica dei comunisti bianchi e della popolazione di colore. Inutile aggiungere che di questa
ricomposizione i movimenti femminili sono già da oggi la scintilla. Questi sono movimenti
maggioritari e la maggioranza non ha paura.

Jair Bolsonaro Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
                  38º Presidente del Brasile
                          In carica
Inizio mandato 1º gennaio 2019
  Predecessore Michel Temer

    Deputato federale per lo Stato di Rio de Janeiro
               1º febbraio 1991 –
Durata mandato
               31 dicembre 2018

         Vereador della Città di Rio de Janeiro
               1º febbraio 1989 –
Durata mandato
               1º febbraio 1991

                        Dati generali
 Partito politico Partito Social-Liberale
                  Anticomunismo
                  Antifemminismo
                  Autoritarismo
Tendenza politica Conservatorismo
                  Militarismo
                  Nazionalismo brasiliano
                  Populismo di destra
  Professione     Militare riservista dell'Esercito Brasiliano
     Firma

Jair Messias Bolsonaro (Glicério, 21 marzo 1955) è un politico brasiliano, Presidente del
Brasile dal 1º gennaio 2019.

Biografia

Jair con i suoi genitori, Olinda e Geraldo Bolsonaro, nel 1974, all'Accademia Militare delle Aghi
Neri. Jair Bolsonaro è nato a Glicério[1], San Paolo, da Perci Geraldo Bolsonaro e Olinda
Bonturi, entrambi di origine italiana. La famiglia di suo nonno paterno viene dal Veneto, più
precisamente del comune di San Martino di Venezze, in provincia di Rovigo, o del comune
di Anguillara Veneta, in provincia di Padova. Il bisnonno, Vittorio Bolzonaro (il cognome era
originariamente scritto con una Z), nacque il 12 aprile 1878. I genitori di Vittorio emigrarono in
Brasile quando aveva dieci anni, insieme alla sorella Giovanna e al fratellino Tranquillo. Da
parte di padre, Bolsonaro ha anche origini tedesche e calabresi: il bisnonno Carl "Carlos"
Hintze nacque ad Amburgo intorno al 1876 e immigrò in Brasile nel 1883, mentre Luzia Caliò
era di origine calabrese. Guido Bonturi e Argentina Pardini, nonni materni di Jair Bolsonaro,
erano toscani di Lucca, e immigrarono in Brasile negli anni novanta del XIX secolo.[2]

Dopo la scuola superiore ha frequentato l'Academia Militar das Agulhas Negras a Resende,
diplomandosi nel 1977 in artiglieria. Ufficiale di carriera, ha prestato servizio nei reparti di
artiglieria e paracadutisti dell'Exército Brasileiro. Passato con il grado di capitano nel 1988 nella
riserva, fu eletto alcuni mesi dopo consigliere comunale a Rio de Janeiro.

Bolsonaro si è sposato tre volte e ha cinque figli. La prima moglie è stata Rogéria Bolsonaro
con la quale ha avuto tre figli: Flávio, Carlos e Eduardo. In seconde nozze si è sposato con Ana
Cristina, con la quale ha avuto il quarto figlio maschio, Renan. La sua terza moglie è Michelle
de Paula Firmo Reinaldo Bolsonaro, con la quale ha avuto la sua unica figlia femmina, Laura. Il
figlio Eduardo è un politico di estrema destra ed ultra cattolico; nel 2018 è stato eletto al
parlamento federale con un milione e 843.000 preferenze, il più votato nella storia del
Brasile.[3]
Deputato
È membro della Camera dei Deputati del Brasile dal 1991, sempre riconfermato, prima con
il Partido Democrata Cristão, poi con il Partido da Frente Libera e infine con il Partito Social
Cristiano brasiliano.

Nel 1993, quando era un deputato della Camera bassa del Congresso nazionale del Brasile,
Bolsonaro fece un discorso che sconvolse diversi suoi colleghi: si disse estimatore del passato
regime militare in Brasile (1964-1985) e aggiunse che la democrazia non era in grado di
risolvere i gravi problemi che affliggevano il paese.[4]

Nel 2016 annunciò la sua precandidatura per le elezioni del 2018 per la presidenza della
Repubblica nel Partito Sociale Cristiano, partito che però lasciò nel gennaio 2018.[5]

La vittoria alle elezioni presidenziali del 2018
Primo nei sondaggi in previsione delle elezioni presidenziali del 2018 dopo l'esclusione del
condannato ex presidente Lula da Silva, porta avanti convinzioni populiste e idee di
destra.[6] Il 22 luglio è annunciato come candidato ufficiale del Partito Social-Liberale alla
presidenza della Repubblica. Bolsonaro ottiene anche l'appoggio del Partito Laburista
Rinnovatore Brasiliano (PRTB), che indica come vicepresidente il generale Hamilton Mourão.
Bolsonaro è stato fortemente sostenuto anche dalle chiese evangeliche brasiliane, pur essendo
di religione cattolica.[7]

Tra gli altri principali sostenitori di Bolsonaro si sono segnalati, fin dalle prime battute della
campagna elettorale, gli esponenti della finanza e del mondo agrario (i fazendeiros), attratti o
dalla capacità di Bolsonaro di cambiare agenda politica rispetto all'era del Partito dei Lavoratori
o dalle sue prese di posizione contrarie alle numerose regolamentazioni ambientali che
tutelano la ricchissima biodiversità brasiliana e pongono vincoli all’attività economica in campo
agricolo, minerario e commerciale nelle delicate regioni protette, prime fra tutte quelle
dell’Amazzonia.[8] A favorire l'avvicinamento a Bolsonaro della finanza brasiliana è stata la
scelta di Paulo Guedes, esponente della scuola liberale dei Chicago Boys, come ideatore del
programma di politica economica del Partito Social-Liberale, fondato su tagli alle imposte,
privatizzazioni e liberalizzazioni di servizi a controllo statale.[9] In campo geopolitico,
Bolsonaro ha espresso una forte vicinanza agli Stati Uniti e un'aperta ostilità per i regimi
politici socialisti latinoamericani, primo fra tutti quello del Venezuela di Nicolás Maduro.[10]

Il 6 settembre 2018 Bolsonaro viene accoltellato durante una manifestazione elettorale a Juiz
de Fora da un sostenitore dell'estrema sinistra e una volta portato in ospedale viene operato
per fermare l'emorragia all'intestino.[11] Alle elezioni del 7 ottobre al primo turno ottiene il
46% dei voti e va al ballottaggio con Fernando Haddad, esponente del Partito dei Lavoratori.

Al secondo turno delle elezioni del 28 ottobre ottiene il 55,13% dei voti validi (il suo rivale
Fernando Haddad il 44,87%) e viene eletto 38º presidente della Repubblica Federale del
Brasile.[12]

Mandato presidenziale
Bolsonaro è entrato in carica il 1º gennaio 2019. Nel gabinetto di governo ha nominato
esponenti del suo Partito Social-Liberale e di altre formazioni di destra e conservatrici del
panorama politico brasiliano. Oltre al vicepresidente Hamilton Mourão, il governo comprende
otto ministri di provenienza militare, tra cui il ministro della Difesa Fernando Azevedo.

Tra le personalità della società civile brasiliana nominata in ruoli di primo piano da Bolsonaro
un ruolo di spicco è stato riservato a Sérgio Moro e Paulo Guedes; il primo, procuratore capo
nell'inchiesta giudiziaria Lava Jato che ha fortemente condizionato la politica brasiliana negli
anni precedenti l'ascesa di Bolsonaro, è stato nominato Ministro della Giustizia, mentre il
secondo, ideatore dell'agenda economica di Bolsonaro, è entrato in carica come Ministro
dell'Economia.[13]

Non appena insediato, ha promosso azioni volte a diminuire i diritti delle persone omosessuali,
bisessuali e transessuali. Uno dei primissimi provvedimenti govenativi è stato quello di
escludere le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) dal raggio di azione del
ministero delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani.[14] Ha eliminato dalle linee guida
governative per la promozione dei diritti umani le persone LGBT che erano menzionate accanto
alle "donne, i bambini e gli adolescenti, i giovani, gli anziani, i disabili, i neri, le minoranze
etniche e sociali".[14]

A fine gennaio 2019 il Brasile di Bolsonaro si unisce alla posizione degli Stati Uniti nella crisi
presidenziale venezuelana disconoscendo il presidente Nicolas Maduro a favore di Juan Guaidó,
autoproclamatosi capo dello Stato ad interim[15].

Controversie

«Con il voto non cambierà niente in questo Paese. Purtroppo le cose cambieranno solo quando un giorno partiremo per una
guerra civile qui dentro e faremo il lavoro che il regime militare non ha fatto, cioè uccidendo 30 mila persone, cominciando
da Fernando Henrique Cardoso. Se morirà qualche innocente non fa niente, in ogni guerra muoiono innocenti.»
(Dichiarazione del 1999 sulla dittatura militare)

Bolsonaro è stato accusato dai critici brasiliani e stranieri di fascismo[16], di aver impostato
una campagna elettorale sulla disinformazione e le fake news[17], ed è stato avvicinato alle
idee dell'alt-right statunitense.[18]

Soprannominato il «Trump brasiliano» e paragonato al filippino Rodrigo Duterte[19], Jair
Bolsonaro è noto per le diverse dichiarazioni controverse. Oltre all'apprezzamento per
la dittatura militare e a dichiarazioni di disprezzo verso i parenti dei desaparecidos[20], egli ha
esposto posizioni reazionarie e ultra-conservatrici su questioni come l'omosessualità, la parità
di diritti tra uomo e donna, il razzismo verso i neri, gli indios e gli immigrati, i non cristiani,
la violenza sessuale, il porto d'armi, l'aborto, l'immigrazione e la difesa dell'ambiente.[21]

«Sarei incapace di amare un figlio omosessuale. Non sarò un ipocrita: preferirei che mio figlio morisse in un incidente piuttosto
che presentarsi con un tipo con i baffi. [22]»
(Giugno 2011)
«Se vedo due uomini che si baciano per strada, li uccido.[22]»
(Ottobre 2002)

Bolsonaro ha espresso il suo sostegno alla tortura[23] e alla pena di morte.[24]

Onorificenze brasiliane

            Gran Maestro e Gran Collare dell'Ordine nazionale della Croce del Sud
            — 1º gennaio 2019
            Gran Maestro e Gran Croce dell'Ordine del Rio Branco
            — 1º gennaio 2019
            Gran Maestro e Gran Croce dell'Ordine al Merito Militare
            — 1º gennaio 2019
            Gran Maestro e Gran Croce dell'Ordine al Merito della Marina Militare
            — 1º gennaio 2019
            Gran Maestro e Gran Croce dell'Ordine al Merito dell'Aviazione Militare
            — 1º gennaio 2019
Gran Maestro e Gran Croce dell'Ordine al Merito della Magistratura Militare
          — 1º gennaio 2019

Note

       1. ^ Ufficialmente, Jair Bolsonaro è originario di Campinas. Essendo nato a Glicerio, fu
           registrato dai suoi genitori in un'altra città.
       2. ^ Desiderio Peron con traduzione di Claudio Piacentini, Taddone revela genealogia de
           Bolsonaro: 13 dos 16 trisavôs do candidato são italianos da Toscana, do Vêneto e da
           Calábria, su insieme.com.br, 23 ottobre 2018.
       3. ^ Piccoli populisti crescono: Bolsonaro Jr arruolato da Steve Bannon, su Il Dubbio, 6
           febbraio 2019. URL consultato il 6 febbraio 2019.
       4. ^ A disciple of Brazil's dictatorship moves closer to the presidency.
       5. ^ Jair Bolsonaro é apresentado como pré-candidato à Presidência da República,
           su extra.globo.com.
       6. ^ Pablo Ochoa, Jair Bolsonaro: Why Brazilian women are saying #NotHim, BBC news,
           21 settembre 2018.
       7. ^ Andrea Muratore, Chi è Jair Bolsonaro, leader della destra brasiliana,
           in Occhidellaguerra.it, 19 settembre 2018. URL consultato il 28 dicembre 2018.
       8. ^ Andrea Muratore, Bolsonaro dichiara guerra all'ambiente, in Occhidellaguerra.it, 29
           ottobre 2018. URL consultato il 28 dicembre 2018.
       9. ^ Andrea Muratore, Da Pinochet a Bolsonaro, Paulo Guedes è l'ultimo dei Chicago
           Boys, in Occhidellaguerra.it, 15 ottobre 2018. URL consultato il 28 dicembre 2018.
       10. ^ Luigi Maria Romano, Brasile, dopo la vittoria di Bolsonaro un intervento in
           Venezuela?, in Occhidellaguerra.it, 20 ottobre 2018. URL consultato il 28 dicembre
           2018.
       11. ^ Brasile: Bolsonaro accoltellato, il candidato di destra è in testa nei sondaggi.
       12. ^ Brasile, Bolsonaro presidente, vince l'estrema destra, su it.reuters.com, 29 ottobre
           2018.

        Repubblica
        https://www.repubblica.it/esteri/2018/02/27/news/fake_news_brasile-
        189903009/?ref=search
        Brasile, allarme fake news sulla campagna elettorale
        In autunno il più grande Paese dell'America Latina andrà alle urne: la candidata di
        sinistra Marina Silva denuncia una campagna di delegittimazione contro di lei
        di DANIELE MASTROGIACOMO
        27 febbraio 2018
        Marina Silva (ansa)

        RIO DE JANEIRO – Le fake news minacciano di inquinare la campagna elettorale in
        Brasile. L’allarme era già stata lanciato all’inizio dell’anno. Il governo era corso ai ripari
        e aveva creato una task force che sta mettendo a punto un algoritmo in grado di
        individuare i falsi ed eliminarli dalla rete. Non è un processo facile. Si tratta di mediare
        tra il diritto alla libera informazione e di pensiero e l’altrettanto diritto ad una
        comunicazione non condizionata da distorsioni ideologiche.

        Prima vittima delle fake è stata la candidata della sinistra Marina Silva, al terzo posto
        nella scala dei consensi, dietro l'ex presidente Lula da Silva e Jair Bolsonaro, l’ex
        parà che guida l’estrema destra. “Le notizie false non sono cominciate con Trump”, ha
        denunciato la leader ambientalista che ha raccolto alle ultime elezioni ben 22 milioni di
        voti, “sono iniziate con me sin dal 2014. C’erano notizie false che arrivavano da ogni
        lato. Ho vissuto un travolgente processo di delegittimazione tramite la diffusione di
        centinaia di bugie che ho faticato a respingere e a chiarire”.
        La storia si ripete anche in queste settimane che hanno aperto la campagna elettorale.
        Girano notizie su cambiamenti radicali nella politica di Marina Silva. Da sempre
        paladina a difesa dell’Amazzonia e contraria ai progetti di vendita ai privati di intere
aree sottoposte a vincoli ambientali, l’esponente politica adesso viene indicata come la
       donna che distruggerà la foresta pluviale, porrà fine ai programmi destinati alla
       popolazione più povera, rilancerà quelli che per sostenere i banchieri, fino alla messa al
       bando delle feste cattoliche a favore di quelle delle chiese evangeliche.

       Spazzatura, appunto. Ma che tramite i feed di Twitter e le condivisioni sui social finisce
       per diventare una tempesta di falsi che acquistano credibilità. L’incertezza delle
       prossime elezioni, con Lula fuori gioco, costretto a combattere per evitare il carcere, e il
       35 per cento dei suoi voti a disposizione, ci sono crescenti segnali di attività intense
       delle centrali, anche estere, pronte a scendere in campo per distorcere la realtà. I
       campi di battaglia sono soprattutto i social su cui puntano molto i diversi candidati.

       Il Brasile è il terzo mercato più grande di Facebook, dopo India e Usa, con 130 milioni di
       utenti su una popolazione di 208 milioni. Almeno 100 milioni di cittadini usano
       WhatsApp, considerato il social con cui si creano i forum, si discute, si rilancia, si
       condivide, si comunica e si telefona. E’ molto facile innestare una valanga di reazioni su
       una notizia che viene lanciata sulla rete per scoprire solo dopo, a danni compiuti, che si
       trattava di un falso. La crisi economica, la perdita del lavoro, l’ondata di arresti con
       migliaia di episodi di piccole e grandi corruzioni, hanno creato il clima ideale per sfogare
       rabbia e frustrazione. Un terreno fertile per inserire falsi che nel dubbio diventano
       verità.

https://www.repubblica.it/esteri/2018/09/06/news/brasile_ferito_a_coltellate_il_candidato_alle_preside
nziali_di_estrema_destra_bolsonaro-205781034/?ref=search

Brasile, ferito a coltellate il candidato alle presidenziali di estrema destra Bolsonaro

(ap)
L'agguato all'esponente politico durante una manifestazione elettorale nello stato di Minais
Gerais. L'aggressore è stato arrestato: sarebbe un sostenitore dell'ex presidente Lula.
Probabile l'interruzione della campagna elettorale per il voto del 7 ottobre
06 settembre 2018
A un mese dal voto, la violenza ha fatto irruzione nella campagna elettorale in Brasile: Jair
Bolsonaro, il candidato di estrema destra in testa ai sondaggi per le presidenziali del 7
ottobre, è stato accoltellato mentre partecipava ad una manifestazione elettorale a Juiz de
Fora, nello stato di Minas Gerais.

Bolsonaro, ferito all'arteria mesenterica e all'intestino, è stato operato d'urgenza e ora le sue
condizioni sono definite "stabili" dai medici. Il candidato era portato in braccio dai suoi
simpatizzanti per la strada, quando è stato colpito da una coltellata sferratagli da un uomo che
si era avvicinato a lui fra il pubblico presente. L'aggressore ha rischiato di essere linciato dalla
folla, ma è stato rapidamente catturato dalla polizia militare.

Gli interventi chirurgici ai quali è stato sottoposto Jair Bolsonaro - ci vorranno almeno
una settimana di ricovero e tre di convalescenza - impediranno al candidato dell'estrema
destra brasiliana di proseguire alla campagna elettorale, ma l'annuncio ufficiale ancora non è
arrivato.

Il responsabile dell'attentato è stato identificato come Adelio Bispo de Oliveira, un 40enne di
Minas Gerais che si è dichiarato colpevole. Nel suo profilo di Facebook, l'aggressore aveva
pubblicato messaggi contrari a Bolsonaro e dichiarazioni politiche confuse, segnate da teorie
cospirazioniste con riferimenti ai massoni e agli Illuminati ed espressioni di simpatia per il
presidente venezuelano Nicolas Maduro e il movimento comunista.

De Oliveira aveva inoltre postato messaggi a favore della scarcerazione di Luiz Inacio Lula da
Silva, l'ex presidente che sta scontando una condanna a 12 anni di reclusione per corruzione e
riciglaggio e che figurava primo nei sondaggi per la consultazione del mese prossimo, ma che è
stato giudicato incandidabile dal Tribunale Supremo Elettorale.
Ma Fernando Haddad, il candidato vicepresidente del Partito dei Lavoratori (Pt) di Lula, che
molto probabilmente prenderà il suo posto, si è unito al coro di condanna dell'attentato,
definendolo "inaccettabile" e augurando a Bolsonaro che guarisca al più presto dalle ferite
subite.

Anche Il presidente brasiliano, Michel Temer, e gli altri principali candidati alla presidenza
hanno condannato l'attentato, sottolineando che l'episodio rivela il clima di polarizzazione e
radicalizzazione che segna attualmente il dibattito politico nel paese. Quanto accaduto, ha
affermato Temer, "rivela che dobbiamo prendere coscienza dell'intolleranza che esiste nella
società brasiliana".

Dirigenti del Partito social-liberale (Psl), al quale appartiene Bolsonaro, hanno chiesto ai
responsabili dell'inchiesta sull'attentato che accertino al più presto se si è trattato di un gesto
isolato o se esiste un mandante dell'aggressione.

E a poche ore dall'attentato emerge un ritratto confuso, secondo i media brasiliani, di Adelio
Bispo de Oliveira. Il Partito Socialismo e Libertà - una piccola formazione di estrema sinistra, il
cui candidato alla presidenza, Guilherme Boulos, ha condannato l'aggressione contro Bolsonaro
- ha confermato che Olivera è stato iscritto al partito dal 2007 al 2014, ma si era
successivamente allontanato.

"Non mi ricordo di lui come militante, ho appena cominciato ad indagare su questa situazione,
per cui non ho avuti tempo di parlare con chi lo conosceva, per sapere che tipo era", ha
indicato la responsabile del partito per Minas Gerais, Maria da Consolacao Rocha.

Da parte sua, l'avvocato di Bispo de Olivera, Pedro Olivera do Santos, ha detto ai cronisti che il
suo cliente aveva agito per "motivazioni personali, politiche e religiose", a causa delle prese di
posizione di Bolsonaro "riguardo alle donne, la religione e le razze". Louis Boudens, presidente
della Federazione nazionale della polizia federale, citato dal sito web della rivista Piaui, ha
raccontato che dopo il suo arresto Olivera "ha detto subito che la sua era una missione divina,
che aveva agito per ordine di Dio".

Una nipote di Oliveira, Jussara Ramos - citata dal sito Buzzfeed - ha detto che malgrado non
mantenesse rapporti con lui da tre-quattro anni sapeva che "anche se prima era stato
missionario di una chiesa evangelica, negli ultimi tempi aveva idee molto strane e parlava da
solo". Durante la sua ultima visita alla famiglia, ha raccontato, "rispondeva alle cose che
sentiva nei servizi del telegionale, e non sopportava essere contraddetto".

Nel suo profilo di Facebook l'aggressore aveva pubblicato messaggi contrari a Bolsonaro e
dichiarazioni politiche confuse, segnate da teorie cospirazioniste, con riferimenti ai massoni e
agli Illuminati ed espressioni di simpatia per il presidente venezuelano Nicolas Maduro e il
movimento comunista.

Brasile, Bolsonaro in gravi condizioni: salta la campagna delle
presidenziali

(ansa)

L'attentato al candidato di estrema destra ha imposto uno stop alla campagna elettorale a
un mese dal voto

07 settembre 2018
RIO DE JANEIRO. I due candidati favoriti alla presidenza del Brasile, sono fuori corsa. A Luiz
Inacio Lula da Silva è stato respinto il ricorso dalla Tribunale federale e quindo non gli verrà
permessa la partecipazione alla campagna elettorale. Jair Bolsonaro, il candidato di estrema
destra, è ancora in gravi condizioni all'ospedale Santa Casa de Juiz de Fora, dopo che durante
un comizio è stato accoltellato all'addome da un uomo che alla polizia ha detto di aver agito
"su ordine di Dio", il 63enne candidato del Partito Social-liberale, in testa nelle intenzioni di
voto per le presidenziali del 7 ottobre, non sarà dimesso "prima di una settimana, 10
giorni". Ed è ufficiale che non parteciperà alla campagna.

Bolsonaro è stato aggredito mentre era portato in spalle dai suoi sostenitori, in un comizio
nella città di Juiz de Flora, a metà strada tra Rio de Janeiro e Belo Horizonte. Le sue condizioni
gravi sono gravi ma stabili: la lama ha trapassato l'intestino crasso e l'intestino tenue e una
vena dell'addome sono stati gravemente lesionati. La scena è stata ripresa dai video amatoriali
girati con gli smartphone. I fatti sono avvenuti intorno alle 15 locali di giovedì, le 20 in Italia.
Subito bloccato dalla folla al grido di 'Morirai', l'uomo di 40 anni è stato poco dopo arrestato e
portato in commissariato dalla polizia federale.

Brasile, Jair Bolsonaro accoltellato durante una manifestazione: il momento
dell'aggressione

L'aggressore, identificato come Adelio Bispo de Oliveira, ha militato nel partito di sinistra
Psol dal 2007 al 2014. La polizia ha fatto sapere che sta indagando su eventuali problemi
mentali dell'uomo, dal momento che dopo l'arresto ha dichiarato di avere "compiuto una
missione divina, una missione di Dio". In un video della polizia ottenuto da AFP il sospettato,
seduto a terra, con addosso un paio di jeans e una giacca nera aperta sul torso nudo, spiega
agli agenti che lo interrogano di avere agito solo: "Nessuno mi ha chiesto niente, chi mi ha
dato ordini è Dio", ha detto. Recentemente sul suo profilo Facebook Bispo de Oliveira aveva
pubblicato diversi messaggi critici verso Bolsonaro; e ha postato anche messaggi a contenuto
politico favorevoli alla sinistra in Brasile e al governo del presidente venezuelano Nicolas
Maduro.

Il figlio di Bolsonaro, Flávio, lui stesso candidato al Senato brasiliano, ha twittato che suo padre
era "quasi morto" quando è arrivato all'ospedale. L'ultimo tweet del figlio, ritrae Bolsonaro
sorridente sul letto d'ospedale, con il pollice verso in segno di vittoria sulla brutta tragedia.
Definito il Donald Trump del Brasile, Bolsonaro, ex capitano dell'esercito, è un ammiratore
della dittatura militare del 1964-1985 e sono abituali le sue uscite razziste, misogine e
omofobe. Nonostante abbia servito a lungo come deputato del Congresso, è riuscito a
presentarsi con successo come outsider, non toccato dagli scandali corruzione che si sono
abbattuti su gran parte della classe politica. Una delle sue promesse in campagna elettorale è
stata quella di legalizzare il porto d'armi per combattere la violenza dilagante. Ha un enorme
seguito sui social network, con circa 8,5 milioni di follower. Ma ha anche sollevato polemiche
con le sue dichiarazioni in cui ha attaccato donne e minoranze, come pure per avere elogiato la
dittatura militare del 1964-1985.

Il presidente brasiliano Michel Temer ha condannato l'attentato: "È intollerabile vedere che in
uno Stato democratico non è possibile avere una campagna normale", e ha dato istruzioni al
ministro per la Sicurezza Raul Jungmann di rafforzare la protezione ai candidati e avviare
"un'indagine rigorosa".

Con l'ex presidente di sinistra finora escluso dalla corsa, gli ultimi sondaggi dell'istituto Ibope
danno Bolsonaro in chiaro vantaggio con il 22%, contro il 12% dell'ambientalista Marina Silva
e il 12% del candidato di centro-sinistra Ciro Gomes

https://www.repubblica.it/esteri/2018/09/26/news/_nothim_l_appello_contro_la_candidatura_di_bolso
naro_in_brasile-207397317/?ref=search
#NotHim, l'appello contro la candidatura di Bolsonaro in Brasile

(ap)

Caetano Veloso e Gilberto Gil sono tra i firmatari del manifesto "Sì alla democrazia" che
temono una svolta autoritaria sotto la sua presidenza. E le donne si mobilitano sui social con
l'hashtag #EleNão, Lui No.

di DANIELE MASTROGIACOMO
26 settembre 2018
Un appello a fermare la scalata verso la presidenza di Jair Bolsonaro è stato firmato da 150 tra
artisti e intellettuali di spicco brasiliani. “La sua potenziale elezione”, scrivono cantanti che
hanno fatto la storia della samba come Caetano Veloso, Chico Buarque e Gilberto Gil, un
trio di compositori impegnati politicamente che hanno passato in esilio il periodo della dittatura
militare, “è una chiara minaccia al nostro fondamentale patrimonio civilizzatore”.

Il rischio, sostengono i firmatari di un manifesto che sta raccogliendo sempre più adesioni, “è
che la più grande democrazia dell’America Latina potrebbe assumere una svolta autoritaria”.
“Non è mai troppo tardi”, avvertono gli autori sotto il titolo "Democracia sim" (Sì alla
democrazia), “ricordare come nel corso della storia e fino ad oggi i fascisti, i leader nazisti e
molti altri regimi autocratici siano stati eletti per la prima volta con la promessa di salvare
l’autostima e la credibilità delle loro nazioni, prima di sottoporli aie più svariati eccessi
autoritari”.

Il manifesto avrebbe raggiunto 170mila firme già lunedì quando è stato pubblicato su giornali e
riviste. Si tratta dell’ultima iniziativa contro l’avanzata dell’ex parà dopo la campagna #EleNão
o #NotHim (Lui No) lanciata su Facebook da milioni di donne e il samba anti-Bolsonaro che
circola sui social network.

Somos 3 Milhões! Ninguém vai nos
calar! #somos3milhões #elenão #MulheresUnidasContraBolsonaro pic.twitter.com/DHyvL9Lqe
k

— Mulheres Unidas Contra Bolsonaro OFICIAL (@contra_unidas) 24 settembre 2018

???? BRASIL, estamos com vocês nessa luta! Muito amor, diversidade e respeito
? #ELENÃO #BIGLOVE pic.twitter.com/YwiooJ7jwR

— Black Eyed Peas (@bep) 24 settembre 2018

Please #Brazil #NotHim pic.twitter.com/dIkrBhgtnY

— Jennifer Beals (@jenniferbeals) 25 settembre 2018
Bolsonaro, che a inizio mese era stato accoltellato, guida i sondaggi con il 28 per cento dei
consensi. Un consenso che a Rio raggiunge il 70. A tallonarlo c’è solo Fernando Haddad, il
candidato del Pt e nuovo volto della sinistra in Brasile, nominato dopo l’uscita di scena di Lula.
In una settimana ha raggiunto il 22 per cento delle intenzioni di voto. Una corsa eccezionale se
si considera che partiva da un misero 3 per cento. Haddad sta raccogliendo i voti destinati a
Lula e ha forti possibilità di andare al ballottaggio. Una sfida che il Brasile vive con ansia e
incertezza. Tra la mobilitazione delle donne sul web e per strada e adesso con il nuovo appello
di artisti e intellettuali.

https://www.repubblica.it/esteri/2018/10/05/news/brasile_ecco_perche_il_trump_brasiliano_puo_vinc
ere-208211102/?ref=search
Brasile, ecco perché il Trump brasiliano
può vincere
L’ex parà Jair Bolsonaro qui non è considerato un mostro. E’ il Messia. Lo avvolge
un’aurea mistica, quasi fatalista. Viene a salvare il grande Brasile. E’ il classico uomo forte
di destra, populista, sovranista. E’ amato dai giovani e giovanissimi e anche da molte
donne; è sorretto dai militari

di DANIELE MASTROGIACOMO

abbonati a

05 ottobre 2018

A sinistra il candidato della destra, Jair Bolsonaro, a destra l'erede di Lula, Fernando
Haddad (reuters)

RIO DE JANEIRO - Il candidato della destra brasiliana, Jair Bolsonaro, potrebbe vincere le
elezioni. Magari non al primo turno delle presidenziali (si vota domenica), ma al ballottaggio, con il
giovane Fernando Haddad del Pt, il nuovo Lula che Lula non è, vincerebbe alla grande. Sarebbe
il primo presidente ex militare del Brasile da quando è finita la dittatura (1984). La gente non parla
volentieri di politica. Pudore, privacy, segreto del voto a cui tiene molto. Ma basta accennare a
Bolsonaro, anche soltanto dire il suo nome che tutti si voltano e annuiscono.

Esteri

#NotHim, l'appello contro la candidatura di Bolsonaro in Brasile
di DANIELE MASTROGIACOMO

L’ex parà non è considerato un mostro. E’ il Messia. Lo avvolge un’aurea mistica, quasi fatalista.
Viene a salvare il grande Brasile. E’ il classico uomo forte di destra, populista, sovranista. E’ amato
dai giovani e giovanissimi e anche da molte donne; è sorretto dai militari. È un Trump brasiliano,
grande comunicatore sui social che ricorda il nostro Matteo Salvini. Dice cose dirette, chiare, che
arrivano dritte alla pancia della gente. La quale vuole sentirsele dire. Sono soluzioni drastiche, ma
soluzioni. Poi si vedrà; intanto bisogna subito frenare la violenza, garantire la sicurezza, far andare
tranquilli i ragazzi a scuola, stare comodi sulla spiaggia, in mezzo al mercato di venditori, ma
sereni; senza che nessuno tenti di rubarti o minacciarti.

Esteri

Brasile, Bolsonaro in gravi condizioni: salta la campagna delle presidenziali
Se parli di Lula, vedi soltanto smorfie e gesti disprezzo qui a Rio. Certo, tra gli ultimi e la massa
enorme di poverissimi "il capo" ha ancora enormi successi. Ma il capo è in carcere, non partecipa.
E’ fuori dalla corrida. C’è voglia di ordine. E Jair Bolsonaro la coglie, la capisce e la interpreta. Il
Brasile è un paese immenso, occupa la metà del Continente. Ha tutte le materie prime. C’è un
sacco di gente che ha investito montagne di reais e li tiene qui. Se crolla lui crollano gli altri. Il
governo dell’Uomo nero, se vincerà, sarà dominato dai militari. Una casta rimasta per 20 anni
nell’ombra e ora si ripropone. Con un candidato di eccellenza.
https://www.repubblica.it/esteri/2018/10/05/news/brasile_ecco_perche_il_trump_brasiliano_puo_vinc
ere-208211102/?ref=search

Brasile, ecco perché il Trump brasiliano può vincere

L’ex parà Jair Bolsonaro qui non è considerato un mostro. E’ il Messia. Lo avvolge
un’aurea mistica, quasi fatalista. Viene a salvare il grande Brasile. E’ il classico uomo
forte di destra, populista, sovranista. E’ amato dai giovani e giovanissimi e anche da
molte donne; è sorretto dai militari

di DANIELE MASTROGIACOMO

05 ottobre 2018

A sinistra il candidato della destra, Jair Bolsonaro, a destra l'erede di Lula, Fernando
Haddad (reuters)

RIO DE JANEIRO - Il candidato della destra brasiliana, Jair Bolsonaro, potrebbe vincere le
elezioni. Magari non al primo turno delle presidenziali (si vota domenica), ma al ballottaggio,
con il giovane Fernando Haddad del Pt, il nuovo Lula che Lula non è, vincerebbe alla grande.
Sarebbe il primo presidente ex militare del Brasile da quando è finita la dittatura (1984). La
gente non parla volentieri di politica. Pudore, privacy, segreto del voto a cui tiene molto. Ma
basta accennare a Bolsonaro, anche soltanto dire il suo nome che tutti si voltano e
annuiscono.

Esteri

#NotHim, l'appello contro la candidatura di Bolsonaro in Brasile
di DANIELE MASTROGIACOMO

L’ex parà non è considerato un mostro. E’ il Messia. Lo avvolge un’aurea mistica, quasi
fatalista. Viene a salvare il grande Brasile. E’ il classico uomo forte di destra, populista,
sovranista. E’ amato dai giovani e giovanissimi e anche da molte donne; è sorretto dai militari.
È un Trump brasiliano, grande comunicatore sui social che ricorda il nostro Matteo Salvini. Dice
cose dirette, chiare, che arrivano dritte alla pancia della gente. La quale vuole sentirsele dire.
Sono soluzioni drastiche, ma soluzioni. Poi si vedrà; intanto bisogna subito frenare la violenza,
garantire la sicurezza, far andare tranquilli i ragazzi a scuola, stare comodi sulla spiaggia, in
mezzo al mercato di venditori, ma sereni; senza che nessuno tenti di rubarti o minacciarti.

Esteri

Brasile, Bolsonaro in gravi condizioni: salta la campagna delle presidenziali
Se parli di Lula, vedi soltanto smorfie e gesti disprezzo qui a Rio. Certo, tra gli ultimi e la
massa enorme di poverissimi "il capo" ha ancora enormi successi. Ma il capo è in carcere, non
partecipa. E’ fuori dalla corrida. C’è voglia di ordine. E Jair Bolsonaro la coglie, la capisce e la
interpreta. Il Brasile è un paese immenso, occupa la metà del Continente. Ha tutte le materie
prime. C’è un sacco di gente che ha investito montagne di reais e li tiene qui. Se crolla lui
crollano gli altri. Il governo dell’Uomo nero, se vincerà, sarà dominato dai militari. Una casta
rimasta per 20 anni nell’ombra e ora si ripropone. Con un candidato di eccellenza.

Brasile al voto, Bolsonaro spera nel trionfo al primo turno

Un seggio elettorale nella favela della Rocinha, a Rio de Janeiro (ansa)
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